SOCIETÀ, CULTURA,
EDUCAZIONE
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PARTE PRIMA
IL RAPPORTO TRA EDUCAZIONE-SOCIETÀ E LE SUE TRASFORMAZIONI
La sociologia dell’educazione è una branca specialistica della sociologia che ha dovuto affrontare lo
scontro con altre discipline, come la pedagogia, che si occupavano a loro volta di educazione.
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È nella terza fase che si sviluppano gli
Sviluppo delle approcci e i paradigmi specifici della
riflessioni sociologia dell’educazione, sono anni in cui
teoriche e delle si afferma una maggiore domanda di
1970 - 1980 istruzione, nonché problemi legati al mondo
ricerche sui
del lavoro.
fenomeni e sui
A partire dagli anni ’60 il legame istruzione-
processi
occupazione diventa centrale a causa di una
educativi
maggiore scolarizzazione, con una
conseguente inflazione dei titoli di studio a
fronte di sbocchi lavorativi piuttosto limitati.
Sono anni ambivalenti, alcuni temi sono oggetto di interesse, altri sono trascurati.
Le ricerche sugli insegnanti sono discontinue, la più recente è data nel 2010, ad
opera dello IARD che attraverso dei questionari ha analizzato temi come
l’aumento degli alunni stranieri, la maggiore esposizione ai media, l’aumento di
Anni ’90 fenomeni come il bullismo.
La sociologia dell’educazione può essere quindi definita come quel settore di studio che considera
l’analisi dei fenomeni educativi come una branca della sociologia generale, con lo scopo specifico
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Andrea Maccarini sottolinea la dimensione relazionale della sociologia dell’educazione a partire
dall’assunto che l’educazione è in quanto tale un fatto relazionale, per cui “la sociologia
dell’educazione analizza tutti i fenomeni in cui l’educazione si realizza, ossia la piena relazionalità
in cui si articolano i processo socio-educativi, con tutti gli elementi e relazioni in cui consistono”.
La sociologia dell’educazione si trova, inoltre, di fronte alla necessità di stabilire legami con
discipline affini come la psicologia o la pedagogia, soprattutto quando queste sviluppano un’ottica
sociale. Si avverte oggi una tendenza crescente, comune a tutte le scienze dell’educazione, a
superare gli stretti orizzonti disciplinari e ad accettare quindi, pur nel rispetto dello specifico punto
di vista, una “fertilizzazione reciproca” tra discipline diverse. L’apertura reciproca può avvenire a
partire dalla scoperta di problematiche comuni attorno a un oggetto di studio, l’educazione,
definito oggi come complesso e a sua volta collocato in una realtà sociale e culturale altamente
complessa.
È possibile fare riferimento a una serie di tentativi sistematici di individuazione delle aree o
tematiche più importanti della sociologia dell’educazione.
Tra questi, Cesareo descrive 5 grandi settori di indagine consolidati o in via di sviluppo:
• Il rapporto tra sistema educativo e struttura sociale, che ha sviluppato in particolar modo
l’analisi del rapporto tra istruzione e stratificazione sociale;
• La riflessione sulle determinanti sociali dell’educabilità, che approfondisce i problemi legati
all’influenza sull’educazione dei fattori genetici e di quelli ambientali, con uno sviluppo in
particolar modo dell’analisi dei condizionamenti ambientali in rapporta alla riuscita
scolastica;
• L’analisi diretta dell’istituzione scolastica, concepita in termini di sottosistema sociale e in
quanto organizzazione;
• Gli insegnanti, il loro status professionale e il rapporto con gli allievi;
• Gli effetti dell’educazione scolastica, cioè l’esame delle modificazioni che la scuola produce
sugli allievi attraverso l’assimilazione di valori tipici della cultura scolastica e mediante il
conseguimento degli obiettivi sa essa prefissati. In tempi più recenti quest’ultimo settore si
svilupperà nella direzione di una valutazione dell’efficacia ed efficienza dei sistemi formativi
e quindi della qualità dell’istruzione.
L’attenzione a questi diversi settori di indagine non è stata costante nel tempo. Tale andamento
discontinuo di temi, ricerche e metodologie ha indubbiamente rallentato il consolidamento
teorico e metodologico della sociologia dell’educazione.
L’oggetto di studio della sociologia dell’educazione, si è modificato e ampliato nel tempo, anche se
rimane quale fulcro centrale, l’analisi del rapporto tra educazione e società, tuttavia articolato di
volta in volta e arricchito da questioni o aspetti socialmente significativi e rilevanti. La sociologia
dell’educazione non può non occuparsi oggi della realtà familiare, dei giovani, dell’infanzia e in
generale dei bisogni di educazione e formazione lungo tutto l’arco della vita, e quindi anche degli
adulti, delle persone anziane, ma anche dei new media, della o delle religioni, delle diverse culture
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FONDAMENTI NELLO STUDIO DEL RAPPORTO EDUCAZIONE-SOCIETÀ.
IL MODELLO CLASSICO DELLA DIPENDENZA (cap2)
A partire dalla società moderna, la società stessa sarà in continua trasformazione, per questo i
sociologi si interrogano per comprendere cosa generi, in un clima di cambiamento, l’ordine
sociale. Tra i sociologi si apre un dibattito circa il fine e le funzioni che l’educazione ricopre per
mantenere l’ordine sociale.
La sociologia dell’educazione essendo una scienza abbastanza recente ha prodotto sia paradigmi,
ovvero concettualizzazioni teoriche che trovano un riscontro empirico, e approcci teorici, in cui il
confronto empirico deve ancora generare una teoria.
Rapporto di
Rapporto di autonomia tra Rapporto di
dipendenza tra educazione e società interdipendenza tra
educazione e società educazione e società
Ognuno di questi paradigmi studia il rapporto educazione-società che si sviluppa in tre fasi:
Fasi Modalità del rapporto Problematica fondamentale
Dipendenza Lineare Ordine sociale
Autonomia Discontinuo Pluralismo culturale
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IL MODELLO CLASSICO DEL RAPPORTO EDUCAZIONE SOCIETÀ
A prescindere dall’approccio che si assume ci sono dei principi generali alla base del rapporto
educazione-società
I sociologi classici offrono contributi eterogenei, ma considerano tutti l’educazione come uno
strumento per mantenere l’ordine sociale e generare integrazione sociale.
Il concetto Durkheimiano di educazione è strettamente connesso alla società francese del suo
tempo, travagliata da lotte politiche, che porterà alla formazione della Terza Repubblica.
Per DURKHEIM l’ordine sociale deriva da valori comuni condivisi dalla popolazione.
Essendo la condivisione di leggi e norme morali il fondamento dell’ordine secondo Durkheim, egli
sostiene che l’educazione abbia il compito di sviluppare il processo di inclusione e integrazione
del soggetto.
In che modo
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Il soggetto deve Si realizza una sorta
aderisce sulla di sacralità nel
La società L’individuo base della propria rapporto tra società
deve avere deve individualità alle ed individuo, ovvero
un’autorità comprendere norme e ai valori, la società fornisce un
normativa e questa autorità non sentendosi l’orientamento
morale. morale. sottomesso, ma attraverso il quale i
per sentirsi soggetti adottano
incluso ed schemi
integrato. comportamentali.
Anche l’istruzione rappresenta lo spazio in cui la sacralità viene riprodotta. Dunque, nelle scuole e
nelle famiglie, gli educatori, dopo aver interiorizzato l’autorità morale della società devono a loro
volta trasmetterla. L’educazione è funzionale per la trasmissione dell’autorità morale e normativa.
In questa visione della società la ribellione e il suicidio non sono contemplati, perché non indicano
una interiorizzazione della solidarietà ed una successiva rielaborazione decidendo di allontanarsi
dalla società, ma al contrario indicano che il soggetto non è riuscito ad integrarsi, non ha
sviluppato il vincolo sacrale con la società altrimenti sarebbe stato bene con la società stessa.
Il suicidio è indice di una società anomica, che non è riuscita a specificare le norme e i valori e
dunque non ha consentito l’integrazione del soggetto.
MARX
Anche nella concezione MARXISTA del rapporto tra educazione e società molto dipende dalla sua
visione della società capitalistica, egli evidenzia all’interno di essa una:
nella ripartizione.
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Marx esprime una concezione sia negativa che positiva dell’educazione
WEBER
Max Weber per definire cosa determina l’ordine sociale parte dal concetto sociologico di
Ceto
Tra la società e l’azione sociale dell’individuo si instaura una reciprocità, che è maggiormente
visibile all’interno del ceto a cui il soggetto appartiene. Weber va oltre il concetto di classe
marxista legato alla sfera economica introducendo il concetto di ceto a cui un individuo
appartiene sin dalla nascita e che determina la considerazione di cui gode all’interno dei rapporti
sociali.
Un soggetto non appartiene ad un determinato ceto solo perché è nato all’interno di esso, ma
perché l’individuo agisce in modo intenzionale e coerente alle aspettative del ceto di
appartenenza affinchè la sua azione sia accettata come razionale.
ceto di appartenenza
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Weber vede una relazione stretta tra potere, cultura e educazione.
Egli studia i sistemi di potere che si sono alternati perché e grazie ad essi che si ottiene l’ordine
sociale.
Il potere per mantenersi nel tempo non si basa su una imposizione, ma sull’azione sociale del
singolo dotata di razionalità cosciente che agisce per trovare la considerazione da parte del ceto di
appartenenza, considerato lo spirito religioso del luogo natio.
Il potere, per Weber è la possibilità di far eseguire dei comandi anche in presenza di
un’opposizione: chi possiede un potere legittimato ha l’autorità in grado di ottenere obbedienza.
Weber individua tre tipi fondamentali di potere, con relative basi di legittimazione, poi ogni
potere definisce un ideale educativo ovvero modelli teorici ideali che ricostruisce per spiegare il
modello educativo che ogni società ha avuto nel tempo.
Tutta la specializzazione funzionale avrebbe dovuto portare ad un equilibrio della società, senza
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elevati tassi di disoccupazione, ma non è così perché si crea ancora disparità.
SIMMEL
Per Simmel alla base della società c’è il concetto di sociabilità ovvero i prerequisiti per stabilire
delle relazioni. L’azione individuale è la risposta alle forme oggettivate della cultura che
preesistono all’individuo.
Ogni individuo vede Ogni elemento di un gruppo Nella società ogni elemento
l’altro non nella sua non è soltanto parte di una occupa un posto
totalità, ma nella specifica società, ma è anche altro. individualmente
collocazione sociale. Le società sono formate da determinato. Ogni soggetto
All’interno dell’ambito soggetti che al tempo stesso possiede una propria
scolastico ad esempio un sono fuori e dentro alla società, professione che fa si, che
insegnante vede il collega quindi la coesione della società combinata a quelle altrui
proprio come insegnante. deriva proprio dall’autonomia formi una società unitaria.
dei soggetti e dalla loro
consapevolezza di essere
soggetti a sé stanti e al tempo
stesso in relazione con altri.
La società che Simmel analizza è la moderna società metropolitana basata vuol valore del denaro,
una società standardizzata, impersonale.
In questo luogo dove lo spirito oggettivo tenta sempre più di imporsi sullo spirito soggettivo, gli
individui cercano sempre più di conservare la propria unicità.
Per Simmel questa società spinge all’oggettività, ma in virtù dei tanti stimoli che offre è un luogo
fecondo per l’individualità.
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vista come umanizzazione, via
La via d’uscita da questa l’educazione d’uscita alla tensione oggettiva che
società alienante è proprio la cultura, soprattutto
metropolitana ha sul soggetto.
MANNHEIM
Karl Mannheim è conosciuto ideologia particolare che possiede asserzioni proprie
soprattutto per gli studi
nell’ambito della sociologia ideologia totale le cui asserzioni possono essere
della conoscenza, studia deformate e falsificate in base alla posizione storica e
l’origine sociale dei pensieri. sociale di un individuo, come accade per la borghesia
Per spiegare cosa determini descritta da Marx che possiede un’ideologia, ovvero
l’ordine sociale parte dall’analisi fattori inconsci che nascondono lo stato reale della
delle forme ideologiche, società. Le classi del proletariato al contrario sono
all’interno del suo scritto legate all’utopia, perché quei soggetti sono impegnati
“Ideologia e utopia” individua: nella trasformazione della realtà e vedono tutti quei
fattori che i borghesi tendono a negare.
L’ordine, il consenso sociale nelle ideologie totali che sfociano nel totalitarismo, come accade
nella sua epoca, nel nazismo, si basa sull’adattamento da parte del soggetto.
Per questo Mannheim rifiuta le ideologie che assumono posizioni dogmatiche invitando alla
riflessione soprattutto da parte degli intellettuali auspicandosi che la stessa integrazione e lo
stesso consenso si possano ottenere attraverso l’autonomia tipica della società democratica.
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PARSONS
Il soggetto nel suo agire può scegliere tra variabili-modello ovvero alternative di azione
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Ciascuno di noi agisce in un’ottica di razionalità dettata dalla normatività della società, ovvero ci
sono delle regole che il soggetto deve rispettare. La caratteristica di normatività non è solo
l’accettazione delle regole da parte del soggetto, ma è l’esercizio della razionalità rispetto al
sistema di regole che esiste nella società orientata all’integrazione dell’individuo.
Il punto di riferimento delle azioni normative sono le variabili modello ovvero le possibilità che il
soggetto ha in termini di alternativa d’azione.
