opportu-
74 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
Nel comma 7 della Legge 107/2015 tra gli obiettivi formativi prioritari si
indicano: lo «sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva
80 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
Gardner, nella teoria delle intelligenze multiple, individua nove modi diversi
di essere intelligenti in relazione ai diversi sistemi o messaggi culturali in cui
le persone sono immerse fin dalla nascita, al loro ambiente di vita, al tipo
di relazioni e modalità di comunicazione.
Di seguito si riportano le diverse tipologie di intelligenza e alcune strategie
didattiche e materiali utili allo sviluppo delle varie intelligenze.
1. Intelligenza logico-matematica (preferenza per sequenze razionali, schemi,
ordine, quantità, ecc.): esercizi o problemi logici; classificazioni/cate-
gorizzazioni; creare codici/simboli; calcoli e quantificazioni; pensiero
scientifico sperimentale; presentazioni logiche e sequenziali; domande
socratiche.
2. Intelligenza linguistica o verbale (preferenza per i significati nel linguag-
gio, la comunicazione orale e/o scritta): letture; discussioni/dibattiti in
piccolo/grande gruppo; conferenze/lezioni; giochi di parole; inventare/
raccontare storie; diari di bordo, poesie.
3. Intelligenza spaziale o grafico-pittorica (preferenza per la percezione, rap-
presentazione e modificazione della realtà): cartine, grafici, diagrammi,
schemi; visualizzazione; diapositive, video, film, PowerPoint, fotografie; puzzle
visivi, labirinti, costruzioni; pittura, collage; aiuti visivi; imma- ginazione
visiva.
4. Intelligenza corporea/cinestesica (preferenza per l’uso del corpo e di ogget-
ti): manipolazione, costruzioni, trasformazioni; giardinaggio, bricolage;
attività sportive; attività di consapevolezza motoria; mimo e linguaggio del
corpo; lingua dei segni.
5. Intelligenza interpersonale/relazionale/sociale (preferenza per il
com- prendere le persone e le relazioni): insegnamento reciproco,
tutoring,
TRACCE SVOLTE 89
Uno dei precursori nella definizione degli stili cognitivi fu Bruner, il quale
definì la dimensione focalizzazione-scanning.
Secondo questo studioso, i «focalizzatori» posti di fronte a un problema
tipicamente ritardano la presa di decisione fino a quando non hanno rac-
colto una quantità di prove ritenuta sufficiente ed esauriente per affrontare il
problema in questione; all’opposto chi propende per uno «stile scanner» si
limita a dare un’occhiata rapida al tutto, formulando subito un’ipotesi e
questo costringe a ricominciare da capo tutto il processo se l’ipotesi elaborata
si rivela inadeguata.
ll concetto di scuola inclusiva si sta diffondendo sempre più negli ultimi anni.
Oggi la più grande sfida della scuola italiana è quella di garantire a tutti gli
alunni una didattica universale, plurale, accessibile, capace di valorizzare le
differenze e i punti di forza di ogni singolo componente del gruppo classe,
secondo i principi dell’Universal Design for Learning (UDL).
L’UDL invita tutti i docenti e gli educatori a rappresentare l’informazione in
diversi formati che consentano la massima adattabilità allo studente, a
garantire dei percorsi multipli e differenti possibilità di espressione, a fornire
modalità diversificate e molteplici mezzi di coinvolgimento (interattività,
collaborazione in gruppo, tutoring, auto-apprendimento) per favorire la
motivazione ad apprendere e il collegamento delle nuove informazioni con le
conoscenze pregresse.
Si avverte inoltre sempre più il bisogno di realizzare dei percorsi di educazione
alle emozioni e al lavoro cooperativo, di sensibilizzazione e formazione alla
conoscenza, al rispetto e alla valorizzazione di tutte le diversità individuali,
dedicati non solo agli alunni ma anche ai loro genitori, familiari e educatori.
La scuola pone dunque al centro della sua azione formativa e educativa tutte
le diversità concepite come afferma Canevaro, come «categorie storico-
esistenziali in positivo», che non riguardano esclusivamente gli alunni con
disabilità ma tutti gli alunni a rischio di esclusione o marginalità per infiniti
motivi (biologici, psicologici, sessuali, economici, culturali, religiosi, sociali)
secondo una prospettiva bio-psico-sociale basata sull’ICF.
