Sei sulla pagina 1di 87

Besozzi

SOCIETÀ, CULTURA,
EDUCAZIONE
1
Pag.

Elena Di Leo
2
Pag.

Elena Di Leo
PARTE PRIMA
IL RAPPORTO TRA EDUCAZIONE-SOCIETÀ E LE SUE TRASFORMAZIONI

Il rapporto tra l’educazione e la società, come afferma Durkheim la


Oggetto di studio società deve pensare alla sua durata nel tempo attraverso l’educazione
delle nuove generazioni. Il legame si trasforma in relazione ai
cambiamenti sociali, istituzionali, economici, ecc…

La sociologia dell’educazione è una branca specialistica della sociologia che ha dovuto affrontare lo
scontro con altre discipline, come la pedagogia, che si occupavano a loro volta di educazione.

Le fasi di sviluppo della sociologia dell’educazione sono

Nella prima fase lo studio dell’educazione


rientra all’interno dello studio sulla società
industriale e moderna.
Per Durkheim e Weber l’educazione e
l’istruzione sono elementi fondamentali per il
progresso economico e sociale. All’interno di
Fase fondativa:
visioni differenti, come accade negli Stati Uniti e
scoperta sociale
1850 -1950 in Europa, il compito dell’istruzione appare
dell’educazione
sempre quello di controllo ordinato dello
nel pensiero dei
sviluppo sociale.
classici
La Rivoluzione industriale e la Rivoluzione
francese di fine ‘700 hanno portato ad un
cambiamento economico, sociale, politico e alla
formazione di due figure: il cittadino e il
lavoratore.
Nasce la società civile, definita da Norbert Elias
come “società degli individui”, dunque la
sociologia afferma la necessità di formare il
lavoratore ed educare il cittadino.

Negli anni ’60 del 1900 si apre una fase di


“riscoperta dell’educazione”, tanto che ci si
Riscoperta inizia a chiedere quale sia l’oggetto di studio
sociale 1950 - 1960 e i metodi d’indagine della sociologia
dell’educazione dell’educazione.
Per la prima volta deve definire la propria
autonomia epistemologica e scientifica.
3
Pag.

Elena Di Leo
È nella terza fase che si sviluppano gli
Sviluppo delle approcci e i paradigmi specifici della
riflessioni sociologia dell’educazione, sono anni in cui
teoriche e delle si afferma una maggiore domanda di
1970 - 1980 istruzione, nonché problemi legati al mondo
ricerche sui
del lavoro.
fenomeni e sui
A partire dagli anni ’60 il legame istruzione-
processi
occupazione diventa centrale a causa di una
educativi
maggiore scolarizzazione, con una
conseguente inflazione dei titoli di studio a
fronte di sbocchi lavorativi piuttosto limitati.

Gli anni ’90 danno avvio alla quarta ed


ultima fase che pone al centro due problemi,
da un lato l’uguaglianza delle opportunità di
fronte all’istruzione, accanto a questo tema
Consolidamento si apre quello dell’attenzione alle diversità e
dello statuto alle differenze. L’istruzione non avviene più
1990 - 2010
epistemologico e solo nei contesti formale, dunque la
metodologico sociologia dell’eduzione si interessa di
problemi nuovi come le forme di disagio, la
multiculturalità delle nuove società, che
genera il fenomeno di integrazione.

SOCIOLOGIA DELL’EDUCAZIONE IN ITALIA


La diffusione della sociologia dell’educazione in Italia si data al 1964 Cesareo
sostiene che la sociologia italiana offre importanti contributi validi tutt’ora,
1964 al ma fa la sua comparsa troppo in ritardo rispetto ai problemi legati al
convegno su passaggio da una scuola di élite ad una di massa che si era diffusa già a
“La scuola e la partire dagli anni ’50.
società italiana in Il cambiamento che avveniva in quegli anni in Italia riguardava ogni aspetto:
economico, politico, culturale e come evidenzia Moscati la sociologia
trasformazione”
dell’educazione, anche se nata in ritardo, si adatta al panorama culturale
internazionale.

Gli anni ’70 si apre il dibattito circa la crisi dell’istruzione in rapporto al


mercato del lavoro.
Cesareo, nel suo scritto “La scuola tra crisi ed utopia” si prefigge di partire
Anni ’70 da un’analisi della scuola del presente per poter ideare delle strategie per
superare la crisi che la avvolge.
4

Cesareo evidenzia i limiti di un modello formativo scuolacentrico,


Pag.

opponendo la necessità di pensare ad un modello policentrico, ovvero


realizzare una maggiore flessibilità allargando la visione anche al mondo Elenadel
Di Leo
lavoro.
Si afferma un interesse verso le dinamiche interne ed esterne alla scuola e sulla
possibilità di un tipo di istruzione diversa dall’istruzione formale. In questi anni
Anni ’80 matura il discorso sociologico. Trattando temi già diffusi come le ricerche sugli
insegnanti, ma anche toccando nuovi temi come il dibattito tra scuola pubblica e
scuola privata; il tema della dispersione scolastica e dell’abbandono.

Sono anni ambivalenti, alcuni temi sono oggetto di interesse, altri sono trascurati.
Le ricerche sugli insegnanti sono discontinue, la più recente è data nel 2010, ad
opera dello IARD che attraverso dei questionari ha analizzato temi come
l’aumento degli alunni stranieri, la maggiore esposizione ai media, l’aumento di
Anni ’90 fenomeni come il bullismo.

Un’indagine molto diffusa negli ultimi anni riguarda la scuola multiculturale,


evidenzia comunanze e differenze tra gli allievi italiani e stranieri, il rapporto tra le
famiglie immigrate, il rapporto scuola e realtà locale.
Un’altra indagine rilevante riguarda la condizione giovanile portata avanti
dall’istituto IARD con cadenza quinquennale, essa permette di indagare le
differenze sia a livello territoriale, che nel passaggio all’età adulta.

OGGETTO DI STUDIO E RAPPORTO CHE LE ALTRE DISCIPLINE


La definizione della sociologia dell’educazione quanto l’individuazione del suo campo di analisi si
delineano in relazione a periodi storici diversi.
Per arrivare a una definizione di sociologia dell’educazione è opportuno prendere, innanzitutto, in
considerazione la distinzione tra

educational sociology Una sociologia educativa è una teoria normativa e si pone


(sociologia educativa), come tecnica per risolvere i problemi scolastici e come
collocata all’interno mezzo di controllo dei processi educativi. È volta all’azione
degli studi pedagogici pratica e ha un carattere prescrittivo e normativo.

Una sociologia dell’educazione sviluppa attraverso


sociology of education
l’indagine empirica, una teoria in grado di spiegare
(sociologia dell’educazione)
situazioni e fenomeni presenti e passati, nonché di
identificata come settore di
individuare tendenze e possibili alternative. Si caratterizza
studio specifico e
come disciplina volta alla conoscenza dei fenomeni educativi
strettamente sociologico
e si sviluppa lungo la linea descrizione-spiegazione-
dei processi educativi.
comprensione tipica della riflessione sociologica.

La sociologia dell’educazione può essere quindi definita come quel settore di studio che considera
l’analisi dei fenomeni educativi come una branca della sociologia generale, con lo scopo specifico
5
Pag.

costituito dall’approfondimento in chiave sociologica delle istituzioni e dei processi educativi.


Elena Di Leo
PROCESSI e PROBLEMI della Sociologia dell’educazione
Rapporto Educazione -

Socializzazione Identità – Devianze –


Personalità – Disuguaglianze
Devianza –
Socializzazione

AGENZIE di educazione e socializzazione


Dove il rapporto socializzazione – educazione prende forma?

Formali: Famiglia e scuola


Contesti
Informali: Attività extra-scolastiche e gruppo dei pari

Qual è la realtà strutturale della scuola italiana?


Cosa la differenzia dalle altre scuole? Caratteristica empiricamente
rilevabile radicata nel territorio
L’Italia è una società multi-culturale dunque la scuola
deve educare i cittadini in quest’ottica.
Sociologia = Scienza della società, scienza che spiega la società. Spiega fatti sociali incidenti,
rilevanti, perché il numero dei casi che riguarda quella ricerca aumenta giorno per giorno. È una
materia empirica, si fonda su evidenze per interpretare fenomeni sociali.
 La possibilità che un fenomeno diventi oggetto di ricerca della sociologia dipende dalla sua
incidenza sociale, cioè dalle caratteristiche di tali fenomeni sociali di non essere
occasionali, ma incidenti, rilevanti, significativi, allora si potrà parlare di utilizzabilità della
ricerca, cioè della spendibilità a livello sociale della ricerca anche per gli attori protagonisti
di quel problema e non solo per l’interesse scientifico che muove la ricerca stessa.
Per esempio, la povertà educativa (cioè la forte disparità dal punto di vista degli strumenti
culturali da parte dei contesti) è uno dei problemi fondamentali della ricerca sociologica
oggi, come anche la formazione dei rifugiati, dei migranti, ecc.
Un insegnante che non è al corrente delle differenze e delle disuguaglianze dei contesti
culturali di provenienza può essere agente moltiplicatore di queste disuguaglianze e
differenze. Le competenze di natura sociologica sostengono la professionalità docente.
6
Pag.

Elena Di Leo
Andrea Maccarini sottolinea la dimensione relazionale della sociologia dell’educazione a partire
dall’assunto che l’educazione è in quanto tale un fatto relazionale, per cui “la sociologia
dell’educazione analizza tutti i fenomeni in cui l’educazione si realizza, ossia la piena relazionalità
in cui si articolano i processo socio-educativi, con tutti gli elementi e relazioni in cui consistono”.
La sociologia dell’educazione si trova, inoltre, di fronte alla necessità di stabilire legami con
discipline affini come la psicologia o la pedagogia, soprattutto quando queste sviluppano un’ottica
sociale. Si avverte oggi una tendenza crescente, comune a tutte le scienze dell’educazione, a
superare gli stretti orizzonti disciplinari e ad accettare quindi, pur nel rispetto dello specifico punto
di vista, una “fertilizzazione reciproca” tra discipline diverse. L’apertura reciproca può avvenire a
partire dalla scoperta di problematiche comuni attorno a un oggetto di studio, l’educazione,
definito oggi come complesso e a sua volta collocato in una realtà sociale e culturale altamente
complessa.

È possibile fare riferimento a una serie di tentativi sistematici di individuazione delle aree o
tematiche più importanti della sociologia dell’educazione.
Tra questi, Cesareo descrive 5 grandi settori di indagine consolidati o in via di sviluppo:
• Il rapporto tra sistema educativo e struttura sociale, che ha sviluppato in particolar modo
l’analisi del rapporto tra istruzione e stratificazione sociale;
• La riflessione sulle determinanti sociali dell’educabilità, che approfondisce i problemi legati
all’influenza sull’educazione dei fattori genetici e di quelli ambientali, con uno sviluppo in
particolar modo dell’analisi dei condizionamenti ambientali in rapporta alla riuscita
scolastica;
• L’analisi diretta dell’istituzione scolastica, concepita in termini di sottosistema sociale e in
quanto organizzazione;
• Gli insegnanti, il loro status professionale e il rapporto con gli allievi;
• Gli effetti dell’educazione scolastica, cioè l’esame delle modificazioni che la scuola produce
sugli allievi attraverso l’assimilazione di valori tipici della cultura scolastica e mediante il
conseguimento degli obiettivi sa essa prefissati. In tempi più recenti quest’ultimo settore si
svilupperà nella direzione di una valutazione dell’efficacia ed efficienza dei sistemi formativi
e quindi della qualità dell’istruzione.

L’attenzione a questi diversi settori di indagine non è stata costante nel tempo. Tale andamento
discontinuo di temi, ricerche e metodologie ha indubbiamente rallentato il consolidamento
teorico e metodologico della sociologia dell’educazione.
L’oggetto di studio della sociologia dell’educazione, si è modificato e ampliato nel tempo, anche se
rimane quale fulcro centrale, l’analisi del rapporto tra educazione e società, tuttavia articolato di
volta in volta e arricchito da questioni o aspetti socialmente significativi e rilevanti. La sociologia
dell’educazione non può non occuparsi oggi della realtà familiare, dei giovani, dell’infanzia e in
generale dei bisogni di educazione e formazione lungo tutto l’arco della vita, e quindi anche degli
adulti, delle persone anziane, ma anche dei new media, della o delle religioni, delle diverse culture
7

che si interfacciano in una medesima realtà sociale.


Pag.

Elena Di Leo
FONDAMENTI NELLO STUDIO DEL RAPPORTO EDUCAZIONE-SOCIETÀ.
IL MODELLO CLASSICO DELLA DIPENDENZA (cap2)

La sociologia dell’educazione è fortemente connessa alla sociologia generale, in quando il modo


in cui un autore interpreta il legame società-educazione dipende molto dalla concezione della
società che egli ha e nello specifico dalla relazione società-individuo.
Il rapporto tra le due scienze è circolare:

La sociologia dell’educazione offre


elementi di chiarificazione, ed essa stessa
La sociologia è una scienza empirica che estrae le
generale offre proprie teorie da ciò che empiricamente
una base teorica accade nella società. Non tutto ciò che
accade nella società diventa oggetto di
studio, i fenomeni ritenuti rilevanti
vengono scelti in base alla loro incidenza.

A partire dalla società moderna, la società stessa sarà in continua trasformazione, per questo i
sociologi si interrogano per comprendere cosa generi, in un clima di cambiamento, l’ordine
sociale. Tra i sociologi si apre un dibattito circa il fine e le funzioni che l’educazione ricopre per
mantenere l’ordine sociale.

La sociologia dell’educazione essendo una scienza abbastanza recente ha prodotto sia paradigmi,
ovvero concettualizzazioni teoriche che trovano un riscontro empirico, e approcci teorici, in cui il
confronto empirico deve ancora generare una teoria.

Paradigma Paradigma Approccio


funzionalista conflittualista comunicativo
(integrazionista) (interazionista)

Rapporto di
Rapporto di autonomia tra Rapporto di
dipendenza tra educazione e società interdipendenza tra
educazione e società educazione e società

Ognuno di questi paradigmi studia il rapporto educazione-società che si sviluppa in tre fasi:
Fasi Modalità del rapporto Problematica fondamentale
Dipendenza Lineare Ordine sociale
Autonomia Discontinuo Pluralismo culturale
8

Interdipendenza Circolare Complessità sociale


Pag.

Elena Di Leo
IL MODELLO CLASSICO DEL RAPPORTO EDUCAZIONE SOCIETÀ
A prescindere dall’approccio che si assume ci sono dei principi generali alla base del rapporto
educazione-società

Principio universalistico Ogni società sviluppa un


secondo cui ogni società proprio ideale
ha il bisogno di educare educativo, ovvero un
in particolar modo le modello di educazione
nuove generazioni

Queste necessità implicano, nella società moderna una


maggiore specializzazione dell’istruzione e dell’educazione
secondo la logica della domanda e dell’offerta.

I sociologi classici offrono contributi eterogenei, ma considerano tutti l’educazione come uno
strumento per mantenere l’ordine sociale e generare integrazione sociale.
Il concetto Durkheimiano di educazione è strettamente connesso alla società francese del suo
tempo, travagliata da lotte politiche, che porterà alla formazione della Terza Repubblica.

Per DURKHEIM l’ordine sociale deriva da valori comuni condivisi dalla popolazione.

Nella società moderna ed industriale il


La società premoderna, consenso a delle norme e dei valori comuni
segmentaria, era caratterizzata da avviene più difficilmente, perché prevale la
una somiglianza tra tutti gli specializzazione e la divisione del lavoro sociale.
individui che condividevano una In questo tipo di società vige comunque una
forma di solidarietà detta solidarietà organica si
solidarietà meccanica, ovvero tutti
realizza attraverso la consapevolezza che
credevano nelle stesse norme e
ognuno ha una mansione differente e tutte
ideali.
sono funzionali al progresso dello Stato stesso.

Questa visione dell’ordine sociale è paradossale perché Durkheim pone come


fondamento dell’ordine un principio morale, che nella società preindustriale vige, ma
nella società organica assimila il carattere economico al carattere morale.

Essendo la condivisione di leggi e norme morali il fondamento dell’ordine secondo Durkheim, egli
sostiene che l’educazione abbia il compito di sviluppare il processo di inclusione e integrazione
del soggetto.

In che modo
9
Pag.

Elena Di Leo
Il soggetto deve Si realizza una sorta
aderisce sulla di sacralità nel
La società L’individuo base della propria rapporto tra società
deve avere deve individualità alle ed individuo, ovvero
un’autorità comprendere norme e ai valori, la società fornisce un
normativa e questa autorità non sentendosi l’orientamento
morale. morale. sottomesso, ma attraverso il quale i
per sentirsi soggetti adottano
incluso ed schemi
integrato. comportamentali.

Anche l’istruzione rappresenta lo spazio in cui la sacralità viene riprodotta. Dunque, nelle scuole e
nelle famiglie, gli educatori, dopo aver interiorizzato l’autorità morale della società devono a loro
volta trasmetterla. L’educazione è funzionale per la trasmissione dell’autorità morale e normativa.

In questa visione della società la ribellione e il suicidio non sono contemplati, perché non indicano
una interiorizzazione della solidarietà ed una successiva rielaborazione decidendo di allontanarsi
dalla società, ma al contrario indicano che il soggetto non è riuscito ad integrarsi, non ha
sviluppato il vincolo sacrale con la società altrimenti sarebbe stato bene con la società stessa.
Il suicidio è indice di una società anomica, che non è riuscita a specificare le norme e i valori e
dunque non ha consentito l’integrazione del soggetto.

MARX
Anche nella concezione MARXISTA del rapporto tra educazione e società molto dipende dalla sua
visione della società capitalistica, egli evidenzia all’interno di essa una:

Struttura Intesa come il rapporto dialettico tra le diverse forze


economica produttive.

Sovrastruttura Tutto ciò che resta della società: le istituzioni politiche,


ideologiche, religiose, filosofiche.

Una contraddizione in quanto


aumentano le ricchezze e di Dunque, sono le forze L’alienazione ovvero si crea un
pari passo anche la miseria. C’è produttive a rovesciamento, non è più
una classe che ottiene sempre determinare l’uomo a produrre la realtà
più controllo: la classe l’andamento della sociale, ma la realtà ad imporsi
capitalistica ed una che viene società. Questa su di lui. L’operaio si vede
assoggettata: la classe operaia. situazione genera due espropriato del proprio lavoro.
10

Si crea una sperequazione, conseguenze


ovvero una mancanza di equità
Pag.

nella ripartizione.
Elena Di Leo
Marx esprime una concezione sia negativa che positiva dell’educazione

La classe dominate possiede la L’educazione può essere intesa come il mezzo


potenza materiale e con ciò anche attraverso cui l’operaio prende coscienza della
la potenza intellettuale, quindi le propria situazione e attraverso la coscienza
idee che si impongono sono quelle collettiva si emancipa e comprendendo di essere
della classe che domina. un soggetto alienato. Solo così è possibile
ribaltare l’azione del capitalismo sul proletariato.

WEBER
Max Weber per definire cosa determina l’ordine sociale parte dal concetto sociologico di

In sociologia non si parla mai di


È un’azione intenzionale, dotata
azione individualistica, ma di
Azione sociale di senso che viene accettata come
un’azione che si interfaccia con i
razionale dal macrosistema.
vari macrosistemi sociali
(economia, politica, cultura).

reciprocità Azione (sociale)


Società
del singolo

Ceto

Tra la società e l’azione sociale dell’individuo si instaura una reciprocità, che è maggiormente
visibile all’interno del ceto a cui il soggetto appartiene. Weber va oltre il concetto di classe
marxista legato alla sfera economica introducendo il concetto di ceto a cui un individuo
appartiene sin dalla nascita e che determina la considerazione di cui gode all’interno dei rapporti
sociali.

Un soggetto non appartiene ad un determinato ceto solo perché è nato all’interno di esso, ma
perché l’individuo agisce in modo intenzionale e coerente alle aspettative del ceto di
appartenenza affinchè la sua azione sia accettata come razionale.

Si parla di una doppia reciprocità

Considerazione Azione sociale


sociale da parte del dell’individuo
11

ceto di appartenenza
Pag.

Elena Di Leo
Weber vede una relazione stretta tra potere, cultura e educazione.
Egli studia i sistemi di potere che si sono alternati perché e grazie ad essi che si ottiene l’ordine
sociale.
Il potere per mantenersi nel tempo non si basa su una imposizione, ma sull’azione sociale del
singolo dotata di razionalità cosciente che agisce per trovare la considerazione da parte del ceto di
appartenenza, considerato lo spirito religioso del luogo natio.

L’organizzazione della società per ceti


detta la stratificazione sociale che è È funzionale a creare individui che agiscano in
alla base delle forme di potere. Ogni modo razionale rispetto al ceto di appartenenza.
strato tende ad imporre, oltre alla
propria volontà anche il proprio Mette in guardia da un eccesso di razionalità che
modello educativo. L’educazione non
può sfociare in un eccesso di burocratizzazione e
è più come per Marx un semplice
trasformare la società in una gabbia.
fatto sovrastrutturale, ma:

Il potere, per Weber è la possibilità di far eseguire dei comandi anche in presenza di
un’opposizione: chi possiede un potere legittimato ha l’autorità in grado di ottenere obbedienza.
Weber individua tre tipi fondamentali di potere, con relative basi di legittimazione, poi ogni
potere definisce un ideale educativo ovvero modelli teorici ideali che ricostruisce per spiegare il
modello educativo che ogni società ha avuto nel tempo.

Carismatico Carisma Orale L’Iniziato

Potere che sorge in La base è debole Il sapere viene I soggetti


modo straordinario proprio perché è tramandato a accedono a questo
grazie alla legata a doti voce sapere segreto
manifestazione di una straordinarie del tramite prove e
personalità di spicco. singolo cerimonie.

Tradizionale Tradizione Scritta L’Uomo colto


Non appena il potere carismatico si depotenzia, diventa qualcosa di quotidiano dando vita al
potere tradizionale che trova la sua base di legittimazione nella cultura scritta, l’ideale educativo
è l’uomo colto che detiene la cultura e si distingue dalla media delle altre persone.

Legale-razionale Razionalità Tecnico-pratica Lo Specialista


L’ultima società descritta è propria della modernità che fonda la propria base di legittimazione
sulle leggi, sulle norme e dunque sulla razionalità. La cultura che si afferma è tecnica, dello
12

specialista, che detiene le competenze ed esperienze funzionali al mantenimento dell’ordine


sociale, ma nel suo ideale tutti possono accede all’educazione.
Pag.

Tutta la specializzazione funzionale avrebbe dovuto portare ad un equilibrio della società, senza
Elena Di Leo
elevati tassi di disoccupazione, ma non è così perché si crea ancora disparità.
SIMMEL
Per Simmel alla base della società c’è il concetto di sociabilità ovvero i prerequisiti per stabilire
delle relazioni. L’azione individuale è la risposta alle forme oggettivate della cultura che
preesistono all’individuo.

Ci sono tre aspetti (tre a priori) che contraddistinguono le relazioni sociali

Ogni individuo vede Ogni elemento di un gruppo Nella società ogni elemento
l’altro non nella sua non è soltanto parte di una occupa un posto
totalità, ma nella specifica società, ma è anche altro. individualmente
collocazione sociale. Le società sono formate da determinato. Ogni soggetto
All’interno dell’ambito soggetti che al tempo stesso possiede una propria
scolastico ad esempio un sono fuori e dentro alla società, professione che fa si, che
insegnante vede il collega quindi la coesione della società combinata a quelle altrui
proprio come insegnante. deriva proprio dall’autonomia formi una società unitaria.
dei soggetti e dalla loro
consapevolezza di essere
soggetti a sé stanti e al tempo
stesso in relazione con altri.

Dunque, gli individui con la loro soggettività e la società portatrice di


Oggettività: società
oggettività sono in relazione reciproca. Alla nozione di causa
sostituisce quella di corrispondenza, influenza scambievole, legame
Relazione reciproca oggettività-soggettività.
La cultura soggettiva è sempre il risultato dell’influenza scambievole
delle forme oggettive preesistenti delle società e delle risposte
Soggettività: individuo
individuali.

oggettività – soggettività forma – vita.


Il legame tra oggettività e soggettività rimanda al legame tra forma e vita.
La forma è la cultura oggettiva che proviene da infinite generazioni.
La vita va al di là delle forme ed essa può essere concorde o meno con la cultura oggettiva del suo
tempo.

La società che Simmel analizza è la moderna società metropolitana basata vuol valore del denaro,
una società standardizzata, impersonale.
In questo luogo dove lo spirito oggettivo tenta sempre più di imporsi sullo spirito soggettivo, gli
individui cercano sempre più di conservare la propria unicità.
Per Simmel questa società spinge all’oggettività, ma in virtù dei tanti stimoli che offre è un luogo
fecondo per l’individualità.
13
Pag.

Elena Di Leo
vista come umanizzazione, via
La via d’uscita da questa l’educazione d’uscita alla tensione oggettiva che
società alienante è proprio la cultura, soprattutto
metropolitana ha sul soggetto.

Attraverso l’educazione l’individuo acquisisce umanità, libertà, ma va oltre l’idea marxista di


coscienza di classe dando maggior peso e forza al soggetto in termini di autodeterminazione. Il
soggetto deve realizzare una propria coscienza che gli permetta di relazionarsi con le forme
oggettivate della società e i compiti che ne derivano.
Lo studente deve sviluppare un’autonomia di pensiero collocata all’interno dell’oggettività della
realtà esterna.

MANNHEIM
Karl Mannheim è conosciuto ideologia particolare che possiede asserzioni proprie
soprattutto per gli studi
nell’ambito della sociologia ideologia totale le cui asserzioni possono essere
della conoscenza, studia deformate e falsificate in base alla posizione storica e
l’origine sociale dei pensieri. sociale di un individuo, come accade per la borghesia
Per spiegare cosa determini descritta da Marx che possiede un’ideologia, ovvero
l’ordine sociale parte dall’analisi fattori inconsci che nascondono lo stato reale della
delle forme ideologiche, società. Le classi del proletariato al contrario sono
all’interno del suo scritto legate all’utopia, perché quei soggetti sono impegnati
“Ideologia e utopia” individua: nella trasformazione della realtà e vedono tutti quei
fattori che i borghesi tendono a negare.

L’ordine, il consenso sociale nelle ideologie totali che sfociano nel totalitarismo, come accade
nella sua epoca, nel nazismo, si basa sull’adattamento da parte del soggetto.
Per questo Mannheim rifiuta le ideologie che assumono posizioni dogmatiche invitando alla
riflessione soprattutto da parte degli intellettuali auspicandosi che la stessa integrazione e lo
stesso consenso si possano ottenere attraverso l’autonomia tipica della società democratica.