Un soggetto può decidere di seguire
Variabili modello secondo la propria razionalità un’ottica
Particolarismo Universalismo di ascrizione o acquisizione. Questi
Diffusività Specificità concetti in sociologia fanno riferimento a
Ascrizione Acquisizione caratteristiche del soggetto intrinseche
Affettività Neutralità affettiva (ascritte) che dipendono dal background
Orientamento all’ego Orientamento alla collettività sociale e familiare o caratteristiche del
soggetto nuove (acquisite).
Ciò che consente alla società di progredire in primis è il sistema delle possibilità, l’esistenza stessa
di alternative tra cui scegliere, ma sicuramente anche grazie alla spinta all’autorealizzazione,
bisogno di successo.
Sono i processi educativi che garantiscono la potenzialità di passare da uno status ascritto ad uno
acquisito, il soggetto potrà mediante l’educazione scegliere tra le variabili-modello, ovvero le
alternative di azione garantite dai due poli.
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Ciò che spinge un soggetto a scegliere una variabile piuttosto che un’altra dipende dalla
normatività alla base della società e dal teorema della doppia contingenza.
Il soggetto nella propria azione sociale risponde a due caratteristiche contingenti:
Si crea quindi una complementarietà tra ciò che il soggetto compie e ciò che società si aspetta da
quel soggetto, una complementarietà delle aspettative.
L’azione sociale avviene in un sistema di aspettative reciproche attraverso una complementarietà
degli attori, con ciò si intende che l’azione del singolo è in conformità con l’azione dell’altro.
Tornando alla struttura della società, l’altro elemento essenziale del pensiero sociologico di
Parsons, essa è organizzata in sottosistemi, ogni sottosistema ha un prerequisito funzionale, essi
sono nel modello
A → adattamento all’ambiente
G → goal (definizione e conseguimento degli scopi)
I → integrazione delle sue parti
L → latenza (mantenimento del modello)
Nell’ambito della spiegazione funzionalista assume particolare rilevanza la funzione del sistema
culturale, perché è grazie alla cultura, all’educazione che si stabilisce ordine, mantenimento,
equilibrio, proprio perché l’obiettivo è la latenza (mantenimento nel tempo) del modello.
La struttura analitica dell’azione di Parsons, in questo modo spiega come i sottosistemi
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interagiscono tra di loro in ottica del mantenimento dell’ordine sociale, perchè ogni sottosistema
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risponde ad un requisito (prerequisito funzionale), funzionale all’esistenza del sottosistema
stesso, ma è funzionale anche al mantenimento della società stessa.
L’educazione e quindi la cultura, ancora una volta hanno un ruolo funzionale alla società per
consentire la socializzazione dei soggetti, ovvero l’acquisizione degli orientamenti che permettono
al soggetto di soddisfare le aspettative della società, in virtù di questo egli parla di
interdipendenza sistemica.
A ben vedere l’educazione è diversa dalla socializzazione, perché quest’ultima è un collegamento
tra tutti i sottosistemi, ma si può realizzare solo se c’è educazione.
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PROBLEMATIZZAZIONE DEL RAPPORTO EDUCAZIONE-SOCIETÀ.
DISCONTINUITÀ, INTERDIPENDENZA, INTERAZIONE (cap3)
Tutta la sociologia classica pur nelle sue specificità ha una concezione dell’educazione intesa
come un processo dipendente dagli obiettivi e dalle aspettative della società.
Ciò nasce dal fatto che, la sociologia è una scienza empirica che tratta di questioni incidenti,
diventate rilevanti in presenza di molti casi, il funzionalismo riusciva a spiegare i fenomeni del suo
tempo, il modello scuolacentrico che vigeva attraverso una linearità tra educazione e società.
Questo paradigma ha prodotto i suoi risultati: una maggiore accessibilità (Mannheim), una
scolarizzazione di massa, uguali chance per tutti.
Tra gli anni ’50 e ’60 del 1900 il paradigma della dipendenza non è più in grado di spiegare i
fenomeni che avvengono nella società. Si produce una disfunzione.
La libertà formale del diritto Si afferma uno stretto legame tra La scuola è assalita da
all’istruzione non si è istruzione ed occupazione, infatti diversi compiti ai quali
trasformata in libertà si assiste ad una crescente non riesce a far fronte,
sostanziale, ovvero non tutti domanda di istruzione, ma una eterogeneità della
riescono ad esercitare forme all’incremento del tasso di popolazione studentesca
di libertà, ci sono ancora scolarizzazione non corrispondono che è portatrice delle
disuguaglianze tra i soggetti. rispettivi sbocchi occupazionali, proprie aspettative e dei
dunque si crea un fenomeno di propri orientamenti.
inflazione dei titoli scolastici.
La crisi di una stretta dipendenza tra educazione e società evidenzia la una discontinuità
(conflittualità) tra educazione e società, che nasce proprio dal modello scuolacentrico che
non dialoga con gli altri enti, la scuola che non si relaziona con il mondo del lavoro.
Questa situazione porta alla
nascita di un policentrismo funzionale e alla constatazione dell’assenza delle mobilità
sociale
BOURDIEU
Con Bourdieu si sviluppa la teoria della riproduzione culturale o teoria del deficit, nella sua visione
la scuola riproduceva le disuguaglianze insite nella società, non le elimina.
Gli habitus sono prodotti dei condizionamenti sociali che finiscono per formare gruppi
accomunati dallo stesso stile di vita. Gli habitus sono condizionati socialmente in primis dalla
famiglia di origine e poi anche perché il soggetto tende a riprodurre
Ciò per combattere anche la
e perpetuare questa sua posizione. Se i condizionamenti sociali
povertà educativa, un
provenienti dall’educazione si muovono nell’ottica della rimozione
concetto che riguarda le
degli ostacoli che limitano la libertà dei soggetti, se l’educazione
condizioni strutturali delle
interviene negli spazi educativi, nei luoghi dell’educazione, si può
famiglie, le differenze di
bloccare l’effetto sperequativo degli habitus.
disponibilità e dotazione di
L’educazione non deve muoversi solo sul piano principio ideologico,
strumenti culturali dei diversi
formale, ma sul piano sostanziale altrimenti le disparità verranno
contesti.
solo riprodotte.
All’interno di uno SPAZIO SOCIALE i il capitale economico
soggetti si distribuiscono in funzione
della loro posizione secondo due principi: il capitale culturale.
Ogni soggetto appartiene ad una famiglia con un proprio capitale culturale ascritto, per misurarlo
empiricamente si usa la variabile titolo di studio dei genitori.
Affinchè il capitare culturale ascritto del genitore non rimanga lo stesso nel figlio è necessario
limitare l’effetto sperequativo degli habitus.
La socializzazione è una forma di incorporazione dell’habitus, ovvero
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Dahrendorf riprende il concetto di ceto inteso, non più come classe puramente economica, ma
come insieme di valori. L’appartenenza assume un carattere più ideologico, in tutti i ceti ad
ognuno sono offerte chance, ed ognuno possiede il diritto di fare delle scelte.
La differenza tra un individuo è l’altro sta nel cogliere quelle chance che inevitabilmente gli si
presentano esercitando la propria libertà.
Libertà attiva è propria di quel soggetto Ogni qual volta usiamo la nostra
che sa cogliere le possibilità e libertà attiva dobbiamo far
trasformarle in azioni che contribuiscono riferimento alle legature,
al suo benessere a alla stabilità. Libertà perché la libertà è l’esercizio
Al soggetto spetta l’esercizio attivo della della propria azione, ovvero
attiva
propria libertà cogliendo le chance e non l’esercizio della propria identità
autoselezionandosi, ovvero escludendosi che è fortemente influenzata
a priori, perché vorrebbe dire produrre dai vincoli che ci legano al
un vantaggio sociale per quei soggetti che nostro ceto.
già hanno chance in più.
Il ruolo dell’educazione è fondamentale per quegli studenti che in virtù del loro capitale culturale
medio-basso non sono in grado di cogliere alternative chance. Il modo per rendere un soggetto
libero di agire non consiste nel modificare le proprie legature, appartenenze, il proprio reddito, ma
liberandolo da tutti gli ostacoli che non gli permettono di agire.
L’esercizio della libertà viene costruita ad opera dell’istruzione.
I socialmente esclusi non nascono tali, ma lo diventano da una assenza del ruolo dell’educazione
e dell’istruzione che non è riuscita a prospettare delle opzioni, possibilità, non è riuscita a
promuovere l’esercizio delle chance di vita.
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SVOLTA COMUNICATIVA
Alcune dinamiche della relazione educazione-società che il paradigma funzionalista non riusciva a
spiegare trovano risposte nel paradigma conflittualista.
Il conflittualismo non propone delle vere e proprio risposte, ma analizza evidenze empiriche quali
la disuguaglianza, l’iniquità, come sia possibile che la scuola riproduca le disuguaglianze di
ingresso.
In questa interpretazione però inizia a farsi strada una riflessione che condurrà alla svolta
comunicativa: non si possono fornire interpretazioni a priori, generalizzazioni, ma bisogna in ogni
caso considerare la variabile contestuale.
Negli anni ’90 si cerca di superare l’opposizione tra consenso e conflitto, orientando la riflessione
sociologica sia verso la conoscenza del funzionamento del sistema (livello macro) che verso
un’analisi dell’agire nella vita quotidiana (livello micro).
Tentare di conoscere al tempo stesso queste due componenti ha generato una dicotomizzazione
tra il punto di vista macro e quello micro.
Negli anni ’80 il dibattito macro-micro è stato ampiamente presente e ha contribuito a creare la
convinzione di avere davanti una società multidimensionale.
All’interno di questo dibattito si intravede la svolta comunicativa, ovvero una convergenza tra i
tanti approcci che però non porta ad un vero e proprio paradigma comunicativo, ma una
categoria interpretativa e rappresentativa della società complessa.
All’interno del dibattito macro-micro si sono distinte diverse voci, alcune propendenti verso un
punto di vista micro, che enfatizzano l’interazione e l’intersoggettività, altre che propendono
verso una lettura macro enfatizzando l’apparato sistemico.
APPROCCIO INTERAZIONISTA-FENOMENOLOGICO
Si ritrovano in questo approccio diversi contributi
Fenomenologia Alfred Schutz
Interazionismo simbolico George Herbert Mead
Herbert Blumer
Approccio drammaturgico Erving Goffman
Etnometodologia Harold Garfinkel
La corrente dell’interazionismo simbolico nasce a Chicago nel 1930 ad opera di Mead e dei suoi
allievi, specialmente Blumer.
Uno degli elementi più rilevanti di questo approccio consiste nell’aspetto creativo della realtà e di
produzione di significati ad opera di un attore sociale.
Il concetto di attore sociale è in comune con la corrente fenomenologica ed indica un soggetto
che interpreta la realtà, è riflessivo, capace di rielaborare gli stimoli, i simboli, le conoscenze che
acquisisce nella comunicazione con gli altri.
L’intersoggettività è il luogo privilegiato per l’analisi della comunicazione tra singolo e realtà.
Gesti e linguaggio sono gli strumenti per comprendere la realtà e strutturare una comunicazione.
linguaggio grazie al quale già i bambini durante l’infanzia possono astrarre ciò che vedono nella
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realtà creando dei concetti comuni ad una realtà socialmente approvata. Il riferimento è al
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concetto schutziano di tipizzazione, con il linguaggio acquisiamo le forme tipizzate del mondo che
ci circonda. Gli interazionisti partono dalla comunicazione, quindi dal linguaggio per comprendere
la realtà nel suo insieme.
In questa visione viene valorizzata l’esperienza del
soggetto all’interno di una realtà oggettiva che fornisce
valori, norme e regole socialmente condivisi e di realtà
soggettiva, delle relazioni primarie del soggetto.
Il soggetto
è al centro
Il soggetto è dotato di riflessività che gli Si va oltre il rigido modello funzionalista, anche
permette di reinterpretare il mondo, nel definire il ruolo dell’educazione che parte dal
nell’ambito della socializzazione soggetto attivo nel dare senso alla sua vita in
secondaria, quel periodo all’infanzia, rapporto agli altri e ai modelli che la realtà sociale
durante il quale si può realizzare la impone.
discontinuità, fino alla rottura o alla Si tenta di ricostruire il legame tra educazione,
riconversione, con gli orientamenti e i trasmissione e produzione di conoscenza.
comportamenti acquisiti nel corso della Appare centrale il concetto di esperienza di
socializzazione primaria. Dubet che riporta al centro il soggetto e la sua
riflessività nell’azione sociale
Luhmann a differenza di Parsons che già aveva parlato di sottosistemi dando particolare
importanza alla loro struttura e alla stabilità complessiva, parla di funzione e organizzazione.
Ogni sottosistema è inserito in un ambiente, tale sottosistema deve ridurre la sua complessità
ovvero le numerose possibilità della realtà nella quale è immerso, in quanto queste realtà mutano
continuamente (contingenza).
Un’altra proprietà del sistema è l’autopoiesi, intesa come autonomia del sistema.
Nell’ambiente un sistema può entrare in relazione con un altro solo se entrambi sono dotati di
questa autonomia (caratteristiche autopietiche).
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La comunicazione è una vera e propria azione del sistema che avviene grazie alla capacità che ha
di selezionare gli altri sistemi. Luhmann parla di interpenetrazione, intesa come scambio
comunicativo tra i sistemi.