Per garantire dunque a tutti gli studenti dei percorsi didattici capaci di
valorizzare la loro unicità, le intelligenze multiple e i diversi stili di ap-
prendimento, favorire l’apprendimento collaborativo e la consapevolezza del
proprio modo di apprendere, promuovere l’integrazione dei saperi e la
costruzione di relazioni fra saperi e discipline, la contestualizzazione delle
acquisizioni in contesti reali e in compiti significativi e autentici, in sintesi la
scuola deve:
– cogliere le potenzialità di ciascuno studente, gli stili comportamentali
e di apprendimento, le diverse intelligenze, valorizzando anche i profili
disomogenei;
– garantire una mediazione didattica inclusiva e lo scaffolding;
– garantire una valutazione dinamica dei processi;
– stabilire ulteriori e nuovi collegamenti col mondo del lavoro, con le
famiglie, con le molteplici realtà extrascolastiche in cui i propri allievi
TRACCE SVOLTE 99
che sono rese deficitarie dal disturbo o dalla difficoltà presente. È anche
importante ricordare che la normativa vigente identifica una
differenza sostanziale tra le due categorie di difficoltà (DSA e BES):
diversamente da quanto accade con gli alunni con DSA o con altro
disturbo diagnosticato, l’utilizzo di strumenti compensativi e misure
dispensative con gli altri alunni con Bisogni Educativi Speciali deve
avere carattere temporaneo.
Non è sufficiente permettere l’utilizzo di uno strumento compensativo: la
scuola deve assicurarsi che questo possa avvenire con efficacia ed
efficienza. Il DM 5669/2011 e le Linee guida chiariscono che «le
Istituzioni scolastiche devono assicurare l’impiego degli opportuni
strumenti compensativi, cu- rando particolarmente l’acquisizione, da
parte dell’alunno e dello studente con DSA, delle competenze per un
efficiente utilizzo degli stessi».
Uno strumento compensativo molto conosciuto e utilizzato dai ragazzi
con disturbo specifico della lettura è la sintesi vocale.
La sintesi vocale permette la lettura di testi digitali come i libri scolastici e
le produzioni personali scritte con i tradizionali editor. I software di
gestione hanno in genere anche un loro ambiente di scrittura e delle
funzionalità aggiuntive alla gestione della sintesi (traduttore,
correttore ortografico, dizionario, calcolatrice parlante, ecc.); il riascolto
dei propri scritti con la sintesi vocale torna utile anche per rilevare errori
ortografici e di sintassi. Per utilizzare in modo proficuo la sintesi vocale
è importate, innanzitutto, che lo studente ne conosca le funzioni e sappia
individuare quelle più utili per lui (ad esempio la velocità di lettura).
Inoltre, è anche fondamentale che gli insegnanti sostengano lo studente
nello sviluppo di un processo di lettura che non è più autonomo, ma è «da
ascolto». Ascoltare un testo letto è molto diverso da leggerlo in
autonomia, per cui lo studente deve familiarizzare con questo nuovo
modo di lettura e trovare tutti quegli accorgimenti che gli permettano
di utilizzare questa lettura per i diversi fini scolastici e non.
Nel PEI si definiscono inoltre gli strumenti per l’effettivo svolgimento dei
percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, assicurando la
piena partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione,
guardando nell’ottica del Progetto di vita dell’alunno.
gio sulle dita, il bambino non conta più il primo insieme, ma parte dalla
parola «tre», e usa una mano per contare in avanti il secondo addendo:
«quattro, cinque, sei, sette, otto».
c) Contare in avanti a partire dall’addendo più grande. Quello di
contare il minore dei due addendi è un metodo più efficiente e meno
soggetto a errori. Il bambino sceglie in questo caso di partire dal numero
più grande:
«cinque» e poi va avanti «sei, sette, otto».