Confrontandosi con gli studi di Riprende l’idea weberiana e


George Herbert Mead matura la durkheimiana del rapporto tra
proposta di un ricorso ad una struttura di potere e modello
Conoscenza
“pianificazione democratica” come educativo. Se educazione è uno
-
reinterpretazione delle forme di strumento funzionale per la società,
Struttura
libertà che si sono avute nelle nella società moderna l’educazione
sociale
formazioni storiche precedenti, alla inevitabilmente è democratica,
luce delle nuove forme culturali. responsabile della formazione di
uomini autonomi.
14
Pag.

Elena Di Leo
PARSONS

Talcott Parsons trasferì il l’analisi


dibattito sociologico dell’organizzazione
europeo in ambito l'azione della società in
statunitense riferendo il sociale sottosistemi
rapporto tra educazione funzionali e tra loro
e società a due concetti: interdipendenti.

Azione sociale razione normativamente orientata

Il soggetto nel suo agire può scegliere tra variabili-modello ovvero alternative di azione

L’educazione permette il passaggio da un polo all’altro delle variabili

Ciò che spinge un soggetto a scegliere una variabile piuttosto che


un’altra dipende dal teorema della doppia contingenza:
• individuo come soggetto normativamente orientato
• individuo come oggetto di riferimento normativo per l’altro

In questa azione l’individuo risponde ad aspettative


della società, dunque agisce in modo complementare

Tutta l’azione dell’individuo avviene all’interno di


prerequisiti funzionali analizzati all’interno del modello AGIL

L’azione sociale è quell’azione razionale, dotata di senso, funzionale all’ordine sociale,


all’equilibrio che si deve creare tra i vari sottosistemi. A guidare l’azione c’è un criterio detto
normativo.

La società è organizzata in sottosistemi, ogni sottosistema ha un prerequisito funzionale,


nell’ambito di questi prerequisiti, il soggetto con la sua razionalità agisce sulla base di alternative
di azione che vanno da un polo all’altro. Il soggetto ha dei margini di libertà all’interno dei
prerequisiti funzionali della società.
15
Pag.

Elena Di Leo
Ciascuno di noi agisce in un’ottica di razionalità dettata dalla normatività della società, ovvero ci
sono delle regole che il soggetto deve rispettare. La caratteristica di normatività non è solo
l’accettazione delle regole da parte del soggetto, ma è l’esercizio della razionalità rispetto al
sistema di regole che esiste nella società orientata all’integrazione dell’individuo.
Il punto di riferimento delle azioni normative sono le variabili modello ovvero le possibilità che il
soggetto ha in termini di alternativa d’azione.
Un soggetto può decidere di seguire
Variabili modello secondo la propria razionalità un’ottica
Particolarismo Universalismo di ascrizione o acquisizione. Questi
Diffusività Specificità concetti in sociologia fanno riferimento a
Ascrizione Acquisizione caratteristiche del soggetto intrinseche
Affettività Neutralità affettiva (ascritte) che dipendono dal background
Orientamento all’ego Orientamento alla collettività sociale e familiare o caratteristiche del
soggetto nuove (acquisite).

Il soggetto si comporta secondo la propria razionalità cercando di confermare quella cultura


ascritta, rimanendo nei confini tracciati dai genitori, secondo un comportamento che Parson
definisce tradizionale. Questo vale da tutti i punti di vista economico, politico, perseguendo forme
ascritte di reddito ad esempio.
Il soggetto però in quanto agisce razionalmente e normativamente può decidere di spostarsi da
un comportamento tradizionale, dal modello della ascrizione ad un comportamento rispondente
al modello della acquisizione. Questo passaggio risponde al need for achievement al bisogno di
successo e realizzazione.

Ciò che consente alla società di progredire in primis è il sistema delle possibilità, l’esistenza stessa
di alternative tra cui scegliere, ma sicuramente anche grazie alla spinta all’autorealizzazione,
bisogno di successo.

Perché: il soggetto ha bisogno


autorealizzarsi, ottenere il successo

Status ascritto, Status acquisito


comportamento comportamento nuovo
tradizionale

Come: attraverso l’educazione, la


cultura, la conoscenza

Sono i processi educativi che garantiscono la potenzialità di passare da uno status ascritto ad uno
acquisito, il soggetto potrà mediante l’educazione scegliere tra le variabili-modello, ovvero le
alternative di azione garantite dai due poli.
16
Pag.

Elena Di Leo
Ciò che spinge un soggetto a scegliere una variabile piuttosto che un’altra dipende dalla
normatività alla base della società e dal teorema della doppia contingenza.
Il soggetto nella propria azione sociale risponde a due caratteristiche contingenti:

Da un lato l’individuo agisce come Dall’altro il soggetto diventa oggetto di


soggetto normativamente riferimento normativo per l’altro.
orientato, ovvero mediante la Fondamentalmente la nostra azione non dipende
propria razionalità risponde ad un soltanto da quello che facciamo, ma ciò che
sistema di regole facciamo viene visto ed interpretato dagli altri.

Si crea quindi una complementarietà tra ciò che il soggetto compie e ciò che società si aspetta da
quel soggetto, una complementarietà delle aspettative.
L’azione sociale avviene in un sistema di aspettative reciproche attraverso una complementarietà
degli attori, con ciò si intende che l’azione del singolo è in conformità con l’azione dell’altro.

Tornando alla struttura della società, l’altro elemento essenziale del pensiero sociologico di
Parsons, essa è organizzata in sottosistemi, ogni sottosistema ha un prerequisito funzionale, essi
sono nel modello
A → adattamento all’ambiente
G → goal (definizione e conseguimento degli scopi)
I → integrazione delle sue parti
L → latenza (mantenimento del modello)

Ogni prerequisito funzionale è svolto da uno specifico sistema

Sistema biologico: Sistema della Sistema sociale: il Sistema culturale:


all’interno di esso personalità: sottosistema privilegiato, Parsons utilizza il
il soggetto cerca di il soggetto perché ha come finalità concetto di latenza. Il
adattarsi nell’ambito di questo l’integrazione dei sistema culturale
all’evoluzione sottosistema agisce soggetti, questo è fondamentalmente ha
stessa per raggiungere uno proprio il fulcro del l’obiettivo di
dell’ambiente scopo, per fare goal funzionalismo, garantire mantenimento del
l’integrazione, creare il modello culturale che
senso di appartenenza. consente al soggetto di
acquisire gli
orientamenti culturali.

Nell’ambito della spiegazione funzionalista assume particolare rilevanza la funzione del sistema
culturale, perché è grazie alla cultura, all’educazione che si stabilisce ordine, mantenimento,
equilibrio, proprio perché l’obiettivo è la latenza (mantenimento nel tempo) del modello.
La struttura analitica dell’azione di Parsons, in questo modo spiega come i sottosistemi
17

interagiscono tra di loro in ottica del mantenimento dell’ordine sociale, perchè ogni sottosistema
Pag.

Elena Di Leo
risponde ad un requisito (prerequisito funzionale), funzionale all’esistenza del sottosistema
stesso, ma è funzionale anche al mantenimento della società stessa.
L’educazione e quindi la cultura, ancora una volta hanno un ruolo funzionale alla società per
consentire la socializzazione dei soggetti, ovvero l’acquisizione degli orientamenti che permettono
al soggetto di soddisfare le aspettative della società, in virtù di questo egli parla di
interdipendenza sistemica.
A ben vedere l’educazione è diversa dalla socializzazione, perché quest’ultima è un collegamento
tra tutti i sottosistemi, ma si può realizzare solo se c’è educazione.
18
Pag.

Elena Di Leo
PROBLEMATIZZAZIONE DEL RAPPORTO EDUCAZIONE-SOCIETÀ.
DISCONTINUITÀ, INTERDIPENDENZA, INTERAZIONE (cap3)

Tutta la sociologia classica pur nelle sue specificità ha una concezione dell’educazione intesa
come un processo dipendente dagli obiettivi e dalle aspettative della società.
Ciò nasce dal fatto che, la sociologia è una scienza empirica che tratta di questioni incidenti,
diventate rilevanti in presenza di molti casi, il funzionalismo riusciva a spiegare i fenomeni del suo
tempo, il modello scuolacentrico che vigeva attraverso una linearità tra educazione e società.
Questo paradigma ha prodotto i suoi risultati: una maggiore accessibilità (Mannheim), una
scolarizzazione di massa, uguali chance per tutti.

Tra gli anni ’50 e ’60 del 1900 il paradigma della dipendenza non è più in grado di spiegare i
fenomeni che avvengono nella società. Si produce una disfunzione.

La libertà formale del diritto Si afferma uno stretto legame tra La scuola è assalita da
all’istruzione non si è istruzione ed occupazione, infatti diversi compiti ai quali
trasformata in libertà si assiste ad una crescente non riesce a far fronte,
sostanziale, ovvero non tutti domanda di istruzione, ma una eterogeneità della
riescono ad esercitare forme all’incremento del tasso di popolazione studentesca
di libertà, ci sono ancora scolarizzazione non corrispondono che è portatrice delle
disuguaglianze tra i soggetti. rispettivi sbocchi occupazionali, proprie aspettative e dei
dunque si crea un fenomeno di propri orientamenti.
inflazione dei titoli scolastici.

La crisi di una stretta dipendenza tra educazione e società evidenzia la una discontinuità
(conflittualità) tra educazione e società, che nasce proprio dal modello scuolacentrico che
non dialoga con gli altri enti, la scuola che non si relaziona con il mondo del lavoro.
Questa situazione porta alla
nascita di un policentrismo funzionale e alla constatazione dell’assenza delle mobilità
sociale

Il policentrismo formativo sta ad indicare una La mobilità educativa corrisponde ad un


pluralità nella gestione (nuovi enti educativi), innalzamento da ascrizione ad acquisizione
pluralità di destinatari, pluralità di luoghi e di proprio grazie all’educazione, innalzamento di
stili comunicativi. reddito, capitale culturale, propria di una scuola
All’idea di policentrismo formativo deve che funge da ascensore sociale.
affiancarsi quella di rete o di sistema formativo La mobilità si attua nella misura in cui ci sono 2
integrato, ovvero un insieme di agenzie che condizioni:
operano in rapporto tra loro all’interno di una • La presenza di un sistema educativo che
19

logica comune allo scopo di produrre un incentiva la riuscita educativa e


Pag.

servizio formativo che sia utile per i progetti formativa.


personali dei singoli e dei gruppi di • Il soggetto deve sentirsi motivato (need
Elena Di Leo
appartenenza e per la società nel suo insieme. for achievement).
Il sistema formativo integrato risponde anche al un pluralismo culturale.
Per pluralismo culturale si intende proprio una presenza di più culture e orientamenti culturali
che sono una caratteristica strutturale della società, si crea un sistema formativo integrato
proprio perché la scuola non può rispondere da sola ai nuovi orientamenti.
L’educazione diventa sempre più autonoma rispetto alla società. L’autonomia permette agli
istituti scolastici un ruolo attivo nel definire i fini e le funzioni dell’educazione e quindi una
possibilità di rielaborare i legami con l’ambiente sociale, si pensi alla scuola di Barbiana.
L’autonomia resta un’autonomia relativa perché sarebbe impossibile e improduttivo sganciarsi
completamente dalla società.
Se aumentano le forme organizzative, se aumenta il dialogo con il mondo extrascolastico si
avrebbero uguali possibilità di accesso e riuscita. Deve esserci una coordinazione tra il tempo
scolastico e il tempo libero dei giovani per poter integrare tutti i sottosistemi che un bambino vive
per ottenere la riuscita.

Il conflittualismo va ad insistere proprio sul


tema della riuscita dei sistemi scolastici per
creare mobilità, laddove il funzionalismo
non era riuscito ad ottenere ciò.

Il modello funzionale permettendo una


Da questo quadro emerge quella conflittualità che già
maggiore accesso all’istruzione non si
era presente in alcuni sociologi classici come Marx,
aspettava come conseguenza (inattesa)
Weber e Simmel. Alla luce di un cambiamento della
quella dell’inflazione dei titoli di studio.
società e di una messa in crisi dell’idea stessa di società
Questo indica che qualcosa nel modello
entra in crisi anche il paradigma funzionalista,
funzionalista non ha funzionato,
introducendo concetti importanti come funzione
creando al contrario un effetto
latente, conseguenze inattese e disfunzione.
disfunzionale per la società stessa.

Le principali critiche avanzate al funzionalismo riguardano l’impianto di sociologi come Durkheim


e Parsons che avevano presupposto l’esistenza di un sistema culturale condiviso, ma la realtà
evidenzia un sistema culturale fortemente eterogeneo, dunque il funzionalismo aveva trascurato
la dimensione conflittuale insita nella società. Al contrario vengono rivalutati i modelli di Marx e
Weber che già avevano evidenziato la contrapposizione tra i gruppi sociali.

Disuguaglianza (causata da elementi


Uguaglianza
di deprivazione culturale connaturati
nella società)

Per consentire il passaggio da uno stato di disuguaglianza ad una uguaglianza di possibilità, la


società deve offrire a tutti le possibilità di riuscita, deve intervenire modificando gli aspetti
20

sostanziali, non promuovendo solo l’accesso all’istruzione, ma introducendo programmi intermedi


Pag.

che riducano le disuguaglianze.


Elena Di Leo
Una lettura conflittualista del rapporto tra
Una lettura in chiave neomarxista ad
educazione e società, l’aumento dell’inflazione
opera di Bourdieu
dei titoli scolastici, l’idea che la scuola potesse
davvero generare uguaglianza si afferma
Una lettura in chiave neoliberale ad
soprattutto tra i sociologi francesi, generando
opera di Dahrendorf
due diverse interpretazioni

BOURDIEU
Con Bourdieu si sviluppa la teoria della riproduzione culturale o teoria del deficit, nella sua visione
la scuola riproduceva le disuguaglianze insite nella società, non le elimina.

Tre elementi determinano questa riproduzione


• Relazioni
• Posizioni
• Pratiche

All’interno delle relazioni i soggetti si muovono in base ad un principio, l’habitus, il principio


generatore ed unificatore che traduce le nostre caratteristiche intrinseche e relazionali, gli habitus
sono responsabili di comportamenti socialmente differenziati e differenziati.
L’habitus è una forma di appartenenza alla propria famiglia, al proprio contesto, che la scuola degli
anni ’90 non riesce ad eliminare. Gli habitus sono responsabili di disparità.

Gli habitus sono prodotti dei condizionamenti sociali che finiscono per formare gruppi
accomunati dallo stesso stile di vita. Gli habitus sono condizionati socialmente in primis dalla
famiglia di origine e poi anche perché il soggetto tende a riprodurre
Ciò per combattere anche la
e perpetuare questa sua posizione. Se i condizionamenti sociali
povertà educativa, un
provenienti dall’educazione si muovono nell’ottica della rimozione
concetto che riguarda le
degli ostacoli che limitano la libertà dei soggetti, se l’educazione
condizioni strutturali delle
interviene negli spazi educativi, nei luoghi dell’educazione, si può
famiglie, le differenze di
bloccare l’effetto sperequativo degli habitus.
disponibilità e dotazione di
L’educazione non deve muoversi solo sul piano principio ideologico,
strumenti culturali dei diversi
formale, ma sul piano sostanziale altrimenti le disparità verranno
contesti.
solo riprodotte.
All’interno di uno SPAZIO SOCIALE i il capitale economico
soggetti si distribuiscono in funzione
della loro posizione secondo due principi: il capitale culturale.
Ogni soggetto appartiene ad una famiglia con un proprio capitale culturale ascritto, per misurarlo
empiricamente si usa la variabile titolo di studio dei genitori.
Affinchè il capitare culturale ascritto del genitore non rimanga lo stesso nel figlio è necessario
limitare l’effetto sperequativo degli habitus.
La socializzazione è una forma di incorporazione dell’habitus, ovvero
21

quegli elementi di scelta sociale, politica, economica. L’habitus finisce


SOCIALIZZAZIONE per essere assimilato a una identità sociale ovvero una identificazione
Pag.

con una posizione permanente. Essa consente di assicurare la


permanenza delle identità individuali e la riproduzione delle Elena Di Leo
strutture
sociali.
DAHRENDORF
Il pensiero di Dahrendorf parte da posizioni opposte rispetto al pensiero di Bourdieu, il conflitto è
inteso come una caratteristica strutturale della società, al pari di forme di stabilità si presentano
forme di conflitto. All’interno di questa visione della società Dahrendorf contribuisce ad eliminare
l’idea di predestinazione, in quanto ognuno possiede delle chance di vita ovvero un insieme di
possibilità ed occasioni che vengono offerte al singolo dalla società.

Legature: vincoli di varia natura, vincoli sociali che sono


una rete protettiva, vincoli relazionali che implicano
l’appartenenza ad una comunità, la possibilità di
Chance condividere conoscenze. Sono un ancoraggio, delle radici.

Libertà Opzioni: possibilità di scelta, implicano una visione al


attiva futuro ed implicano un agire da parte del soggetto.

Dahrendorf riprende il concetto di ceto inteso, non più come classe puramente economica, ma
come insieme di valori. L’appartenenza assume un carattere più ideologico, in tutti i ceti ad
ognuno sono offerte chance, ed ognuno possiede il diritto di fare delle scelte.
La differenza tra un individuo è l’altro sta nel cogliere quelle chance che inevitabilmente gli si
presentano esercitando la propria libertà.

Libertà attiva è propria di quel soggetto Ogni qual volta usiamo la nostra
che sa cogliere le possibilità e libertà attiva dobbiamo far
trasformarle in azioni che contribuiscono riferimento alle legature,
al suo benessere a alla stabilità. Libertà perché la libertà è l’esercizio
Al soggetto spetta l’esercizio attivo della della propria azione, ovvero
attiva
propria libertà cogliendo le chance e non l’esercizio della propria identità
autoselezionandosi, ovvero escludendosi che è fortemente influenzata
a priori, perché vorrebbe dire produrre dai vincoli che ci legano al
un vantaggio sociale per quei soggetti che nostro ceto.
già hanno chance in più.

Il ruolo dell’educazione è fondamentale per quegli studenti che in virtù del loro capitale culturale
medio-basso non sono in grado di cogliere alternative chance. Il modo per rendere un soggetto
libero di agire non consiste nel modificare le proprie legature, appartenenze, il proprio reddito, ma
liberandolo da tutti gli ostacoli che non gli permettono di agire.
L’esercizio della libertà viene costruita ad opera dell’istruzione.
I socialmente esclusi non nascono tali, ma lo diventano da una assenza del ruolo dell’educazione
e dell’istruzione che non è riuscita a prospettare delle opzioni, possibilità, non è riuscita a
promuovere l’esercizio delle chance di vita.
22
Pag.

Elena Di Leo
SVOLTA COMUNICATIVA
Alcune dinamiche della relazione educazione-società che il paradigma funzionalista non riusciva a
spiegare trovano risposte nel paradigma conflittualista.
Il conflittualismo non propone delle vere e proprio risposte, ma analizza evidenze empiriche quali
la disuguaglianza, l’iniquità, come sia possibile che la scuola riproduca le disuguaglianze di
ingresso.
In questa interpretazione però inizia a farsi strada una riflessione che condurrà alla svolta
comunicativa: non si possono fornire interpretazioni a priori, generalizzazioni, ma bisogna in ogni
caso considerare la variabile contestuale.

Negli anni ’90 si cerca di superare l’opposizione tra consenso e conflitto, orientando la riflessione
sociologica sia verso la conoscenza del funzionamento del sistema (livello macro) che verso
un’analisi dell’agire nella vita quotidiana (livello micro).
Tentare di conoscere al tempo stesso queste due componenti ha generato una dicotomizzazione
tra il punto di vista macro e quello micro.
Negli anni ’80 il dibattito macro-micro è stato ampiamente presente e ha contribuito a creare la
convinzione di avere davanti una società multidimensionale.
All’interno di questo dibattito si intravede la svolta comunicativa, ovvero una convergenza tra i
tanti approcci che però non porta ad un vero e proprio paradigma comunicativo, ma una
categoria interpretativa e rappresentativa della società complessa.

All’interno del dibattito macro-micro si sono distinte diverse voci, alcune propendenti verso un
punto di vista micro, che enfatizzano l’interazione e l’intersoggettività, altre che propendono
verso una lettura macro enfatizzando l’apparato sistemico.

APPROCCIO INTERAZIONISTA-FENOMENOLOGICO
Si ritrovano in questo approccio diversi contributi
Fenomenologia Alfred Schutz
Interazionismo simbolico George Herbert Mead
Herbert Blumer
Approccio drammaturgico Erving Goffman
Etnometodologia Harold Garfinkel

La corrente dell’interazionismo simbolico nasce a Chicago nel 1930 ad opera di Mead e dei suoi
allievi, specialmente Blumer.
Uno degli elementi più rilevanti di questo approccio consiste nell’aspetto creativo della realtà e di
produzione di significati ad opera di un attore sociale.
Il concetto di attore sociale è in comune con la corrente fenomenologica ed indica un soggetto
che interpreta la realtà, è riflessivo, capace di rielaborare gli stimoli, i simboli, le conoscenze che
acquisisce nella comunicazione con gli altri.
L’intersoggettività è il luogo privilegiato per l’analisi della comunicazione tra singolo e realtà.
Gesti e linguaggio sono gli strumenti per comprendere la realtà e strutturare una comunicazione.

Berger e Luckmann riprenderanno questi concetti, ponendo nuovamente al centro il concetto di


23

linguaggio grazie al quale già i bambini durante l’infanzia possono astrarre ciò che vedono nella
Pag.

realtà creando dei concetti comuni ad una realtà socialmente approvata. Il riferimento è al
Elena Di Leo
concetto schutziano di tipizzazione, con il linguaggio acquisiamo le forme tipizzate del mondo che
ci circonda. Gli interazionisti partono dalla comunicazione, quindi dal linguaggio per comprendere
la realtà nel suo insieme.
In questa visione viene valorizzata l’esperienza del
soggetto all’interno di una realtà oggettiva che fornisce
valori, norme e regole socialmente condivisi e di realtà
soggettiva, delle relazioni primarie del soggetto.

Il soggetto
è al centro

Il soggetto è dotato di riflessività che gli Si va oltre il rigido modello funzionalista, anche
permette di reinterpretare il mondo, nel definire il ruolo dell’educazione che parte dal
nell’ambito della socializzazione soggetto attivo nel dare senso alla sua vita in
secondaria, quel periodo all’infanzia, rapporto agli altri e ai modelli che la realtà sociale
durante il quale si può realizzare la impone.
discontinuità, fino alla rottura o alla Si tenta di ricostruire il legame tra educazione,
riconversione, con gli orientamenti e i trasmissione e produzione di conoscenza.
comportamenti acquisiti nel corso della Appare centrale il concetto di esperienza di
socializzazione primaria. Dubet che riporta al centro il soggetto e la sua
riflessività nell’azione sociale

APPROCCIO SISTEMICO, INTERDIPENDENZA E COMUNICAZIONE


Nell’ambito delle considerazioni della svolta comunicativa risulta importante anche la posizione
del sociologo Niklas Luhmann che diffonde una prospettiva di analisi sistemica.

“come è possibile Per Luhmann non esiste una risposta fissa, ma


l’ordine sociale?” dipende dalla comunicazione continua tra i
sottosistemi

Luhmann a differenza di Parsons che già aveva parlato di sottosistemi dando particolare
importanza alla loro struttura e alla stabilità complessiva, parla di funzione e organizzazione.
Ogni sottosistema è inserito in un ambiente, tale sottosistema deve ridurre la sua complessità
ovvero le numerose possibilità della realtà nella quale è immerso, in quanto queste realtà mutano
continuamente (contingenza).

Un’altra proprietà del sistema è l’autopoiesi, intesa come autonomia del sistema.
Nell’ambiente un sistema può entrare in relazione con un altro solo se entrambi sono dotati di
questa autonomia (caratteristiche autopietiche).
24
Pag.

Elena Di Leo
La comunicazione è una vera e propria azione del sistema che avviene grazie alla capacità che ha
di selezionare gli altri sistemi. Luhmann parla di interpenetrazione, intesa come scambio
comunicativo tra i sistemi.

Luhmann (assieme a Schorr) analizza il sistema scolastico definito come sistema autonomo, ma
che al tempo stesso deve entrare in relazione con gli altri sistemi.

Il sistema educativo nel tempo ha Il sistema educativo si relaziona con


modificato le sue finalità in base alle l’ambiente in tre modi:
contingenze:

• raggiungere la perfezione umana, • la funzione, il rapporto con il sistema


ovvero un’educazione che eleva sociale nel suo complesso;
verso Dio • la prestazione, una partecipazione
• consentire la formazione, sia diretta nella situazione sotto esame;
individuale che universale • la riflessione, che consiste
• sviluppare la capacità di apprendere, nell’attivazione della comunicazione
ovvero acquisire capacità spendibili con l’ambiente.
sempre e ovunque.

educazione Esiste una relazione circolare, l’una ambiente


dipende dall’altra e viceversa per le
modificazioni, le attese e gli interessi.

MARGARET ARCHER
La sociologa inglese Margaret Archer affronta il problema del rapporto tra educazione e società
evidenziando dove avevano sbagliato i sociologi degli anni ’70.
Per poter studiare i processi educativi propri di una società multidimensionale era necessario
considerare tanto la struttura sociale (macro), quanto le interazioni tra gli individui (micro).

Questa considerazione dell’una quanto dell’altra variabile prende il nome di dualismo analitico.

Questo superamento indica ciò che accade con l’approccio comunicativo, le variabili entrano in
relazione di causazione, non c’è una che genera l’altra, ma c’è una concatenazione.
La Archer definisce il suo approccio morfogenetico, in quanto considera il prender forma della
società piuttosto che la sua forma stabile descrivendo. Le fasi del ciclo morfogenetico:
1. T1 condizionamento culturale: la cultura che si viene a creare è influenzata da variabili
25

strutturali, preesistenti dalle quali non si può prescindere. La cultura è inizialmente frutto
del condizionamento.
Pag.

Elena Di Leo
2. T2 interazione socioculturale: la forma culturale frutto del condizionamento, viene
elaborata attraverso l’interazione tra i soggetti in virtù del condizionamento culturale
(aspetto strutturale del sistema culturale).
3. T3 elaborazione culturale: il soggetto elabora una propria cultura come il risultato di
aspetti di natura strutturale e aspetti di natura comunicativa. L’elaborazione può andare
sia nella direzione della conferma, riproducendo la cultura, che nella direzione della
ridefinizione, quindi apportando una innovazione.

Ciascun soggetto nella sua natura sociale è condizionato da ciò che preesiste e da una propria
cultura personale che si crea interagendo con la forma esistente. Questa competenza che ciascuno
ha è definita competenza riflessiva. Il soggetto, infatti, attraverso la propria riflessività realizza sia
ciò che è dato come forma culturale sia ciò che è elaborato come interazione tra condizionamento
strutturale e interazione socioculturale. Analizzando le biografie dei soggetti, la Archer individua
nella conversazione interiore la modalità attraverso cui l’individuo riflette sulla propria situazione
sociale.