Luhmann (assieme a Schorr) analizza il sistema scolastico definito come sistema autonomo, ma
che al tempo stesso deve entrare in relazione con gli altri sistemi.
MARGARET ARCHER
La sociologa inglese Margaret Archer affronta il problema del rapporto tra educazione e società
evidenziando dove avevano sbagliato i sociologi degli anni ’70.
Per poter studiare i processi educativi propri di una società multidimensionale era necessario
considerare tanto la struttura sociale (macro), quanto le interazioni tra gli individui (micro).
Questa considerazione dell’una quanto dell’altra variabile prende il nome di dualismo analitico.
Questo superamento indica ciò che accade con l’approccio comunicativo, le variabili entrano in
relazione di causazione, non c’è una che genera l’altra, ma c’è una concatenazione.
La Archer definisce il suo approccio morfogenetico, in quanto considera il prender forma della
società piuttosto che la sua forma stabile descrivendo. Le fasi del ciclo morfogenetico:
1. T1 condizionamento culturale: la cultura che si viene a creare è influenzata da variabili
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strutturali, preesistenti dalle quali non si può prescindere. La cultura è inizialmente frutto
del condizionamento.
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2. T2 interazione socioculturale: la forma culturale frutto del condizionamento, viene
elaborata attraverso l’interazione tra i soggetti in virtù del condizionamento culturale
(aspetto strutturale del sistema culturale).
3. T3 elaborazione culturale: il soggetto elabora una propria cultura come il risultato di
aspetti di natura strutturale e aspetti di natura comunicativa. L’elaborazione può andare
sia nella direzione della conferma, riproducendo la cultura, che nella direzione della
ridefinizione, quindi apportando una innovazione.
Ciascun soggetto nella sua natura sociale è condizionato da ciò che preesiste e da una propria
cultura personale che si crea interagendo con la forma esistente. Questa competenza che ciascuno
ha è definita competenza riflessiva. Il soggetto, infatti, attraverso la propria riflessività realizza sia
ciò che è dato come forma culturale sia ciò che è elaborato come interazione tra condizionamento
strutturale e interazione socioculturale. Analizzando le biografie dei soggetti, la Archer individua
nella conversazione interiore la modalità attraverso cui l’individuo riflette sulla propria situazione
sociale.
Lo sguardo del sociologo deve essere multidimensionale, vedere se ci sono fenomeni che
vengono riprodotti, vedere se l’educazione è funzionale alla società, ma notare anche le
differenze dei vari contesti.
L’obiettivo è vedere se esiste il momento in cui la cultura viene elaborata attraverso una relazione
tra le due variabili che permettono di creare un prodotto culturale nuovo.
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PARTE SECONDA: PROCESSI E PROBLEMI FONDAMENTALI IN
SOCIOLOGIA DELL’EDUCAZIONE
SOCIALIZZAZIONE, IDENTITÀ ED EDUCAZIONE (cap4)
SOCIALIZZAZIONE ED EDUCAZIONE
Analizzando i processi e i problemi fondamentali della sociologia dell’educazione un posto di
rilievo viene occupato dalla discussione sui diversi approcci allo studio della socializzazione.
L’aspetto della continuità è uno dei problemi centrali della società che cerca di risolverlo
attraverso la socializzazione e l’integrazione, ovvero la società elabora norme etica e giuridiche, le
quali coordinando i rapporti tra gli individui e i ceti, impediscono che le azioni dei soggetti
interferiscano portando alla distruzione del sistema stesso.
Questa posizione evidenzia
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Il docente ha il compito di consentire questo doppio movimento, l’ambivalenza nella costruzione
dei processi di socializzazione. Non bisogna fermarsi al primo livello di socializzazione famigliare,
ma deve consentire il passaggio all’individualizzazione, autonomia del soggetto, in modo che possa
anche allontanarsi da modelli di socializzazione (regole e valori) non approvati.
Bambino è socializzato se risponde al doppio movimento: socializzazione (identificazione) in una
prima fase, individualizzazione nella seconda fare.
Prima di scendere prettamente nel processo di socializzazione bisogna chiarire la distinzione tra
due termini: educazione e socializzazione, che spesso vengono usati come sinonimi.
Cesareo ha individuato una distinzione ancora più netta tra educazione e socializzazione
• Educazione: l’insieme degli aspetti formalizzati e istituzionalizzati della socializzazione.
• Socializzazione: tutto ciò che passivamente o attivamente porta un individuo ad integrarsi
in un gruppo sociale.
il processo ampio, continuo e variamente articolato che porta un soggetto a far parte
di una realtà sociale in modo competente e riflessivo, un processo quindi che mira alla
costruzione di legami sociali, appartenenze, di identità, all’interno del quale vengono
attuate norme, regole e valori socialmente condivisi.
In questo processo si evidenziano tanto istituzioni formali, quanto esperienze informali.
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Il passaggio da una socializzazione con un carattere informale, come accadeva nelle società
primitive, ad una socializzazione più articolata affidata principalmente alla scuola avviene quando
il patrimonio culturale da trasmettere diventa vasto e complesso e la divisione del lavoro
all’interno della società necessita di individui addestrati con una preparazione specifica.
Questo passaggio viene descritto da Durkheim e Weber, per i quali l’educazione corrisponde ad
una risposta alla differenziazione sociale.
MODELLI DI SOCIALIZZAZIONE
La socializzazione è un processo che si struttura nel corso dell’intera esistenza, a maggior ragione
nella società contemporanea in cui è chiesto ad un individuo di apprendere molteplici ruoli,
adattarsi a nuove situazioni e risocializzarsi.
Si possono individuare tre concezioni della Funzionalista-integrazionista
socializzazione in base al rapporto educazione- Conflittualista
società, che generano a loro volta tre modelli Interazionista-comunicativo
MODELLO FUNZIONALISTA-INTEGRAZIONISTA
Il modello di socializzazione si presenta articolato lungo la dimensione della conformità e
dell’adattamento del ruolo dell’ego con quello dell’alter in modo che valori comuni vengano
interiorizzati dall’ego, ed a orientamenti che hanno una base normativa e prescrittiva.
La concezione funzionalista della socializzazione pone le sue radici del modello durkheimiano di
educazione intesa come il mezzo attraverso cui la società promuove continuità e stabilità.
A monte di questa concezione normativa ci sono alcuni presupposti:
L’idea dell’uomo egoistico, che L’idea di società armonica e ben L’idea che la società
se viene lasciato allo stato di organizzata dove ciascuno occupa o possegga un primato
natura sarebbe un essere andrà ad occupare il posto per il storico, logico e morale,
asociale, è la società che quale è destinato, in relazione alla per cui rappresenta
consente la sua umanizzazione divisione del lavoro e alla funzione un’autorità morale.
ed emancipazione. specializzata da svolgere.
Anche Parsons riprende la teoria durkheimiana con l’intento di spiegare come l’individuo diventa
un essere sociale. Parsons dà una definizione di socializzazione intendendola come quel processo
di interiorizzazione di orientamenti in relazione ha ciò che ha significato per la società, cioè
rispondendo in modo complementare alle aspettative della società, un agire di ruolo. Egli
identifica una socializzazione primaria e una secondaria specificando i meccanismi da mettere in
atto e gli scopi.
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Pag.
Elena Di Leo
Cinque meccanismi:
• rafforzamento-estinzione: gratificazioni e privazioni per affermare l’assunzione di un
modello di comportamento
• inibizione: il soggetto impara ad astenersi dal compiere un’azione motivata
• sostituzione: trovare un oggetto sostitutivo di gratificazione
• imitazione: acquisire aspetti importanti della realtà sociale, come conoscenze, abilità,
comportamenti
• identificazione: interiorizzazione dei valori del modello e una stretta relazione reciproca tra
coloro che entrano nel processo di interazione.
Vengono interiorizzati i modelli principali di Sulla base degli orientamenti di ruolo già
orientamento di valore, mediante i quali si interiorizzati avviene una specificazione.
struttura la personalità fondamentale. I L’imitazione appare il meccanismo
meccanismi devono contribuire alla creazione prevalente di apprendimento.
di una personalità inesistente, quindi il più
importante è l’identificazione.
Le agenzie agiscono in continuità, il modello della famiglia viene ricalcato all’interno della scuola.
La scuola mette in atto un principio di differenziazione in base al criterio dell’achievement, il
bisogno di realizzazione del singolo coincide con ciò che la società si aspetta dall’individuo.
La socializzazione scolastica presenta due aspetti fondamentali:
➔ intellettuale: l’apprendimento “cognitivo” delle informazioni, delle capacità e degli schemi
di riferimento
➔ morale: il comportamento richiesto in classe identificato con il rispetto dell’insegnante, la
cooperazione con i compagni…
MODELLO CONFLITTUALISTA
L’approccio conflittualista considera in conflitto come categoria fondamentale per descrivere i
rapporti sociali, questa visione negativa è legata ai rapporti di forza presenti nella società, che
l’educazione non fa altro che riprodurre.
Per i marxisti e neomarxisti la scuola è considerata uno strumento di indottrinamento e
coercizione perché non fa altro che confermare i privilegi di classe.
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Pag.
Elena Di Leo
All’interno della matrice conflittualista ci sono visioni differenti, teorici della riproduzione sociale
e teorici della riproduzione culturale, come Bourdieu, per cui la socializzazione
Primaria: Secondaria:
incorporazione di habitus ad opera riproduzione delle differenze ascritte,
della famiglia che è portatrice del all’interno della scuola che si fa
proprio capitale culturale. portavoce dell’ideologia dominante.
Ci sono al contempo altre visioni che trovano in Dahrendorf un punto fermo, nella sua visione le
forze sociali non sono rigidamente determinate, ma un soggetto, in base alle chance di vista che
sa cogliere in virtù della sua libertà attiva è autore delle sue scelte e del conseguimento di
vantaggi.
Emerge un ideale emancipatorio, grazie a quale le classi subalterne devono liberarsi da questo
doppio legame sociale e culturale.
Ma affinchè l’ideale non sia solo un’utopia è necessario
riconoscere all’educazione un ruolo strategico, per
porre le basi per un cambiamento sociale.
Habermas prende in esame la socializzazione con l’intento di sviluppare una teoria alternativa a
quella di Parsons, che la riteneva finalizzata al conseguimento dell’agire di ruolo.
Per Habermas è necessario considerare l’agire del soggetto in rapporto con gli altri, affinchè lui:
• interiorizzi e faccia propri i requisiti richiesti;
• prenda le distanze mediante un’elaborazione personale.
Habermas sottolinea l’importanza del linguaggio e della comunicazione coltivati nel corso della
socializzazione, soprattutto all’interno della famiglia.
MODELLO INTERAZIONISTA-COMUNICATIVO
Nell’approccio comunicativo sono presenti più filoni, un contributo importante è quello di George
Herbert Mead, fondatore dell’interazionismo simbolico che pone a fondamento della società
l’intersoggettività e la comunicazione.
Il punto di partenza è che l’uomo costruisce attivamente la realtà sociale, grazie alla capacità di
elaborare simboli, ovvero segni condivisi dal gruppo sociale, ai quali viene poi attribuito un
significato. Tutto questo comporta un salto dalla natura alla cultura e determina la plasticità di un
individuo. L’azione sociale è immersa nel simbolismo, non è determinata dalle forze sociali come
accadeva nell’approccio funzionalista.
Blumer enfatizza gli aspetti microsociali Khun interpreta l’interazione sociale nei suoi
di analisi dell’interazione, sottolineando legami con la struttura sociale, sottolineando gli
31
Elena Di Leo
Berger e Luckmann prendono come punto di partenza la “realtà della vita quotidiana” per
spiegare il loro concetto di socializzazione.
In questo senso la discontinuità è intesa come critica dell’identità costruita durante l’infanzia e
predispone il soggetto al una apertura di fronte a molteplici possibilità. Dubar definisce il
processo di socializzazione come progressiva strutturazione dell’identità personale e sociale del
soggetto.
PERSONALITÀ E IDENTITÀ
L’identità nasce dai processi di differenziazione sociale e dalla crescita della distanza tra
l’individuo e il suo totale riconoscimento con la società stessa.
Già Durkheim aveva individuato nello sviluppo della coscienza individuale il problema principale
all’ordine sociale, proprio per il venir meno della coscienza collettiva.
Nella società moderna più che di personalità modale si parla di pluralità di personalità modali che
mettono in crisi il principio di uniformità e una lettura conformistica della socializzazione.
Gallino individua quattro tipi di personalità:
• adattivo: sviluppa un interscambio con l’ambiente,
• acquisitivo: sviluppa una tensione verso uno scopo trascurando gli altri,
• integrativo: ricerca l’equilibrio per la sua personalità e quindi difende la sua integrità
personale,
• idealista: vincola il raggiungimento di uno scopo al rispetto di principi e valori.
TEORIE DELL’IDENTITÀ
Personalità ed identità non sono tuttavia sinonimi, al contrario l’identità è un concetto
polisignificante, si parla di identità personale, sociale, collettiva, di gruppo e solo di recente
diventata un concetto sociologico a tutti gli effetti dal momento che ci si interroga sul rapporto
individuo-società
Modello integrazionista
La socializzazione contribuisce a formare un’identità sostanziale un’identità forte
Identità e realizzativa che si mantiene stabile nel tempo ed è radicata attorno ad un
modello culturale e normativo di riferimento.