81 In molti casi, nella stesura del PEI, aver definito una buona serie di
obiettivi a breve termine non esaurisce questa fase di programmazione;
c’è infatti bisogno di semplificarli, ridurne la complessità e scomporli in
sotto-obiettivi che facilitino l’apprendimento. Vi sono diversi metodi per
costruire sequenze di sotto-obiettivi facilitanti; quali sono i più
utilizzati?
Nel caso di alunni con disabilità piuttosto gravi, anche gli obiettivi a
breve termine che sono stati definiti nel PEI possono risultare ancora
troppo com- plessi. In molti casi si deve quindi lavorare per ricavarne
sequenze facilitanti di obiettivi più accessibili, da presentare
immediatamente all’alunno. Alcuni dei metodi più utilizzati per
semplificare e ridurre la complessità attraverso la scomposizione in
sotto-obiettivi facilitanti sono i seguenti.
1. Ridurre le difficoltà dell’obiettivo semplificando le richieste di corretta
ese- cuzione. Un obiettivo può essere portato più vicino ai livelli
attuali di competenza dell’alunno se riusciamo a ridurne la difficoltà
attraverso una modifica dei criteri di corretta esecuzione, quali ad
esempio l’accuratez- za, la velocità di azione, l’intensità, la durata e la
frequenza ottimale di emissione di un determinato comportamento.
Questa semplificazione sta alla base della tecnica di insegnamento che va
sotto il nome di shaping (modellaggio).
2. Ridurre la difficoltà dell’obiettivo attraverso l’uso degli aiuti necessari e
suffi- cienti. Un obiettivo può essere reso più accessibile anche attraverso
l’uso accorto e pianificato di aiuti, di cui andranno forniti solo quelli
necessari e sufficienti, né di più né di meno, per non correre il rischio
di creare dipendenza e passività dandone troppi.
3. Ridurre la difficoltà dell’obiettivo attraverso l’analisi del compito (task
analysis). L’analisi del compito permette di scomporre un obiettivo sia in
senso sequenziale-descrittivo, elencando le serie di risposte singole che
compongono quel compito, sia in senso strutturale gerarchico, indivi-
duando le abilità più semplici e prerequisite che costituiscono la struttura
di base di quell’obiettivo e che vanno costruite per prime, appunto in
ordine gerarchico. Entrambe queste modalità ci consentono di costruire
sequenze di sotto-obiettivi più graduali in termini di difficoltà, e perciò
TRACCE SVOLTE 113
più facilitanti.
82 Che cosa sono le rubriche valutative? Quali caratteristiche assumono nel caso
di alunni con disabilità?
84 Quali sono gli otto tipi di apprendimenti descritti da Gagné e quali strategie
può mettere in atto l’insegnante per favorirne lo sviluppo nei propri
studenti?
l’ambito specifico
118 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
123 Il/la candidato/a spieghi in cosa consiste l’intelligenza emotiva e perché è im-
portante svilupparla negli adolescenti oggi, facendo riferimento ai principali
autori che se ne sono occupati.
Carl Rogers scrive questa affermazione nella sua opera del 1980 Un
modo di essere, dove considera l’empatia una qualità che il terapeuta
deve neces- sariamente avere per entrare in contatto con il proprio
cliente, aiutarlo nell’espressione del proprio essere e dei suoi contenuti
più profondi. Egli sostiene infatti che in un clima di ascolto e
comprensione si costruiscono le basi solide per un legame autentico, dove è
possibile l’affidamento neces- sario per attuare processi di cambiamento.
TRACCE SVOLTE 159
129 Il candidato illustri i fattori contestuali all’interno del tessuto scolastico che
determinano aumento o diminuzione della motivazione a empatizzare.