Lo sguardo del sociologo deve essere multidimensionale, vedere se ci sono fenomeni che
vengono riprodotti, vedere se l’educazione è funzionale alla società, ma notare anche le
differenze dei vari contesti.
L’obiettivo è vedere se esiste il momento in cui la cultura viene elaborata attraverso una relazione
tra le due variabili che permettono di creare un prodotto culturale nuovo.
26
Pag.

Elena Di Leo
PARTE SECONDA: PROCESSI E PROBLEMI FONDAMENTALI IN
SOCIOLOGIA DELL’EDUCAZIONE
SOCIALIZZAZIONE, IDENTITÀ ED EDUCAZIONE (cap4)

SOCIALIZZAZIONE ED EDUCAZIONE
Analizzando i processi e i problemi fondamentali della sociologia dell’educazione un posto di
rilievo viene occupato dalla discussione sui diversi approcci allo studio della socializzazione.

L’aspetto della continuità è uno dei problemi centrali della società che cerca di risolverlo
attraverso la socializzazione e l’integrazione, ovvero la società elabora norme etica e giuridiche, le
quali coordinando i rapporti tra gli individui e i ceti, impediscono che le azioni dei soggetti
interferiscano portando alla distruzione del sistema stesso.
Questa posizione evidenzia

La necessità di continuità La forza coercitiva con la quale


da parte della società la società si impone sui soggetti.

La società che ha la necessità di integrare e socializzare le


nuove generazioni, cioè di far loro acquisire valori, norme,
atteggiamenti per ottenere stabilità, quindi esprime delle
aspettative nei confronti dei soggetti.
Occorre tener presente che
sullo scenario sono due i poli
L’individuo che sente il bisogno di appartenenza di
identificarsi con un gruppo sociale, sente il bisogno di
coesione, stima, ma anche autonomia e distinzione dal
gruppo. Quella che Simmel chiama appartenenza da un
lato ed individualizzazione dall’altro.

Il concetto del doppio movimento di Simmel è centrale, ovvero l’oscillazione tra


• Un processo di identificazione (appartenenza): un soggetto è socializzato se ha
interiorizzato le norme, i valori del gruppo di appartenenza. Questo non accade con la
coercizione, ma perché le regole sono chiare nella società. Il bambino diventa socializzato
quando esce dall’egocentrismo e dal gioco spontaneo tipico dell’infanzia ed inizia un gioco
di regole.
➢ Quella che viene definita socializzazione familiare.
• Un processo di differenziazione (individualizzazione): è la capacità del soggetto, dopo aver
compreso le regole, di attribuire a sé stesso un ruolo, momento di differenziazione dagli
altri componenti del gruppo, senza sfociare in forme di individualismo.
➢ Quella che Berger e Lachmann indicano come socializzazione secondaria, quella
che avviene dopo la famiglia, il momento in cui pur avendo acquisito nella
27

socializzazione primaria/familiare le regole e i valori del gruppo sociale, il soggetto


decide di trasformare quella realtà e discostarsi da essa.
Pag.

Elena Di Leo
Il docente ha il compito di consentire questo doppio movimento, l’ambivalenza nella costruzione
dei processi di socializzazione. Non bisogna fermarsi al primo livello di socializzazione famigliare,
ma deve consentire il passaggio all’individualizzazione, autonomia del soggetto, in modo che possa
anche allontanarsi da modelli di socializzazione (regole e valori) non approvati.
Bambino è socializzato se risponde al doppio movimento: socializzazione (identificazione) in una
prima fase, individualizzazione nella seconda fare.

Prima di scendere prettamente nel processo di socializzazione bisogna chiarire la distinzione tra
due termini: educazione e socializzazione, che spesso vengono usati come sinonimi.

Per comprendere la differenza è opportuno


far riferimento al livello formale e informale C’è un ulteriore criterio per distinguere
dei processi educativi educazione e socializzazione per Sgroi

Livello formale: si Livello informale: descrive Educazione: Socializzazione:


sottolinea le relazioni sociali che rappresenta un rappresenta il
l’intenzionalità e la producono un effetto sistema ideale di processo reale che
progettualità dei educativo o socializzante. significati che si avviene nei rapporti
processi educativi, che Un esempio sono i gruppi attribuiscono agli sociali che mette in
si riscontrano spontanei di giovani, che atteggiamenti e ai evidenza anche i
prevalentemente nella portano un individuo a comportamenti umani rapporti di forza
scuola e nella famiglia. socializzarsi a norme, esistenti tra i gruppi
regole e orientamenti del come avevano
gruppo stesso. illustrato Marx e
Weber.

Cesareo ha individuato una distinzione ancora più netta tra educazione e socializzazione
• Educazione: l’insieme degli aspetti formalizzati e istituzionalizzati della socializzazione.
• Socializzazione: tutto ciò che passivamente o attivamente porta un individuo ad integrarsi
in un gruppo sociale.

La distinzione formale/informale o ideale/reale ha una funzione analitica, che può essere


mantenuta, portando al concetto di socializzazione intesa come:

il processo ampio, continuo e variamente articolato che porta un soggetto a far parte
di una realtà sociale in modo competente e riflessivo, un processo quindi che mira alla
costruzione di legami sociali, appartenenze, di identità, all’interno del quale vengono
attuate norme, regole e valori socialmente condivisi.
In questo processo si evidenziano tanto istituzioni formali, quanto esperienze informali.
28
Pag.

Elena Di Leo
Il passaggio da una socializzazione con un carattere informale, come accadeva nelle società
primitive, ad una socializzazione più articolata affidata principalmente alla scuola avviene quando
il patrimonio culturale da trasmettere diventa vasto e complesso e la divisione del lavoro
all’interno della società necessita di individui addestrati con una preparazione specifica.
Questo passaggio viene descritto da Durkheim e Weber, per i quali l’educazione corrisponde ad
una risposta alla differenziazione sociale.

MODELLI DI SOCIALIZZAZIONE
La socializzazione è un processo che si struttura nel corso dell’intera esistenza, a maggior ragione
nella società contemporanea in cui è chiesto ad un individuo di apprendere molteplici ruoli,
adattarsi a nuove situazioni e risocializzarsi.
Si possono individuare tre concezioni della Funzionalista-integrazionista
socializzazione in base al rapporto educazione- Conflittualista
società, che generano a loro volta tre modelli Interazionista-comunicativo

MODELLO FUNZIONALISTA-INTEGRAZIONISTA
Il modello di socializzazione si presenta articolato lungo la dimensione della conformità e
dell’adattamento del ruolo dell’ego con quello dell’alter in modo che valori comuni vengano
interiorizzati dall’ego, ed a orientamenti che hanno una base normativa e prescrittiva.

La concezione funzionalista della socializzazione pone le sue radici del modello durkheimiano di
educazione intesa come il mezzo attraverso cui la società promuove continuità e stabilità.
A monte di questa concezione normativa ci sono alcuni presupposti:

L’idea dell’uomo egoistico, che L’idea di società armonica e ben L’idea che la società
se viene lasciato allo stato di organizzata dove ciascuno occupa o possegga un primato
natura sarebbe un essere andrà ad occupare il posto per il storico, logico e morale,
asociale, è la società che quale è destinato, in relazione alla per cui rappresenta
consente la sua umanizzazione divisione del lavoro e alla funzione un’autorità morale.
ed emancipazione. specializzata da svolgere.

Assegnando ad ognuno un compito specifico, anche


l’educazione diventa specialistica e differenziata, ma di
fondo c’è sempre l’idea di una educazione comune.
L’educazione spetta alla scuola di Stato.

Anche Parsons riprende la teoria durkheimiana con l’intento di spiegare come l’individuo diventa
un essere sociale. Parsons dà una definizione di socializzazione intendendola come quel processo
di interiorizzazione di orientamenti in relazione ha ciò che ha significato per la società, cioè
rispondendo in modo complementare alle aspettative della società, un agire di ruolo. Egli
identifica una socializzazione primaria e una secondaria specificando i meccanismi da mettere in
atto e gli scopi.
29
Pag.

Elena Di Leo
Cinque meccanismi:
• rafforzamento-estinzione: gratificazioni e privazioni per affermare l’assunzione di un
modello di comportamento
• inibizione: il soggetto impara ad astenersi dal compiere un’azione motivata
• sostituzione: trovare un oggetto sostitutivo di gratificazione
• imitazione: acquisire aspetti importanti della realtà sociale, come conoscenze, abilità,
comportamenti
• identificazione: interiorizzazione dei valori del modello e una stretta relazione reciproca tra
coloro che entrano nel processo di interazione.

Socializzazione primaria Socializzazione secondaria

Vengono interiorizzati i modelli principali di Sulla base degli orientamenti di ruolo già
orientamento di valore, mediante i quali si interiorizzati avviene una specificazione.
struttura la personalità fondamentale. I L’imitazione appare il meccanismo
meccanismi devono contribuire alla creazione prevalente di apprendimento.
di una personalità inesistente, quindi il più
importante è l’identificazione.

La scuola continua il processo di


socializzazione creando una continuità e
La famiglia rappresenta l’agenzia complementarietà tra l’agenzia della
fondamentale affinchè in questa fase i figli famiglia e l’agenzia del lavoro.
possano diventare membri della società nella La scuola deve integrare quanto appreso
quel sono stati generati. in ambito familiare con gli orientamenti
di valore dell’istituzione scolastica.

Le agenzie agiscono in continuità, il modello della famiglia viene ricalcato all’interno della scuola.
La scuola mette in atto un principio di differenziazione in base al criterio dell’achievement, il
bisogno di realizzazione del singolo coincide con ciò che la società si aspetta dall’individuo.
La socializzazione scolastica presenta due aspetti fondamentali:
➔ intellettuale: l’apprendimento “cognitivo” delle informazioni, delle capacità e degli schemi
di riferimento
➔ morale: il comportamento richiesto in classe identificato con il rispetto dell’insegnante, la
cooperazione con i compagni…

MODELLO CONFLITTUALISTA
L’approccio conflittualista considera in conflitto come categoria fondamentale per descrivere i
rapporti sociali, questa visione negativa è legata ai rapporti di forza presenti nella società, che
l’educazione non fa altro che riprodurre.
Per i marxisti e neomarxisti la scuola è considerata uno strumento di indottrinamento e
coercizione perché non fa altro che confermare i privilegi di classe.
30
Pag.

Elena Di Leo
All’interno della matrice conflittualista ci sono visioni differenti, teorici della riproduzione sociale
e teorici della riproduzione culturale, come Bourdieu, per cui la socializzazione

Primaria: Secondaria:
incorporazione di habitus ad opera riproduzione delle differenze ascritte,
della famiglia che è portatrice del all’interno della scuola che si fa
proprio capitale culturale. portavoce dell’ideologia dominante.

Ci sono al contempo altre visioni che trovano in Dahrendorf un punto fermo, nella sua visione le
forze sociali non sono rigidamente determinate, ma un soggetto, in base alle chance di vista che
sa cogliere in virtù della sua libertà attiva è autore delle sue scelte e del conseguimento di
vantaggi.
Emerge un ideale emancipatorio, grazie a quale le classi subalterne devono liberarsi da questo
doppio legame sociale e culturale.
Ma affinchè l’ideale non sia solo un’utopia è necessario
riconoscere all’educazione un ruolo strategico, per
porre le basi per un cambiamento sociale.

Habermas prende in esame la socializzazione con l’intento di sviluppare una teoria alternativa a
quella di Parsons, che la riteneva finalizzata al conseguimento dell’agire di ruolo.
Per Habermas è necessario considerare l’agire del soggetto in rapporto con gli altri, affinchè lui:
• interiorizzi e faccia propri i requisiti richiesti;
• prenda le distanze mediante un’elaborazione personale.
Habermas sottolinea l’importanza del linguaggio e della comunicazione coltivati nel corso della
socializzazione, soprattutto all’interno della famiglia.

MODELLO INTERAZIONISTA-COMUNICATIVO
Nell’approccio comunicativo sono presenti più filoni, un contributo importante è quello di George
Herbert Mead, fondatore dell’interazionismo simbolico che pone a fondamento della società
l’intersoggettività e la comunicazione.
Il punto di partenza è che l’uomo costruisce attivamente la realtà sociale, grazie alla capacità di
elaborare simboli, ovvero segni condivisi dal gruppo sociale, ai quali viene poi attribuito un
significato. Tutto questo comporta un salto dalla natura alla cultura e determina la plasticità di un
individuo. L’azione sociale è immersa nel simbolismo, non è determinata dalle forze sociali come
accadeva nell’approccio funzionalista.

L’unità d’analisi dell’interazionismo simbolico non è il comportamento del singolo individuo, ma


l’interazione nella quale due soggetti si rapportano l’un l’altro.
Da questo approccio e dai lavori di Mead se ne sviluppano altri:

Blumer enfatizza gli aspetti microsociali Khun interpreta l’interazione sociale nei suoi
di analisi dell’interazione, sottolineando legami con la struttura sociale, sottolineando gli
31

che i significati sono soggettivi. aspetti oggettivi e prevedibili dei comportamenti.


Pag.

Elena Di Leo
Berger e Luckmann prendono come punto di partenza la “realtà della vita quotidiana” per
spiegare il loro concetto di socializzazione.

Socializzazione primaria Socializzazione secondaria

Il bambino interiorizza questa realtà di Si problematizza questa prima esperienza


senso comune, ovvero la struttura sociale con la realtà, che in ogni caso rimane
costituita da tutti i modelli di agire che all’interno di ognuno di noi come la “prima”
sono diventati tipizzazioni (oggettivati). vera visione del mondo.
Questa conoscenza viene interiorizzata A partire dalla realtà di senso comune il
tramite identificazione ed imitazione: è soggetto mostra la capacità costruttiva e
grazie all’identificazione con altre comunicativa: il soggetto sviluppa una
persone che gli stanno attorno, che il capacità riflessiva per poter prendere le
bambino riesce ad identificare sé stesso. distanze costruendo “altri mondi”, rispetto
L’io pertanto è una entità riflessiva che a quelli oggettivi interiorizzati durante
riflette gli atteggiamenti degli altri nei l’infanzia non perpetuando semplicemente
suoi confronti. nella riproduzione sociale.

In questo senso la discontinuità è intesa come critica dell’identità costruita durante l’infanzia e
predispone il soggetto al una apertura di fronte a molteplici possibilità. Dubar definisce il
processo di socializzazione come progressiva strutturazione dell’identità personale e sociale del
soggetto.

PERSONALITÀ E IDENTITÀ
L’identità nasce dai processi di differenziazione sociale e dalla crescita della distanza tra
l’individuo e il suo totale riconoscimento con la società stessa.
Già Durkheim aveva individuato nello sviluppo della coscienza individuale il problema principale
all’ordine sociale, proprio per il venir meno della coscienza collettiva.

Per comprendere il concetto di identità è necessario partire da quello di personalità

Nel corso della socializzazione primaria, gli agenti di socializzazione


concorrono alla formazione di quella che Parsons chiama personalità
fondamentale o di base attraverso l’interiorizzazione degli orientamenti di
valore. Habermas sottolinea l’importanza della prima infanzia per la
personalità dell’adulto che si verrà a formare, in quanto le esperienze che
hanno luogo in questo periodo hanno effetti durevoli e decisivi.

Nonostante un’uniformità di orientamenti si creano delle differenze all’interno del processo di


socializzazione in relazione ad alcuni fattori come il sesso, la classe sociale d’appartenenza dei
genitori, i ruoli. Nel corso della socializzazione primaria pur essendo attivi gli elementi di
32

differenziazione c’è un continuo riferimento ad un tipo di personalità modale apprezzata


Pag.

socialmente, ritenuta diffusa e in larga misura condivisa.


Elena Di Leo
Dipende dalle richieste e Si caratterizza come variabile
aspettative dei gruppi In questo modo indipendente in grado di
sociali che esprimono attese si comprendere selezionare norme e valori,
di uniformità nella forma di quanto la opporre resistenza ai
personalità modali. personalità condizionamenti e al
mutamento.

Reisman in polemica con Parsons distingue tre tipi di personalità:


• L’uomo diretto dalla tradizione: assume i modelli culturali tradizionali, tipico del Medioevo.
• L’uomo autodiretto: possiede una salda personalità formatasi attraverso processi di
interiorizzazione nel corso dell’infanzia che lo rendono sicura; è capace di mantenere
equilibrio tra la propria aspirazione e gli ostacoli che vengono dall’ambiente, tipico del
Rinascimento.
• L’uomo eterodiretto: è guidato dall’opinione dei suoi contemporanei e quindi possiede una
personalità variabile che si adatta alle mode e alle idee, tipico della classe media delle città.

Nella società moderna più che di personalità modale si parla di pluralità di personalità modali che
mettono in crisi il principio di uniformità e una lettura conformistica della socializzazione.
Gallino individua quattro tipi di personalità:
• adattivo: sviluppa un interscambio con l’ambiente,
• acquisitivo: sviluppa una tensione verso uno scopo trascurando gli altri,
• integrativo: ricerca l’equilibrio per la sua personalità e quindi difende la sua integrità
personale,
• idealista: vincola il raggiungimento di uno scopo al rispetto di principi e valori.

TEORIE DELL’IDENTITÀ
Personalità ed identità non sono tuttavia sinonimi, al contrario l’identità è un concetto
polisignificante, si parla di identità personale, sociale, collettiva, di gruppo e solo di recente
diventata un concetto sociologico a tutti gli effetti dal momento che ci si interroga sul rapporto
individuo-società

La permanenza nel tempo: fa riferimento ad L’unità: definisce la compattezza interna e i


una continuità temporale del soggetto confini di un soggetto rispetto al mondo esterno

I caratteri portanti del


concetto identità di sono:

La relazionalità: l’identità non è un concetto


La riflessività: cioè il movimento di
immediato, bensì il risultato di un processo
riconoscimento di sé a sé da parte
sociale, attraverso l’identificazione dell’altro-
del soggetto e la sua capacità di
da-sé, attraverso la scoperta dell’alterità, il
pensarsi “in quanto oggetto”.
soggetto definisce la propria identità.
33

Una distinzione che viene fatta è tra:


Pag.

Identità personale: è il sé del soggetto


Identità sociale: è una componente del sé, la parte sociale e socializzata del soggetto. Elena Di Leo
Dunque, l’identità si presenta come un’articolazione di componenti individuali e collettive.
Il problema centrale riferito all’identità riguarda la capacità dell’io di mantenere la propria
unitarietà e la propria continuità nonostante i continui processi di cambiamento.
È possibile rinvenire tre concezioni dell’identità, quella del funzionalismo (Parsons),
conflittualismo e quella dell’interazionismo simbolico.

Modello integrazionista
La socializzazione contribuisce a formare un’identità sostanziale un’identità forte
Identità e realizzativa che si mantiene stabile nel tempo ed è radicata attorno ad un
modello culturale e normativo di riferimento.

Integrazione Il rapporto alter-ego è funzionale a realizzare la complementarietà delle


aspettative e l’integrazione appare come l’esito di questa complementarietà.

L’alterità è considerata come una minaccia pertanto deve essere assimilata,


allontanata o negata.
Alterità Per Parsons l’identità è una componente fondamentale della personalità perché
contribuisce al mantenimento del modello, cioè di quegli orientamenti di valore
fondamentali, interiorizzati dal soggetto.

Modello conflittualista
Nella matrice marxista la socializzazione contribuisce a creare un’identità
collettiva basata su fattori ascritti, posizioni sociali, status e capitale sociale
rispetto a cui l’identità individuale è succube. Ciò mette in evidenza lo sviluppo di
Identità identità settoriali diverse tra loro e legate al tipo di ricchezza, potere,
appartenenza di classe.
Nella matrice weberiana l’identità è una costruzione personale all’interno di
traiettorie sociali conflittuali e possibilità diversamente distribuite.

Alterità Nel primo caso la diversità è riconosciuta come fattore strutturale, ma spesso
viene negata o marginalizzata.

Integrazione Nella relazione alter-ego la complementarietà si esprime come relazione dialettica


spesso antitetica e l’integrazione che ne consegue è anch’essa settoriale.

Modello interazionista-fenomenologico-comunicativo
Nel definire la socializzazione uno spazio rilevante è occupato dall’interazionismo simbolico.
Mead distingue due componenti fondamentali del sé:

il me: corrisponde
all’interiorizzazione l’io: si riferisce
degli atteggiamenti alla parte
degli altri ed è dinamica e
pertanto la parte creatrice del
34

socializzata soggetto.
dell’individuo.
Pag.

Elena Di Leo
L’identità si costruisce attraverso un processo dialettico, comunicativo tra il me e l’io, dove cade
la prevedibilità, in quanto il soggetto può anche prendere le distanze e rifiutare i modelli
generalmente condivisi.

Nella costruzione del sé un ruolo importante è costituito dal gioco, egli distingue due fasi:

il gioco
spontaneo Il passaggio dall’uno all’altro
play segna l’accettazione delle regole
e quindi l’assunzione del
comportamento altrui, vuol dire
che un soggetto è pronto a
costruire l’altro generalizzato
ovvero interiorizzare le norme e i
il gioco valori della società a cui
con appartiene.
regole,
game

gli esseri umani si comportano verso qualcosa in base


Ancor più rilevante per
al significato che danno a quella cosa
comprendere come avviene la
costruzione del sé è il contributo
i significati sono un prodotto dell’interazione sociale
di Blumer, che si basa su
che avviene nella società
tre premesse:
i significati sono modificati attraverso un processo
interpretativo messo in atto da ogni individuo

Centrale risulta il rapporto tra individuo e società e il concetto di comunicazione che si poggia su:
• linguaggio: rappresenta la base per assegnare significato al mondo circostante
• la capacità dell’individuo di diventare oggetto a sè stesso: è un processo circolare in cui si
attua una identificazione per differenza tra un alter e un ego, dove l’alter costituisce il
riferimento mediante il quale uscire da sé stessi e collocarsi dal suo punto di vista e quindi
guardarsi come oggetto. Il sé si rappresenta, dunque, un’esperienza mediata dagli altri.
In questa prospettiva la complementarietà si presenta come discorsiva, un processo di intesa e
riconoscimento dell’altro con pari dignità, nonché come risorsa per la crescita e la realizzazione del
sé. L’interazione non è un processo prevedibile, ma viene costruita e ricostruita continuamente
nel corso delle interazioni sociali.

Goffman sottolinea proprio nell’interazione la possibile presa di distanza da rappresentazioni


fornite al sé, ma che il sé non intende assumere e condividere.
Questa processualità per Turner rappresenta una vera e propria discontinuità tra concezione del
sé (identità) e immagine di sé, che porta ad una tensione tra l’io e il me.
In sostanza, il concetto di identità che emerge da questo paradigma è aperta, flessibile, multipla.
35
Pag.

Elena Di Leo
SOCIALIZZAZIONE, DEVIANZA E CONTROLLO SOCIALE
A partire dalle due grandi rivoluzioni di fine 1700 si è venuto a costituire un nuovo modello
società moderna in cui lo spazio sociale è uno spazio gestito e controllato affinché le spinte
individualistiche di autonomia non producano esiti distruttivi per la società.

Essa interviene circondando i soggetti di reti istituzionali e


agenzie di socializzazione che definiscono valori e norme, ma
anche attraverso una strutturazione della vita quotidiana,
organizzata attorno a pratiche, routines e regole.
La modernità societaria è culminata nell’attuale crisi legata ai processi di globalizzazione, con una
caduta delle tradizionali coordinate spazio-temporali e all’avvento dei media.

La problematizzazione del rapporto


tradizionale tra società ed educazione ha
portato a probelmatizzare anche il modo di
intendere la devianza e il controllo sociale.

L’approccio funzionalista (Parsons) alla Il conflittualismo nelle due matrici e


socializzazione è stato oggetto di critiche, in l’interazionismo simbolico propendono per
quanto essa si articola attorno al concetto una visione diversa, in quanto non
di conformità e qualora nella società ci considerano come unico criterio di riferimento
siano comportamenti non conformi, questi quello della conformità e quindi non hanno
vengono considerati devianti. una visione ultra-socializzata dell’uomo.

Nella visione ultra-socializzata viene trascurato il fatto che l’individuo non si annulla nella società,
ma al contrario contribuisce in modo attivo alla sua costruzione.

Per controllo sociale si intende l’insieme più o meno


organizzato delle reazioni formali o informali, coercitive o
persuasive messe in atto nei confronti del comportamento
individuale o collettivo ritenuto deviante e dirette a stabilire
Cesareo contribuisce a rifondare e mantenere l’ordine sociale.
il concetto di devianza e
controllo sociale legando Bisogna abbandonare l’idea che la devianza sia la violazione
strettamente i due concetti: di regole e i devianti coloro violano queste regole. Poiché
come Berger e Luckmann sottolineano nella società
moderna emergono una molteplicità di comportamenti non
conformisti nel conseguimento della propria identità, più
alternative come risultato del processo di socializzazione,
quindi sarebbe un errore far coincidere tout court il
36

comportamento non conformista con quello deviante.


Pag.

Elena Di Leo
Il non conformismo è
considerato da Merton come
ribellione che porta gli uomini
fuori dalla struttura sociale che
li circonda, a cercare in modo Il deviante opera in genere in modo
aperto di formare una nuova nascosto, per non essere scoperto,
struttura sociale. ma soprattutto non mette in
discussione le norme sociali che viola.

Il non conformismo come la devianza sono problematiche strettamente connesse all’educazione,


in quanto si affermano sempre più tematiche come il bullismo nelle scuole, la tossicodipendenza,
la microcriminalità, che generano una riflessione su quella che viene nominata socializzazione
normativa. Ci si chiede come e perché si rispettano le norme e il quadro che ne emerge è
ambivalente, perché è cresciuta la sensibilità attorno all’educazione alla legalità, ma i giovani
esprimono il bisogno di avere un adulto significativo di riferimento in grado di mostrare coerenza
nel rispetto delle regole.

IDENTITÀ, LIBERTÀ, RESPONSABILITÀ

Di fronte all’interrogativo iniziare: come è possibile la


convivenza sociale in presenza di soggetti che esprimono
identità molteplici e un riferimento normativo discontinuo?

per concepire un modo diverso di


Prima di tutto bisogna discostarsi
costruire la solidarietà e la convivenza
dai diversi modelli teorici centrati o
sociale, basata sulla stabile reciprocità tra
sul consenso o sul conflitto,
strutture sociali e soggettività.

Le considerazioni sulla devianza e il controllo sociale portano a ricollocare l’identità all’interno


delle dinamiche sociali, considerandola un esercizio della propria libertà personale.
Richiamando la connaturata ambivalenza che caratterizza il rapporto individuo-società, le visioni
più recenti propendono per un soggetto totalmente autoreferenziale che non può in alcun modo
dipendere dalla società. Ogni teoria dell’integrazione sociale risulta inconciliabile.