Modello conflittualista
Nella matrice marxista la socializzazione contribuisce a creare un’identità
collettiva basata su fattori ascritti, posizioni sociali, status e capitale sociale
rispetto a cui l’identità individuale è succube. Ciò mette in evidenza lo sviluppo di
Identità identità settoriali diverse tra loro e legate al tipo di ricchezza, potere,
appartenenza di classe.
Nella matrice weberiana l’identità è una costruzione personale all’interno di
traiettorie sociali conflittuali e possibilità diversamente distribuite.
Alterità Nel primo caso la diversità è riconosciuta come fattore strutturale, ma spesso
viene negata o marginalizzata.
Modello interazionista-fenomenologico-comunicativo
Nel definire la socializzazione uno spazio rilevante è occupato dall’interazionismo simbolico.
Mead distingue due componenti fondamentali del sé:
il me: corrisponde
all’interiorizzazione l’io: si riferisce
degli atteggiamenti alla parte
degli altri ed è dinamica e
pertanto la parte creatrice del
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socializzata soggetto.
dell’individuo.
Pag.
Elena Di Leo
L’identità si costruisce attraverso un processo dialettico, comunicativo tra il me e l’io, dove cade
la prevedibilità, in quanto il soggetto può anche prendere le distanze e rifiutare i modelli
generalmente condivisi.
Nella costruzione del sé un ruolo importante è costituito dal gioco, egli distingue due fasi:
il gioco
spontaneo Il passaggio dall’uno all’altro
play segna l’accettazione delle regole
e quindi l’assunzione del
comportamento altrui, vuol dire
che un soggetto è pronto a
costruire l’altro generalizzato
ovvero interiorizzare le norme e i
il gioco valori della società a cui
con appartiene.
regole,
game
Centrale risulta il rapporto tra individuo e società e il concetto di comunicazione che si poggia su:
• linguaggio: rappresenta la base per assegnare significato al mondo circostante
• la capacità dell’individuo di diventare oggetto a sè stesso: è un processo circolare in cui si
attua una identificazione per differenza tra un alter e un ego, dove l’alter costituisce il
riferimento mediante il quale uscire da sé stessi e collocarsi dal suo punto di vista e quindi
guardarsi come oggetto. Il sé si rappresenta, dunque, un’esperienza mediata dagli altri.
In questa prospettiva la complementarietà si presenta come discorsiva, un processo di intesa e
riconoscimento dell’altro con pari dignità, nonché come risorsa per la crescita e la realizzazione del
sé. L’interazione non è un processo prevedibile, ma viene costruita e ricostruita continuamente
nel corso delle interazioni sociali.
Elena Di Leo
SOCIALIZZAZIONE, DEVIANZA E CONTROLLO SOCIALE
A partire dalle due grandi rivoluzioni di fine 1700 si è venuto a costituire un nuovo modello
società moderna in cui lo spazio sociale è uno spazio gestito e controllato affinché le spinte
individualistiche di autonomia non producano esiti distruttivi per la società.
Nella visione ultra-socializzata viene trascurato il fatto che l’individuo non si annulla nella società,
ma al contrario contribuisce in modo attivo alla sua costruzione.
Elena Di Leo
Il non conformismo è
considerato da Merton come
ribellione che porta gli uomini
fuori dalla struttura sociale che
li circonda, a cercare in modo Il deviante opera in genere in modo
aperto di formare una nuova nascosto, per non essere scoperto,
struttura sociale. ma soprattutto non mette in
discussione le norme sociali che viola.
Partendo dal concetto di identità dinamica, anche l’integrazione sociale non si caratterizza più
come forma a priori, ma come processo di attribuzione di senso in base alla propria autonomia e
reciprocità, attraverso un processo dialettico tra libertà individuale e legame sociale con le
istituzioni.
ricomposizione
Elena Di Leo
DISUGUAGLIANZE E DIFFERENZE NEI PROCESSI EDUCATIVI (cap5)
Si comprende quindi, come ogni differenza diventa ineguaglianza nel momento in cui è tradotta
in termini di vantaggi e di svantaggi rispetto a una scala di valutazione. Le disuguaglianze hanno
quindi direttamente a che fare con le con le differenze sociali, che normalmente dovrebbero
essere considerate come attributi di un soggetto, ma in realtà le si valuta come positive o
negative.
Per giungere a definire i concetti di diversità, differenza, disuguaglianza, Ceri opera distinzioni
importanti tra:
Rispetto a quest’ultimo criterio, Ceri elabora due tipologie di caratteristiche a cui sono applicate
le disuguaglianze:
• diversità, le disuguaglianze vengono riferite a caratteristiche aventi natura qualitativa. In
teoria gli individui sarebbero confrontabili solo in termini uguale o diverso, tuttavia, nel
corso dei processi di confronto e valutazione queste caratteristiche naturali o sociali non
ordinabili, di natura qualitativa, ricevono un giudizio, di conseguenza anche gli individui, in
modo discriminante vengono ordinati in termini di maggiore/minore.
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• differenze, di per sé sono graduabili, dunque un soggetto può essere ordinato rispetto ad
Pag.
status, con una rilevanza dell’elemento della una condizione subalterna comune.
Elena Di Leo
competitività interindividuale.
Tra queste due concezioni opposte della stratificazione sociale, è possibile considerare una
posizione intermedia, quella di Weber, per il quale la stratificazione sociale è il risultato di una
pluralità di fattori (approccio multidimensionale) che contribuiscono a definire i mutevoli rapporti
tra gli individui e tra i gruppi, rapporti che si caratterizzano in termini di lotta per accedere alle
posizioni di potere. La teoria weberiana della stratificazione sociale sviluppa un’idea della
distribuzione sociale delle posizioni e del prestigio legata sia all’agire individuale sia
all’aggregazione di individui e alla rilevanza di concetti come quello di classe, di ceto, di potere.
Elena Di Leo
Il concetto di uguaglianza delle opportunità educative ha subito un’evoluzione nel tempo:
• Nella società preindustriale, il problema non si poneva poiché il centro della produzione
economica e dell’educazione dei figli era la famiglia
• Con la rivoluzione industriale nasce il problema della scolarizzazione di base per tutti, ma
allo stesso tempo si crea un sistema scolastico a due vie, dove un canale è percorribile da
tutti, ma in genere senza sbocchi verso la scuola superiore, mentre l’altro viene riservato
alla formazione dei gruppi dirigenti.
• Successivamente, si fa strada una concezione egualitaria, espressione delle ideologie
liberali e socialiste e il concetto di uguaglianza delle opportunità educative viene sempre
più inteso come uguale possibilità di fruire di un determinato percorso.
Socializzazione/selezione
Privilegiare il ruolo di socializzazione della Operare una forte selezione in funzione della
scuola vuol dire accogliere il massimo numero formazione della futura classe dirigente e
possibile di allievi, in un’ottica di integrazione. dello sviluppo del mercato delle professioni.
Parlando in termini di leggi, la riforma Gentile del 1923 è ritenuta una svolta nel senso di chiusura
del sistema scolastico; mentre l’istituzione della scuola media unica e obbligatoria con la legge 31
dicembre 1962, n. 1859 sancisce formalmente una maggiore apertura del sistema scolastico
italiano. Questa legge segna il passaggio da una scuola d’élite a una di massa, soprattutto perché
cade l’ordinamento a doppio binario vigente fino ad allora scuola media/ secondaria di
avviamento professionale.
Uguaglianza/selezione.
Nel corso degli anni ‘60 emerge il concetto di diritto allo studio come diritto inalienabile di
ciascuno all’istruzione e alla formazione
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Elena Di Leo
LE DETERMINANTI DELLA RIUSCITA SCOLASTICA
In termini di riuscita scolastica determinante è il legame con l’origine sociale, tale legame fu
approfondito tra gli anni ’50 e ’60 portando all’elaborazione della teoria della deprivazione
culturale (o teoria del deficit).
I giovani provenienti dalle classi sociali inferiori hanno un basso rendimento
negli studi, perché la famiglia non fornisce loro né valori, né le capacità
linguistiche necessarie e neppure gli orientamenti che la scuola invece richiede.
il linguaggio formale
Bernstein evidenzia come il (elaborato), tipico degli
linguaggio abbia una particolare appartenenti agli strati
rilevanza rispetto al concetto di sociali medi e superiori
deprivazione culturale e vari in
base alle relazioni sociali
il linguaggio pubblico
all’interno dei diversi gruppi. (ristretto), tipico invece
Egli evidenzia una differenza tra: degli appartenenti agli
strati sociali inferiori.
Negli Stati Uniti e in Europa, si è diffuso il modello di educazione compensatoria, che poggiava
sulla convinzione che fosse possibile rimuovere i fattori ascritti, intervenendo per rendere meno
influenti le cause esterne alla scuola. Tuttavia, le risorse finanziarie investite in tali programmi non
hanno conseguito i risultati attesi.
Per quanto riguarda l’origine sociale, dagli anni ‘60 in poi appare sempre più evidente come la
riuscita scolastica sia strettamente legata a orientamenti positivi verso la scuola, a motivazioni
forti verso il successo, ciò che Parsons metteva definiva come need for achievement, che viene
sviluppato nel corso della socializzazione primaria, e quindi in ambito familiare.
L’achievement, però, risulta essere una categoria discriminante messa in atto dalla scuola, in
quanto premia determinate prestazioni, differenziando i soggetti a vari livelli di riuscita che, in
futuro, corrisponderanno a una distribuzione diversificata di ruoli e di posizioni sociali.
Due sono le componenti principali dell’achievement secondo Parsons:
• la prima costituita dall’apprendimento più propriamente cognitivo delle informazioni,
• la seconda componente può essere definita morale e quindi fa riferimento al
comportamento, alle sue regole di buona educazione.
Parsons nota come, nella scuola elementare, queste due componenti non siano differenziate,
tanto che l’allievo è valutato in base a una fusione delle componenti morale e cognitiva.
I migliori achievers sono pertanto gli alunni più intelligenti e allo stesso i più responsabili, quelli
che si comportano bene e corrispondono alle aspettative poste dall’insegnante in quanto agente
della socializzazione adulta.
43
Pag.
Elena Di Leo
Se, per Parsons, questa distinzione degli allievi costituisce un fatto positivo, in quanto la scuola, è
terreno per testare le attitudini e gli orientamenti per una differenziazione dei futuri ruoli
occupazionali, altri autori mettono invece in evidenza come la selezione scolastica operi a favore
di chi è già avvantaggiato.
Alla teoria della deprivazione culturale e dell’ottimismo egualitario della teoria funzionalista, si
contrappongono un insieme di teorizzazioni, che comprendono i sostenitori della teoria della
differenziazione culturale e i teorici della riproduzione sociale e culturale dai quali provengono
molti stimoli a riflettere sul peso dell’ambiente sociale e culturale d’origine sulla riuscita scolastica.
capitale culturale, è l’insieme dei beni
simbolici, delle buone maniere, dello stile di
vita, del buon gusto oltre che dalle informazioni
e conoscenze trasmessi dalle agenzie educative,
Bourdieu individua due in primo luogo la famiglia. Il capitale culturale
concetti fondamentali delinea un habitus, che finisce con l’essere a
per dimostrare come la tutti gli effetti un prodotto dell’appartenenza a
scuola ignora le un determinato gruppo o classe sociale. Il
disuguaglianze di capitale culturale determina anche un capitale
partenza degli allievi e sociale, ovvero l’insieme di relazioni e il
in questo modo non posizionamento all’interno di una fascia sociale.
faccia altro che
riprodurre le
disuguaglianze sociali ethos di classe, è costituito dall’insieme dei
esistenti: valori di riferimento, che contribuiscono a
definire anche gli atteggiamenti verso la scuola
e la cultura scolastica e quindi l’interesse, la
motivazione all’apprendimento e alla frequenza
scolastica.
La classe sociale o status d’origine, anche alla luce degli studi più recenti continua a essere una
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divisione costante. Non sono cambiate le influenze delle classi sociali di origine delle opportunità
di ottenere titoli di studio superiori anche se il sistema formativo rappresenta quello che fa
Pag.
Elena Di Leo
registrare i più incisivi miglioramenti delle condizioni di vita delle generazioni che si sono
susseguite nel corso del secolo.
tutti sono in grado di raggiungere gli stessi risultati, ma anche di conseguire i livelli minimi
Pag.
richiesti.
Elena Di Leo
Questa concezione dell’insuccesso scolastico riassume una posizione meritocratica che non può
essere analizzata solo in modo quantitativo e oggettivo, misurandone la consistenza, ma deve
necessariamente essere analizzata nella sua dimensione qualitativa, ovvero considerando il
singolo soggetto, il sistema di relazioni, l’impegno, la motivazione.
In ogni caso, la dispersione scolastica è un indicatore della qualità del sistema di istruzione in
termini di efficacia e di efficienza e quindi del “prodotto” in uscita dal sistema. Rappresenta un
indicatore di disuguaglianza nella distribuzione e nell’appropriazione di chances educative.
2. Dalla seconda metà degli anni ’80 fino alla fine degli anni ’90.
Al problema diventa quello della possibilità di permanenza nel sistema di istruzione e
quindi del prolungamento degli studi e del conseguimento di titoli di studio più elevati.
Infatti, all’aumento dei tassi di scolarizzazione si accompagna il persistere delle bocciature
e quindi delle ripetenze tanto nella scuola media inferiore quanto nella scuola secondaria
superiore.
