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N O R M A I T A L I A N A CEI

Norma Italiana

GUIDA
CEI 0-8
Data Pubblicazione Edizione
1999-09 Prima
Classificazione Fascicolo
0-8 5309
Titolo
Guida introduttiva all’analisi del ciclo di vita nell’elettrotecnologia

Title
Introductory Guidelines for Life Cycle Assessment in Electrotechnology

APPARECCHI UTILIZZATORI A BASSA TENSIONE

NORMA TECNICA

COMITATO
ELETTROTECNICO CNR CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE • AEI ASSOCIAZIONE ELETTROTECNICA ED ELETTRONICA ITALIANA
ITALIANO
SOMMARIO
La Guida fornisce un’analisi delle prescrizioni definite dalle norme della serie ISO 14040 con particolare
riferimento al settore dell’elettrotecnologia.
Costituisce un approfondimento degli aspetti metodologici di applicazione di LCA (Life Cicle Assess-
ment).
Nelle appendici, la guida indica le modalità ritenute più appropriate per applicare l’analisi di ciclo di vita
dei prodotti dell’elettotecnologia a quei casi reali che si dovessero presentare. In questo modo l’utente
viene messo nelle condizioni di valutare l’impatto ambientale del sistema elettrotecnologico preso in esa-
me in accordo sia con la normativa vigente, sia con quegli accorgimenti metodologici derivanti dall’espe-
rienza già maturata nel settore.

DESCRITTORI
Analisi del ciclo di vita; Prodotto elettrotecnologico; Ecobilancio; Eco-efficienza; Ecoprofilo; Energia;
Entalpia; Exergia; Processo unitario; Sistema-prodotto; Unità funzionale;

COLLEGAMENTI/RELAZIONI TRA DOCUMENTI


Nazionali

Europei

Internazionali

Legislativi

INFORMAZIONI EDITORIALI
Norma Italiana CEI 0-8 Pubblicazione Guida Carattere Doc.

Stato Edizione In vigore Data validità 1999-11-1 Ambito validità Nazionale


Varianti Nessuna
Ed. Prec. Fasc. Nessuna

Comitato Tecnico 0-Applicazione delle Norme e testi di carattere generale


Approvata dal Presidente del CEI in Data 1999-9-27
in Data

Sottoposta a inchiesta pubblica come Progetto C. 726 Chiusa in data 1999-7-19

Gruppo Abb. 5A Sezioni Abb. A


ICS

CDU

© CEI - Milano 1999. Riproduzione vietata.


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Le Norme CEI sono revisionate, quando necessario, con la pubblicazione sia di nuove edizioni sia di varianti.
È importante pertanto che gli utenti delle stesse si accertino di essere in possesso dell’ultima edizione o variante.
INDICE GENERALE
Rif. Argomento Pag.

1 PREMESSA 1

2 SCOPO 2

3 RIFERIMENTI NORMATIVI 3

4 GLOSSARIO 3
4.1 Generalità ...................................................................................................................................................................................... 3
4.2 Termini del glossario ............................................................................................................................................................ 3

5 L’ANALISI DEL CICLO DI VITA 8


5.1 Introduzione ................................................................................................................................................................................ 8
5.2 Fasi di una LCA ......................................................................................................................................................................... 8
5.3 Definizione degli obiettivi ................................................................................................................................................. 9
5.4 Inventario .................................................................................................................................................................................... 11
5.5 L’analisi degli impatti .......................................................................................................................................................... 16
5.6 Interpretazione ........................................................................................................................................................................ 18
5.7 Revisione critica ...................................................................................................................................................................... 18

6 LA LCA NELLA AZIENDA 18


6.1 Generalità .................................................................................................................................................................................... 18
6.2 Responsabilità .......................................................................................................................................................................... 19
6.3 Le procedure di acquisizione dei dati .................................................................................................................... 19
6.4 La gestione dei dati e delle informazioni ............................................................................................................. 20
6.5 La programmazione delle attività di miglioramento continuo .............................................................. 20

APPENDICI: ANALISI DI ALCUNI PROCESSI 21


Generalità .................................................................................................................................................................................... 21
Processi di produzione ...................................................................................................................................................... 22

A PP ENDI CE
A PROCESSO DI SALDATURA 23

A PP ENDI CE
B PROCESSO DI PRODUZIONE E DI TRATTAMENTO DI FINE VITA DI UN CIRCUITO
STAMPATO 25

A PP ENDI CE
C PROCESSO DI STAMPAGGIO DI UN PARTICOLARE PLASTICO DI
UN’APPARECCHIATURA ELETTRONICA 30

A PP ENDI CE
D ESEMPIO DI ANALISI DI LCA DI UNA LAVABIANCHERIA 34

A PP ENDI CE
E ESEMPIO DI LCA DI CAVI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE IN BASSA TENSIONE 51

A L L E G AT O
1 TABELLE PER LA CARATTERIZZAZIONE DEGLI EFFETTI AMBIENTALI 64

A L L E G AT O
2 QUESTIONARIO 67

A L L E G AT O
3 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 71

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1 PREMESSA

La salvaguardia dell’ambiente costituisce un obiettivo di primaria importanza per


le aziende che progettano il miglioramento continuo della qualità produttiva, in
quanto tutti i processi che portano alla realizzazione e consentono il funziona-
mento dei prodotti impiegano risorse e creano inquinamento.
L’applicazione di una corretta politica ambientale nell’impresa contribui-
sce poi non solo al miglioramento delle caratteristiche ambientali del pro-
dotto ma anche allo sviluppo di un mercato strategico in cui l’eco-efficien-
za produttiva diventa elemento discriminante nella valutazione dei
parametri di qualità del prodotto.
Il raggiungimento di elevati livelli di protezione e rispetto dell’ambiente da parte
delle imprese rappresenta senza dubbio un obiettivo complesso: l’impresa è in-
fatti rappresentabile con un sistema nel quale entrano materie prime ed energia e
dal quale escono, non solo prodotti, ma anche rifiuti, scarichi liquidi ed emissio-
ni gassose che devono essere controllati qualitativamente e quantitativamente.
La recente emanazione delle norme ISO 14000 ha reso possibile la messa in atto
di azioni organiche nell’affrontare questo tipo di problema, fornendo alle indu-
strie una serie di strumenti tecnici per una valutazione ambientale riconoscibile,
valida ed oggettiva.
In particolare, le ISO 14040, 14041, 14042 e 14043 (che per brevità saranno indi-
cate con la dicitura “serie ISO 14040”) introducono l’analisi del ciclo di vita (Life
Cycle Assessment, LCA) come mezzo scientificamente completo utile ad interpre-
tare l’impatto ambientale di prodotti, processi e servizi. Oltre a queste norme la
ISO sta lavorando alla realizzazione di un rapporto tecnico (ISO 14049) con
esempi per la applicazione di alcune fasi della LCA.
L’analisi del ciclo di vita prende infatti in considerazione l’intero arco di vita del
prodotto, analizzando i processi ”dalla culla alla tomba” e cioè dalle fasi di pro-
getto, in cui si parte dall’estrazione delle materie prime, alla produzione, imbal-
laggio, trasporto, installazione, esercizio, fino alla dismissione e destinazione fi-
nale dei rifiuti.
Per ogni fase vengono studiati gli aspetti energetici ed ambientali che hanno ri-
percussioni sia a livello regionale, sia globale, e quelli relativi alla sicurezza, al
fine di minimizzare l’impatto ambientale di ogni singolo anello della catena pro-
duttiva.
È evidente la complessità di tale tecnica, in quanto vengono prese in considera-
zione un gran numero di problematiche in maniera multidisciplinare.
La presente guida, elaborata da un gruppo di lavoro nell’ambito del Gruppo Am-
biente SG2 del Comitato Elettrotecnico Italiano, si propone allora come strumen-
to utile specifico per i tecnici delle industrie elettrotecnologiche per comprendere
i fondamenti metodologici necessari per una corretta applicazione della LCA a
casi reali.
Lo spirito che ha portato alla realizzazione della Guida è dunque quello di poter
gestire la normativa a disposizione in maniera corretta e propositiva, portando
una serie di esperienze pratiche e di suggerimenti metodologici laddove la nor-
ma risulta insufficiente.
La guida non intende proporsi come un documento completo ed esauriente per
l’esecuzione di una analisi di ciclo di vita ma piuttosto come una introduzione
che fornisca indicazioni complementari alle norme ed alla letteratura scientifica
specifica.

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Infine, la metodologia LCA, è bene ricordarlo, costituisce solo una delle diverse
modalità per la gestione e l’analisi ambientale ad oggi disponibili (altri esempi:
analisi di rischio ambientale, valutazione delle prestazioni ambientali, audit am-
bientale, valutazione degli impatti ambientali) e può non risultare lo strumento
più adeguato da usare in ogni situazione. Ad esempio, la LCA non considera
aspetti economici o sociali legati al prodotto: eventuali proposte di miglioramen-
to valutate in ottica LCA, prima di essere attuate, saranno sempre affiancate da
considerazioni economiche ed eventualmente anche di altro tipo.
La guida è strutturata in una parte principale ove sono riassunti i concetti fonda-
mentali della LCA, con i dovuti richiami alle norme ISO. La parte principale è di
applicabilità generale mentre gli esempi riportati nelle appendici sono specifici
della elettrotecnologia. Gli esempi inseriti rappresentano solo un limitato gruppo
di tipologie di processi tipici della elettrotecnologia e non esauriscono assoluta-
mente la vastità dei processi elettrotecnologici.
Sono infine allegati alla guida delle tabelle utili per il calcolo degli effetti ambien-
tali associati ad alcune tipologie di emissioni ed un questionario per eseguire la
raccolta dei dati.

2 SCOPO

Questa guida fornisce un’analisi delle prescrizioni definite dalle norme della serie
ISO 14040 con particolare riferimento al settore dell’elettrotecnologia. Da una let-
tura di tali norme appare infatti la necessità di approfondire tutta una serie di
aspetti metodologici che risulterebbero altrimenti poco chiari ai fini di una loro
applicazione pratica. Non si ha qui la pretesa di sostituire le norme ma solamente
di fornire un’integrazione utile ad una migliore comprensione della metodologia
LCA. Tale guida rappresenta dunque un valido ausilio ad una migliore compren-
sione della letteratura esistente e delle norme di riferimento.
Anche mediante gli esempi riportati nelle appendici, la guida indica le modalità
ritenute più appropriate per l’applicazione della LCA a quei casi reali che si do-
vessero presentare: in questo modo, l’utente viene messo nelle condizioni di va-
lutare l’impatto ambientale del sistema elettrotecnologico preso in esame in ac-
cordo sia con la normativa vigente sia con tutti quegli accorgimenti metodologici
derivanti dall’esperienza già maturata nel settore.
Sulla base delle informazioni tratte dallo studio, l’utente può identificare opzioni
di miglioramento rispetto al sistema analizzato. Si tratta, pertanto, di un processo
iterativo che ha come obiettivo il miglioramento continuo.
In sintesi, il documento ha lo scopo specifico di fornire agli utilizzatori indicazio-
ni su:
n come identificare il campo d’indagine e i confini del sistema da studiare,
nonché gli obiettivi dell’analisi (ISO 14040 par. 5.1)
n dove reperire e come ordinare sistematicamente i dati necessari alla esecuzio-
ne dell’analisi, procedendo con indagini dirette oppure consultando banche
dati dedicate (ISO 14040 par. 5.2)
n come analizzare le informazioni ottenute e come tradurle in indicazioni di
impatto ambientale, misurato sulla base di una serie di effetti ambientali defi-
niti, quali ad esempio effetto serra, acidificazione, buco nell’ozono o altri (ISO
14040 par. 5.3)
n come tradurre le indicazioni della fase di valutazione degli impatti in azioni
di miglioramento sul prodotto e sui processi correlati (ISO 14040 par. 5.4).

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3 RIFERIMENTI NORMATIVI

ISO 14001 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT SYSTEMS – SPECIFICA-


TIONS AND GUIDANCE FOR USE
ISO 14004 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT SYSTEM – GENERAL GUI-
DELINES ON PRINCIPLES, SYSTEMS AND SUPPORTING TE-
CHNIQUES
ISO 14040 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT - LIFE CYCLE ASSESS-
MENT - PRINCIPLES AND FRAMEWORK
ISO 14041 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT - LIFE CYCLE ASSESS-
MENT - GOAL AND SCOPE DEFINITION AND INVENTORY
ANALYSIS
(1)
ISO 14042 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT - LIFE CYCLE ASSESS-
MENT – LIFE CYCLE IMPACT ASSESSMENT
(1)
ISO 14043 EMS-LCA-LIFE CYCLE INTERPRETATION
(1)
ISO TR 14049 ILLUSTRATIVE EXAMPLES ON HOW TO APPLY ISO 14041 –
LIFE CYCLE ASSESSMENT – GOAL AND SCOPE DEFINITIONS
AND INVENTORY ANALYSIS
ISO 14050 ENVIRONMENTAL MANAGEMENT VOCABULARY
ISO GUIDE 64 GUIDE FOR THE INCLUSION OF ENVIRONMENTAL ASPECTS
PRODUCT STANDARDS
IEC GUIDE 109 ENVIRONMENTAL ASPECTS - INCLUSION IN ELECTROTECH-
NICAL PRODUCTS STANDARDS
CENELEC STATEMENT ON ENVIRONMENTAL PRINCIPLES

4 GLOSSARIO

4.1 Generalità
Questo è un glossario dei neologismi e dei termini specialistici di uso più fre-
quente nel testo. Con riferimento alle norme ISO, vengono riportate le definizioni
di uso corrente tra gli addetti ai lavori in sede internazionale. Sono indicati tra pa-
rentesi il termine in inglese originale e, quando esistente, il riferimento al para-
grafo della norma ISO; in corsivo ne viene riportata la traduzione letterale.

4.2 Termini del glossario

4.2.1 Allocazione
(Allocation or Partitioning - ISO 14040, par. 3.1):ripartizione dei flussi in in-
gresso o uscita di un processo unitario appartenente al sistema-prodotto studiato.
Attribuzione, nel presente contesto, secondo regole e metodologie particolari, del
carico di energia, di materiali e di emissioni corrispondente ad un output del si-
stema produttivo in esame.

(1) In via di pubblicazione.

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4.2.2 Analisi degli impatti
(Life Cycle Impact Assessment - ISO 14040, par. 3.10): fase di una LCA desti-
nata allo studio e alla valutazione del potenziale impatto ambientale provocato
dal sistema-prodotto in esame, che ha lo scopo di evidenziare l’entità delle modi-
ficazioni generate a seguito dei consumi di risorse e dei rilasci nell’ambiente cal-
colati nell’Inventario.

4.2.3 Analisi del ciclo di vita


(Life Cycle Assessment o Analysis, LCA - ISO 14040, par. 3.9): raccolta e valu-
tazione di ingressi, uscite ed impatti potenziali sull’ambiente di un sistema-pro-
dotto lungo il suo ciclo di vita; è un procedimento oggettivo di valutazione dei
carichi energetici ed ambientali relativo ad un processo o una attività, effettuato
attraverso l’identificazione e la quantificazione dell’energia e dei materiali usati e
dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. La valutazione include l’intero ciclo di vita del
processo o attività, comprendendo l’estrazione e il trattamento delle materie pri-
me, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo
smaltimento finale. Una LCA si compone delle seguenti quattro fasi principali:
Definizione degli Scopi e degli Obiettivi, Inventario, Analisi degli Impatti, Inter-
pretazione e Miglioramento. Le linee guida per elaborare una LCA sono state re-
datte dalla SETAC e sono ora disponibili nelle norme ISO della serie 14040. In ita-
liano il termine LCA viene comunemente tradotto in “analisi del ciclo di vita dei
processi produttivi”.

4.2.4 Analisi energetica


(Energy analysis): tecnica per esaminare il modo con cui le risorse energetiche
sono sfruttate per realizzare delle operazioni utili.

4.2.5 Compostaggio
(Composting): degradazione biologica dei rifiuti umidi ad elevato contenuto or-
ganico; porta alla produzione di compost (materiale organico stabilizzato utilizza-
bile in agricoltura e floricoltura a seconda delle caratteristiche di composizione)

4.2.6 Concentrazione equivalente di anidride carbonica


(CO2-equivalent): esprime in maniera sintetica la capacità dei gas serra di dar
luogo all’effetto serra; si ottiene convertendo la concentrazione di ciascun gas
che può produrre un effetto serra, nella concentrazione di CO 2 che darebbe un
uguale contributo a tale effetto (a parità di concentrazione, gas differenti danno
contributi diversi all’effetto serra). La conversione avviene tramite i GWP (Global
Warming Potentials) disponibili per diversi periodi di tempo (50, 100 e 500 an-
ni).

4.2.7 Confini del sistema


(System boundary - ISO 14040, par. 3.17): interfaccia tra il sistema-prodotto in
oggetto e l’ambiente o altri sistemi-prodotto.

4.2.8 Confronto tra sistemi equivalenti


(Comparative assertion - ISO 14040, par. 3.2): dichiarazione ambientale ri-
guardante la superiorità o equivalenza di un prodotto rispetto ad un prodotto
concorrente con medesima funzione; neologismo introdotto dalla ISO 14040 per
indicare come dal confronto in termini LCA di sistemi produttivi con medesima
funzione sia possibile asserire quale possieda un miglior rendimento ambientale.

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4.2.9 Coprodotto
(Co-product - ISO 14041, par. 3.2): ciascuno dei due o più prodotti provenienti
dallo stesso processo unitario; nel presente contesto, sottoprodotto o scarto di un
medesimo processo industriale e suscettibile delle regole di allocazione.

4.2.10 Ecobilancio
(Eco-balance): nel presente contesto, un’analisi energetica ed ambientale appli-
cata ad un singolo anello della filiera produttiva, ovvero l’elemento più semplice
di cui è composta una LCA.

4.2.11 Eco-efficienza
(Eco-efficiency): termine che il Business Council for Sustainable Development
ha proposto per indicare quello che dovrebbe essere l’obiettivo strategico delle
imprese nel quadro dello sviluppo sostenibile. Si tratta dell’efficienza produttiva
che tiene conto anche dei costi ambientali, ovvero della capacità di offrire a più
consumatori beni e servizi ad un costo economicamente affrontabile e con un
peso ecologico significativamente minore.

4.2.12 Ecoprofilo
(Eco-profile): è un’analisi del ciclo di vita interrotta all’uscita dei flussi di mate-
riali dallo stabilimento (“from cradle to gate”).

4.2.13 Efficienza
Da un punto di vista generale, l’efficienza misura la capacità di un sistema di ge-
nerare una funzione utile rispetto alla spesa sostenuta per ottenerla. L’efficienza
energetica è data dal rapporto dell’energia nei prodotti e l’energia spesa (energia
in ingresso + energia nelle materie prime); l’efficienza exergetica è data dal rap-
porto fra l’exergia dei prodotti utili e l’exergia in ingresso.