Questa esasperazione dell’individualismo, di un sé fluido e multiforme,


37

che sceglie di volta in volta le identificazioni da assumere porta ad una


Pag.

concezione nascisistica dell’esistenza e alla dissoluzione dell’io.


Elena Di Leo
Per uscire da questa situazione paralizzante bisogna ripensare l’identità come spazio, campo di
possibilità e di limiti, come capacità di porre apertura e chiusura al tempo stesso, riconoscendo la
necessità “dell’essere con”, ma anche “dell’autonomia riflessiva dell’io”.

Enfatizza la dimensione narrativa come dimensione nella quale si costruisce il


sé. Noi riusciamo ad essere agenti sociali nel momento in cui usciamo dalla
Ricoeur
caratterizzazione individuale e iniziamo un percorso narrativo vedendoci come
altro da me. Uscire da sé.

l’incertezza e l’ambivalenza generate dalla


Anche Bauman riprende la questione
diversità degli esseri umani rappresentano lo
dell’individualità in relazione ai
spazio in cui mostrare la propria libertà e di
concetti di libertà e responsabilità:
conseguenza fare scelte responsabili.

Partendo dal concetto di identità dinamica, anche l’integrazione sociale non si caratterizza più
come forma a priori, ma come processo di attribuzione di senso in base alla propria autonomia e
reciprocità, attraverso un processo dialettico tra libertà individuale e legame sociale con le
istituzioni.

Si può avanzare l’ipotesi di un modello di socializzazione e di identità all’insegna della

ricomposizione

intesa come abbandono delle tradizionali dicotomie, conflitto/consenso, macro/micro, per


accettare il dualismo analitico, di analisi della realtà sociale e l’ambivalenza strutturale della
realtà contemporanea.
38
Pag.

Elena Di Leo
DISUGUAGLIANZE E DIFFERENZE NEI PROCESSI EDUCATIVI (cap5)

LA PRODUZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE SOCIALI


L’uguaglianza delle opportunità di fronte all’istruzione è uno dei temi centrali nell’ambito della
riflessione e della ricerca in sociologia dell’educazione, in quanto si presenta come problema.
Di fatto l’istruzione si configura come un’esigenza espressa da un lato dal mercato del lavoro e
delle professioni e dall’altro da gruppi sempre più ampi della popolazione, che porta a riflettere
sul tema del credenzialismo, con il quale si intende il monopolio dell’accesso alle professioni più
remunerative e alle maggiori opportunità economiche da parte dei detentori di lauree e
certificati. Di conseguenza, anche l’istruzione diventa fonte di disparità, come altri beni, che
naturalmente è connesso al tema della disuguaglianza.

Paolo Ceri afferma che le disuguaglianze sociali consistono nel trattamento


differenziale attribuito agli individui in base ad una valutazione sociale di
caratteristiche considerate quali diversità.

Si comprende quindi, come ogni differenza diventa ineguaglianza nel momento in cui è tradotta
in termini di vantaggi e di svantaggi rispetto a una scala di valutazione. Le disuguaglianze hanno
quindi direttamente a che fare con le con le differenze sociali, che normalmente dovrebbero
essere considerate come attributi di un soggetto, ma in realtà le si valuta come positive o
negative.

Per giungere a definire i concetti di diversità, differenza, disuguaglianza, Ceri opera distinzioni
importanti tra:

caratteristiche caratteristiche caratteristiche caratteristiche non


naturali sociali ordinabili ordinabili
come il sesso, la come il reddito, il si possono mettere in non son
forza fisica, l’età titolo di studio, il ordine lungo una scala gerarchizzabili come il
rendimento di importanza come il carattere delle
scolastico, la reddito o il grado di persone, il sesso, la
professione scolarità raggiunto nazionalità

Rispetto a quest’ultimo criterio, Ceri elabora due tipologie di caratteristiche a cui sono applicate
le disuguaglianze:
• diversità, le disuguaglianze vengono riferite a caratteristiche aventi natura qualitativa. In
teoria gli individui sarebbero confrontabili solo in termini uguale o diverso, tuttavia, nel
corso dei processi di confronto e valutazione queste caratteristiche naturali o sociali non
ordinabili, di natura qualitativa, ricevono un giudizio, di conseguenza anche gli individui, in
modo discriminante vengono ordinati in termini di maggiore/minore.
39

• differenze, di per sé sono graduabili, dunque un soggetto può essere ordinato rispetto ad
Pag.

un altro in termini di in maggiore/minore e quindi facilmente si producono disuguaglianze.


Elena Di Leo
Pertanto, le disuguaglianze più vistose e ingiuste sembrano essere proprio quelle che nascono a
partire dalle diversità.

Le disuguaglianze sociali sono il risultato di un


confronto e di una valutazione tra i soggetti rispetto
a qualche aspetto o oggetto della realtà; pertanto,
la disuguaglianza è un concetto relazionale, esse
nascono dal confronto tra persone.

L’uguaglianza delle opportunità non vuol dire contenere le


Alla luce di ciò è necessario
differenze. In realtà, al concetto di uguaglianza di oppone
chiarire alcuni termini:
quello di disuguaglianza, mentre il concetto di differenza ha
come suo opposto quello di somiglianza.

CONCEZIONI DELL’UGUAGLIANZA DELLE OPPORTUNITÀ EDUCATIVE


Due sono le concezioni principali della società ugualitaria, connesse a due concezioni
contrapposte della stratificazione sociale, principali forme di differenziazione e di
disuguaglianza tra i gruppi e tra gli individui

Una prima concezione


La seconda concezione
definisce l’uguaglianza come
esprime un’idea di
uguali possibilità di accesso
uguaglianza sostanziale,
per tutti alle risorse sociali e a
quindi un accesso a posizioni
posizioni di potere e di
uguali.
prestigio.

L’idea di un’uguaglianza formale di matrice La concezione dell’uguaglianza in termini


funzionalista porta a concepire la stratificazione sostanziali, che persegue l’obiettivo
sociale come un continuum di posizioni dell’abolizione di qualsiasi elemento
differenziate (strati o ranghi), occupate dagli discriminante fra i gruppi e gli individui,
individui in relazione alle loro motivazioni, porta a una visione della stratificazione
capacità, competenze, quindi indipendentemente sociale di tipo conflittuale e, nella versione
dalla loro origine familiare, intesa come status marxista, a uno schema dicotomico, legato
ascritto. Al centro è posto l’individuo e sul suo all’individuazione di due classi
percorso di vita dettato dalle doti e dalle contrapposte. La mobilità sociale, in
aspirazioni, in un’ottica meritocratica. La mobilità questa prospettiva è concepita come un
40

è di tipo individuale, riguarda il conseguimento di processo collettivo di emancipazione da


Pag.

status, con una rilevanza dell’elemento della una condizione subalterna comune.
Elena Di Leo
competitività interindividuale.
Tra queste due concezioni opposte della stratificazione sociale, è possibile considerare una
posizione intermedia, quella di Weber, per il quale la stratificazione sociale è il risultato di una
pluralità di fattori (approccio multidimensionale) che contribuiscono a definire i mutevoli rapporti
tra gli individui e tra i gruppi, rapporti che si caratterizzano in termini di lotta per accedere alle
posizioni di potere. La teoria weberiana della stratificazione sociale sviluppa un’idea della
distribuzione sociale delle posizioni e del prestigio legata sia all’agire individuale sia
all’aggregazione di individui e alla rilevanza di concetti come quello di classe, di ceto, di potere.

Le posizioni riguardo alla Nel funzionalismo (educational attainment) =


concezione della stratificazione uguali opportunità di accesso
sociale portano a considerare
diversamente il
tema dell’uguaglianza delle Nel conflittualismo (educational achievement) =
uguali opportunità di riuscita
opportunità educative

Brint, considerando gli studi sulle opportunità educative distingue tra:


• teorie di meritocrazia, riferendosi alla concezione funzionalista. L’idea di meritocrazia
prevederebbe che la gente al vertice della struttura lavorativa sia quella più dotata
intellettualmente, quella più capace sul lavoro e che sia della più svariata estrazione
sociale. Spesso le teorie di impostazione meritocratica spesso si trovano a dover fare i conti
con la perdita di capitale umano.
• teorie della riproduzione culturale secondo cui lo status è il fattore più importante nel
definire gli esiti scolatici, derivante dal filone marxista.

Brint preferisce integrare le due teorie salvando il principio meritocratico, ma compensandolo


con una grande attenzione al sostegno e alla valorizzazione del talento, con interventi volti ad
41

attenuare innanzitutto le disuguaglianze economiche.


Pag.

Elena Di Leo
Il concetto di uguaglianza delle opportunità educative ha subito un’evoluzione nel tempo:
• Nella società preindustriale, il problema non si poneva poiché il centro della produzione
economica e dell’educazione dei figli era la famiglia
• Con la rivoluzione industriale nasce il problema della scolarizzazione di base per tutti, ma
allo stesso tempo si crea un sistema scolastico a due vie, dove un canale è percorribile da
tutti, ma in genere senza sbocchi verso la scuola superiore, mentre l’altro viene riservato
alla formazione dei gruppi dirigenti.
• Successivamente, si fa strada una concezione egualitaria, espressione delle ideologie
liberali e socialiste e il concetto di uguaglianza delle opportunità educative viene sempre
più inteso come uguale possibilità di fruire di un determinato percorso.

I DILEMMI DEI SISTEMI D’ISTRUZIONE: TRA ACCESSO, SELEZIONE E RIUSCITA


In relazione al tema dell’uguaglianza di opportunità educative in termini di accesso e di riuscita, i si
sono dovuti affrontare alcuni dilemmi soprattutto in sede di politica:

Socializzazione/selezione

Privilegiare il ruolo di socializzazione della Operare una forte selezione in funzione della
scuola vuol dire accogliere il massimo numero formazione della futura classe dirigente e
possibile di allievi, in un’ottica di integrazione. dello sviluppo del mercato delle professioni.

Parlando in termini di leggi, la riforma Gentile del 1923 è ritenuta una svolta nel senso di chiusura
del sistema scolastico; mentre l’istituzione della scuola media unica e obbligatoria con la legge 31
dicembre 1962, n. 1859 sancisce formalmente una maggiore apertura del sistema scolastico
italiano. Questa legge segna il passaggio da una scuola d’élite a una di massa, soprattutto perché
cade l’ordinamento a doppio binario vigente fino ad allora scuola media/ secondaria di
avviamento professionale.

Uguaglianza/selezione.

La scuola di massa fa esplodere il problema A fronte delle istanze egualitarie, ci si interroga


dell’uguaglianza delle opportunità di fronte su quali siano i criteri di selezione da adottare, in
all’istruzione non più nei termini di relazione a un cambiamento dell’utenza e delle
opportunità di accesso, bensì come finalità della scuola, ma ci si chiede anche quale
opportunità di riuscita. sia il senso della funzione di selezione.

Nel corso degli anni ‘60 emerge il concetto di diritto allo studio come diritto inalienabile di
ciascuno all’istruzione e alla formazione
42

Il dilemma riguarda l’uguaglianza/differenza. Se ne parlerà nel paragrafo conclusivo.


Pag.

Elena Di Leo
LE DETERMINANTI DELLA RIUSCITA SCOLASTICA
In termini di riuscita scolastica determinante è il legame con l’origine sociale, tale legame fu
approfondito tra gli anni ’50 e ’60 portando all’elaborazione della teoria della deprivazione
culturale (o teoria del deficit).
I giovani provenienti dalle classi sociali inferiori hanno un basso rendimento
negli studi, perché la famiglia non fornisce loro né valori, né le capacità
linguistiche necessarie e neppure gli orientamenti che la scuola invece richiede.

il linguaggio formale
Bernstein evidenzia come il (elaborato), tipico degli
linguaggio abbia una particolare appartenenti agli strati
rilevanza rispetto al concetto di sociali medi e superiori
deprivazione culturale e vari in
base alle relazioni sociali
il linguaggio pubblico
all’interno dei diversi gruppi. (ristretto), tipico invece
Egli evidenzia una differenza tra: degli appartenenti agli
strati sociali inferiori.

Negli Stati Uniti e in Europa, si è diffuso il modello di educazione compensatoria, che poggiava
sulla convinzione che fosse possibile rimuovere i fattori ascritti, intervenendo per rendere meno
influenti le cause esterne alla scuola. Tuttavia, le risorse finanziarie investite in tali programmi non
hanno conseguito i risultati attesi.

Per quanto riguarda l’origine sociale, dagli anni ‘60 in poi appare sempre più evidente come la
riuscita scolastica sia strettamente legata a orientamenti positivi verso la scuola, a motivazioni
forti verso il successo, ciò che Parsons metteva definiva come need for achievement, che viene
sviluppato nel corso della socializzazione primaria, e quindi in ambito familiare.
L’achievement, però, risulta essere una categoria discriminante messa in atto dalla scuola, in
quanto premia determinate prestazioni, differenziando i soggetti a vari livelli di riuscita che, in
futuro, corrisponderanno a una distribuzione diversificata di ruoli e di posizioni sociali.
Due sono le componenti principali dell’achievement secondo Parsons:
• la prima costituita dall’apprendimento più propriamente cognitivo delle informazioni,
• la seconda componente può essere definita morale e quindi fa riferimento al
comportamento, alle sue regole di buona educazione.
Parsons nota come, nella scuola elementare, queste due componenti non siano differenziate,
tanto che l’allievo è valutato in base a una fusione delle componenti morale e cognitiva.
I migliori achievers sono pertanto gli alunni più intelligenti e allo stesso i più responsabili, quelli
che si comportano bene e corrispondono alle aspettative poste dall’insegnante in quanto agente
della socializzazione adulta.
43
Pag.

Elena Di Leo
Se, per Parsons, questa distinzione degli allievi costituisce un fatto positivo, in quanto la scuola, è
terreno per testare le attitudini e gli orientamenti per una differenziazione dei futuri ruoli
occupazionali, altri autori mettono invece in evidenza come la selezione scolastica operi a favore
di chi è già avvantaggiato.

Alla teoria della deprivazione culturale e dell’ottimismo egualitario della teoria funzionalista, si
contrappongono un insieme di teorizzazioni, che comprendono i sostenitori della teoria della
differenziazione culturale e i teorici della riproduzione sociale e culturale dai quali provengono
molti stimoli a riflettere sul peso dell’ambiente sociale e culturale d’origine sulla riuscita scolastica.
capitale culturale, è l’insieme dei beni
simbolici, delle buone maniere, dello stile di
vita, del buon gusto oltre che dalle informazioni
e conoscenze trasmessi dalle agenzie educative,
Bourdieu individua due in primo luogo la famiglia. Il capitale culturale
concetti fondamentali delinea un habitus, che finisce con l’essere a
per dimostrare come la tutti gli effetti un prodotto dell’appartenenza a
scuola ignora le un determinato gruppo o classe sociale. Il
disuguaglianze di capitale culturale determina anche un capitale
partenza degli allievi e sociale, ovvero l’insieme di relazioni e il
in questo modo non posizionamento all’interno di una fascia sociale.
faccia altro che
riprodurre le
disuguaglianze sociali ethos di classe, è costituito dall’insieme dei
esistenti: valori di riferimento, che contribuiscono a
definire anche gli atteggiamenti verso la scuola
e la cultura scolastica e quindi l’interesse, la
motivazione all’apprendimento e alla frequenza
scolastica.

Capitale culturale ed ethos formano l’eredità culturale di ciascun allievo.


Bourdieu afferma che gli insegnanti, ignorando le differenze, tendono a trattare tutti i discenti
come uguali nei diritti e nei doveri, e così facendo sanciscono le disuguaglianze iniziali di fronte
alla cultura trasformano il privilegio in merito.
Le tesi di Bourdieu e dei suoi collaboratori, pur essendo state utili a comprendere i meccanismi di
riproduzione della cultura e dei privilegi, sono state ritenute improntate a un forte determinismo,
rispetto al quale non sembra più possibile avanzare alcuna proposta che vada nella direzione di
politiche educative maggiormente attente a questi meccanismi riproduttivi.

Per uscire da questo determinismo considera anche l’agire dell’individuo che


Boudon
trovandosi di fronte ad un bivio deve compiere delle scelte determinanti
all’interno della teoria della scelta scolastica, delineando una dialettica tra
funzionamento dei meccanismi sociali e aspettative individuali.

La classe sociale o status d’origine, anche alla luce degli studi più recenti continua a essere una
44

divisione costante. Non sono cambiate le influenze delle classi sociali di origine delle opportunità
di ottenere titoli di studio superiori anche se il sistema formativo rappresenta quello che fa
Pag.

Elena Di Leo
registrare i più incisivi miglioramenti delle condizioni di vita delle generazioni che si sono
susseguite nel corso del secolo.

GENERE APPARTENENZA ETNICA


Dall’Ottocento ai giorni nostri sono
Anche se molti studi hanno tentato di
cambiate le situazioni:
Genere
evidenziare quanto essa possa influire
le donne dei paesi occidentali
sull’istruzione e sulla riuscita scolastica,
industrializzati sono arrivate a ottenere la
sono troppe le variabili da considerare:
piena scolarizzazione e l’accesso
diverse etnie, ma anche differenze
all’istruzione nei gradi più elevati. Le
all’interno di uno stesso gruppo etnico,
ragazze, anche nel nostro paese, hanno
ma anche altri elementi come la
ormai raggiunto i maschi sia nei tassi di
propensione all’integrazione o
passaggio dalle medie alle superiori sia
all’esclusione, o i vantaggi relativi, di
negli accessi all’università.
vario genere, da quelli economici a
La loro riuscita scolastica è di solito
quelli della conoscenza linguistica o della
migliore di quella dei maschi, almeno fino ai
maggiore vicinanza culturale.
livelli universitari. Tuttavia, permangono,
stereotipi e forme di segregazione
Brint definisce l’etnia un criterio di
formativa ben visibili nelle scelte degli
divisione variabile, che in alcuni casi si
indirizzi delle facoltà universitarie. rivela essere più importante della classe
sociale, mentre in altri è del tutto
In generale, il genere nei paesi marginale. Le problematiche riguardanti il
industrializzati rappresenta un fattore di legame tra appartenenza etnica e
divisione in declino, tuttavia, nei paesi in istruzione sono scemate in virtù di una
via di sviluppo, l’esclusione delle donne sempre maggiore presenza di una
dall’istruzione è ancora un dato reale e popolazione con cittadinanza non italiana
costante. nel nostro paese.

GLI ESITI DELLA SELEZIONE: LA DISPERSIONE SCOLASTICA

Quel fenomeno che riassume


Un indicatore
l’insieme delle bocciature, delle
importante della
ripetenze e degli abbandoni, che
funzione di
descrive la discontinuità dei
selezione scolastica
percorsi in termini di ritardi,
è rappresentato
rallentamenti, uscite anticipate
dalla dispersione
rispetto alla regolarità prevista
scolastica
dagli ordinamenti e dai curricoli.

La dispersione scolastica mette in luce l’insuccesso scolastico, alcuni considerano questo


fenomeno fisiologico, ovvero sarebbe normale per la scuola perdere dei soggetti lungo il
percorso, proprio per il fatto che la scuola chiede prestazioni in ordine alla riuscita scolastica e non
45

tutti sono in grado di raggiungere gli stessi risultati, ma anche di conseguire i livelli minimi
Pag.

richiesti.
Elena Di Leo
Questa concezione dell’insuccesso scolastico riassume una posizione meritocratica che non può
essere analizzata solo in modo quantitativo e oggettivo, misurandone la consistenza, ma deve
necessariamente essere analizzata nella sua dimensione qualitativa, ovvero considerando il
singolo soggetto, il sistema di relazioni, l’impegno, la motivazione.
In ogni caso, la dispersione scolastica è un indicatore della qualità del sistema di istruzione in
termini di efficacia e di efficienza e quindi del “prodotto” in uscita dal sistema. Rappresenta un
indicatore di disuguaglianza nella distribuzione e nell’appropriazione di chances educative.

La dispersione scolastica è un fenomeno che si trasforma nel tempo, presentando caratteristiche


e problematiche diverse. È possibile individuare tre periodi a partire dagli anni ’60:
1. Dalla metà degli anni ’60 alla metà degli anni ’80.
La questione principale è quella dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, partendo da una
popolazione priva di istruzione elementare e con tassi di scolarizzazione nella scuola bassi,
si raggiunge la piena scolarizzazione della popolazione nella fascia d’età 6-14 anni.

2. Dalla seconda metà degli anni ’80 fino alla fine degli anni ’90.
Al problema diventa quello della possibilità di permanenza nel sistema di istruzione e
quindi del prolungamento degli studi e del conseguimento di titoli di studio più elevati.
Infatti, all’aumento dei tassi di scolarizzazione si accompagna il persistere delle bocciature
e quindi delle ripetenze tanto nella scuola media inferiore quanto nella scuola secondaria
superiore.

Si registra, quindi, uno spostamento della selezione (selezione differita) verso la scuola
media e la secondaria superiore. Bocciature e ripetenze tendono a presentarsi soprattutto
all’inizio di ogni ciclo scolastico, soprattutto a causa delle differenze di contenuti e metodi
di insegnamento tra un ciclo e l’altro, soprattutto nella secondaria di II grado.
Un problema rilevante è quello dell’abbandono, cioè dell’interruzione senza ripresa
successiva del ciclo di studi, i cosiddetti drop out sono un fenomeno che accompagna il
processo di scolarizzazione in Italia, soprattutto con l’innalzamento dell’obbligo a 14 anni.
Degli anni ’80 e in maniera più evidente negli anni ‘90, il calo di abbandoni nella scuola
media in relazione ad una serie di fattori come l’investimento e l’impegno da parte del
ministero e degli insegnanti per fronteggiare l’insuccesso scolastico in generale e, nello
specifico, il fenomeno dell’evasione scolastica soprattutto durante la scuola dell’obbligo.
Infatti, agli inizi degli anni ’90 si impostano le linee operative di contrasto nella dispersione
scolastica.
46
Pag.

Elena Di Leo
la percentuale di abbandoni più elevati
si registrava in prima e in seconda
gli insegnanti media ed è in seconda che avveniva
tendevano spesso a l’abbandono in concomitanza con ragazzi e ragazze
collocare le cause l’assolvimento dell’obbligo scolastico ai intervistati hanno
dell’insuccesso nel 14 anni spesso un curricolo
ragazzo, nella sua caratterizzato da un
famiglia o nelle Nelle ricerche sociologiche marcato insuccesso
strutture scolastiche: condotte negli anni ’80, volte (insufficienze,
difficilmente coglievano ad evidenziare i motivi bocciature,
la distanza esistente tra dell’abbandono si possono ripetenze)
l’allievo in difficoltà e delineare alcuni tratti la situazione
le prestazioni ricorrenti del fenomeno nella socioculturale familiare
scolastiche richieste. scuola secondaria di I grado e di questi ragazzi denota
che mantengono tuttora una spesso una povertà
loro significatività: culturale con carenze
una motivazione diffusa è il
senso di inadeguatezza e anche a livello di
quindi sfiducia circa le scolarizzazione dei
proprie possibilità di trarre il fenomeno genitori. Alla povertà
frutto dalla frequenza dell’abbandono tocca, culturale spesso si
scolastica; anche oggi, più i maschi associa anche una
delle femmine; povertà materiale;

L’abbandono nel corso degli studi, così come bocciature e ripetenze, presentano una
diversificazione territoriale; ma anche rispetto al genere si osserva una differenza significativa e
costante nel tempo: in generale,
• l’insuccesso scolastico è più elevato tra i maschi che affrontano percorsi discontinui,
rispetto alle femmine.
• questa disomogeneità delle carriere scolastiche tra maschi e femmine si ripercuote anche
nei percorsi successivi, nei tassi di passaggio all’università o nel conseguimento della
laurea.
Un ulteriore differenza di rilievo si coglie anche rispetto ai diversi indirizzi della scuola secondaria
superiore, con un tasso di insuccesso molto più elevato negli istituti tecnici e professionali e
nell’istruzione artistica rispetto ai licei, con una diversificazione tra maschi e femmine al loro interno.

al processo
di scelta il desiderio
dello di rendersi
studente indipendenti
Riguardo alle cause che a livello
conducono all’insuccesso economico
scolastico e quindi spesso il disagio e la
all’abbandono, nella scuola disaffezione
secondaria superiore lo verso
status sociale d’origine l’ambiente
risulta importante, ma scolastico
meno determinante, in l’accorgersi di
47

quanto assumono maggiore aver sbagliato


incidenza fattori legati scelta, la
Pag.

alla maturazione di
demotivazion un rifiuto verso Elena Di Leo
e verso lo la scuola
studio
Molte ricerche confermano come la scelta della scuola secondaria superiore dipende in larga
misura dall’origine sociale, a scegliere istituti professionali è soprattutto un’utenza proveniente da
status sociali bassi.

3. Ultimo decennio degli anni ’90 e i primi quindici anni del 2000.
Maggiore attenzione nelle politiche scolastiche alla
Questione del successo conoscenza dei processi e dei meccanismi che ostacolano la
formativo della qualità in riuscita, con la definizione di un diritto-dovere alla
termini di efficacia del sistema formazione esteso fino ai 18 anni di età, sancito a livello
d’istruzione e formazione legislativo, dapprima nella riforma Berlinguer sul riordino
dei cicli e successivamente con la Riforma Moratti.

A partire dagli anni duemila cambia il modo di considerare la dispersione scolastica non più un
fenomeno esclusivamente individuale, bensì legato in modo evidente alle condizioni contestuali
(materiali, culturali, psicologiche, relazionali) che lo producono.
Al centro viene posto il successo formativo svincolandolo dalla mera riuscita scolastica, ma
considerando esso come occasione formativa, che consente lo sviluppo di doti e capacità e la
realizzazione del capitale umano del soggetto.
In questa prospettiva, acquista valore il cosiddetto apprendimento non formale (no schooling)
che avviene fuori dalla scuola, per esempio nei luoghi di lavoro, così come quello informale, tipico
della vita quotidiana.
L’analisi della dispersione scolastica si sposta decisamente ai livelli più alti della scolarizzazione,
quello del conseguimento del diploma.

La messa a tema del successo formativo e della qualità dei sistemi di istruzione ha una
collocazione ampia in ambito europeo.
Il rapporto dell’UNESCO della Commissione internazionale
sull’educazione per il 21°secolo (Delors) mette al centro
l’educazione quale nodo critico e motore per la convivenza
democratica e la coesione sociale, per lo sviluppo economico, in
dimensione mondiale, per lo sviluppo umano e sociale.