Si registra, quindi, uno spostamento della selezione (selezione differita) verso la scuola
media e la secondaria superiore. Bocciature e ripetenze tendono a presentarsi soprattutto
all’inizio di ogni ciclo scolastico, soprattutto a causa delle differenze di contenuti e metodi
di insegnamento tra un ciclo e l’altro, soprattutto nella secondaria di II grado.
Un problema rilevante è quello dell’abbandono, cioè dell’interruzione senza ripresa
successiva del ciclo di studi, i cosiddetti drop out sono un fenomeno che accompagna il
processo di scolarizzazione in Italia, soprattutto con l’innalzamento dell’obbligo a 14 anni.
Degli anni ’80 e in maniera più evidente negli anni ‘90, il calo di abbandoni nella scuola
media in relazione ad una serie di fattori come l’investimento e l’impegno da parte del
ministero e degli insegnanti per fronteggiare l’insuccesso scolastico in generale e, nello
specifico, il fenomeno dell’evasione scolastica soprattutto durante la scuola dell’obbligo.
Infatti, agli inizi degli anni ’90 si impostano le linee operative di contrasto nella dispersione
scolastica.
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Pag.
Elena Di Leo
la percentuale di abbandoni più elevati
si registrava in prima e in seconda
gli insegnanti media ed è in seconda che avveniva
tendevano spesso a l’abbandono in concomitanza con ragazzi e ragazze
collocare le cause l’assolvimento dell’obbligo scolastico ai intervistati hanno
dell’insuccesso nel 14 anni spesso un curricolo
ragazzo, nella sua caratterizzato da un
famiglia o nelle Nelle ricerche sociologiche marcato insuccesso
strutture scolastiche: condotte negli anni ’80, volte (insufficienze,
difficilmente coglievano ad evidenziare i motivi bocciature,
la distanza esistente tra dell’abbandono si possono ripetenze)
l’allievo in difficoltà e delineare alcuni tratti la situazione
le prestazioni ricorrenti del fenomeno nella socioculturale familiare
scolastiche richieste. scuola secondaria di I grado e di questi ragazzi denota
che mantengono tuttora una spesso una povertà
loro significatività: culturale con carenze
una motivazione diffusa è il
senso di inadeguatezza e anche a livello di
quindi sfiducia circa le scolarizzazione dei
proprie possibilità di trarre il fenomeno genitori. Alla povertà
frutto dalla frequenza dell’abbandono tocca, culturale spesso si
scolastica; anche oggi, più i maschi associa anche una
delle femmine; povertà materiale;
L’abbandono nel corso degli studi, così come bocciature e ripetenze, presentano una
diversificazione territoriale; ma anche rispetto al genere si osserva una differenza significativa e
costante nel tempo: in generale,
• l’insuccesso scolastico è più elevato tra i maschi che affrontano percorsi discontinui,
rispetto alle femmine.
• questa disomogeneità delle carriere scolastiche tra maschi e femmine si ripercuote anche
nei percorsi successivi, nei tassi di passaggio all’università o nel conseguimento della
laurea.
Un ulteriore differenza di rilievo si coglie anche rispetto ai diversi indirizzi della scuola secondaria
superiore, con un tasso di insuccesso molto più elevato negli istituti tecnici e professionali e
nell’istruzione artistica rispetto ai licei, con una diversificazione tra maschi e femmine al loro interno.
al processo
di scelta il desiderio
dello di rendersi
studente indipendenti
Riguardo alle cause che a livello
conducono all’insuccesso economico
scolastico e quindi spesso il disagio e la
all’abbandono, nella scuola disaffezione
secondaria superiore lo verso
status sociale d’origine l’ambiente
risulta importante, ma scolastico
meno determinante, in l’accorgersi di
47
alla maturazione di
demotivazion un rifiuto verso Elena Di Leo
e verso lo la scuola
studio
Molte ricerche confermano come la scelta della scuola secondaria superiore dipende in larga
misura dall’origine sociale, a scegliere istituti professionali è soprattutto un’utenza proveniente da
status sociali bassi.
3. Ultimo decennio degli anni ’90 e i primi quindici anni del 2000.
Maggiore attenzione nelle politiche scolastiche alla
Questione del successo conoscenza dei processi e dei meccanismi che ostacolano la
formativo della qualità in riuscita, con la definizione di un diritto-dovere alla
termini di efficacia del sistema formazione esteso fino ai 18 anni di età, sancito a livello
d’istruzione e formazione legislativo, dapprima nella riforma Berlinguer sul riordino
dei cicli e successivamente con la Riforma Moratti.
A partire dagli anni duemila cambia il modo di considerare la dispersione scolastica non più un
fenomeno esclusivamente individuale, bensì legato in modo evidente alle condizioni contestuali
(materiali, culturali, psicologiche, relazionali) che lo producono.
Al centro viene posto il successo formativo svincolandolo dalla mera riuscita scolastica, ma
considerando esso come occasione formativa, che consente lo sviluppo di doti e capacità e la
realizzazione del capitale umano del soggetto.
In questa prospettiva, acquista valore il cosiddetto apprendimento non formale (no schooling)
che avviene fuori dalla scuola, per esempio nei luoghi di lavoro, così come quello informale, tipico
della vita quotidiana.
L’analisi della dispersione scolastica si sposta decisamente ai livelli più alti della scolarizzazione,
quello del conseguimento del diploma.
La messa a tema del successo formativo e della qualità dei sistemi di istruzione ha una
collocazione ampia in ambito europeo.
Il rapporto dell’UNESCO della Commissione internazionale
sull’educazione per il 21°secolo (Delors) mette al centro
l’educazione quale nodo critico e motore per la convivenza
democratica e la coesione sociale, per lo sviluppo economico, in
dimensione mondiale, per lo sviluppo umano e sociale.
A partire dai primi anni del duemila si registra un leggero miglioramento nei tassi di
bocciatura. Negli anni più recenti, il primo anno di corso nella secondaria di II grado si conferma
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come il più selettivo, con una percentuale molto alta di non ammissione alla classe successiva e
abbandoni. Il mancato passaggio, come anche l’abbandono riguarda soprattutto gli studenti
Pag.
degli istituti professionali piuttosto che quelli dei licei. Questi solitamente si orientano verso
Elena Di Leo
percorsi alternativi nella formazione professionale regionale o fanno parte dei NEET.
L’ISTRUZIONE COME RISORSA E IL PROBLEMA DELLE “FASCE DEBOLI”
Per la rilevanza che ha assunto in questi ultimi anni la questione della formazione e del successo
formativo, diventa importante fermare l’attenzione sui fattori che influenzano le decisioni
scolastiche individuali, questo implica fare emergere
I soggetti “deboli” non esprimono una debolezza intrinseca, intesa come limitazione nelle risorse
a loro disposizione, ma bisogna considerare anche ciò che l’ambiente richiede loro in un gioco di
aspettative reciproche dei soggetti che interagiscono.
Considerare la disparità di risultati e il loro legame con variabili strutturali come il genere, l’etnia
o la zona geografica è importante, ma sicuramente non sufficiente alla comprensione delle
dinamiche che sviluppano a loro volta questi soggetti. Bisogna considerare le reali capacità di
funzionamento nello spazio educativo, non in un’ottica di tipo compensatorio o assistenzialistico,
rivolgersi alla rilevazione della diversificazione degli interessi, ma introducendo strategie e azioni
di rinforzo delle capacità di acquisizione del bene istruzione.
D’altro canto, è evidente che anche le “fasce deboli” tentano di migliorare le loro capacità di
agire a livello sociale e quindi acquisire spazi di cittadinanza, ma questi tentativi sono poco
sostenuti dalle strutture formative scolastiche ed extrascolastiche. La scuola di rado riesce ad
eliminare la povertà educativa che è spesso effetto di povertà culturale e di marginalità sociale ed
economica.
Elena Di Leo
All’interno dello studio della mobilità, si opera una distinzione importante:
Nella società moderna industriale, l’istruzione viene sempre più considerata quale canale che
dovrebbe consentire, la mobilità sociale, una ascesa sociale, ovvero un miglioramento della
propria posizione di partenza.
Fino agli anni ’60, anche in Italia, prevale la tesi dell’istruzione come investimento, secondo cui
l’istruzione attraverso il conseguimento di un titolo di studio elevato dovrebbe permettere il
raggiungimento di un’occupazione congruente: è questa anche la tesi funzionalista.
Lo sviluppo degli studi sulla mobilità da un lato e la crescente disoccupazione intellettuale
dall’altro, che ha fatto parlare di inflazione di titoli di studio, hanno messo in evidenza come, a
parità di titoli di studio, non si verifichi sistematicamente il conseguimento di un’uguale posizione
lavorativa. Il titolo di studio, quindi, non costituisce una garanzia di mobilità sociale per tutte le
classi sociali in modo analogo.
per ottenere lo stesso status occupazionale occorre
Boudon, nei suoi studi sul rapporto tra sostenere costi, in termini di tempo e denaro, sempre
istruzione e mobilità sociale, arriva più alti;
alla conclusione che l’istruzione non
riduce le disuguaglianze sociali, ma l’aumento della scolarizzazione, auspicata da una
anzi produce “effetti perversi”: società democratica genera inflazione dei titoli di
studio, che contribuisce a neutralizzare gli effetti
positivi sulla mobilità sociale
Il titolo di studio rappresenta una chance, una risorsa all’interno della competizione per ottenere
posizioni sociali elevate, ma non una garanzia che tale obiettivo venga conseguito.
51
Pag.
Elena Di Leo
Gli studi realizzati negli anni ’80 in Italia sul rapporto tra
hanno evidenziato che il legame tra origine e destino sociale tende a rimanere relativamente
stabile nel tempo e che l’istruzione di massa non ha ridotto le disuguaglianze sociali.
Tra mobilità educativa e mobilità sociale esistono effetti contenuti, per cui il rendimento di una
determinata credenziale educativa si diversifica a seconda di chi la possiede.
stratificazione educativa
Al contempo, altri studi mostrano che l’espansione della scolarizzazione allarga un bene di valore a
una parte più ampia della popolazione, favorendo la crescita del capitale umano che crea negli
studenti.
La tesi dell’approccio intenzionale, sviluppata da diversi autori tra cui Boudon, trova un riscontro
sul piano empirico nelle trasformazioni della domanda sociale di istruzione, ma in tempi recenti
la domanda è cambiata, si ricercano occasioni formative alternative rispetto a quelle offerte dal
sistema scolastico.
Si tratta di una spinta verso la differenziazione della domanda formativa causata da
mutamenti in atto nella realtà del lavoro e nel mercato delle
professioni;
Possibilità di
conseguire
Tema uguaglianza/differenza risultati scolastici
simili o omogenei
nel rispetto della
differenza
Alla luce di queste riflessioni, è possibile in qualche misura distinguere il peso dei vincoli
strutturali (come origine sociale, situazione socioeconomica, situazione familiare e personale del
soggetto) dalle motivazioni soggettive, e quindi dalle intenzioni e dalle aspettative dei singoli
attori, che vanno considerati non solo come vittime di condizionamenti, bensì come soggetti in
grado di elaborare un progetto di vita, anche relativamente autonomo, rispetto alla loro
provenienza sociale e alle determinazioni ambientali. In ogni caso, in questa esplorazione delle
differenze di scelta e di comportamento, l’elemento centrale da tenere presente riguarda il fatto
che il soggetto è sempre un attore intenzionale, anche quando la teoria che interpreta il suo agire
è di tipo strutturale e quindi mette in evidenza quasi esclusivamente i meccanismi, i vincoli che lo
condizionano.
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Pag.
Elena Di Leo
PARTE TERZA: ATTORI E AGENZIE NEI PROCESSI EDUCATIVI
Si entra maggiormente nel merito dei processi educativi, prestando attenzione alle diverse agenzie
di socializzazione e agli attori principali che in esse operano.
La famiglia, la scuola e la realtà giovanile con le sue trasformazioni degli ultimi decenni e i media
sono contesti all’interno dei quali si sviluppano processi di socializzazione in ordine ai percorsi di
crescita, di costruzione dell’identità, di integrazione sociale, di produzione di intersoggettività e di
legami sociali.
È difficile dare una definizione del concetto di famiglia perché vorrebbe dire generalizzare
aspetti comuni, quando in realtà ogni famiglia possiede aspetti particolari. In ogni caso, la
famiglia possiede una sostanza sociale poiché è un modo di stare nella società e di viverla.
Essa rappresenta il passaggio dal privato al pubblico.
L’approccio istituzionale allo studio della famiglia è stato messo in crisi degli anni Settanta, anni di
critica contro il modello “borghese” della famiglia, la cui autorità era ritenuta una riproduzione
dell’autorità della società. Questo rappresenta un periodo spartiacque che porta a valorizzare
non tanto il legame con la società, ma le interazioni affettive tra i membri della famiglia.
Si comprende come la famiglia, al pari delle altre autorità si sia trasformata nel tempo, è
opportuno però distinguere:
• uno sviluppo lineare, che sottolinea il passaggio evoluzionistico dalla famiglia estesa
patriarcale, tipica dell’età premoderna alla famiglia ristretta, nucleare, composta dalla
coppia adulta e dai figli, mettendo in evidenza una contrazione quali-quantitativa della
famiglia stessa, fino all’ipotesi una sua dissoluzione;
• una storicità della famiglia, per cui essa assume caratteristiche diverse nelle varie epoche.
