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Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno

XXVI Corso di formazione dirigenziale

per l’accesso alla qualifica di Viceprefetto

GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE AMMINISTRATIVA

E FINANZIARIA NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

E LE VERIFICHE DEI RISULTATI E DELLE PERFORMANCE

A CURA DI:

dott.ssa Giovanna Cerni


dott.ssa Margherita de Luca
dott.ssa Stefania Fornaro
dott. Fabrizio Izzo
dott. Carmelo Musolino
dott.ssa Monica Perna

RELATORE

dott. Raffaele Sarnataro


Sommario
Introduzione ......................................................................................................................................... 4

1. I principali documenti di programmazione amministrativa e finanziaria negli enti locali ............. 6


1.1 I documenti di bilancio.................................................................................................. 6
1.2 Il bilancio annuale e pluriennale di previsione.................................................................. 11
1.3 La Relazione Previsionale e Programmatica ..................................................................... 15
1.4 Il piano esecutivo di gestione ............................................................................................ 17

2.Il piano esecutivo di gestione nei suoi aspetti di dettaglio, la gestione operativa delle risorse ed i
controlli interni negli enti locali ......................................................................................................... 24
2.1 Normativa, prassi e contenuti del piano esecutivo di gestione (PEG) ............................. 24
2.2 La gestione delle spese ..................................................................................................... 30
2.3 Il sistema dei controlli interni............................................................................................ 33

3. Il patto di stabilità interno quale vincolo di finanza pubblica in cui opera la programmazione e la
gestione finanziaria dell’ente locale.................................................................................................... 47
3.1 Cenni generali ................................................................................................................... 47
3.2 La conformità della programmazione finanziaria agli obiettivi prescritti dal patto .......... 50
3.3 La normativa ..................................................................................................................... 54
3.4 Gli adempimenti ................................................................................................................ 66
3.5 Le sanzioni per il mancato rispetto ................................................................................... 68

4. Le funzioni di verifica affidate all’organo di revisione economico-finanziario ............................. 73


4.1 I principali aspetti della gestione dell’ente oggetto di revisione ................................. 73
4.2 Le nuove funzioni affidate all’organo di revisione ........................................................... 85
4.3 I nuovi criteri di scelta dell’organo e le funzioni affidate agli uffici centrali del Ministero
dell’Interno ed alle Prefetture-Utg .......................................................................................... 88

5.Il controllo collaborativo della Corte dei Conti sulla efficacia della gestione e sulle performance 94
5.1 Il ruolo di centralità della Corte dei Conti nel sistema dei controlli ................................. 94
5.2 L’evoluzione normativa .................................................................................................... 96
a) La riforma dell’attività della Corte nell’anno 1994. ........................................................... 96
Il controllo successivo sulla gestione ...................................................................................... 96
b)La seconda riforma del 2003 (la legge La Loggia). ........................................................... 100

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Il controllo successivo e “finanziario” sulla gestione ........................................................... 100
c)La legge finanziaria 2006 ................................................................................................... 103
L’introduzione del “monitoraggio”in una prospettiva dinamica ........................................... 103
d) Altri aspetti dei controlli effettuati dalla Corte ................................................................. 105
e) il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174............................................................................ 109
5.3 …..Una riflessione conclusiva ...................................................................................... 112

6. Sana gestione degli enti locali e funzioni di diffida ed eventuale scioglimento del Consiglio
affidate al Prefetto ............................................................................................................................ 113
6.1 Evoluzione normativa in materia di controlli finanziari................................................. 113
6.2 Sana gestione; l’attività istruttoria della Corte dei Conti; Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato; verifiche ai sensi dell’art 14 della legge n. 196 del 2009 ................... 115
6.3 Il Decreto legislativo 149 del 2011 art. 6 comma 2 ........................................................ 120

FONTI .............................................................................................................................................. 130

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Introduzione
Come nello Stato, anche nelle Amministrazione pubbliche locali si sono sviluppati e
affinati - nel tempo- documenti di pianificazione e programmazione amministrativa
e finanziaria, nonché strumenti per la verifica dei risultati e delle performance.

Mentre la normativa sulla programmazione di bilancio degli enti locali risale già a
moltissimi anni fa, ed è stata successivamente aggiornata e modificata per adeguarla alle
nuove e accresciute esigenze, i primi fondamenti per la misurazione dei risultati della
gestione degli enti locali sono stati posti a partire dagli anni ’90 e, quindi, hanno
raggiunto un ampio grado di implementazione.

La normativa più recente ha, tuttavia, richiesto alle amministrazioni pubbliche locali di
potenziare e armonizzare i contenuti sia degli strumenti di programmazione sia delle
verifiche fra i vari livelli di governo (Stato, regioni ed enti locali), anche per tener
conto delle intervenute modifiche normative nel sistema delle autonomie locali.

La trattazione della tematica sarà, pertanto, rivolta a descrivere ed approfondire i


predetti aspetti nell’ambito degli enti locali prendendo in considerazione il bilancio
annuale e pluriennale ed i principali documenti di programmazione.

Una attenzione specifica viene concentrata sulla gestione operativa dell’ente e sul
Piano esecutivo di gestione (Peg) in quanto esso rappresenta uno dei documenti
principali su cui possono essere misurati risultati i e performance, attraverso il sistema
dei controlli interni dell’ente.

Vengono, inoltre compiutamente tratteggiate le verifiche affidate all’organo di


revisione economico finanziario dell’ente, le cui funzioni sono notevolmente cresciute
soprattutto da quanto sono stati completamente soppressi i controlli preventivi di
legittimità sugli atti.

Uno spazio rilevante è stato dedicato anche ai controlli esterni svolti dalla Corte dei
Conti e anche sulla recente funzione attribuita in base alle diposizioni di cui all’articolo
6 comma 2 del decreto legislativo n. 149 del 2011.

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Si ritenuto, altresì, necessario un approfondimento sulla disciplina del patto di stabilità
interno, quale vincolo di finanzia pubblica, per le numerose ricadute e riflessi che esso
comporta nel pianificare la gestione amministrativa e finanziaria.

E’ stato, infine, necessario descrivere alcune delle recentissime modifiche normative


apportate in materia ad opera del decreto legge 10 ottobre 2012 n. 174, atteso la
rilevanza che esse rivestono nel processo di rafforzamento dei controlli.

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1. I principali documenti di programmazione amministrativa e finanziaria negli
enti locali

1.1 I documenti di bilancio

Il bilancio degli enti locali presenta connotazioni e modalità di redazione


profondamente differenti da quelle che il medesimo strumento assume nel campo delle
aziende private; com’è noto per queste ultime, caratterizzate da scopo lucrativo, il
“bilancio” rappresenta la sintesi dei risultati economico-patrimoniali della gestione
vagliati in un determinato arco temporale, coincidente in genere con l’anno solare.

Di contro, negli enti locali il “bilancio” è un documento programmatorio - preventivo


che rappresenta l’attività che si intende svolgere e le fonti di finanziamento a cui
attingere per soddisfare le esigenze della collettività di riferimento, in un quadro
organico e complessivo; i documenti di bilancio– bilancio annuale e pluriennale, la
relazione previsionale e programmatica, il piano esecutivo di gestione– rappresentano
alcuni dei principali strumenti di programmazione e rispondono alla primaria e
fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la gestione dell’Ente
Locale.

La riforma dell’intero sistema ha avuto inizio con la legge 8 giugno 1990 n. 142, art.55,
in base alla quale veniva fissato un fondante principio di finanza locale, ossia la riserva
dell’intera disciplina finanziaria e contabile degli Enti Locali alla legge dello Stato,
ridimensionando quindi le spinte autonomistiche degli stessi Enti, i quali,comunque,
contestualmente esercitano il potere regolamentare.

Il principio contenuto nella legge 142/90 si è concretizzato nella delega al governo


rilasciata con la legge n. 421/92, affinché emanasse norme in materia di ordinamento
finanziario e contabile nel rispetto di taluni principi. Di fatto, in esecuzione alla delega,
è stato emanato il D.Lgs. n. 77/95, con il quale si è inteso conferire unitarietà a tutte le
norme in materia finanziaria e contabile e nel contempo, su diversi argomenti, accordare

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la possibilità agli enti di autodisciplinarsi attraverso un regolamento autonomo di
contabilità.

Ad oggi tutto questo processo di riforma e trasformazione degli Enti locali è ridefinito,
raccolto e coordinato nel nuovo Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali per le autonomie locali, di cui al D. Lgs. n. 267/00, che nella seconda parte
raccoglie tutta la disciplina finanziaria e contabile, ad oggi aggiornato dalle disposizioni
di cui al decreto legge n. 174 del 2012.

Il D.Lgs. 77/95 ha avuto, tra le sue finalità, quella di avvicinare non pochi degli aspetti
di contabilità e relativi all’attività di programmazione degli Enti Locali a quelli delle
aziende private. Concetti quali economicità, outsourcing di attività e servizi, con riserva
all’Ente della direzione strategica, con obiettivo di perseguire l’ottimizzazione dei
risultati dell’azione amministrativa, attraverso l’impiego economico possibile di risorse,
sono stati notevolmente potenziati.

Una delle caratteristiche più significative ed evidenti del decreto in esame, è stata la
valorizzazione del bilancio come strumento di programmazione, di effettivo governo
delle politiche esposte e perseguite dall’Ente al fine di rendere più visibili e trasparenti i
momenti decisionali.

Con riguardo al processo di formazione e di gestione del bilancio, pur confermando le


tradizionali caratteristiche di bilancio finanziario a valenza programmatoria, la
disciplina, così come organicamente riordinata nel decreto e successivamente riportata
nel TUOEL, tende a sviluppare un disegno riformatore finalizzato a trasformare gli
Enti Locali da erogatori a produttori di servizi, sulla base di una corretta ed economica
gestione delle risorse pubbliche.

In tale contesto, significativo, specifico rilievo assume il Principio Contabile n.1 per gli
Enti Locali (Programmazione nel sistema del bilancio) nel testo approvato
dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti Locali nella seduta del 12
marzo 2008.

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Sulla base di tale Principio “La programmazione rappresenta il processo di analisi e
valutazione, nel rispetto delle compatibilità economico-finanziarie, della possibile
evoluzione della gestione dell’ente e si conclude con la formalizzazione delle decisioni
politiche e gestionali che danno contenuto ai piani e programmi futuri. Deve essere
rappresentata negli schemi di programmazione del sistema di bilancio in modo
veritiero e corretto ed esprime l’impegno che gli organi di governo dell’ente assumono
nei confronti dei cittadini e degli altri utilizzatori del sistema di bilancio stesso.”

Viene così evidenziata l’imprescindibile necessità che il processo di programmazione


del sistema di bilancio sia basato su una serie di elementi fondanti quali la valenza
pluriennale del sistema, la lettura non solo contabile dei documenti nonché la necessaria
coerenza ed interdipendenza dei vari segmenti del sistema di bilancio.

In particolare, il richiamato principio dell’Osservatorio focalizza le c.d. “categorie della


programmazione” che appare interessante riportare di seguito, così da tenerli quali
costanti riferimento nello svolgimento di questo breve lavoro:

1. La visione descrive lo scenario futuro perseguito dall’amministrazione avendo per


oggetto la comunità locale.

2. I valori riflettono la cultura dell’ente e guidano il comportamento delle persone che


vi operano. In particolare, i valori etici definiscono doveri e responsabilità nei
rapporti tra l’ente e i propri portatori di interesse ed informano, insieme alla visione
e alla missione, le finalità e gli obiettivi del programma di mandato nonché dei
successivi documenti di programmazione.

3. Le finalità costituiscono l’impatto atteso sui bisogni ottenibile nel medio periodo
mediante l’attuazione di programmi ed eventuali progetti.

4. Gli obiettivi di gestione costituiscono il risultato atteso verso il quale indirizzare le


attività e coordinare le risorse nella gestione dei processi di erogazione di un
determinato servizio.

5. I risultati attesi, riferiti alle finalità e agli obiettivi di gestione, possono essere
espressi in termini di:

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• efficacia esterna, intesa quale capacità di soddisfare i bisogni attraverso risultati
coerenti con le aspettative dei cittadini;

• efficacia interna, ovvero il rapporto tra obiettivi e risultati;

• efficienza, intesa quale rapporto tra impiego di risorse e risultati.

La redazione del bilancio deve consentire una lettura per programmi, posto che il
bilancio non è più soltanto uno strumento con il quale si ripartiscono mezzi finanziari a
disposizione tra i diversi capitoli di spesa o con il quale si riceve l’autorizzazione agli
impieghi, ma diviene strumento di definizione dell’azione amministrativa, in funzione
delle responsabilità gestionali e tecniche affidate agli apparati dirigenziali.

Prima del D.Lgs. n.77/1995, il bilancio di previsione annuale rappresentava il fulcro


intorno al quale ruotava l’intero sistema, sia per l’aspetto programmatorio che per
quello gestionale; tale impostazione sviliva la funzione del bilancio pluriennale e della
relazione previsionale e programmatica. Il primo, infatti, finiva per essere redatto in
maniera automatica e ripetitiva, mentre la seconda era priva di validi e veridici contenuti
programmatici.

Per la prima volta, rimodulata la disciplina del bilancio pluriennale, che rappresenta
concretamente una delle maggiori novità del D.Lgs. 77/95 si attribuisce a questo
documento efficacia autorizzativa: l’art.13, comma 4, attualmente assorbito dall’art.171
del TUOEL, dello già citato decreto recita: “ gli stanziamenti previsti nel bilancio
pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di
competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e
sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione “.

Le innovazioni legislative, apportate dal D.Lgs. n. 77/1995 e dal D.P.R. n. 194/1996


(regolamento recante i modelli unificati dei documenti contabili), delineano un sistema
unitario di bilancio, innovativo rispetto al passato e caratterizzato da una stretta
connessione tra i principali documenti che lo compongono - bilancio annuale e
pluriennale, la relazione previsionale e programmatica, il piano esecutivo di gestione- ,

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prevedendo due ulteriori atti di programmazione, la cui redazione è preliminare alla
previsione annuale e pluriennale e che riguardano specifici settori di intervento:

a) il programma triennale dei lavori pubblici


b) la programmazione triennale del fabbisogno di personale.

L’art. 14 della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994 (cd. Legge
Merloni come modificato dall’art. 7, co. 1, lettera g, della legge n. 166/2002) ed ora
confluito all’articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 per
l’adeguamento alle modifiche al Titolo V parte seconda della Costituzione, fa obbligo a
tutte le amministrazioni aggiudicatrici (Stato, enti pubblici, enti locali, loro associazioni
e consorzi, nonché agli altri organismi di diritto pubblico) di predisporre la
programmazione triennale dei lavori che intende realizzare. Il programma triennale
costituisce momento attuativo di studi di fattibilità, identificazione e quantificazione dei
bisogni che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono. Il programma, oltre a
prevedere un ordine di priorità tra le categorie di lavori ed all’interno delle stesse, deve
contenere il quadro delle disponibilità finanziarie necessarie al finanziamento degli
interventi, la stima dei tempi assegnati per la realizzazione delle opere ed il loro
collaudo. L’elenco annuale, così come il programma triennale, deve essere approvato
unitamente al bilancio di previsione, di cui costituisce parte integrante; inoltre è previsto
che l’elenco annuale deve contenere l'indicazione dei mezzi finanziari stanziati
sullo stato di previsione o sul proprio bilancio, ovvero disponibili in base a
contributi o risorse dello Stato, delle regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici,
già stanziati nei rispettivi stati di previsione o bilanci, nonché acquisibili ai sensi
della normativa in vigore.
L’ulteriore strumento, la programmazione triennale del personale, costituisce lo
strumento di sintesi e di coordinamento delle politiche di gestione delle risorse umane e
di raccordo di queste con la più generale programmazione dell’ente. Il programma
triennale del fabbisogno di personale,previsto dall’art. 91 del TUOEL, definisce
periodicamente la consistenza e la variazione della dotazione organica dell’ente,
compatibilmente con le disponibilità finanziarie, e trova attuazione attraverso piani
annuali del personale riferiti operativamente all’attività che si svolgerà nel periodo di
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riferimento. La sua funzione è quella di assicurare la disponibilità qualitativa e
quantitativa di risorse umane necessarie alla realizzazione delle funzioni istituzionali e
dei relativi piani. Per raggiungere tali obiettivi, la programmazione del personale deve
necessariamente partire dalle strategie aziendali e dagli obiettivi contenuti negli atti di
pianificazione strategica. Da tali documenti infatti è possibile trarre ispirazione per
individuare i nuovi profili professionali o le aree di potenziamento dei profili esistenti,
in quanto essi contengono l’informazione fondamentale circa le professionalità e le
relative competenze di cui l’ente necessita.

1.2 Il bilancio annuale e pluriennale di previsione

Formalmente, ai sensi dell’art. 171 del TUOEL, il bilancio pluriennale costituisce un


allegato del bilancio annuale di previsione, caratterizzato da una previsione temporale
pari a quello della regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni. Tale
inquadramento formale va però meglio valutato sotto il profilo logico, poiché è di tutta
evidenza come nella costruzione dei documenti di previsione bisogna prendere le mosse
da quelli a valenza ultrannuale per giungere in modo conseguenziale ed armonico alla
definizione dello stralcio annuale della programmazione.

Il bilancio pluriennale, cui è attribuito il compito di esprimere in termini finanziari le


decisioni di programma già assunte dagli organi politici in sede di predisposizione della
relazione previsionale e programmatica, non è, formalmente, una novità; esso infatti
esisteva già negli schemi introdotti dal D.P.R. n. 421/1979.Novità fondamentale, come
già accennato, è però la sua valenza autorizzativa, che rappresenta un potente freno alla
tentazione di dar corso ad iniziative economicamente squilibrate, pur se magari
socialmente utili, scaricandone gli oneri, in tutto o in parte, sui successivi esercizi (ad
esempio con operazioni di pesante indebitamento o con massicce assunzioni in ruolo di
personale nelle ultime settimane dell’anno). È lo strumento attraverso il quale si dà atto,
del mantenimento ,nel tempo, degli equilibri finanziari rispetto ai programmi esposti
nella relazione previsionale e programmatica ed, in particolare, rispetto alle previste
spese di funzionamento e di investimento.

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Per ciascun investimento, occorre considerare e dare copertura ai maggiori oneri
connessi alla gestione delle opere realizzate, nonché agli interessi passivi e alle quote di
rimborso del capitale nel caso in cui per la realizzazione dell’opera si sia reso necessario
il ricorso all’indebitamento.

Di fondamentale rilievo, infine, è la sua caratterizzazione quale documento dinamico


che viene riformulato ogni anno, assicurando il finanziamento delle spese i cui impegni
pluriennali sono assunti negli esercizi precedenti; parimenti, nel corso della gestione, al
pari del bilancio annuale, sarà soggetto ad aggiornamento delle previsioni per adeguarle
alle circostanze sopravvenute.

Di contro, ferma restando la fondamentale valenza strategica di medio e lungo termine


del bilancio pluriennale, il bilancio annuale di previsione costituisce l’elemento di più
immediato e concreto rilievo del processo di programmazione dell’Ente, essendo lo
strumento attraverso il quale vengono allocate le risorse finanziarie rispetto alle varie
funzioni ed ai servizi da erogare.

Il bilancio di previsione, anche in relazione ai principi contabili previsti dall’art. 162 del
TUOEL, cui deve attenersi, presenta diversi elementi caratterizzanti e che valgono
anche per il pluriennale, con la sola ovvia eccezione del principio di annualità:

1) unità: il principio comporta che tutte le entrate, da qualunque fonte provengano,


siano destinate al finanziamento di tutte le spese. Sono fatte ovviamente salve le
eccezioni di legge quali possono essere, per esempio, le entrate a destinazione vincolata
per funzioni delegate dallo Stato o dalla regione, i proventi da concessioni di edificare
(cosiddetti oneri di urbanizzazione), i mutui di scopo, …;

2) annualità: impone che le previsioni iscritte in bilancio debbano riferirsi all'anno


finanziario. Dopo tale data non è più possibile né effettuare accertamenti né assumere
impegni in conto dell'esercizio scaduto;

3) universalità e integrità: tutte le entrate e le spese devono essere previste in bilancio,


per cui sono esplicitamente vietate le gestioni fuori bilancio. Le entrate devono essere
previste nel loro intero ammontare senza tenere conto di eventuali spese per la loro

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riscossione, quindi al lordo di queste ultime. Parimenti tutte le spese vanno previste
integralmente senza alcuna riduzione per entrate collegate;

4) veridicità: i dati contenuti nel bilancio devono essere aderenti alla realtà, evitando
che sia le entrate come le spese possano essere sovra o sottostimate. L'ordinamento
prevede che la previsione debba essere sostenuta da analisi riferite a un adeguato arco di
tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento. La veridicità delle
previsioni di spesa corrente deve anch'essa essere supportata dall'analisi del trend
storico e dei fattori che ne determinino l’eventuale incremento, sia esso conseguente a
nuovi servizi o al potenziamento di quelli esistenti (spesa di sviluppo). Per le spese in
conto capitale, poi, deve essere dimostrata la coerenza alle fonti disponibili e,
nell’ipotesi di ricorso all’indebitamento, la sostenibilità dello stesso;

5) pareggio finanziario: il principio del pareggio finanziario richiede che il complesso


delle entrate deve essere uguale al complesso delle spese e riguarda l'intero bilancio di
previsione.

6) pubblicità: tale principio richiede che gli enti locali debbano rendere conoscibili alla
collettività, cittadini e organismi di partecipazione, i dati contenuti nei documenti
previsionali. Le modalità con le quali attivare la conoscenza dei contenuti significativi e
caratteristici dei documenti di bilancio devono essere previste dal singolo ente nel
proprio statuto e nei regolamenti (regolamento di contabilità, regolamento sulla
partecipazione).