empatia) e di instau- rare con loro dei rapporti che siano basati sullo
scambio e sull’arricchimento reciproco. In questo modo il docente
potrà riuscire a entrare in rapporto stretto con ciascun alunno, per capire
i suoi bisogni di socializzazione e per- sonalizzazione, i suoi disagi, le sue
paure, i suoi punti di forza e di criticità, i suoi talenti e il senso del suo
stare al mondo. L’insegnante diventa quindi non solo un dispensatore di
saperi, ma un facilitatore dell’apprendimento. Vista l’importanza
dell’empatia in una relazione insegnamento-apprendi- mento, definiamo
innanzitutto cosa significhi empatia. Laura Boella fornisce una visione
interessante dell’empatia, dicendo che l’equivoco più facile a proposito
dell’empatia è quello di intendere lo scambio di esperienze tra
soggetti, in cui essa consiste, come comunicazione sentimentale, sentire
la stessa cosa o sentire insieme, assorbire l’emozione altrui o investire
l’altro e riempirlo con la propria emozione. L’empatia non coincide con
la simpatia o con la compassione, ma con il gioire insieme, soffrire
insieme. L’empatia pone in contatto profondo con l’esperienza e i vissuti
dell’altro attraverso un’azione conoscitiva, cognitiva, fondata e orientata
da un impegno etico nei suoi confronti e operata da un’azione
linguistica per trovare le parole giuste e i significati condivisi.
Una relazione caratterizzata da empatia favorisce molti aspetti dello sviluppo
affettivo del bambino e dello stesso insegnante: l’espressione-produzione di
emozioni, la loro interpretazione, il sollievo dal disagio emotivo, il sostegno-
rafforzamento-legittimazione di alcune emozioni e la loro autoregolazione.
Un insegnante empatico riesce a comprendere l’emozione del bambino, gli
sta vicino mentre la esprime, gli consente di esprimerla, lo aiuta a nominarla-
classificarla, e forse a «controllarla» un po’ di più, in modo produttivo e non
repressivo. Con l’empatia l’insegnante diventa un aiuto nella regolazione
degli stati d’animo e delle emozioni.
Anche l’errore di un proprio studente viene trattato da un insegnante em-
patico in modo particolare. Non viene più giudicato come un incidente
nel percorso di apprendimento, ma diventa l’occasione per conoscere i
processi mentali del proprio studente e per accompagnarlo al meglio nel
suo percorso di crescita.
158 Il pensiero divergente può giovarsi di linguaggi che nella scuola secondaria
di secondo grado non sono molto utilizzati, come ad esempio quelli non
verbale, visivo e motorio. Il candidato illustri un intervento didattico
finalizzato a un chiaro obiettivo di apprendimento che utilizzi uno o più di
questi linguaggi.
qualsiasi didattica attiva, dovrebbe proporre problemi che per loro natura
siano aperti a più soluzioni possibili.
190 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
La creatività può essere definita come una risorsa innata dell’individuo che
permette di affrontare i problemi della vita utilizzando curiosità, fluidità di
idee, flessibilità e originalità intellettuale.
La creatività e il pensiero divergente possono essere stimolati in classe favo-
rendo lo stabilirsi di climi psicologici e di stili relazionali che incoraggino la
libera espressione, l’iniziativa personale, l’utilizzo di atteggiamenti e approcci
cognitivi non tradizionali.
Nel secondo ciclo di istruzione la didattica espositiva, il canale verbale e il
setting tradizionale a file parallele non consentono tuttavia di sviluppare
adeguatamente la creatività e il pensiero divergente degli alunni.
Pertanto è opportuno che il docente attui un cambiamento nella didattica
tradizionale, perseguendo i seguenti obiettivi:
– proporre una situazione problema;
– arricchire l’aula di materiali e strumenti stimolanti e creativi;
– cambiare il setting tradizionale a file parallele;
– lasciare gli studenti liberi di trovare la personale modalità di risoluzione
del problema;
– verificare e valutare la soluzione proposta da ciascun allievo o da un
gruppo di allievi.
TRACCE SVOLTE 191
I primi studi sul pensiero creativo lo hanno definito nella relazione tra pen-
siero divergente e pensiero convergente. Il pensiero divergente è caratteriz-
zato da una vasta gamma di associazioni o dalla capacità di condurre molte
soluzioni di fronte a un problema andando oltre la situazione di partenza
superando i limiti dei dati oggettivi; il pensiero convergente al contrario
punta alla soluzione più rapida e sicura di fronte a un problema.