4.2.14 Energia
È un termine astratto e in generale può essere intesa come la capacità di produr-
re lavoro. L’energia non può essere creata o distrutta ma può solo subire varia-
zioni da una forma ad un’altra. L’unità di misura SI dell’energia è il Joule.

4.2.15 Energia cumulata


(Gross energy): è l’energia complessiva che compete ad un sistema produttivo
ed è costituita dalla somma delle energie corrispondenti a tutte le operazioni che
l’hanno resa possibile a partire dall’estrazione delle materie prime. La gross ener-
gy può essere suddivisa almeno in cinque quote: energia diretta (direct energy o
energy content of fuel), energia di feedstock (feedstock energy), energia di produ-
zione e trasporto dei combustibili (production and delivery energy), energia com-
petente ai trasporti utilizzati (transport energy) ed energia da biomasse (biomass
energy).

4.2.16 Energia diretta o di processo


(Direct energy o Process Energy - ISO 14041, par. 3.9): energia richiesta per
alimentare un processo unitario o un apparato all’interno del processo, con
esclusione della produzione e distribuzione dell’energia stessa; è l’energia diretta-
mente consumata nelle operazioni strettamente connesse con il processo in stu-
dio; coincide con il contenuto energetico della fonte di energia utilizzata.

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4.2.17 Energia di Feedstock
(Feedstock energy - ISO 14041, par. 3.5): contenuto energetico delle materie
prime in ingresso al sistema-prodotto, non utilizzate come fonte di energia,
espressa in termini di potere calorifico superiore o potere calorifico inferiore; è
l’energia contenuta nei materiali in ingresso nel processo che potenzialmente po-
trebbero essere impiegati come combustibili: il loro contributo in termini energe-
tici è esprimibile con il potere calorifico superiore o inferiore; il gas e l’olio im-
piegati nell’industria petrolchimica e il legno usato nell’industria cartaria
costituiscono alcuni chiari esempi di energia feedstock.

4.2.18 Energia di produzione e trasporto dei combustibili


(Production and Delivery energy): è la quota di energia competente all’estra-
zione, trattamento e trasporto delle fonti di energia primaria rese successivamen-
te disponibili all’utilizzatore sotto forma di energia diretta. Costituisce una quota
parte dell’energia indiretta.

4.2.19 Energia indiretta


(Indirect energy): è costituita dalla somma dell’energia di produzione e traspor-
to dei combustibili con l’energia necessaria a rendere disponibili i materiali in in-
gresso nel processo.

4.2.20 Energia interna


(Internal energy): è una funzione di stato, genericamente indicata con la lettera
U; la sua formulazione corrisponde alla definizione formale del Primo Principio
della termodinamica: DU=U2-U1=qto + won, dove qto è l’energia termica fornita al
sistema e won il lavoro fatto sul sistema.

4.2.21 Entalpia
(Enthalpy o Heat Content): generalmente indicata con la lettera H, è definita
come H=U+PV, dove U indica l’energia interna, P la pressione e V il volume.

4.2.22 Exergia
(Exergy): è generalmente indicata con la lettera B e si definisce come la quota
di una risorsa energetica utilizzabile in un processo termodinamicamente reversi-
bile. Nella pratica costituisce il concetto che consente di valutare la qualità
dell’energia spesa, ovvero la sua capacità di causare cambiamenti.

4.2.23 Incenerimento
(Incineration): degradazione termica del rifiuto con eventuale recupero di ener-
gia; porta alla riduzione della massa del rifiuto.

4.2.24 Interpretazione
(Life Cycle Interpretation - ISO 14040, par. 3.11): fase di una LCA in cui i ri-
sultati dell’inventario e/o della analisi degli impatti sono elaborati in accordo con
l’obiettivo e lo scopo dello studio in modo tale da raggiungere conclusioni e racco-
mandazioni.

4.2.25 Inventario
(Life Cycle Inventory Analysis - ISO 14040, par. 3.12): fase della LCA che pre-
vede la raccolta e quantificazione degli ingressi e dalle uscite per un dato siste-
ma-prodotto lungo il suo ciclo di vita.

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4.2.26 Potere calorifico inferiore
(Net Calorific Value or Low Heat): è l’energia liberata quando il combustibile
viene bruciato completamente con ossigeno e tutta l’acqua presente nei prodotti
di combustione è raffreddata alla temperatura di 100°C, ma rimane allo stato gas-
soso.

4.2.27 Potere calorifico superiore


(Gross Calorific Value or High Heat): è l’energia liberata quando il combusti-
bile viene completamente bruciato con ossigeno e tutta l’acqua prodotta è raf-
freddata allo stato termodinamico di riferimento (25°C e 1 atm).

4.2.28 Processo unitario


(Unit process - ISO 14040, par. 3.19): la più piccola porzione in cui un sistema
produttivo può essere suddiviso e per cui è possibile raccogliere i dati per redigere
una LCA.

4.2.29 Riciclo aperto


(Open Loop Recycling): è un sistema di riciclo di un rifiuto, in cui il prodotto
viene utilizzato in un sistema diverso da quello che ha generato il rifiuto stesso.

4.2.30 Riciclo chiuso


(Closed Loop Recycling): è un sistema di riciclo di un rifiuto, il cui prodotto co-
stituisce un input del sistema che ha generato il rifiuto stesso.

4.2.31 Rifiuto
(Waste - ISO 14040, par. 3.20): è l’uscita del sistema avviato a discarica; in Italia
il riferimento legislativo in materia è il DLgs 22/97 e successive modifiche (Decre-
to Ronchi).

4.2.32 Riuso
(Reuse): riutilizzo del prodotto dopo un eventuale trattamento di pulizia.

4.2.33 SETAC
(Society of Environmental Toxicology and Chemistry): è un organismo
scientifico internazionale che si è occupato fin dall’inizio della promozione e del-
la diffusione della LCA.

4.2.34 Sistema-Prodotto
(Product-System – ISO 14040, par. 3.15): insieme di processi unitari connessi
da flussi di materia ed energia, che adempie ad una o più funzione definite.

4.2.35 tep
Tonnellata equivalente di petrolio; 1 tep = 45.000 MJ (utilizzando un valore me-
dio di potere calorifico superiore del greggio).

4.2.36 Unità funzionale


(Functional Unit - ISO 14040, par. 3.5): unità di riferimento per quantificare il
rendimento in termini LCA di un sistema produttivo.

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5 L’ANALISI DEL CICLO DI VITA

5.1 Introduzione
L’analisi del ciclo di vita può essere considerata come l’evoluzione della tecnica
di analisi energetica, i cui primi esempi d’applicazione risalgono alla fine degli
anni sessanta, quando alcune grandi industrie hanno incominciato a rivolgere un
interesse particolare ai temi del risparmio delle risorse (energia e materiali) e del
contenimento delle emissioni nell’ambiente.
La LCA costituisce una nuova metodologia con cui affrontare l’analisi dei sistemi
industriali: dall’approccio tipico dell’ingegneria tradizionale, che privilegia lo stu-
dio separato dei singoli elementi dei processi produttivi, si passa ad una visione
globale del sistema produttivo, in cui tutti i processi di trasformazione, a partire
dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento dei prodotti a fine vita,
sono presi in considerazione in quanto partecipano alla realizzazione della fun-
zione per la quale essi sono progettati.
Questa impostazione di studio del sistema produttivo fa parte di una cultura più
ampia ed alternativa rispetto a quella che ha supportato il tradizionale modello di
sviluppo industriale, vale a dire una cultura che pensa la produzione industriale
nell’ottica del concetto di sviluppo sostenibile, fase basilare di un possibile nuo-
vo modello di organizzazione e management del sistema produttivo stesso, i cui
obiettivi fondamentali sono la conservazione delle risorse naturali e la minimizza-
zione degli effetti delle attività antropiche sull’ambiente.
La LCA, come descritto sinteticamente nel glossario, prevede dunque l’esame ener-
getico-ambientale dei processi in un sistema produttivo. Il sistema produttivo, che
dovrà essere descritto chiaramente soprattutto in termini di limiti spazio temporali
dello stesso, è collegato al sistema ambiente dagli scambi di ingressi e di uscite (es.
risorse impiegate ed emissioni rilasciate).
Tenuto conto del fatto che ogni tecnica di analisi possiede delle limitazioni, è im-
portante evidenziare quelle che sono caratteristiche della metodologia LCA. Ad
esempio:
n la definizione degli obiettivi, dell’unità funzionale e dei confini del sistema
analizzato può essere di tipo soggettivo e deve pertanto essere esauriente-
mente riportata;
n i modelli utilizzati per l’analisi di inventario o per l’analisi degli impatti posso-
no essere limitati dalle ipotesi di base e quindi possono non essere adatti per
tutte le applicazioni;
n l’accuratezza degli studi LCA può essere limitata dall’accessibilità o disponibi-
lità dei dati, dalla loro affidabilità, dalla loro rappresentatività ecc. Le modali-
tà di scelta delle banche dati costituiscono pertanto parte integrante della
metodologia di esecuzione di una LCA.

5.2 Fasi di una LCA


La struttura della LCA viene sintetizzata da quattro fasi principali (ISO 14040, par.
4.2).
n Definizione degli obiettivi (ISO 14040, par. 5.1): fase iniziale in cui sono
definiti le dimensioni ed i confini del sistema, gli obiettivi, le unità funzionali,
le ipotesi e le limitazioni.

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n l’Inventario (ISO 14040, par. 5.2): è la fase in cui viene analizzato il ciclo di
vita del sistema in esame, per ricostruire in dettaglio il flusso di materiali ed
energie per tutti i processi di trasformazione, all’interno dei confini del siste-
ma stabilito. L’abbreviazione in LCI deriva dall’inglese Life Cycle Inventory.
n l’Analisi degli impatti (ISO 14040, par. 5.3): elaborazione dei dati di inven-
tario acquisiti; sono calcolati in questa fase gli effetti potenziali sull’ecosiste-
ma, attribuibili al funzionamento del sistema definito.
n Interpretazione (ISO 14040, par. 5.4): la parte conclusiva della LCA si pro-
pone di ricercare possibili alternative ai processi industriali esaminati, per
giungere alla realizzazione di pari funzionalità del sistema, con carichi am-
bientali ridotti.

5.3 Definizione degli obiettivi


L’inizio di una LCA deve essere caratterizzato da un’esplicita dichiarazione dello
scopo dello studio; questo permetterà di definire i confini della ricerca e quindi
quelli del sistema oggetto dello studio nonché di esprimere i risultati in maniera
opportuna. Una analisi di ciclo di vita può essere condotta ad esempio per deci-
dere quale processo produttivo scegliere, verificando le prestazioni ambientali di
due o più sistemi ed analizzandone comparativamente le eventuali criticità.
Dalle finalità e dal tipo di utilizzatore discendono infatti alcuni requisiti dello stu-
dio: l’ampiezza del ciclo di vita, le eventuali alternative da considerare, l’integra-
zione con aspetti non ambientali, la qualità dei dati e la scelta dei parametri,
l’estensione della fase di valutazione e di miglioramento.
Ad esempio, l’analisi di ciclo di vita di un particolare apparato può essere con-
dotta con l’obiettivo di ottimizzare le modalità di dismissione oppure di trarre in-
dicazioni utili per indirizzare la progettazione di generazioni successive (obiettivo
di Design for Environment; v. anche IEC Guide 109 e ISO Guide 64).
Per quanto riguarda la limitazione dei confini nella fase di inventario, dopo
un’accurata descrizione del sistema in esame e la costruzione del diagramma di
flusso del ciclo produttivo, si inizia a pianificare la raccolta dei dati e delle infor-
mazioni e a delineare il campo di azione.
La prima definizione dei confini oltre che di tipo geografico è anche di tipo tec-
nologico: via via che lo studio prende corpo sarà possibile escludere componenti
non rilevanti o per cui è troppo oneroso ottenere informazioni dettagliate oppure
includerne altri ai quali inizialmente non si era assegnata un’appropriata impor-
tanza. (ISO 14040, par. 5.1 ed ISO 14041).

5.3.1 Definizione del sistema e dell’unità funzionale


Prima di procedere alla raccolta dei dati è necessario definire in maniera appro-
priata il sistema che si intende analizzare e, in particolare, l’unità con cui norma-
lizzare le informazioni che verranno raccolte, ovvero l’unità a cui riferire i risultati
(ISO 14041, par. 5.2.1).
Si è visto come qualsiasi gruppo di operazioni industriali possa essere considera-
to come un sistema delimitato da confini appropriati. Quando gli ingressi deriva-
no tutti da materie prime dalla terra e le emissioni sono rifiuti che tornano alla
terra, l’inventario può essere inteso proprio come un vero inventario di ciclo vita.
È importante sottolineare allora come in un vero sistema di ciclo vita non esi-
stano prodotti utili ma solamente rifiuti.

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Fig. 5.1 Diagramma schematico di un sistema di ciclo di vita con gli ingressi e le emissioni

Un inventario ambientale di questo sistema consiste quindi nell’individuare le


quantità di tutti gli ingressi che passano dal sistema ambiente attraverso il confine
del sistema, e di tutte le emissioni che dal sistema ritornano al sistema ambiente.
I sistemi LCA complessivi contengono un gran numero di operazioni collegate tra
loro, anche in modo molto complesso, dai flussi di materiali e di energia e dai
prodotti considerati utili.
Queste operazioni elementari possono allora essere definite “operazioni unitarie”
ed il loro insieme forma una rete, che rappresenta un sistema complesso dove
avviene uno scambio continuo di materiali e/o di energia tra le diverse operazio-
ni collegate.
È inoltre importante definire, fin dall’inizio dello studio, una “unità funzionale” con
cui trattare ed esporre i dati e le informazioni di una LCA (ISO 14041, par. 5.2.1).
La scelta di tale unità dipende essenzialmente dallo scopo per cui i sottosistemi e
il sistema globale sono stati progettati e può essere intesa come un’unità di misu-
ra comune indice delle prestazioni svolte dal sistema, ovvero del servizio reso
all’utilizzatore. Infatti le unità di misura normalmente utilizzate come la massa, il
numero di pezzi, il volume, ecc., non sono sempre adeguate a rappresentare il
rendimento (energetico e ambientale) di un processo produttivo; medesimi risul-
tati di uno studio espressi secondo unità funzionali diverse possono portare a
conclusioni completamente diverse. Ad esempio, se la funzione di un’operazione
2
è la verniciatura di una parete, l’unità funzionale sarà il m di superficie coperta
dalla pittura, e non il kg di vernice.

5.3.2 Tipologia e affidabilità dei dati


I dati utilizzati in uno studio LCA possono essere suddivisi in dati di sistema e
dati di processo.
n Per “dati di sistema” si intendono i dati relativi alle industrie produttrici
dell’energia, ai mix energetici coinvolti e alle industrie produttrici dei materia-
li utilizzati nei processi indagati nonché ai trasporti coinvolti. Questi dati pos-
sono essere ricavati sia da banche dati (ne esistono varie disponibili), sia dalla
bibliografia tecnica.
n Con la dicitura “dati di processo” si intendono invece quelli direttamente pro-
venienti dai processi produttivi e cioè i consumi di energia, di materiali, di ac-
qua, le emissioni nell’ambiente e i trasporti coinvolti nel processo in esame.
Questi dati sono raccolti direttamente presso i siti produttivi che sono interes-
sati dallo studio. La raccolta dei dati di processo può essere effettuata tramite
l’invio di questionari appositamente predisposti.

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È bene fin da subito sottolineare l’importanza dell’affidabilità dei dati. Essa può
essere valutata sulla base di una serie di parametri, tra cui ad esempio il tempo
(l’età dei dati e l’intervallo di tempo in cui è stata effettuata la raccolta), la geo-
grafia (l’area entro cui i dati sono stati raccolti), la precisione, la rappresentatività
statistica e la riproducibilità. Tale problematica appartiene alla fase di Inventario
e per questo motivo verrà meglio commentata nel paragrafo seguente.

5.4 Inventario
L’analisi di inventario consiste nella costruzione di un modello che rappresenti
nella maniera più fedele possibile i processi produttivi coinvolti nel sistema in
esame. Tale modello deve prima definire quali siano gli scambi di materia ed
energia tra il sistema e l’ambiente e, in un secondo tempo, definire nel modo più
preciso possibile le quantità delle varie grandezze in gioco.
La redazione di un inventario è quindi un’operazione di raccolta e di organizza-
zione di dati riguardanti gli scambi tra le singole operazioni appartenenti alla ca-
tena produttiva (e distruttiva) effettiva e tra il sistema industriale complessivo e il
sistema ambiente (Figura 5.2).

Fig. 5.2 Definizione dei confini del sistema in un LCI [SETAC, 1991]

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Non sono compresi, a questo livello di analisi, valutazioni o giudizi circa il signi-
ficato dei diversi input ed output, ossia circa gli effetti ambientali che questi pos-
sono provocare: obiettivo di un LCI è, infatti, quello di fornire dati oggettivi, che
solo in seguito potranno essere oggetto di elaborazioni e di commenti da cui trar-
re valutazioni e indicazioni utili a livello decisionale.
Le modalità di calcolo utilizzate per quantificare tali scambi di materia ed energia
(ad esempio, le procedure di allocazione) devono essere giustificate in modo da
rendere il risultato riproducibile.

5.4.1 Modalità di raccolta delle informazioni


In considerazione della sua importanza cruciale ai fini dell’attendibilità di una
LCA, come già anticipato nel Paragrafo 5.3.2, l’accertamento dell’affidabilità dei
dati raccolti durante la fase di Inventory costituisce un’importante fase preparato-
ria, che permette anche di risparmiare parecchio tempo nel seguito.
Come per altre fasi della metodologia, la valutazione dell’affidabilità dei dati è un
processo iterativo nel senso che in base agli obiettivi dello studio e ad indicatori
di affidabilità, è possibile attuare una raccolta dati aggiuntiva con cui migliorare
la qualità dei dati.
Pur riconoscendo come sia praticamente impossibile assicurare lo stesso livello di
accuratezza per tutte le informazioni utilizzate, dal momento che i settori indu-
striali, assai numerosi e profondamente diversi tra loro, portano inevitabilmente
ad una gran varietà nei dati componenti un inventario di ciclo di vita, è bene
adottare ogni accorgimento per rendere lo studio il più affidabile possibile.
Per molti dei processi produttivi più comuni, la maggior parte delle informazioni
di dettaglio può essere tratta dalla letteratura tecnica, e ciò è sufficiente per rag-
giungere lo scopo iniziale, che è quello di familiarizzare con le operazioni fonda-
mentali del processo in modo tale da preparare i questionari e poter in seguito
discutere proficuamente con gli operatori dell’impianto.
Quando si usano dati “di sistema” è comunque importante controllare la fonte, la
data di pubblicazione (si sconsiglia l’uso di dati raccolti più di un decennio pri-
ma) ed in ogni caso di confrontarli, se possibile, con dati di altre pubblicazioni.
Per quanto riguarda il periodo di riferimento delle informazioni raccolte in sito
(dati “di processo”), si suggerisce di raccogliere i dati relativi ad almeno 12 mesi
di attività, periodo che tra l’altro coincide di solito con quello cui è riferito il bi-
lancio economico dell’azienda.
L’utilizzo delle banche dati semplifica molto la ricerca delle informazioni, ma
pone anche il problema dell’attendibilità della fonte e della correttezza dell’inter-
pretazione. Non sono rari, infatti, i casi in cui, per una medesima operazione,
fonti diverse forniscono risultati completamente diversi. Prima di confrontare tra
loro informazioni provenienti da fonti diverse e bene dunque identificare quali
siano le caratteristiche del dato. Ad evitare errori di interpretazione, c’è da dire
però che nella maggior parte delle banche dati presenti nei software disponibili
sul mercato è possibile ottenere un grado di dettaglio molto elevato, tale da con-
sentire, in casi come quello presentato, di scegliere il tipo esatto di mezzo di tra-
sporto e le condizioni di carico. La scelta della banca dati dipende sostanzialmen-
te dal costo di acquisto o di licenza della stessa, che normalmente è direttamente
proporzionale alla ricchezza e all’affidabilità delle informazioni contenute.