Si sviluppa la necessità di condurre una valutazione dei


sistemi educativi, con un loro confronto periodico, per
esempio attraverso prove standardizzate come quelle
dell’OCSE/PISA, PIRLS, o, sul piano nazionale, le prove INVALSI.
Queste comparazioni hanno fatto emergere il ritardo
dell’Italia rispetto agli altri paesi, ma anche un miglioramento
progressivo negli ultimi anni.

A partire dai primi anni del duemila si registra un leggero miglioramento nei tassi di
bocciatura. Negli anni più recenti, il primo anno di corso nella secondaria di II grado si conferma
48

come il più selettivo, con una percentuale molto alta di non ammissione alla classe successiva e
abbandoni. Il mancato passaggio, come anche l’abbandono riguarda soprattutto gli studenti
Pag.

degli istituti professionali piuttosto che quelli dei licei. Questi solitamente si orientano verso
Elena Di Leo
percorsi alternativi nella formazione professionale regionale o fanno parte dei NEET.
L’ISTRUZIONE COME RISORSA E IL PROBLEMA DELLE “FASCE DEBOLI”
Per la rilevanza che ha assunto in questi ultimi anni la questione della formazione e del successo
formativo, diventa importante fermare l’attenzione sui fattori che influenzano le decisioni
scolastiche individuali, questo implica fare emergere

da un lato l’importanza che hanno dall’altro, alle istanze egualitariste


acquisito diversità e differenze irrinunciabili, che hanno portato in primo
piano il tema delle pari opportunità.

Nella società contemporanea, l’istruzione e la formazione si configurano essenzialmente come


bene o risorsa fondamentale sia per i soggetti che le posseggono e che intendono conseguire una
buona posizione sociale sia per la società, che considera cruciale la disponibilità di capitale umano
istruito per lo sviluppo dei processi di modernizzazione. L’istruzione assume quindi il carattere di
bene di investimento, più che quello di bene di consumo.
Tuttavia, solo formalmente questo bene è accessibile per tutti, ma in realtà la fruizione è
disomogenea in relazione a diversi fattori individuali e strutturali che si intrecciano per formare
scelte e strategie.
Un fattore importante nella decisione di investire in istruzione è
Risorse personali costituito dalle risorse personali, come le doti e le motivazioni, che si
intrecciano con l’ambiente e l’educazione d’origine e in seguito con lo
stesso processo di scolarizzazione.

Il background culturale e le risorse economiche familiari influenzano


Background
da un lato, la riuscita scolastica e, dall’altro, le opportunità di acquisire
culturale e le risorse
titoli di studio elevati, che si traducono nella spendibilità di tale titolo
economiche familiari
al fine di un migliore guadagno nel mondo del lavoro.

La collocazione territoriale e le condizioni del mercato del lavoro


Condizioni del locale possono rafforzare o deviare la decisione di investire in
mercato del lavoro istruzione. Il soggetto e la famiglia compiono un bilancio costi-benefici
locale tra la riuscita scolastica, le offerte dal mercato del lavoro e la
redditività del titolo di studio. La situazione italiana mostra i titoli di
studio elevati siano poco redditizi, tanto che le remunerazioni dei
laureati si rivelano spesso prossime a quelle dei lavoratori con scolarità
dell’obbligo. Di conseguenza, molti individui proveniente dalle classi
medie trovano più vantaggioso fermarsi a bassi livelli d’istruzione per
svolgere lavori poco qualificati, anziché intraprendere un lungo
periodo di studi che non consente di trovare prontamente
un’occupazione né di ottenere stipendi elevati.
49

Funzionamento Il funzionamento dell’istituzione scolastica e la sua capacità di


Pag.

dell’istituzione sostenere le scelte di investire in istruzione è un elemento spesso


scolastica trascurato. Elena Di Leo
Tutti i fattori rivelano l’esistenza di forti sperequazioni tanto nella formulazione delle scelte
quanto nella possibilità di sostenerle nel tempo, con una diversificazione dei percorsi. La
distribuzione delle risorse materiali e culturali non avviene in modo omogeneo che grava
soprattutto sulle “fasce deboli” che presentano una debole capacità di funzionamento sia nelle
scelte sia nella fruizione della formazione.

I soggetti “deboli” non esprimono una debolezza intrinseca, intesa come limitazione nelle risorse
a loro disposizione, ma bisogna considerare anche ciò che l’ambiente richiede loro in un gioco di
aspettative reciproche dei soggetti che interagiscono.
Considerare la disparità di risultati e il loro legame con variabili strutturali come il genere, l’etnia
o la zona geografica è importante, ma sicuramente non sufficiente alla comprensione delle
dinamiche che sviluppano a loro volta questi soggetti. Bisogna considerare le reali capacità di
funzionamento nello spazio educativo, non in un’ottica di tipo compensatorio o assistenzialistico,
rivolgersi alla rilevazione della diversificazione degli interessi, ma introducendo strategie e azioni
di rinforzo delle capacità di acquisizione del bene istruzione.
D’altro canto, è evidente che anche le “fasce deboli” tentano di migliorare le loro capacità di
agire a livello sociale e quindi acquisire spazi di cittadinanza, ma questi tentativi sono poco
sostenuti dalle strutture formative scolastiche ed extrascolastiche. La scuola di rado riesce ad
eliminare la povertà educativa che è spesso effetto di povertà culturale e di marginalità sociale ed
economica.

ISTRUZIONE E MOBILITÀ SOCIALE


Perché ci si occupa di mobilità sociale trattando delle disuguaglianze sociali?
Le disuguaglianze entrano in gioco nelle traiettorie di vita dei soggetti e quindi nella loro allocazione
sociale. Nelle società industriali e moderne le traiettorie di vita sono all’insegna del principio
dell’acquisività e quindi della mobilità, affinchè avvenga il passaggio da una posizione sociale
all’altra, liberandosi dalle forme ascritte originarie.
Di gruppo, che invece
Individualistico, che analizza le possibilità
considera le Gli approcci agli studi di mobilità di spostamento del
traiettorie individuali. sono: gruppo all’interno di
una classificazione.
50
Pag.

Elena Di Leo
All’interno dello studio della mobilità, si opera una distinzione importante:

Mobilità educativa Mobilità sociale

La possibilità di conseguire La possibilità di conseguire posizioni


un titolo di studio elevato sociali elevate in relazione al titolo di
in relazione alla condizione studio conseguito dal soggetto,
originaria e in particolare confrontata con la posizione sociale di
al titolo di studio del partenza, definita dalla professione e dal
padre, o dei genitori. titolo di studio del padre, o dei genitori.

Mobilità intra-generazionale Mobilità inter-generazionale

Quando si considera lo spostamento del Quando si mettono a confronto le


soggetto all’interno della sua traiettoria di posizioni di diverse generazioni nel tempo.
vita, o si confrontano i singoli percorsi
all’interno di uno stesso gruppo di soggetti.

Nella società moderna industriale, l’istruzione viene sempre più considerata quale canale che
dovrebbe consentire, la mobilità sociale, una ascesa sociale, ovvero un miglioramento della
propria posizione di partenza.
Fino agli anni ’60, anche in Italia, prevale la tesi dell’istruzione come investimento, secondo cui
l’istruzione attraverso il conseguimento di un titolo di studio elevato dovrebbe permettere il
raggiungimento di un’occupazione congruente: è questa anche la tesi funzionalista.
Lo sviluppo degli studi sulla mobilità da un lato e la crescente disoccupazione intellettuale
dall’altro, che ha fatto parlare di inflazione di titoli di studio, hanno messo in evidenza come, a
parità di titoli di studio, non si verifichi sistematicamente il conseguimento di un’uguale posizione
lavorativa. Il titolo di studio, quindi, non costituisce una garanzia di mobilità sociale per tutte le
classi sociali in modo analogo.
per ottenere lo stesso status occupazionale occorre
Boudon, nei suoi studi sul rapporto tra sostenere costi, in termini di tempo e denaro, sempre
istruzione e mobilità sociale, arriva più alti;
alla conclusione che l’istruzione non
riduce le disuguaglianze sociali, ma l’aumento della scolarizzazione, auspicata da una
anzi produce “effetti perversi”: società democratica genera inflazione dei titoli di
studio, che contribuisce a neutralizzare gli effetti
positivi sulla mobilità sociale

Il titolo di studio rappresenta una chance, una risorsa all’interno della competizione per ottenere
posizioni sociali elevate, ma non una garanzia che tale obiettivo venga conseguito.
51
Pag.

Elena Di Leo
Gli studi realizzati negli anni ’80 in Italia sul rapporto tra

Origine sociale Istruzione Occupazione

hanno evidenziato che il legame tra origine e destino sociale tende a rimanere relativamente
stabile nel tempo e che l’istruzione di massa non ha ridotto le disuguaglianze sociali.
Tra mobilità educativa e mobilità sociale esistono effetti contenuti, per cui il rendimento di una
determinata credenziale educativa si diversifica a seconda di chi la possiede.

Le classi più avvantaggiate riescono a mantenere nel tempo


la loro posizione privilegiata, anche attraverso l’istruzione
Si produce una differenziazione posseduta, che risulta essere un bene posizionale ed i
dei percorsi che crea una genitori istruiti condizionano le scelte dei figli verso un corso
di studi qualificato, mentre alle classi inferiori viene
riservata una serie di possibilità meno prestigiose.

stratificazione educativa

Al contempo, altri studi mostrano che l’espansione della scolarizzazione allarga un bene di valore a
una parte più ampia della popolazione, favorendo la crescita del capitale umano che crea negli
studenti.

IL DILEMMA CONTEMPORANEO: UGUAGLIANZA O DIFFERENZA?


L’articolazione del dibattito sulle disuguaglianze educative con il tema della mobilità sociale
attraverso l’istruzione ha portato ad approfondimenti ulteriori già a partire dagli anni Ottanta,
facendo emergere un aspetto importante, quello delle differenze in relazione all’uguaglianza.
Da una parte l’uguaglianza delle opportunità, ma dall’altra la selezione scolastica che evidenzia la
diversità dei soggetti, la loro intenzionalità e razionalità nelle scelte che compiono.

La tesi dell’approccio intenzionale, sviluppata da diversi autori tra cui Boudon, trova un riscontro
sul piano empirico nelle trasformazioni della domanda sociale di istruzione, ma in tempi recenti
la domanda è cambiata, si ricercano occasioni formative alternative rispetto a quelle offerte dal
sistema scolastico.
Si tratta di una spinta verso la differenziazione della domanda formativa causata da
mutamenti in atto nella realtà del lavoro e nel mercato delle
professioni;

graduale differenziarsi degli stessi atteggiamenti dell’utenza


nei confronti delle strutture formative;
52

enfasi sulla soggettività e sull’autorealizzazione, che porta a


Pag.

una personalizzazione degli itinerari formativi.


Elena Di Leo
Dunque, il tema della differenza dei soggetti deve essere messo in primo piano oggi, all’interno
dell’analisi del problema delle disuguaglianze, laddove i diversi approcci teorici, da quello
funzionalista a quello conflittualista, hanno appiattito o negato il tema della differenza.

Possibilità di
conseguire
Tema uguaglianza/differenza risultati scolastici
simili o omogenei
nel rispetto della
differenza

Alla luce della distinzione tra la dimensione La possibilità di conseguire risultati


delle disuguaglianze (strutturale e scolastici simili o omogenei nel rispetto
quantitativo) e la dimensione delle differenze della differenza delle singole carriere di
(individuale e qualitativo), si può ritenere di vita, una sfida soprattutto di fronte a una
essere oggi di fronte a un terzo dilemma quello popolazione scolastica eterogenea per
dell’uguaglianza/differenza, che non provenienza culturale e per diversità
sostituisce i precedenti, bensì li reinterpreta rilevanti riguardo a motivazioni,
alla luce di un nuovo nodo concettuale aspettative, requisiti per l’apprendimento.

Il tema dell’uguaglianza si sviluppa pertanto attorno ai nodi dell’accoglienza, inclusione e


partecipazione attiva e consapevole ai processi di insegnamento ed apprendimento, come
definizione di un esercizio dei diritti di cittadinanza.

Alla luce di queste riflessioni, è possibile in qualche misura distinguere il peso dei vincoli
strutturali (come origine sociale, situazione socioeconomica, situazione familiare e personale del
soggetto) dalle motivazioni soggettive, e quindi dalle intenzioni e dalle aspettative dei singoli
attori, che vanno considerati non solo come vittime di condizionamenti, bensì come soggetti in
grado di elaborare un progetto di vita, anche relativamente autonomo, rispetto alla loro
provenienza sociale e alle determinazioni ambientali. In ogni caso, in questa esplorazione delle
differenze di scelta e di comportamento, l’elemento centrale da tenere presente riguarda il fatto
che il soggetto è sempre un attore intenzionale, anche quando la teoria che interpreta il suo agire
è di tipo strutturale e quindi mette in evidenza quasi esclusivamente i meccanismi, i vincoli che lo
condizionano.
53
Pag.

Elena Di Leo
PARTE TERZA: ATTORI E AGENZIE NEI PROCESSI EDUCATIVI
Si entra maggiormente nel merito dei processi educativi, prestando attenzione alle diverse agenzie
di socializzazione e agli attori principali che in esse operano.
La famiglia, la scuola e la realtà giovanile con le sue trasformazioni degli ultimi decenni e i media
sono contesti all’interno dei quali si sviluppano processi di socializzazione in ordine ai percorsi di
crescita, di costruzione dell’identità, di integrazione sociale, di produzione di intersoggettività e di
legami sociali.

FAMIGLIA E SOCIALIZZAZIONE: L’INCONTRO DI GENERAZIONI E DI GENERE (cap6)


La riflessione sulla famiglia è finalizzata a rilevare la sua incidenza in quanto agenzia educativa.

È difficile dare una definizione del concetto di famiglia perché vorrebbe dire generalizzare
aspetti comuni, quando in realtà ogni famiglia possiede aspetti particolari. In ogni caso, la
famiglia possiede una sostanza sociale poiché è un modo di stare nella società e di viverla.
Essa rappresenta il passaggio dal privato al pubblico.

è un gruppo primario, proprio per è un’istituzione sociale poiché la vita che si


il ruolo fondamentale che svolge svolge all’interno di essa non è scandita
nella socializzazione del bambino La famiglia ha una semplicemente da norme interne definite
e per i legami emotivi profondi doppia valenza dai suoi membri, bensì la vita dei membri è
che legano tra loro i componenti regolata da modelli e comportamenti che
della famiglia; fanno riferimento ad un contesto molto più
ampio.
:

L’approccio istituzionale allo studio della famiglia è stato messo in crisi degli anni Settanta, anni di
critica contro il modello “borghese” della famiglia, la cui autorità era ritenuta una riproduzione
dell’autorità della società. Questo rappresenta un periodo spartiacque che porta a valorizzare
non tanto il legame con la società, ma le interazioni affettive tra i membri della famiglia.

Si comprende come la famiglia, al pari delle altre autorità si sia trasformata nel tempo, è
opportuno però distinguere:
• uno sviluppo lineare, che sottolinea il passaggio evoluzionistico dalla famiglia estesa
patriarcale, tipica dell’età premoderna alla famiglia ristretta, nucleare, composta dalla
coppia adulta e dai figli, mettendo in evidenza una contrazione quali-quantitativa della
famiglia stessa, fino all’ipotesi una sua dissoluzione;
• una storicità della famiglia, per cui essa assume caratteristiche diverse nelle varie epoche.
Risulta importante il passaggio dall’epoca preindustriale alla società moderna. Tale
passaggio è segnato dalla dissoluzione della famiglia patriarcale dettata
54

dall’industrializzazione. Come lo stesso Parsons sottolineava la famiglia è un’unità solidale,


la qualità di membro è una caratteristica ascritta, gran parte del lavoro patriarcale viene
Pag.

svolto nell’unità della parentela, ma l’organizzazione professionale moderna è l’opposto di


Elena Di Leo
tutto ciò.
Con l’avvento della società industriale, così come avviene per l’individuo, anche per la famiglia si
registra un processo di progressiva soggettivizzazione, visibile nella trasformazione dei rapporti
interpersonali tra marito e moglie e tra genitori e figli. Inoltre, si rileva una polarizzazione del
momento privato rispetto a quello pubblico mentre nel contesto premoderno la famiglia è sempre
stata un fatto “privato-collettivo-pubblico”.
Nasce la famiglia borghese ben descritta e difesa da Peter Berger, in quanto rappresenta un
modello per la compattezza e rassicurazione. Essa rappresenta il motore della modernità centrata
sulla separazione tra vita privata e impegno pubblico, con una cura della casa, dell’educazione dei
figli, del buon gusto e del rispetto reciproco, su una distinzione dei ruoli maschile e femminile,
entrambi valorizzati su piani diversi ma complementari. La famiglia quindi cessa di essere un punto
di riferimento e di rassicurazione per la società e per l’individuo per diventare uno spazio per il
progetto di individui.

TIPI E MODELLI DI FAMIGLIA


Esistono più forme e modelli di famiglia in base agli aspetti di funzionamento e ai compiti
assegnati alla famiglia si possono cogliere le diversità di approcci interpretativi. Il modello di
famiglia borghese rappresenta un punto di riferimento per i diversi autori. Esiste un approccio
funzionalista alla famiglia, un approccio conflittualista di matrice marxista, e un approccio
comunicativo, centrato sulla dimensione comunicativa e relazionale.

LE FUNZIONI DELLA FAMIGLIA


Secondo Parsons e Bales, nella società la socializzazione primaria dei figli
industriale il ruolo della famiglia
nucleare si restringe ma si specializza,
le funzioni che ricopre sono: la stabilizzazione delle personalità adulte
La famiglia si configura come agenzia specializzata in affetto perché le sue funzioni principalmente
riguardano gli aspetti psicologici e affettivi.
Inoltre, la famiglia che fornisce lo status ascritto al figlio, determina la sua posizione sia
• nella gerarchia familiare
• nella stratificazione sociale.
Tuttavia, nella realizzazione di un figlio, in termini di posizione sociale e occupazionale, non
bastano matrici ascritte, ma i ruoli devono essere acquisiti attraverso quell’atteggiamento
realizzativo che, secondo Parsons, la famiglia aiuta a creare.
Per il funzionalismo la famiglia riveste un ruolo primario, funzionale alla società moderna, che
richiede equilibrio emotivo da un lato, e dall’altro, liberandolo dai vincoli di parentela o di
comunità, una disponibilità al cambiamento e lo sviluppo di un atteggiamento verso l’acquisività
(achievement).
La famiglia quindi dipende dalle dinamiche storiche, macrosociali e strutturali, infatti
l’integrazione di una famiglia contribuisce a creare equilibrio all’interno della società stessa.
55

A cavallo della crisi che investe la famiglia, negli anni settanta, si è dibattuto molto sulla riduzione
Pag.

delle funzioni della famiglia che segnerebbe il declino della stessa, soprattutto come istituzione e
Elena Di Leo
luogo di riproduzione della società e dei suoi rapporti di dominio. Questa è la posizione critica del
marxismo e del neomarxismo volte a svelare le forme di dominio e di subordinazione.

Tuttavia, la famiglia supera questa crisi di delegittimazione e negli agli anni Ottanta si registra una
sua rivalutazione e quindi un riconoscimento delle funzioni che svolge in chiave
multidimensionale. È stato riduttivo relegare la famiglia alle sole funzioni affettive (superamento
del funzionalismo), infatti Donati sottolinea che la solidarietà familiare non è dettata solo da
compiti provenienti dall’esterno, ma è una risultante di vari livelli di realtà:
• livello biologico - funzioni sociali di riproduzione;
• livello psicologico - di maturazione della personalità;
• livello economico - cooperazione nei problemi adattivi;
• livello sociale - assunzione dei ruoli familiari e sociali;
• livello culturale - funzioni di integrazione culturale e simbolica.
La famiglia appare oggi come una realtà a più dimensioni, con funzioni plurime che mettono in
luce anche la sua capacità di elaborare processi discontinui di adattamento da una generazione
all’altra. La famiglia è un attore sociale.

STRUTTURA E RUOLI DELLA FAMIGLIA


Nel tempo è possibile osservare una modificazione nei ruoli svolti dai diversi componenti, sia
interna ai ruoli stessi sia tra i ruoli, soprattutto riguardo alla loro importanza e gerarchia.
Parsons, studia in modo particolare la famiglia nucleare per la quale risulta significativa la
prospettiva della promozione sociale: quanto più la famiglia si organizzerà in funzione del
successo sociale, tanto più forgerà la sua struttura interna.
La
Nella famiglia estesa, tipica della società premoderna è
l’autorità di tipo patriarcale che definisce i compiti e le
funzioni in base al sesso e all’secondo l’età, per cui
l’autorità è esercitata dai maschi anziani (pater familias),
anche se la donna, pur subordinata, detiene il potere
nella gestione domestica.

Nella famiglia nucleare isolata, tipica società


industriale il ruolo lavorativo si separa dal ruolo
familiare. Questo tipo di famiglia si struttura
attorno alla coppia e in genere su due sole
generazioni, quella dei genitori e quella dei figli.

famiglia, pertanto, risulta essere un sistema organizzato su quattro tipi fondamentali di ruolo,
differenziati l’uno dall’altro secondo la generazione e secondo il sesso. La rigida divisione dei ruoli
garantisce il corretto svolgimento delle funzioni sociali della famiglia e la funzionalità del
all’interno del sistema sociale (complementarietà).
Al modello di famiglia nucleare si va affiancando un modello di famiglia simmetrica. Essa si
56

presenta con una diversa strutturazione interna dei ruoli, legata in particolar modo all’evoluzione
Pag.

di quello femminile e all’intercambiabilità dei ruoli. Diventa centrale il rapporto di coppia. Con
Elena Di Leo
questo modello aumenta la problematizzazione dei ruoli familiari, soprattutto in merito al
“doppio ruolo” della donna lavorativo e familiare.
La famiglia parsonsiana, nucleare e fondata sulla distinzione e sulla complementarietà dei ruoli, e
la famiglia simmetrica, nella quale i ruoli diventano intercambiabili sono da considerarsi due
“modelli ideal-tipici”, entrambi rinvenibili nella società contemporanea.

• famiglia monopersonale (composta da un unico


componente)
• famiglia nucleare tradizionale (genitori e figli), che
L’ISTAT, con riferimento alla situazione tende a contrarsi soprattutto per quanto riguarda il
italiana ha riscontrato la presenza di numero dei figli,
più e nuove forme di famiglia • famiglia monoparentale, composta da un solo
relativamente alla sua composizione: genitore e dai figli,
• famiglia allargata ad altri componenti,
• famiglia ricostruita dallo scioglimento di altre famiglie
a seguito di separazioni e divorzi
• famiglie di fatto, fondate su un’unione libera, non
sancita da legame matrimoniale.

La famiglia negli ultimi quaranta anni ha subito un notevole cambiamento, la famiglia tradizionale
non è più il modello dominante ed ha lasciato il posto a famiglie unipersonali. Le variazioni
dell’ultimo decennio riguardano anche la presenza di stranieri. Pertanto, appare difficile
individuare un modello univoco di famiglia dal punto di vista della sua composizione, che
comporta una eterogeneità nel modo gestire le relazioni familiari e la distribuzione dei compiti, ma
anche l’educazione dei figli.

CICLO DI VITA E SOCIALIZZAZIONE FAMILIARE


La famiglia riveste un ruolo importante per il processo di socializzazione primaria dei figli.
In uno studio sulla socializzazione familiare, Parsons e Bales delineano il modello del processo di
sviluppo, che si articola in una socializzazione in quattro fasi mutuate dai lavori di Freud sullo
sviluppo psicosessuale:

la fase della la fase anale e la fase edipica a cui segue la la fase della genitalità,
dipendenza orale, dell’attaccamento fase della latenza, nel corso che porta al
che corrisponde amoroso, in cui si realizza la delle quali si realizza conseguimento di una
all’identità madre- differenziazione un’integrazione nel sistema dei maturità psicosessuale e
bambino; dell’oggetto genitore da sé; ruoli familiari, differenziati corrisponde al periodo
secondo il sesso; dell’adolescenza.

Questo processo di sviluppo presenta una discontinuità, in quanto ogni fase richiede una
57

riorganizzazione della struttura della personalità come sistema.


Pag.

Secondo questi autori, lo sviluppo della personalità poggia su due teoremi di base:
Elena Di Leo
• la personalità è organizzata sull’interiorizzazione di oggetti sociali (intesi come oggetti
significativi per l’attore all’interno di un’interazione);
• la personalità si sviluppa attraverso un processo di differenziazione di un sistema semplice
di oggetti interiorizzati in sistemi progressivamente più complessi.
La socializzazione, come formazione della personalità, presenta due aspetti, uno esterno,
dell’interazione, e uno interno di ordine psicologico, articolati sistematicamente tra loro.

si costituiscono in quanto modelli,

Nella socializzazione familiare


figure parentali (genitori) data l’immaturità dei figli, si configurano come agenti di controllo
svolgono un duplice ruolo sociale, mettendo in atto una serie di strategie per portare il
socializzando allo sviluppo della complementarietà richiesta dal
modello proposto.
L’identificazione, nel corso della socializzazione primaria, appare pertanto il processo
fondamentale, definito da Parsons e Bales come quel processo di interiorizzazione di appartenenza
ad una categoria e il processo di interiorizzazione dei valori comuni di tale collettività.

Un apporto particolarmente significativo allo studio della socializzazione viene dall’approccio dello
sviluppo, che introduce la dimensione temporale, per poter comprendere meglio le fasi del
processo e l’evolversi dei rapporti intrafamiliari alla luce dei diversi momenti del ciclo di vita che la
famiglia attraversa. In questo modo è la famiglia stessa ad essere considerata un sistema in
evoluzione, essa è un sistema emozionale plurigenerazionale, in quanto tre o quattro generazioni
contemporaneamente partecipano agli stessi eventi.
In questo modello, si postula l’esistenza di un:

asse verticale lungo il quale


vengono trasmessi di
generazione in generazione i
modelli di relazione e di Questi due assi si
funzionamento, atteggiamenti, intersecano tra loro e si
aspettative, credenze, paure, intrecciano con gli eventi e
tabù, pregiudizi. con le fasi del ciclo di vita.
Ogni famiglia quindi ha una
sua storia, che si snoda nel
tempo, da un punto di vista
asse orizzontale che invece sociale, familiare e
raccoglie l’ansia prodotta dalle individuale. Ogni tappa
situazioni di stress che la della vita della famiglia è
famiglia incontra nel proprio segnata da eventi critici e da
cammino attraverso il tempo, compiti di sviluppo.
adattandosi più o meno
attivamente ai cambiamenti e
alle modificazioni provocate dal
58

superamento dei vari stadi.


Pag.