La creatività è stata tradizionalmente studiata da una prospettiva individuale,
con l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche psicologiche che contraddi-
stinguono i grandi innovatori, che includono i tratti di personalità, le abilità
cognitive e la formazione intellettuale.
Più recentemente, tuttavia, si è osservato un progressivo spostamento di
attenzione dai fattori individuali ai fattori sociali e culturali che influenzano il
processo creativo. Le ragioni di questo ampliamento prospettico risiedono
nella consapevolezza che ciò che è usualmente definito come «creativo» è
raramente riducibile al contributo di un singolo individuo, ma è il risultato
della complessa interazione di fattori di natura psicologica, sociale e culturale.
Appare ormai opinione comune, comprovata da diverse ricerche sistematiche,
che la creatività possa essere sviluppata attraverso training specifici proposti in
vari contesti. Le ricerche mettono in evidenza come i training basati sullo
sviluppo del pensiero divergente possano essere applicati a scuola, in ogni
ordine e grado. Per il potenziamento della creatività esistono training che si
TRACCE SVOLTE 193
TV». La classe viene divisa in gruppi di 5/6 ragazzi. Ogni gruppo deve
immedesimarsi nei pubblicitari e cercare di rispondere alle domande poste,
trovando un nome, costruendo un manifesto e ipotizzando una campagna
pubblicitaria in TV. Al termine del lavoro il conduttore potrebbe avviare una
discussione sulle differenze tra le soluzioni emerse all’interno dei vari gruppi,
cercando di capire come si è giunti a questa o a quella proposta. Potrebbe
essere possibile, se il conduttore lo ritiene proponibile, realizzare non solo il
manifesto, ma il video vero e proprio, così come progettato da uno o da più
gruppi.
I primi studi formali sul pensiero creativo si fanno risalire attorno ai primi
anni Venti, ma è evidente che l’interesse risale a moto tempo prima, dove il
termine creatività era sostituito da altri concetti affini, che ancora oggi
creano dibattito nel tentativo di dare una definizione univoca al costrutto. La
creatività emerge dalla combinazione di distinti circuiti neurali, che
governano le emozioni da un lato e i processi cognitivi dall’altro.
Le prime ricerche sistematiche sulla creatività apparse nello scenario statuni-
tense con non poco scalpore sembrano essere quelle di Guilford. Guilford, in
alcuni dei suoi esperimenti, aveva notato una correlazione positiva tra buoni
livelli di creatività e alte prestazioni scolastiche, decidendo così di
approfondire questo tema inesplorato. Guilford sosteneva che la persona
creativa fosse una persona capace di produrre idee nuove che potevano essere
testate in termini di frequenza di risposte non comuni, ma accettabili; ha
sottolineato l’originalità dei comportamenti non comuni come espressione
della creatività.
Più tardi Dewey definirà la creatività come l’incontro dialettico tra contrasto
e armonia.
Fondamentale fu anche il contributo delle idee di Stein alla definizione di
creatività, che ancora oggi vengono riprese. Stein sosteneva che il lavoro
creativo tendesse ad essere utile per alcuni gruppi, e quindi nella valutazio-
ne fosse coinvolto il giudizio sociale; l’idea creativa consisterebbe in una
reintegrazione di materiali già esistenti o conoscenze pregresse con nuovi
elementi. Quindi la definizione di creatività di Stein contempla l’idea di
creatività come abilità che produce qualcosa di nuovo e utile.
I primi studi sul pensiero creativo lo hanno definito nella relazione tra
pensiero divergente e pensiero convergente. Il pensiero divergente è carat-
terizzato da una vasta gamma di associazioni o dalla capacità di condurre
TRACCE SVOLTE 195
Le tre forme dell’autonomia sono state rafforzate nelle Linee guida de-
gli Istituti tecnici (DPR 88/2010) e nel Regolamento attuativo del Dlgs
61/2017, relativo all’istruzione professionale, DM 92/2018. In quest’ultimo
dispositivo viene accentuata la possibilità di estendere l’autonomia didattica e
organizzativa del 20% dell’orario complessivo del biennio che nel triennio
può raggiungere spazi di flessibilità del 40%.