Il bilancio annuale è a struttura obbligatoria come previsto dall’art. 165 del TUOEL e
come individuato – con maggiore dettaglio - nei modelli di cui al D.P.R. n. 194 del
1996, in particolare:

La parte entrata è ordinata gradualmente in:

- Titoli: in relazione alla fonte di provenienza;

- Categorie: indicano la tipologia di entrata nell’ambito di ciascuna fonte di


provenienza;

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- Risorse: costituiscono l’unità elementare dell’entrata e indicano lo specifico oggetto
della stessa, all’interno della categoria di appartenenza.

La parte spesa è ordinata, invece:

- Titoli: in relazione ai principali aggregati economici e loro destinazione;

- Funzioni: in relazione alla tipologia di attività espletata dall’ente locale;

- Servizi: sulla base dei singoli uffici che gestiscono un complesso di attività;

- Interventi: secondo la natura economica dei fattori produttivi nell’ambito di ciascun


servizio ( ad esempio, per la spesa corrente del bilancio di previsione dei comuni, gli
interventi sono i seguenti : personale; acquisto di beni di consumo e/o di materie
prime; prestazioni di servizi; utilizzo di beni dei terzi; trasferimenti; interessi passivi
ed oneri finanziari diversi; imposte e tasse; oneri straordinari della gestione corrente;
Ammortamenti di esercizio; fondo svalutazione crediti; fondo di riserva).

La ripartizione in servizi, del bilancio e degli stanziamenti in esso contenuti,


corrisponde alla struttura organizzativa minima standard di cui è sicuramente dotato
ogni Ente Locale. Inoltre, l’assegnazione delle risorse finanziarie ai responsabili dei
servizi permette, come è noto, l’attuazione del principio di separazione fra funzioni di
indirizzo politico e competenze gestionali introdotta dalle disposizioni di cui al D. lgs.
n. 29/1993 (e poi confluite nel decreto legislativo n. 165 del 2001) ed ora prevista dal
TUOEL. Il servizio rappresenta quindi l’anello di congiunzione tra la struttura
organizzativa dell’Ente ed il sistema di bilancio.

E’ importante tuttavia porre in evidenza come la rigida individuazione dei servizi e la


loro aggregazione per funzioni, prevista dal D.P.R. n. 194/1996, possa risultare non
appropriata per la particolare struttura organizzativa dei singoli enti. Ciò in particolar
modo potrebbe verificarsi in Comuni con più di 10.000-15.000 abitanti, i quali
presentano un articolazione più complessa e differenziata che mal si concilia con la
standardizzazione e lo snellimento della struttura del bilancio. Il legislatore,
consapevole di questo limite, ha introdotto, obbligatoriamente per gli enti suddetti e,
facoltativamente per gli enti locali con meno di 15.000 abitanti, il piano esecutivo di

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gestione (Peg), il quale permette di disaggregare i servizi, quindi il bilancio, secondo la
peculiare struttura organizzativa di ciascun ente.

1.3 La Relazione Previsionale e Programmatica

Introdotta con il D.L. 28 febbraio 1983, n. 55 con l’intenzione di arricchire la


modulistica di bilancio del D.P.R. n. 421/1979 con uno strumento di valenza strategica,
la relazione previsionale e programmatica è stata nel tempo frequentemente interpretata
come una mera appendice al bilancio annuale, da compilarsi in tutta fretta non appena
noti i contenuti della legge finanziaria e sottoposta all’ultimo minuto all’approvazione
della Regione di appartenenza per rispettare i termini di approvazione del bilancio.

Con l’articolo 12 del D.Lgs. n. 77/1995 prima, ed oggi con art. 170 del TUOEL, il
legislatore ne ha voluto valorizzare la funzione di vero e proprio atto pianificatorio,
predisposto dall’organo esecutivo e da questo presentata all’organo consiliare cui
compete l’approvazione. La R.P.P. rappresenta oggi l'anello di congiunzione tra il
bilancio di previsione e i principi amministrativi di indirizzo politico che si intendono
perseguire nell'impiego delle risorse. Non appare quindi eccessivo affermare che il
bilancio annuale e pluriennale trovano origine nella relazione, poiché rappresentano le
conseguenze in ambito finanziario delle scelte a carattere generale e programmatorio
indicate in tale documento. Prova ne sia che la relazione, redatta per lo stesso periodo di
riferimento del bilancio pluriennale, cioè per almeno tre anni e comunque per un
periodo di tempo corrispondente alla programmazione della Regione di appartenenza,
assume rilievo anche in sede di variazione del bilancio di previsione, le cui deliberazioni
devono indicare gli adeguamenti alla relazione stessa.

La puntuale elencazione dei contenuti offerta dal TUOEL, pone in evidenza il carattere
generale della relazione, con ciò significando che essa racchiude l’intero panorama
programmatorio, sia in termini di tempo, coincidente con l’arco temporale del bilancio
pluriennale, che di contenuti non solo finanziari ed economici ma strutturali e politici.

Nella relazione previsionale e programmatica, infatti:

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- si illustrano le caratteristiche della popolazione, del territorio e dell’economia locale, i
servizi dell’ente, le risorse umane, strumentali e tecnologiche utilizzate;

- si indicano e valutano i mezzi finanziari disponibili con riferimento al trend degli


ultimi anni ed a quello prevedibile per il periodo interessato (generalmente,il triennio);

- si espone la spesa per programmi e (eventualmente) per progetti, con riferimento ai


programmi del bilancio annuale e pluriennale;

- si motivano le scelte adottate per ciascun programma e le risorse per esso utilizzate,
nonché gli obiettivi degli organismi gestionali dell’ente;

- si collegano le linee indicate agli altri strumenti pianificatori adottati.

Significativa a tal riguardo, è la previsione contenuta nel comma 9 dell’art.170 del


TUOEL che sancisce l’obbligo di disciplinare nel regolamento di contabilità i casi di
inammissibilità/improcedibilità delle delibere non coerenti con la relazione previsionale
e programmatica.

Tralasciando i dettagli riguardanti la struttura della relazione in esame, puntualmente


indicati nell’art.170 del TUOEL, è interessante evidenziare il ruolo che oggi essa
assume nel sistema di bilancio dell’Ente, essendo divenuta quale strumento regolatore
dei rapporti tra Consiglio, Giunta e Sindaco (così come il Peg rappresenta lo strumento
attraverso il quale vengono definite le relazioni tra Giunta e dirigenti). In tale
prospettiva essa può giocare un ruolo decisivo nel far riemergere la centralità delle
assemblee elettive, anche nella definizione degli obiettivi strategici all’interno dell’Ente,
invertendo così la tendenza ad attribuire alle stesse un’attività di semplice ratifica delle
decisioni prese dall’organo esecutivo.

Il Consiglio, infatti, assume un ruolo di stakeholder privilegiato nel sistema di bilancio


rappresentando, quest’ultimo, lo strumento principale attraverso il quale l’organo
assembleare concretizza l’esercizio delle proprie funzioni. E’ di fondamentale
importanza, pertanto, che, oltre al rispetto dei principi contabili e dei postulati
universalmente validi, i documenti di bilancio siano in grado di garantire al Consiglio la

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piena capacità di assumere le decisioni strategiche di governo dell’Ente e della comunità
locale rappresentata e di verificarne l’attuazione.

Affinché la relazione previsionale e programmatica svolga efficacemente questo ruolo è


necessario che i programmi in essa contenuti, ed approvati dal Consiglio sulla base
degli obiettivi strategici dell’ente, siano chiaramente riconducibili al piano generale di
sviluppo. Occorre,a tale scopo,che i programmi siano strutturati in modo da garantire il
collegamento con i diversi assessorati, fornendo, così, al Consiglio una connessione
diretta con interlocutori politici specifici per ogni programma ed attribuendo al Sindaco
l’effettivo ruolo di referente politico e di garante del coordinamento nonché
dell’integrazione dei programmi unitamente alla loro coerenza con il programma
elettorale.

E’ quindi essenziale garantire la lettura dei programmi della relazione previsionale e


programmatica in un’ottica di budget che consenta di individuare chiaramente il
collegamento tra le risorse, gli obiettivi e le responsabilità politiche per ogni ambito di
intervento strategico. In tal modo risulta agevolata l’allocazione delle risorse in funzione
delle priorità strategiche individuate, il monitoraggio dello stato di attuazione nel corso
della gestione, la valutazione della rispondenza ai bisogni e alle aspettative dell’utenza.

In tale ottica, la relazione previsionale e programmatica non rappresenta più un


documento a carattere prettamente descrittivo allegato alle poste contabili definite nel
bilancio di previsione, bensì uno strumento operativo anch’esso parte integrante del
processo di pianificazione e controllo.

1.4 Il piano esecutivo di gestione

Dopo che nella fase di pianificazione strategica e di programmazione operativa i


programmi sono stati esplicitati e definiti sotto il profilo tecnico, della spesa e delle
entrate necessarie per finanziarli, nella fase di budgeting essi vengono definiti
ulteriormente attraverso una più puntuale esplicitazione delle spese, delle entrate e degli
obiettivi e affidati alla gestione dei responsabili chiamati ad attuarli.

17
Il piano esecutivo di gestione (Peg) rappresenta la novità più significativa introdotta
dall'articolo 11 del D.Lgs. n. 77/1995 (ora confluito all’ art. 169 del TUOEL) con la
funzione di porre in termini espliciti e diretti il legame tra obiettivi di gestione,
dotazioni di risorse e responsabilità correlative. La leggibilità del piano esecutivo di
gestione per programmi, pur non essendo esplicitamente richiamata dalla norma, si
intende garantita attraverso il collegamento dello stesso con il bilancio annuale e, per il
tramite di questo, con la relazione previsionale e programmatica ed il bilancio
pluriennale.

Il Peg descrive quindi, in termini quantitativi e qualitativi, gli obiettivi gestionali


deliberati dall’organo esecutivo sulla base degli indirizzi generali di governo che l’Ente
intende perseguire, svolgendo in tal senso una duplice funzione:

1) integrare gli strumenti di programmazione dell’ente con un sistema di budgeting


basato sul collegamento tra risorse e obiettivi e, quindi, sulla responsabilizzazione dei
dirigenti verso il conseguimento dei risultati;

2)attuare una costante razionalizzazione dell’intera attività amministrativa attraverso il


decentramento in capo ai dirigenti delle funzioni di spesa e, più in generale, della
gestione dell’attività e dei servizi.

Per l’assolvimento di queste funzioni è necessario che il Peg non si traduca in un mero
adempimento contabile, ma in uno strumento organizzativo basato su un idoneo assetto
delle competenze e su un sistema di procedure amministrative e contabili certe e
definite; in altri termini, il Peg deve scaturire da un processo decisionale complesso al
quale concorrono gli organi di governo e i dirigenti; processo che vede poi il suo
svolgimento successivo e logico nel controllo di gestione e nella verifica dei risultati.

Il piano esecutivo di gestione è predisposto dall’organo esecutivo, prima dell’inizio


dell’esercizio cui si riferisce, sulla base del bilancio di previsione deliberato dal
consiglio, inquadrandosi, in tal modo, tra gli atti che esprimono le scelte di indirizzo
degli organi politici. Il periodo di analisi del Peg coincide con quello del bilancio di
previsione, ma, a differenza di quest’ultimo, non rappresenta solo uno strumento di
programmazione finanziaria (attraverso la graduazione delle risorse do entrata in
18
capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli), ma contiene anche
dati quali - quantitativi inerenti alla gestione dei servizi.

Il carattere di strumento operativo assunto dal Peg, tagliato su misura delle esigenze e
dell’organizzazione di ciascun ente, spiega perché il legislatore ha preferito evitare
l’imposizione di un modello unificato per tale documento. Infatti, i contenuti del Peg
non vengono definiti puntualmente dal TUOEL, il quale, all’art. 169, si limita a dettare
solo alcuni principi fondamentali, così che ciascun Ente può provvedere alla redazione
del Peg secondo metodologie, criteri e finalità proprie. Ulteriormente,va sottolineato
come l’adozione di tale strumento di programmazione sia facoltativo per gli enti locali
con popolazione inferiore a 15.000 abitanti anche se, in tal caso, sarà necessario
suddividere in capitoli le risorse di entrata e di spesa, ai fini di predisporre la gestione
operativa delle attività amministrativa.

E’ importante osservare, però, come l’indicazione offerta dal legislatore sulle modalità
di redazione del documento di programmazione operativa, lasci desumere che la
costruzione del Peg debba o possa essere successiva alla redazione del Bilancio di
previsione, sebbene, come già accennato nella prima parte di questo lavoro che mira a
descrive la sequenza logica di una coerente attività di programmazione dell'Ente locale,
una corretta attività di programmazione si realizza – di fatto-attraverso il processo
inverso, risalendo al dato generale dal dato particolare:

• pianificazione- ovvero individuazione degli obiettivi da raggiungere nel rispetto


dei fini istituzionali dell'Ente, che trova corpo nella Relazione previsionale e
programmatica;

• programmazione - ovvero scelta, tra le differenti alternative praticabili, del


programma più consono al raggiungimento dell'obiettivo, che trova corpo nel
Piano esecutivo di gestione;

• bilancio - ovvero quantificazione delle risorse attribuite al programma.

19
La formazione del Peg, infatti, prende le mosse dai dati di pre-chiusura dell'esercizio in
corso (e ciò dal momento che quando si predispone il bilancio di previsione non risulta
ancor approvato il rendiconto della gestione) forniti dalla ragioneria dell’ente locale ad
ogni responsabile, cui viene indirizzata, altresì, una proiezione di quella che potrebbe
essere la spesa futura del relativo centro di costo. Sulla base di questi dati e sui dati
forniti dalla Giunta, relativi alle prime indicazioni sull'esercizio futuro correlate alla pre-
chiusura del Bilancio e alla programmazione pluriennale già approvata, i responsabili
dei centri di costo provvedono a realizzare dei piani di lavoro di massima tra loro
alternativi, da presentare alla Giunta, che provvederà ad individuare il più pertinente
agli indirizzi politici dell'amministrazione. Terminate queste operazioni, i dati vengono
aggiornati dalla ragioneria, la Giunta procede alle scelte definitive, i responsabili
procedono alla predisposizione dei programmi e dei progetti da inserire in Bilancio ed
in funzione dei quali riceveranno nel Peg l'assegnazione di dotazioni finanziarie e
strumentali. La predisposizione delle previsioni per centro di costo deve rispettare le
scadenze del Bilancio di previsione e dei suoi allegati. Una volta deliberato il Bilancio
di previsione, la Giunta ed i responsabili dei centri di costo hanno tempo fino al 31
dicembre per completare il Piano esecutivo di gestione, nel rispetto dell'indirizzo
tracciato dal Consiglio.

La costruzione del Peg quindi, si configura, quindi, come un processo perfettamente


parallelo a quello della costruzione del bilancio di previsione, se non addirittura
preventiva.

Un aspetto importante nella predisposizione del Peg riguarda la programmazione


temporale dello stesso, infatti, dall’interpretazione letterale dell’art. 169 del TUOEL,
l’approvazione del documento, a cura dell’organo di governo, viene collocata
temporalmente prima dell’inizio delle attività gestionali del nuovo esercizio, e quindi

successivamente alla presentazione del bilancio in Consiglio. Ne consegue che il


massimo organo deliberante, al momento di adottare le proprie decisioni, non conosce
le articolazioni del bilancio costituite dal Peg.

20
La predisposizione, ad opera della Giunta, degli obiettivi strategici e di una prima
impostazione degli interventi, sulla base dei quali verrà redatta una bozza di Peg, dovrà
essere effettuata servendosi di una bozza di bilancio all’Organo consiliare. Questi due
elaborati, abbozzati secondo le conoscenze del momento e sulla base dei dati di bilancio
consuntivo, saranno oggetto di continui adattamenti, l’uno in funzione dell’altro, sino al
raggiungimento di uno stato ottimale tra la previsione di bilancio e l’analisi di fattibilità
del Peg sulla base del miglior grado di conoscenza raggiunto e della massima
concretezza accertata delle previsioni future.

A questo punto il bilancio, attraverso successive semplificazioni e accorpamenti, viene


formalizzato dalla Giunta e sottoposto al Consiglio, eventualmente modificato sulla
base degli emendamenti, e con conseguente adeguamento della bozza del Peg.

Nell’ambito di tale processo, è fondamentale il ruolo di coordinamento svolto dal


Direttore generale affinché nella redazione del Peg, seguendo un impostazione di tipo
bottom-up, siano coinvolti tutti i soggetti interessati (amministratori, responsabili dei
servizi, servizio finanziario, altri servizi di supporto), ognuno dei quali ha infatti un suo
specifico ed indispensabile apporto da fornire, contrapponendosi, così, al modello top-
down in cui la Giunta procede alla definizione degli obiettivi e li declina per ogni centro
di responsabilità.

L’attività di indirizzo dell’organo esecutivo continua anche dopo l’inizio della gestione
operativa, infatti, qualora nel corso della gestione la consistenza di alcuni stanziamenti
dovesse risultare inadeguata o eccedente, il responsabile può avanzare proposta di
variazione della dotazione con le modalità stabilite dal regolamento di contabilità
dell’ente (art. 177 TUOEL). Sulla richiesta è chiamato decidere l’organo esecutivo
motivando opportunamente l’eventuale provvedimento negativo. Il termine ultimo per
approvare le variazioni al Peg è il 15 dicembre di ciascun esercizio (art.175 TUOEL),
inoltre, se le variazioni comporteranno modifiche alle voci di bilancio, sarà necessario
avviare preventivamente variazioni al bilancio, la cui competenza è riservata al
consiglio dell’ente.

21
La possibilità di adottare variazioni al Peg ha una forte correlazione con il processo di
controllo di gestione che, infatti, è finalizzato ad evidenziare, mediante apposita
reportistica, il verificarsi di eventuali scostamenti significativi tra valori attesi e quelli
concretamente evidenziati dai parametri e dagli indicatori relativi al grado di
raggiungimento degli obiettivi. Ed è proprio dall’analisi di tali scostamenti che potrebbe
emergere la necessità o l’opportunità di riadattare le modalità di gestione modificando le
dotazioni (sia finanziarie che strumentali e di risorse umane) assegnate in sede di
redazione del Peg.

Per quanto riguarda i criteri di costruzione del Peg, è possibile seguire due diverse
metodologie:

a) Per obiettivi specifici di gestione da conseguire nell’esercizio finanziario;

b) Per disaggregazione degli interventi che costituiscono la struttura del bilancio di


previsione.

Seguendo la prima soluzione, occorre individuare dapprima gli obiettivi da perseguire e


quindi collegare a ciascuno di essi uno o più responsabili dei servizi cui assegnare le
dotazioni sulla base delle relative priorità ed esigenze.

La seconda soluzione prevede, invece, la disaggregazione delle articolazioni del


bilancio in centri di costo e comunque la suddivisione in capitoli di spesa:

E’ rilevante notare che l’art. 169 del TUOEL, pone l’enfasi sia sull’aspetto
organizzativo della programmazione, statuendo che la Giunta definisce gli obiettivi di
gestione da affidare ai responsabili dei servizi, individuando contestualmente le
dotazioni necessarie alla realizzazione dei programmi; sia sull’aspetto contabile
laddove, la medesima norma, dispone che la Giunta preveda, altresì, la possibilità di
graduare le risorse di entrata e gli interventi di spesa in capitoli ed i servizi in centri di
costo.

Ciò fa emergere chiaramente che i criteri di costruzione del Peg non sono alternativi tra
loro e che lo stesso deve essere redatto seguendo entrambe le rappresentazioni contabili,

22
ognuna delle quali assolve aspecifiche funzioni conoscitive ed applicative e presenta
propri vantaggi e limiti.

In particolare, nel Peg redatto per obiettivi specifici di gestione, ad ogni obiettivo
vengono collegati, in primis, i responsabili dei servizi, ai quali compete il concreto
svolgimento delle attività di gestione; successivamente, vengono definite le linee guida
che i responsabili devono seguire per raggiungere gli obiettivi concordati con la Giunta;
infine, vengono assegnate le risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie.

Seguendo tale impostazione si facilita la delega di responsabilità e le previsioni di spesa


scaturiscono da valutazioni oggettive degli obiettivi da perseguire, di contro, si rende
difficile l’impianto e la gestione di una contabilità analitica, che, come si vedrà in
seguito, assume rilevante importanza.

Nel Peg redatto per disaggregazione degli interventi, gli stanziamenti, previsti nel piano
esecutivo redatto per obiettivi di gestione, si trovano dispersi tra i vari centri di costo in
relazione alle responsabilità gestionali e agli obiettivi affidati dalla Giunta alla struttura.
La disaggregazione per centri di costo non consente di istituire corrispondenze puntuali
tra le unità elementari della spesa e i progetti, in compenso,però, essa è funzionale per la
gestione di un efficiente sistema di contabilità analitica,attraverso il quale è possibile
individuare (utilizzando un opportuno sistema di codificazione di ogni
programma/progetto, con il quale verranno contrassegnate le singole rilevazioni che ad
esso si riferiscono) l’ammontare delle risorse finanziarie assorbite da ciascun progetto
nelle varie fasi della sua realizzazione.

Così delineati i tratti essenziali dei documenti che concorrono a costruire il sistema del
bilancio, è utile evidenziare come nell’attuale contesto socio-economico,caratterizzato
dal progressivo espandersi dei compiti trasferiti agli enti locali o comunque assunti
dagli stessi, dai vincoli conseguenti al patto di stabilità nonché dalla crescente
autonomia finanziaria degli enti locali,una seria e consapevole attività di
programmazione rappresenti una condizione imprescindibile per dare concreta
attuazione al disegno riformatore finalizzato a trasformare gli Enti Locali da erogatori

23
a produttori di servizi, sulla base di una corretta ed economica gestione delle risorse
pubbliche.