5.4.2 L’allocazione dei carichi energetici ed ambientali


Un sistema industriale può essere inteso come insieme di dispositivi che realizza-
no una o più precise operazioni aventi una determinata funzione: il suo compor-
tamento può in pratica essere sintetizzato nel prodotto utile che esso genera.

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La maggioranza dei sistemi industriali produce però, oltre a quelli utili, diversi al-
tri prodotti che non hanno niente a che fare con la funzione cui esso è predispo-
sto: gli scarti di materiale e di energia ne sono l’esempio principale. Di conse-
guenza, una delle prime operazioni da compiere in una LCA è quella di dividere
il sistema in oggetto in sotto-sistemi ognuno dei quali produca un singolo pro-
dotto e tali che, una volta riaggregati, portino ad un sistema di caratteristiche
uguali a quelle del sistema di partenza.
Per fare questo è necessario adottare alcuni accorgimenti: affinché gli input e gli
output del sistema globale siano assegnati correttamente ai singoli sotto-sistemi, è
necessario procedere con un’operazione di “allocazione” (allocation o partitio-
ning), che consiste nell’associare dei carichi energetici ed ambientali ai vari co-
prodotti e sottoprodotti di un processo.
In questo modo si è in grado di affrontare lo studio di sistemi comunque com-
plessi in modo da poter sintetizzare il comportamento del sistema con indici
energetici ed ambientali. La via più comunemente impiegata nell’allocazione pre-
vede l’utilizzo – come termine di riferimento dei carichi - delle caratteristiche fisi-
che dei prodotti, come ad esempio: la massa, il volume, l’energia, o l’exergia (SE-
TAC, 1994); nel caso in cui detti riferimenti non siano utilizzabili è consentita
l’allocazione su base economica. La scelta del parametro più adatto richiede la
conoscenza dettagliata del funzionamento del sistema e dei vari sotto-sistemi.

5.4.3 I sistemi elettrici nazionali


È importante sottolineare a questo punto l’importanza di riferire i dati di consu-
mo di energia elettrica utilizzati in una LCA al sistema energetico della nazione in
cui si sta operando.
In Italia, il rendimento medio di produzione di energia elettrica da fonti fossili è
di circa il 40%, valore che si deduce dalla quantità di energia contenuta nei com-
bustibili impiegati per produrre 1 kWh di energia elettrica: questa quantità, di-
chiarata ufficialmente dall’ENEL, è infatti pari a 2200 kcal(1) , e porta al risultato
suddetto considerando che 1 kWh equivale a 860 kcal (3,6 MJ).
Questo rendimento - che si riduce al 36% al consumo, a causa delle perdite per i
servizi ausiliari nei trasformatori e nella distribuzione (ENEA, 1988 e 1991) - è sta-
to convenzionalmente adottato dall’ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) per
la conversione in tep dell’energia elettrica prodotta, ma non consente di tenere
conto dei rendimenti dei singoli sistemi di conversione e della diverse fonti di
provenienza dell’energia elettrica.
Negli altri Paesi la produzione di energia elettrica coinvolge tecnologie e mix
energetici diversi, con peculiarità e rendimenti caratteristici: anche se ottenere
dati particolareggiati di questo tipo risulta nella maggioranza dei casi molto one-
roso, è importante poter perlomeno valutare i fattori di efficienza energetica medi
caratteristici della nazione che ospita il processo oggetto dello studio.
Informazioni più dettagliate e aggiornate per tutti i sistemi nazionali coinvolti
nell’analisi si possono ottenere consultando le statistiche ufficiali nazionali, che
nel caso dei Paesi membri della Comunità Europea, sono disponibili anche pres-
so gli uffici EuroStat.
È indispensabile utilizzare uno strumento informatico sia per adattare continua-
mente le analisi a mix energetici diversi e alle evoluzioni della tecnologia usata
per la produzione, sia per poter considerare dinamicamente gli scambi di energia
elettrica attraverso le interconnessioni predisposte a tale scopo. In Figura 5.3, ad
esempio, sono riportati i dati relativi ad un periodo diverso da quello a cui si rife-
riscono le percentuali prima indicate.

(1) Si tratta del consumo specifico medio lordo convenzionale delle centrali termoelettriche tradizionali.

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Fig. 5.3 Interconnessione delle linee elettriche europee e scambi di energia elettrica in GWh.
I numeri nei riquadri rappresentano la produzione di energia elettrica nel paese indi-
cato nello stesso riquadro; i dati relativi agli acquisti (frecce entranti) o cessioni (frec-
ce uscenti) di energia elettrica sono invece quelli vicini alle frecce stesse [BOU-
STEAD, 1991]

Fig. 5.4 Diagramma di flusso semplificato della produzione e dell’uso di energia elettrica ita-
liana

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Anche per le emissioni è possibile associare alla produzione e all’uso di 1 kWh i
quantitativi dei rilasci nell’ambiente: l’uso di un’unità energetica di elettricità è
dunque associabile ad un consumo particolareggiato di risorse primarie nonché
alle emissioni generate lungo tutte le trasformazioni subite dai diversi vettori ener-
getici (al caso prima citato di impiego di 1 MJ di energia elettrica dalla rete italiana
è possibile associare l’emissione totale di circa 180 g di CO2 equivalenti, utilizzan-
do per il calcolo i potenziali di riscaldamento globale - GWP - a 100 anni).
Lo stesso ragionamento, fatto per le altre nazioni di cui si conoscono il mix ener-
getico e gli scambi di energia elettrica con le altre nazioni, permette di affrontare
in maniera corretta analisi di ciclo di vita di processi che avvengono in nazioni
diverse.

5.4.4 I sistemi di trasporto


I trasporti costituiscono un elemento vitale per la maggioranza dei processi pro-
duttivi industriali e spesso la quantità di energia ad essi legata rappresenta una
parte significativa dell’energia complessiva spesa nel processo in esame. Lo stes-
so vale di conseguenza per le emissioni derivanti da tali operazioni.
Anche nel caso dei trasporti, è possibile suddividere l’apporto di diversi contribu-
ti; questi sono riassumibili come segue:
n contenuto energetico dei combustibili consumati direttamente dal veicolo
considerato più la quota di energia indiretta necessaria a produrre il combu-
stibile; é normalmente proporzionale alla distanza di trasporto e dipende dal
sistema di trasporto, dalla portata del veicolo, dal tipo di viaggio, dalla manu-
tenzione del veicolo e così via;
n energia necessaria alla costruzione e alla manutenzione del veicolo ; é costi-
tuita dalla somma di diversi fattori relativi, ad esempio, ai pneumatici, ai pezzi
di ricambio, ecc.;
n energia necessaria a realizzare le infrastrutture per permettere il viaggio del
veicolo stesso, dalla costruzione di strade e ferrovie al loro mantenimento.

Una classificazione del tutto simile può venire anche fatta per le emissioni deri-
vanti dai tre contributi appena citati. In tal caso è chiaro che, per quanto riguarda
l’impatto ambientale dei sistemi di trasporto, le emissioni atmosferiche legate alla
fase diretta di consumo energetico risultano essere di gran lunga quelle più im-
portanti da conoscere e da valutare.
Inoltre, tenendo conto del fatto che i comuni mezzi di trasporto sono in genere
alimentati da combustibili altamente inquinanti, in questo caso più che altrove, i
fattori consumo di energia ed emissioni appaiono strettamente legati tra di loro.
Le informazioni relative ai consumi energetici e alle emissioni dei mezzi di tra-
sporto sono disponibili in diverse forme: si va dai dati statistici nazionali relativi
ad una particolare categoria di mezzi di trasporto ai dati specifici forniti dal cos-
truttore del mezzo stesso.
A seconda del livello di accuratezza a cui si intende arrivare, si adotterà una fonte
piuttosto che un’altra.
Per quanto riguarda le unità di misura da impiegare per esprimere i quantitativi
di energia legati ai trasporti, tenendo conto della capacità di carico dei mezzi im-
piegati, è possibile adottare l’unità di energia (J) per tonnellata·chilometro, oppu-
re, nel caso di mezzi trasporto che normalmente non compiono il trasporto a pie-
no carico (tipico è il caso dei mezzi su strada), direttamente l’energia per
chilometro.
Quanto alle emissioni, l’unità di massa della sostanza emessa (ad esempio mg di
CO2) viene riferita anch’essa alle unità utilizzate per l’energia.

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5.4.5 Risultati di un inventario
I risultati di un inventario possono essere presentati (ISO 14041, par. 5.2.3) in
termini di:
n combustibili primari,
n feedstock
n rifiuti,
n emissioni in aria,
n emissioni in acqua,
n materie prime.

I risultati di un inventario, pur non rappresentando in maniera esaustiva l’impatto


ambientale del sistema, devono comunque fornire informazioni quantitative com-
plete: gli elementi che compongono il quadro dei risultati cambiano ogni volta che
nuove informazioni diventano disponibili oppure quando gli obiettivi dello studio
vengono aggiornati, ma in ogni caso devono illustrare nel complesso l’interazione
esistente tra il sistema produttivo e il sistema ambiente (ISO 14040, par. 5.2.1).

5.5 L’analisi degli impatti

5.5.1 Concetti generali


Nel contesto della LCA, un impatto ambientale può essere definito come l’effetto
ambientale potenziale associabile alla vita di un prodotto. È improbabile che i
dati ed i metodi associati ad un’analisi di ciclo di vita siano sufficienti a collegare
inequivocabilmente uno specifico effetto con un processo o un prodotto.
Obiettivo dell’analisi degli impatti è allora quello di imputare i consumi e le
emissioni ottenute nella fase di inventario a diverse categorie di riferimento per
impatti conosciuti e, attraverso una serie di metodi di caratterizzazione, tentare di
quantificare la dimensione del contributo che il processo o il prodotto arrecano
all’impatto associato (ISO 14040, par. 5.3, ISO 14042, par. 4.1 e 4.2).
L’approccio globale dell’analisi degli impatti è stato basato fin dall’inizio sul prin-
cipio del “meno è meglio”, assumendo cioè che tutti i tipi di emissione siano rile-
vanti sulla base del loro grado intrinseco di rischio, sia inferiore che superiore
alla concentrazione limite massima di una emissione che non produce ancora ef-
fetti osservabili. In altre parole, il fatto di aggregare i risultati inventario in cate-
gorie di effetti potenziali è solo il primo passo verso una valutazione che mira a
determinare quale processo produttivo porti ad un minore dispendio di risorse e
a un minore impatto derivante dai rilasci nell’ambiente.
La caratteristica globalità dell’analisi (il peso globale di un determinato inquinan-
te si riferisce a diverse frazioni spesso appartenenti a diverse aree geografiche
della terra) e la mancanza di un unico specifico istante a cui riferire i rilasci (gli
output rilevati sono infatti riferiti a diversi periodi di tempo) limitano inoltre al
suddetto scopo la parte generale della valutazione (ISO 14042, par. 4.4).
In particolare, proprio per la loro natura cumulativa, i risultati di un inventario di
ciclo di vita possono essere in genere utilizzati per la valutazione di effetti a scala
globale (effetto serra e assottigliamento della fascia di ozono stratosferico); nel
caso di alcuni effetti a scala regionale, come le piogge acide, tali risultati, una vol-
ta disaggregati, possono offrire ulteriori indicazioni non reperibili da altre fonti.

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5.5.2 Classificazione e caratterizzazione
I dati e le informazioni inventario vengono innanzitutto organizzati seguendo
una classificazione in categorie di impatto. Queste categorie possono essere defi-
nite a seconda degli effetti sulla salute dell’uomo e sull’ambiente e in base alla
scala dell’effetto stesso.
Tali categorie si riferiscono ad effetti potenziali: a questo livello di analisi, come
già discusso, non esiste la pretesa di determinare cosa effettivamente accade in
un sito specifico in un determinato istante di tempo, ma piuttosto di collegare
quantitativamente un processo ad una categoria di impatto.
Il contributo delle diverse emissioni, e quindi l’impatto fisico, viene quantificato
in base all’attuale conoscenza scientifica. Una stessa sostanza può contribuire a
più fenomeni di impatto provocando effetti a catena sovente di difficile interpre-
tazione, mentre ognuno dei potenziali effetti ambientali è caratterizzato da una
sfera di influenza che può essere globale, regionale oppure locale.
Dal punto di vista operativo, la classificazione consiste nel raccogliere tutte le
emissioni, in aria, in acqua ed i rifiuti, derivanti direttamente ed indirettamente
dalle operazioni considerate ed imputarle alle seguenti categorie di effetti (ISO
14042, par. 6.1), caratterizzandole tramite opportuni coefficienti (v. Allegato):
1. Effetto serra
2. Assottigliamento della fascia di ozono
3. Acidificazione
4. Eutrofizzazione
5. Formazione di smog fotochimico
6. Tossicità per l’uomo e per l’ambiente

Per quanto riguarda le materie prime e l’energia intese come risorse, esiste una
classificazione basata sul concetto di non rinnovabilità della risorsa:
7. Consumo di risorse non rinnovabili (energia e materiali)

Si ritiene opportuno precisare che, ai fini di una analisi più completa, gli impatti
con effetto tipicamente locale (es. rumore, radiazioni elettromagnetiche, odore, …)
devono comunque essere affrontati nell’ambito dello studio, con le opportune me-
todologie specifiche.

5.5.3 Valutazione
La valutazione è il momento in cui i risultati della caratterizzazione vengono di-
scussi. L’obiettivo è di determinare il significato dei risultati in base alle cono-
scenze scientifiche. Tale momento della LCA può essere affrontato in diversi mo-
di. Generalmente, in funzione degli obiettivi dello studio, si procede ad una
valutazione degli effetti ambientali fornendo opportuni fattori di preferenza (wei-
ghting factors). Ad esempio volendo migliorare le prestazioni ambientali di un
prodotto seguendo le indicazioni del protocollo di Kyoto, si focalizzerà la ricerca
delle criticità ambientali prevalentemente in termini di emissioni di biossido di
carbonio.
È opportuno ricordare che esistono in letteratura diverse metodologie di valuta-
zione proposte da vari gruppi di lavoro.

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5.6 Interpretazione
Una volta analizzato il sistema in termini di prestazioni ambientali generali, oc-
corre identificare le criticità secondo quelli che sono stati gli obiettivi dello stu-
dio. L’interpretazione consiste nella identificazione, qualificazione, controllo e va-
lutazione delle conclusioni delle fasi precedenti, al fine di trovare le procedure di
scelta per migliorare il sistema studiato. Tale fase ovviamene rappresenta un pro-
cesso ciclico (iterativo) che si inquadra in un’ottica di miglioramento continuo dei
processi produttivi. L’interpretazione deve essere effettuata dunque riprendendo
gli obiettivi iniziali dello studio, controllando la completezza delle informazioni
ottenute, eseguendo se necessario analisi di sensibilità, realizzando un controllo
finale della coerenza delle informazioni e delle metodologie adottate per la rac-
colta delle stesse e deducendo quindi le conclusioni e le raccomandazioni.

5.7 Revisione critica


Il processo di revisione critica deve assicurare che:
n i metodi utilizzati durante l’esecuzione dello studio siano consistenti con lo
standard ISO 14040
n tali metodi siano scientificamente e tecnicamente validi
n i dati utilizzati siano appropriati e verificabili
n il rapporto finale dello studio sia trasparente e consistente.

6 LA LCA NELLA AZIENDA

6.1 Generalità
Impostare un programma di miglioramento ambientale rappresenta oggi per mol-
te aziende un passo fondamentale che va affrontato nella maniera più efficiente.
L’implementazione di un sistema di gestione ambientale (ISO 14001) rappresenta
spesso per molte realtà aziendali una valida base per valutare la problematica in
oggetto e pianificare le azioni correttive per un miglioramento continuo.
L’esecuzione di analisi di LCA può essere gestita definendo un opportuno pro-
gramma di lavoro che, in analogia con i sistemi di gestione ambientale, preveda:
n la definizione dei responsabili delle varie attività
n la definizione delle procedure per l’acquisizione dei dati
n la definizione delle procedure di gestione dei dati
n la programmazione delle attività di interpretazione e miglioramento

Un approccio di questo tipo, in cui da analisi di prodotti o processi si passa alla


implementazione di un sistema di gestione della LCA rappresenta una notevole
facilitazione, se ci si pone nell’ottica del miglioramento continuo delle prestazioni
ambientali.
L’impostazione di un sistema per la gestione delle analisi del ciclo di vita può ri-
chiedere un notevole impegno iniziale; tale impegno verrà rapidamente ripagato
dalla possibilità di eseguire rapidamente ed agevolmente tutte le fasi successive di
controllo e miglioramento continuo. Un ulteriore vantaggio di una impostazione di
un sistema di questo tipo consiste nella possibilità di accedere alla certificazione
LCA che può essere rilasciata da enti certificatori competenti ed accreditati.