Negli Istituti tecnici le Linee guida del 2010 consentono spazi di flessibilità
nelle aree di indirizzo del 30% nel secondo biennio e del 35% nell’ultimo
anno. Per quanto concerne l’autonomia didattica, le istituzioni scolastiche
possono articolare diversamente il monte ore annuale di ciascuna disciplina,
definire le unità di apprendimento in moduli inferiori ai 60 minuti e,
soprattutto negli Istituti professionali, personalizzare il percorso formativo
mediante la formulazione del Patto formativo individuale.
Relativamente all’autonomia organizzativa le scuole possono organizzare
l’insegnamento sulla base di una programmazione plurisettimanale e adattare
il calendario scolastico.
L’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo è curata in particolare dai
dipartimenti e dal comitato tecnico scientifico (CTS).
Più limitati risultano invece gli spazi di autonomia e di flessibilità del curricolo
nei Licei, incentrati, come si sottolinea nelle Indicazioni del 2010, «sull’espli-
citazione dei nuclei fondanti e dei contenuti imprescindibili».
200 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
Rientra nel PAI anche la definizione delle modalità per l’utilizzo complessivo
delle misure di sostegno sulla base dei singoli PEI, per cui il GLI ha un ruolo
anche nella richiesta e assegnazione delle risorse di sostegno e di assistenza,
attraverso il supporto dei docenti contitolari (scuola dell’infanzia e primaria)
e dei consigli di classe (scuola secondaria di primo e di secondo grado). Può
essere questa una novità molto importante sulla strada della condivisione
all’interno di un istituto che, se applicata bene, dovrebbe portare a valorizzare
le competenze professionali proprie per sostenere tutti gli insegnanti che per
vari motivi possono incontrare difficoltà di particolare rilievo.
Per effetto dell’art. 2, comma 1 del Dlgs 66/2017, il GLI, come tutti gli
organismi e gli atti previsti dal decreto, si occupa esclusivamente degli alunni con
disabilità certificata, capovolgendo completamente l’impostazione della CM 8
del 2013, nella quale a questo Gruppo veniva assegnato il compito di rilevare
gli alunni con bisogni educativi speciali, non soltanto degli studenti con
disabilità.
Tratto e adattato da La nuova legge sull’inclusione, 2020, pp. 81-84
185 Il candidato indichi, sulla base della normativa vigente (DM del 27 dicembre
2012, Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e
organiz- zazione territoriale per l’inclusione scolastica; CM n. 8 del 6 marzo
2013, prot. n. 561, Indicazioni operative; Nota del 27 giugno 2013, prot. n.
1551), quali sono le proposte operative che, nel rispetto dell’esercizio
dell’autonomia scolastica, promuo- vono una scuola inclusiva di qualità.
relazione
TRACCE SVOLTE 213
191 Certificazione delle competenze in base alle Indicazioni nazionali per il cur-
ricolo (DM 254/2012) e al Decreto legislativo 62/2017.
ai
216 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
193 Come realizzare una didattica per competenze secondo il Decreto 254/2012.
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, si sottolinea che una
didattica per competenze presuppone una significativa innovazione delle
strategie di insegnamento-apprendimento. Infatti, un primo aspetto rilevante
dell’approccio per competenze è la centralità dell’alunno che impara, con
«l’originalità del suo percorso individuale».
Per questa ragione, le attività didattiche orientate a far sì che lo studente
maturi solide conoscenze e competenze presuppongono la progettazione di
compiti di realtà, gestione della classe in chiave collaborativa, forme di
valutazione autentica e la certificazione dei livelli raggiunti.
Il docente assume una nuova responsabilità educativa, poiché l’insegna-
mento persegue la finalità della formazione della persona e dell’autonomia
del cittadino (soft skills).
Il tema delle competenze in ambito scolastico presuppone una concezione
dell’apprendimento diversa da quella tradizionale, dove le conoscenze sono il
risultato di un processo costruttivo e partecipato. La competenza, infatti,
evidenzia l’attitudine del soggetto a relazionarsi con la realtà, a impegnarsi in
compiti complessi, a rielaborare il proprio sapere in funzione della soluzione
di problemi e progetti inerenti alla vita delle persone.