Risulta importante il passaggio dall’epoca preindustriale alla società moderna. Tale
passaggio è segnato dalla dissoluzione della famiglia patriarcale dettata
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A cavallo della crisi che investe la famiglia, negli anni settanta, si è dibattuto molto sulla riduzione
Pag.
delle funzioni della famiglia che segnerebbe il declino della stessa, soprattutto come istituzione e
Elena Di Leo
luogo di riproduzione della società e dei suoi rapporti di dominio. Questa è la posizione critica del
marxismo e del neomarxismo volte a svelare le forme di dominio e di subordinazione.
Tuttavia, la famiglia supera questa crisi di delegittimazione e negli agli anni Ottanta si registra una
sua rivalutazione e quindi un riconoscimento delle funzioni che svolge in chiave
multidimensionale. È stato riduttivo relegare la famiglia alle sole funzioni affettive (superamento
del funzionalismo), infatti Donati sottolinea che la solidarietà familiare non è dettata solo da
compiti provenienti dall’esterno, ma è una risultante di vari livelli di realtà:
• livello biologico - funzioni sociali di riproduzione;
• livello psicologico - di maturazione della personalità;
• livello economico - cooperazione nei problemi adattivi;
• livello sociale - assunzione dei ruoli familiari e sociali;
• livello culturale - funzioni di integrazione culturale e simbolica.
La famiglia appare oggi come una realtà a più dimensioni, con funzioni plurime che mettono in
luce anche la sua capacità di elaborare processi discontinui di adattamento da una generazione
all’altra. La famiglia è un attore sociale.
famiglia, pertanto, risulta essere un sistema organizzato su quattro tipi fondamentali di ruolo,
differenziati l’uno dall’altro secondo la generazione e secondo il sesso. La rigida divisione dei ruoli
garantisce il corretto svolgimento delle funzioni sociali della famiglia e la funzionalità del
all’interno del sistema sociale (complementarietà).
Al modello di famiglia nucleare si va affiancando un modello di famiglia simmetrica. Essa si
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presenta con una diversa strutturazione interna dei ruoli, legata in particolar modo all’evoluzione
Pag.
di quello femminile e all’intercambiabilità dei ruoli. Diventa centrale il rapporto di coppia. Con
Elena Di Leo
questo modello aumenta la problematizzazione dei ruoli familiari, soprattutto in merito al
“doppio ruolo” della donna lavorativo e familiare.
La famiglia parsonsiana, nucleare e fondata sulla distinzione e sulla complementarietà dei ruoli, e
la famiglia simmetrica, nella quale i ruoli diventano intercambiabili sono da considerarsi due
“modelli ideal-tipici”, entrambi rinvenibili nella società contemporanea.
La famiglia negli ultimi quaranta anni ha subito un notevole cambiamento, la famiglia tradizionale
non è più il modello dominante ed ha lasciato il posto a famiglie unipersonali. Le variazioni
dell’ultimo decennio riguardano anche la presenza di stranieri. Pertanto, appare difficile
individuare un modello univoco di famiglia dal punto di vista della sua composizione, che
comporta una eterogeneità nel modo gestire le relazioni familiari e la distribuzione dei compiti, ma
anche l’educazione dei figli.
la fase della la fase anale e la fase edipica a cui segue la la fase della genitalità,
dipendenza orale, dell’attaccamento fase della latenza, nel corso che porta al
che corrisponde amoroso, in cui si realizza la delle quali si realizza conseguimento di una
all’identità madre- differenziazione un’integrazione nel sistema dei maturità psicosessuale e
bambino; dell’oggetto genitore da sé; ruoli familiari, differenziati corrisponde al periodo
secondo il sesso; dell’adolescenza.
Questo processo di sviluppo presenta una discontinuità, in quanto ogni fase richiede una
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Secondo questi autori, lo sviluppo della personalità poggia su due teoremi di base:
Elena Di Leo
• la personalità è organizzata sull’interiorizzazione di oggetti sociali (intesi come oggetti
significativi per l’attore all’interno di un’interazione);
• la personalità si sviluppa attraverso un processo di differenziazione di un sistema semplice
di oggetti interiorizzati in sistemi progressivamente più complessi.
La socializzazione, come formazione della personalità, presenta due aspetti, uno esterno,
dell’interazione, e uno interno di ordine psicologico, articolati sistematicamente tra loro.
Un apporto particolarmente significativo allo studio della socializzazione viene dall’approccio dello
sviluppo, che introduce la dimensione temporale, per poter comprendere meglio le fasi del
processo e l’evolversi dei rapporti intrafamiliari alla luce dei diversi momenti del ciclo di vita che la
famiglia attraversa. In questo modo è la famiglia stessa ad essere considerata un sistema in
evoluzione, essa è un sistema emozionale plurigenerazionale, in quanto tre o quattro generazioni
contemporaneamente partecipano agli stessi eventi.
In questo modello, si postula l’esistenza di un:
Elena Di Leo
Il ciclo di vita familiare
Fase Evento critico Compiti di sviluppo
Costruzione della coppia Matrimonio Formazione dell’identità
Famiglia con bambini Nascita dei figli Accettazione di una nuova generazione e
assunzione dei ruoli genitoriali
Famiglia con adolescenti Adolescenza dei figli Adeguamento delle relazioni genitori-figli
per favorire la reciproca separazione
Sembra sempre di più essere tramontata l’asimmetria, l’alterità, la distanza tra condizione
Pag.
Occorre, tuttavia sottolineare come, nelle situazioni più problematiche, come separazione,
divorzio o casi di tossicodipendenza dei figli, si verifichi una maggiore debolezza della figura
paterna. Pertanto, in presenza di situazioni familiari non regolari oppure di fronte a realtà familiari
caratterizzate da una confusività dei ruoli, o di famiglie con un solo genitore o in condizione di
povertà materiale e culturale, si possano generare difficoltà rilevanti nella socializzazione dei figli
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e soprattutto nel conseguimento di una loro identità personale, per la quale giocano un ruolo
Pag.
Tra la fine del secolo scorso e i primi anni del duemila si sviluppano indagini che confermano sia la
rivalutazione o riscoperta della figura paterna sia la rilevanza che sta acquistando la dimensione di
genere nell’educazione e socializzazione dei figli.
Riguardo alla dimensione di genere nei processi educativi familiari si sviluppano due importanti
ambiti di analisi:
• differenziato, che mette in luce una differenza nei compiti, nei ruoli e nelle opportunità per
Pag.
i due sessi.
Elena Di Leo
In una ricerca più recente, emerge la trasmissione dei valori quali l’autonomia, il rispetto, la
collaborazione tra i membri della famiglia, ma non sempre la socializzazione familiare trasmette
valori positivi, a volte riveste un ruolo in negativo nel destino del soggetto, per la povertà di
risorse, di stimoli, di opportunità di crescita e di sviluppo legata a carenze nella situazione
familiare d’origine.
A tal proposito è opportuno fare riferimento all’importanza che hanno acquisito, nello studio del
contesto familiare, i concetti di capitale sociale e di capitale culturale, concetti analizzati da autori
diversi, in diversi modi
l’insieme delle relazioni che un attore possiede e può
Bourdieu definisce il capitale sociale:
mobilitare per promuovere i propri scopi o interessi.
La famiglia che possiede un capitale sociale forte tanto sul fronte interno quanto su quello
esterno (famiglia responsabilizzante) rappresenti un potenziale notevole per la crescita dei figli.
Il capitale culturale familiare si è rivelato un aspetto cruciale nelle scelte di vita dei giovani, perché
consente di definire una posizione all’interno del sistema di stratificazione sociale, ma rappresenta
anche una vera e propria chance di vita. L’analisi del funzionamento del capitale culturale ha messo
in evidenza una discontinuità nel processo di trasmissione intergenerazionale, perché i nuovi
soggetti possono incrementarlo e sfruttarlo o non cogliendo le giuste chance possono impoverire
questa risorsa.
Elena Di Leo
LA “TRASMISSIONE” DELLA CULTURA: LA SCUOLA E GLI INSEGNANTI
(cap7)
Istituzione formale:
è destinata in modo specifico e intenzionale alla trasmissione
della cultura ovvero sia dell’istruzione, fornendo contenuti e
saperi, attraverso le discipline, che dell’educazione fornendo
La scuola viene atteggiamenti e modi di pensare.
considerata come:
Agenzia di socializzazione:
è luogo privilegiato per esperienze di relazionalità e di
intersoggettività con insegnati e coetanei.
Elena Di Leo
Cultura come Cultura come insieme di Cultura come sapere
sapere: norme, regole, rituali condivisi: organizzativo:
patrimonio culturale una cultura normativa che cultura che definisce
organizzato e costituisce il curriculo nascosto o pratiche di
trasmissibile, declinato latente, noto a tutti coloro che funzionamento e di
in forma di cultura lavorano nella scuola. È una gestione, importante in
scritta o orale, suddiviso cultura vista come insieme di una scuola, come
in curricoli, moduli, principi di fondo che definisce il quella Italia che ha
unità a cui gli insegnanti rapporto con l’ambiente. Come assunto sempre
attingono per direbbe Bennet, è quella cultura maggiore autonomia.
trasmettere il sapere con la c minuscola, la cultura
agli alunni; soggettiva fatta da credenze,
comportamenti, valori appresi e
condivisi da un gruppo di persone.
La scuola deve continuamente interfacciarsi con una realtà complessità che presenta da una
parte vincoli, ma al contempo richiede una continua rivisitazione e competenza riflessiva agli
insegnanti, affinché sappiano adattarsi ai nuovi bisogni, aspettative e compiti.
Conformità comportamentale
Insieme di azioni che Conformità morale
attivano il corpo e il Conformità culturale
Insieme di azioni che
movimento. producono un senso Apprendimento di stili di vita
interiorizzato di “azione approvati socialmente.
giusta”.
Le famiglie affidano sempre più alla scuola il ruolo di formare i propri figli e quindi di provvedere
alla socializzazione secondaria, la scuola si inserisce tra la famiglia e il mondo del lavoro, come
direbbe Parsons per specificare gli orientamenti di ruolo e preparare all’assunzione dei ruoli che
ricopriranno da adulti.
La socializzazione secondaria si differenzia da quella familiare, perché è un processo che comporta
contemporaneamente:
• un’emancipazione del ragazzo rispetto all’attaccamento emozionale alla famiglia
• un’interiorizzazione dei valori e delle norme sociali acquisendo uno sguardo più
universalistico rispetto a quello particolaristico del gruppo familiare di riferimento.
64
La seconda funzione che la scuola è chiamata a svolgere è quella di selezione degli individui
evitando la riproduzione di disuguaglianza sulla base del capitale ascritto.
I teorici del conflitto enfatizzano come la scuola misuri dei risultati ignorando totalmente i
contesti estranei l’ambiente scolastico che invece influiscono cospicuamente sui processi di
insegnamento-apprendimento. Queste riflessioni hanno condotto ad una democratizzazione
dell’istruzione, tanto che il problema della selezione, negli anni più recenti è diventato marginale.
Grazie al dibattito sorto negli anni 60-70, si è compreso che la funzione di selezione è
strettamente legata
La selezione non è negativa in sé, diventa negativa solo se essa riproduce le differenze del
capitale ascritto in modo sperequativo. Cioè, se dopo aver permesso a tutti di accedere
all’istruzione, basandosi su un principio di uguaglianza e meritocrazia, offre a tutti opportunità di
riuscita e di permanenza dentro il sistema di istruzione.
65
Pag.
Elena Di Leo
IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO E LE TRASFORMAZIONI DELLA SCOLASITÀ
Solo nel 1962 il sistema scolastico italiano diventerà il più aperto tra i diversi sistemi europei e
ciò contribuirà a consolidare il processo di scolarizzazione della popolazione.
Analizzando lo sviluppo del sistema scolastico in Italia, si possono cogliere tre fenomeni importanti:
Elena Di Leo
Ma per quanto si sia data la possibilità a tutti di usufruire dei sistemi di istruzione, è continuato a
persiste un divario nei tassi di scolarizzazione tra nord e sud e di permanenza nel sistema
dell’istruzione e formazione.
Nell’istruzione terziaria, l’Italia presenta tutt’ora uno svantaggio evidente rispetto agli altri Paesi
europei a causa di diversi fattori:
• Sono assenti, rispetto ai Paesi europei, percorsi di studio brevi e professionalizzati, questo
induce a contenuti prevalentemente teorici che riducono l’attrattività per gli studenti con
percorsi di studio tecnico-professionali.
• Tassi di completamento di studi universitari ancora bassi ed al contrario un alto numero di
abbandoni.
Oltre trent’anni fa, l’ISTAT vedeva un’incidenza degli alunni stranieri nelle scuole italiane solo
dello 0,06%, una percentuale del tutto irrisoria. Nel’a.s. 1993-94 nonostante l’aumento evidente,
l’incidenza è ancora contenuta, è solo dello 0,41%. Si vede un incremento dall’anno scolastico.
