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Il presente studio si pone come obiettivo quello di dimostrare come la danza, o meglio il corpo

danzante possa essere considerato un veicolo tangibile di un’identità culturale e sociale di un


determinato periodo storico, e come tale possa diventare un oggetto di studio antropologico.
Partendo dall’assunto che il corpo è il luogo, lo spazio, in cui il potere esercita i propri strumenti di
disciplinamento e di imposizione dei valori, tramite un processo di incorporazione (Focault) ne
deriva che la danza stessa, dunque, possa essere stata nella storia uno strumento di potere
indirizzato all’incorporazione di determinati valori o in altri casi, il corpo danzante sia divenuto
espressione di una resistenza all’imposizione di questi. Per comprendere meglio la natura della
danza verrà preso in considerazione il più ampio contesto sociale e culturale al quale la danza
appartiene, il rituale. A tal proposito viene presentato lo studio effettuato da Emile Durkheim sulle
pratiche religiose degli Aborigeni australiani, alcuni dei suoi passi più interessanti sono relativi a
cerimonie coreutico-musicali, nelle quali gli Aborigeni sperimentavano quella che Durkheim
interpretava come la forza morale della società.

Differente sarà il pensiero di un più recente studio condotto da De Martino, riguardante il


tarantismo pugliese, al quale De Martino attribuiva un’efficacia simbolica.

Con uno sguardo rivolto a tempi più remoti vengono presentati alcuni esempi di come molte danze
popolari siano state riprese dall’aristocrazia medievale, contaminate di regole nuove per attribuire
maggiore eleganza ed ordine alla disciplina così da renderle tramite di valori della classe nobiliare
tanto da assumere anche una funzione propagandistica. Ne è un esempio il “Balletto”, nato in
Francia, che raggiunse la sua massima espressione, nella corte di Luigi XIV, mirato all’esaltazione
del potere monarchico, contribuì ad elevare la Francia a modello culturale ideale grazie ai suoi
spettacoli di corte. Nel periodo Rinascimentale, allo stesso modo, in Italia nasce il Ballo Excelsior o
“Grande ballo italiano”, spettacolo basato sull’idea dominante, alla fine dell’Ottocento, del trionfo
della scienza, caratterizzato dunque da quadri che esaltano le grandi scoperte tecnologiche del
tempo.

Verrà poi affrontata quella che negli anni Sessanta del Novecento venne considerata una vera e
propria rivoluzione: la Danza-teatro di Pina Bauch. Le sue performance interrompono la tradizione
che vedeva la rigidità della tecnica accademica come protagonista per rivolgersi totalmente
all’importanza della condivisione del movimento, esaltandone il valore sociale, curativo e
soprattutto antropologico di quest’ultimo.

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