2.Il piano esecutivo di gestione nei suoi aspetti di dettaglio, la gestione operativa
delle risorse ed i controlli interni negli enti locali

2.1 Normativa, prassi e contenuti del piano esecutivo di gestione (PEG)

Oltre a quanto già detto in precedenza in relazione al piano esecutivo di gestione, è


utile esaminare il piano esecutivo di gestione nei suoi aspetti di dettaglio ai fini della
gestione operativa delle risorse.

Il piano esecutivo di gestione (anche definito sinteticamente PEG), ai sensi dell’articolo


169 del TUOEL, è il documento attraverso il quale la Giunta affida in modo formale
obiettivi gestionali e risorse (umane, finanziarie, e strumentali) ad essi funzionali ai
dipendenti dell’Ente posti a capo di un centro di responsabilità, chiamato dal legislatore
“Centro di Costo”.

La redazione del PEG è un obbligo per tutti gli Enti locali con popolazione superiore ai
15.000 abitanti, mentre per comunità montane e comuni con popolazione fino a 15.000
abitanti la redazione del predetto documento ha carattere facoltativo.

In ogni caso, si tratta di un documento che contribuisce a sancire la distinzione tra


funzioni di indirizzo politico esercitate dal Consiglio dell’ente e funzioni di gestione
che vengono attribuite ai Dirigenti attraverso la Giunta che appunto provvede alla
approvazione e alle sue variazioni.

La Giunta, con l’approvazione del Peg e con l’assegnazione delle risorse necessarie alla
realizzazione degli obiettivi, approva le proposte avanzate dai Dirigenti e dai
responsabili dei servizi, per cui si tratta di un documento che prende forma e avvio da
proposte degli organi gestionali dell’ente.

Il Piano Esecutivo di Gestione ha carattere:

24
• preventivo - viene deliberato successivamente all’approvazione
del bilancio annuale di previsione, ma prima
dell’inizio dell’esercizio (secondo quanto previsto
dall’art.169 TUOEL)

• programmatico - è strutturato per obiettivi e dotazioni finanziarie


e contabile umane e strumentali

• finanziario - è articolato in capitoli di entrata e di spesa

• autorizzativo - definisce le linee guida espresse dagli amministratori


rispetto alle attività di gestione dei responsabili,
costituisce un limite degli impegni di spesa assunti
dagli stessi.

Un effetto importante del PEG è quello di delimitare gli ambiti decisionali e di


intervento tra i responsabili dei diversi centri di responsabilità ( non sempre, infatti, le
attribuzioni organizzative, definite nel regolamento per il funzionamento degli uffici e
dei servizi chiariscono le competenze in merito ad alcuni obiettivi di gestione)

Infatti, il Piano Esecutivo di Gestione, dovendo assegnare risorse e gli obiettivi stessi,
richiede di effettuare una scelta in tal senso.

Il PEG, inoltre, contribuisce a dare atto della fattibilità tecnica degli indirizzi definiti a
livello politico, atteso che, mediante l’apposizione del parere di regolarità tecnica dei
titolari dei centri di responsabilità, costituisce un piano di fattibilità condiviso in merito
alle possibilità di realizzazione degli obiettivi, tenendo conto delle risorse assegnate.

Il PEG inoltre:

• responsabilizza sull’utilizzo delle risorse e sul raggiungimento dei risultati;

• favorisce l’attività di controllo di gestione e costituisce un elemento portante dei


sistemi di valutazione; è evidente infatti che, in assenza di obiettivi operativi e di
dettaglio ben definiti, sarebbe ben difficile pensare ad una verifica del loro stato di
attuazione e ad una successiva valutazione di dirigenti.

25
Contrariamente agli altri documenti previsionali e di rendicontazione del’Ente, non è
previsto un modello predefinito ed obbligatorio del PEG; la sua forma è libera, nel
senso che il legislatore ha specificato i contenuti del documento (responsabili, obiettivi
e dotazioni), ma non lo schema in cui esso può essere articolato e sviluppato.

Tale “libertà” ha dato vita, nella pratica, a modelli molto diversi tra loro, rendendo
alquanto difficoltosa e forse inutile una disanima comparata, per cui può essere utile
effettuare un approfondimento sugli elementi costitutivi del PEG.

Nell’art. 169 del TUOEL come sopra citato, vengono alla luce i contenuti del
documento che possono essere individuati in :

1. Responsabili

2. Obiettivi

3. Dotazioni

Non si può procedere ad una delega politico-tecnica esaustiva da parte del Consiglio
alla Giunta per la realizzazione dei programmi descritti nella Relazione Previsionale e
Programmatica se non si individuano chiaramente i soggetti (responsabili) tenuti al
conseguimento degli obiettivi strumentali con le relative dotazioni di risorse
(finanziarie, umane e strumentali). In caso di modifiche dei responsabili è necessario far
riapprovare la parte di PEG di loro competenza dalla Giunta, al fine di dare loro la
possibilità di riconsiderare gli obiettivi e le dotazioni, e negoziarne la fattibilità con
l’assessore di riferimento.

Per quel che riguarda gli obiettivi contenuti nel PEG, questi vengono considerati dal
legislatore come punto di partenza del processo di programmazione, cercando di
favorire così il superamento della logica della spesa storica incrementale, ossia di
riprodurre un documento analogo a quello degli anni precedenti con la previsione di
maggiori dotazioni di risorse per la spesa. Allo stesso modo è necessario che ci sia un
chiaro collegamento tra gli obiettivi del PEG e i programmi approvati dal Consiglio al
fine di evitare obiettivi autoreferenziali e non coerenti con le scelte programmatiche
individuate dall’amministrazione.

26
Gli obiettivi in parola non devono necessariamente essere “innovativi”; anche quelli
“correnti” relativi alla gestione apparentemente ordinaria, che sono anche di gran lunga
più numerosi, contribuiscono a fornire un quadro completo “veritiero” e “corretto” di
come vengono utilizzate tutte le risorse che l’Ente acquisisce dalla collettività. Sono
spesso questi obiettivi più modesti che, una volta - centrati -, conducono alla efficienza
di molti dei servizi resi alla collettività.

E’ infine essenziale che gli stessi obiettivi siano significativi ed orientati ai risultati ed,
in questo senso, è rilevante anche quanto prescritto al punto 60 del Principio contabile
n. 1 dei Principi contabili per gli enti locali approvati dall’Osservatorio sulla finanze e
la contabilità degli enti locali il 12 marzo 2008; il predetto punto 60 precisa, fra l’altro,
che:

• le attività devono necessariamente essere proposte in termini di obiettivo e


contenere una precisa ed esplicita indicazione circa il risultato da raggiungere.
Quest’ultimo può essere espresso in termini di tempo, volume di attività, costo
ecc. oppure in termini qualitativi, ma devono risultare comunque e trovare un
riscontro oggettivo.

• gli obiettivi gestionali, per essere definiti, necessitano di un idoneo


strumento di manipolazione, individuabile negli indicatori. Essi consistono in
parametri gestionali considerati e definiti a preventivo, ma che poi dovranno
trovare confronto con i dati desunti, a consuntivo, dell’attività svolta. La loro
individuazione è fondamentale per la concretezza del PEG, per la sua capacità di
essere guida nei riguardi della struttura operativa, ma anche termine di rapporto a
consuntivo, per favorire il buon andamento e assicurare nel contempo condizioni
di trasparenza.

L’ultimo elemento costitutivo del Piano Esecutivo di Gestione è rappresentato dalle


dotazioni di risorse finanziarie, umane e strumentali,.

Queste devono essere individuate per ciascun centro di responsabilità, ma mentre per le
dotazioni finanziarie è frequente che vi siano dei capitoli direttamente imputabili ad un
obiettivo, per quelle umane e strumentali tale identificazione è spesso poco praticabile e
27
talvolta può essere inopportuna. Queste ultime conviene che siano chiaramente descritte
senza imputarle ai singoli obiettivi, ma al centro di responsabilità nel suo complesso.

L’art.169 del TUOEL prescrive al comma 1 che dall’organo esecutivo gli obiettivi di
gestione sono “affidati”, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili di
servizio. Ma chi sono i responsabili dei servizi?

Alcuni enti hanno interpretato la norma assegnando le risorse ai responsabili di servizio


che hanno la titolarità ad “impegnare” contabilmente la spesa. In questi casi si è data
priorità a chi pone in essere l’atto amministrativo e gestisce tutte le procedure per
giungere al suo perfezionamento (cosiddetto approccio gius-contabile).

Altre amministrazioni hanno invece fatto riferimento al responsabile del settore verso
cui è destinata la spesa, indipendentemente che egli abbia o meno la titolarità ad
“impegnare” contabilmente la spesa o che venga supportato a tal fine da un servizio di
tipo “trasversale”, quale ad es. i lavori pubblici, l’economato, il personale, ecc…,
(cosiddetto approccio budgettario).

Sembra si debba propendere per questa seconda soluzione in quanto il concetto di


“budget” è un concetto principalmente organizzativo e va, quindi, inteso come l’insieme
delle risorse finanziarie destinate ad un dato centro di responsabilità per il
raggiungimento dei propri obiettivi gestionali. E’ quindi opportuno che, all’interno del
“budget” di un centro responsabile siano considerati gli obiettivi gestionali propri del
centro sia quelli impegnati da servizi trasversali e ad esso destinati.

Al secondo comma dell’art. 169 del T. U .E .L. si stabilisce che il PEG contiene una
ulteriore graduazione delle risorse dell’entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e
degli interventi in capitoli. Si fa notare che il D.P.R. 194/1996 (Regolamento recante i
modelli unificati dei documenti contabili) non riporta alcuna esemplificazione di piano
esecutivo operazionale, proprio perché – come già detto – essendo il PEG uno
strumento budgettario tagliato su misura sulle esigenze e l’organizzazione di ciascun
ente, il legislatore ha preferito evitare l’imposizione di un modello unificato.

28
Secondo il Principio Contabile n.1 dell’Osservatorio sulla finanze e la contabilità degli
enti locali, il Piano Esecutivo di gestione deve essere composto da:

- una parte descrittiva, in cui sono individuati, per ogni progetto, gli obiettivi da
raggiungere, le finalità, le risorse dedicate, il nominativo del responsabile, i tempi,
gli indicatori di risultato (di efficienza, di efficacia);

- una parte contabile, in cui sono riportate le eventuali entrate assegnate ad un centro
di costo (singola unità organizzativa avente una propria autonomia,
responsabilizzata nel raggiungimento dei risultati) e l’ammontare delle risorse
necessarie al raggiungimento degli obiettivi. Questa parte offre un dettaglio
informativo di maggior analisi rispetto al bilancio di previsione di cui rappresenta
una disaggregazione.

Da quanto detto si evince la rilevanza fondamentale del Peg ai fini della gestione, tanto
che i già richiamati principi dell’Osservatorio sulla finanze e la contabilità degli enti
locali ne raccomandano l’utilizzo da parte dei comuni con popolazione dai 5.000 ai
15.000 abitanti, in quanto principale strumento di regolazione della relazione politica-
tecnica conseguente al principio di distinzione delle funzioni. (punto 66 del principio
contabile n. 1) e prevedono, altresì, che laddove sia utilizzato dagli enti per i quali è
facoltativo, esso non si deve limitare alla sola ripartizione in capitoli, ma deve recare
l’indicazione degli obiettivi gestionali e dei relativi parametri di misurazione (punto 65
del principio n. 1).

Inoltre, l’art. 177 del TUOEL regola l’eventualità che nel corso della gestione operativa
la consistenza di alcuni stanziamenti risulti inadeguata o eccedente; il responsabile, in
seguito a idonea valutazione può avanzare proposta di variazione della dotazione con le
modalità stabilite dal Regolamento di Contabilità dell’Ente e su tale richiesta è chiamato
a decidere l’organo esecutivo, il quale, se di avviso contrario, emette provvedimento
negativo opportunamente motivato.

Le variazioni del PEG non comportano variazioni del bilancio, mentre le variazioni del
bilancio comportano variazioni del PEG.

29
Il termine per apportare variazioni al PEG è il 15 dicembre di ciascun esercizio secondo
quanto previsto dall’art.175. comma 9 del TUOEL.

L’applicazione delle disposizioni di cui al D. Lgs. 27 ottobre 2009 n.150 recante


“Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della
produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni” (c.d. legge-Brunetta) ha comportato indirettamente effetti sulla
definizione del PEG con l’introduzione e la relativa disciplina del “piano delle
performance” previsto dall’art.10 1 del predetto decreto legislativo.

Unitamente alla Relazione Previsionale e Programmatica di cui sopra , che ha carattere


generale, il PEG, che contiene, per l’art.169 del Decreto legislativo n.267/2000, la
graduazione delle risorse dell’entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli
interventi in capitoli, costituisce una delle basi di applicazione del piano delle
“performance”, divenendo il contenitore omnibus capace di portare a sistema i diversi
aspetti del processo di programmazione e del conseguente controllo. E’ quindi
necessario che il PEG abbia, in parte, una dimensione ultrannuale.

Maggiori richiami su tali aspetti potranno, ad ogni modo, essere condotti al termine del
successivo paragrafo 2.3, relativamente alla problematica del controllo strategico,
nell’ambito dei controlli interni.

2.2 La gestione delle spese


Una volta elaborato il Peg, l’attività operativa dell’ente è diretta alla gestione delle
risorse in entrata ed in spesa dello stesso Peg per realizzare gli obiettivi di gestione.

1
Si riporta il testo del coma 1, lettera a) dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 150 del 2009, che è il
seguente:
1. Al fine di assicurare la qualità, comprensibilità e attendibilità dei documenti di rappresentazione
della performance, le amministrazioni pubbliche, secondo quanto stabilito dall'articolo15, comma 2,
lettera d), redigono annualmente:
a) entro il 31 gennaio, un documento programmatico triennale, denominato Piano della performance
da adottare in coerenza con i contenuti e il ciclo della programmazione finanziaria e di bilancio, che
individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e definisce, con riferimento agli obiettivi finali
ed intermedi ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance
dell'amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori.
30
Alla gestione della spesa, il TUOEL dedica il Capo II del Titolo III (art.182-185) e, dato
il carattere autorizzativo del bilancio di previsione, la disciplina del procedimento di
erogazione delle spese risulta più articolata di quella delle entrate, per cui si esaminerà
il procedimento di spesa anche perché nell’ambito del Peg l’attribuzione di obiettivi
connessi a quest’ultima sono più attentamente sviluppati. Nella contabilità pubblica,
infatti, il bilancio di previsione svolge soprattutto un ruolo di autorizzazione alla
gestione: di qui, la particolare attenzione nel regolamentare l’erogazione delle spese (v.
artt. 191 e 195).
• impegno di spesa;

• liquidazione;

• ordinazione;

• pagamento;

In proposito, si concentrerà l’attenzione si concentrerà l’attenzione soprattutto sul


procedimento di assunzione di impegno di spesa, la cui competenza ricade sui
responsabili dei servizi. A tale proposito, il comma 9 dell’art. 183 del TUOEL
attribuisce al regolamento di contabilità di ciascun ente locale la disciplina delle
modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono gli atti d’impegno delle spese.
Lo stesso comma dispone che tali determinazioni di impegno di spesa sono
assoggettate, in via preventiva al controllo di regolarità amministrativa e contabile da
parte del servizio finanziario nelle forme previste dall’art.151 comma 4 del TUOEL. Lo
schema tipico di adozione dell’impegno di spesa con determinazione è dunque il
seguente:

- Il responsabile del servizio predispone la proposta di determinazione di impegno,


che dovrà riportare: una intestazione, un preambolo, una motivazione e finalmente il
dispositivo cioè l’indicazione di tutti gli elementi richiesti dal comma 1 dell’art.183;
tale proposta è trasmessa al responsabile del servizio finanziario, secondo le
modalità stabilite dal regolamento di contabilità dell’Ente.Ai sensi dell’art. 9 del
Decreto Legislativo n.78/2009, al fine di evitare ritardi nei pagamenti a favore delle

31
imprese e la formazione di debiti pregressi,il funzionario responsabile della spesa ha
l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti
sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza
pubblica; la violazione di tale obbligo di accertamento comporta responsabilità
disciplinare e amministrativa a carico del funzionario.

- A questo punto il responsabile del servizio finanziario, in via preventiva, controlla la


copertura finanziaria e appone il visto di regolarità contabile. Come ricorda il
principio Contabile n.2, nelle determinazioni dei responsabili dei servizi,
l’attestazione di copertura finanziaria è resa congiuntamente al visto di regolarità
contabile e, pertanto, l’attestazione forma un unico elemento costitutivo delle stesse
insieme al visto. Con l’apposizione del visto, da parte del responsabile finanziario, i
provvedimenti di impegno dei responsabili dei servizi diventano esecutivi, e solo a
questo punto il responsabile preposto al servizio è abilitato a comunicare al terzo
intervenuto l’ordinazione della fornitura o della prestazione.

E’ bene sapere che qualora non siano stati rispettati gli obblighi previsti per la
corretta assunzione dell’impegno (tra cui l’attestazione della copertura finanziaria) il
rapporto obbligatorio, ai sensi dell’art.191, comma 4 del TUOEL, intercorre tra il
privato fornitore e l’amministratore, il funzionario o il dipendente che ha consentito
la fornitura.

Premesso che la spesa sia stata regolarmente impegnata, con la liquidazione (art.184 del
TUOEL) l’Ente determina la somma certa e liquida da pagare secondo l’ammontare
dell’impegno definitivo assunto, sulla base dei documenti e dei titoli che provano il
diritto acquisito dal creditore. Con la liquidazione della spesa l’obbligazione diventa
attuale, essendo la somma dovuta determinata nel suo ammontare ed esigibile.

La competenza ad erogare la liquidazione della spesa ricade esclusivamente sul


responsabile del servizio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa e che
trasmette l’atto di liquidazione e i relativi documenti giustificativi al servizio
finanziario, competente ad eseguire i controlli e i riscontri amministrativi, contabili e
fiscali.Il provvedimento di erogazione della spesa si conclude con l’ordinazione e il

32
pagamento. La fase dell’ordinazione (art.185 del TUOEL) si concretizza nell’ordine,
impartito dal responsabile del servizio finanziario mediante il mandato di pagamento al
tesoriere dell’Ente, di provvedere al pagamento materiale delle spese nei confronti del
creditore. Il mandato di pagamento cartaceo è sempre più raro, sostituito dal mandato
informatico (v. D.P.R. 367/1994).Il mandato è sottoscritto dal dipendente dell’Ente
individuato dal Regolamento di Contabilità, ma il controllo, la contabilizzazione e la
trasmissione al tesoriere dei mandati di pagamento sono sempre di competenza del
servizio finanziario.

Il tesoriere può provvedere direttamente, anche in assenza del preventivo mandato, ai


pagamenti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo e da delegazioni di
pagamento. In tale ipotesi, tuttavia, l’Ente è tenuto a regolare l’operazione mediante
emissione del relativo mandato entro 15 giorni e comunque entro il termine del mese in
corso.

2.3 Il sistema dei controlli interni

Il sistema dei controlli interni comprende istituti molto diversi tra loro, attivati da
organismi e con finalità specifiche varie, ma tutti accumunati dall’unico obiettivo
generale di garantire il rispetto dei principi costituzionali di legalità, buona
amministrazione ed imparzialità. In particolare con il termine “controllo” sono indicate
varie attività, svolte da organi interni o esterni all’Amministrazione interessata, dirette,
in sintesi, al riesame degli atti amministrativi, emanati o in corso di emanazione, e/o alla
verifica delle attività gestionali, svolte o in fase di svolgimento, oppure alla vigilanza
negli organi amministrativi fino a comprendervi la valutazione delle prestazioni dei
soggetti posti al vertice dell’organizzazione amministrativa.

Nel tempo il sistema dei controlli si è evoluto da tipologie tradizionali, di stampo


“burocratico”, verso forme moderne di tipo più simile a quelle cosiddette “manageriali”,
contestualmente al graduale passaggio da un modello di organizzazione formale o
burocratica, ad uno nuovo ispirato alla logica di ottimizzazione delle risorse, dei costi e
dei risultati.
33
Scopo del sistema di controlli è di mantenere l’azione pubblica all’interno dei confini
della regolarità e correttezza, indirizzandola verso obiettivi di efficacia ed efficienza,
nonché di indicare strumenti e meccanismi per valutare le prestazioni degli operatori e
la congruità delle scelte strategiche decise dagli organi politici.

Per quanto riguarda, in particolare, l’ordinamento delle autonomie locali il legislatore


ha, da tempo, scelto di svincolare i Comuni e Province da controlli preventivi di
legittimità, lasciando agli enti stessi la possibilità di individuare gli strumenti più idonei
per recepire ed adeguare alla loro realtà il nuovo sistema di controlli interni.

Per ciò che riguarda il rapporto tra il vertice politico e quello burocratico, è stato
introdotto il principio della netta distinzione tra funzione di indirizzo politico-
amministrativo, attribuita alla responsabilità degli organi di governo, e compiti
gestionali affidati alle responsabilità dei dirigenti. E’ chiaro che tra il titolare della
responsabilità politica e il dirigente pubblico chiamato ad interpretare l’indirizzo
politico sussiste un accentuato rapporto fiduciario.

E’ necessario però, per evitare un potere di nomina e di revoca troppo esteso dei
dirigenti da parte degli organi di governo, che favorirebbe la politicizzazione della
classe dirigente, che siano ben fissati gli obiettivi e siano stabilite le regole per cui si
muove l’azione amministrativa. Occorre, in altri termini, una preventiva attività degli
organi politici di finanziamento degli obiettivi ed assegnazione delle risorse, nonché la
determinazione, sempre preventiva, dei parametri di controllo dei risultati, il tutto
possibilmente attraverso un processo di negoziazione con i dirigenti su cui ricade la
responsabilità della gestione.