La crescita più vistosa la osserva negli anni duemila, basti pensare all’a.s. 2014-15 quando
l’incidenza complessiva è del 9,2%. Questo aumento può essere in parte spiegato con gli interventi
legislativi per la regolarizzazione degli immigrati, il ricongiungimento con i familiari, la nascita dei
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Elena Di Leo
I dati sono cambiati in base a questa prospettiva: prima si presentava un numero
maggiore di studenti extraeuropei fino a quando, nella seconda metà degli anni
’90 si possono notare alcune cittadinanze più diffuse: marocchina che nel tempo
Provenienza
ha creato un gruppo stabilizzato, albanese, rumena, cinese, ecc. Nell’a.s. 2014-15
si regista al primo posto la Romania, poi l’Albania seguita dal Marocco, come
Paesi d’origine. Nessuna delle cittadinanze presenti nella scuola italiana supera il
20% contribuendo a costruire un mosaico abbastanza eterogeneo.
Una leggera prevalenza del genere maschile nei diversi ordini di scuola; la
componente femminile appare un po’ più elevata nelle scuole secondarie di Distribuzione
secondo grado e nelle università, segno di un interesse evidente per genere
all’investimento in istruzione.
La descrizione dello scenario multiculturale della scuola italiana contemporanea va integrata con
le azioni e le strategie sviluppate dalle scuole e dagli insegnanti per far fronte all’emergenza di
questo fenomeno e alla sua conseguente stabilizzazione.
Per tutti gli anni 80 l’Europa e È dalla fine degli anni 80 che Negli anni ’90 emerge uno
tutta l’Italia si è preoccupata possiamo cogliere in Italia spostamento delle politiche
prevalentemente di garantire una crescente attenzione al scolastiche verso un modello di
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RICERCA SCOLASTICA
Ricerche
SCOLASTICA
sugli
Ricerche studenti
In questi anni è
sugli stranieri
aumentato il bisogno di
insegnanti
conoscenza più diretta
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dell’immigrazione,
portando a compiere
Pag.
Elena Di Leo
Ricerche sugli insegnanti
La prima ricerca è stata realizzata in Toscana da Tasinari e Giusti
tra il 1991-93 coinvolgendo 12 scuole materne, elementari,
medie, per un totale di 380 insegnanti. Gli insegnanti esprimono
tutti opinioni favorevoli riguardo l’educazione interculturale, più
critici sono i dirigenti che evidenziano problemi di comunicazione
tra inseganti, allievi e famiglie.
Una ricerca più circoscritta, condotta a Genova attraverso il metodo del focus group
porta alla luce criticità e problematiche: povertà di risorse e carenza di formazione per
i docenti stessi che non sanno come approcciarsi al migrante, divergenti aspettative tra
insegnanti e genitori stranieri, problemi di comunicazione e l’assenza di intermediatori
culturali, eccessivi incarichi per i docenti che si trovano oberati di lavoro.
Stranieri di In Italia, le prime ricerche di grande spessore e rilevanza circa gli studenti
LA RIUSCITA SCOLASTICA
Pag.
seconda stranieri di seconda generazione si sono avute grazie a Leonini e Colombo che
generazione si sono soffermati sull’analisi dei concetti di identità ed appartenenza.
Elena Di Leo
Regolarità dei percorsi scolatici e ritardi: Numerosità degli alunni stranieri nelle
I ritardi sono presenti e aumentano da un scuole:
ordine di scuola a quello successivo, a causa È in crescente aumento il numero di studenti
di un fenomeno costitutivo della scuola stranieri che sono inseriti nelle scuole.
stessa: l’inserimento degli alunni stranieri in Il ritardo è dovuto anche alla formazione
classi inferiori rispetto all’età anagrafica, delle classi, perché molte volte si presentano
per garantire la possibilità di recupero delle difficoltà nell’inserimento; i dati delle ultime
carenze nella lingua del paese ospitante. indagini dimostrano che le classi
Tuttavia, si nota che, anche dopo il recupero multiculturali producono esiti scolastici
del ritardo linguistico, gli studenti sono positivi negli allievi sia italiani che stranieri,
mantenuti in classi non corrispondenti alla tuttavia la concentrazione stranieri deve
loro età anagrafica. essere inferiore al 30%.
LA RIUSCITA SCOLASTICA
Un importante indicatore per la lettura della situazione
dei minori stranieri nella scuola è il dato circa la riuscita
scolastica. È chiaro, però, tale tematica non è sufficiente
a rispondere a tutte le problematiche sull’integrazione,
ma è opportuno considerare una serie di elementi:
Ripetenze: Invalsi:
Si nota come il tasso di ripetenze sia più alto Si può notare come vi siano grandi
per i ragazzi non italiani in tutti gli ordini di differenze in termini di risultati tra
scuola. studenti italiani e studenti stranieri, in
Le ripetenze negli ultimi anni si sono in parte
quanto i primi raggiungono risultati
ridotte, soprattutto nella scuola secondaria di
nettamente superiori rispetto ai secondi.
primo grado e si può notare, come per
Una differenza negli esiti delle prove
entrambi i gruppi, stranieri e italiani, sono più
elevati nei licei. INVALSI si evince anche tra gli studenti
Questo sta ad indicare che a produrre l’esito stranieri di prima e seconda generazione
finale positivo o negativo concorrono diversi dal momento che coloro che sono nati in
fattori: il tipo di istituto scolastico frequentato, Italia raggiungono risultati migliori.
i contenuti, la programmazione, l’utenza.
Abbandono scolastico:
Si coglie un rischio molto più elevato di abbandono per gli alunni
stranieri a partire dalla secondaria di I grado. Lo stesso fenomeno si rileva
nell’istruzione terziaria, in cui gli stranieri mostra difficoltà ad instaurare
un percorso accademico regolare.
Nel confronto internazionale si nota che il numero di studenti che
71
La questione della riuscita scolastica ha trovato una sua buona elaborazione tramite un’analisi
multivariata che conferma come il futuro si costruisca a partire dall’esperienza scolastica e dal
La riuscita è considerata come sistema di relazioni verticali e orizzontali.
variabile dipendente dagli Grazie al sistema relazionale è possibile facilitare il
atteggiamenti, dalle caratteristiche processo di integrazione, frutto di un intreccio tra
strutturali dei soggetti, ma anche dimensione cognitiva e relazionale.
dall’esperienza scolastica.
La sfida sta proprio nel tentare di coniugarle, mai negare la differenza in un’ottica di
assimilazione, ma affermare il valore di ognuno.
Sviluppo delle Alla fine degli anni ’60 si apre un dibattito sul rapporto tra scuola e
ricerche società: la scuola entra crisi in quanto non riesce a rispondere a
72
Elena Di Leo
Stasi nelle ricerche A causa della mancanza di riforme istituzionali in questo periodo, sono
(metà anni Settanta) poche le ricerche condotte. Piuttosto si riflette sulle rivolte
studentesche e su come queste contribuiscano a modificare il modo di
concepire i rapporti tra scuola e realtà sociale.
Ripresa delle ricerche L’attenzione è rivolta al ruolo dell’insegnante in formazione e alle
(dalla fine degli anni trasformazioni strutturali e qualitative del corpo docente. Da ricordare
Settanta agli anni sono le ricerche di Cobalti e Dei sul problema dell’adattamento e
Ottanta) dell’accettazione o rifiuto delle innovazioni.
Dalle varie ricerche emerge ancora una resistenza al cambiamento e
un disorientamento a fronte dei cambiamenti della scuola, sino ad
arrivare ad una vera chiusura.
Ma, l’insegnante non può essere studiato in modo isolato, è giusto
inserirlo all’interno dell’organizzazione complessiva e quindi non
considerarlo come elemento centrale ed unico responsabile del
fallimento delle riforme. Al contrario si evidenzia la pressione adattiva
che l’istituzione scolastica esercita sugli individui, fino a considerare
l’insegnante come un “prodotto della scuola”. Affinché gli insegnanti si
ridefiniscano come agenti di cambiamento è opportuno l’istituzione
scolastica si evolva assieme agli insegnanti e si faccia carico del
cambiamento, liberando gli insegnanti sia dall’eccesso di ansie e
responsabilità verso gli esiti dell’innovazioni, sia da uno stato di
subordinazione e adattamento. Il cambiamento deve vedere
l’insegnante come costruttore di realtà sociali, culturali ed educative.
Ricerche dagli anni Le ricerche effettuate nel corso degli anni ’90 si concentrano sulla
Novanta al nuovo necessità di comprendere la condizione professionale degli insegnanti,
millennio le loro opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti. Si rileva un
ritorno all’omogeneità del corpo docente, sotto vari aspetti strutturali
come la femminilizzazione dell’insegnamento, ma anche qualitativi,
riguardanti gli atteggiamenti, tutti sentono la necessità di ridefinire la
propria identità professionale. La crisi identitaria dell’insegnante nasce
da due limiti:
• Formazione inziale carente, non offre brocchi verso l’acquisizione
di variegate competenze, la cosiddetta socializzazione
professionale ovvero quel promesso che permette di
comprendere la prospettiva di insegnante avviene all’interno della
scuola stessa e non in un momento precedente.
• L’agire professionale è vincolato attorno a modelli standardizzati
senza che il docente possa sperimentare le proprie competenze,
mettere alla prova le due idee, personalizzare il lavoro.
Alla fine degli anni ’90, una serie di cambiamenti istituzionali
contribuiscono a rimettere in primo piano la questione dei
cambiamenti che toccano l’agire professionale. Le indagini fanno
emergere carenze riguardo il trattamento di due aspetti:
• La normalizzazione della presenza di più lingue, provenienze,
religioni.
73
generazioni.
Elena Di Leo
RUOLO IN TRASFORMAZIONE?
Il ruolo degli insegnanti è in continua trasformazione ragion per cui è necessario rivedere due
concetti:
Crisi Debolezza
Se l’insegnante è in crisi vuol dire che Il ruolo dell’insegnante come depositario
precedentemente era in uno stato di di sapere e rappresentante di cultura è
benessere e in futuro troverà una soluzione tramontato, al contrario il dibattito circa
per questo problema, ma così non è in il ruolo educativo oscilla tra una
quanto la crisi è un elemento permanente, dichiarazione della sua fine in favore dei
endogeno in una professione che non si media, detta tv e dei social network ed
basa sulla certezza ma in balia dei continui una continua riaffermazione
cambiamenti normativi e valoriali. dell’importanza di tale ruolo.
È in atto nel presente una ridefinizione che tocca tutti gli aspetti di tale agire del ruolo con
l’affermazione di nuove competenze all’insegna della pluridimensionalità e flessibilità:
ELEMENTI DI AGIRE DI RUOLO TRADIZIONALE ELEMENTI INNOVATIVI DELL’AGIRE DI RUOLO
Saperi consolidati (riferiti a un patrimonio Saperi “circolanti” (informazioni e conoscenze diffuse
culturale e scientifico consolidato) in molti ambiti e situazioni, continue acquisizioni
scientifiche, ruolo dei media elettronici)
Competenze legate all’insegnamento Nuove competenze (di programmazione, gestionali…)
su settori, problemi o progetti
Modalità tradizionali di insegnamento (lezioni, Nuove didattiche (apprendimento per prova ed errori,
lavori di gruppo, studio individuale, prove…) per scoperta, cooperativi, ipertesti, multimedialità)
Modalità tradizionali di apprendimento Nuovi processi della mente (riguardanti i processi di
(lineari, sequenziali, modalità scritta e orale) esplorazione e associazione, di memorizzazione…)
Relazionalità circoscritta (la classe, il collegio Nuovi spazi e dimensioni della relazionalità (interni ed
docenti, i genitori…) esterni, legami con il territorio, con le istituzioni…)
Lo IARD, attraverso tre indagini a distanza di anni ha notato un mutamento nella motivazione,
emerge una diversa concezione dell’insegnamento che si carica maggiormente di valenze
relazionali, comunicative e sociali. Sono pochi coloro che scelgono questa strada per vocazione,
ma si concentrano piuttosto sul mero esercizio della professione per acquisire un ruolo sociale.
Emergono anche incertezze e contraddizioni: gli insegnanti si mostrano, da un lato, attenti ai
processi di trasformazione del ruolo educativo, dall’altro, sembrano poco disponibili a valorizzare
quegli elementi che sarebbero di grande supporto alla dimensione relazionale comunicativa.
Sembra, dunque, diffusa tra gli insegnanti la tendenza a privilegiare la realtà interna e il benessere
cognitivo e relazionale e a chiudersi rispetto alla società esterna e alle sue problematiche.
Il rischio di scollamento tra scuola e società è problematico perché trascura l’importanza dei
legami e dei passaggi tra dentro e fuori la realtà scolastica e sottovaluta l’importanza di costruire
nelle nuove generazioni una competenza sociale, volta all’esercizio dei diritti e doveri della
cittadinanza. Questo scollamento risulta ulteriormente problematico in presenza di una realtà
scolastica multiculturale. Per concludere, risulta necessaria una formazione che sviluppi e
consolidi la pratica riflessiva per costruire circuiti di problematizzazione e di acquisizione di
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Elena Di Leo
LA SOCIALIZZAZIONE INFORMALE: GIOVANI, GRUPPO DEI PARI ED
ESPERIENZA MEDIALE (cap8)
La dilatazione complessiva del periodo della crescita, che vede aggiungersi all’infanzia e
all’adolescenza un’ulteriore fase, quella della giovinezza, produce una nuova interpretazione del
corso di vita (= un percorso, anche discontinuo, attraversato da cambiamenti) da parte delle
persone che lo vivono, per il fatto che ogni società concepisce e costruisce un modello di
transizione alla vita adulta e quindi un modo di interpretare le diverse fasi dell’esistenza.
Nel passato la gioventù poteva essere Negli anni più recenti è diventata una
considerata come moratorium e condizione moratoria dilatata
processo di crescita
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Pag.