La didattica per competenze rappresenta un significativo presupposto an- che
per promuovere una reale inclusione, perché si propone di strutturare
TRACCE SVOLTE 217
percorsi in cui tutti gli alunni possano trovare il loro posto e la possibilità
di esprimere le proprie potenzialità. Per questo, è improntata alla
massima diversificazione, con l’utilizzo di mediatori diversi (attivi,
iconici, analo- gici, simbolici), in grado di venire incontro alle
diversità individuali e ai differenti stili di apprendimento. Inoltre,
privilegia strategie di ricerca e di studio a mediazione sociale: lavoro di
gruppo, di coppia, di peer tutoring, di aiuto reciproco. La sfida della
diversità trova il suo massimo ancoraggio nella gestione cooperativa del
gruppo-classe, dove «le situazioni individuali vanno riconosciute e
valorizzate».
Pertanto, nella prospettiva della competenza, i compiti diventano
autentici, così come la valutazione che viene esercitata prevalentemente
con strumenti nuovi, quali le rubriche, la valutazione tra pari, il
portfolio.
L’alunno competente sa coniugare in modo stabile le conoscenze
possedute utilizzandole in compiti inediti e in una molteplicità di
contesti.
Tratto e adattato da Insegnare domani nella scuola primaria, 2019, pp. 363-368
196 Il candidato espliciti che cosa sono le Reti di scuole e che cosa
prevede in proposito l’art. 7 del DPR 8 marzo n. 275/99.
199 Definizione e attribuzioni del Consiglio di istituto previste dal Decreto legi-
slativo 297 del 16 aprile 1994.
200 Gli organi collegiali sono organi di autogoverno ai quali spetta il compito
di garantire «l’efficacia dell’autonomia delle istituzioni scolastiche» (art.
16, comma l, DPR n. 275/1999). Il candidato indichi la composizione e le
224 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA
funzioni del Collegio dei docenti e del Comitato per la valutazione del
servizio dei docenti.
TRACCE SVOLTE 225
SECONDA PARTE
69 Con l’inizio del prossimo anno scolastico comincia per lei un nuovo ciclo e avrà
una classe prima del biennio di una scuola secondaria di II grado. Nelle riunioni
preliminari, ha provveduto a prendere visione della composizione della classe per
poter predisporre adeguatamente il percorso. Il gruppo si presenta, come
consuetu- dine, con caratteristiche variegate. Le informazioni certe di cui dispone
si riferiscono alla presenza di un allievo con deficit cognitivo (certificato L.
104/92), con cadute soprattutto nell’area logico-matematica e con abilità
comunicative relativamente preservate. In classe è presente anche un allievo
con diagnosi di DSA.
Con riferimento a questo quadro generale, il candidato predisponga le linee di un
progetto didattico inclusivo, non rivolto specificamente all’allievo certificato
L. 104/92 ma all’intero gruppo-classe, ponendosi nella prospettiva
dell’insegnante curricolare, volendo dell’ottica della disciplina per la quale si è
abilitati. Vanno messe in evidenza:
a) le modalità e le procedure di interazione tra i docenti e con altre figure
(specialisti, genitori, ecc.);
b) le scelte programmatiche e le azioni didattiche per creare un buon clima di
classe e per favorire l’apprendimento di tutti gli allievi;
c) le modalità per riconoscere e comprendere le emozioni e i sentimenti degli
allievi e per favorire una adeguata espressione e regolazione dei loro stati
affettivi.
104 Empatia, intelligenza emotiva e processi di adattamento nella scuola secon- daria
di secondo grado.
117 Un esempio di pensiero divergente applicato alla lettura delle attuali configura-
zioni familiari con riferimento alla fascia d’età della scuola secondaria di primo
grado.
119 Come può essere sviluppato il pensiero creativo con gli adolescenti? Creatività,
121 Muovendo dall’analisi dei loro principali elementi costitutivi, il candidato illustri
come incoraggiare la creatività e il pensiero divergente nella scuola secondaria di
secondo grado, elaborando anche proposte sul piano didattico.
242 TFA – SOSTEGNO – PROVA SCRITTA