Solo ancorando il controllo sui risultati a parametri di efficacia e di efficienza


predeterminati da organismi tecnici, composti da esperti in tecniche di valutazione e nel
controllo di gestione, si garantisce che la verifica dei risultati sia effettuata da un organo
competente e, in certa misura, autonomo.

Per quanto riguarda gli enti locali, la costruzione del sistema di controlli interni è
iniziata sin dalla legge n.142/1990 di riforma dell’ordinamento delle autonomie locali.
Con questa legge si comincia a parlare di “controllo di gestione”, ma rimane ancora
34
facoltativo per l’ente. Successivamente anche il Decreto Legislativo n. 29/1993 sulla
dirigenza e il Decreto Legislativo n.77/1995 sul nuovo ordinamento contabile e
finanziario degli enti locali, estendono il concetto di controllo interno ed è presente per
la prima volta l’istituzione di “nuclei di valutazione” cui affidare la corretta ed
economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità e il buon andamento
dell’azione amministrativa. Successivamente i contratti collettivi nazionali di lavoro dei
dipendenti appartenenti al comparto regioni - autonomie locali del 1995 e del 1999
hanno indotto il controllo in termini di valutazione come condizione essenziale per
l’erogazione al personale di compensi incentivanti.

Il Decreto Legislativo n.286/1999 ha riordinato il sistema di controlli interni (e di


valutazione) dell’azione pubblica prevedendo, in particolare, quattro diversi momenti di
verifica e di valutazione dell’attività svolte dalla pubblica amministrazione, per
verificarne e valutarne i costi, i rendimenti e i risultati. Nella nuova impostazione
introdotta dal citato decreto, ciascuno dei momenti di controllo interno assume finalità
diverse ed è demandato, pertanto, alla competenza e alla responsabilità di strutture
diverse.

La prima forma di controllo prevista è quella tradizionale di regolarità amministrativa


e contabile ed è affidata agli organi interni per garantire la legittimità, la regolarità, la
correttezza della azione.L’altra è quella del controllo di gestione, strumento per
verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, che è
posta a supporto degli organi gestionali ed è demandata a strutture che riportano
direttamente ai dirigenti.La valutazione della dirigenza è affidata ad apposite strutture,
diverse da quelle che svolgono il controllo di gestione, e serve per valutare le
prestazioni lavorative rese dai dirigenti.Il controllo strategico, infine, è ideato come
strumento a supporto degli organi di governo per verificare l’adeguatezza del
programma operativo rispetto al programma strategico dagli stessi ideato.

Per gli enti locali (cui l’art.1 e 3 del Decreto legislativo 286/1999 dà facoltà di adeguare
le proprie normative regolamentari alle disposizioni del decreto stesso), i principi
fondanti del decreto di riordino dei controlli interni sono presi in considerazione

35
dall’art.147 del TUOEL, che sostanzialmente riprende la quadri-ripartizione già
accennata, ribadisce che i controlli interni sono ordinati secondo il principio delle
distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione e dà facoltà agli enti di
organizzare i controlli interni anche in deroga ad altri principi del D.Lgs. n. 286/1999.

Risulta interessante notare la scelta operata dal legislatore che prevede (art.1c.3 D.Lgs.
286/1999) che gli enti locali “possano” adeguare le normative regolamentari alle
disposizioni contenute nel suddetto decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali
e delle norme contenenti l’ordinamento finanziario e contabile.La possibilità, peraltro,
degli enti locali di scegliere, pur nel rispetto dei principi generali fissati nel decreto in
argomento, il sistema ritenuto più idoneo per verificare e monitorare i costi, i
rendimenti, ed i risultati della propria azione, è del tutto coerente con la decisa scelta del
legislatore degli anni ’90 di valorizzare il ruolo dei funzionari delle autonomie locali.

-Il controllo di regolarità amministrativa e contabile

E’ lo strumento finalizzato a garantire la legittimità, la correttezza e la regolarità


dell’azione amministrativa; esso garantisce, inoltre, non solo la ragionevole conformità
dell’attività amministrativa alla legge, ma anche l’affidabilità delle altre tipologie di
controllo interno. Per tale motivo il controllo di regolarità in esame assume una propria
autonomia rispetto alle altre forme di controllo interno tanto è vero che è fatto divieto di
affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo
di gestione, alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico (art.1, c. 2.lett.e) del
D.Lgs. n. 286/1999). Le verifiche di regolarità amministrativo-contabile devono
richiamarsi ai principi generali della missione aziendale osservati dagli ordini
professionali del settore e debbono essere effettuate dagli organi “appositamente
previsti” dalle disposizioni vigenti.Tale forma di controllo sarà approfondita nel
capitolo dedicato all’organo di revisione economico-finanziaria.

-Il controllo di gestione

Il concetto di “controllo di gestione” da lunghissimo tempo viene ampiamente utilizzato


ed esercitato nella realtà aziendale; solo dal 1990, con la legge n.142/1990 viene

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introdotto timidamente nella pubblica Amministrazione per i soli enti locali, e solo in
seguito è stato esteso anche ad altre pubbliche amministrazioni.

Si ritiene utile, pertanto, premettere poche parole sul concetto in generale così come
presente nel privato, per poi esaminare come è stato realizzato nel contesto normativo
pubblico.

Il governo della gestione di una impresa si basa sostanzialmente sulle fasi della
pianificazione strategica, della pianificazione operativa e del controllo di gestione.
Quest’ultimo quindi agisce da propulsore affinché il contenuto del piano operativo sia
effettivamente attuato in ogni parte delle struttura aziendale. Il compito dell’ultimo
“anello” di tutte la pianificazione, il controllo di gestione, è quindi: definire “la rotta”
entro la quale la gestione di impresa deve svolgersi.

Si tratta, naturalmente, di un’attività complessa ed articolata, che permea tutta la vita


dell’impresa, giorno per giorno. E’ un processo gestionale, attraverso cui il
“management” gestisce l’utilizzo delle risorse disponibili per il raggiungimento degli
obiettivi strategici.

Il carattere dinamico del controllo è molto importante. Spesso, infatti, si tende ad


identificare il controllo come un’attività che si esaurisce nel confronto tra risultati
economici e i dati “standard” di “budget” ; ma non è così: la vera essenza del carattere
dinamico del controllo sta quindi nel fatto che esso agisce durante lo svolgimento della
gestione, come sensore delle eventuali deviazioni rispetto al sentiero strategico fissato.

Il sistema di controllo è quindi un meccanismo operativo concepito per guidare la


gestione. Esso è dotato di un concreto potere di indirizzo sulle azioni del management.

Il controllo di gestione, per agire concretamente, si avvale di diversi strumenti: il


bilancio di esercizio, l’analisi dei costi, il “reporting” direzionale. Questi elementi,
opportunamente correlati, costituiscono un processo in grado di influire sui
comportamenti delle persone, tanto da orientarli verso gli obiettivi che l’impresa si è
prefissata di raggiungere.Una delle più interessanti caratteristiche del sistema di
controllo di gestione è il meccanismo di “retroazione” o “feed-back”.

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Esso si basa sul confronto sistematico tra obiettivi e risultati effettivi, sulle cause che
hanno determinato gli scostamenti, al fine di farli “rientrare”. Quest’ultimo aspetto è
forse quello più significativo. Non ci si limita, infatti, a rilevare gli scostamenti né ad
analizzarli, ma si vuole gestirli, ovvero tentare di annullarli, attraverso l’adozione di
adeguate azioni correttive.Il funzionamento del “feed-back” si snoda quindi attraverso
le fasi di: definizione degli obiettivi, di rilevazione dei consuntivi, di analisi degli
eventuali scostamenti tra obiettivi e consuntivi e di adozione dei provvedimenti
correttivi.Altro aspetto non secondario del controllo di gestione è il “reporting”
decisionale: esso è il motore del controllo, è lo strumento che permette in modo più
diretto e significativo la gestione delle devianze tra preventivi di “budget” e consuntivi.
Si potrebbe definire come un insieme di rendiconti adeguatamente strutturati e tali da
segnalare in modo efficace le aree di debolezza della gestione; ma non è ancora
sufficiente definire le aree critiche, ovvero di scostamento tra “budget” e consuntivi, si
deve arrivare alla definizione e attuazione delle necessarie azioni correttive degli
scostamenti. Tali azioni possono concernere le fasi operative previste dalla
programmazione, o anche la definizione degli obiettivi stessi. Il caso più diffuso ed
“indolore” è comunque quello in cui sono più che altro i programmi di azione ad essere
corretti, piuttosto che gli obiettivi di fondo; in tal modo non si pongono in discussione i
traguardi, ma si ridisegnano gli strumenti attraverso i quali gli stessi traguardi possono
essere più realisticamente raggiunti.

Siamo ormai giunti alla fine del controllo di gestione. Le azioni sono state tutte
intraprese e si può vedere se gli obiettivi pianificati sono stati raggiunti o meno, con lo
svolgimento di quei determinati programmi. Il vero valore aggiunto che sta in questa
fase di controllo ex post è la possibilità di tesaurizzare i risultati raggiunti, e riprogettare
la nuova fase di “budget” con la consapevolezza su questi risultati.

Quanto detto sopra vale nell’ambito privato. Per quel che riguarda l’applicazione negli
Enti Locali, il TUOEL riserva al controllo di gestione alcuni articoli specifici (artt.196,
197,198,198 bis) che pur definendo alcuni aspetti metodologici e principi di base,
lasciano ampio spazio alle specifiche esigenze ad esperienze degli Enti Locali.

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Secondo la definizione riportata all’art.147 c.1 lett. b) del TUOEL il controllo di
gestione è diretto ad analizzare il conseguimento degli obiettivi e dei risultati di una
gestione, verificando l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa,
per consentire ai dirigenti di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di
correzione, il rapporto tra costi e risultati. Il concetto è ripreso dell’art.196 del TUOEL,
secondo cui il controllo di gestione è diretto a verificare lo stato di attuazione degli
obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione
tra i costi e le quantità e qualità dei servizi offerti, le funzionalità dell’organizzazione
dell’Ente, l’efficacia, l’efficienza ed il livello di economicità nell’attività di
realizzazione dei predetti obiettivi.

Le procedure e le concrete modalità di svolgimento del controllo di gestione sono


disciplinate dall’art.197 del TUOEL secondo cui si articola in almeno tre fasi:

a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi; la predisposizione di tale


piano completo spetta (lì dove è previsto) al Direttore Generale (art.108 del TUOEL)
che potrà riproporre gli obiettivi individuati nel piano esecutivo di gestione oppure
articolarli in maniera maggiormente dettagliata. In ogni caso gli obiettivi individuati
devono poter essere misurabili e consentire la verifica del raggiungimento dei relativi
risultati;

b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi, nonché rilevazione dei risultati
raggiunti; risulta essenziale, a tal fine, adottare adeguati strumenti di rilevanza contabile
ed infatti il comma 3 dello stesso articolo richiede di sviluppare una contabilità analitica
(il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove
previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari
acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti
e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi);

c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di


verificare il loro stato di attuazione e di misurare l’efficacia, l’efficienza ed il grado di
economicità dell’azione intrapresa. E’ dunque necessario elaborare degli indicatori di
risultato, ovvero valori tratti dai documenti contabili capaci di misurare i risultati

39
raggiunti e in particolare indicatori di efficienza, di efficacia, di economicità. Per
efficienza si intende il rapporto tra il costo e il prodotto di una determinata
attività;l’efficacia si intende una valutazione a posteriori del grado di raggiungimento
degli obiettivi desiderati; per economicità si intende la capacità di un Ente di conseguire
l’ottimizzazione dei risultati in rapporto ai mezzi a disposizione.

Con il referto del controllo di gestione si ottiene finalmente la chiusura dell’anello! Esso
verrà messo a disposizione degli amministratori ai fini della verifica sullo stato di
alterazione degli obiettivi programmati (art. 198 del TUOEL). Inoltre sarà portato a
conoscenza dei responsabili dei vari servizi affinché possano valutare, sulla base di tali
elementi, l’andamento della gestione dei rispettivi servizi cui sono preposti.

Sia nel caso degli amministratori che in quello dei responsabili di servizio, la
rilevazione dei risultati ottenuti consente di ottenere un “feed-back” dell’azione svolta e
permette:

a) di verificare in anticipo se la gestione si sviluppa secondo le linee direttrici dei


piani e dei programmi e indicare ai vari centri decisionali le azioni da intraprendere nel
futuro immediato;

b) di verificare mediante l’analisi degli scostamenti il grado di realizzazione del


programma medesimo e il raggiungimento dei suoi obiettivi, alla luce dei risultati già
effettivamente conseguiti;

c) di adottare adeguati provvedimenti correttivi nel caso in cui la verifica segnali


l’esistenza di disfunzioni gestionali o di programmi non più validi.

Infine ai sensi dell’art.198bis (introdotto dal Decreto Legislativo 168/2004), il referto


dovrà essere inoltre comunicato alla Corte dei Conti che ha così visto convalidata la
propria attività di controllo successivo sulla gestione degli enti, attività richiamata anche
dall’art.148 del TUOEL

-La valutazione dei dirigenti e il controllo strategico

L’art.147 del TUOEL prevede al primo comma lett. c) e d) la valutazione delle


prestazioni del personale con qualifica dirigenziale e il cosiddetto “controllo strategico”.

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Su questi due tipi di controlli ha innovato in maniera significativa il D.Lgs. n.150/2009,
cosiddetta legge “Brunetta”, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro
pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Innanzi tutto si può dire che la valutazione dei dirigenti è strumentale all’effettiva
attuazione del principio di separazione tra politica ed amministrazione ed
all’istituzionalizzazione delle logiche di direzione per obiettivi. Essa consiste nella
valutazione delle prestazioni (risultati raggiunti) e delle capacità organizzative dei
dirigenti, vale a dire delle capacità di sviluppare, motivare, coordinare e valutare i propri
collaboratori, valutazioni che, sulla base di fattori predeterminati, portano all’erogazione
dell’indennità di risultato o alla revoca dell’incarico.

Il controllo strategico, invece, è un controllo preordinato alla valutazione


dell’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani programmi ed altri
strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, anche in termini di congruenza,
coerenza interna ed esterna, nonché adeguatezza fra obiettivi e finalità poste, a
confronto con lo stato di realizzazione degli obiettivi predefiniti. L’obiettivo di tale
tipologia di controllo è quello di monitorare l’effettiva attuazione delle scelte contenute
nelle direttive e negli atti di indirizzo politico, che per gli enti locali possono trovare
espressione nella Relazione previsionale e programmatica, nel bilancio annuale e
pluriennale ed in altri documenti di programmazione.

La novità più rilevante della legge –Brunetta è l’Organismo indipendente di


Valutazione della Performance (O.I.V.) (art.14), che sostituisce i servizi di controllo
interno, comunque denominati, di cui al D.Lgs. n. 286/1999, esercita altresì le attività di
controllo strategico di cui al citato decreto, e riferisce in proposito, direttamente
all’organo di indirizzo politico-amministrativo.

L’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance, che ha molteplici


compiti, con riferimento all’art.14 della “legge Brunetta”, in particolare è chiamato a:

a) monitorare il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della


trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale sullo stato
dello stesso;
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b) comunicare tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni
di governo e di amministrazione, nonché alla Corte dei Conti, all’Ispettorato per la
funzione pubblica e alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità
delle amministrazioni pubbliche;

c) (omissis)

d) (omissis)

e) proporre, sulla base del Sistema di misurazione e valutazione della performance,


all’organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di
vertice e l’attribuzione ad essi dei premi;

Si rileva, peraltro, che il c.d. “decreto Brunetta”, al fine di porre un argine alle
disfunzioni “applicative” del sistema vigente fino alla sua emanazione, ha scelto di
procedere con una forte richiamo a principi di legge nel sistema di valutazione del
personale, sottraendo molto spazio alla contrattazione integrativa e spostandone la
disciplina nella fonte legislativa.

Tale soluzione non è scevra di problemi in quanto viene offerto un quadro normativo
non limpido relativamente al confine dei ruoli della dirigenza e dell’Organismo
Indipendente nella valutazione del personale. Il legislatore prevede un controllo
dell’esercizio (corretto o meno) della valutazione solo a carico della dirigenza.Infatti:

• la dirigenza verrà valutata anche per “la capacità di valutazione dei propri
collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi”(art. 9,
comma 1, d.lgs. n. 150/2009).;

• il personale esprimerà un giudizio sulla “ valutazione” del proprio superiore


gerarchico da parte del personale, all’ OIV che riferisce alla Commissione Centrale di
Valutazione (CIVIT) (art. 14, comma 5, Decreto Legislativo. n. 150/09).

Questa soluzione proposta dal legislatore non sembra molto equilibrata perché il piatto
della bilancia pende solo dal lato della dirigenza, che non appare poi così autonoma
nella valutazione del personale. Relativamente al controllo strategico, sostituendosi
l’OIV alle funzioni svolte in precedenza esclusivamente dai servizi di controllo interno,
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non sembra potersi creare simili ambiguità. Relativamente al piano strategico delle
“performance” negli Enti Locali esso deve essere redatto utilizzando con tutte le
opportune modifiche gli strumenti di programmazione esistenti.

Come riportato al paragrafo 2.1 il raccordo programmatico negli Enti locali è costituito
dall’adattamento del P.E.G alle indicazioni fornite dalla legge circa il piano della
“performance” disciplinato dall’art.10 del Decreto Legislativo 150/2009. Nel merito, il
P.E.G. deve:

1) rendere evidenti i collegamenti tra indirizzi politici, strategia ed operatività;

2) esplicitare la gestione degli “outcome”, intesa come l’individuazione degli


impatti di politiche ed azioni;

3) esplicitare le azioni volte al miglioramento continuo dei servizi pubblici;

4) essere predisposto in maniera tale da potere essere facilmente comunicato e


compreso;

5) essere trasformato in un documento con molte caratteristiche di


programmazione triennale in cui sono “esplicitati obiettivi, indicatori e relativi
target”.

Sul terreno applicativo si suggerisce che gli enti locali prevedano che il P.E.G.
contenga tanto gli obiettivi di performance organizzativa della intera struttura e delle
sue articolazioni organizzative, che gli obiettivi di performance individuale da assegnare
ai singoli dirigenti ovvero, negli enti sprovvisti di dirigenti, ai titolari di posizione
organizzativa.

Tendenzialmente gli obiettivi strategici possono essere individuati nell’ambito della


performance organizzativa. Occorre inoltre che siano indicate anche le altre componenti
in cui si articola la performance organizzativa: gli indicatori della qualità della gestione,
la valutazione degli utenti, gli effetti delle politiche delle pari opportunità e l’eventuale
ricorso a strumenti di autovalutazione.

43
-Effetti del Decreto Legge n. 174/2012 sul sistema di controlli degli enti locali

Nel seguito si esaminano i più significativi effetti sul sistema dei controlli interni degli
enti locali dovuti all’emanazione del Decreto Legge 10 ottobre 2012 n.174, recante
disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché
ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.

Il provvedimento detta nuove regole finalizzate a riequilibrare la situazione finanziaria


di enti locali in difficoltà nonché a favorire la trasparenza e la riduzione dei costi degli
apparati politici regionali, nell’obiettivo di assicurare negli enti territoriali una gestione
amministrativa e contabile efficiente, trasparente e rispettosa della legalità e di porre un
freno immediato a sprechi ed usi impropri delle finanze pubbliche a livello locale.

Per i controlli interni viene in rilievo l’art. 3 D.L. 174/2012, che riscrive e integra in più
punti il TUOEL. Nel nuovo assetto il responsabile del servizio finanziario riceverà
«indirizzi» dalla ragioneria generale in merito alla «programmazione e gestione delle
risorse pubbliche» da parte dell’amministrazione locale (art. 153, comma 4, TUOEL).

Di tali indirizzi – come dei «principi finanziari e contabili», delle «norme


ordinamentali» e dei «vincoli di finanza pubblica» – il responsabile del servizio
finanziario terrà conto nell’esercizio della funzione – che egli esercita «in autonomia» –
di «salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di
finanza pubblica». Allo stesso dirigente, nell’ambito della disciplina dei controlli
interni, sono affidati compiti «di coordinamento e di vigilanza» finalizzati a garantire il
controllo degli equilibri finanziari, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica previsti dal patto di stabilità (art. 147, comma 2, lett. c). Pure ai
dirigenti dei singoli servizi sono attribuite responsabilità di controllo, agli stessi fini.

Di tutti questi indirizzi, vincoli, obiettivi. il responsabile del servizio finanziario terrà
conto inoltre nell’adozione dei pareri di regolarità contabile di cui all’art. 49 del
TUOEL. La legge chiarisce che i pareri sono obbligatori per tutti gli atti che abbiano
riflessi anche indiretti sulla situazione economico-finanziaria o patrimoniale dell’ente; e
che gli organi politici, se intendono discostarsi da questi pareri, devono darne adeguata
motivazione nel testo della deliberazione (art. 49, comma 4 del TUOEL).
44
Sotto il profilo del sistema dei controlli interni, si prevede, in particolare, un bilancio
consolidato – ma non per i comuni fino a 5000 abitanti – in cui i risultati gestionali
dell’ente saranno esposti insieme a quelli delle aziende partecipate, secondo criteri di
competenza economica (art. 147-quater TUOEL). Ciascun ente deve definire un sistema
di controlli sulle società partecipate, basato su un idoneo sistema informativo, che vigili
sul conseguimento degli obiettivi di gestione e sugli andamenti finanziari, «anche in
riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell’ente»
(ivi, comma 3; v. pure art. 147, comma 1, lett. d), TUOEL). È degno di nota come, nella
nuova disciplina dei controlli interni, ne sia previsto uno sulla «qualità dei servizi
erogati», che è esteso anche ai servizi erogati «mediante organismi esterni» (art. 147,
comma 1, lett. e), TUOEL; nessuna previsione si applica ai comuni fino a 5000 abitanti.