Elena Di Leo
Gioventù come processo Gioventù come condizione
Significa assegnarle un ruolo eteronomo, cioè Significa assegnarle caratteristiche specifiche,
fissato dall’esterno, al quale tendere e per il differenti dalle altre fasi di vita, costruite
quale prepararsi, ma il ruolo attuale risulta del dall’interno in modo autonomo e originale e
tutto privo di attributi specifici per la un ruolo attivo nel presente.
situazione presente, è un moratorium Dilatata in quanto c’è un progressivo
appunto proiettato sul futuro e sui riti di spostamento in avanti dell’ingresso nella vita
passaggio per diventare adulti. adulta legato in larga misura ad una
dilatazione del tempo investito in istruzione.
È negli anni 50, che si inizia a considerare l’adolescenza come condizione dilatata di vita
relazionandola alle soglie fondamentali di passaggio all’età adulta come conclusione del percorso
formativo, inserimento nel mondo lavorativo, uscita dalla famiglia, matrimonio e figli, emerge che:
• Vengono spostati in avanti i passaggi che indicano l’approdo all’età adulta
• L’ordine col quale le diverse soglie vengono superate non è prescritto.
• La distanza temporale tra i momenti in cui vengono varcate la prima e l’ultima soglia tende
ad allungarsi (moratoria prolungata).
Perciò il passaggio dall’infanzia all’età adulta risulta essere discontinuo e articolato.
Dal punto di vista della sua composizione, la realtà degli adolescenti e dei giovani si presenta oggi
molto eterogenea per condizioni e possibilità di vita, atteggiamenti, orientamenti e
comportamenti. Coleman si discosta dalla teoria dello sviluppo per accogliere la teoria focale,
secondo la quale nessuna configurazione è tipica di una sola età. Per cui l’adolescenza e l’età
giovanile non hanno confini precisi tra gli stadi, esse sono mutabili e non hanno una sequenza
fissa. Egli così sostiene che la realtà adolescenziale e giovanile vada studiata secondo una teoria
della normalità piuttosto che dell’anormalità.
76
Pag.
Elena Di Leo
GIOVANI E GENERAZIONI ADULTE
intergenerazionale, che
intragenerazionale, qualcosa La realtà giovanile è quindi costringe le
cioè che accomuna secondo sia una questione generazioni adulte e quelle
l’età e l’esperienza giovani a esplorarsi a vicenda,
a interrogarsi reciprocamente
profondamente.
Pag.
Elena Di Leo
LE RICERCHE SUI GIOVANI IN ITALIA
Le ricerche sociologiche rispondono a bisogni conoscitivi che emergono dal contesto sociale. A loro
volta i dati che si ricavano contribuiscono a diffondere una determinata rappresentazione della
realtà giovanile finendo per orientare anche le politiche rivolte loro. Si presta molta attenzione
alla condizione giovanile sotto il profilo degli orientamenti valoriali, dei comportamenti e delle
scelte della propria esistenza:
Fino agli inizi degli 1. In un clima di forte integrazione, anche la cultura giovanile è
anni 60 integrata nel sistema culturale degli adulti.
2. Le diverse manifestazioni di ribellione o di devianza sono
sporadiche o poco rilevanti rispetto al conformismo degli anni 50.
La contestazione Emergono due aspetti:
giovanile degli anni 1. La fine della continuità generazionale
60 2. La visibilità sociale della problematica giovanile anche per il
progressivo aumento della componente studentesca
Gli anni 90 La ricerca usa nuovi strumenti e paradigmi interpretativi per superare
la crisi delle categorie interpretative sui giovani.
Non esistono più interpretazioni univoche dei giovani, in quanti si
presentano molto eterogeni tra loro.
Sul finire degli anni 90 • Individuare una vera e propria cultura giovanile, si rivela arduo
e con il nuovo proprio perché sembra via via scomparire lo stesso oggetto di
millennio studio. La condizione giovanile si dilata in modo tale da non
consentire più l’individuazione di confini e di soglie di passaggio
evidenti verso l’età adulta.
• Emerge la figura del “giovane adulto”: che a differenza del passato,
dove vi era un’urgenza radicale di autonomia, tende a prolungare la
sua presenza all’interno della famiglia.
• Le indagini più recenti mostrano l’eterogeneità della realtà
giovanile e la difficoltà a coglierla nel suo insieme. Come osserva
Ilvio Diamanti i giovani sono all’insegna dell’invisibilità.
Si evidenziano due aspetti importanti:
1. Gli adolescenti e i giovani vanno studiati, capiti, incontrati in un
modo del tutto nuovo;
2. All’interno della realtà giovanile esiste una varietà rilevante di
situazioni, così come la capacità di aggregarsi intorno ai nuovi
problemi quali l’emergenza ambientale, la globalizzazione
dell’economia, la povertà e le disuguaglianze.
Occorre pertanto infrangere l’invisibilità, sviluppando un “doppio
sguardo”: quello degli adulti sui giovani e quello dei giovani su se stessi.
Un cambiamento riguarda la gerarchia di valori fondamentali per i
giovani: famiglia, amici, amore, in virtù dei quali i giovani risultano
“familisti convinti”, tuttavia la famiglia e i figli non risultano l’unica
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Tanto più l’adolescenza si dilata e tende a configurarsi come indeterminatezza, tanto più cresce di
importanza il gruppo di pari, che consente di trovare forme di rassicurazione e di solidarietà al di
là di quella familiare, che tuttavia continua a costituire un riferimento importante per la maggior
parte dei giovani, soprattutto come supporto economico e spesso solidale in questa dilatazione
dei tempi di crescita e delle numerose possibilità di esperienza.
Il gruppo dei pari si è trasformato in relazione al contesto storico-sociale:
Il gruppo di pari si distingue in formale, apprezzato dagli adulti che favoriscono l’inserimento dei
figli, ed informale considerato parzialmente pericoloso.
Palmonari sottolinea come il gruppo informale svolga di fatto un ruolo di mediazione del
rapporto con gli adulti, e contemporaneamente sottolinea come i gruppi di adolescenti vivano
una mancanza di interlocutori adulti, genitori e non, e come tanti comportamenti devianti nascano
dalla necessità di rendersi visibili alla società degli adulti.
Il gruppo dei pari si configura come vera e propria agenzia di socializzazione, con caratteristiche
molto diverse rispetto alle agenzie tradizionali, ma tale gruppo riveste un ruolo fondamentale
subito dopo la famiglia e il lavoro.
Il gruppo dei pari è importante per la fruizione di prodotti di consumo, come la moda o la musica,
che costituiscono pertanto elementi ulteriori di aggregazione e di identificazione, ma anche di
differenziazione. Riguardo ai consumi viene riformulata una tipologia di giovani consumatori:
• i ludici/colti, che presentano consumi elevati sia di tipo culturale sia di tipo giovanile;
• i ludici che hanno pratiche elevato solo di consumi giovanili
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Da parte degli adulti, i gruppi adolescenziali Il gruppo dei pari è un luogo di sperimentazione
sono considerati come luogo di trasgressività della tenuta di valori, norme e regole apprese e di
e di infrazione delle regole e pertanto da rielaborazione di un proprio codice normativo di
controllare. Gli adulti temono soprattutto le riferimento e si nota chiaramente come il gruppo
conseguenze per i rischi che i ragazzi corrono si dia delle regole. Questo da un lato indica come
durante le ore che trascorrono senza
si abbia spesso una visione riduttiva e fuorviante
sorveglianza da parte loro. Queste
della vita dei gruppi adolescenziali, dall’altro la
preoccupazioni poggiano sulle paure degli
necessità di superare un’impostazione protettiva,
stessi adulti, che di solito non sviluppano
un’osservazione diretta e attenta di ciò che dando invece valore e spazio alla crescita di
avviene all’interno dei gruppi giovanili. consapevolezza e di responsabilità ai giovani.
Da qui si comprende l’impossibilità di capire i giovani se non si attiva anche una comprensione del
modo con il quale gli adulti considerano le nuove generazioni.
Si tratta di un percorso lungo che si snoda su due assi fondamentali: quello dell’individualità e
quello della socialità attorno a questioni come quella della libertà, della scelta, della
responsabilità e dell’attribuzione di senso. È cruciale l’incontro tra dimensione individuale e
dimensione sociale, nella costruzione di un’identità dialogica, capace di sviluppare processi di
scelta, attribuzione di senso, assunzione di responsabilità, facendosi carico della gestione della
propria libertà.
scolastico, dove il processo risulta essere intenzionale e governato e con stretto riferimento ad
una cultura scritta.
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La socializzazione attraverso i media sembra configurarsi come un processo mediato all’origine
che evidenzia un’asimmetria tra chi produce il messaggio e chi lo riceve.
Si sta configurando una nuova prospettiva nel modo di concepire la posizione del destinatario:
- Da una fruizione passiva.
- Ad un aumento dell’interattività con il mezzo
L’ottica con cui considerare il ruolo dei media nella costruzione culturale e
nell’educazione e socializzazione è piuttosto quella della interdipendenza,
dove i media contribuiscono alla produzione della cultura, ma a sua volta il
contesto culturale ne influenza la pervasività, la diffusione, l’importanza.
Richiamando l’approccio morfogenetico di Margaret Archer, potremmo dire che, secondo le fasi
del ciclo morfogenetico, esiste una prima fase di partenza, data dal condizionamento strutturale e
culturale, sulla quale si sviluppano le fasi successive di interazione e rielaborazione culturale, in cui
i soggetti o i gruppi hanno un ruolo attivo e gli esiti dei processi di interazione non sono prevedibili.
Gli stessi media della comunicazione non possono pertanto essere considerati solo tecnologia, e
neppure il loro ruolo è unidirezionale, essi sono produttori di circuiti culturali = sono veicoli di
cultura e sono considerati dalla cultura dei propri oggetti.
Una caratteristica fondamentale che si accentua con la diffusione massiccia dei new media è
l’interattività che permette di acquisire informazioni e conoscenze in forma autonoma, non
predefinite da un programma scolastico.
Molti autori si chiedono quale conoscenza e quale identità crei una vita sullo schermo. Con il
tempo si è diffusa in maniera intensa e frenetica la “cultura di rete” e, con essa, le dinamiche di
socializzazione seguono oggi percorsi molteplici e differenziati, e proprio attraverso la rete si
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Giuseppe Granieri parla di blog generation per descrivere in modo sintetico il cambiamento in
atto, soprattutto con lo sviluppo dei weblog:
Sono spazi in rete che rendono I weblog raggruppano i contenuti per persona,
possibile la connessione tra fornendo agli individui uno strumento di
milioni di persone per lo scambio identificazione fortissimo. Le relazioni che si
di testi, informazioni, opinioni, instaurano sono salde, basate sulla fiducia reciproca,
indicazioni di links interessanti o con la verifica immediata della non attendibilità
importanti sull’argomento. dell’interlocutore. Si costituiscono vere e proprie
comunità in cui la regola è il confronto.
Tuttavia, Granieri riflette sul digital divide, affrontando la questione delle disuguaglianze tra chi
accede alle risorse e chi invece rimane fuori, facendo riferimento allo status, al genere, all’età, al
territorio, alla disabilità e alle generazioni.
È importante sottolineare il rapporto tra utilizzo dei media e generazioni. La tendenza che ha
preso campo è quella che enfatizza la distanza tra generazioni, con il ricorso ad etichette: si parla
di nativi digitali per distinguerli da coloro che sono nati prima della diffusione delle tecnologie. Ma
si suole distinguere le ultime generazioni proprio in relazione al veloce cambiamento tecnologico:
Baby Boomers 1946-1964 Cresce con la fruizione della tv pubblica e pedagogica (es:
carosello)
Generazione X 1965-1980 Cresce con i cartoons e la diffusione delle diverse tv private
Generazione Y 1980-2000 Figlia della nuova tecnologia digitale definita anche “nativa
digitale”
Generazione Z nati dopo il 2000 I figli della rete e dei tablet
Generazione C attuale Sempre connessa
Significa intervento che il medium produce sulla Non è solo una facilitazione,
comunicazione stessa, quindi il medium imprime annullamento della distanza, ma un
il suo marchio sulla comunicazione, realizzando processo di attraversamento di un
mutamenti qualitativi dell’esperienza di ciò che medium, la cui esperienza genera
viene comunicato. inevitabilmente delle conseguenze.
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La funzione di mediazione dipende dai vari tipi di interazione
La tradizione torna alla ribalta: il rapporto fra tradizione e contemporaneità chiede di essere
riallacciato, ma non semplicemente in forma prescrittiva (perché è bene che le tradizioni non
muoiano), bensì perché le tradizioni rappresentano il substrato della modernità, il materiale
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L’enfasi sulla pervasività dei media nelle giovani generazioni ha portato a sviluppare negli anni 90,
la tesi della “socializzazione leggera”, che descrive una socializzazione ormai priva di riferimenti
adulti forti, perché realizzata anche fuori dalle istituzioni come la scuola.
Entrando nel merito dell’ipotesi della socializzazione leggera, si coglie una sorta di
contrapposizione che si instaura tra educazione e socializzazione: coloro che sostengono la tesi
della socializzazione leggera dichiarano esaurita l’educazione, in quanto gli agenti educativi
perdono il potere di innescare nell’educando una tensione a crescere finalizzata a lungo termine e
orientata socialmente.
Elena Di Leo