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6.2 Responsabilità
L’analisi del ciclo di vita impostato in maniera sistematica nella azienda prevede
la definizione di alcune figure fondamentali; in particolare:
n Il coordinatore (o esecutore) della attività di LCA: È colui che agisce da
supervisore a tutte le attività relative alla LCA. Pianifica il lavoro, definisce le
modalità con cui dovrà essere eseguita l’analisi, controlla il flusso dei dati, ge-
stisce le fasi di analisi dei dati e fornisce i risultati dell’inventario e dell’analisi
degli impatti.
n Il responsabile del prodotto: è la persona che definisce gli obiettivi dello
studio e generalmente ha la piena responsabilità del prodotto e dunque degli
interventi migliorativi da apportarvi al termine dello studio di LCA
n Gli ingegneri di processo: sono coloro che interagiscono con il coordinato-
re della attività di LCA per elaborare i dati relativi ai processi locali
n I progettisti: Forniscono al coordinatore le informazioni fondamentali per
avviare lo studio e partecipano alla interpretazione finale dei dati per identifi-
care possibili opzioni migliorative.
n Il responsabile ambientale: fornisce tutti i dati qualitativi e quantitativi (ma-
terie prime, rifiuti solidi, emissioni, reflui, …) relativi ai processi che avvengo-
no all’interno della azienda (sia in riferimento ai processi produttivi sia ai pro-
cessi “ausiliari” come ad esempio il consumo di combustibile per il
riscaldamento degli uffici).
n Il responsabile degli acquisti: è l’interfaccia con i fornitori. Spesso tale figu-
ra è fondamentale, in particolare quando la politica produttiva della azienda è
molto a favore della terziarizzazione. In questi casi è necessario coinvolgere i
fornitori (attraverso invio di questionari o meglio mediante interviste dirette)
per acquisire le informazioni necessarie relative ai processi produttivi.
n Il responsabile delle vendite: ha essenzialmente una duplice funzionalità:
da una parte acquisisce informazioni relative alla casistica di modalità di fun-
zionamento del prodotto studiato e, dall’altra parte realizza l’interfaccia con i
clienti che possono avere particolari richieste relativamente alle prestazioni
ambientali del prodotto e soprattutto fornisce e valorizza i risultati dello stu-
dio e dell’impegno della azienda.

6.3 Le procedure di acquisizione dei dati


I dati, come visto nei paragrafi ad essi dedicati, vanno acquisiti in diversi modi a
secondo della loro tipologia (es dati diretti, dati calcolati, dati provenienti da let-
teratura o da manuali, dati provenienti da databases, …). In accordo con le fina-
lità e l’ambito dello studio è necessario stabilire quali dati sono necessari e con
quale livello di accuratezza devono essere descritti. Di fondamentale importanza
in questa fase è la descrizione delle procedure utilizzate per ottenere i dati stessi.
Ad esempio, l’attribuzione di un carico energetico ad un determinato processo
produttivo può essere motivato ad esempio da:
n un riferimento al manuale operativo della apparecchiatura che effettua il pro-
cesso; in tal caso l’apparecchiatura deve essere corredata dal certificato di
qualità;
n la descrizione di una misura diretta: in tal caso devono essere descritte le fasi,
la strumentazione utilizzata, le modalità di esecuzione della misura e di ela-
borazione dei dati;
n un calcolo teorico che deve essere elaborato con rigore scientifico e deve es-
sere documentato.

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Particolare cura deve essere fornita nella valutazione della qualità dei dati (in
particolare modo nei casi in cui non siano stati acquisiti direttamente con stru-
mentazione calibrata).
Infine, la descrizione delle procedure di allocazione deve sempre contenere tutti
i riferimenti necessari per rendere trasparente e ripetibile il calcolo.

6.4 La gestione dei dati e delle informazioni


I dati, ed in particolar modo il flusso dei dati, oltre che essere descritto nel rap-
porto specifico di LCA, devono essere sempre facilmente tracciabili. La presenza
in azienda di una banca dati che contenga, per ciascun processo, i dati energetici
ed ambientali e le modalità di funzionamento rappresenta un notevole aiuto nel-
la esecuzione dello studio. Tale banca dati, sia essa in formato cartaceo o conte-
nuta in un supporto informatico, conterrà i riferimenti necessari per la tracciabili-
tà delle informazioni, la loro trasparenza e la loro ripetibilità. In particolare
dovranno essere contenuti i riferimenti alle varie procedure di acquisizioni dati
che sono state utilizzate.
Infine, oltre che ai dati di tipo energetico ed ambientale, è opportuno mantenere
traccia di tutto il flusso di informazioni che è stato fatto circolare (questionari ai
fornitori, minute delle riunioni, rapporti tecnici intermedi ecc..). Il rapporto dello
studio di LCA conterrà ovviamente tutti i riferimenti a queste informazioni.

6.5 La programmazione delle attività di miglioramento continuo


Se lo studio di LCA fornisce indicazioni relative alle criticità ambientali nel ciclo
di vita del prodotto, l’impostazione di programmi di miglioramento deve essere
realizzato attraverso una opportuna operazione di interpretazione dei risultati.
Una corretta procedura di valutazione delle opzioni migliorative può essere effet-
tuata programmando degli incontri con tutto il gruppo di lavoro in cui:
n l’esecutore dello studio presenta i risultati (impatti ambientali nelle varie fasi
della vita e riferiti ai principali processi produttivi);
n i progettisti, sulla base dei risultati forniti, propongono modifiche al progetto
(per ridurre i carichi energetici ed ambientali). I miglioramenti proposti saran-
no valutati non limitatamente alle prestazioni ambientali ma nell’ambito di
una serie di criteri fondamentali (tra cui prestazioni tecniche, aspetti estetici,
aspetti economici, affidabilità, sicurezza, …);
n il responsabile del prodotto, sulla base della discussione e delle opinioni di
tutti i membri del gruppo di lavoro, pianifica le attività di implementazione di
miglioramento.

Un sistema, come quello brevemente descritto, consente l’accesso alle procedure


di valutazione da parte di un ente certificatore competente, per poter richiedere
la certificazione LCA del prodotto esaminato.

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APPENDICI: ANALISI DI ALCUNI PROCESSI

Generalità
Lo svolgimento di un’analisi LCA prevede un lavoro preliminare di ricostruzione
di tutti i processi: di realizzazione del prodotto/servizio, relativi alla logistica (ap-
provvigionamenti, distribuzione di prodotti, predisposizione di servizi), attinenti
all’utilizzo, relativi alla gestione a fine vita. Questo implica la definizione prelimi-
nare dei confini del sistema e la selezione dei processi da tenere sotto controllo
in termini quantitativi (energia e materiali utilizzati, rifiuti, emissioni e scarichi
prodotti).
Nel nostro caso sono stati presi in considerazione, senza nessuna pretesa di com-
pletezza, alcuni casi particolari di processi elettrotecnologici, vale a dire, scen-
dendo nel dettaglio:
n un processo di produzione di circuiti stampati e di componenti elettronici;
n un esempio di gestione di materiali termoplastici, largamente utilizzati negli
imballaggi;
n problematiche legate ai trasporti, in particolare di prodotti per uso civile, che
possono essere effettuati con mezzi diversi e a distanze rilevanti (vedi il caso
di approvvigionamenti dalle zone del “Far-East”);
n le problematiche relative ai cavi elettrici per trasporto di energia.

Nel seguito vengono presentati esempi di ricostruzione dei processi, a cui poi
nell’inventario associare i dati. Il criterio per la ricostruzione è il seguente:
n Risalire ai vari passi di lavorazione o i vari cambiamenti di scenario seguendo
i flussi di materiali e/o di prodotti intermedi e sottoprodotti. Particolare rile-
vanza deve essere data a tutti i passi di processo a cui sono collegate sostanze
ad elevato impatto ambientale: identificate da documenti emessi da organismi
internazionali, (si veda ad esempio IEC GUIDE 109).
n Definire in modo univoco gli spostamenti di materiali e quindi ricostruire le
tipologie di trasporto utilizzate.
n Identificare i consumi di energia nei vari passi e risalire alle fonti energetiche.
Tenendo presenti questi criteri, sono riportati esempi relativi a processi di
produzione diretta di componenti/parti di sistema, di smaltimento a fine vita
e di logistica. Nel primo caso si tratta di attività che interessano maggiormente
le aziende manifatturiere che devono monitorare dal punto di vista ambienta-
le il loro modo di produrre, mentre nel secondo e terzo caso l’interesse si
sposta anche sui fornitori di servizi, che hanno la possibilità di intervenire sui
processi di movimentazione e che prevedibilmente devono affrontare, nel
momento della “dismissione del servizio”, il problema dello smaltimento di
apparati.
Dopo la ricostruzione dei processi, occorre procedere alla raccolta dei dati,
cioè corredare la descrizione effettuata con informazioni quantitative. Le pos-
sibili fonti a cui attingere per questa attività sono: le aziende manifatturiere o
fornitrici di servizi, alcune banche dati europee e diversi software specializza-
ti per l’esecuzione di analisi di ciclo di vita, alcuni dei quali contengono ban-
che dati dedicate al settore elettronico/elettrotecnico particolarmente svilup-
pate. Relativamente alle banche dati europee, si rimanda per ulteriori
approfondimenti ai vari reports emessi da APME/PMWI (Association of Plasti-
cs Manufactures in Europe/European Centre for Plastics in the Environment)
e alle pubblicazioni dell’ OECD/EIA (Organization for Economic Cooperation
and Development / Energy Information Administration).

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Processi di produzione
Nei processi di produzione occorre generalmente analizzare alcuni aspetti fonda-
mentali:

Dispendio energetico: Il consumo di energia (e di elettricità in particola-


re) contribuisce ad elevare il carico ambientale del processo; si vada in
proposito il paragrafo 5.4.3.

Emissioni gassose e liquide: l’analisi delle emissioni risulta fondamenta-


le soprattutto per quanto riguarda le modalità di trattamento relative.

Rifiuti solidi: quello legato agli scarti è sicuramente un problema non tra-
scurabile specialmente quando la loro destinazione non è chiara oppure
nei casi in cui esistono diverse possibilità di recupero di materiali, sia con
reimmissione diretta nel ciclo produttivo, sia con destinazione ad altri usi
previa rilavorazione.

Gli esempi che seguono intendono mostrare diversi aspetti della esecuzione della
LCA. In particolare, i primi esempi (saldatura, circuiti stampati, logistica, plastica
Appendice A, B, C,) illustrano in che termini debbano essere descritti qualitativa-
mente gli aspetti che caratterizzano i vari processi presi in esempio. L’esempio
successivo (LCA di una lavabiancheria - Appendice D) è impostato in maniera
estremamente schematica ed è comprensivo di alcune tabelle esemplificative per
l’esecuzione delle acquisizioni di dati. Infine l’ultimo esempio (LCA di cavi elettri-
ci -Appendice E) rappresenta un tipico rapporto conclusivo di un lavoro di ricer-
ca indirizzato alla individuazione degli aspetti ambientali associabili alla vita di
un prodotto.
Si ritiene opportuno precisare che gli esempi inseriti nelle appendici sono solo ri-
ferimenti ma non intendono e non possono assolutamente esaurire la realtà dei
processi attribuibili alla elettrotecnologia.

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APPENDICE
A PROCESSO DI SALDATURA

A.1 Processo di saldatura

Nel seguito si analizza brevemente il processo di saldatura automatica dei com-


ponenti sulle piastre di circuito stampato. Il processo è di evidente interesse per il
settore elettrotecnologico, poiché l’assemblaggio di tutta la componentistica elet-
tronica presente nei vari apparati e terminali viene effettuato con questa o con si-
mili modalità. L’impatto ambientale legato a questo processo inoltre può essere
non trascurabile, a causa della presenza del piombo tra i materiali della pasta
saldante. Si tratta ovviamente di un esempio relativo ad un possibile sistema per
realizzare saldature e non necessariamente rappresenta lo stato dell’arte di que-
sta tecnologia; questo l’esempio, come i successivi hanno le uniche finalità di mo-
strare come possa essere affrontato il processo di acquisizione ed elaborazione dei
dati.

Il tipo di saldatura mediante trasferimento di calore e di lega saldante può essere


di diversi tipi. Si ricordano la saldatura al forno, la saldatura ai raggi infrarossi, la
saldatura ad induzione, la saldatura a rifusione e quella a pozzetto. Il metodo più
usato è però quello della saldatura ad onda, di seguito descritto.
La saldatura ad onda viene eseguita mediante una macchina completamente au-
tomatica. La saldatrice ad onda provvede con le sue unità a flussare, preriscalda-
re, saldare e a volte anche lavare i circuiti stampati ormai completi di componenti
inseriti. La piastra entra nella macchina e mediante un convogliatore (a doppia
catena con carrelli o a dita) viene trasportato sopra le stazioni di lavorazione fino
all’uscita dalla macchina. Sono disponibili varie misure della larghezza dei PCB
(Printed Circuit Board) lavabili per diverse esigenze.

Fig. A.1 Sequenza d’uso delle varie parti dell’impianto

Le parti fondamentali in cui può essere suddivisa una saldatrice ad onda sono vi-
sibili nella Figura A.1; la loro funzione è descritta nel seguito.

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Tab. A.1 Funzioni delle varie parti dell’impianto

Elemento Funzione
Convogliatore trasporta i circuiti stampati dall’ingresso all’uscita attraversando le
varie unità della macchina, con velocità variabile compresa tra 0 e
5 m/min.
Flussatore solitamente a schiuma, costituito in polietilene resistente alla
corrosione di tutti i normali flussanti sia di tipo resinoso che
organici idrosolubili in commercio. L’altezza della cresta di schiuma
è regolabile fino a 16 mm.
Preriscaldatori provvedono ad una rapida e completa evaporazione del veicolo
del flussante. Sono costituiti da un sistema standard comprendente
due gruppi di preriscaldatori radianti, composti da due o più
elementi per gruppo, con regolazione separata. Sotto gli elementi
sono montati riflettori di acciaio inox per assicurare una
distribuzione uniforme del calore.
Stazione di saldatura costituita da un crogiolo (pozzetto ad onda) nel quale si trova la
lega fusa, mantenuta ad una temperatura di fusione da resistenze
con regolazione termostatica (spegnimento sopra i 276 °C) e la
pompa che forma l’onda, con regolazione automatica (attacco
pompa sopra i 238 °C).

Dal punto di vista della raccolta dei dati di inventario, le informazioni che devo-
no essere reperite sono:
n consumo di elettricità della macchina complessiva
n composizione e quantità utilizzata di flussante
n composizione e quantità utilizzata di lega saldante
n entità degli eventuali scarti di lavorazione

Le grandezze devono essere riferite alla stessa unità funzionale, ad esempio la


singola piastra. A questo proposito può essere necessario conoscere anche il nu-
mero di piastre prodotte in una giornata lavorativa, per effettuare il calcolo delle
varie quantità rispetto all’unità di riferimento.

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APPENDICE
B PROCESSO DI PRODUZIONE E DI TRATTAMENTO DI FINE VITA DI UN
CIRCUITO STAMPATO

B.1 Produzione di un circuito stampato

Si descrive nel seguito un esempio di come produrre i circuiti stampati, che vengo-
no utilizzati come supporto sul quale montare i componenti nelle schede elettroni-
che. L’analisi ambientale di questo tipo di oggetti è importante sia per i grandi vo-
lumi di schede elettroniche presenti in campo e di cui si dovrà affrontare il
problema dello smaltimento, sia perché nell’ambito del processo produttivo entra-
no in gioco sostanze pericolose quali ad esempio i fenoli e possono essere prodotte
emissioni e scarichi da tenere sotto controllo.

I circuiti elettrici costituiti da conduttori e da componenti elettronici (resistori, in-


duttori, condensatori, connettori nonché elementi attivi) possono essere fabbrica-
ti con procedimenti analoghi a quelli usati nella tecnica della stampa, con il van-
taggio di rendere possibili produzioni economiche di grande serie, di risparmiare
spazio e peso e di aumentare il grado di affinamento delle apparecchiature elet-
troniche delle quali i circuiti stessi fanno parte.
La produzione dei circuiti stampati prevede le seguenti tre fasi principali: il pro-
getto tecnico, il processo fotografico ed infine la lavorazione propriamente detta
delle superfici del circuito.
Per quanto riguarda il progetto tecnico, la configurazione del circuito è stabilita
attraverso lo studio sperimentale che porta alla realizzazione di un prototipo; in
seguito viene preparato un disegno corrispondente all’andamento del circuito.
Questo disegno viene elaborato in scala molto grande rispetto alle dimensioni
del circuito definitivo; talvolta esso viene realizzato con apparecchi fotografici
controllati da un elaboratore, al quale sono stati forniti i dati relativi ai compo-
nenti e al tracciato circuitale individuati sperimentalmente; in particolare in
quest’ultima tecnica trova applicazione nella produzione dei circuiti integrati per
i quali l’elaboratore stesso assegna parametri e tracciato in base ai soli valori delle
grandezze che si devono avere in ingresso e uscita del circuito.
In seguito il processo fotografico permette di ridurre il disegno preparatorio del
circuito alle dimensioni finali desiderate. L’operazione può essere automatizzata.
L’apparecchiatura fotografica impiegata in questo processo deve essere costruita
con cura particolare in modo che il disegno possa non perdere in precisione e
definizione, anzi possa aumentare queste caratteristiche: la superficie del circuito,
l’obiettivo e la pellicola con il disegno originale devono giacere in piani assoluta-
mente paralleli (la tolleranza ammessa è di 5’’) ed il dispositivo per la riduzione
dell’immagine deve essere dotato di movimenti micrometrici in modo che la pre-
cisione, sia nel posizionamento, sia nelle dimensioni lineari del circuito finale
possa raggiungere il valore di ±2 mm che mediamente s’impone.
La lavorazione del circuito viene effettuata con metodi meccanici (speciali mac-
chine utensili adatte per la formatura e lo stampaggio) o, più spesso, con metodi
di fotoincisione, deposizione, ecc.
Nel seguito è descritto il cosiddetto “circuito a cablaggio stampato”, indubbia-
mente il tipo più diffuso. Esso è generalmente costituito da una tavoletta di mate-
riale isolante (resina fenolica o epossidica) sulla quale uno o più starti di rame o
altro conduttore sono deposti e incisi secondo il disegno progettato. I circuiti a
cablaggio stampato con deposizione di rame su una sola faccia del supporto iso-
lante sono di impiego generale: essi possono essere usati in tutti i tipi di apparec-
chiature elettroniche.