Si rileva, inoltre, che viene rafforzato il nesso tra ente e società partecipate: i contratti di
servizio conterranno cause volte a obbligare le società, in caso di enti in condizione di
deficitarietà strutturale, a ridurre le spese di personale (art. 243, comma 3-bis, TUOEL).
In questo modo si introduce «una nuova limitazione gestionale a carico degli enti
deficitarii, finalizzata a contenere le spese di personale delle società partecipate cui sono
affidati i servizi locali che hanno un peso notevole nei bilanci degli enti».

La disciplina tipologica dei controlli interni è riscritta mediante l’aggiornamento


dell’art. 147 del TUOEL e l’introduzione degli artt. 147-bis, ter, quater e quinquies.
Sviluppando quanto in parte è già previsto nella normativa vigente, e recependo
indirizzi maturati nella riflessione sulla cd. “carta delle autonomie”, la riforma distingue
varie tipologie di controlli:

1.Controlli di regolarità amministrativa e contabile

a) Preventivi (art. 147-bis, comma 1, TUOEL): avvengono nella «fase preventiva


della formazione dell’atto» e consistono nel parere di regolarità tecnica rilasciato dal
dirigente del servizio competente («attestante la regolarità e la correttezza dell’azione
amministrativa») e nel parere di regolarità contabile, oltre che nel visto attestante la
copertura finanziaria, rilasciati dal dirigente del servizio finanziario;

45
b) Successivi (art. 147-bis, commi 2-3, TUOEL): avvengono sotto la direzione del
segretario dell’ente; si svolgono secondo «principi generali di revisione aziendale»;
hanno a oggetto campioni casuali di contratti e atti amministrativi, inclusi impegni e
liquidazioni di spese e accertamenti di entrate; le loro risultanze sono trasmesse al
collegio dei revisori, al consiglio comunale e ai vertici della burocrazia locale e agli
organi di valutazione dei risultati dei dipendenti (è invece eliminato dal sistema dei
controlli il riferimento alla valutazione del personale con qualifica dirigenziale);

2. Controlli strategici (art. 147-ter TUOEL): anch’essi limitati ai soli enti con
popolazione superiore a 5000 abitanti (che possono esercitarli in forma associata),
mirano a informare gli organi di governo sul grado di raggiungimento degli obiettivi
programmatici e sulla soddisfazione dei cittadini;

3. Controlli sulle società partecipate (art. 147-quater TUOEL): v. sopra.

4. Controlli sugli equilibri finanziari (art. 147-quinquies TUOEL): sono coordinati e


diretti dal responsabile dei servizi finanziari, e vigilati dal collegio dei revisori; vi sono
coinvolti il segretario dell’ente e i responsabili dei singoli servizi; tengono conto anche
dell’andamento degli organismi esterni preposti alla gestione dei servizi locali.

Strumenti e metodi per il controllo – alla cui organizzazione parteciperanno i dirigenti,


il segretario (o direttore generale) dell’ente, i responsabili dei servizi e le eventuali unità
di controllo (art. 147, comma 4, TUOEL) – saranno individuati dai singoli enti,
nell’esercizio della loro autonomia normativa (art. 147, comma 1, TUOEL). Tuttavia, la
Corte dei conti vigilerà sull’adeguatezza dei sistemi adottati (art. 148, comma 1,
TUOEL) 2. In ciascun ente, il consiglio dovrà approvare norme regolamentari sugli
strumenti e le modalità di controllo interno, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
del decreto (entro l’11 gennaio 2013) e dovrà darne comunicazione alla sezione
regionale di controllo della Corte dei conti e al Prefetto. Quest’ultimo diffiderà gli
eventuali enti inadempienti a provvedere entro 60 giorni, decorsi i quali saranno avviate
le procedure per lo scioglimento dei consigli (art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 174
del 2012, che rinvia all’art. 141 TUEL). In ogni caso, va detto che l’esigenza che

2
-cfr.capitolo 5
46
traspare dal procedimento è quella di rafforzare i controlli interni ed esterni per evitare
situazioni che possano generare squilibri finanziari e scelte con effetti negativi su tali
squilibri.

3. Il patto di stabilità interno quale vincolo di finanza pubblica in cui opera la


programmazione e la gestione finanziaria dell’ente locale

3.1 Cenni generali

L’Italia, con la partecipazione all’Unione Europea e con l’adesione al Patto di Stabilità e


Crescita(PSC) e al trattato di Maastricht, si è impegnata a ridurre progressivamente il
disavanzo e a ridurre il proprio rapporto debito/prodotto interno lordo. Il Patto di
stabilità e crescita ("Trattato di Amsterdam") - sottoscritto nel 1997 dai Paesi
dell'Unione Europea per il controllo delle rispettive politiche di bilancio pubblico-ha
fissato i confini in termini di programmazione, risultati e azioni di risanamento,
all'interno dei quali i Paesi membri possono muoversi autonomamente.

Il rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'appartenenza all'Unione


europea ha quindi comportato l’introduzione di regole di finanza pubblica, finalizzate al
perseguimento dell'equilibrio dei bilanci e del contenimento del debito delle pubbliche
amministrazioni.

A tale fine è stato introdotto nel 1999 il Patto di Stabilità Interno (PSI) - legge
finanziaria per il 1999 n. 488/1998 -, nato dall'esigenza di convergenza delle economie
degli Stati membri della UE verso specifici parametri, previsti nel Patto di stabilità e
crescita e nel trattato di Maastricht: stabilità dei prezzi (controllo dell’inflazione) -
stabilità dei tassi di interesse (sui titoli di stato) - stabilità dei cambi - stabilità della
finanza pubblica (rapporto deficit/PIL e debito/PIL - indebitamento netto della Pubblica
Amministrazione/P.I.L. inferiore al 3% e rapporto Debito pubblico/P.I.L. convergente
verso il 60%).

Il deficit(o disavanzo pubblico)- come noto - è l'ammontare della spesa pubblica non
coperto dalle entrate in un dato periodo (risparmio pubblico negativo, mentre l’avanzo

47
pubblico è risparmio pubblico positivo).Il deficit pubblico può essere il risultato
conseguente a precise politiche di bilancio di tipo espansivo(manovre finanziarie o
strategie economico-finanziarie di lungo periodo), per sostenere la crescita economica
con l'aumento della spesa pubblica (per effetto degli investimenti e della cd. teoria del
moltiplicatore); al contrario le manovre restrittive, comportando la riduzione della spesa
pubblica o dei trasferimenti oppure un aumento delle imposte, hanno l’effetto di ridurre
il deficit pubblico, al fine di ottenere un risanamento dei conti pubblici,ma comportano
necessarie politiche di rigore e determinano rischi di fenomeni depressivi.

Il debito pubblico è il debito dello Stato nei confronti di soggetti che hanno sottoscritto
un credito nell'acquisizione di obbligazioni o titoli di Stato (destinati a coprire il
disavanzo del fabbisogno finanziario statale ovvero l'eventuale deficit pubblico).La
presenza di un debito nei conti pubblici impone la copertura finanziaria, nei tempi e con
le modalità di scadenza prestabilite dai titoli (compresi gli interessi), e richiede
un’adeguata azione di monitoraggio al fine di evitare il rischio di insolvenza.

Anche gli enti territoriali - che concorrono a costituire la Repubblica - sono stati
chiamati a ridurre i propri debiti, abbattere i costi di gestione e migliorare il flusso delle
entrate, nel complessivo quadro degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.

L’obiettivo delle regole che costituiscono il Patto di stabilità interno, infatti, è quello di
controllare l'indebitamento netto degli enti locali, al fine di assicurare il coordinamento
della spesa, con il duplice obiettivo:

a. di ridurre il disavanzo finanziario;

b. di concorrere alla riduzione del complessivo debito pubblico.

Il patto di stabilità, nel tempo, è stato costruito sulla base di diversi parametri (per
esempio nel 2004 con i saldi di flussi di cassa di parte corrente con esclusione delle
spese di investimento); con la legge finanziaria per il 2005 è stato previsto un “tetto”
alla crescita della spesa degli enti, comprendendo la spesa per gli investimenti pubblici;
con la finanziaria 2006 il PSI è stato applicato anche alle regioni e alle province
(prevedendo l’intervento della Corte dei Conti nell’azione di vigilanza sull’adozione da

48
parte dell’ente delle misure correttive).Successivamente (legge n. 296/2006- Finanziaria
2007) il PSI è stato riportato ai saldi finanziari, (sulla base della media triennale 2003 -
2005 dei saldi di cassa tra entrate finali e spese finali) richiedendo anche il concorso
degli enti alla manovra. E’ stato introdotto il principio dell’obbligatorietà del rispetto
del PSI come elemento necessario per l’approvazione del bilancio di previsione.

Nella successione delle diverse “finanziarie” si è oscillato da un criterio dei “tetti di


spesa” a quello dei “saldi di spesa”, nell’obiettivo di mantenere un equilibrio nei
rapporti tra Stato ed enti territoriali, nel rispetto dei principi costituzionali e della
legislazione concorrente in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento della finanza pubblica, che avevano più volte indotto la Corte
Costituzionale (v. per esempio la sentenza n.417 del 2005) ad affermare che per gli enti
locali i vincoli alla spesa non potessero riguardare singole voci di spesa, ma costituire
solo un limite complessivo.

La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V, parte seconda,


della Costituzione ha rimodellato i poteri e le funzioni dello Stato, delle Regioni e degli
enti locali, nella prospettiva del federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n. 42)
prevedendo, fra l’altro, la premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti, nonché i
meccanismi sanzionatori, per gli enti che non rispettano gli equilibri economico -
finanziari (e che non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni), prescrizioni che
hanno un diretto riferimento con la disciplina del patto di stabilità interno. Tali
meccanismi sanzionatori e premiali hanno poi trovato una definizione più precisa in
normativa specifica (come quella del decreto legislativo n. 149 del 2011).

Inoltre, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1ha introdotto una nuova disciplina dei
principi cardine della finanza pubblica, a decorrere dall’esercizio finanziario del 2014,
modificando - da un lato - l’art.117 della Costituzione, rimettendo la materia
dell’armonizzazione dei bilanci pubblici alla legislazione esclusiva dello Stato
(sottraendola così alla potestà concorrente delle regioni) e - dall’altro - l’art.119,
costituzionalizzando il principio secondo cui gli enti territoriali sono tenuti al rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci e a concorrere ad assicurare l'osservanza dei vincoli

49
economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. (Analoga
previsione è stata introdotta all’art. 97 della Costituzione per le pubbliche
amministrazioni che “… in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano
l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”). Ciò consente al legislatore
statale, in una compiuta visione prospettica, di adottare una disciplina generale sui
“principi di coordinamento della finanza pubblica”, assicurando stabilità nelle regole
concernenti i rapporti finanziari tra Stato ed enti territoriali, nel cui ambito individuare
le appropriate iniziative sul “patto di stabilità interno”.

3.2 La conformità della programmazione finanziaria agli obiettivi prescritti dal


patto

La definizione delle regole del patto di stabilità interno avviene nella fase di
predisposizione delle previsioni sull'andamento generale della finanza pubblica e
sull'entità delle misure correttive da porre in atto per l'anno successivo; le regole sono
inserite in un contesto di programmazione della finanza pubblica, al fine di
contemperare le esigenze di rigore con interventi volti a riqualificare la spesa.

Nell’ambito di tali obiettivi viene stabilita la quota di indebitamento ammesso delle


amministrazioni locali, direttamente connessa alla capacità di spesa in conto capitale. Le
misure del patto hanno l’obiettivo di portare al miglioramento del saldo finanziario
degli enti,ma impongono interventi correttivi che potrebbero rivelarsi impegnativi,
tenuto conto che con essi concorre la riduzione dei trasferimenti, con conseguenti,
possibili compressioni dei volumi di spesa, specie sul lato degli investimenti.

I sistemi di calcolo su cui si basano le due misure sono diversi: la riduzione del saldo
finanziario risponde a precise regole (che - si vedrà - si basano essenzialmente sul
livello medio della spesa corrente in un triennio pregresso); la riduzione dei
trasferimenti viene disposta, invece, secondo un criterio proporzionale (svantaggioso
per gli enti che hanno una maggiore incidenza di trasferimenti). L’obiettivo del patto è
fondato su criteri di correzione dell’andamento storico (backward looking) con
riferimento all’andamento della spesa corrente, e calibra quindi gli interventi di
50
correzione verso gli enti che hanno riportato un elevato livello medio di spesa corrente:
a questi enti è richiesto un contributo più impegnativo al miglioramento dei saldi (chi ha
speso di più, concorre di più); tale impostazione tende a favorire politiche di
razionalizzazione della spesa corrente.

Appare utile ricordare che l’equilibrio della parte corrente del bilancio rivela la capacità
dell’ente locale di finanziare la spesa corrente con le risorse ordinarie (primi tre titoli
delle entrate - derivanti dal prelievo tributario, dai trasferimenti dallo Stato o da altre
amministrazioni pubbliche e dai proventi dei servizi); quando le spese correnti sono
superiori alle entrate ordinarie, sussiste un’anomalia gestionale, che - laddove generi
una situazione di squilibrio temporaneo - richiede interventi di natura straordinaria
(riduzioni di spesa o utilizzo di entrate patrimoniali - titolo IV) al fine di ripristinare
l’equilibrio. Quando lo squilibrio è strutturale, sono richiesti rimedi maggiormente
incisivi, tesi ad una progressiva riduzione della spesa o ad un aumento delle entrate
ordinarie. Dal confronto tra le entrate e le spese finali si determina se le entrate previste
(ordinarie, straordinarie o in conto capitale) sono sufficienti o meno a finanziare le spese
di natura corrente e le spese d’investimento - saldo di finanza pubblica - che l’ente
locale deve considerare nella costruzione degli equilibri tendenziali del bilancio
pluriennale e annuale. Se le entrate finali non sono sufficienti a finanziare le spese
finali, si determina un “deficit o disavanzo” previsionale che determina l’esigenza di
ricorrere all’indebitamento. Dal confronto tra le entrate finali, correnti e in conto
capitale, e spese finali, correnti e per investimento, si determina l’indebitamento netto
dell’ente locale, se il saldo è negativo, o l’accreditamento netto se è positivo.

In presenza di un saldo negativo, l’indebitamento netto misura l’incremento annuale


dello stock di debito dell’ente (non si deve tenere conto delle operazioni che hanno solo
caratterizzazione finanziaria e non economica - entrate derivanti dalla riscossione di
crediti e le spese derivanti dalla concessione di crediti). Questo può essere realizzato
soltanto per finanziare le spese d’investimento, secondo il limite costituzionale di cui
all’art. 119 (peraltro le autonomie territoriali sono tenute all’osservanza degli specifici
vincoli previsti dal nuovo art. 119 della Costituzione, modificato al comma 6 dalla
Legge costituzionale n.1 del 2012, a decorrere dall’anno finanziario 2014, secondo cui
51
sono consentiti gli investimenti con ricorso al debito, nel rispetto del nuovo principio di
equilibrio, “con contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che
per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”).

L’ente concorre alla formazione e alla crescita dell’indebitamento netto quando:

• finanzia un disavanzo della parte corrente del bilancio(permessi di costruire,


entrate non ricorrenti, avanzo di amministrazione impiegato per il riequilibrio
della parte corrente in assestamento, plusvalenze,debiti fuori bilancio);

• non riesce a finanziare le spese d’investimento con risorse liberate dalla parte
corrente;

• destina le maggiori entrate ordinarie all’espansione della spesa corrente (e non al


miglioramento dei saldi), del deficit e quindi della propensione
all’indebitamento.

Di qui la necessità di un complesso di regole - il patto di stabilità interno - che valga a


controllare l'indebitamento netto degli enti locali; le regole del patto, una volta definite,
sono inserite in un provvedimento normativo formale - legge di stabilità - e richiedono
agli enti interessati, attraverso un particolare meccanismo di calcolo per saldi finanziari
(riportato in un applicativo curato dal Ministero dell’Economia e Finanza) il rispetto di
un obiettivo programmatico.

Prima di entrare nel dettaglio, si può dire che il patto di stabilità viene costruito in
relazione ad un obiettivo assegnato al singolo ente, calcolato sull’andamento della spesa
corrente di un triennio di riferimento, e viene applicato a poste contabili di saldo
dell’esercizio di riferimento.

Gli enti sottoposti al patto di stabilità interno devono iscrivere nel bilancio le previsioni
di entrata e di spesa, in modo tale che sia garantito il rispetto delle regole che
disciplinano il patto medesimo, che costituiscono pertanto un vincolo all’attività
programmatoria dell’ente; al bilancio di previsione deve essere allegato un apposito
prospetto, contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai

52
fini del patto di stabilità interno. Il rispetto dell’obiettivo del patto è esteso anche alle
variazioni di bilancio approvate in corso di esercizio.

L’attività di programmazione risulta conseguentemente complessa, in quanto richiede


politiche di bilancio volte a migliorare i saldi e a perseguire gli obiettivi programmatici
di rispetto del patto, ed ha la finalità di incidere:

• dal lato delle entrate, nel potenziamento delle entrate ordinarie (titolo I e III),
nella maggiore copertura dei servizi a domanda individuale, nel miglioramento
della redditività del patrimonio e delle aziende partecipate, nel maggior ricorso
ai finanziamenti europei per la copertura di spese correnti e di investimento e nel
contributo alla lotta all’evasione, ecc.;

• dal lato delle spese, nella riduzione (ove possibile) delle spese correnti (titolo I),
nella minore incidenza degli oneri acquisiti e contratti, dei fitti passivi, dei
contributi a enti, ecc.

L’osservanza dei vincoli di spesa o finanziari imposti dal patto di stabilità interno deve
avvenire, dunque, sin dalle previsioni contenute nel bilancio preventivo. Gli enti locali
devono impostare le proprie attività in vista del soddisfacimento dei bisogni delle
comunità con la fissazione di obiettivi e risultati, attraverso un’attenta programmazione
e allocazione delle risorse; le disposizioni sul patto di stabilità e il rispetto delle regole
di bilancio e dei limiti di spesa rappresentano un momento cruciale per verificare la
compatibilità finanziaria delle spese programmate.

La relazione previsionale e programmatica, predisposta dall’ente locale (art.170


TUOEL), contiene il programma dell'ente locale per il triennio in relazione al bilancio
pluriennale: comprende una sezione con le caratteristiche generali dell'ente; indica il
bilancio per quanto riguarda le entrate, analisi delle risorse e spiegazione delle stime, e
descrive gli investimenti e le risorse umane destinate alla realizzazione del programma.
La relazione deve dedicare un’apposita sezione al raccordo tra la programmazione, il
bilancio pluriennale e annuale e i vincoli sui saldi imposti dalle regole del patto di
stabilità interno, che deve tener conto - come si vedrà oltre - del sistema di competenza
mista (programmazione della spesa d’investimento in termini di cassa, in raccordo con
53
l’esigenza dell’equilibrio di competenza della parte corrente, che deve tendere a
“liberare” le risorse da destinare agli investimenti).

3.3 La normativa

La legge di stabilità 2012 (articoli 30, 31 e 32 - legge 12 novembre 2011, n. 183) ha


disciplinato per il triennio 2012-2014 il patto di stabilità interno per gli enti locali,
chiamati a concorrere nella realizzazione degli obiettivi generali di contenimento della
spesa pubblica, nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica,
conformemente agli impegni assunti dall’Italia in sede UE. Le disposizioni del patto di
stabilità interno costituiscono principi fondamentali per il coordinamento della finanza
pubblica, ai sensi dell’art. 117 comma terzo e 119 comma secondo della Costituzione,
secondo i quali, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, a decorrere
dall’anno 2013, gli enti locali riducono l’entità del debito pubblico (il limite si estende a
tutto l’arco temporale del bilancio pluriennale).

Va detto subito che l’art.8 della legge di stabilità del 2012 - in vista dell’attuazione del
principio del pareggio del bilancio ed al fine di ridurre e di contenere il livello del debito
del comparto degli enti locali - ha modificato i limiti di indebitamento previsti dall’art.
204 del TUOEL: l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di
finanziamento reperibili sul mercato, solo se l'importo annuale degli interessi, sommati
agli oneri già in essere, non superi l’8% per l’anno 2012, il 6% per l’anno 2013 e il 4%
a decorrere dall’anno 2014, del totale relativo ai primi tre titoli delle entrate del
rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei
mutui- limite riferito all’anno di assunzione del nuovo indebitamento 3 (anche tali
disposizioni costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica). Agli enti che non adempiono a quanto previsto, si applicano alcune delle
sanzioni previste in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno (cioè la
limitazione delle spese correnti e delle assunzioni di personale).

3
L’interpretazione autentica delle norme contenute nel presente comma è stata esplicitata anche dal
comma 11 dell’art. 16 del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012 n.135.
54
La legge di stabilità conferma la previsione contenuta nella precedente legge di stabilità
2011 (comma 90 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220), che aveva
introdotto una regola di carattere generale per gli enti locali, valida a decorrere
dall’anno 2011 (prevedendo il conseguimento da parte di ciascun ente locale del saldo
finanziario espresso in termini di competenza mista pari a zero), nonché una regola
specifica per la determinazione del concorso di ciascun ente al contenimento dei saldi di
finanza pubblica che opera quando, per esigenze di finanza pubblica, è richiesto un
contributo specifico al comparto degli enti locali.

