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Louis Spohr ( 1784- 1859)

La sua figura è di rilievo nella storia della musica per due motivi essenziali: il suo
ruolo nell’ambito della nascente scuola violinistica tedesca, e il suo contributo al
sorgere della figura moderna di direttore d’orchestra. Spohr fu un compositore
prolifico, con più di 150 lavori catalogati a suo nome, oltre alle composizioni senza
numero d’opera. Le sue nove Sinfonie (più una decima rimasta incompiuta)
mostrano l’evoluzione dallo stile classico dei suoi predecessori alla musica
programmatica della nona Sinfonia, intitolata Le Stagioni. Tra il 1803 e il 1844 Spohr
compose più Concerti per violino che qualunque altro grande compositore suo
contemporaneo: sedici in tutto fra il 1803 ed il 1844, oltre a due Concerti per due
violini. Molti di essi sono strutturalmente non convenzionali, come il celebre ottavo
Concerto, in un tempo solo e nello stile di un’aria d’opera.
Meglio conosciuti al giorno d’oggi sono però i quattro Concerti per clarinetto, tutti
scritti per il clarinettista virtuoso Johann Simon Hermstedt. A Loius Spohr è stato
anche dato il soprannome di “maestro dimenticato”. Infatti, benché sia stato un
virtuoso del violino ed ebbe al suo attivo almeno 150 composizioni di vario genere,
le uniche sue opere eseguite ai giorni nostri con una certa continuità sono,
bizzarramente, i suoi quattro concerti per clarinetto e orchestra, tutti scritti per il
clarinettista virtuoso Johann Simon Hermstedt. Questo virtuoso del clarinetto,
all’epoca, fu il primo dedicatario del Gran Duo Concertante op. 48 di Carl Maria von
Weber.
Lo sviluppo del concerto classico per clarinetto nel complesso si è basato sulla
collaborazione tra compositori e strumentisti: come Mozart scrisse il concerto per
clarinetto KV 622 ed il quintetto con clarinetto KV 581 per il clarinettista Anton
Stadler, così Louis Spohr incontrò il clarinettista Johann Simon Hermstedt
nell’inverno del 1808 e a lui ha dedicato i suoi quattro concerti.
Il Concerto per clarinetto n° 3 in Fa minore, composto nel 1821, è il più
sfacciatamente virtuosistico dei quattro di Spohr con un’energia infuocata e
irrequieta che supporta grandi temi. La musica qui si accorda meglio con ciò che
sappiamo della personalità musicale di Hermstedt: una tecnica sconcertante e un
intrepido coraggio per affrontare anche le più gravi difficoltà tecniche. Alcuni
contemporanei hanno lasciato intendere che il suo modo di suonare mancava di
finezza, ma tutti hanno riconosciuto la pura eccitazione generata dalle sue esibizioni.
Sempre in tre movimenti: Allegro – Adagio – Vivace, in questo concerto Spohr
riprende la forma convenzionale del concerto, ossia con l’esposizione dei temi da
parte dell’orchestra, con il successivo ingresso del clarinetto solista, che nei concerti
per violino di quel periodo aveva abbandonato.

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