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Il circuito a cablaggio stampato è solitamente connesso all’apparecchiatura di cui
fa parte per mezzo di una schiera di contatti ad innesto (plug-in); la rimozione di
tutto il circuito e al sostituzione di un altro identico permettono di rendere le ripa-
razioni rapidissime, una riparazione vera e propria anzi non è più necessaria. In-
fatti in caso di anomalo funzionamento del complesso, si individua, spesso per eli-
minazione, il circuito che ne è responsabile, lo si rimuove e sostituisce
procedendo poi, soltanto se lo si ritiene opportuno, a un più particolareggiato
esame delle cause del guasto, controllando i componenti del circuito eliminato.
Appare evidente come l’adozione dei circuiti a cablaggio stampato con connessio-
ne ad innesto renda minimi i tempi morti dovuti alla manutenzione dell’apparec-
chiatura.
I circuiti stampati a due facce, cioè con deposizione di conduttore su entrambe le
superfici del supporto, comportano la realizzazione di speciali fori passanti plac-
cati con materiale conduttore che assicurino la continuità elettrica tra i due strati
ove ciò sia richiesto. Questi circuiti sono adatti per quelle applicazioni in cui si
desidera concentrare il massimo numero di connessioni possibile su un’area asse-
gnata senza elevare eccessivamente i costi.
Nel caso di circuiti a più strati conduttori, si valorizzano ancor più le dimensioni
proprie del supporto. Si è ulteriormente affinata la tecnica di incisione per otte-
nere zone conduttrici sempre più piccole moltiplicando in pratica anche lo spa-
zio lungo le stesse superfici utili. Il circuito a cablaggio stampato a più strati è co-
stituito da una serie di circuiti a due facce isolati fra di loro, riuniti in unico
blocco e collegati dove lo si desidera da fori passanti conduttori. Per assicurare la
migliore dispersione del calore generato dai componenti che vengono saldati sul
circuito a cablaggio stampato si preferisce lasciare completamente intatto uno de-
gli strati superficiali di conduttore “ritagliando” i percorsi dei vari collegamenti in
un altro strato del blocco. In alternativa per lo strato dissipatore si impiegano iso-
lanti che siano buoni conduttori del calore, ad esempio per materiali plastici ano-
dizzati. Per aumentare la conduttività e assicurare contemporaneamente saldature
perfette, gli strati elettricamente conduttori ricevono un sottile deposito d’oro o di
lega di piombo.
Attualmente per migliorare ancora i tempi di montaggio si impiega, oltre alla sal-
datura per immersione, la saldatura per termocompressione: i terminali dei com-
ponenti da unire al circuito stampato sono inseriti nei fori e quindi riscaldati fino
a temperature prossime a quella di fusione del materiale che riveste i fori, mentre
una forte pressione li fa aderire al conduttore.
In conclusione, si propone il seguente schema e blocchi che riassume le fasi
principali della realizzazione del circuito stampato e sulla base del quale possono
essere raccolti i dati relativi a:
n consumi energetici
n quantità di materiali utilizzati
n scarti prodotti

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Fig. B.1 Diagramma di flusso per la realizzazione del circuito stampato

B.2 Processi di trattamento a fine vita

In questo paragrafo si approfondiscono due diverse modalità di smaltimento delle


schede elettroniche a fine vita; l’obiettivo è di dare un’idea di quali possano essere
le soluzioni possibili e di quali sottoprocessi debbano essere analizzati nel detta-
glio per elaborare una valutazione di impatto ambientale.

Per tutti i processi di trattamento a fine vita il problema è conciliare due aspetti:
da un lato mettere in piedi una serie di procedure che consentono di evitare l’im-
patto ambientale derivante dal mero conferimento in discarica dei prodotti,
dall’altro fare in modo che queste procedure non producano a loro volta effetti
nocivi per l’ambiente. Per esempio, il procedimento di fusione di un circuito elet-
tronico consente di evitare il deposito in discarica di una serie di materiali perico-
losi, anzi ne permette il recupero, tuttavia può causare nuovi problemi ambientali
legati alla produzione di emissioni gassose o di scorie non inerti. La metodologia
LCA in questo senso si configura come strumento fondamentale per capire se
procedimenti di trattamento/recupero apparentemente corretti dal punto di vista
ambientale non aumentino in realtà il carico complessivo.
Nel seguito, sempre a titolo di esempio di descrizione, vengono illustrati due me-
todi per il recupero dei materiali da piastre di circuiti stampati, applicabili a tutti
gli apparati elettronici. Essi sono:
n il metodo di Knudsen, che porta all’ottenimento di rame puro al 98% ed altri
sottoprodotti.
n il metodo di Yokoyama e Iji, che porta alla produzione di polveri plastiche e
polveri di rame.

B.2.1 Metodo di Knudsen


Il processo di Knudsen ha come scopo il recupero del rame e di altri metalli con-
tenuti nelle piastre di circuito stampato. Esso si articola in cinque fasi, come visi-
bile nel diagramma di flusso:

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Fig. B.2 Diagramma di flusso metodo di Knudsen

Nella tabella seguente sono descritte le fasi con maggiore dettaglio:

Tab. B.1 Descrizione della varie fasi del processo Knudsen

Fase Descrizione
Forno a tino tramite combustione e con l'aggiunta di coke e scorie si
separa il rame da metalli come ferro, alluminio, zinco,
piombo, stagno. Si ottiene un rame all’80%. Sottoprodotti:
polveri con ossidi di ferro, zinco e piombo. In questa fase si
usa aria arricchita di ossigeno per evitare l'ossidazione dei
metalli non-rame che vengono ottenuti.
Conversione Bessemer con aggiunta di ferro. Si ottiene rame al 96% e scorie e
polveri con ferro, zinco, stagno, nichel, piombo e ossidi di
zinco.
Fornace anodica con scorie di rame di alta qualità ed uso di benzine. Si
ottiene, sul catodo, rame puro al 99%, contenente però
ancora i metalli nobili.
Elettrolisi e ultima lavorazione sul per separare il rame dai metalli nobili. L’ultima lavorazione
rame serve a rendere il rame ottenuto commercialmente fruibile.

Riassumendo, nel corso del procedimento di Knudsen si ottengono, oltre al rame


puro, una melma di metalli nobili e delle polveri di altri metalli come zinco, ra-
me, stagno e piombo. La lavorazione di questi sottoprodotti è di tipo idrometal-
lurgico e non presenta particolari problemi dal punto di vista ambientale.
L’impatto ambientale del procedimento di Knudsen si può valutare sotto tre
aspetti:
n riscaldamento globale: è associato all’uso di energia prodotta a partire dai
combustibili fossili; questo riguarda sia la combustione del coke o della ben-
zina nelle fornaci, sia la produzione di energia elettrica necessaria in tutte le
varie fasi del processo.
n acidificazione: i maggiori contributi provengono dalla produzione di elettri-
cità, necessaria per la produzione dell’aria arricchita di ossigeno (fase forno a
tino) e nelle ultime due fasi di elettrolisi e di lavorazione del catodo.

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n eutrofizzazione e creazione fotochimica dell’ozono (fotosmog): la pro-
duzione e la combustione delle benzine sono causa del primo effetto, mentre
il consumo delle stesse nella fornace anodica può portare al secondo.

Per la riduzione dell’impatto ambientale di questo processo ci sono due versanti


di azione:
n cambiare la composizione delle piastre; in particolare, poiché esistono mate-
riali tossici come tantalio, antimonio, cadmio, berillio occorre evitare di utiliz-
zarli. In particolare, l’antimonio è usato nei sistemi flame retardant in associa-
zione con composti brominati, i quali con la combustione dànno origine a
diossine e furani. La soluzione, come si è già accennato parlando del riciclo
delle resine fenoliche, può essere l’utilizzo di nuovi prodotti, per esempio la-
minati, con sistemi flame retardant che non fanno uso di antimonio e bromi-
nati.
n Un’altra soluzione potrebbe essere modificare il procedimento di Knudsen,
per fare in modo che non vengano raggiunte le temperature alle quali si co-
mincia ad avere emissione di diossina dalle resine.
Per ovviare a problemi di acidificazione, è opportuno inoltre ridurre o evitare
del tutto l’uso di ferro e alluminio nei componenti; il rame da questo punto di
vista è senza dubbio preferibile. Da promuovere sono infine tecniche di sal-
datura lead-free, cioè senza uso di piombo.
n cambiare le procedure di riciclo: occorre ridurre i problemi legati al riscalda-
mento già citati in precedenza. Inoltre per il problema dell’arricchimento e
del fotosmog, è opportuno usare combustibili che abbiano una minore per-
centuale di nitruri.

B.2.2 Metodo di Yokoyama e Iji


Si accenna qui a un metodo messo a punto per recuperare materiali dalle piastre
elettroniche dismesse. Il processo consiste nel polverizzare il circuito stampato
da smaltire e nel separare la polvere risultante in una polvere ricca di rame e in
un’altra che contiene resine plastiche.

Tab. B.2 Processo di Yokohama

Fase Descrizione
fase 1 il materiale è sottoposto a un trattamento meccanico, con applicazione di
forze di taglio e di separazione che consentono di sminuzzarlo in pezzi non
molto grandi, ma non ancora tali da consentire di parlare di “polvere”.
fase 2 polverizzazione vera e propria, cioè riduzione a grani più fini del materiale
sminuzzato, con applicazione di forze di taglio e di compressione. Si ottiene
polvere contenente principalmente rame e materiale plastico, più piccole
percentuali di altri metalli.
fase 3 separazione gravitazionale. In questa fase il rame si separa abbastanza
facilmente dal resto, visto che il suo peso specifico è decisamente più alto
ed i frammenti di questo metallo che risultano dal passo precedente sono di
dimensioni maggiori rispetto alle polveri di plastica. Questa caratteristica è
probabilmente dovuta alla differente duttilità dei due materiali. Si ottiene
una polvere avente un contenuto di rame elevato.
fase 4 si effettua un trattamento di separazione elettrostatica; si ottiene una polvere
contenente rame all'82%, utilizzabile per produrre fili o altri prodotti. Dopo
questo trattamento resta un residuo di materiale plastico polverizzato, che
può essere utilizzato nella produzione di nuova plastica.

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APPENDICE
C PROCESSO DI STAMPAGGIO DI UN PARTICOLARE PLASTICO DI
UN’APPARECCHIATURA ELETTRONICA

C.1 Stampaggio di materia plastica con logistica

Nella realtà dell’elettrotecnologia i processi relativi alle plastiche sono importanti


da considerare, dato che le quantità di materiale utilizzate sono in certi casi mol-
to rilevanti (grandi volumi di prodotto e notevole contenuto di materiale plastico
all’interno del singolo oggetto) ed inoltre alla produzione dei vari polimeri sono
associati carichi energetici e ambientali rilevanti. È da sottolineare inoltre che il
problema della ricostruzione della logistica dei trasporti è di basilare importanza
nell’ambito della conduzione di uno studio LCA; il carico ambientale derivante è
infatti notevole, ma nel contempo la ricostruzione di tutti i passaggi della catena
di trasporto è non banale e spesso si scontra con problemi legati alla “globaliz-
zazione” dei mercati, che ha aumentato la dispersione dei siti interessati dalla ri-
costruzione del ciclo di vita globale di un prodotto/servizio. Nel seguito si fornisce
quindi un esempio di descrizione del processo di stampaggio di un particolare
plastico di un apparecchiatura elettronica, tenendo conto anche della logistica; si
illustra inoltre quali dati debbano essere raccolti (i valori riportati sono puramen-
te indicativi) e come debbano essere organizzati.

Il diagramma di flusso di base del sistema descritto nel seguito è qui riportato:

Fig. C.1 Diagramma di flusso di base

Come si deduce dalla Figura C.1, il processo si svolge in questo modo: il materia-
le termoplastico in granuli giunta in stabilimento (trasporto) viene prima deumi-
dificata (uso di energia elettrica) e poi inviata alla pressa ad iniezione che esegue
lo stampaggio (uso di elettricità). Successivamente l’oggetto stampato viene as-
semblato con alcuni particolari metallici e poi imballato, per essere spedito ai siti
di assemblaggio complessivo dell’apparato.

C.1.1 Fornitura della plastica


Il peso di un singolo pallet di plastica (policarbonato PC), cioè l’insieme dei sac-
chi contenenti il granulato più la pedana in legno, ammonta a 1250 kg; in genere,
i materiali da stampaggio vengono forniti in sacchi di polietilene (LDPE) conte-
nenti ognuno 50 kg di granulato; è pertanto ragionevole ritenere che per il tra-
sporto di 1200 kg di granulato (24 sacchi) il contributo dell’imballaggio sia di
50 kg comprendente i sacchi di LDPE, la pedana in legno e i nastri di acciaio uti-
lizzati per il fissaggio.

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Stimando che un singolo sacco pesi 100 gr, il peso totale per pallet ammonta a
2,4 kg. I restanti 47,6 kg sono attribuibili alla pedana in legno ed ai nastri di ac-
ciaio. Da dati di letteratura, si ricava che per la fabbricazione di 1 kg di sacchi di
polietilene con scarti derivanti dalla lavorazione pari a 0,052 kg necessitano
1,82 MJ elettrici.
Introducendo i trasporti, si ipotizza che la fabbricazione dei sacchi in polietilene
venga svolta circa a 100 km di distanza dalla fabbrica in cui essi vengono riempiti
con il granulato: in questo modo si può supporre l’utilizzo di autoarticolati da
24 t, alimentati con combustibile diesel, che effettuino il viaggio a pieno carico
sia all’andata che al ritorno.
Per quanto riguarda il pallet in legno, si ricostruisce il processo a partire dal le-
gno e dall’acciaio, utilizzando dati energetici (elettricità) del paese in cui è pro-
dotto l’oggetto esaminato. Il diagramma di flusso di seguito riportato evidenzia il
dettaglio delle principali fasi del processo sopra descritto.

Fig.C.2 Diagramma di flusso rappresentante la fase di fornitura del materiale plastico

Tenendo presente come flusso di riferimento 1 kg di pallet di plastica, le tabelle


seguenti raccolgono i dati utili per stilare l’inventario relativo alla fase in esame.

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Tab. C.1 Riassunto dei dati utili per l’inventario per la fase studiata

INPUT
TIPOLOGIA Plastica Pallet Pacchi di polietilene
(Legno e acciaio) (LDPE)
QUANTITÀ 1 kg 0,03 kg 0,002 kg

MATERIALE SACCHI DI LEGNO PALLET


TRASPORTO LDPE completo
TRATTA PERCORSA 100 km 40 km 1300 km
RITORNO IN SEDE a pieno carico a vuoto a pieno carico

C.1.2 Stampaggio e imballaggio parte plastica


Questa fase, che accorpa più processi unitari, viene descritta secondo due sotto-
processi distinti: lo stampaggio del particolare (il pezzo è formato da due semigu-
sci che vanno poi accoppiati) e l’imballaggio dei “prodotti finiti” per la successiva
spedizione. Prima dello stampaggio occorre considerare il trasporto della plastica
in pallet dal sito in cui essa è stata realizzata alla fabbrica di stampaggio; si consi-
dera che esso venga effettuato utilizzando autoarticolati da 24 t, alimentati con
combustibile diesel, percorrenti una tratta media di 800 km con andata e ritorno
a pieno carico.
Il processo che porta dal granulato al pezzo stampato si può ulteriormente spez-
zare in due sottofasi a cascata: la deumidificazione e lo stampaggio vero e pro-
prio. Lo stampaggio dei particolari avviene utilizzando una pressa ad iniezione
da 550 t; si suppone che per la fabbricazione dei due semigusci, poiché non si
hanno scarti di lavorazione, sia necessario 1 kg di granuli di plastica. Da un pun-
to di vista energetico, vengono impiegati per lo stampaggio 2 kW e per la succes-
siva essiccazione 0,01 kW. I semigusci così ottenuti vengono spostati su muletti
(di cui si trascura il consumo energetico) verso il reparto in cui vengono assem-
blati e successivamente imballati.
Nella fase di assemblaggio nel semiguscio inferiore vengono inseriti rivetti in ot-
tone e un dado di terra in acciaio inox. Nel successivo imballaggio vengono in-
trodotti i semigusci, separati con fogli di cartone, in misura uguale per ogni scato-
lone; riutilizzando la pedana in legno con cui sono stati trasportati i sacchi di
plastica granulare viene poi creato il pallet, su cui è caricato un certo numero di
scatoloni.
Per il cartone utilizzato nella fase di imballo, di peso complessivo pari a 1,2 kg, si
ipotizza una produzione a 40 km di distanza e un trasporto a pieno carico tramite
autoarticolato da 24 t, alimentato a carburante diesel, con successivo ritorno a
vuoto.
Nella tabella seguente vengono riportati i dati fondamentali di questa fase, riferiti
all’involucro in plastica del peso di 1 kg e con i dati energetici espressi in MJ e
non in kW.

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Tab.C.2 Riassunto dei dati utili per l’inventario per la fase studiata

INPUT OUTPUT
TIPOLOGIA Pallet Imballaggi Energia Pallet (legno e Sacchi
plastica (cartone) (Elettricità) acciaio) (LDPE)
QUANTITÀ 1 kg 0,2 kg 5 MJ 0,03 kg 0,002 kg

Le confezioni imballate contenenti i gusci vengono spedite allo stabilimento di


assemblaggio su autoarticolati diesel da 24 t, a pieno carico percorrenti una tratta
di 500 km con andata e ritorno a pieno carico. Durante la fase di assemblaggio
globale dell’apparecchiatura all’interno del semiguscio superiore viene inserita la
componentistica elettronica (del peso complessivo di 2 kg); il semiguscio inferio-
re poi viene fissato a quello superiore, ottenendo così l’apparato complessivo.
Si noti come nella descrizione del processo particolare importanza rivesta la rico-
struzione, oltre che dei trasporti, di tutti gli imballi che vengono utilizzati. Un im-
patto rilevante è infatti associato ad essi, sia per le quantità in gioco sia per la
loro natura, specie se si tratta di materiali plastici.

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APPENDICE
D ESEMPIO DI ANALISI DI LCA DI UNA LAVABIANCHERIA

D.1 Generalità

Nel seguito viene descritta la fase di inventario relativa all’analisi di ciclo di vita
di una lavabiancheria. La procedura illustrata è applicabile in generale ai gran-
di elettrodomestici e comunque a macchine di una certa complessità che devono
essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale. Esso costituisce quindi un
esempio trasferibile a diversi altri settori della realtà elettrotecnologica. Lo studio è
privo di risultati finali; lo scopo è infatti quello di agevolare la comprensione me-
todologica della tecnica e di mettere in evidenza in quale modo possa essere defi-
nito con chiarezza l’obiettivo dell’analisi, come possano essere identificate le in-
formazioni necessarie, come sia opportuno organizzare i dati raccolti allo scopo
di facilitare l’ottenimento di risultati in tempi brevi e senza disperdere tempi e ri-
sorse.

D.1.1 Definizione degli obiettivi


Nella fase di definizione degli obiettivi vengono raccolte le principali informazio-
ni tecniche sul prodotto e il sistema.
È opportuno che queste informazioni siano contenute in un’unica scheda in
modo da:
n semplificare la raccolta dei dati
n facilitare la gestione dei dati di uno o più progetti con differenti obiettivi.
n acilitare l’individuazione delle caratteristiche e degli obiettivi del progetto

Viene di seguito presentata una scheda tipo da utilizzare per la fase di inizializza-
zione.
A seconda delle diverse esigenze progettuali e aziendali richieste, è possibile mo-
dificare o implementare tale scheda.