Per il triennio 2012-2014, il concorso alla manovra di finanza pubblica degli enti locali
è individuato da diverse norme di legge (comma 1 dell’articolo 14 del decreto legge 31
maggio 2010, n. 78 4, e comma 5, dell’articolo 20, del decreto legge 6 luglio 2011, n.
98 5, modificato dal comma 8 dell’articolo 1 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 6).

Quanto agli enti interessati, la legge n. 183 del 2011 conferma - quali enti soggetti alle
regole del patto di stabilità interno - le province ed i comuni con popolazione superiore
a 5.000 abitanti; viene inoltre previsto che, a partire dal 2013, saranno assoggettati alle
nuove regole del patto anche i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000
abitanti.

Dal 2013 saranno assoggettati le aziende speciali e le istituzioni (art.25, comma 6, del
decreto legge n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni, con legge 24 marzo 2012, n.
27) - ad eccezione di quelli che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi,
culturali e farmacie - che devono iscriversi e depositare i propri bilanci al registro delle
imprese o nel repertorio delle notizie economico-amministrative delle camere di
commercio industria, artigianato e agricoltura entro il 31 maggio di ciascun anno. E’
previsto per l’Unioncamere l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle
finanze (MEF), entro il 30 giugno, l’elenco delle aziende speciali e istituzioni ed i

4
Il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,
n. 122.
5
Il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.
111.
6
Il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148.
55
relativi dati di bilancio (art.25, comma 2 del citato decreto, che introduce il comma 5 bis
all’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). Gli
enti sono espressamente chiamati a vigilare sull’osservanza degli obblighi sanciti dalla
norma (con nota prot. n. 096420 del 19 novembre 2012 del MEF gli enti sono stati
invitati a sollecitare gli adempimenti richiesti; entro il 30 novembre 2012 devono
fornire alla camera di commercio industria, artigianato e agricoltura del proprio
territorio comunicazione dell’avvenuto adempimento, fornendo adeguata motivazione
circa la mancata registrazione e il mancato deposito dei bilanci).

A decorrere dal 2014, saranno assoggettate alle regole del patto di stabilità interno le
unioni di comuni formate dagli enti con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

In applicazione dell’articolo 4, comma 14, del decreto legge n. 138 del 2011, conv. in
legge n.148 del 2011, saranno assoggettate al patto anche le società cosiddette «in
house», affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali (quando sarà emanato
il decreto con cui dovranno essere definite le modalità e la modulistica per
l’assoggettamento al patto di stabilità - v. Corte dei Conti Lombardia Sezione controllo
delibera 7/2012).

• Determinazione dello specifico obiettivo di saldo finanziario relativo


all’esercizio finanziario di riferimento e rispetto di tale obiettivo attraverso
il saldo di competenza mista

Le regole del patto di stabilità si traducono per il singolo ente, sul piano applicativo,
nella determinazione, da un lato, di un obiettivo programmatico (denominato anche
saldo obiettivo)e, dall’altro, di un saldo di competenza mista, che tiene conto di
alcune poste contabili.

Il saldo di competenza mista deve risultare maggiore o uguale all’obiettivo


programmatico individuato nell’esercizio di riferimento (saldo di verifica del rispetto
dell’obiettivo).

56
Vanno quindi tenute distinte concettualmente le regole per determinare l’obiettivo
programmatico da quelle con le quali si determina il saldo di competenza mista, ai fini
della verifica del rispetto dell’obiettivo nell’esercizio finanziario di riferimento.

Poiché le regole circa il patto di stabilità subiscono modifiche, più o meno rilevanti, da
un anno all’altro, al fine di evitare sovrapposizioni o incompatibilità, le disposizioni
vengono riproposte nella normativa, con l’effetto dell’abrogazione di quelle non
espressamente richiamate. La legge di stabilità 2012 prescrive che sono abrogate le
disposizioni che individuano esclusioni di entrate o di spese dai saldi rilevanti ai fini del
patto di stabilità interno, in essa non previste espressamente.

Per gli anni 2012, 2013 e 2014 trova quindi applicazione la regola specifica, quale
definita dai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 31.

• La determinazione dello specifico obiettivo di saldo obiettivo

Ai fini della determinazione dello specifico obiettivo di saldo obiettivo del patto di
stabilità viene preso a riferimento l’importo dato dalla percentuale della spesa media
corrente 2006-2008.

Per gli anni 2012, 2013 e successivi, gli enti soggetti al patto di stabilità interno
determinano il valore della media degli impegni della propria spesa corrente registrata
nel triennio 2006-2008 -quale desunta dai certificati di conto consuntivo (titolo I spese
correnti),trasmessi al Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 161 del decreto
legislativo n 267 del 2000 -applicando le percentuali riportate nella tabella di cui al
comma 2, lettere a) e b):

Anno 2012 Anno 2013 e seguenti

Province 16,5% 19,7%

57
Comuni con pop. superiore a 5.000 abitanti 15,6% 15,4%

Comuni 1.000 – 5.000 abitanti 15,4%

Sulla base degli impegni annuali di spesa corrente, sono automaticamente determinati i
saldi obiettivi per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, effettuando il calcolo del
valore medio della spesa corrente e applicando le percentuali sopra indicate.

Dal saldo obiettivo determinato come sopra, per l’esercizio 2012 va detratto (comma 4
dell’articolo 31) un importo pari alla riduzione dei trasferimenti erariali disposta dal
comma 2 dell’articolo 14 del decreto legge n.78 del 2010; in effetti, con tale
disposizione, sono state operate riduzioni di risorse finanziarie ai comuni ed alle
province ricadenti nelle regioni a statuto ordinario, nonché ricadenti nei territori della
Sicilia e della Sardegna, a decorrere dall’esercizio 2012, pari a 2.500 milioni di euro per
i comuni (con ulteriori 1.000 milioni euro rispetto alla riduzione di 1.500 applicata
nell’esercizio 2011) e di 500 milioni di euro per le province (con ulteriori 200 milioni
euro rispetto alla riduzione di 300 applicata nell’esercizio 2011) 7.La detrazione dal
saldo obiettivo si giustifica in quanto si è voluto evitare che la riduzione di risorse - che
già di per sé viene a rendere difficile il raggiungimento dell’equilibrio di parte corrente
del bilancio - finisse per incidere anche sui saldi in termini di patto di stabilità.

Per l’anno 2012 è, inoltre, prevista la riduzione, per complessivi 20 milioni di euro
(penultimo periodo del comma 3 dell’articolo 20, del decreto legge 6 luglio 2011, n.
98), dell’obiettivo delle regioni, delle province e dei comuni che partecipano alla
sperimentazione in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, attraverso
l’introduzione di una metodologia unitaria di rilevazione e classificazione delle spese e
delle entrate (v. d.p.c.m. del 28.12.2011).

7
Nell’esercizio finanziario 2011, in applicazione delle stesse disposizioni di legge si era operata una
riduzione di risorse finanziarie ai comuni ed alle province ricadenti nelle regioni a statuto ordinario
nonché ricadenti nei territori della Sicilia e della Sardegna, pari a 1.500 milioni di euro per i comuni e
di 300 milioni di euro per le province.
58
L’ente potrebbe risultare coinvolto dalle variazioni previste dalle norme afferenti al
Patto regionalizzato (comma 17 dell’articolo 32, che richiama, per l’anno 2012, le
disposizioni in materia di “Patto regionalizzato verticale ed orizzontale” di cui
all’articolo 1, commi da 138 a 143, della legge n. 220 del 2010).

Le regioni possono infatti intervenire a favore degli enti locali del proprio territorio, al
fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità, in due modalità:

a) il Patto regionale “verticale” prevede che la regione possa riconoscere maggiori spazi
di spesa ai propri enti locali (aumento dei pagamenti in conto capitale), con un
peggioramento del proprio obiettivo in termini di competenza o di cassa;
contestualmente le regioni rideterminano il proprio obiettivo attraverso una riduzione
dei pagamenti e/o una riduzione degli impegni; le regioni definiscono i criteri di
virtuosità e modalità operative previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie
locali e, ove non istituito, con i rappresentanti regionali delle autonomie locali. Molti
comuni si sono avvantaggiati del patto regionalizzato verticale che ha sbloccato quote di
pagamenti per investimenti;

b) il Patto regionale “orizzontale” prevede che, sulla base dei criteri stabiliti con decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza unificata, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano, a favore degli enti locali
del proprio territorio, modificare gli obiettivi posti dal legislatore nazionale, in relazione
alle diverse situazioni finanziarie esistenti, ferme restando le disposizioni statali in
materia di monitoraggio e di sanzioni e l’importo dell’obiettivo complessivamente
determinato per gli enti locali della regione. La regione comunica al Ministero
dell’economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente locale, gli elementi
informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell’equilibrio dei saldi di
finanza pubblica. Agli enti che hanno ceduto spazi finanziari, è riconosciuta, nel biennio
successivo, una modifica migliorativa del loro obiettivo, commisurata al valore degli
spazi finanziari ceduti, fermo restando l’obiettivo complessivo a livello regionale (v.
art.16, comma 12 bis, del D. L. n.95/2012 conv, in L. 135/2012), mentre agli enti che

59
hanno acquisito spazi finanziari, nel biennio successivo, sono attribuiti saldi obiettivi
peggiorati per un importo complessivamente pari alla quota acquisita.

Va infine considerato che in sede di conversione in legge del DL 16/2012 (art. 4- ter) la
disciplina del Patto 2012 è stato inserito il “patto orizzontale nazionale”, un
meccanismo di compensazione che travalica i confini regionali con finalità di consentire
lo smaltimento di residui passivi di parte capitale degli enti che siano impossibilitati dai
vincoli del patto. Il saldo obiettivo 2012 è quello risultante dalla somma algebrica fra il
saldo obiettivo calcolato in base a dette fasi e la variazione dell’obiettivo determinata in
base al Patto regionalizzato “verticale” e/o “orizzontale”; il saldo obiettivo viene
determinato attraverso lo specifico applicativo del Ministero dell’Economia e Finanza
(v. allegati 1 e 2 rispettivamente per i comuni e le province).

• Le regole del patto di stabilità per gli enti virtuosi

Il comma 2 dell’articolo 20 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, conv. nella legge 111
del 2011,ha introdotto un meccanismo di riparto dell’ammontare del concorso agli
obiettivi di finanza pubblica tra i singoli enti basato su specifici criteri di virtuosità. Si
tratta della novità più significativa delle regole che disciplinano il patto di stabilità
interno del 2012: a partire dall’anno 2012, gli enti che, sulla base dei parametri di
virtuosità risultano collocati nella classe degli enti virtuosi, conseguono l’obiettivo
specifico di saldo finanziario, realizzando un saldo espresso in termini di competenza
mista pari a zero (comma 5 dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011), ovvero pari ad
un valore compatibile con gli spazi finanziari derivanti dall’applicazione della “clausola
di salvaguardia” (comma 6 dell’articolo 31).

La definizione della virtuosità applicata per l’anno 2012 avviene sulla base di indicatori
scelti dal legislatore, che vale per l’anno di riferimento, ed è rinviata ad un decreto del
Ministero dell’Economia e Finanza (di concerto con il Ministro dell'interno, con il
Ministro per gli affari regionali e per la coesione territoriale, d'intesa con la Conferenza
unificata).

60
Quanto ai parametri di virtuosità, la normativa fa riferimento:

1. al rispetto del patto di stabilità interno (riferito ai risultati dell’anno 2010; sono
verificati anche i risultati dell’anno 2011);

2. all’autonomia finanziaria (riferito ai dati di competenza 2009 – accertamenti;


viene costruito calcolando la somma delle entrate dei titolo I e titolo III
rapportate al totale dei primi tre titoli); ponderazione 0,25;

3. all’equilibrio di parte corrente (riferito ai dati di competenza 2009 –


accertamenti e impegni); è costruito dalle entrate correnti meno le spese correnti
al netto del rimborso delle anticipazioni di cassa e del rimborso anticipato dei
prestiti; ponderazione 0,50;

4. al rapporto tra riscossioni e accertamenti delle entrate di parte corrente (riferito


ai dati di competenza di competenza e cassa dell’anno 2009, rapportando le
entrate correnti, riscosse in conto competenza e in conto residui, alle entrate
correnti accertate e ai residui attivi iniziali); ponderazione 0,25.

A decorrere dal 2013 sono previsti ulteriori parametri (art.20, comma 2, D.L.98/2011):

• prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni


standard;

• incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente, in relazione al numero
dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche
attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio; la valutazione del
predetto parametro tiene conto del suo valore all'inizio della legislatura o
consiliatura e delle sue variazioni;

• tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale;

• rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di


contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali (per le regioni);

• effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione


fiscale;

61
• operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel rispetto della
normativa vigente.

A decorrere dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dalla


definizione degli obiettivi di servizio - cui devono tendere gli enti territoriali
nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e delle
funzioni fondamentali - tra i parametri di virtuosità sono compresi indicatori quantitativi
e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di
riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto
qualità-costi.

I maggiori spazi finanziari concessi agli enti virtuosi sono compensati dal maggior
concorso richiesto agli enti non virtuosi. Per evitare che a questi ultimi siano attribuiti
obiettivi di difficile realizzazione, è introdotta (comma 6 dell’articolo 31) una clausola
di salvaguardia in base alla quale il contributo aggiuntivo richiesto agli enti locali non
virtuosi non può essere superiore allo 0,4% della spesa media registrata nel triennio
2006-2008.

• Saldo di competenza mista di verifica del rispetto dell’obiettivo


programmatico

Ai fini della verifica del rispetto dello specifico obiettivo programmatico, l’articolo 31,
comma 3, della legge di stabilità 2012 prevede, quale parametro di riferimento del patto
di stabilità interno, il criterio del saldo finanziario di alcune poste contabili, tra entrate
finali e spese finali (al netto delle riscossioni e concessioni di crediti), calcolato in
termini di cosiddetta competenza mista:

-per la parte corrente, vengono considerati i dati di competenza finanziaria, ossia gli
accertamenti di entrata dei primi 3 titoli (entrate tributarie, entrate da trasferimenti
correnti, entrate extra-tributarie) e gli impegni di spesa del titolo I (spesa corrente);

62
- per la parte in conto capitale vengono considerati i dati di cassa, ossia le riscossioni
del titolo IV dell’entrata al netto della riscossione di crediti e dei pagamenti connessi
alla spesa del titolo II per investimenti al netto delle concessioni di crediti.

I dati a tal fine considerati sono quelli desunti esclusivamente nei certificati del conto
consuntivo del corrispondente esercizio finanziario, acquisiti dal Ministero dell’interno
ai sensi dell’articolo 161 del decreto legislativo n. 267 del 2000, e che ovviamente
riproducono i dati già indicati nelle risultanze contabili.

Tra le operazioni finali non è da considerare l’avanzo di amministrazione, atteso che, ai


fini del patto di stabilità interno, in base alle regole europee della competenza
economica, gli avanzi di amministrazione realizzati negli esercizi precedenti non sono
conteggiati ai fini dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, al
contrario delle correlate spese effettuate nell’anno di riferimento. Restano altresì fuori
dalle poste contabili ai fini del patto:

• le entrate da accensione di prestiti (titolo V);

• le spese per rimborso prestiti (titolo III;)

• le entrate e corrispondenti spese per servizi per servizi per conto terzi che
rappresentano - di fatto - delle partite di giro ed il cui valore - ai sensi
dell’articolo 168, comma 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000 - deve essere
equivalente, ossia le previsioni e gli accertamenti di entrata conservano
l’equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa.

Il patto di stabilità interno, prendendo a riferimento solo alcune poste, obbliga di fatto
gli enti interessati - nel perseguimento degli obiettivi di riduzione del disavanzo
finanziario - a bloccare il ricorso al debito (atteso che le riscossioni da mutui - titolo V -
non rilevano ai fini del patto, mentre sono considerati i relativi pagamenti - titolo II), a
tenere sotto controllo le riscossioni in conto capitale (che entrano nel patto - titolo IV) e
a migliorare la situazione e l’equilibrio di parte corrente (che rilevano ai fini del patto).

L’articolo 31 (commi da 7 a 16) dispone l’esclusione di tassative tipologie di entrate e


di spese.

63
Le regole del patto di stabilità interno per gli enti locali,che siano stati commissariati per
fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, ai sensi
dell’articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUOEL), si applicano a partire
dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali (comma 24,
articolo 31, della legge n. 183 del 2011). La ratio della disposizione appare di tutta
evidenza, non potendo essere richiesto all’ente - interessato da un processo patologico
(scioglimento ex art.143) - il rispetto del patto di stabilità, che presuppone dati contabili
di riferimento, ordinariamente sviluppati sulla base delle attività di programmazione.
Tuttavia, la mancata comunicazione della situazione di commissariamento determina
per l’ente inadempiente l’assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno. Ai
fini della determinazione dell’obiettivo programmatico, anche tali enti assumono, come
base di riferimento, la spesa corrente media sostenuta nel periodo 2006-2008.

Come detto, il saldo di competenza mista deve risultare maggiore o uguale


all’obiettivo programmatico nell’esercizio di riferimento (cd. saldo di verifica del
rispetto dell’obiettivo).

Un esempio potrà aiutare a comprendere il meccanismo di calcolo:

CALCOLO DELL’OBIETTIVO SALDO FINANZIARIO

1 2006 2007 2008

SPESE CORRENTI titolo I 1000 900 800

Spesa media = 900 (2700:3)

COMUNE NON VIRTUOSO 2012 2013 2014

Percentuale riduzione spesa media 16% 15,8% 15,8%

a) SALDO OBIETTIVO 144 142,2 142,2

b) detr. riduz. trasf. erariali 40 40 40

c) Patto regionalizzato - - -

OBIETTIVO SALDO FINANZIARIO

a) – b) – c) 104 102,2 102,2

64
COMUNE VIRTUOSO 2012 2013 2014

SALDO OBIETTIVO 0 0 0

CALCOLO DEL SALDO FINANZIARIO DI COMPETENZA MISTA

Entrate correnti (titoli I, II e III) Previsioni di accertamento 1000

Entrate in conto capitale (titolo IV) Previsioni di cassa 150

A) Entrate finali competenza mista 1150

Spese correnti (titolo I) Previsioni di impegni 900

Spese in conto capitale (titolo II al netto Previsioni di cassa 100


concessione di crediti)

B) Spese finali competenza mista 1000

SALDO FINANZIARIO
COMPETENZA MISTA (A – B)
150

OBIETTIVO DI SALDO
FINANZIARIO 2012
104

Il bilancio prevede il rispetto del patto di stabilità, in quanto il saldo finanziario (150)
risulta maggiore dell’obiettivo specifico di saldo (104) nell’esercizio di riferimento
(saldo di verifica del rispetto dell’obiettivo).

Il decreto legge n. 95 del 2012, convertito in legge 135/2012, fra l’altro, ha previsto
(art.16, comma 6) riduzioni di risorse per comuni e province: il fondo sperimentale di
riequilibrio (articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 8), il fondo

8
Come noto, il fondo sperimentale di riequilibrio è stato istituito dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n.
23, articolo 2, comma 3, (modificato dall’articolo 13, comma 18 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.
201 convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214) per la durata di tre anni per realizzare - in forma
progressiva e territorialmente equilibrata - la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare, fino
alla data di attivazione del fondo perequativo di cui all’articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42, per
i comuni delle regioni a statuto ordinario. Il fondo viene alimentato con il gettito o quote di gettito di
alcuni tributi attribuiti, nonché, per gli anni 2012, 2013 e 2014, anche dalla compartecipazione al gettito
65
perequativo (articolo 13 del medesimo decreto) ed i trasferimenti erariali dovuti ai
comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di
euro per l'anno 2012 e di 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e
2.100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascun
comune sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal
commissario straordinario (articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94), degli elementi di costo
nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell'ambito della procedura per la
determinazione dei fabbisogni standard e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun
ente, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dell'istruttoria condotta
dall'ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell'interno.

Le riduzioni vanno ad incidere sulle previsioni di entrate correnti di cui al titolo II, e
sono pertanto destinate ad avere effetto anche sulla determinazione delle regole del
patto di stabilità, in quanto gli enti interessati saranno chiamati ad una rivisitazione
degli equilibri di parte corrente, al fine di adeguare le relative voci del bilancio di
previsione.

3.4 Gli adempimenti

Gli enti soggetti al patto sono tenuti a osservare le regole previste dal patto fin dalla
formazione del bilancio di previsione (anche se poi l’effettivo scostamento può essere
verificato solo ex post al temine dell’esercizio). Gli enti sono obbligati:

1. ad allegare al bilancio di previsione un prospetto contenente le previsioni di


competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità
interno. Tale prospetto è conservato a cura dell’ente medesimo e non va
trasmesso al Ministero dell’Economia. Il prospetto non è meramente
dimostrativo di poste di bilancio, ma è finalizzato all’accertamento preventivo
del rispetto del patto di stabilità interno. Esso, pertanto, pur non incidendo in
maniera diretta sul bilancio, è da considerarsi elemento costitutivo del bilancio

dell’imposta sul valore aggiunto.