Elena Di Leo
Il ciclo di vita familiare
Fase Evento critico Compiti di sviluppo
Costruzione della coppia Matrimonio Formazione dell’identità
Famiglia con bambini Nascita dei figli Accettazione di una nuova generazione e
assunzione dei ruoli genitoriali

Famiglia con adolescenti Adolescenza dei figli Adeguamento delle relazioni genitori-figli
per favorire la reciproca separazione

Famiglia trampolino I figli escono di casa Accettazione della relazione adulto-adulto


tra genitori e figli

Famiglia anziana Pensionamento, malattia Sostegno alla generazione di mezzo e


partecipazione alla vita dei nipoti

Ogni evento critico comporta, quindi, un processo di decostruzione e di ricostruzione


dell’organizzazione familiare.
Considerando l’approccio dello sviluppo, l’analisi della socializzazione familiare si arricchisce
notevolmente, superando la staticità contenuta in una semplice descrizione dei ruoli e del loro
funzionamento. Attraverso questa analisi del ciclo di vita familiare, si coglie come la famiglia sia
attraversata dalle dinamiche dei rapporti tra le generazioni e tra i generi e dalle problematiche
che riguardano il processo di crescita.

PROBLEMATICHE ATTUALI DELLA SOCIALIZZAZIONE FAMILIARE


Alla luce dei vari tipi di famiglia, il modello parsonsiano non risulta ottimale per comprendere le
trasformazioni che ci sono all’interno di ognuno, che al contrario sembra essere caratterizzata da
molteplici contraddizioni e ambivalenze che generano differenti modelli di socializzazione
primaria. Si riscontrano forti oscillazioni tra apprezzamento di valori materialistici (consumistici) e
postmaterialistici (solidaristici); una tendenza alla chiusura privatistica su sé stessa, e dall’altra
parte forme evidenti di volontariato.
L’ambivalenza riguarda anche la condizione dell’infanzia:

Da un lato, si enfatizza uno spazio


specifico nel ciclo di vita, all’interno del
Dall’altro si assiste a una progressiva
quale il bambino possa sviluppare
limitazione di questa fase nel tempo,
pienamente le sue qualità spontanee
attraverso una continua e sempre più
(puerocentrismo).
pressante anticipazione delle esperienze
(adultismo) e una caduta del confine tra
infanzia ed età adulta.
59

Sembra sempre di più essere tramontata l’asimmetria, l’alterità, la distanza tra condizione
Pag.

infantile e condizione adulta, tipica della famiglia borghese.


Elena Di Leo
• Per Postman la separazione dell’infanzia dagli adulti nel processo di alfabetizzazione in
quanto il leggere e lo scrivere appartengono a età successive a quella dell’infanzia che non
ha accesso a questioni e idee che appartengono al mondo degli adulti.
• Per Ariès fa riferimento al sentimento del pudore è il principio di separazione tra adulti e
bambini.
La caduta dei diversi elementi di separazione avvia la scomparsa dell’infanzia proprio perché
vengono meno la discontinuità generazionale: bambini, adolescenti, adulti sono oggi immersi
nello stesso ambiente multimediale e culturale senza filtri e confini, e ciò produce una
trasformazione dell’esperienza della crescita. Diventa difficile predire gli esiti della
socializzazione.

Le contraddizioni e ambivalenze portano a riconsiderare le capacità educative dei genitori, che


sempre più vengono soppiantati da altre agenzie (coetanei, mezzi di comunicazione di massa,
media). Già Riesman affermava come le personalità che si andavano costituendo fossero
eterodirette, ovvero i genitori sempre più incerti nel modo di educare i figli, si rivolgono al
consiglio di altri contemporanei trasmettendo al figlio la loro stessa ansietà. Così facendo
l’educazione non è una assunzione di responsabilità da parte del genitore, ma si traduce nella
ricerca dell’approvazione per i propri gesti, da parte degli altri.
Dai riscontri empirici appare evidente che la socializzazione familiare sia sottoposta a sfide e
risorse, da affrontare insieme, infatti negli anni più recenti si assiste ad un approfondimento del
dibattito sull’importanza delle figure parentali.
Vi sono alcuni segnali di inversione di tendenza, nella direzione di
• una riappropriazione dei ruoli genitoriali, in particolare da parte del padre,
• nuove modalità di socializzazione, che supera la visione autoritaria e gerarchica.

Sono state condotte alcune ricerche:


anni ’70 a Milano

I dati indicano il bisogno di


superare il discorso della “società Si mette in evidenza come i
Emilia-Romagna

senza padre”, al contrario si assiste padri non accettassero ormai


ad una riscoperta delle funzioni più di avere un ruolo
secondario nell’educazione
anni ’80 in

paterne, anche se con ambivalenze


e incertezze e con differenze di stili dei figli, pur riconoscendone
educativi in relazione alla classe uno privilegiato alla madre.
sociale d’appartenenza.

Occorre, tuttavia sottolineare come, nelle situazioni più problematiche, come separazione,
divorzio o casi di tossicodipendenza dei figli, si verifichi una maggiore debolezza della figura
paterna. Pertanto, in presenza di situazioni familiari non regolari oppure di fronte a realtà familiari
caratterizzate da una confusività dei ruoli, o di famiglie con un solo genitore o in condizione di
povertà materiale e culturale, si possano generare difficoltà rilevanti nella socializzazione dei figli
60

e soprattutto nel conseguimento di una loro identità personale, per la quale giocano un ruolo
Pag.

importante i processi di identificazione e quindi la presenza di due figure genitoriali.


Elena Di Leo
Nelle ricerche più recenti si afferma il “bisogno di famiglia”; ovvero un prolungamento della
permanenza nella famiglia d’origine, non solo per problemi economici, ma per un bisogno reale di
relazioni primarie e sicurezza.

Tra la fine del secolo scorso e i primi anni del duemila si sviluppano indagini che confermano sia la
rivalutazione o riscoperta della figura paterna sia la rilevanza che sta acquistando la dimensione di
genere nell’educazione e socializzazione dei figli.
Riguardo alla dimensione di genere nei processi educativi familiari si sviluppano due importanti
ambiti di analisi:

quello riferibile alla diversità tra i quello relativo alla diversità


generi (tra maschi e femmine) dentro i generi

Le indagini evidenziano la presenza di stereotipi All’interno delle relazioni emerge la dimensione


sessuali di genere spesso relativi all’abbigliamento, ai affettiva, con una maggiore complicità di genere
giocattoli, al lavoro “da grande”, ai comportamenti e piuttosto che tra i generi, ad esempio, emergono
alle emozioni, ma questa tendenza sta subendo una difficoltà tra padre e figlia.
incrinatura grazie ai nuovi orientamenti assunti dagli
Per quanto riguarda la distinzione dei ruoli, compiti
adulti.
e codici legati al genere e alla figura genitoriale, si
coglie soprattutto un orientamento alla flessibilità e
intercambiabilità dei ruoli piuttosto che l’adesione a
Un’indagine su un campione di adolescenti, maschi e
ruoli predefiniti.
femmine, ha fatto emergere differenze significative
nei percorsi di crescita per quanto concerne le
relazioni familiari o amicali, l’esperienza scolastica,
l’uso del tempo libero e dei media. Le differenze più
vistose riguardano il diverso modo di elaborare la
propria immagine e collocazione sociale così come il
proprio futuro. I maschi spesso assumono i valori importanti
per sé e per la propria vita accettando
distinzioni stereotipate che esprimono un
bisogno di ancoraggio, su dimensioni come la
Le ragazze spesso appaiono più libere ed esplorative famiglia, i figli, il lavoro.
e anche con una carica più attiva e innovativa
nell’assunzione delle scelte di valore

Isabella Crespi, in un’indagine sulla socializzazione familiare, analizza, mediante interviste in


profondità, come avvengono la comunicazione in famiglia e la trasmissione dei modelli di genere
tra genitori e figli. Si possono cogliere tre stili diversi:
• indifferenziato, che ritiene la differenza non legata al genere bensì a scelte e percorsi
individuali;
• parzialmente differenziato, applicato soprattutto alle regole (l’abbigliamento, le uscite);
61

• differenziato, che mette in luce una differenza nei compiti, nei ruoli e nelle opportunità per
Pag.

i due sessi.
Elena Di Leo
In una ricerca più recente, emerge la trasmissione dei valori quali l’autonomia, il rispetto, la
collaborazione tra i membri della famiglia, ma non sempre la socializzazione familiare trasmette
valori positivi, a volte riveste un ruolo in negativo nel destino del soggetto, per la povertà di
risorse, di stimoli, di opportunità di crescita e di sviluppo legata a carenze nella situazione
familiare d’origine.
A tal proposito è opportuno fare riferimento all’importanza che hanno acquisito, nello studio del
contesto familiare, i concetti di capitale sociale e di capitale culturale, concetti analizzati da autori
diversi, in diversi modi
l’insieme delle relazioni che un attore possiede e può
Bourdieu definisce il capitale sociale:
mobilitare per promuovere i propri scopi o interessi.

capitale sociale bonding, che fa riferimento ai legami che si


sviluppano all’interno di un gruppo
Putnam opera una distinzione tra
capitale sociale bridging, che invece si riferisce a tutti quei
legami e vincoli esterni al gruppo, consentendone una sua
collocazione sociale più ampia.

La famiglia che possiede un capitale sociale forte tanto sul fronte interno quanto su quello
esterno (famiglia responsabilizzante) rappresenti un potenziale notevole per la crescita dei figli.

una risorsa fondamentale della famiglia che fa riferimento a


quell’insieme di beni simbolici che costruiscono l’habitus del
Bourdieu definisce il capitale culturale
soggetto e gli consentono un suo modo di presentarsi e di
muoversi nello spazio sociale.

Il capitale culturale familiare si è rivelato un aspetto cruciale nelle scelte di vita dei giovani, perché
consente di definire una posizione all’interno del sistema di stratificazione sociale, ma rappresenta
anche una vera e propria chance di vita. L’analisi del funzionamento del capitale culturale ha messo
in evidenza una discontinuità nel processo di trasmissione intergenerazionale, perché i nuovi
soggetti possono incrementarlo e sfruttarlo o non cogliendo le giuste chance possono impoverire
questa risorsa.

In conclusione, la famiglia in quanto agenzia di socializzazione necessita di approfondimenti,


tenendo in considerazione i legami che essa intrattiene con il mondo esterno e con la comunità.
62
Pag.

Elena Di Leo
LA “TRASMISSIONE” DELLA CULTURA: LA SCUOLA E GLI INSEGNANTI
(cap7)

LA SCUOLA COME ISTITUZIONE CULTURALE


Oltre alla famiglia la scuola si presenta come un’agenzia educativa che aiuta i soggetti nel loro
percorso di socializzazione.

Istituzione formale:
è destinata in modo specifico e intenzionale alla trasmissione
della cultura ovvero sia dell’istruzione, fornendo contenuti e
saperi, attraverso le discipline, che dell’educazione fornendo
La scuola viene atteggiamenti e modi di pensare.
considerata come:
Agenzia di socializzazione:
è luogo privilegiato per esperienze di relazionalità e di
intersoggettività con insegnati e coetanei.

La scuola si presenta come istituzione, servizio e comunità in quanto ha il compito di


assolvere alla complessità della società

• la scuola svolge funzioni Servizio


economiche come • la scuola si presenta
l’innalzamento del livello di come spazio sia fisico
istruzione della popolazione • la scuola sviluppa che simbolico
e funzioni sociali come la azioni in ordine a (learning community)
formazione del cittadino e indicazioni politiche in quanto svolge il
la trasmissione di e culturali e una compito di orientare
conoscenze e competenze domanda sociale di lo sviluppo e la
per la sua buona istruzione e crescita del singolo e
integrazione nella società di formazione, sia del gruppo.
riferimento. esplicita sia latente.
Istituzione Comunità

Dunque, la scuola è una comunità di apprendimento e di esperienza che sviluppa obiettivi e


strategie coerenti con la società in cui essa si presenta.
Ma, soprattutto la scuola è una realtà organizzativa centrata sulla cultura e con una sua cultura di
riferimento, che si presenta come almeno tre livelli di configurazione intrecciati tra loro nei quali
si possono cogliere le dinamiche e i processi dell’intera attività scolastica.
63
Pag.

Elena Di Leo
Cultura come Cultura come insieme di Cultura come sapere
sapere: norme, regole, rituali condivisi: organizzativo:
patrimonio culturale una cultura normativa che cultura che definisce
organizzato e costituisce il curriculo nascosto o pratiche di
trasmissibile, declinato latente, noto a tutti coloro che funzionamento e di
in forma di cultura lavorano nella scuola. È una gestione, importante in
scritta o orale, suddiviso cultura vista come insieme di una scuola, come
in curricoli, moduli, principi di fondo che definisce il quella Italia che ha
unità a cui gli insegnanti rapporto con l’ambiente. Come assunto sempre
attingono per direbbe Bennet, è quella cultura maggiore autonomia.
trasmettere il sapere con la c minuscola, la cultura
agli alunni; soggettiva fatta da credenze,
comportamenti, valori appresi e
condivisi da un gruppo di persone.

La scuola deve continuamente interfacciarsi con una realtà complessità che presenta da una
parte vincoli, ma al contempo richiede una continua rivisitazione e competenza riflessiva agli
insegnanti, affinché sappiano adattarsi ai nuovi bisogni, aspettative e compiti.

LE FUNZIONI DELLA SCUOLA


La scuola presenta due funzioni fondamentali: quella di socializzazione e quella di selezione.
Il sociologo Brint afferma che la socializzazione è sia un modo per coltivare i valori e gli standard
di condotta sia un tentativo di influenzare comportamenti e valori.
Egli evidenzia tre dimensioni della socializzazione tre dimensioni:

Conformità comportamentale
Insieme di azioni che Conformità morale
attivano il corpo e il Conformità culturale
Insieme di azioni che
movimento. producono un senso Apprendimento di stili di vita
interiorizzato di “azione approvati socialmente.
giusta”.

Le famiglie affidano sempre più alla scuola il ruolo di formare i propri figli e quindi di provvedere
alla socializzazione secondaria, la scuola si inserisce tra la famiglia e il mondo del lavoro, come
direbbe Parsons per specificare gli orientamenti di ruolo e preparare all’assunzione dei ruoli che
ricopriranno da adulti.
La socializzazione secondaria si differenzia da quella familiare, perché è un processo che comporta
contemporaneamente:
• un’emancipazione del ragazzo rispetto all’attaccamento emozionale alla famiglia
• un’interiorizzazione dei valori e delle norme sociali acquisendo uno sguardo più
universalistico rispetto a quello particolaristico del gruppo familiare di riferimento.
64

Così facendo il “figlio” diventa uno “scolaro” sperimentando un processo di impersonalità.


• una differenziazione del soggetto rispetto alla classe scolastica in termini di achievement e
Pag.

di distribuzione delle risorse umane in relazione al sistema di ruoli adulti.


Elena Di Leo
Nella concezione parsonsiana si realizza una forte continuità tra le due agenzie di socializzazione
fondamentali, che però può avvenire solo in una società integrata; nella società contemporanea
caratterizzata dal pluralismo culturale il rapporto tra le agenzie assume un carattere di
discontinuità, riscontrabile soprattutto quando si ha di fronte classi scolastiche eterogenee sotto
il profilo dell’origine culturale degli alunni e delle famiglie, appare problematico parlare di
continuità tra scuola e famiglia.

La seconda funzione che la scuola è chiamata a svolgere è quella di selezione degli individui
evitando la riproduzione di disuguaglianza sulla base del capitale ascritto.

La funzione della scuola non è soltanto quella di accertare se l’alunno ha


Sorokin appreso una certa parte del libro, ma anche quella di scoprire, mediante i
suoi esami, quali alunni abbiano talento e quali no, quali abbiano capacità e
in quale misura, in modo da orientarli verso le posizioni sociali esistenti.

I teorici del conflitto enfatizzano come la scuola misuri dei risultati ignorando totalmente i
contesti estranei l’ambiente scolastico che invece influiscono cospicuamente sui processi di
insegnamento-apprendimento. Queste riflessioni hanno condotto ad una democratizzazione
dell’istruzione, tanto che il problema della selezione, negli anni più recenti è diventato marginale.

La funzione di selezione è Infatti, la scuola possiede un potere


diventata parte integrate del certificatorio utile a certificare a terzi
modello organizzativo della conoscenze, competenze e abilità
scuola, in virtù del suo raggiunte dallo studente; l’attività di
funzionamento e dei suoi valutazione svolge una funzione
scopi. centrale della pratica didattica.

Grazie al dibattito sorto negli anni 60-70, si è compreso che la funzione di selezione è
strettamente legata

Alla valutazione formativa e orientativa, Al concetto di merito che


e quindi l’attenzione non è rivolta solo ai riapre il dibattito sul tema
risultati raggiunti, ma anche al processo dell’uguaglianza e dell’equità.
di costruzione dell’apprendimento.

La selezione non è negativa in sé, diventa negativa solo se essa riproduce le differenze del
capitale ascritto in modo sperequativo. Cioè, se dopo aver permesso a tutti di accedere
all’istruzione, basandosi su un principio di uguaglianza e meritocrazia, offre a tutti opportunità di
riuscita e di permanenza dentro il sistema di istruzione.
65
Pag.

Elena Di Leo
IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO E LE TRASFORMAZIONI DELLA SCOLASITÀ

È importante prendere in Lo sviluppo dell’istruzione formale in


considerazione le caratteristiche del Italia è stato segnato fin da subito da
sistema scolastico italiano nel tempo carenze e ritardi rispetto alle altre nazioni
per comprendere la realtà organizzativa europee, dettato da fattori economici,
e culturale della scuola. culturali e politici.

Tra la seconda metà dell’Ottocento e i L’Italia nella metà dell’Ottocento, si


primi decenni del Novecento, è che il basava su un’economia prevalentemente
sistema scolastico italiano diventa agricola ed era ancora lontana dal
chiuso e selettivo: si pensi alla riforma processo di industrializzazione. Tuttavia, il
Gentile del 1923 che abolisce la scuola ritardo scolastico è continuato a
tecnica e inserisce esami di ammissione persistere anche con l’avvento
dopo la scuola primaria. dell’industrializzazione.

Solo nel 1962 il sistema scolastico italiano diventerà il più aperto tra i diversi sistemi europei e
ciò contribuirà a consolidare il processo di scolarizzazione della popolazione.

Analizzando lo sviluppo del sistema scolastico in Italia, si possono cogliere tre fenomeni importanti:

L’analfabetismo è un processo che ha subito graduali trasformazioni


Analfabetismo nel tempo. Dai 14 milioni di analfabeti italiani del 1861 si è giunti ad
una forte diminuzione di questo dato durante l’Unità d’Italia.
Nonostante ciò, resta un problema cronico anche ai giorni nostri.
Infatti, l’analfabetismo si ripresenta in forme nuove: basti pensare al fatto alla televisione o al
computer che non incentivano la scrittura e la lettura.

Anche la distribuzione dei titoli di studio appare tutt’ora


Divario nei tassi problematica nel 2013 il 42% della popolazione italiana possedeva la
di scolarizzazione licenza di scuola media come titolo di studio più elevato.
La situazione è migliorata negli ultimi anni anche se si evidenzia
tra nord e sud
sistematicamente un divario Nord-Sud.
Se il problema dell’analfabetismo sembra destinato a scomparire,
c’è un altro problema ancora presente, la dispersione scolastica, cioè l’irregolarità dei percorsi e
all’abbandono della scuola che contribuisce all’aumento del rischio dell’analfabetismo di ritorno
o analfabetismo funzionale. Con la Riforma Moratti si è tentato di consolidare l’idea del
diritto/dovere della formazione anche oltre la scuola dell’obbligo. L’obiettivo era quello di
portare l’Italia al livello di istruzione dei paesi europei, per evitare l’abbandono al termine del
primo ciclo si è lasciato scegliere ai ragazzi un percorso liceale o uno di formazione professionale,
in modo da aumentare la partecipazione alla scuola secondaria di secondo grado.
66
Pag.

Elena Di Leo
Ma per quanto si sia data la possibilità a tutti di usufruire dei sistemi di istruzione, è continuato a
persiste un divario nei tassi di scolarizzazione tra nord e sud e di permanenza nel sistema
dell’istruzione e formazione.

Il terzo fenomeno che caratterizza la storia della scuola italiana è quello


Elitarismo dell’elitarismo, almeno fino agli anni ’60. Grazie alla riforma della scuola
media nel ’62 e alla legge della liberalizzazione degli accessi all’università
del ’69 si è giunti alla formazione della scuola di massa.
Tuttavia, occorre notare che maggiore scolarizzazione ha toccato soprattutto gli ordini inferiori di
scuola, dove era necessario tener fronte al problema dell’analfabetismo e della dispersione
scolastica. Infatti, si nota il permaner di situazioni elitarie e discriminanti e fenomeni di
abbandono scolastico presso la scuola secondaria di secondo grado e fuori corso all’università.
Come rivela l’ISTAT la partecipazione all’istruzione secondaria superiore e il successo scolastico
variano significativamente tra le classi sociali: l’istruzione dei genitori e il generale il background
culturale e sociale della famiglia d’origine hanno una grande influenza sulla decisione di
continuare a studiare dopo l’obbligo scolastico e sulla scelta di tipo di scuola superiore e del
percorso universitario. L’elitarismo, in sostanza, si fa meno vistoso, ma permane nella forma della
“segregazione formativa”, per cui alcuni indirizzi di scuola secondaria di II grado e alcune facoltà
universitarie mantengono la loro vocazione elitaria.

Nell’istruzione terziaria, l’Italia presenta tutt’ora uno svantaggio evidente rispetto agli altri Paesi
europei a causa di diversi fattori:
• Sono assenti, rispetto ai Paesi europei, percorsi di studio brevi e professionalizzati, questo
induce a contenuti prevalentemente teorici che riducono l’attrattività per gli studenti con
percorsi di studio tecnico-professionali.
• Tassi di completamento di studi universitari ancora bassi ed al contrario un alto numero di
abbandoni.

LA REALTÀ MULTICULTURALE DELLA SCUOLA ITALIANA


Uno dei fenomeni più rilevanti che ha segnato la realtà della scuola italiana degli anni Novanta è
la presenza di alunni con cittadinanza non italiana, figli di genitori immigrati o nati in Italia da
genitori stranieri: la scuola italiana si presenta come una realtà multietnica e multiculturale.

Quando si parla di multiculturalità si parla sia alla molteplicità delle


cittadinanze diverse rispetto a quelle italiane presenti sul territorio
nazionale, sia alla pluralità di modelli culturali di riferimento. Questi due
aspetti, uno strutturale e l’altro culturale, definiscono la trasformazione
dell’Italia da paese di emigrazione a paese di immigrazione.

Oltre trent’anni fa, l’ISTAT vedeva un’incidenza degli alunni stranieri nelle scuole italiane solo
dello 0,06%, una percentuale del tutto irrisoria. Nel’a.s. 1993-94 nonostante l’aumento evidente,
l’incidenza è ancora contenuta, è solo dello 0,41%. Si vede un incremento dall’anno scolastico.
La crescita più vistosa la osserva negli anni duemila, basti pensare all’a.s. 2014-15 quando
l’incidenza complessiva è del 9,2%. Questo aumento può essere in parte spiegato con gli interventi
legislativi per la regolarizzazione degli immigrati, il ricongiungimento con i familiari, la nascita dei
67

bambini nel nostro paese.


Pag.

Elena Di Leo
I dati sono cambiati in base a questa prospettiva: prima si presentava un numero
maggiore di studenti extraeuropei fino a quando, nella seconda metà degli anni
’90 si possono notare alcune cittadinanze più diffuse: marocchina che nel tempo
Provenienza
ha creato un gruppo stabilizzato, albanese, rumena, cinese, ecc. Nell’a.s. 2014-15
si regista al primo posto la Romania, poi l’Albania seguita dal Marocco, come
Paesi d’origine. Nessuna delle cittadinanze presenti nella scuola italiana supera il
20% contribuendo a costruire un mosaico abbastanza eterogeneo.

La distribuzione di alunni stranieri si presenta disomogenea, tanto che il MIUR


ha sottolineato il carattere ‘’policentrico e diffuso’’ del modello italiano, che Stabilizzazione
presenta tassi di incidenza più elevati in alcune regioni come la Lombardia,
l’Emilia-Romagna, il Veneto, Lazione e Piemonte.

Anche in questo caso è visibile una eterogeneità, la prima ad essere interessata


da questa presenza è stata la scuola primaria, ma poco dopo anche la scuola
dell’infanzia soprattutto in relazione alla nascita in Italia dei bambini figli di
genitori con cittadinanza non italiana.
Gradi di Gli studenti con cittadinanza non italiana si orientano verso gli istituti tecnici e
scuola professionali: negli istituti professionali gli studenti stranieri sono addirittura il
doppio degli italiani, la situazione si ribalta nei licei. Questo fenomeno si può
spiegare perché è maggiore l’interesse per percorsi professionalizzanti e ben
spendibili nel mondo del lavoro e anche per l’esistenza di un’azione delle
famiglie e degli insegnanti di un orientamento selettivo che produce una
canalizzazione verso determinati percorsi.

Una leggera prevalenza del genere maschile nei diversi ordini di scuola; la
componente femminile appare un po’ più elevata nelle scuole secondarie di Distribuzione
secondo grado e nelle università, segno di un interesse evidente per genere
all’investimento in istruzione.

L’investimento in istruzione negli ultimi anni riguarda anche l’istruzione terziaria


Istruzione che comprende circa 13 mila studenti di cittadinanza non italiana, dei quali il 51%
terziaria ha conseguito la maturità in Italia. Gli stranieri diplomati in Italia tendono a
scegliere facoltà come: economia, ingegneria e l’area politico-sociale e linguistica.

La descrizione dello scenario multiculturale della scuola italiana contemporanea va integrata con
le azioni e le strategie sviluppate dalle scuole e dagli insegnanti per far fronte all’emergenza di
questo fenomeno e alla sua conseguente stabilizzazione.

Per tutti gli anni 80 l’Europa e È dalla fine degli anni 80 che Negli anni ’90 emerge uno
tutta l’Italia si è preoccupata possiamo cogliere in Italia spostamento delle politiche
prevalentemente di garantire una crescente attenzione al scolastiche verso un modello di
68

l’accesso e la permanenza problema dalla diversità interculturalità fondato sul


Pag.

nel sistema di istruzione. culturale e linguistica. rispetto, sulla valorizzazione e lo


scambio fra culture. Elena Di Leo
In particolare, le politiche scolastiche italiane affrontano il dibattito sull’educazione interculturale
visibile in alcune circolari ministeriali del 1994:
• C.M. 4/94 il diritto allo studio viene riconosciuto come fondamentale per qualsiasi
bambino indipendentemente dalla sua situazione sociale o giuridica.
• C.M. 73/94 l’educazione interculturale è la riposta più alta al razzismo e all’antisemitismo,
si basa su un nuovo modo di insegnare e di apprendere che porta la presenza straniera a
definirsi come uno dei tanti modi possibili in cui si presentano la diversità e l’identità
personale.
Negli anni più recenti il ministero ha continuato ad interessarsi delle singole realtà, lo dimostra la
circolare 2/2010 che fissa il limite massimo del 30% di presenza di alunni stranieri nelle classi.