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Fig. D.1 Esempio di scheda per la fase di Inizializzazione: applicazione per una lavabiancheria

FASE 1 INIZIALIZZAZIONE
Azienda Autore Data
LAVABENE S.p.A. Luigi Rossi 10/1/1998
Prodotto Modello Stabilimento
Lavabiancheria carica frontale LB S20 Milano
Obiettivo di progetto Confronto tra una vasca in plastica (PP caricato) e vasca in
acciaio inox, per il lavaggio di 5 kg di bucato con ciclo a
60 °C
Impieghi previsti
Caratteristiche tecniche di progetto
Dimensioni (cm) 60x55x80
Peso(kg) 76
Dati tecnici nominali
Tipologia dell’imballo Cartone esterno + profili in PS interni e foglio in PE. (libretto
per le istruzioni)
Mercato di vendita Gran Bretagna (area di Edimburgo)
Logistica del trasporto Autocarro, treno e nave (km 1550)
Gestione e manutenzione del
prodotto
Procedure standard
Controlli periodici
Vita del prodotto
Anni di esercizio 12 (previsti)
Tipologia di funzionamento macchina meccanica a 600 giri/minuto
Perdite nominali
Note Contrappeso in cemento, crociera in ghisa.
Altri dati di riferimento

D.1.2 Inventario

D.1.2.1 Ecoprofilo
L’analisi dell’inventario viene svolta eseguendo iterativamente
n per ciascun componente primario
n per ciascun sottocomponente,

l’identificazione dei materiali e dei processi di trasformazione.


Per procedere con la definizione della metodologia, identifichiamo componenti
come quelle parti del prodotto che possono essere disassemblate meccanicamen-
te, compresi gli accessori tipo viti, rivetti, etichette e scatole.
La definizione dei componenti, deve avvenire in accordo con le reali procedure
di assemblaggio del prodotto.
Ciascun componente, a sua volta, può essere visto come assemblaggio di sotto-
componenti. Questa operazione può essere ripetuta fino a che tutti i sottocompo-
nenti non risultino essere componenti monomaterici.
Una volta raggiunto questo obiettivo, siamo sicuri che il prodotto in oggetto ha
raggiunto la sua massima disassemblabilità e un livello particolarmente detta-
gliato dell’analisi.
Il livello di dettaglio (o grado di approfondimento) dell’analisi, viene determi-
nato dalla definizione del numero di livelli di sottocomponenti che vengono di-
stinti.

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Una volta definito il prodotto, la procedura iterativa proposta consiste nella:
n identificazione dei componenti
n identificazione dei sottocomponenti
n identificazione dei coprodotti
n identificazione di tutte le trasformazioni che realizzano il componente

A questo proposito un buon punto di partenza e di riferimento per lo svolgimen-


to di tutta la fase, è l’esploso scalare (o tabella di assemblaggio), utilizzato ge-
neralmente nelle aziende per descrivere le fasi di assemblaggio del prodotto.

Fig. D.2 Schematizzazione dei processi di trasformazione, per aggregazioni successive dai
sottocomponenti fino al prodotto utile

Soprattutto di fronte a prodotti complessi, è consigliabile iniziare la fase di inven-


tario individuando, per ciascun componente:
n i materiali (con unità di misura: kg o g o altro)
n le relative trasformazioni (con unità di misura: MJ o J o altro)
n eventuali coprodotti (con unità di misura: kg o g o altro)
n identificazione dei materiali ausiliari (con unità di misura: kg o g o altro)
n identificazione di eventuali emissioni (con relativa unità di misura).

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Fig. D.3 Esempio di schema da utilizzare per la procedura di assemblaggio del prodotto

Assemblaggio del
prodotto
Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ
Materiale
Coprodotto
Emissioni
TOTALE

I processi di trasformazione devono essere analizzati in termini di fonte energeti-


ca ed energia totale spesa per l’esecuzione della trasformazione. Spesso questi
valori sono disponibili solo in termini globali; in tali casi è necessario:
n eseguire una corretta allocazione
n procedere con l’attribuzione dei consumi di energie e risorse, mediante nor-
malizzazione sulla produzione totale (se non sono disponibili procedure per
eseguire le allocazioni)

Esempio:
Si vuole allocare il consumo di elettricità per l’illuminazione di uno stabilimento
all’interno del quale sono attive due linee di produzione di lavabiancheria (A e
B). Viene allocato ad un prodotto A, un consumo pari al rapporto tra il consumo
energetico totale e la somma dei pezzi prodotti A + B. Tale approccio può essere
eseguito solo se le famiglie di prodotti A e B sono simili. In alternativa si effettua
un’allocazione basata non sul numero dei di componenti prodotti ma sul loro
peso.
In ogni caso la procedura di allocazione seguita deve essere dichiarata.

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Fig. D.4 Esempio di Ecoprofilo per una parte della fase di assemblaggio di una lavabiancheria
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COMPONENTI MATERIALE N° PESO TRASFORMAZIONI ENERGIA EMISSIONI


g/totale MJ

Albero + boccola Acciaio uni 4838 (C-Mn-Si-P-S) 1 380 Tornitura/ fresatura/foratura/godronatura/finitura


Ottone (Cu-Pb-Sn-Ni-Fe-Al) 1 57 Tornitura /finitura
Acciaio: sfridi da tornitura e foratura 24
Ottone: sfridi da tornitura 12
Emissioni
Cesto Acciaio Inox Aisi 430 1 2580 Taglio/Foratura a nido d'ape/ tranciatura asole/ca-
landratura/aggraffatura.
Acciaio: sfridi di taglio e di foratura 36
Emissioni
Vasca + squadrette Acciaio inox aisi 430 1 6545 V - Taglio/tranciatura foro e preforo-calandratura sal-
Lamiera zincata (Fe P01 + Elettro zincata 2,5 datura longitudinale bordatura/saldatura perimetra-
Micron) le/Rullatura.
Saldatura longitudinale = 271mm S - Taglio/ piegatura/saldatura V - Spessore lamie-
Saldatura circolare=1551mm ra = 1mm.
S - Punti di saldatura = 88 - 7 squadrette
Acciaio: sfridi di taglio e di foratura 145
Lamiera zincata: sfridi di taglio e di foratura 35
Emissioni
TOTALE
Con riferimento alla tipologia di prodotto oggetto dell’analisi e al livello di detta-
glio che si vuole raggiungere, può essere necessario un coinvolgimento dei forni-
tori per ottenere informazioni relative a sottocomponenti. Questa richiesta può
essere inoltrata utilizzando un modulo di richiesta informazioni (vedi questiona-
rio allegato).
Può anche accadere che gli stessi fornitori non siano in grado di dare tutte le in-
formazioni relative a materiali e trasformazioni del prodotto perché, a loro volta,
acquistano da altri fornitori.
Analisi particolarmente dettagliate possono prevedere un proseguimento delle
iterazioni anche ai livelli dei fornitori e subfornitori dei vari gruppi.
Per analisi semplificate è sufficiente chiudere il sistema iterativo a gruppi per i
quali siano noti materiali e processi di lavorazione.

Fig. D.5 Fasi della vita del prodotto, dai fornitori all’uscita dall’azienda

D.1.2.2 Fase di utilizzo


La metodologia delle prestazioni ambientali utilizzata per le due fasi precedenti,
viene ripetuta anche per la fase d’uso del prodotto considerando i seguenti aspetti:
A. Consumi energetici relativi alle operazioni di trasporto e messa in opera del
sistema
B. Consumi energetici (o autoconsumo) relativi alla fase di esercizio del prodotto
C. Consumi energetici relativi alla fase di manutenzione del prodotto

A. Consumi energetici relativi alle operazioni di trasporto e messa in ope-


ra del sistema.
Il prodotto può essere soggetto a diversi percorsi prima di essere messo in opera:
n trasporto dall’azienda al magazzino centrale
n trasporto dal magazzino centrale al distributore o ad un secondo magazzino
centrale
n trasporto dal distributore all’abitazione
n trasporto di ritorno del prodotto per la dismissione (questo può anche essere
considerato nella fase di gestione del fine vita del sistema)
n altri trasporti.

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Oltre alla distanza percorsa (km), è importante differenziare i mezzi con cui av-
viene il trasporto:
n autocarro,
n autoarticolato
n treno
n nave
n aereo
n altro

Fig. D.6 Trasporti dalla azienda al luogo di installazione

Tutte le informazioni relative alla fase di trasporto possono essere inventariate in


un’unica tabella simile a quella utilizzata per il prodotto.
In questo modo è possibile comparare l’impatto ambientale di medesimi percorsi
logistici per la distribuzione del prodotto, utilizzando diversi mezzi per il trasporto.

Fig. D.7 Esempio di schema da utilizzare per la fase di trasporto

Percorso di distribuzione Milano Edimburgo


Componente o Prodotto Automezzo Peso Distanza Energia
kg km MJ
Autocarro 70 30
Treno 70 900
Nave 70 500
Autocarro 70 120
TOTALE 1550

Esempio:
Una volta raccolti i dati per la valutazione di impatto del prodotto relativo alla
fase di trasporto, è possibile utilizzare i medesimi risultati per l’analisi di un si-
stema di trasporto alternativo.
Stabilita l’unità di misura (nel nostro caso il trasporto di un kg di prodotto lava-
biancheria per km) si può confrontare lo scenario sopra proposto (Milano -
Edimburgo 1550 km di cui: autocarro 30 km, treno 900 km, nave 500 km e au-
tocarro 120 km), con un nuovo scenario del tipo:
n Autocarro 30 km
n Treno 1400 km
n Autocarro 120 km

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B. Consumi energetici (o autoconsumo) relativi alla fase di esercizio del
prodotto
Rappresenta sicuramente la fase più importante di tutta l’analisi.
Particolare precisione deve essere realizzata nel computo delle perdite di energia
(Joule), in special modo per quei sistemi elettromeccanici con vita media di oltre
cinque anni. In tali casi si propone di eseguire l’analisi per i seguenti scenari:
1. ipotizzando il funzionamento del sistema attribuendogli il valore massimo teo-
rico delle perdite energetiche (Joule), nel periodo di un anno e nel periodo di
vita media stimata
2. ipotizzando il funzionamento del sistema attribuendogli il valore delle perdite
energetiche (Joule) pari al 70% del massimo teorico, nel periodo di un anno e
nel periodo di vita media stimata
3. ipotizzando il funzionamento del sistema attribuendogli il valore delle perdite
energetiche (Joule) pari al 40% del massimo teorico, nel periodo di un anno e
nel periodo di vita media stimata.

Fig. D.8 Esempio di schema da utilizzare per la fase di funzionamento

Uso
Ciclo tipo Consumi per ciclo N° Cicli /anno Ciclo vita Energia
Joule anni MJ
Cotone 60 °C
Cotone 90 °C
Lana 40 °C

TOTALE

C. Consumi energetici relativi alla fase di manutenzione del prodotto


Per la valutazione della fase d’uso del prodotto è importante considerare i consu-
mi energetici dovuti:
n ai trasporti e alle operazioni di assistenza
n all’impiego di materie prime e/o componenti nuovi
n alla dismissione o riciclo di materiali e/o componenti

Per l’inventario di questi valori, possono essere utilizzati gli schemi già adottati in
precedenza per la fase di assemblaggio del prodotto (Fig. D.4), e quella di tra-
sporto (Fig. D.6).

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Fig. D.9 Manutenzione della lavatrice

D.1.2.3 Gestione del fine vita del sistema


Il fine vita del prodotto deve essere analizzato in termini di processi (trasforma-
zioni) necessari alla dismissione del sistema.
Possono essere diversi gli scenari di dismissione per un prodotto:
n disassemblaggio totale
n triturazione totale
n disassemblaggio parziale e triturazione delle restanti parti
n dismissione in discarica
n incenerimento

È necessario prima di tutto verificare se ci siano componenti riutilizzabili (anche


mediante una fase intermedia di bonifica).
Nel caso in cui nessun componente (o parte di questi) possa essere riutilizzato,
l’analisi deve essere svolta definendo i processi di trasformazione da prodotto a
componenti base, caratterizzati questi ultimi dall’essere realizzati in monomate-
riale (ottica di riciclo).
Il flusso delle trasformazioni a fine vita può essere studiato eseguendo alcune
ipotesi relative agli obiettivi da raggiungere, ad esempio:
n obiettivo 1 massimizzazione recupero risorse (materie prime)
n obiettivo 2 ottimizzazione del bilancio energetico
n obiettivo 3 ottimizzazione di recupero materie prime ed energia in termini
di effetti ambientali.

L’obiettivo 1: viene raggiunto separando tutti (100%) i componenti realizzati


con materiali diversi ed inviando i materiali differenziati ai cen-
tri di raccolta e recupero per il riciclaggio.
L’obiettivo 2: prevede il recupero dell’energia di feedstock che è posseduta
in quote elevate da alcuni materiali (es. gli imballaggi). Tale
obiettivo si raggiunge recuperando solo una frazione dei com-
ponenti.
L’obiettivo 3: viene raggiunto interrompendo i processi di recupero delle ma-
terie prime o energie, al raggiungimento di un valore minimo
delle emissioni.

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Fig. D.10 Esempio di processo per il riciclo di prodotti mediante triturazione

Anche in questo caso può essere utilizzato il medesimo schema della procedura
di assemblaggio (Fig. D.4) dove, alla voce trasformazioni verranno considerati i
processi necessari per il trattamento di materiali e componenti.
Nel caso della triturazione sarà opportuno procedere con l’attribuzione dei con-
sumi di energie e risorse, mediante normalizzazione sull’operazione di macina-
zione totale.

Fig. D.11 Esempio di schema da utilizzare per la procedura di dismissione del prodotto

Dismissione del
prodotto
Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ
Materiale
Coprodotto

TOTALE

D.1.3 Elaborazione dei risultati


Sulla base delle diverse informazioni raccolte nelle tre fasi precedenti, si ottiene
un elenco di informazioni in termini di:
n materie prime impiegate
n consumi di energia
n emissioni in aria
n emissioni in acqua
n rifiuti solidi

Tutte le informazioni sono state raccolte nelle diverse tabelle precedentemente


utilizzate:

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Fig. D.12 Esempi di scheda riassuntiva che raggruppa tutte le fasi

FASE 1 INIZIALIZZAZIONE
Azienda Autore Data
LAVABENE S.p.A. Luigi Rossi 10/1/1998
Prodotto Modello Stabilimento
Lavabiancheria carica frontale LB S20 Milano
Obiettivo di progetto Valutazione di impatto ambientale tra una vasca in
plastica (PP caricato) e vasca in acciaio inox, per il
lavaggio di 5 kg di bucato con ciclo a 60 °C.

Assemblaggio del
prodotto
Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ
Materiale
Coprodotto
TOTALE

Percorso di Milano-Edimburgo
distribuzione
Componente o Prodotto Automezzo Peso Distanza Energia Emissioni
kg km MJ
Autocarro 70 30
Treno 70 900
Nave 70 500
Autocarro 70 120
TOTALE 1550

Uso
Ciclo tipo Consumi per ciclo N° Cicli /anno Ciclo vita Energia
Joule anni MJ
Cotone 60 °C
Cotone 90 °C
Lana 40 °C
TOTALE

Dismissione del
prodotto
Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ
Materiale
Coprodotto
TOTALE

Attraverso la realizzazione di una tabella finale, è possibile inventariare i princi-


pali risultati ottenuti dall’analisi di prodotto.

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Fig. D.13 Elenco di quadro riassuntivo per fasi

QUADRO RIASSUNTIVO
Fase Peso Energia Emissioni
kg MJ
Assemblaggio
Percorso di distribuzione
Uso
Dismissione del prodotto
TOTALE

Dagli allegati è possibile dedurre i contributi agli effetti ambientali provocati da


alcune tipologie di emissioni gassose e liquide.
I totali vengono rappresentati come:
n istogrammi con valori assoluti, qualora si desideri conoscere l’impatto sull’am-
biente introdotto dall’impiego del sistema elettromeccanico analizzato,
n valori normalizzati ad 1, per ciascun effetto ambientale, qualora si desiderino
confrontare le prestazioni ambientali di più prodotti equifunzionali o si ricer-
chino criticità tra i componenti o le fasi della vita di un sistema.

Fig. D. 14 Esempio di scheda per singola fase, da compilare(1)

FASE 1 INIZIALIZZAZIONE
Azienda Autore Data
Prodotto Modello Stabilimento
Obiettivo di progetto
Impieghi previsti
Caratteristiche tecniche di progetto
Dimensioni (cm)
Peso (kg)
Dati tecnici nominali
Tipologia dell’imballo
Mercato di vendita
Logistica del trasporto
Gestione e manutenzione del prodotto
Procedure standard
Controlli periodici
Vita del prodotto
Anni di esercizio
Tipologia di funzionamento
Perdite nominali
Note
Altri dati di riferimento

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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Fig. D. 15 Esempio di scheda per la fase di assemblaggio, da compilare (1)

Assemblaggio del prodotto


Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ

TOTALE

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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Fig. D.16 Esempio di scheda per la fase di distribuzione, da compilare (1)

Percorso di distribuzione Milano-Edimburgo


Componente o Prodotto Automezzo Peso Distanza Energia Emissioni
kg km MJ

TOTALE

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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Fig. D.17 Esempio di scheda per la fase di uso, da compilare(1)

Uso
Ciclo tipo Consumi per ciclo N° Cicli /anno Ciclo vita Energia
Joule anni MJ

TOTALE

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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Fig. D.18 Esempio di scheda per la fase di dismissione del prodotto, da compilare (1)

Dismissione del prodotto


Componente Materiali Peso Trasformazioni Energia Emissioni
kg MJ

TOTALE

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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Fig. D. 19 Esempio di quadro riassuntivo per prodotto, da compilare(1)

QUADRO RIASSUNTIVO
Fase Peso Energia Emissioni
kg MJ
Assemblaggio
Percorso di distribuzione
Uso
Dismissione del prodotto
TOTALE

(1) Questa scheda è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito modulo annesso alla presente Guida.

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APPENDICE
E ESEMPIO DI LCA DI CAVI ELETTRICI DI DISTRIBUZIONE IN BASSA
TENSIONE

E.1 Generalità

Nell’ambito dell’elettrotecnologia i cavi, di qualunque tipo e dimensione, rappre-


sentano uno degli elementi a cui sono associati i maggiori volumi. Nel seguito si il-
lustra quindi un esempio di applicazione dell’LCA a questa tipologia di oggetti. Un
analogo modo di procedere può essere applicato a cavi di tipologie e dimensioni di-
verse; in questo caso specifico viene presentata un’analisi LCA relativa a cavi elettri-
ci di distribuzione in bassa tensione finalizzata alla determinazione di opzioni di
miglioramento della gestione in vita ed a fine vita. L’esempio seguente è stato stu-
diato nell’ambito di un progetto di ricerca il cui obiettivo non prevedeva necessa-
riamente l’impostazione.di un programma di gestione della LCA in azienda.