66
preventivo stesso, inteso come documento programmatorio complessivo adottato
dall’ente;

2. a trasmettere alla Ragioneria Generale dello Stato, le informazioni concernenti


gli obiettivi programmatici del patto di stabilità interno per il triennio 2012-
2014, ai sensi del comma 19 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, secondo i
prospetti e le modalità previsti utilizzando il sistema web, entro quarantacinque
giorni dalla data di pubblicazione del decreto del Ministero dell'Economia e
delle Finanze, con cui viene definito il prospetto dimostrativo degli obiettivi
programmatici del Patto di stabilità interno (per il triennio 2012-2014 Decreto
del 5 giugno 2012, n. 0020386, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 158 del 9
luglio 2012). La mancata trasmissione via web degli obiettivi programmatici da
parte dell’ente interessato costituisce inadempimento al patto di stabilità interno
(ultimo periodo del comma 19 articolo 31);

3. a trasmettere la certificazione per la verifica finale del rispetto del patto di


stabilità, che si traduce in un’operazione di somma algebrica tra il saldo
finanziario conseguito e l’obiettivo annuale programmatico (risultanze al 31
dicembre - articolo 31, comma 20, della legge n. 183 del 2011), entro il termine
perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento (v. con
riferimento al patto di stabilità interno 2011 decreto 0021094 del MEF);

4. a trasmettere semestralmente alla Ragioneria Generale dello Stato, entro trenta


giorni dalla fine del periodo di riferimento (sempre utilizzando il sistema web) le
informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista (articolo
31, comma 19, della citata legge n.183/2011); ciò ai fini del monitoraggio degli
adempimenti relativi al patto di stabilità interno e per l’acquisizione di elementi
informativi utili per la finanza pubblica (anche per la parte debitoria). Gli enti
locali che, in base al monitoraggio del secondo semestre, risultano inadempienti
al patto di stabilità interno comunicano anche le informazioni relative alla spesa
per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai
finanziamenti dell’Unione Europea. Tale comunicazione è finalizzata alla

67
disapplicazione della sanzione, di cui all’articolo 7, comma 2, lett. a), del
decreto legislativo n. 149 del 2011, che dispone la riduzione del fondo
sperimentale di riequilibrio.

L’ente che non trasmette la certificazione nei tempi previsti dalla legge è
ritenuto inadempiente al patto; si applicano anche in tale caso le sanzioni di cui
al comma 2, dell’articolo 7, del decreto legislativo n. 149 del 2011. Nel caso in
cui la certificazione, anche se trasmessa in ritardo, attesti il rispetto del patto di
stabilità interno, a decorrere dalla data di invio si applicano solo le disposizioni
di cui al comma 2, lett. d), dell’articolo 7, del decreto legislativo n. 149 del 2011
(divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo).

3.5 Le sanzioni per il mancato rispetto

Per il mancato rispetto del patto di stabilità interno, a carico dell’ente inadempiente,sono
previste (e confermate) le misure sanzionatorie di cui all’articolo 7, commi 2 e seguenti,
del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (come stabilito dal comma 26
dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011); l'ente locale inadempiente, nell'anno
successivo a quello dell'inadempienza:

• non può impegnare spese correnti in misura superiore all'importo annuale medio
dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

• non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti


obbligazionari devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il
conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente.
L'istituto o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al
collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

• non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia


tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e
continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di
stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di
servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della disposizione;

68
• è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati
nell'articolo 82 del TUOEL, con una riduzione del 30 per cento rispetto
all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010;

• soggiace alla riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio in misura pari alla
differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato e
comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti
registrate nell’ultimo consuntivo (quello acquisito alla banca dati del Ministero
dell’Interno, come precisato dal D.L. 174/2012); in caso di incapienza dei
predetti fondi gli enti locali, sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello
Stato le somme residue; il provvedimento per gli enti inadempienti al patto di
stabilità interno per l’esercizio finanziario 2011 è stato adottato con Decreto dal
Capo Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno in
data 26 luglio 2012 (successivamente aggiornato con decreto del 21 novembre
2012) sulla base delle risultanze comunicate dal Dipartimento della Ragioniera
generale dello Stato, che fornisce l’elenco degli enti soggetti alla sanzione per
avere certificato il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto. Per gli enti
locali della Regione Sicilia e della Regione Sardegna, in caso di inadempienza
delle regole del patto di stabilità interno, la riduzione opera con riferimento ai
trasferimenti erariali(comma 27 del citato articolo 31); anche in tal caso, il
provvedimento con il quale è stata irrogata la sanzione agli enti inadempienti al
patto di stabilità interno per l’esercizio 2011 è stato il Decreto del capo del
Dipartimento già citato.

La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto
di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati
con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione
Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.

Nel caso in cui la violazione del patto di stabilità interno sia accertata successivamente
all’anno seguente,si applicano ugualmente - nell’anno successivo a quello in cui è

69
accertato il mancato rispetto del patto di stabilità - le sanzioni di cui all’articolo 7,
commi 2 e seguenti del citato decreto legislativo n. 149 del 2011 (sanzioni cd.
“ritardatarie”). Gli enti locali devono comunicare l’inadempienza entro 30 giorni
dall’accertamento della violazione del patto di stabilità interno al Dipartimento della
Ragioneria Generale dello Stato (comma 29 dell’articolo 31).

I successivi commi 30 e 31 prevedono misure volte ad impedire comportamenti elusivi


del rispetto del patto di stabilità interno, strumentalmente finalizzati ad aggirare i vincoli
di finanza pubblica.

E’ prevista la nullità dei contratti di servizio, nonché degli atti posti in essere dagli enti
locali che si configurino elusivi delle regole del patto (per es. quando le spese sono
poste, al di fuori del bilancio dell’ente, nelle società partecipate, oppure quando vi è
l’imputazione delle spese di competenza di un esercizio finanziario ai bilanci
dell’esercizio o degli esercizi successivi ovvero quali oneri straordinari della gestione
corrente - debiti fuori bilancio).

Di particolare attenzione alcune operazioni che, se utilizzate e contabilizzate in modo


scorretto, possono rivelarsi elusive del patto di stabilità interno come nel caso
dell’utilizzo improprio dei servizi per conto terzi (c.d. partite di giro), ossia quelle poste
che non rilevano ai fini del calcolo dei saldi del patto di stabilità interno; effetto
distorsivo sul patto di stabilità è dato dall’utilizzo improprio delle poste
riscossione/concessione crediti, essendo operazioni di utilizzo a breve della liquidità e
che, come tali, sono portate in detrazione dalle poste che rilevano per i saldi. Altre
operazioni elusive possono essere rappresentate dall’utilizzo improprio di alcuni
strumenti contrattuali (leasing immobiliare, il project financing, l’accollo del debito),
nonché le prassi che contravvengono al principio di integrità e universalità del bilancio
(rinvio a successivi esercizi di pagamenti eccedenti i limiti previsti dal patto, con
conseguente formazione di debiti fuori bilanci. In generale, poi, hanno effetti negativi
sugli equilibri di bilancio ed anche sul patto rappresentazioni contabili privi del
necessario grado di attendibilità come nel caso della sovrastima delle entrate accertate
per una non corretta valutazione dei presupposti per l’accertamento, oppure ancora il

70
ritardato pagamento di debiti maturati nel corso dell’esercizio, che influenza
negativamente sia la gestione finanziaria dell’Ente sia, e soprattutto, l’attività delle
imprese creditrici).
Le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti - qualora accertino che il
rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una
non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o
altre forme elusive - ha il compito di irrogare sanzioni pecuniarie (per gli amministratori
fino a dieci volte l’indennità di carica, per il responsabile del servizio economico-
finanziario fino a tre mensilità del trattamento retributivo).

Il rispetto del patto costituisce per gli enti locali un obbligo; la situazione di
inadempienza, anche se rilevata nel corso dell’esercizio, costituisce una grave
irregolarità gestionale e contabile, indipendentemente dal fatto che sia confermata o
meno in sede di bilancio consuntivo (v. Sezione regionale di controllo della Corte dei
conti per la Lombardia - parere n. 427/2009, e deliberazione n. 605/2009).

Attraverso lo strumento del patto di stabilità interno, il legislatore statale si propone di


condurre gli enti interessati al perseguimento degli obiettivi di riduzione del disavanzo
finanziario e del complessivo debito pubblico, attraverso l’attuazione di politiche di
bilancio, che tendano a:

• bloccare il ricorso al debito, atteso che le riscossioni da mutui (titolo V) non


rilevano ai fini del patto, mentre sono considerati i relativi pagamenti (titolo II);

• tenere sotto controllo le riscossioni in conto capitale (che entrano nel patto -
titolo IV);

• migliorare la situazione e l’equilibrio di parte corrente (che rilevano ai fini del


patto);

• aumentare l’avanzo di parte corrente per pagare i residui e per l’estinzione


anticipata dei mutui.

Dall’altra parte, lo strumento del patto viene visto talvolta come un ostacolo:

71
• ad una programmazione autonoma, che tenga conto delle specificità del
territorio e delle esigenze particolari della comunità di riferimento;

• agli investimenti, per la difficoltà e la compressione a contrarre prestiti;

• all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e dell’indebitamento per finanziare


gli investimenti;

• alla progressiva riduzione dei residui passivi in conto capitale, che tendono ad
accumularsi;

• al pagamento dei fornitori e dei prestatori per la realizzazione di opere


pubbliche.

Le divergenti valutazioni possono essere contemperate, configurando il patto di stabilità


interno sempre più su base territoriale: ciò consentirebbe di poter conciliare l’autonomia
dell’ente locale e la flessibilità della gestione dei bilanci, anche pluriennali,soprattutto
nell’ottica di possibili investimenti - fermo restando il controllo da parte del legislatore
statale in relazione al perseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica,
richiesti dalla normativa europea. In tal senso le Regioni speciali e le Province
autonome di Trento e Bolzano hanno già realizzato la cd. territorializzazione del patto,
potendo concordare la gestione degli obiettivi con lo Stato e con i propri enti locali.

Nelle Regioni ordinarie, la territorializzazione risulta limitata dagli


strumenti,essenzialmente del patto “verticale”, scanditi da tempi e obblighi precisi,
senza possibilità di una differenziazione dei vincoli, che sarebbe funzionale alla
programmazione dell’ente (patto inteso anche quale strumento di programmazione).
L’attuale strutturazione del patto di stabilità ha sollevato riserve da parte dei
rappresentanti degli enti locali, proprio perché non tiene conto della specificità delle
singole realtà locali e delle particolari esigenze delle comunità (non solo con riguardo al
tema ricorrente del limite per i pagamenti in conto capitale anche in presenza di somme
disponibili in tesoreria).

Una configurazione del patto sempre più vicino alla dimensione territoriale - che lasci al
legislatore statale il ruolo essenziale di coordinamento finanziario complessivo e

72
attribuisca alle Regioni il compito di un coordinamento pieno e effettivo degli enti locali
- potrebbe rappresentare lo sviluppo naturale ai fini dell’attuazione concreta dei principi
di armonizzazione dei bilanci e di osservanza dei vincoli economici e finanziari
derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.

4. Le funzioni di verifica affidate all’organo di revisione economico-finanziario

4.1 I principali aspetti della gestione dell’ente oggetto di revisione

L’obbligo di effettuare una revisione contabile degli Enti Locali è stato istituito
dall’articolo 57 della legge n.142/1990 e poi ripreso ed inquadrato in modo specifico
dal Decreto Legislativo n. 77/1995 e dal Decreto Legislativo n.267/2000 (Testo Unico
delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali e di seguito indicato anche come
TUOEL), che ha infine dettato una disciplina organica sulla materia.

In precedenza, l’articolo 309 del testo unico 3 marzo 1934 n. 383 prevedeva che il
conto consuntivo fosse sottoposto all’esame di tre revisori nominati, per i comuni, dal
Consiglio comunale fra i consiglieri estranei alla Giunta, e per le Province, dal
Consiglio provinciale nella sua prima seduta; non era previsto però un organo di
controllo sulla gestione complessiva dell’ente con funzioni di collaborazione anche
propositiva con gli organi amministrativi. Tale collaborazione però, non va intesa nel
senso che i revisori possano partecipare all’attività con cui gli organi di
amministrazione esplicano le loro funzioni, in quanto resterebbe annullata, o di molto
attenuata, la dialettica a cui devono essere improntati i rapporti tra gli organi deliberanti
e di controllo. Le vigenti disposizioni concernenti le funzioni dei Revisori dei Conti
degli enti locali sono state inoltre nel tempo integrate attraverso norme contenute spesso
in disposizioni della Legge Finanziaria o di altra normativa avente forza di legge e da
ultimo con le disposizioni di cui al decreto legge n. 174 del 2012, attualmente in fase di
conversione, che hanno via via attribuito sempre maggiori compiti e responsabilità a

73
questo organo di controllo interno del Comune, soprattutto nella logica di una graduale
riduzione dei soggetti e delle attribuzioni degli organi di controllo esterno 9.

Nel premettere che la trattazione della tematica verrà fatta dapprima con riferimento
alla legislazione previgente all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legge
n. 174/2012, che ha in parte ampliato le competenze dell’organo di revisione e delle
quali si approfondirà il contenuto con una specifica disamina nel prossimo paragrafo, si
può cominciare con l’osservare che le funzioni dell'organo revisione legale all'interno
degli Enti locali si articolano in un' attività di valutazione, controllo e verifica sia nella
fase di programmazione che nelle successive fasi di gestione e rendicontazione.

L’ art.239 del TUOEL elenca in modo dettagliato i compiti, le attività e i documenti che
devono essere controllati e predisposti dai revisori contabili. In particolare essi si
sostanziano in:

• attività di collaborazione con l’Organo consiliare nella sua funzione di controllo


e di indirizzo, secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento (comma 1, lett.a);

• pareri sul bilancio e sulle sue variazioni (comma 1, lett.b);

• attività di controllo e vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria, economica


e patrimoniale della gestione diretta ed indiretta intesa nella sua interezza che include
l’acquisizione di entrate e l’effettuazione di spese, l’attività contrattuale,
l’amministrazione dei beni, gli adempimenti fiscali (comma 1 lett.c);

• relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione


e sullo schema di rendiconto; la relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza
del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte

9
(C.d.S., Sez.V, sent. n.2598/2010):<<Attraverso l’organo di revisione contabile il legislatore ha inteso
garantire il corretto esercizio dell’attività amministrativa dell’ente per l’effettivo conseguimento degli
obiettivi prefissati dalla legge e a tutela degli interessi della collettività, non solo e non tanto in funzione
di un (mero) controllo interno a consuntivo della gestione, ma piuttosto attraverso una attività di continua
collaborazione e consulenza agli organi politici e gestionali dell’ente per una effettiva e sostanziale
regolarità contabile e finanziaria della gestione dell’ente>>.

74
tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione (comma1,
lett.d);

• referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale


denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità
(comma1, lett.e);

• verifiche di cassa di cui all'articolo 223 (comma 1, lett.f)

Inoltre la normativa degli ultimi anni ha attribuito altre funzioni ed attività ai revisori,
di cui si dirà in seguito, fra le quali assumono particolare importanza quelle relative alla
verifica e alle relative attestazioni in tema di rispetto delle disposizioni sul patto di
stabilità interno da inviare al Ministero dell’economia e delle finanze e le relazioni sul
bilancio di previsione e sul rendiconto di gestione da trasmettere alle Sezioni regionali
di Controllo della Corte dei conti.

La vastità delle funzioni affidate per espressa statuizione dal testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, cui si sommano quelle attribuite dalla legislazione
degli ultimi anni, richiede che, nella pianificazione delle proprie attività, l’organo di
revisione compia una preliminare ed accurata ricognizione dei sistemi di controllo
interni all’Ente, individuando le aree o i settori più a rischio di revisione o dove tale
sistema risulti essere meno affidabile. I cicli su cui programmare l’attività rispondono
ad una tempistica che coincide con le tre fasi della programmazione, della gestione e
della rendicontazione e in essi l’azione del revisore potrà atteggiarsi in termini di
verifica di conformità ovvero in termini di vigilanza sulla gestione.

Oltre a quanto previsto dalle disposizioni di legge e dalla prassi contenuta nella
circolari e nelle istruzioni diramate delle Amministrazioni pubbliche centrali, le norme
tecniche alle quali l’organo di revisione è chiamato ad attenersi nello svolgimento delle
sue funzioni sono costituite dai principi di contabilità pubblica dettati dall’Osservatorio
per la Finanza e la Contabilità degli Enti locali previsto dall’articolo 154 del TUOEL
ed istituito presso il Ministero dell’Interno. Un ulteriore e secondario riferimento può
essere costituito da linee di indirizzo emanate dalla Commissione Enti Pubblici del
Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e contabili, in quanto compatibili; a tale
75
proposito il D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 286 ha stabilito, tra l’altro, che le verifiche di
regolarità amministrativa e contabile devono “rispettare, in quanto applicabili alla
pubblica amministrazione, i princìpi generali della revisione aziendale asseverati dagli
ordini e collegi professionali operanti nel settore”.

L’attività di collaborazione con l’assemblea consiliare è la prima delle funzioni elencate


dall’art.239 del TUOEL e sta a ribadire che la funzione del Revisore è diretta ad
assistere l’organo di massima rappresentanza politica dell’amministrazione locale, ossia
il Consiglio dell’ente. Essa riguarda la complessa attività di indirizzo e controllo
amministrativo di competenza del Consiglio che è il destinatario finale di tale funzione
e consiste nella valutazione, anche prospettica, dei risultati dell’attività amministrativa
dell’ente e si concretizza in osservazioni e suggerimenti che, analizzando aspetti
gestionali nelle cause e negli effetti, si traducono in un complesso di elementi utili al
Consiglio per operare valutazioni e scelte ragionate, avendo riguardo alle disposizioni
dello statuto e del regolamento dell’ente. Queste ultime devono qualificare gli ambiti
d’intervento, le modalità di svolgimento dell’attività e il coordinamento con le funzioni
di vigilanza e controllo da parte dell’Organo di revisione nonché la necessaria
distinzione dall’attività di consulenza. La Corte dei Conti, con la deliberazione
n.2/1992, ha chiarito che la funzione di collaborazione deve necessariamente essere
limitata alle materie di competenza consiliare relativamente agli aspetti economico-
patrimoniali e finanziari ad esse concernenti.

L’attività che si estrinseca nei pareri obbligatori sul bilancio e sulle sue variazioni è
un’attività tipica di collaborazione con la quale l’organo di revisione, nella fase di
programmazione, valuta se il bilancio e i relativi allegati obbligatori nonché i vari
documenti necessari alla formazione degli stessi siano non conformi alle leggi, ai
principi contabili, ai regolamenti ed allo statuto dell’ente e in particolare ai principi
previsti dall’art.162 del TUOEL, ai postulati dei principi contabili degli enti locali ed ai

76
principi contabili n.1, 2 e 3 degli enti locali emanati dall’Osservatorio per la Finanza la
Contabilità degli enti locali 10.

In tale ambito l’organo di revisione deve effettuare un controllo di coerenza interna,


per cui, atteso che il bilancio di previsione è l’ultimo atto di programmazione contabile
che assorbe gli effetti degli altri atti di programmazione verticali ed orizzontali, vi deve
essere un nesso di logicità tra quest’ultimo e gli atti ad esso propedeutici..L’equilibrio
del bilancio, e il suo mantenimento, implica che vi sia non solo una coerenza interna dei
documenti di programmazione ma che gli stessi risultino coerenti con quelli regionali e
con i principi di finanza pubblica (coerenza esterna). La non conformità con tali norme
potrebbe determinare gravi conseguenze per l’ente quali, ad esempio, le sanzioni, i
limiti ed i divieti in caso di mancato rispetto degli obiettivi programmatici del patto di
stabilità interno o del contenimento delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562
dell'art.1 della legge n.296/2006 come modificati dai commi 7 e 10 dell'art.14 del
D.L.n.78/2010, convertito in legge n.122/2010.

I principali atti di programmazione sono:

1. Il Programma di mandato previsto dall’art. 46, comma 3, del e dal punto n.18
del Principio Contabile n.1, è un atto di programmazione strategica di lungo
periodo (tutto il mandato del Sindaco) nel quale sono contenuti gli indirizzi e gli
obiettivi che l’Amministrazione persegue nel corso del mandato amministrativo:
l’Organo di revisione dovrebbe verificare che il Programma di mandato,
espressamente previsto dall’art.46, comma 3 del TUOEL, oltre ad illustrare in
forma concreta le iniziative e le azioni che il capo dell’amministrazione locale si
prefigge di intraprendere nel corso del quinquennio sia articolato nei medesimi

10
I POSTULATI DEL SISTEMA DI BILANCIO:<<La redazione di principi contabili sia generali, definiti
postulati contabili rappresenta il compito più significativo in capo all’Osservatorio per la Finanza e la
Contabilità degli enti locali, che viene svolto in linea con il quadro legislativo vigente, e, naturalmente,
con la Costituzione modificata, in quanto i principi contabili svolgono l’esclusiva funzione di chiarire
l’esatta portata delle vigenti disposizioni di settore. I loro contenuti, nello stesso tempo, presentano la
flessibilità utile a subire ogni necessaria integrazione a seguito di modifiche ed aggiornamenti legislativi.
In buona sostanza i postulati costituiscono le regole di carattere generale cui tutto il sistema di bilancio si
orienta e si attiene, mentre i principi applicati, indirizzano verso adempimenti ed attività coerenti con
l’alveo disegnato dai postulati>>.

77
programmi che verranno sviluppati, in chiave triennale, nella Relazione
Previsionale e Programmatica.

2. Il Piano Generale di Sviluppo, obbligatorio ai sensi dell’art.13 del D.Lgs.


n.170/2006 e dall’art. 165, comma 7 del TUOEL: l’Organo di revisione deve
verificare che esso sia tratto dalla Programmazione di Mandato, di cui rende
operativi gli obiettivi con le reali possibilità dell’ente, e che sia un documento
tecnico predisposto dalla Giunta, accertando altresì che sia deliberato dal
Consiglio prima del primo bilancio annuale del mandato e dei suoi allegati ( tra
cui la Relazione Previsionale e Programmatica e il Bilancio Pluriennale) e prima
delle deliberazioni di Giunta in ordine alla Programmazione Triennale dei
Lavori Pubblici e del suo elenco annuale e del Programma Triennale del
Fabbisogno di Personale. In merito ad esso l’Organo di Revisione deve
esprimere un motivato giudizio di congruità e deve accertare che le previsioni
inserite nel bilancio di previsione e nel bilancio pluriennale siano coerenti con
quanto previsto nel piano medesimo.