La scuola italiana la configura come un vero e proprio “laboratorio” di


incontro tra culture all’interno del quale si sta affermando un dibattito:

Da una parte una assimilazione Dall’altra parte iniziative e progetti di


a valori, norme, regole ritenuti educazione interculturale.
tipici della cultura italiana. L’approccio interculturale si afferma
L’approccio assimilazionista che sempre di più come comunicazione
comporta una negazione della tra soggetti con storie, conoscenze
diversità culturale in nome di linguistiche, motivazioni e condizioni
una presunta superiorità della sociali molto diversificate.
cultura accogliente sta L’interculturalità implica una
scomparendo. prospettiva dialogica che dia conto
del pluralismo culturale e del valore
di pari dignità dei soggetti.

Nonostante ciò, anche questo orientamento comunicativo dell’accoglienza presenta le sue


problematiche proprio perché la comunicazione avviene tra soggetti con orientamenti simboli e
pratici differenti.
Il fatto di dover agire in modo comunicativo ha stimolato lo sviluppo di strategie e pratiche
all’interno delle singole scuole, l’organizzazione è diventata sempre più sistematica attraverso
l’utilizzo di strumenti per realizzare l’accoglienza e l’apprendimento della lingua italiana.
Accanto alle politiche scolastiche anche le politiche regionali e locali che hanno visto un notevole
sviluppo per far fronte alla pressione immigratoria e alla conseguente richiesta di scolarizzazione,
attraverso la costruzione di osservatori, consulte provinciali, centri di studio e reti di
collaborazioni con associazioni ed enti di varia natura.

RICERCA SCOLASTICA
Ricerche
SCOLASTICA
sugli
Ricerche studenti
In questi anni è
sugli stranieri
aumentato il bisogno di
insegnanti
conoscenza più diretta
69

dell’immigrazione,
portando a compiere
Pag.

Elena Di Leo
Ricerche sugli insegnanti
La prima ricerca è stata realizzata in Toscana da Tasinari e Giusti
tra il 1991-93 coinvolgendo 12 scuole materne, elementari,
medie, per un totale di 380 insegnanti. Gli insegnanti esprimono
tutti opinioni favorevoli riguardo l’educazione interculturale, più
critici sono i dirigenti che evidenziano problemi di comunicazione
tra inseganti, allievi e famiglie.

Un’ulteriore indagine dal titolo “Allievi in classe, stranieri in città”


indaga sugli atteggiamenti degli insegnanti che da una parte
tendono a valorizzare e dall’altra è presente una resistenza e un
rifiuto nei confronti dell’immigrazione, come anche la persistenza
di stereotipi e pregiudizi verso gli immigrati.

Tra il 1999-01 il Ministero della Pubblica Istruzione indice


un’indagine per evidenziare le trasformazioni introdotte nella
scuola dopo la crescente presenza di stranieri: è confermata
un’apertura, ma anche una difficoltà nella gestione quotidiana del
lavoro in classe e nella comunicazione con le famiglie.

Una ricerca più circoscritta, condotta a Genova attraverso il metodo del focus group
porta alla luce criticità e problematiche: povertà di risorse e carenza di formazione per
i docenti stessi che non sanno come approcciarsi al migrante, divergenti aspettative tra
insegnanti e genitori stranieri, problemi di comunicazione e l’assenza di intermediatori
culturali, eccessivi incarichi per i docenti che si trovano oberati di lavoro.

Ricerche sulle persone con background migratorio


Le ricerche hanno evidenziato una eterogeneità di stili, bisogni e aspettative che
Primo implicano la necessità di dialogo e esplorazione reciproca.
versante di Per comprendere come vengono accolti nel sistema scolastico italiano bisogna
ricerca:
partire dalla conoscenza delle loro caratteristiche e difficoltà.
bambini
Questa fascia d’età priva da un lato estrema difficoltà nel consolidare delle
radici, ma dall’altro una voglia di apertura verso esperienze fonte di ricchezza.
Nella ricerca “Una scuola in comune” vengono analizzati i percorsi migratori, gli
esiti e le scelte scolastiche, attraverso un questionario.
Preadolescenti Nell’analisi dei dati si coglie una pluralità di situazioni ed al contrario si coglie sia
e adolescenti gli studenti italiani che stranieri identificano gli stessi elementi come responsabili
del percorso futuro: la povertà culturale e materiale che costituisce un aspetto
rilevante in termini di riuscita futura, il clima scolastico, il sostegno familiare.

In generale gli stranieri di prima generazione riscontrano maggiori difficoltà di


accesso al sistema scolastico rispetto a quelli di seconda generazione.
70

Stranieri di In Italia, le prime ricerche di grande spessore e rilevanza circa gli studenti
LA RIUSCITA SCOLASTICA
Pag.

seconda stranieri di seconda generazione si sono avute grazie a Leonini e Colombo che
generazione si sono soffermati sull’analisi dei concetti di identità ed appartenenza.
Elena Di Leo
Regolarità dei percorsi scolatici e ritardi: Numerosità degli alunni stranieri nelle
I ritardi sono presenti e aumentano da un scuole:
ordine di scuola a quello successivo, a causa È in crescente aumento il numero di studenti
di un fenomeno costitutivo della scuola stranieri che sono inseriti nelle scuole.
stessa: l’inserimento degli alunni stranieri in Il ritardo è dovuto anche alla formazione
classi inferiori rispetto all’età anagrafica, delle classi, perché molte volte si presentano
per garantire la possibilità di recupero delle difficoltà nell’inserimento; i dati delle ultime
carenze nella lingua del paese ospitante. indagini dimostrano che le classi
Tuttavia, si nota che, anche dopo il recupero multiculturali producono esiti scolastici
del ritardo linguistico, gli studenti sono positivi negli allievi sia italiani che stranieri,
mantenuti in classi non corrispondenti alla tuttavia la concentrazione stranieri deve
loro età anagrafica. essere inferiore al 30%.

LA RIUSCITA SCOLASTICA
Un importante indicatore per la lettura della situazione
dei minori stranieri nella scuola è il dato circa la riuscita
scolastica. È chiaro, però, tale tematica non è sufficiente
a rispondere a tutte le problematiche sull’integrazione,
ma è opportuno considerare una serie di elementi:

Ripetenze: Invalsi:
Si nota come il tasso di ripetenze sia più alto Si può notare come vi siano grandi
per i ragazzi non italiani in tutti gli ordini di differenze in termini di risultati tra
scuola. studenti italiani e studenti stranieri, in
Le ripetenze negli ultimi anni si sono in parte
quanto i primi raggiungono risultati
ridotte, soprattutto nella scuola secondaria di
nettamente superiori rispetto ai secondi.
primo grado e si può notare, come per
Una differenza negli esiti delle prove
entrambi i gruppi, stranieri e italiani, sono più
elevati nei licei. INVALSI si evince anche tra gli studenti
Questo sta ad indicare che a produrre l’esito stranieri di prima e seconda generazione
finale positivo o negativo concorrono diversi dal momento che coloro che sono nati in
fattori: il tipo di istituto scolastico frequentato, Italia raggiungono risultati migliori.
i contenuti, la programmazione, l’utenza.

Abbandono scolastico:
Si coglie un rischio molto più elevato di abbandono per gli alunni
stranieri a partire dalla secondaria di I grado. Lo stesso fenomeno si rileva
nell’istruzione terziaria, in cui gli stranieri mostra difficoltà ad instaurare
un percorso accademico regolare.
Nel confronto internazionale si nota che il numero di studenti che
71

abbandonano gli studi senza diploma di scuola secondaria superiore è


Pag.

più elevato in Italia e ciò va ad aumentare i NEET coloro che sono in


assenza di un titolo di studio e di lavoro. Elena Di Leo
Nella ricerca “Appartenenza etnica, processi di socializzazione e modelli formativi” l’analisi della
riuscita scolastica è stata utile per analizzare anche aspetti che vanno al di là dei risultati
scolastici, ma anche aspetti motivazionali, le interazioni, i significati.
La ricerca ha messo a confronto il gruppo degli adolescenti italiani con quelli stranieri e sono
emerse molte convergenze e differenze.
Alla riuscita concorrono una seria di fattori:
• lo status socioeconomico,
• l’area di provenienza dei soggetti migranti, più sono vicini alla cultura occidentale, più
facilmente riusciranno nel loro percorso scolastico,
• la motivazione che spesso è molto alta, ma a volte non è corrisposta da esiti positivi.

La questione della riuscita scolastica ha trovato una sua buona elaborazione tramite un’analisi
multivariata che conferma come il futuro si costruisca a partire dall’esperienza scolastica e dal
La riuscita è considerata come sistema di relazioni verticali e orizzontali.
variabile dipendente dagli Grazie al sistema relazionale è possibile facilitare il
atteggiamenti, dalle caratteristiche processo di integrazione, frutto di un intreccio tra
strutturali dei soggetti, ma anche dimensione cognitiva e relazionale.
dall’esperienza scolastica.

Il diritto ad una uguaglianza nelle


possibilità di accesso e di La sfida Il diritto alla differenza, ad uno
fruizione della risorsa istituzionale attuale è sviluppo personale,
in termini di chances reali, che intorno a individualizzato, un diritto ad
quindi prevedono un adeguato due istanze: un proprio progetto di vita.
uso di strumenti e metodi.

La sfida sta proprio nel tentare di coniugarle, mai negare la differenza in un’ottica di
assimilazione, ma affermare il valore di ognuno.

ATTORI IN GIOCO: INSEGNANTI E IL LORO RUOLO PROFESSIONALE


L’insegnante è l’attore principale all’interno dell’istituzione scolastica, dei processi di
insegnamento e dell’educazione e socializzazione delle nuove generazioni.
Si possono distinguere 5 tappe relative alla ricerca sociologica in Italia:
Avvio delle ricerche La prima indagine può essere ritenuta quella ad opera di Baglioni e
(1963-69) Cesareo nelle scuole elementari e medie nella provincia di Bergamo. I
settori di indagine analizzati sono stati: posizione professionale,
familiare e sociale dell’insegnante, vocazione dell’insegnamento,
giudizio degli insegnanti sulle trasformazioni in atto nella società,
attività extrascolastiche, politiche. Le ricerche di questi anni
evidenziano una resistenza al cambiamento.

Sviluppo delle Alla fine degli anni ’60 si apre un dibattito sul rapporto tra scuola e
ricerche società: la scuola entra crisi in quanto non riesce a rispondere a
72

(1969-72) fenomeni come le proteste giovanili e la scolarizzazione di massa che


vede da un lato la scolarizzazione di massa.
Pag.

Elena Di Leo
Stasi nelle ricerche A causa della mancanza di riforme istituzionali in questo periodo, sono
(metà anni Settanta) poche le ricerche condotte. Piuttosto si riflette sulle rivolte
studentesche e su come queste contribuiscano a modificare il modo di
concepire i rapporti tra scuola e realtà sociale.
Ripresa delle ricerche L’attenzione è rivolta al ruolo dell’insegnante in formazione e alle
(dalla fine degli anni trasformazioni strutturali e qualitative del corpo docente. Da ricordare
Settanta agli anni sono le ricerche di Cobalti e Dei sul problema dell’adattamento e
Ottanta) dell’accettazione o rifiuto delle innovazioni.
Dalle varie ricerche emerge ancora una resistenza al cambiamento e
un disorientamento a fronte dei cambiamenti della scuola, sino ad
arrivare ad una vera chiusura.
Ma, l’insegnante non può essere studiato in modo isolato, è giusto
inserirlo all’interno dell’organizzazione complessiva e quindi non
considerarlo come elemento centrale ed unico responsabile del
fallimento delle riforme. Al contrario si evidenzia la pressione adattiva
che l’istituzione scolastica esercita sugli individui, fino a considerare
l’insegnante come un “prodotto della scuola”. Affinché gli insegnanti si
ridefiniscano come agenti di cambiamento è opportuno l’istituzione
scolastica si evolva assieme agli insegnanti e si faccia carico del
cambiamento, liberando gli insegnanti sia dall’eccesso di ansie e
responsabilità verso gli esiti dell’innovazioni, sia da uno stato di
subordinazione e adattamento. Il cambiamento deve vedere
l’insegnante come costruttore di realtà sociali, culturali ed educative.

Ricerche dagli anni Le ricerche effettuate nel corso degli anni ’90 si concentrano sulla
Novanta al nuovo necessità di comprendere la condizione professionale degli insegnanti,
millennio le loro opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti. Si rileva un
ritorno all’omogeneità del corpo docente, sotto vari aspetti strutturali
come la femminilizzazione dell’insegnamento, ma anche qualitativi,
riguardanti gli atteggiamenti, tutti sentono la necessità di ridefinire la
propria identità professionale. La crisi identitaria dell’insegnante nasce
da due limiti:
• Formazione inziale carente, non offre brocchi verso l’acquisizione
di variegate competenze, la cosiddetta socializzazione
professionale ovvero quel promesso che permette di
comprendere la prospettiva di insegnante avviene all’interno della
scuola stessa e non in un momento precedente.
• L’agire professionale è vincolato attorno a modelli standardizzati
senza che il docente possa sperimentare le proprie competenze,
mettere alla prova le due idee, personalizzare il lavoro.
Alla fine degli anni ’90, una serie di cambiamenti istituzionali
contribuiscono a rimettere in primo piano la questione dei
cambiamenti che toccano l’agire professionale. Le indagini fanno
emergere carenze riguardo il trattamento di due aspetti:
• La normalizzazione della presenza di più lingue, provenienze,
religioni.
73

• L’utilizzo diffuso delle tecnologie digitali da parte delle nuove


Pag.

generazioni.
Elena Di Leo
RUOLO IN TRASFORMAZIONE?
Il ruolo degli insegnanti è in continua trasformazione ragion per cui è necessario rivedere due
concetti:

Crisi Debolezza
Se l’insegnante è in crisi vuol dire che Il ruolo dell’insegnante come depositario
precedentemente era in uno stato di di sapere e rappresentante di cultura è
benessere e in futuro troverà una soluzione tramontato, al contrario il dibattito circa
per questo problema, ma così non è in il ruolo educativo oscilla tra una
quanto la crisi è un elemento permanente, dichiarazione della sua fine in favore dei
endogeno in una professione che non si media, detta tv e dei social network ed
basa sulla certezza ma in balia dei continui una continua riaffermazione
cambiamenti normativi e valoriali. dell’importanza di tale ruolo.

È in atto nel presente una ridefinizione che tocca tutti gli aspetti di tale agire del ruolo con
l’affermazione di nuove competenze all’insegna della pluridimensionalità e flessibilità:
ELEMENTI DI AGIRE DI RUOLO TRADIZIONALE ELEMENTI INNOVATIVI DELL’AGIRE DI RUOLO
Saperi consolidati (riferiti a un patrimonio Saperi “circolanti” (informazioni e conoscenze diffuse
culturale e scientifico consolidato) in molti ambiti e situazioni, continue acquisizioni
scientifiche, ruolo dei media elettronici)
Competenze legate all’insegnamento Nuove competenze (di programmazione, gestionali…)
su settori, problemi o progetti
Modalità tradizionali di insegnamento (lezioni, Nuove didattiche (apprendimento per prova ed errori,
lavori di gruppo, studio individuale, prove…) per scoperta, cooperativi, ipertesti, multimedialità)
Modalità tradizionali di apprendimento Nuovi processi della mente (riguardanti i processi di
(lineari, sequenziali, modalità scritta e orale) esplorazione e associazione, di memorizzazione…)
Relazionalità circoscritta (la classe, il collegio Nuovi spazi e dimensioni della relazionalità (interni ed
docenti, i genitori…) esterni, legami con il territorio, con le istituzioni…)

Lo IARD, attraverso tre indagini a distanza di anni ha notato un mutamento nella motivazione,
emerge una diversa concezione dell’insegnamento che si carica maggiormente di valenze
relazionali, comunicative e sociali. Sono pochi coloro che scelgono questa strada per vocazione,
ma si concentrano piuttosto sul mero esercizio della professione per acquisire un ruolo sociale.
Emergono anche incertezze e contraddizioni: gli insegnanti si mostrano, da un lato, attenti ai
processi di trasformazione del ruolo educativo, dall’altro, sembrano poco disponibili a valorizzare
quegli elementi che sarebbero di grande supporto alla dimensione relazionale comunicativa.
Sembra, dunque, diffusa tra gli insegnanti la tendenza a privilegiare la realtà interna e il benessere
cognitivo e relazionale e a chiudersi rispetto alla società esterna e alle sue problematiche.
Il rischio di scollamento tra scuola e società è problematico perché trascura l’importanza dei
legami e dei passaggi tra dentro e fuori la realtà scolastica e sottovaluta l’importanza di costruire
nelle nuove generazioni una competenza sociale, volta all’esercizio dei diritti e doveri della
cittadinanza. Questo scollamento risulta ulteriormente problematico in presenza di una realtà
scolastica multiculturale. Per concludere, risulta necessaria una formazione che sviluppi e
consolidi la pratica riflessiva per costruire circuiti di problematizzazione e di acquisizione di
74

consapevolezza riguardo al proprio agire nel sistema relazionale-comunicativo.


Pag.

Elena Di Leo
LA SOCIALIZZAZIONE INFORMALE: GIOVANI, GRUPPO DEI PARI ED
ESPERIENZA MEDIALE (cap8)

DIMENSIONE FORMALE DELL’EDUCAZIONE DIMENSIONE INFORMALE DELL’EDUCAZIONE


Scuola e famiglia La realtà giovanile e il gruppo di pari;
l’esperienza mediale
Processo di socializzazione intenzionale e Non è espressamente intenzionale e non
finalizzato tra agenti di socializzazione e finalizzata immediatamente ad ottenere
socializzandi qualche privilegio, bensì flessibile riguardo ai
modi ai tempi e agli attori coinvolti.

Un'ulteriore distinzione importante per meglio comprendere i processi di socializzazione nella


realtà contemporanea è quella tra:
• socializzazione mediata: volta ad integrare l'individuo nel contesto dei valori dati, supportato
dalle istituzioni. È “mediata” perché avviene attraverso il ruolo della mediazione sociale e della
trasmissione dell’ereditarietà culturale.
• socializzazione non mediata (immediata): assume il soggetto come protagonista del
coinvolgimento, sembra scomparire la funzione di guida e di mediazione dell'adulto. Essa deve
essere considerata un processo di socializzazione non lineare e non scontato.

Anche l'attività mediale attraverso il computer può strutturare atteggiamenti e comportamenti


riguardo allo sviluppo cognitivo e ai processi di apprendimento, di modo che si costruisce un vero
e proprio habitus, un modo di interfacciare la realtà e la cultura, di elaborare un proprio sguardo
sul mondo e un proprio stile di vita.

CONDIZIONE GIOVANILE E SOCIALIZZAZIONE INFORMALE


L’adolescenza e l’età giovanile, prolungatesi notevolmente in questi ultimi vent’anni,
costituiscono ormai, nelle società moderne occidentali, una fase autonoma e significativa per sé.
È dal 900 che prende avvio la riflessione su questa fase.

Avviene in concomitanza con processi sociali e culturali


La “scoperta dell’adolescenza” come i processi di industrializzazione e di scolarizzazione,
quest’ultimo ha contribuito a sviluppare un periodo della
vita con i suoi precisi scopi e compiti di sviluppo.

La dilatazione complessiva del periodo della crescita, che vede aggiungersi all’infanzia e
all’adolescenza un’ulteriore fase, quella della giovinezza, produce una nuova interpretazione del
corso di vita (= un percorso, anche discontinuo, attraversato da cambiamenti) da parte delle
persone che lo vivono, per il fatto che ogni società concepisce e costruisce un modello di
transizione alla vita adulta e quindi un modo di interpretare le diverse fasi dell’esistenza.

Nel passato la gioventù poteva essere Negli anni più recenti è diventata una
considerata come moratorium e condizione moratoria dilatata
processo di crescita
75
Pag.

Elena Di Leo
Gioventù come processo Gioventù come condizione
Significa assegnarle un ruolo eteronomo, cioè Significa assegnarle caratteristiche specifiche,
fissato dall’esterno, al quale tendere e per il differenti dalle altre fasi di vita, costruite
quale prepararsi, ma il ruolo attuale risulta del dall’interno in modo autonomo e originale e
tutto privo di attributi specifici per la un ruolo attivo nel presente.
situazione presente, è un moratorium Dilatata in quanto c’è un progressivo
appunto proiettato sul futuro e sui riti di spostamento in avanti dell’ingresso nella vita
passaggio per diventare adulti. adulta legato in larga misura ad una
dilatazione del tempo investito in istruzione.

Processo= un complesso di pratiche tese verso Condizione= situazione di attesa di un esito


un esito prevedibile imprevedibile

È negli anni 50, che si inizia a considerare l’adolescenza come condizione dilatata di vita
relazionandola alle soglie fondamentali di passaggio all’età adulta come conclusione del percorso
formativo, inserimento nel mondo lavorativo, uscita dalla famiglia, matrimonio e figli, emerge che:
• Vengono spostati in avanti i passaggi che indicano l’approdo all’età adulta
• L’ordine col quale le diverse soglie vengono superate non è prescritto.
• La distanza temporale tra i momenti in cui vengono varcate la prima e l’ultima soglia tende
ad allungarsi (moratoria prolungata).
Perciò il passaggio dall’infanzia all’età adulta risulta essere discontinuo e articolato.

Dagli anni 60 alla realtà contemporanea, la situazione moratoria:

Dall’altro configura la condizione adolescenziale


Da un lato mostra una sorta e giovanile come tempo per l’identità, per la
di “caduta” della tensione sperimentazione e per le scelte che passano
realizzativa, anche in attraverso la relazione con gli oggetti e le
relazione all’indebolimento pratiche di consumo. Acquistano un grande
della “pressione a crescere” significato i simboli e i segni, la ricerca delle
esercita dalle generazioni forme e degli stili di vita, l’acquisizione di una
adulte. sensibilità all’interno di una multiformità di
possibilità e di esperienze.

Dal punto di vista della sua composizione, la realtà degli adolescenti e dei giovani si presenta oggi
molto eterogenea per condizioni e possibilità di vita, atteggiamenti, orientamenti e
comportamenti. Coleman si discosta dalla teoria dello sviluppo per accogliere la teoria focale,
secondo la quale nessuna configurazione è tipica di una sola età. Per cui l’adolescenza e l’età
giovanile non hanno confini precisi tra gli stadi, esse sono mutabili e non hanno una sequenza
fissa. Egli così sostiene che la realtà adolescenziale e giovanile vada studiata secondo una teoria
della normalità piuttosto che dell’anormalità.
76
Pag.

Elena Di Leo
GIOVANI E GENERAZIONI ADULTE
intergenerazionale, che
intragenerazionale, qualcosa La realtà giovanile è quindi costringe le
cioè che accomuna secondo sia una questione generazioni adulte e quelle
l’età e l’esperienza giovani a esplorarsi a vicenda,
a interrogarsi reciprocamente

Il rapporto adulti-giovani si esprime attorno a due concezioni opposte ma compresenti:


- da un lato, giovani rappresentano il futuro, la continuità e sono quindi considerati una
risorsa su cui investire e pertanto vanno educati, formati alla vita sociale adulta;
- dall’altro, i giovani rappresentano un potenziale pericolo di deviazione o rottura della
continuità sociale.

I modi dell’apparire giovanili possono costituire importanti indicatori per descrivere e


comprendere la condizione giovanile in un determinato periodo e il rapporto che intercorre con le
generazioni adulte così come la definizione di devianza o trasgressione che ne consegue e le stesse
modificazioni di queste concezioni.
1950 Comparsa della gioventù intesa come tensione verso la crescita in una
continuità con l’età adulta
1960-1970 • Caduta della continuità e della conformità degli anni precedenti
• Ribellione che sfocia nello scontro aperto fra le generazioni
1980-1990 Graduale scomparsa di forme di contrapposizione e il delinearsi della
condizione giovanile come realtà sempre più empatica con la realtà
adulta e sempre più negoziale.

Le generazioni si avvicinano, in una sorta di “colonizzazione reciproca”:


dove si evidenzia la tendenza al giovanilismo negli adulti e per contro
all’adultismo nei giovani.

Cresce la tolleranza da parte degli adulti dei comportamenti trasgressivi


ritenuti parte di un processo di crescita e quindi in qualche misura
destinati a rientrare.
1990-2010 Si manifesta la preoccupazione degli adulti in concomitanza con
l’emergere sia di forme di disagio giovanile sempre più diffuse sia di
azioni violente, individuali o di gruppo.

Attenuarsi dello scarto generazionale: le nuove forme di invisibilità


giovanile mettono in luce una sorta di convivenza pacifica di mondi
separati. Si sottolinea la mancanza di comunicazione e confronto e
un’implosione intra-generazionale, legata anche all’intenso uso dei
media digitali singolarmente o in gruppo. Il fenomeno della separazione
o della reciproca emarginazione fra generazioni, che si presenta oggi,
regge sulla somiglianza piuttosto che sulla differenza fra patri, figli,
nipoti. Lo stesso modo di vivere lo spazio domestico sta cambiando
77

profondamente.
Pag.

Elena Di Leo
LE RICERCHE SUI GIOVANI IN ITALIA
Le ricerche sociologiche rispondono a bisogni conoscitivi che emergono dal contesto sociale. A loro
volta i dati che si ricavano contribuiscono a diffondere una determinata rappresentazione della
realtà giovanile finendo per orientare anche le politiche rivolte loro. Si presta molta attenzione
alla condizione giovanile sotto il profilo degli orientamenti valoriali, dei comportamenti e delle
scelte della propria esistenza:

Fino agli inizi degli 1. In un clima di forte integrazione, anche la cultura giovanile è
anni 60 integrata nel sistema culturale degli adulti.
2. Le diverse manifestazioni di ribellione o di devianza sono
sporadiche o poco rilevanti rispetto al conformismo degli anni 50.
La contestazione Emergono due aspetti:
giovanile degli anni 1. La fine della continuità generazionale
60 2. La visibilità sociale della problematica giovanile anche per il
progressivo aumento della componente studentesca

Uno degli aspetti sottolineati è il potenziale creativo nella costruzione


di nuovi valori: valori postmaterialistici, collocabili nell’area
dell’espressività, solidarietà, autorealizzazione.

Le ricerche sui giovani mettono in evidenza l’enfasi sul self,


sull’autorealizzazione e sull’autonomia, anche la relativa perdita di
centralità di alcuni ambiti fondamentali, come la scuola e il lavoro, che
non esauriscono più in toto la condizione esistenziale del soggetto.