E.1.1 Oggetto dello studio


Si tratta di un cavo per bassa tensione quadripolare di denominazione RG7OCR,
con tre anime di fase in rame isolate con gomma etilenpropilenica (EPR) ad alto
modulo elastico (G7) e rivestite da una mescola a base di elastomero non vulca-
nizzato (riempitivo), conduttore di neutro concentrico in rame, sotto guaina gri-
2
gia di PVC, di formazione: 3 x 95 mm +50°C. Secondo le specifiche questo cavo
deve avere le seguenti caratteristiche:
n massa: 4200 kg/km;
n diametro esterno compreso fra 37,5 e 40,5 mm;
n spessore medio della guaina in PVC: almeno 2,2 mm;
n diametro del singolo conduttore: 11,4 mm;
n spessore medio dell’isolante: almeno 1,1 mm;
n diametro sull’isolante: almeno 13,5 mm.

E.1.2 Scopo
L’analisi del ciclo di vita è destinata all’utente dei cavi studiati, con il duplice
obiettivo di caratterizzare la situazione esistente e di permettere la successiva va-
lutazione di possibili alternative a minore impatto ambientale.
Ulteriori scopi dello studio sono quelli di:
n determinare l’articolazione dell’intero ciclo di vita, all’interno delle tre fasi ge-
nerali (ottenimento materie prime e produzione dei componenti, uso e manu-
tenzione, smaltimento e recupero);
n quantificare, per ciascuna fase, i consumi di energia, acqua e materie prime e
la produzione di emissioni aeriformi, reflui liquidi e rifiuti solidi;
n individuare le fasi a maggior impatto ambientale.

E.1.3 Ambito dello studio


Gli aspetti qualificanti del presente studio sono:
n l’ampio ricorso a dati diretti, disponibili presso i soggetti direttamente coin-
volti nel ciclo di vita dei componenti elettrici, anziché esclusivamente a dati
indiretti reperibili presso banche dati
n una elaborazione dei dati raccolti tale da permettere di definire in modo sem-
plice e rapido gli impatti ambientali più significativi e le fasi del ciclo di vita
responsabili di tali impatti.

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E.1.4 Confini del sistema
n incidenza ponderale: per ogni processo unitario e per l’intero ciclo di vita i
contributi trovati vengono espressi in termini percentuali (in peso) dei mate-
riali in ingresso, sulla base di un bilancio di massa; in funzione della possibi-
lità di ottenimento di dati diretti o indiretti si fissa una soglia al 95%;
n contributo energetico: analogamente al bilancio di massa, viene eseguito
un bilancio dell’energia necessaria per la produzione dei vari materiali ausilia-
ri; la soglia minima è del 95%;
n impatto ambientale: in questo caso è necessario ricorrere a valutazioni ba-
sate sul solo giudizio professionale, dell’entità dell’impatto ambientale risul-
tante dalla produzione di un dato materiale ausiliario; un criterio esemplifica-
tivo di soglia è un contributo aggiuntivo all’impatto complessivo, risultante
dal ciclo di vita del prodotto principale, del 5%;
n rappresentatività del dato: come ulteriore criterio si è definita una soglia
oltre la quale il dato relativo al contributo (in ingresso o in uscita) debba es-
sere un dato diretto, in modo da evitare margini di incertezza eccessivi su dati
particolarmente significativi; tale soglia è posta al 90%.

E.1.5 Fonti e tipi di dati


n Per i cavi elettrici l’unità di prodotto è costituita sia dall’unità di peso (chilo-
grammo) sia dall’unità di lunghezza (chilometro), in quanto spesso, per co-
modità, si fa riferimento alla lunghezza di un tratto di cavo piuttosto che al
suo peso.
n L’energia viene espressa in MJ, i materiali in ingresso ed i rifiuti solidi in uscita
vengono espressi in g, mentre le emissioni in atmosfera ed i reflui liquidi ven-
gono espressi in mg;
n Laddove possibile, vengono utilizzati dati diretti (o primari), cioè dati ottenuti
direttamente dal soggetto coinvolto in una data fase del ciclo di vita.
n I dati relativi all’installazione, esercizio, messa fuori uso ed avvio al recupero
e/o smaltimento sono ottenuti da diversi uffici di zona dell’utilizzatore.
n Quando una fonte diretta di dati risulta inaccessibile (es. importazione di ma-
terie prime dall’estero, riservatezza dei dati, indisponibilità della fonte) oppu-
re poco utilizzabile (distanza, difficoltà di integrare i dati nel programma di
calcolo ecc.), si fa ricorso a dati indiretti ottenuti da diverse fonti bibliografi-
che (banche dati, relazioni tecniche, manuali e pubblicazioni di istituti di ri-
cerca pubblici e privati ecc.).
n Nel corso dello studio viene data attenzione agli aspetti geografici come se-
gue:
n nello stadio di ottenimento di materie prime e di prodotti intermedi (com-
prese le materie prime per la produzione di energia), i contributi prove-
nienti dall’estero non vengono analizzati direttamente, ma si fa ricorso a
fonti indirette;
n i contributi provenienti dall’Italia vengono invece esaminati con maggior
dettaglio, a seconda dell’accessibilità della fonte e del grado di significati-
vità del contributo;
n nello stadio di produzione, la posizione geografica di uno stabilimento
può influenzare in misura non trascurabile l’entità di contributi quali il ri-
scaldamento, la distanza di percorrenza dei trasporti di approvvigiona-
mento delle materie prime e di consegna dei prodotti, le condizioni di uso
dell’acqua (riciclo, raffreddamento ecc.);

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n nello stadio di utilizzo, la posizione e l’estensione della zona da cui pro-
viene il dato influenza gli interventi di posa, manutenzione, smantella-
mento ed avvio allo smaltimento/recupero dei componenti elettrici;
n anche nello stadio di smaltimento, infine, ci si limita a ricorrere alle fonti
dirette situate in Italia, consultando invece le banche dati per le operazio-
ni non eseguite sul territorio nazionale.
n Oltre agli aspetti geografici, viene anche preso in considerazione il periodo a
cui si riferiscono i dati raccolti. I dati più recenti vengono privilegiati rispetto
a quelli più vecchi; a volte può essere più significativo fare riferimento a peri-
odi di tempo più lunghi.

E.1.6 Ecobilancio del cavo RG7OCR


La Figura E.1 riporta schematicamente il ciclo di vita del cavo studiato. La Figura
E.2 focalizza la fase di produzione.
L’ecobilancio del cavo RG7OCR, limitatamente allo stadio di produzione è rias-
sunto nelle Figure da E.3 a E.5. Nella Tabella E.1 (ecobilancio globale) vengono
riportati i dati numerici relativi allo stadio di produzione, allo stadio di uso (com-
presi l’installazione, gli interventi di manutenzione e riparazione e un anno di
esercizio) ed a quello di smaltimento e recupero, nell’ipotesi che i cavi RG7OCR
messi fuori uso vengano effettivamente recuperati.
L’analisi effettuata contempla due fonti possibili di rame elettrolitico: rame prima-
rio (ottenuto mediante estrazione del minerale di rame, la sua lavorazione prima-
ria e la raffinazione elettrolitica) e rame secondario (ottenuto mediante rifusione
ed elettrolisi del rame di recupero). Facendo variare le proporzioni relative di
queste fonti si possono ottenere dati anche significativamente diversi.

a. Consumi energetici durante la produzione del cavo (Figura E.3)


n L’energia totale (produzione e trasporto via mare di rame elettrolitico prima-
rio) è di circa 60 MJ/kg di rame elettrolitico. Nell’ipotesi realistica che l’84%
del rame elettrolitico disponibile sul mercato sia primario, questo contributo
costituisce oltre il 62% dei consumi energetici dell’intero stadio di produzio-
ne.
n Il valore di energia per la produzione di rame secondario (18 MJ) è desunto
da banche dati. Nell’ipotesi che il contributo del rame secondario sia del 16%,
si tratta di una quota del 3,5% dei consumi energetici globali.
n Il trasporto del rame elettrolitico primario dal porto di arrivo allo stabilimento
di produzione della vergella, ed il trasporto del rame di recupero dall’impian-
to di recupero allo stabilimento di rilavorazione e da qui allo stabilimento di
produzione della vergella sono considerati nella Figura E.3; ovviamente an-
che questi contributi incidono proporzionalmente ai contributi di rame prima-
rio e secondario. Per ciascuna fase di trasporto si è assunto un consumo ener-
getico unitario di 0,366 MJ/kg (indipendentemente dalla merce trasportata).
Anche variando i valori riportati sopra ed assumendo condizioni più conser-
vative, l’incidenza dei trasporti sull’ecobilancio dell’intero stadio di produzio-
ne è molto modesta (< 1%).
n Il dato successivo in Figura E.3 si riferisce alla produzione della vergella di ra-
me. Il consumo energetico complessivo è dell’ordine di 3 MJ/kg di vergella, e
costituisce un contributo relativamente significativo al bilancio energetico
dell’intero stadio di produzione del cavo (3,65%); in questo caso si tratta di
un processo unitario vero e proprio.
n Il bilancio energetico della produzione di PE-PP 50:50 viene riportato come
dato successivo in Figura E.3. Come si può vedere, la produzione del polime-
ro etilenpropilenico, pur essendo in sé un processo relativamente energivoro

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(circa 35 MJ/kg di polimero e presumibilmente anche di più se si tiene conto
delle fasi qui trascurate), nel presente contesto incide per meno del 2,5%
sull’intero bilancio energetico; ancor più trascurabile è il contributo della fase
di trasporto.
n Il secondo componente che entra nella formulazione dell’isolante e del riem-
pitivo (ed anche della guaina; vedi sotto) è il carbonato di calcio. Si riportano
in Figura E.3 i consumi energetici legati alla produzione del carbonato di cal-
cio a partire dal calcare e quelli legati al trasporto dello stesso. In entrambi i
casi si tratta di contributi molto ridotti (complessivamente meno dello 0,5%)
al bilancio energetico dello stadio di produzione.
n I dati successivi si riferiscono alle fasi di produzione di PVC, di produzione
del polimero a base di PVC usato per la realizzazione della guaina del cavo, e
di trasporto di quest’ultimo. Il primo dato è desunto da fonti bibliografiche (si
tratta del processo in assoluto maggiormente energivoro, che anche moltipli-
cato per un coefficiente di 0,0436 incide sul bilancio energetico per il 6% cir-
ca), mentre il secondo dato è stimato, per confronto con altri processi unitari.
n Le fasi di formulazione dell’isolante, di formulazione del riempitivo e di pro-
duzione del cavo sono considerate in Figura E.3. L’energia totale associata a
questa fase è di circa 11,5 MJ/kg di cavo, il che corrisponde ad un contributo
del 20% del bilancio energetico dell’intero stadio di produzione del cavo.
Riassumendo, nell’ipotesi che l’84% del rame elettrolitico sia primario e il 16% se-
condario, lo stadio di produzione del cavo richiede il consumo di circa 58 MJ/kg,
di cui:
n il 63% corrisponde alla produzione di rame elettrolitico primario;
n il 3,5% a quella di rame elettrolitico secondario;
n il 3,5% alla produzione della vergella;
n lo 0,5% alla produzione di carbonato di calcio;
n il 2,5% alla produzione degli elastomeri etilenpropilenici;
n il 7% alla produzione del polimero a base di PVC;
n il 20% alla produzione delle mescole per l’isolante ed il riempitivo ed al rive-
stimento del cavo.

Le lavorazioni del rame richiedono quindi il 70% dell’energia totale, quelle dei
polimeri, delle cariche ed il processo di rivestimento del cavo soltanto il restante
30%.Passando dall’84% al 100% o al 50% di rame primario, i consumi di energia
diventano rispettivamente di 62 e 47 MJ, ossia si ha una variazione significativa in
funzione del tipo di rame utilizzato (la possibilità di ricorrere esclusivamente a
rame secondario permetterebbe una riduzione dei consumi fino a circa 32 MJ).

b. Consumo di materie prime durante la produzione del cavo (Figura


E.4)

I dati relativi al consumo delle principali materie prime sono riportati in Figura
E.4 Come si può osservare, in questa rappresentazione non compaiono più com-
ponenti come EPR (PE-PP), carbonato di calcio, PVC, in quanto essi sono stati
considerati come prodotti intermedi e scomposti nelle rispettive materie prime
(espresse nelle quantità rapportate ad 1 kg di cavo). In fase di elaborazione pre-
liminare dei dati non è stato fatto altrettanto per i componenti secondari, che co-
stituiscono complessivamente meno del 5% del cavo. (si tratta sia di ausiliari uti-
lizzati nella produzione del cavo (plastificanti, lubrificanti, acceleranti, coagenti di
reticolazione, stabilizzanti ecc.) sia di materie prime coinvolte in minima misura
nei processi primari (carbone, bauxite, minerale di ferro, acetilene, ossigeno, olio
per emulsione)).

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Di conseguenza si può notare che alla produzione di 1 kg di cavo contribuiscono
circa 2,4 kg di minerale di rame (80% circa) e circa 115 g di rame di recupero
(3,8%), circa 350 g di calcare (11,7%; il calcare è la materia prima del carbonato
di calcio, che costituisce la carica di tutti e tre i polimeri) e circa 30 g di cloruro di
sodio (1%: entra nella produzione del PVC).
Il consumo di petrolio espresso direttamente è di circa 54 g (1,7%), mentre quello
di gas naturale è di circa 13 g (0,4%), ma tenendo conto del fatto che i compo-
nenti secondari non sono stati convertiti in materie prime, si può prevedere che
tali quantità siano in effetti più vicine rispettivamente a 60-70 ed a 15-20 g.
Lo stadio di produzione implica infine il consumo di quasi 7 litri di acqua.
Nell’ipotesi di ricorrere principalmente a rame elettrolitico secondario il consumo
di minerale di rame e di acqua si riduce, mentre aumenta quello del rame di re-
cupero; mancano purtroppo dati dettagliati in merito.
In definitiva, quindi, il cavo deriva prevalentemente dalle seguenti materie prime:
n minerale di rame: 2408 g;
n rame di recupero: 115 g;
n calcare: 353 g;
n petrolio: 60-70 g;
n cloruro di sodio: 30 g;
n gas naturale: 15-20 g;
n acqua: 6850 g.

c. Rilasci nell’ambiente durante la produzione del cavo (Figura E.5)

n Le principali emissioni in atmosfera sono CO2 (ed in misura minore CO), SOx,
NOx, idrocarburi gassosi e polveri; si rilevano anche emissioni più modeste di
metalli e acido cloridrico (produzione di rame primario) e composti organo-
clorurati (produzione di PVC).
n Il componente principale fra questi è il biossido di carbonio (circa 5kg),
derivante per il 42% + 8% circa dai processi di produzione di rame prima-
rio e secondario, e per il 39% circa dalla fase di produzione del cavo. In
proporzione, le fasi di produzione del rame secondario, della vergella e
del cavo comportano emissioni di CO2 superiori ai relativi consumi di
energia, mentre le fasi di produzione di rame primario, di polimeri e di
carbonato di calcio comportano emissioni inferiori.
n L’ossido di carbonio (dovuto alla combustione incompleta del carbonio
organico) è associato in misura proporzionalmente più significativa alle
fasi di trasporto; i contributi maggiori alla quantità complessiva (circa
2,5 g) sono dovuti alle fasi di produzione del rame primario (28%) e del
cavo (36%).
n Gli ossidi di zolfo (quantità totale: circa 73 g) sono associati alle due fasi
più importanti: produzione di rame primario (51%) e produzione del cavo
(35%); gli altri contributi sono decisamente più ridotti.
n Gli ossidi di azoto rispecchiano la situazione di cui sopra, con le due fasi
citate che contribuiscono rispettivamente per il 34% e il 44% ad emissioni
globali di circa 29 g.
n Gli idrocarburi in fase gassosa (circa 23 g) provengono soprattutto dalla
fase di produzione del cavo (circa 55%); anche le fasi di produzione del
rame primario, del rame secondario e della vergella danno contributi si-
gnificativi (rispettivamente il 15%, il 9% e l’11% circa).

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n Le polveri, infine (circa 7 g), derivano, oltre che dai processi di produzio-
ne di rame primario e secondario e del cavo (rispettivamente circa 30%,
9% e 46%), anche dalla fase di produzione di carbonato di calcio (circa
3% del totale).
n I reflui liquidi più importanti sono i solidi sospesi, composti organici vari
(espressi come idrocarburi, oli e tensioattivi, fenoli, composti organici in ge-
nere, COD e BOD5), e ioni inorganici (cloruri, solfati, sodio ed altri metalli).
n I solidi sospesi (circa 17 g) derivano quasi interamente dalla fase di pro-
duzione di carbonato di calcio.
n I processi di produzione dei polimeri sono i più onerosi in termini di rila-
scio di composti organici (circa 100 mg complessivamente).
n I composti inorganici sono in genere associati ai vari processi unitari in
misura proporzionale al loro contributo ponderale ad 1 kg di cavo; fa ec-
cezione un preponderante contributo di cloruri (1762 mg), solfati
(187 mg) e sodio (100 mg) da parte del processo di produzione di PVC.
n I rifiuti solidi sono espressi in termini di massa complessiva invece che in ter-
mini di contenuto di contaminanti specifici. Si possono quindi individuare le
seguenti categorie, più o meno omogenee (a seconda della fonte di dati, la
suddivisione varia):
n scarti minerari (circa 2 kg, dovuti soprattutto all’estrazione del minerale di
rame);
n scorie e ceneri (circa 130 g, come sopra);
n scarti riciclabili (8 g, risultanti principalmente dal processo di produzione
del cavo);
n rifiuti industriali (5 g), scarti non riciclabili (19 g), altri rifiuti (19 g), prove-
nienti dalle fasi di lavorazione del rame e dal processo di produzione del
cavo.