Gli anni 70 (ricorda la La condizione dei giovani è molto peggiorata: disoccupazione


protesta del 77) intellettuale, crisi politico istituzionale, sviluppo del terrorismo ecc.
producono molte incertezze sulle possibilità di un’azione politica
efficace e favoriscono l’emergere di forme rivendicative del tutto
nuove, legate a bisogni personali, di autorealizzazione ed espressione,
orientamenti che vengono interpretati come riflusso: i giovani sono
orientati da un’etica di tipo individualistico, privilegiano la dimensione
della vita privata rispetto all’impegno pubblico (tesi del riflusso).
Tuttavia, è una tesi frutto di un’interpretazione in chiave adulta in cui i
giovani si riconoscono poco.
Gli anni 80 Vengono elaborate alcune categorie interpretative originali di lettura
della condizione giovanile, come quella della quotidianità, quella della
strutturazione e destrutturazione temporale, quella della marginalità,
riutilizzata poi nelle ricerche per definire una caratteristica
fondamentale della condizione giovanile.

Le diverse letture che si articolano in questi anni evidenziamo la


medesima descrizione della condizione giovanile, ma diverse
interpretazioni.
Disponiamo di una visione ottimista e di una più pessimista:
• Visione ottimista: I giovani sono pragmatici e selettivi, sarebbero in
78

grado di sviluppare strategie di adattamento adeguate a una


Pag.

condizione sociale estremamente problematica.


Elena Di Leo
La cultura che stanno costruendo i giovani sarebbe un progetto
sommerso, stanno costruendo un proprio progetto di vita, è falso
dire che ci sia in loro una assenza di progettualità. Il progetto
sommerso fa riferimento a un aspetto nuovo di rispondere alla
realtà multiforme, fatto dello sviluppo di relazioni che non passano
necessariamente attraverso le strutturazioni organizzative
tradizionali di rappresentanza.
• La visione pessimistica considera i risultati di ricerca in termini
estremamente problematici: progettualità limitata, pragmatismo,
presentismo starebbero ad indicare un progressivo deterioramento
dei nessi e dei vincoli societari e il ripiegamento su forme
individualistiche, che generano marginalità.

Gli anni 90 La ricerca usa nuovi strumenti e paradigmi interpretativi per superare
la crisi delle categorie interpretative sui giovani.
Non esistono più interpretazioni univoche dei giovani, in quanti si
presentano molto eterogeni tra loro.

I giovani sviluppano una sfida simbolica, che sostituisce le forme


violente di protesta, ma che è ben lungi dall’essere poco incisiva. La
sfida simbolica è ben visibile nelle forme delle bande spettacolari, le
tribù di stile, che già si erano affacciate nei decenni precedenti.

Sul finire degli anni 90 • Individuare una vera e propria cultura giovanile, si rivela arduo
e con il nuovo proprio perché sembra via via scomparire lo stesso oggetto di
millennio studio. La condizione giovanile si dilata in modo tale da non
consentire più l’individuazione di confini e di soglie di passaggio
evidenti verso l’età adulta.
• Emerge la figura del “giovane adulto”: che a differenza del passato,
dove vi era un’urgenza radicale di autonomia, tende a prolungare la
sua presenza all’interno della famiglia.
• Le indagini più recenti mostrano l’eterogeneità della realtà
giovanile e la difficoltà a coglierla nel suo insieme. Come osserva
Ilvio Diamanti i giovani sono all’insegna dell’invisibilità.
Si evidenziano due aspetti importanti:
1. Gli adolescenti e i giovani vanno studiati, capiti, incontrati in un
modo del tutto nuovo;
2. All’interno della realtà giovanile esiste una varietà rilevante di
situazioni, così come la capacità di aggregarsi intorno ai nuovi
problemi quali l’emergenza ambientale, la globalizzazione
dell’economia, la povertà e le disuguaglianze.
Occorre pertanto infrangere l’invisibilità, sviluppando un “doppio
sguardo”: quello degli adulti sui giovani e quello dei giovani su se stessi.
Un cambiamento riguarda la gerarchia di valori fondamentali per i
giovani: famiglia, amici, amore, in virtù dei quali i giovani risultano
“familisti convinti”, tuttavia la famiglia e i figli non risultano l’unica
79

fonte di realizzazione per il futuro. I giovani così manifestano una


Pag.

profonda incertezza per il futuro.


Elena Di Leo
Si è compiuta una analisi multivariata che ha permesso di evidenziare
una molteplicità di forme di costruzione di sè e del proprio percorso di
vita. Sono emersi 3 grandi gruppi di soggetti:
- Acquisitivo: dimensione attiva e propositiva con un impegno
attorno alla rielaborazione delle proprie scelte esistenziali
- Disimpegnato: mostra un’esposizione al rischio e alla
demotivazione, ma anche alla devianza
- Svantaggiato: presenta situazioni di povertà materiale, che lo
conducono a vivere situazioni di marginalità e di conseguenza
anche una dipendenza forte dalle condizioni di vita e dagli
adulti, con poco spazio per l’elaborazione di un’autonoma
scelta di vita.
• A fronte di una “costellazione di adolescenze”, si colgono nella
realtà giovanile contemporanea, alcuni tratti unificanti, fra tutti il
prevalere dell’orientamento al principio di relazione piuttosto che
al principio di prestazione. Uno degli ambiti più significativi per
esprimere questi bisogni relazionali è costituito dalle diverse forme
di aggregazione spontanee e quindi più specificamente da quello
che viene solitamente definito come gruppo dei pari.

IL GRUPPO DEI PARI COME AGENZIA DI SOCIALIZZAZIONE ORIZZONTALE


Il gruppo dei pari come aggregazione spontanea tra coetanei e luogo di socializzazione
orizzontale (paritaria) arriva piuttosto tardi all’attenzione dei sociologi e questo per almeno due
motivi:

i primi studi considerano questa forma di


aggregazione per lo più in termini funzionali, il secondo motivo è legato al fatto che
come completamento del processo di l’età adolescenziale e la visibilità della
socializzazione di famiglia e scuola. La condizione giovanile risultano essere una
sostituzione si realizza soltanto in presenza scoperta recente a causa delle
di forme di aggregazione deviante, quali le trasformazioni socioeconomiche. I gruppi
gangs, le bande giovanili, ecc. Emerge quindi giovanili acquistano importanza
che il gruppo dei pari non è più solamente crescente anche in relazione al
funzionale e potenziale rispetto alla progressivo indebolimento delle
socializzazione familiare e scolastica. tradizionali agenzie di scolarizzazione.

Tanto più l’adolescenza si dilata e tende a configurarsi come indeterminatezza, tanto più cresce di
importanza il gruppo di pari, che consente di trovare forme di rassicurazione e di solidarietà al di
là di quella familiare, che tuttavia continua a costituire un riferimento importante per la maggior
parte dei giovani, soprattutto come supporto economico e spesso solidale in questa dilatazione
dei tempi di crescita e delle numerose possibilità di esperienza.
Il gruppo dei pari si è trasformato in relazione al contesto storico-sociale:

a gruppo per lo più spontaneo e informale,


80

da gruppo in funzione di finalizzato allo stare insieme per sperimentare


un’opposizione decisa e di
Pag.

un’esperienza relazionale diversa e autonoma,


rifiuto della società adulta libera dai ritmi e dalle regole della convivenza
Elena Di Leo
familiare.
Le recenti indagini dimostrano un’evidente diversità di esperienze tra femmine e maschi:
Progressiva conquista di Alle femmine è riservato un Non si registra nei maschi lo
autonomia rispetto alla maggiore controllo da parte stesso
famiglia della famiglia e quindi una
continuità interno/esterno
Stili relazionali Le femmine hanno una I maschi hanno cerchie più
cerchia più ristretta di amici allargate
ma curano di più le relazioni
La gestione del tempo libero Modo intimistico-riflessivo modo ludico-evasivo
Nei tempi più recenti, c’è Le femmine escono verso gli I maschi scoprono la casa
stata una incrinatura degli spazi aperti: la diffusa come luogo dove potersi
schemi tradizionali dettati scolarizzazione delle ragazze incontrare con gli amici
dall’influenza l’hanno le nuove ha prodotto sia una
tecnologie informatiche, che maggior contatto fra i sessi sia
contribuiscono a ridefinire i la fruizione di spazi esterni
modi, i tempi e i luoghi dello all’ambiente domestico.
stare insieme

Il gruppo di pari si distingue in formale, apprezzato dagli adulti che favoriscono l’inserimento dei
figli, ed informale considerato parzialmente pericoloso.
Palmonari sottolinea come il gruppo informale svolga di fatto un ruolo di mediazione del
rapporto con gli adulti, e contemporaneamente sottolinea come i gruppi di adolescenti vivano
una mancanza di interlocutori adulti, genitori e non, e come tanti comportamenti devianti nascano
dalla necessità di rendersi visibili alla società degli adulti.

➔ Procura uno status simbolico autonomo, fondato sulle proprie


realizzazioni
➔ Fornisce una stima di sé e una sicurezza basata sull’accettazione
Il gruppo svolge diverse funzioni reciproca e garantisce appoggio nel processo di emancipazione
nell’adolescenza (Lutte): dai genitori e dagli adulti
➔ Luogo di apprendimento dei modi di rapportarsi agli altri al di
fuori della famiglia, senza la mediazione degli adulti
➔ Contribuiscono a creare una separazione tra le classi, in quanto
l’aggregazione avviene solitamente in base al sesso e alla classe
di appartenenza, per contro i gruppi misti favoriscono
l’eterosessualità

Il gruppo dei pari si configura come vera e propria agenzia di socializzazione, con caratteristiche
molto diverse rispetto alle agenzie tradizionali, ma tale gruppo riveste un ruolo fondamentale
subito dopo la famiglia e il lavoro.
Il gruppo dei pari è importante per la fruizione di prodotti di consumo, come la moda o la musica,
che costituiscono pertanto elementi ulteriori di aggregazione e di identificazione, ma anche di
differenziazione. Riguardo ai consumi viene riformulata una tipologia di giovani consumatori:
• i ludici/colti, che presentano consumi elevati sia di tipo culturale sia di tipo giovanile;
• i ludici che hanno pratiche elevato solo di consumi giovanili
81

• i colti presentano consumi elevati solo rispetto a quelli culturali


Pag.

• gli esclusi che non accedono a nessun tipo di consumo


Elena Di Leo
La caratteristica fondamentale per partecipare al gruppo è il possedere reazioni molto sensibili
nei confronti della moda. Di importanza è l’abbigliamento, lo stile, piercing o tatuaggi, che
indicano un modo di presentare, confermare o negare aspetti del sé, da spendere nel gioco delle
relazioni e delle appartenenze.
Gli oggetti a cui gli adolescenti e giovani ricorrono sono oggetti di consumo, quindi oggetti
prodotti massicciamente attraverso la pubblicità, che risultano essere transitori. A fronte della
crescente omologazione e spersonalizzazione indotte dalla cultura di massa, il giovane cerca di
sfuggire. Per cui i giovani sono nomadi, in continua esplorazione di possibilità “altre”.

Un aspetto importante da considerare riguardo alla socializzazione orizzontale è la dimensione


normativa e regolativa.

Da parte degli adulti, i gruppi adolescenziali Il gruppo dei pari è un luogo di sperimentazione
sono considerati come luogo di trasgressività della tenuta di valori, norme e regole apprese e di
e di infrazione delle regole e pertanto da rielaborazione di un proprio codice normativo di
controllare. Gli adulti temono soprattutto le riferimento e si nota chiaramente come il gruppo
conseguenze per i rischi che i ragazzi corrono si dia delle regole. Questo da un lato indica come
durante le ore che trascorrono senza
si abbia spesso una visione riduttiva e fuorviante
sorveglianza da parte loro. Queste
della vita dei gruppi adolescenziali, dall’altro la
preoccupazioni poggiano sulle paure degli
necessità di superare un’impostazione protettiva,
stessi adulti, che di solito non sviluppano
un’osservazione diretta e attenta di ciò che dando invece valore e spazio alla crescita di
avviene all’interno dei gruppi giovanili. consapevolezza e di responsabilità ai giovani.

Da qui si comprende l’impossibilità di capire i giovani se non si attiva anche una comprensione del
modo con il quale gli adulti considerano le nuove generazioni.
Si tratta di un percorso lungo che si snoda su due assi fondamentali: quello dell’individualità e
quello della socialità attorno a questioni come quella della libertà, della scelta, della
responsabilità e dell’attribuzione di senso. È cruciale l’incontro tra dimensione individuale e
dimensione sociale, nella costruzione di un’identità dialogica, capace di sviluppare processi di
scelta, attribuzione di senso, assunzione di responsabilità, facendosi carico della gestione della
propria libertà.

LA SOCIALIZZAZIONE INFORMALE E LEGGERA DEI MEDIA


Le considerazioni relative ai giovani rimandano immediatamente ai media della comunicazione,
proprio in quanto essi costituiscono un elemento centrale nell’aggregazione e degli scambi tra i
giovani. Il ruolo svolto dai media e il tipo di influenza vanno considerati in relazione a contesti di
riferimento o a gruppi o classi d’età.
- Sono mezzi che creano e trasmettono una definizione della realtà e che
influenzano i processi di pensiero.
Ci si chiese se i - Sono veri e propri ambienti in grado di modellare i processi di
media si possano conoscenza attraverso linguaggi e attivazioni sensoriali e per tanto
essere considerati producono socializzazione.
un’agenzia di - Grazie al contributo dei Cultural Studies, riguardo alla struttura della
socializzazione
82

comunicazione, viene meno una concezione trasmissiva di tipo lineare


e unidirezionale, che lascia spazio a un’analisi della comunicazione
Pag.

basata su una concezione circolare, fondata sulla retroazione, sul


feedback e quindi sulla valorizzazione del soggetto ricevente comeElena Di Leo
soggetto attivo nel riconoscere, decodificare ed elaborare il messaggio.
Con questo interrogativo inizia lo studio degli effetti dei media.
Negli anni 60 si possono individuare due posizioni:
- Quella degli apocalittici: assumono una posizione di rifiuto dei mass
media, in quanto trasmettono una cultura di tipo omogeneo e anche
quando diffondono i prodotti della cultura superiore, lo fanno livellandoli
in modo da essere più facilmente fruibili, secondo un gusto medio e
senza sforzi particolari (tesi appoggiata dagli studi marxisti).
- Quella degli integrati: difendono la cultura di massa, soprattutto perché
Quale tipo di essa consente una diffusione e una circolazione delle informazioni e dei
socializzazione prodotti culturali presso un elevato pubblico che un tempo non ne
producono i aveva accesso (tesi sostenuta dai funzionalisti).
media?
Per quanto riguarda l’effetto socializzante dei media, ci sono due posizioni:
- la teoria della coltivazione, applicata in particolar modo all’analisi della
televisione, sostiene che non si tratta di effetti che si producono a breve
termine, ma di rappresentazioni della realtà sociale elaborate nel corso
del tempo in seguito alla fruizione televisiva.
- Su posizioni contrastanti troviamo autori che mettono in evidenza come i
processi di coltivazione sia circoscrivibile ad un contesto televisivo,
culturale ben definito e non sia generalizzabile in modo indifferenziato.

Si profilano due posizioni differenti:


- La prima privilegia l’idea che ogni agenzia produca forme di
socializzazione settoriali, che trovano semmai una riunificazione
nel soggetto singolo, nella sua rielaborazione.
Interazione dei - L’altra sostiene una reciproca integrazione e rinforzo tra le
media in quanto agenzie come, in una visione che potremmo definire sistemica,
realtà socializzante per cui, per esempio, i modelli culturali proposti attraverso i mass
con le altre agenzie media sarebbero solo una riproposizione di ciò che viene
educative (scuola e elaborato in altri ambiti; in questo caso, essi farebbero da cassa di
famiglia) risonanza delle mode e dei fermenti culturali.

In entrambe le posizioni, appare il ruolo dei soggetti coinvolti:


- Il soggetto è in balia dei flussi comunicativi e quindi incapace di
opporvisi (visione settoriale).
- Il soggetto è visto attivamente, in grado di selezionare, scegliere,
ricomporre le diverse esperienze.

Ulteriori approfondimenti portano a sottolineare come tante esperienze mediatiche


corrispondono a tanti linguaggi e ad una costruzione diversificata di processi di pensiero: con
riferimento ai media della comunicazione di massa, i processi di pensiero seguono un andamento
diverso rispetto a quelli che vengono sviluppati all’interno di una situazione di apprendimento
83

scolastico, dove il processo risulta essere intenzionale e governato e con stretto riferimento ad
una cultura scritta.
Pag.

Elena Di Leo
La socializzazione attraverso i media sembra configurarsi come un processo mediato all’origine
che evidenzia un’asimmetria tra chi produce il messaggio e chi lo riceve.
Si sta configurando una nuova prospettiva nel modo di concepire la posizione del destinatario:
- Da una fruizione passiva.
- Ad un aumento dell’interattività con il mezzo

PERCORSI VIRTUALI NELLA COSTRUZIONE DI CONOSCENZA E DI IDENTITA’


Ogni analisi dei media incontra la questione tecnologica. McLuhan stabilisce un legame stretto tra
sviluppo delle tecnologie di trasmissione (stampa, telefono, radio tv) e cambiamento delle
modalità della costruzione di cultura e di fruizione della cultura stessa.
Questa concezione deterministica sottovaluta la discrezionalità e selettività operata dagli attori e
dai gruppi sociali e quindi la possibilità di una posizione critica e consapevole nei confronti
dell’uso dei mezzi elettrico-elettronici.

L’ottica con cui considerare il ruolo dei media nella costruzione culturale e
nell’educazione e socializzazione è piuttosto quella della interdipendenza,
dove i media contribuiscono alla produzione della cultura, ma a sua volta il
contesto culturale ne influenza la pervasività, la diffusione, l’importanza.

Richiamando l’approccio morfogenetico di Margaret Archer, potremmo dire che, secondo le fasi
del ciclo morfogenetico, esiste una prima fase di partenza, data dal condizionamento strutturale e
culturale, sulla quale si sviluppano le fasi successive di interazione e rielaborazione culturale, in cui
i soggetti o i gruppi hanno un ruolo attivo e gli esiti dei processi di interazione non sono prevedibili.

Gli stessi media della comunicazione non possono pertanto essere considerati solo tecnologia, e
neppure il loro ruolo è unidirezionale, essi sono produttori di circuiti culturali = sono veicoli di
cultura e sono considerati dalla cultura dei propri oggetti.

Si viene così ad affermare una nuova funzione quella


della mediazione o meglio di cross mediazione,
collocata trasversalmente alla produzione e al
consumo mediale, quindi parte di un unico ambiente
attraversato da flussi comunicativi plurimi.

Una caratteristica fondamentale che si accentua con la diffusione massiccia dei new media è
l’interattività che permette di acquisire informazioni e conoscenze in forma autonoma, non
predefinite da un programma scolastico.
Molti autori si chiedono quale conoscenza e quale identità crei una vita sullo schermo. Con il
tempo si è diffusa in maniera intensa e frenetica la “cultura di rete” e, con essa, le dinamiche di
socializzazione seguono oggi percorsi molteplici e differenziati, e proprio attraverso la rete si
84

sperimenta una quota di libertà eccezionale e rischiosamente vincolata al mezzo tecnico.


Pag.

Elena Di Leo
Giuseppe Granieri parla di blog generation per descrivere in modo sintetico il cambiamento in
atto, soprattutto con lo sviluppo dei weblog:

Sono spazi in rete che rendono I weblog raggruppano i contenuti per persona,
possibile la connessione tra fornendo agli individui uno strumento di
milioni di persone per lo scambio identificazione fortissimo. Le relazioni che si
di testi, informazioni, opinioni, instaurano sono salde, basate sulla fiducia reciproca,
indicazioni di links interessanti o con la verifica immediata della non attendibilità
importanti sull’argomento. dell’interlocutore. Si costituiscono vere e proprie
comunità in cui la regola è il confronto.

Tuttavia, Granieri riflette sul digital divide, affrontando la questione delle disuguaglianze tra chi
accede alle risorse e chi invece rimane fuori, facendo riferimento allo status, al genere, all’età, al
territorio, alla disabilità e alle generazioni.

È importante sottolineare il rapporto tra utilizzo dei media e generazioni. La tendenza che ha
preso campo è quella che enfatizza la distanza tra generazioni, con il ricorso ad etichette: si parla
di nativi digitali per distinguerli da coloro che sono nati prima della diffusione delle tecnologie. Ma
si suole distinguere le ultime generazioni proprio in relazione al veloce cambiamento tecnologico:
Baby Boomers 1946-1964 Cresce con la fruizione della tv pubblica e pedagogica (es:
carosello)
Generazione X 1965-1980 Cresce con i cartoons e la diffusione delle diverse tv private
Generazione Y 1980-2000 Figlia della nuova tecnologia digitale definita anche “nativa
digitale”
Generazione Z nati dopo il 2000 I figli della rete e dei tablet
Generazione C attuale Sempre connessa

COMUNICAZIONE VERSUS EDUCAZIONE?


Gli insegnanti si rendono conto di come siano in atto profonde trasformazioni tanto del loro ruolo
di trasmissione di un patrimonio culturale quanto dei modi di accesso al sapere, alla conoscenza
e degli stili di apprendimento dei loro allievi. Gli insegnanti soprattutto nella società attuale,
devono realizzare una neo-alfabetizzazione per l’accesso ai nuovi linguaggi dei media. Così è
fondamentale riflettere sul cambiamento dei ruoli educativi che diventano ruoli di mediazione o
di intermediazione.

Tomlinson propone una riflessione interessante sul concetto di mediazione:

Significa intervento che il medium produce sulla Non è solo una facilitazione,
comunicazione stessa, quindi il medium imprime annullamento della distanza, ma un
il suo marchio sulla comunicazione, realizzando processo di attraversamento di un
mutamenti qualitativi dell’esperienza di ciò che medium, la cui esperienza genera
viene comunicato. inevitabilmente delle conseguenze.
85
Pag.

Elena Di Leo
La funzione di mediazione dipende dai vari tipi di interazione

L’interazione faccia a L’interazione La quasi-interazione


faccia mediata mediata

• Quella che • Richiede • È quella realizzata


avviene in invece dai mezzi di
compresenza, l’impiego di un comunicazione,
con una mezzo tecnico, che si rivolgono a
condivisione che consenta un potenziale
evidente di un la trasmissione infinito di soggetti
comune di informazioni lontani tra loro
sistema di contenuti nello spazio e nel
riferimento simbolici tra tempo con un
spazio- soggetti flusso della
temporale. lontani nello comunicazione
spazio e nel per lo più
tempo. unidirezionale.

L’esperienza faccia a faccia è quello che l’insegnante utilizza quotidianamente, ma è altrettanto


evidente che nella realtà della vita della classe entrano direttamente o indirettamente, in forma
reale o come tracce di esperienze precedenti, anche le altre forme di interazione mediata o di
quasi interazione mediata.

L’insegnante appare come un abile ed esperto mediatore di interazioni e di esperienze mediate


da altri o altrove, mediatore quindi di un bagaglio complesso, in cui si intrecciano conoscenze,
rappresentazioni, idee o preconcetti sedimentatati o in corso di elaborazione.
La difficoltà è data sia dalla diversificazione dei livelli di conoscenza ed elaborazione degli alunni
sia dalla riduzione della distanza nel possesso di conoscenze tra chi insegna e chi apprende. Tutto
ciò sollecita una funzione di mediazione delle diverse esperienze, non semplicemente come
facilitazione di accesso e fruizione, ma e soprattutto come intervento sulle esperienze, sui mezzi e
sulle modalità di apprendimento.
È evidente l’associazione tra la funzione educativa e
comunicativa. Il docente possiede funzione attiva di
La figura di riferimento è media
mediazione intesa come capacità di attivare in modo critico
educator
le diverse forme di comunicazione mediata, ma anche
capacità di decodificare e intervenire nella variegata attività
simbolica che i media offrono. Appare evidente una
riformulazione del ruolo dell’insegnante e quindi delle sue
funzioni e delle sue competenze e capacità: l’insegnante è
un mediatore di esperienze mediate

La tradizione torna alla ribalta: il rapporto fra tradizione e contemporaneità chiede di essere
riallacciato, ma non semplicemente in forma prescrittiva (perché è bene che le tradizioni non
muoiano), bensì perché le tradizioni rappresentano il substrato della modernità, il materiale
86

costitutivo continuamente oggetto di confronto e di rielaborazione.


Pag.

Elena Di Leo
L’enfasi sulla pervasività dei media nelle giovani generazioni ha portato a sviluppare negli anni 90,
la tesi della “socializzazione leggera”, che descrive una socializzazione ormai priva di riferimenti
adulti forti, perché realizzata anche fuori dalle istituzioni come la scuola.
Entrando nel merito dell’ipotesi della socializzazione leggera, si coglie una sorta di
contrapposizione che si instaura tra educazione e socializzazione: coloro che sostengono la tesi
della socializzazione leggera dichiarano esaurita l’educazione, in quanto gli agenti educativi
perdono il potere di innescare nell’educando una tensione a crescere finalizzata a lungo termine e
orientata socialmente.

Nella socializzazione si valorizza la pluralizzazione delle esperienze attraverso coinvolgimenti


mirati legati a gruppo in modo intermittente, con una prevalenza delle forme imitative su quelle
identificatorie e una radicale centralità del soggetto-socializzando.

La contrapposizione educazione-socializzazione costruisce una serie di alternative altamente


problematiche:

Si sostiene che la valenza comunicativa In secondo luogo, la contrapposizione tra


sarebbe da riservare all’ambito della educazione e comunicazione si specifica
socializzazione informale, che si realizza come alternativa tra mediazione e
nei gruppi dei pari e nell’esperienza immediatezza: l’educazione sarebbe
mediale, mentre nella dimensione pertanto il luogo della mediazione
formale andrebbero collocati i processi culturale e sociale, mentre la
educativi scolastico e familiare, intesi comunicazione il luogo dell’immediatezza
come flussi unidirezionali di stimoli e di simpatetica verso stili cognitivi o
schemi interpretativi della realtà. comportamentali attraenti in quel
momento.

Non si dà educazione senza comunicazione e non si realizza un’educazione formale senza


l’apporto dei livelli informali di comunicazione. La socializzazione, nei suoi livelli formali e
informali, è sempre mediazione di punti di vista. Non esiste immediatezza, neanche con se stessi:
assumendo la concezione dell’identità narrativa, viene evidenziata la struttura del sé in forma di
conversazione, con se stesso e con gli altri: in questo caso l’attività di mediazione del soggetto con
se stesso si qualifica come riflessività, con un grado ben diverso di elaborazione da parte del
soggetto rispetto alla spontaneità e passività della ricezione mediale.
87
Pag.

Elena Di Leo

Potrebbero piacerti anche