Dei 2230 g di rifiuti totali per kg di cavo, 1941 g, pari all’87%, risultano provenire
dal processo di produzione del rame primario.
Riassumendo, i principali oneri ambientali sono associati alla fase di produzione
del rame elettrolitico primario (emissioni in atmosfera, fenoli ed idrocarburi in
fase acquosa, rifiuti solidi) e, proporzionalmente al relativo contributo, a quella
del PVC (emissioni in atmosfera, reflui liquidi; in particolare, in entrambi i casi,
composti organici ed inorganici del cloro). A causa della relativa importanza, an-
che le fasi di produzione di rame secondario, della vergella e del cavo causano
rilasci ambientali significativi, mentre la produzione del polimero etilenpropileni-
co implica rilasci di inquinanti organici in fase acquosa, e quella del carbonato di
calcio emissioni di polveri e di solidi sospesi in fase acquosa.

d. Confronto fra gli stadi di produzione, uso e smaltimento del cavo

Poiché, come riferito, i cavi non vengono di regola estratti una volta messi fuori
uso (vedi sotto), è ragionevole confrontare i dati relativi ai soli stadi di produzio-
ne e di uso; è stata peraltro eseguita una stima di massima dei contributi in in-
gresso ed in uscita legati allo stadio di smaltimento. Si veda a questo proposito la
Tabella E.1 che riporta l’ecobilancio globale del cavo (i dati relativi alla fase di
uso si riferiscono a tutte le formazioni di cavi interrati).
Dal punto di vista dei consumi energetici, la produzione di 1 kg di cavo richiede
all’incirca la quantità di energia dissipata nell’arco di circa 5 mesi di esercizio.
Poiché la vita media di un cavo è di 40 anni, risulta evidente che l’energia dissi-

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pata nel periodo di esercizio è nettamente superiore all’energia richiesta per la
produzione. Allo stesso modo risultano prevalenti le emissioni (soprattutto aeri-
formi) di origine energetica associate al periodo di esercizio.
Il consumo di materie prime si verifica quasi esclusivamente durante la produzio-
ne del cavo: il fabbisogno di morsetti, raccordi ecc., così come la produzione di
scarti in occasione delle operazioni di posa, manutenzione e riparazione, ripartiti
su 1 kg di cavo, sono praticamente trascurabili.
Stando a quanto riferito, i cavi interrati (di bassa tensione) che attualmente ven-
gono messi fuori esercizio non vengono recuperati, in quanto non vi è conve-
nienza economica ed a volte manca la documentazione che indichi esattamente
l’ubicazione del cavo. Occorre tener presente che si tratta di cavi installati anche
40 e più anni fa, aventi peraltro caratteristiche costruttive diverse dagli attuali cavi
che svolgono la stessa funzione (cavi isolati con gomma butilica oppure con car-
ta e rivestimento in piombo e iuta catramata). D’altra parte gli interventi di instal-
lazione eseguiti attualmente implicano in genere la realizzazione o la posa, sul
fondo dello scavo, di canaline, tubi o simili per il passaggio ed il contenimento
dei cavi, e si prevede che ciò possa facilitare - fra 40 anni - l’estrazione dei cavi
messi fuori uso.
Assumendo che il cavo venga recuperato al termine del periodo di esercizio, si
può prevedere il recupero del rame (anche se stagnato), ossia del 70% del peso
del cavo, e lo smaltimento dei polimeri di scarto: come descritto con maggior
dettaglio più avanti, non sono al momento disponibili sistemi di recupero tecno-
logicamente praticabili di questi materiali.

E.1.7 Miglioramenti possibili per i cavi elettrici


Tenuto conto dei risultati ottenuti, e delle informazioni fornite dagli interlocutori
contattati nella fase di raccolta dati, è possibile formulare una serie di considera-
zioni generali sul ciclo di vita attuale dei cavi elettrici e sui possibili miglioramenti
miranti a ridurre gli oneri economici e/o ambientali dei vari stadi.
n I cavi interrati di bassa tensione comprendono cavi in rame (come quello
considerato nel presente studio) e cavi in alluminio. Il maggior impatto am-
bientale ed economico riscontrato durante il ciclo di vita di questi cavi è il
consumo di energia elettrica dovuto alla dissipazione: nell’arco di un anno 1
kg di cavo dissipa oltre 40 MJ, che diventano circa 140 MJ tenendo conto
dell’energia indiretta. A ciò si associano ovviamente i corrispondenti rilasci
nell’ambiente. Di conseguenza lo sforzo maggiore nel tentativo di migliorare
il ciclo di vita di questo cavo dovrebbe essere rivolto alla minimizzazione del-
le perdite di energia dovute alla dissipazione. Questo obiettivo può essere
conseguito tramite un incremento della sezione del cavo. La valutazione
dell’entità di questo incremento va effettuata oculatamente, tenendo presente
altresì l’opzione di miglioramento collegata all’installazione dei cavi in canali-
ne/condotti per facilitarne la rimozione a fine vita, discussa nel punto succes-
sivo. Un aumento di sezione di circa 10% rispetto a quella specificata in deter-
minate condizioni per cavo direttamente interrato, consente, a parità di
carico, di mantenere gli scambi termici con l’ambiente entro limiti compatibili
con il funzionamento in canaletta, riducendo nel contempo le perdite per ef-
fetto Joule e consentendo un agevole recupero del cavo a fine vita.
n Il rame costituisce il 70% circa di 1 kg di cavo, ma - come visto - alla produ-
zione di 1 kg di rame elettrolitico primario concorrono oltre 4 kg di minerale
di rame (in buona parte scartato) e quasi 2 litri di acqua. La possibilità di ri-
correre a rame secondario avrebbe le seguenti implicazioni:
n riduzione del consumo di materie prime (minerale, acqua) e delle corri-
spondenti emissioni nell’ambiente;

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n riduzione dei consumi energetici in fase di estrazione e lavorazione e in
fase di trasporto via mare, e delle corrispondenti emissioni nell’ambiente;
n contenimento geografico e processistico del ciclo di vita del rame.

Per conseguire efficacemente questo obiettivo, tuttavia, è necessario da un lato


massimizzare il recupero del rame da cavi messi fuori uso (non solo quelli inter-
rati), in modo da far crescere il mercato del rame secondario e renderne il prezzo
decisamente competitivo rispetto a quello del rame primario; dall’altro immettere
sul mercato del rame secondario rame di buona qualità, che non richieda lavora-
zioni onerose per ottenere la purezza necessaria per le applicazioni elettriche.
n La massimizzazione del recupero del rame si può conseguire ad esempio in-
centivando la rimozione di tutti i cavi messi fuori uso, installandoli in cunicoli
e/o canaline o simili strutture, da cui possano essere agevolmente rimossi al
momento della sostituzione.
n L’aumento della qualità del rame di recupero richiede, fra l’altro, l’eliminazio-
ne di trattamenti superficiali quali la stagnatura, che riducono la percentuale
di rame nel prodotto recuperato. Sebbene nel presente ecobilancio globale la
stagnatura non compaia come contributo significativo, essa tuttavia implica
un consumo di stagno, di energia elettrica, di acqua, di acido (es. acido clori-
drico), e le corrispondenti emissioni nell’ambiente.
n I moderni processi di polimerizzazione dell’EPR, evitando l’uso di zolfo per la
vulcanizzazione della gomma, permette di evitare la stagnatura del rame, con-
sentendo il contatto diretto del rame rosso con la gomma. Questa strada di
miglioramento permette di risparmiare due processi tecnologici nel corso del-
la vita del cavo: il processo di stagnatura a inizio vita e quello di destagnatura
a fine vita, consentendo un innegabile vantaggio ambientale.
n L’EPR presenta un problema di incompatibilità rispetto alla guaina in PVC: le
tecnologie di recupero attualmente messe a punto prevedono la macinazione
del cavo completo e la successiva separazione dei componenti individuali. Le
caratteristiche fisiche del PVC che funge da guaina nei cavi elettrici sono di-
verse da quelle dell’XLPE, il che ne permette un’agevole separazione, mentre
sono simili a quelle dell’EPR, con il risultato che non è praticabile separare
questi due componenti. Mentre l’EPR potrebbe essere usato come sorgente
secondaria di energia, il PVC, a causa del suo elevato contenuto di cloro, non
può essere usato in questo senso. L’attuale destino della miscela EPR-PVC è
pertanto lo smaltimento in discarica. Alternative teoricamente possibili sono
l’incorporamento in manufatti a base di polimeri per applicazioni di bassa
qualità (arredo urbano, segnaletica, canaline per cavi interrati ecc.), ma si trat-
ta di una possibilità attualmente non praticata.

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Tab. E.1 Ecobilancio globale del cavo RG7OCR

Produzione N.1 anno di uso Smaltimento


PARAMETRI
Rame primario 0,84 p.u.
Rame secondario 0,16 p.u.
ENERGIA (MJ) 57,79 143,23 1,73
MATERIALI IN
INGRESSO (g)
Minerale di rame 2408 0 0
Rame di recupero 115 0 0
Calcare 353 0 0
Petrolio 54 0 0
Gas naturale 13 0 0
NaCl 30 0 0
Acqua 6848 14325 173
EMISSIONI IN
ATMOSFERA (mg)
CO2 5097231 28601009 344813
CO 2495 14032 167
SOx 72668 388281 4683
NOx 29084 169250 2039
Idrocarburi (g) 22601 143132 1726
Polveri 6841 44968 542
MATERIALI
RECUPERATI (g)
Rame 698

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Fig. E.1 Schema del ciclo di vita del cavo RG7OCR

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Fig. E.2 Schema di produzione del cavo RG7OCR

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ANALISI DEL CICLO DI VITA DI CAVI ELETTRICI
Fig. E.3 Energia totale consumata durante la produzione del cavo RG70CR

ANALISI DEL CICLO DI VITA DI CAVI ELETTRICI


Fig. E.4 Materi e prime impiegate nella produzione del cavo RG70CR (in grammi)

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ANALISI DEL CICLO DI VITA DI CAVI ELETTRICI
Fig. E.5 Emissioni in atmosfera durante la produzione del cavo RG70CR

Fasi di produzione
vedi Fig. E. 3

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ALLEGATO
1 TABELLE PER LA CARATTERIZZAZIONE DEGLI EFFETTI AMBIENTALI
Come illustrato nei paragrafi dedicati, la valutazione dell’effetto potenziale provo-
cato dalle emissioni calcolate nella fase di inventario avviene grazie ad una clas-
sificazione degli effetti ambientali ed eventualmente ad una normalizzazione de-
gli stessi secondo parametri appropriati.
Le tabelle di classificazione di seguito riportate sono quelle generalmente impie-
gate dai ricercatori nel campo LCA e sono state redatte da gruppi di studio affe-
renti alle Nazioni Unite.
(Rif: Wenzel,H., Hauschild,M., Alting,L. “Environmental Assessment of Products”,
Chapman & Hall, 1997).

Effetto serra (GWP100)


L’indicatore di categoria è l’anidride carbonica (CO2); i fattori di caratterizzazio-
ne si intendono in grammi di CO2 equivalente per grammo della ralativa sostanza.
Il potenziale di effetto serra calcolato si riferisce ad un periodo di 100 anni.

Tab. 1.1 Fattori di caratterizzazione per l’effetto serra potenziale

Risultato Sostanza utilizzata Fattore di Note


d’inventario per la classificazione caratterizzazione
CO2 Biossido o diossido di carbonio CO2 1 —
CH4 Metano CH4 25 —
N2O Protossido di azoto N2O 320 —
CFC CFC11: clorofluorocarburi CFC13 4000 (1)
CO Monossido di carbonio CO 2 —
HC Idrocarburi Various 3 (2)
(NMHC)
(1) Tutti i CFC sono assimilati al CFC11 che ha un fattore di caratterizzazione pari a 4000
(2) Gli idrocarburi sono assimilati alla categoria Hydrocarbons (NMHC) che ha un fattore di caratterizzazione pari a 3.

Si fa presente che queste sostanze sono oggetto di limitazione della produzione e


dell’utilizzo sulla base di disposizioni legislative nazionali ed europee.

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Assottigliamento della fascia di ozono stratosferico

Composto Formula ODP [g CFC11/g


composto]
CFC-11 CFC13 1
CFC-12 CF2C12 0,82
CFC-113 C2F3C13 1,07
CFC-114 C2F4C12 0,90
CFC-115 C2F5C1 0,85
HCFC-22 CHF2C1 0,004
HCFC-123 CHC12CF-3 0,014
Halon-1301 CF3Br 12,00
Halon-1211 CF2BrC1 5,1
Halon-2402 C2F4BR2 7,00
HC-10 CC14 1,08

Si fa presente che queste sostanze sono oggetto di limitazione della produzione e


dell’utilizzo sulla base di disposizioni legislative nazionali ed europee.

Acidificazione
L’indicatore di categoria è l’anidride solforosa (SO2); i fattori di caratterizzazio-
ne si intendono in grammi di SO2 equivalente per grammi della relativa sostanza.

Tab. 1.2 Fattori di caratterizzazione per l’effetto acidificazione

Risultato Sostanza utilizzata Fattore di Note


d’inventario per la classificazione caratterizzazione
(1)
SOX Ossido di zolfo SOX 1,00
(2)
NOX Ossido di azoto NOX 1,07
HCI Acido cloridrico HCI 0,88 —
H2SO4 Acido solforico H2SO4 0,65 —
HF Acido fluoridrico HF 1,60 —
H2S Solfuro di idrogeno H2S 1,88 —
NH3 Ammoniaca NH3 1,88
(1) Gli ossidi di zolfo (SOX) sono assimilati all’anidride solforosa (SO2 fattore 11) in quanto il fattore di caratterizzazio-
ne di quest’ultima è più alto rispetto a quella dell’anidride solforica (SO3, fattore 0,8). In questo modo il risultato
sarà approssimato per eccesso portando ad un asituazione cautelativa.
(2) Per le stesse ragioni gli ossidi di azoto generici (NOX) sono assimilati all’ossido di azoto( NO).

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Eutrofizzazione
L’indicatore di categoria è lo ione nitrato (No3=); i fattori di caratterizzazione si in-
tendono in grammi di NO3= equivalente per grammo della relativa sostanza.

Tab.1.3 Fattori di caratterizzazione per l’effetto eutrofizzazione potenziale.

Risultato Sostanza utilizzata Fattore di Note


d’inventario per la classificazione caratterizzazione
NO3- Nitrati NO3 1,00 —


N2O Protossido di azoto N2O 2,82
(1)
NOx Ossido di azoto NO 2,07
HH3 Ammoniaca HH3 3,64 —
CN- Cianuri CN- 2,38 —
(2)
Total-N Azoto N 4,43
(3)
P2O5 Anidride fosforica P 32,03
(1) Vedi nota 2 dell’acidificazione potenziale.
(2) In questa voce ricadono l’azoto indicato nei risultati di inventario come altro azoto (Other-N) oltre che l’azoto pro-
veniente dallo ione NH4+; quest’ultimo viene trasformato in N equivalente utilizzando il fattore analitico 14/17.
(3) Questa voce rappresenta tutte le emissioni di fosforo che nei risultati di inventario compaiono come P2O5 equiva-
lente e che sono trasformate in P equivalente con il fattore analitico 31/142

Formazione di ossidanti fotochimici


L’indicatore di categoria è l’etilene (C2H4); i fattori di caratterizzazione si intendo-
no in grammi di C2H4 equivalente per grammo della relativa sostanza.

Tab. 1.4 Fattori di caratterizzazione per l’effetto fotosmog

Risultato Sostanza utilizzata Fattore di Note


d’inventario per la classificazione caratterizzazione

CH4 Metano CH4 0,007
HC Etilene C2H4 1,00 (1)

CHO Aldeide acrilico CH2CHCHO 0,80
CO Monossido di CO 0,04 —
carbonio
Altri organici Vari 0,30 (2)
(1) In questa categoria rientrano tutti gli idrocarburi che sono assimilati all’etilene (C2H4).
(2) In questa voce sono comprese tutte le sostanze organiche non comprese nelle precedenti. In particolare si
trovano in questa categoria gli alcoli, gli eterei, gli esteri ecc. Il valore 0,3 indicato nella Tabella A3 rappresenta
una media tra i valori di tutte queste sostanze ed è stato scelto in modo da rispettare ancora una volta il sovra-
dimensionamento qualitatitivo già citato nei casi precedenti.

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ALLEGATO
2 QUESTIONARIO

Il questionario è composto da 2 parti principali:


A: Materiali e energia: descrizione dei processi produttivi in base ai quantitativi
dei consumi di energia e di materiali in ingresso, delle emissioni e dei prodotti in
uscita.
1. Si suggerisce di allegare diagrammi di flusso commentati in modo tale da assi-
curare un buon livello di rappresentatività.
2. Per l’eventuale presenza di una centrale di produzione di energia elettrica (es.
cogenerazione) deve essere specificata la tipologia e deve essere fornita opportu-
na descrizione in termini di consumi/prodotti.
3. Devono infine essere indicati e quantificati anche gli imballaggi.

B. Trasporti: trasporti utilizzati per far arrivare i materiali da impiegare nel pro-
prio processo produttivo. Oltre al tipo di mezzo utilizzato e alle sue dimensioni,
occorre indicare anche le condizioni di carico (pieno carico o carico parziale).

Nel compilare la tabelle si prega di seguire i seguenti accorgimenti:

1. Inserire i dati nelle unità di misura più familiari dove non espressa-
mente indicato dal questionario;
2. Uniformare tutti i dati al periodo di riferimento indicato all’inizio del
questionario;
3. Nel caso esistano ricicli o riusi interni di materiale, si prega di rico-
struire il percorso, inicando le quantità in gioco, i trasporti e le operazio-
ni di trattamento coinvolte. Per quanto riguarda gli scarti il prodotto fini-
to di scarto, specificarne la natura, le quantità e la destinazione finale.
Nota Questo questionario è disponibile in files di Word ed Excel su richiesta compilando l’apposito
modulo annesso alla presente Guida.

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Società
Località
Periodo di riferimento

Fonte energetica Quantità Unità


Carbone
Gas
Elettricità
Gasolio
Benzina

Materiale Quantità Unità

Prodotto Quantità Unità

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Emissioni gassose Quantità Unità
Polveri
Monossido di carbonio
Biossido di carbonio
SOx
NOx
Solfuro di idrogeno
Aldeidi
Idrocarburi

Emissioni liquide Quantità Unità


COD
BOD
Ioni Pb
Ioni Fe
NOx
Acidi come H+
Olii

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Rifiuti solidi Quantità Unità

Mezzi di trasporto Carico trasportato Distanza percorsa

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ALLEGATO
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Fine Documento

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e beneficia del riconoscimento di cui alla legge 1º Marzo 1968, n. 186.
Editore CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, Milano - Stampa in proprio
Autorizzazione del Tribunale di Milano N. 4093 del 24 luglio 1956
Responsabile: Ing. A. Alberici

0 – Applicazione delle Norme e testi di carattere generale


CEI 0-1
Adozione di nuove norme come base per la certificazione dei
prodotti nei paesi membri del CENELEC
CEI 0-2
Guida per la definizione della documentazione di progetto degli
impianti elettrici
CEI 0-3
Legge 46/90 Guida per la compilazione della dichiarazione di
conformità e relativi allegati
CEI 0-4/1
Documenti CEI normativi e non normativi Parte 1: Tipi, defini-
zioni e procedure
CEI 0-5
Dichiarazione CE di conformità Guida all’applicazione delle
Direttive Nuovo Approccio e della Direttiva Bassa Tensione
(Memorandum CENELEC N°3)
CEI ES 59004 (CEI 0-6)
Qualificazione delle imprese di installazione di impianti elettrici
CEI EN 45510-1 (CEI 0-7)
Guida per l’approvvigionamento di apparecchiature destinate a
centrali per la produzione dell’energia elettrica Parte 1: Clauso-
le comuni

Lire 185.000
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