3. La Relazione previsionale e programmatica (R.P.P.), documento che riveste un


carattere prioritario nel processo di programmazione triennale ed annuale:
l’Organo di revisione deve verificare che essa sia predisposta dalla Giunta quale
primo allegato del Bilancio, sia redatta sullo schema approvato con D.P.R. 3
agosto 1998, n. 326 e contenga l’illustrazione della previsione delle risorse e
degli impieghi contenute nel bilancio annuale e pluriennale conformemente a
quanto contenuto nell'art. 170 del TUOEL, nello statuto e nel regolamento di
contabilità dell'ente. Il regolamento di contabilità dell’Ente stabilisce i casi in cui
le deliberazioni di Giunta e di Consiglio che siano in contrasto con la R.P.P.
sono inammissibili o improcedibili, ai sensi del citato art.170, comma 9.
L’organo di revisione deve esprimere un parere sul contenuto della R.P.P.,
valutando la congruità, la coerenza ed l’attendibilità delle previsioni, dei
programmi e dei progetti.

78
4. Il Bilancio pluriennale, nel quale vengono indicate le previsioni di natura
finanziaria riferite all’arco temporale considerato nella Relazione Previsionale e
Programmatica e la cui funzione è di indicare l’entità e la tipologia dei mezzi
finanziari idonei a garantire il mantenimento degli equilibri economico-
finanziari nel tempo: l'organo di revisione rende un parere sul suo contenuto,
esprimendo un giudizio sulla congruità, coerenza ed attendibilità delle
previsioni.

5. Il Programma triennale dei lavori pubblici ed elenco annuale, quali allegati


obbligatori al bilancio pluriennale di previsione: l’Organo di revisione esprime
un parere sul programma triennale e sull'elenco annuale dei lavori pubblici
quali allegati obbligatori di bilancio esprimendo un giudizio sulla congruità,
coerenza e corrispondenza dei programmi con quanto riportato nel piano
generale di sviluppo dell'ente, nella relazione previsionale e programmatica e nel
bilancio di previsione annuale e pluriennale.

6. Il Bilancio annuale, nel quale sono indicate le previsioni di natura finanziaria


riferite al primo anno dell’arco temporale considerato nella relazione revisionale
e programmatica: l’Organo di revisione deve verificare che lo schema del
bilancio di previsione sia predisposto ed approvato dalla Giunta e che allo stesso
siano allegati i documenti obbligatori. Il parere è obbligatorio ai sensi dell’art.
239, comma 1, lett. b) del TUOEL e, tenuto conto anche del parere espresso dal
Responsabile del Servizio Finanziario, deve esprimere un motivato giudizio di
congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio
e dei programmi e progetti, delle variazioni rispetto agli esercizi precedenti,
dell’applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale, nonché l’attestazione
del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e del patto di stabilità interno per
gli enti cui esso si applica. Ai sensi dell’articolo 31 della legge n. 183/2011
(legge di stabilità 2012), l’obbligo del rispetto delle disposizioni sul patto di
stabilità interno è stato previsto, per l’esercizio 2012, per tutte le provincie e
per i comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti. Sulla base della
predetta legge, a partire dal 2013, saranno assoggettate alla disciplina del patto
79
di stabilità interno provincie e comuni con popolazione superiore ai 1000
abitanti e, dal 2014, anche le unioni di comuni. Ad ogni modo, va detto che la
sussistenza di criticità tali da concretizzare l’inosservanza dei principi o dei
postulati di bilancio di cui all’art.162 del TUOEL determina da parte dell’organo
di revisione la necessità di rendere un parere non favorevole, oppure
favorevole con riserva.

L’attività di controllo contabile, riferita alle lettere c), e) ed f) del comma 1 dell’art.
239 del TUOEL consiste:

1. nella vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica dell’intera


gestione, diretta ed indiretta, comprese le eventuali partecipazioni finanziarie. La
gestione va intesa nella sua interezza che include l’acquisizione di entrate e
l’effettuazione di spese, l’attività contrattuale, l’amministrazione dei beni, gli
adempimenti fiscali;

2. nel referto all’organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con denuncia ai


competenti organi giurisdizionali nel caso si configurino ipotesi di
responsabilità;

3. nelle verifiche periodiche di cassa;

La regolarità riguarda, secondo quanto precisato dalla Corte dei Conti, a)il rispetto dei
vincoli giuridici e contabili relativi alla gestione del bilancio, b)la completezza del
procedimento amministrativo, c)la verifica degli obblighi posti a tutela dei terzi
contraenti e dei creditori in genere. La regolarità amministrativa riguarda la conformità
degli atti alle norme e la loro rispondenza a determinati fini. Non compete all’organo di
revisione esprimere un giudizio in merito alle scelte operate dall’ente nell’esercizio
della propria autonomia. Come più volte affermato dalle sezioni di controllo della
predetta Corte, infatti, “spetta agli enti locali, nell’ampio margine della discrezionalità
amministrativa, valutare i bisogni della collettività e concorrere al loro soddisfacimento
in base alle risorse disponibili”, nell’ottica della funzionale allocazione delle risorse.

80
In caso di mancata vigilanza e segnalazione, con dolo o colpa grave, i revisori possono
essere chiamati a rispondere solidalmente del danno arrecato. Tale ipotesi si configura
anche in caso di omissioni (per inadempimento di doveri), per il danno che non si
sarebbe verificato, o sarebbe stato eliminato o ridotto, se i revisori avessero tenuto una
condotta diligente e finalizzata a sollecitare una correzione o a mettere in atto interventi
tempestivi. Laddove vengano riscontrate gravi irregolarità nella gestione, l’organo di
revisione deve prontamente segnalarle all’organo competente a convocare il Consiglio
e, contestualmente, anche ai competenti organi giurisdizionali, ove tali irregolarità
configurino ipotesi di responsabilità. L’obbligo di referto scaturisce, secondo un
consolidato orientamento giurisprudenziale 11, dal concretizzarsi del danno o dalla
scoperta dello stesso, mentre le mere ipotesi di danno richiedono solo un’accentuata
vigilanza per la possibile rimozione o correzione degli effetti (anche con l’eventuale
segnalazione al Consiglio).

Con la Relazione al rendiconto, prevista dall’art.239, comma 1 lett.d) del TUOEL,


l’organo di revisione attesta la corrispondenza del rendiconto della gestione (conto del
bilancio, conto economico e conto patrimoniale) alle risultanze della gestione. Essa si
sostanzia in un giudizio che somma le funzioni di vigilanza, collaborazione e referto.
Attraverso l’analisi della gestione e la valutazione del risultato-usando il metodo a
campione- vengono formulate considerazioni e svolti rilievi ed eventuali suggerimenti

11
Circolare n. I.C./16 del Procuratore generale della Corte dei conti, in data 28 febbraio 1998 : <<La
giurisprudenza costante è nel senso che dà inizio al periodo prescrizionale non il semplice compimento di
condotta trasgressiva degli obblighi di servizio, dalla quale non sia ancora scaturito alcun documento
patrimoniale all’ente pubblico, ma il verificarsi del "danno" che, in uno con la "condotta" illecita, va a
costituire le due inscindibili componenti del "fatto dannoso" cui ora fa esplicito riferimento la generale
disciplina in materia di prescrizione (legge n. 20/94, art. 1, secondo comma) Il termine iniziale va
individuato non nel momento della conoscenza, ma in quello della conoscibilità dei fatti, da parte non del
Procuratore regionale titolare del potere di azione, ma dell’organo dell’Amministrazione che abbia
obbligo di denuncia. Ciò premesso, e salvo quanto più dettagliatamente detto nei successivi paragrafi,
resta evidente che mere "ipotesi di danno" non fanno sorgere l’obbligo di denuncia e richiedono semmai
vigile attenzione, da parte delle Amministrazioni, sugli effetti nel tempo dell’azione
amministrativa.Viceversa, il verificarsi di situazioni di fatto con potenzialità lesiva, senza attualità del
danno, può dar luogo a mera segnalazione agli uffici di Procura territorialmente competenti al fine di
eventuali iniziative intese a coadiuvare l’azione amministrativa rivolta a che la potenzialítà non si
trasformi in evento lesivo per l’Erario, segnalazione la cui omissione, tuttavia, non configura violazione
dell’obbligo di denuncia.>>.

81
circa il miglioramento dell’azione amministrativa dell’Ente. L’attestazione ha valore di
verifica della conformità dei dati del rendiconto con i documenti contabili, gli inventari,
i conti del tesoriere e degli agenti contabili. Il Consiglio, in sede di approvazione del
rendiconto, deve tenere motivatamente conto della relazione al rendiconto predisposta
dall’organo di revisione.

Negli ultimi anni il legislatore ha accentuato il ruolo centrale dell’organo di revisione


nel processo di valorizzazione dei controlli interni rispetto a quelli esterni, ampliando le
attività ad esso assegnate in ulteriori settori di intervento. Tra queste:

• Verifica annuale del rispetto del patto di stabilità -Gli articoli 30, 31 e 32 della
legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) disciplinano il nuovo patto
di stabilità interno per il triennio 2012-2014 volto ad assicurare il concorso degli
enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei
principi di coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 117, terzo
comma, e 119, secondo comma, della Costituzione: l’organo di revisione è chiamato
a valutare il rispetto degli obiettivi annuali di stabilità per l’anno precedente,
verificando altresì i rapporti di carattere finanziario, giuridico, contrattualistico ed
amministrativo-contabile esistenti tra l’Ente Locale soggetto a patto di stabilità e gli
eventuali organismi partecipati ai quali lo stesso ente abbia affidato l’esercizio di
alcune attività e/o servizi, non solo per verificare preventivamente la sussistenza di
eventuali operazioni potenzialmente elusive, ma anche per verificare la futura
attivazione del meccanismo del patto di stabilità nei confronti delle Società in house
affidatarie dirette di attività e/o servizi pubblici (art. 4, comma 14, D.L. 138/2011,
convertito nella legge n.148/2011).

• Controlli sulla tempestività dei pagamenti della Pubblica Amministrazione:


l’art. 9, comma 1, lett. a) del D.L. n. 78/09, convertito con modificazioni nella legge
n.102/09, ha previsto particolari disposizioni volte ad accelerare l’iter di
effettuazione dei pagamenti da parte degli enti locali in favore delle piccole e medie
imprese fornitrici di beni e di servizi. Si tratta di un aspetto sul quale l’Organo di
revisione avrà cura di vigilare sia avuto riguardo alle modalità con le quali l’Ente ed

82
il Responsabile del Servizio finanziario si sono attivati operativamente per il rispetto
di tale norma, sia illustrando, nei Questionari della Sezione regionale del controllo
della Corte dei Conti, i risultati delle “analisi e revisione delle procedure di spesa e
dell'allocazione delle relative risorse in bilancio” (art.9, comma 1, lett.a, punto 3) 12.

• Verifica della programmazione triennale del fabbisogno di personale (art.91


TUOEL, art.39 legge n.449/1997 e art.19, comma 8 legge n.448/2001 13): l’Organo di
revisione deve esprimere un parere sul documento di programmazione triennale del
personale, verificando che lo stesso sia finalizzato alla riduzione programmata delle
spese. In sede di rendiconto occorrerà dimostrare se l’obiettivo programmatico è
stato conseguito. Ai fini della riduzione della spesa occorre fare riferimento, come
chiarito dalla Corte dei Conti-Sezione delle Autonomie con delibera n.2/AUT/2010,
alla spesa dell’anno precedente in modo da garantire una riduzione della spesa in
termini progressivi e costanti.

• Relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto della gestione alla Sezione
Regionale della Corte dei Conti (art.1, commi 166-168 della legge 266/2005): una
volta approvato il bilancio di previsione, l’organo di revisione è tenuto a trasmettere
alla Sezione Regionale della Corte dei Conti una relazione predisposta sulla base dei
questionari e delle linee guida definiti dalla Corte stessa, nella quale viene dato conto
degli equilibri finanziari sostanziali dell’Ente, del rispetto degli obiettivi annuali del
patto di stabilità, dell’osservanza del divieto di indebitamento per spese diverse da
quelle di investimento, nonché di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria che
non sia stata sanata. Una analoga relazione l’organo di revisione è tenuto a

12
Per gli enti locali i rapporti sono allegati alle relazioni rispettivamente previste nell'art. 1, comma 166
della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (relazione sul bilancio di previsione dell'esercizio di competenza e
sul rendiconto dell'esercizio medesimo)

13
A decorrere dall'anno 2002 gli organi di revisione contabile degli enti locali indicati all’ 2 del testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale siano improntati al rispetto del
principio di riduzione complessiva della spesa di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
e successive modificazioni, e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate.

83
trasmettere alla Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti in occasione del
rendiconto della gestione secondo criteri stabiliti dalla Corte stessa, fornendo altresì
dati oggettivi circa l’esistenza o meno di irregolarità contabili o finanziarie su cui
l’amministrazione non abbia adottato i necessari correttivi.

• Verifica contrattazione integrativa (art.40 bis D.lgs. n.165/2001) 14 : all’organo di


revisione è affidato il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione
decentrata integrativa con i vincoli di bilancio e con quelli derivanti da obblighi di
legge, nonché il compito di certificare le specifiche informazioni sulla contrattazione
integrativa che gli enti devono trasmettere entro il 31 maggio di ogni anno al
Ministero dell’Economia e delle Finanze su apposito modello di rilevazione.

• Vigilanza sull’acquisizione di servizi sul mercato (art.6 bis del d.lgs.165/2001 15,
aggiunto dall’art.22 della legge n.69/2009): l’Organo di revisione è chiamato a
vigilare nel caso di acquisto sul mercato di servizi o beni originariamente prodotti

14
Art.40-bis comma 1:<< Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva
integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con
particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei
trattamenti accessori è effettuato dal collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici
centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti. Qualora dai contratti
integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo>>.

15
6-bis. :<< Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle
pubbliche amministrazioni.

1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o
indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di
trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere
conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.

2. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di
cui al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della
contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel
rispetto dell’articolo 6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale.
3. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al
comma 1 vigilano sull’applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti
dall’adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del
personale con incarico dirigenziale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286>>.

84
internamente, sulla conseguente economia di gestione, sul congelamento dei posti e
sulla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione decentrata, fermi restando i
conseguenti processi di rideterminazione delle dotazioni organiche, di riallocazione e
di mobilità del personale, dandone evidenza nei propri verbali.

• Asseveramento sul trasferimento di risorse (art. 3, comma 32, della legge n.


244/2007): nel caso di costituzione di società o enti, l’organo di revisione deve
asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie e trasmettere una
relazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione
pubblica – e al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della
Ragioneria Generale dello Stato – segnalando eventuali inadempimenti anche alle
sezioni competenti della Corte dei Conti.

4.2 Le nuove funzioni affidate all’organo di revisione

Il Decreto Legge 10 ottobre 2012, n.174, attualmente in esame presso le competenti


Commissioni parlamentari, introduce importanti disposizioni in materia di enti locali
con riflessi anche sulle attività svolte dall’organo di revisione. Se ne illustrano i più
rilevanti aspetti relativamente all’argomento che qui ci occupa, anche se, trattandosi di
un decreto le cui disposizioni sono sottoposte ad un vivace dibattito parlamentare,
potrebbero in qualche parte risultare modificate in sede di conversione.
In particolare, con riferimento alla nuova disciplina dei controlli interni, viene stabilito,
all’art.147 quinquies dettato in materia di controllo sugli equilibri finanziari, che-
riprendendo quanto già contenuto nel disegno di legge “Carta delle Autonomie” - tale
controllo sia svolto sotto la direzione ed il coordinamento del responsabile del servizio
finanziario e contabile dell’ente locale e mediante la vigilanza dell'organo di
revisione, con il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale,

ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive
responsabilità.

85
Tale controllo è disciplinato nel regolamento contabile 16 dell'ente ed è svolto nel
rispetto delle norme dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, delle
norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di
finanza pubblica, nonché delle norme di attuazione dell'articolo 81 della Costituzione.

A tale proposito giova rammentare che la legge costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 –
operando talune novelle agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione – introduce, a
decorrere dall’esercizio finanziario relativo al 2014, il principio del pareggio di bilancio,
correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche
amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti
dall’ordinamento europeo.

La norma prevista della lettera m) dell’art.3, comma 1, del D.L. 174, relativa alla
composizione del collegio dei revisori, che stabiliva che negli enti di maggiori
dimensioni (provincie, città metropolitane, comuni capoluogo di provincia o con oltre
60 mila abitanti) il Prefetto avrebbe dovuto designare il presidente del collegio,
selezionato-previo concerto tra i Ministri dell’Interno e dell’Economia- tra i dipendenti
dei rispettivi Ministeri, non ha superato il vaglio in sede di Commissione Referente.

Tra le innovazioni introdotte nell’ambito del sistema della revisione legale dell’ente,
particolare rilievo merita l’articolo 3, comma 1, lettera o) del predetto decreto legge n.
174, che ha modificato l’articolo 239 del TUOEL, che, come diffusamente illustrato in
precedenza, disegna i fondamentali compiti dell’organo di revisione, ampliando
17
consistentemente la tipologia dei pareri che esso è chiamato ad esprimere . A tal

16
Quanto alla disciplina attuativa di tale nuovo sistema di controlli interni, il comma 2 dell’articolo 3 del
decreto legge demanda la definizione degli strumenti e delle modalità ad un regolamento del Consiglio,
stabilendo che esse vengano rese operative entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge,
con comunicazione al Prefetto e alla Corte dei Conti.In caso di inerzia dell’ente locale, il Prefetto è
tenuto a invitare l’ente all’adempimento dell’obbligo entro sessanta giorni. Decorso tale termine, il
Prefetto inizia la procedura di scioglimento dell’ente locale, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, del
TUOEL.

17
Art.3, comma, lett.o) :<<All’art.239 sono apportate le seguenti modificazioni:
86
fine è stata sostituita la lettera b) del comma 1 dell’articolo 239, nella quale, oltre al
parere ivi previsto sulla proposta del bilancio di previsione e sulle variazioni di
bilancio, si aggiungono ulteriori pareri in ordine alla verifica degli equilibri di
bilancio, agli altri strumenti di programmazione economico-finanziaria, alle proposte di
costituzione o partecipazioni ad organismi esterni, a proposte di ricorso
all’indebitamento e di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, a proposte di
riconoscimento di debiti fuori bilancio e, infine, a proposte su regolamenti in materia
contabile e patrimoniale.

Viene inoltre inserito un comma 1-bis nel quale si riproducono i contenuti della parte
della lettera b) del comma 1 non riproposti nella nuova formulazione della lettera stessa,
prevedendosi che nei pareri suddetti si esprima un motivato giudizio di congruità ed
attendibilità delle previsioni di bilancio e si suggeriscano all’organo consiliare le
opportune misure conseguenti, cui il Consiglio stesso è tenuto ad adeguarsi ovvero a
motivarne l’eventuale mancata osservanza.

Si dispone infine, sostituendo la lettera a) del comma 2, che all’organo di revisione


siano trasmessi da parte della Corte dei conti i rilievi e le decisioni assunte a tutela della
gestione finanziaria dell’ente.

1) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:


«b) pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:
1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;
2) proposta di bilancio di previsione verifica degli equilibri e variazioni di bilancio;
3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;
4) proposte di ricorso all'indebitamento;
5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in
materia;
6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;
7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei
tributi locali»;
2) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Nei pareri di cui alla lettera b) del comma 1 è
espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di
bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell'attestazione del responsabile del servizio
finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei
parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo
consiliare le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori.
L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la
mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione.»;
3)la lettera a) del comma 2 è sostituita dalla seguente:«a) da parte della Corte dei conti i rilievi e
le decisioni assunti a tutela della sana gestione finanziaria dell'ente».>>.

87
Dunque, i pareri sono obbligatori non più solo per la proposta di bilancio di previsione e
per le variazioni, ma in genere per tutti gli strumenti di programmazione e
disciplina economico-finanziaria (inclusi i regolamenti contabili, finanziari ecc.), per
le modalità di gestione dei servizi (comprese le proposte di costituire organismi
esterni, o parteciparvi) e per alcune tipologie di atti particolarmente delicate (ricorso
all’indebitamento o a «strumenti di finanza innovativa», riconoscimenti di debiti fuori
bilancio, transazioni). Come in precedenza, il Collegio formula il proprio parere
considerando ogni elemento ritenuto utile – comprese le attestazioni del responsabile
del servizio finanziario, le variazioni rispetto all’anno precedente e i «parametri di
deficitarietà strutturale» – e l’organo consiliare deve, oltre che acquisire il parere,
prendere posizione sul suo contenuto, seguendo le indicazioni che esso reca o
argomentando la decisione di discostarsene (art. 239, comma 1-bis, TUOEL).

4.3 I nuovi criteri di scelta dell’organo e le funzioni affidate agli uffici centrali del
Ministero dell’Interno ed alle Prefetture-Utg

L’art. 234 del TUOEL stabilisce che l’organo di revisione degli enti locali sia eletto dal
Consiglio Comunale, precisando che per i Comuni superiori a 15.000 abitanti esso è
composto da tre membri e per i Comuni inferiori a 15.000 da un solo componente.

Esso dura in carica tre anni ed è rieleggibile per una sola volta. L’art. 240 del TUOEL
definisce la responsabilità dei revisori, che devono rispondere della veridicità delle loro
attestazioni, adempiere ai loro doveri con la diligenza del mandatario e conservare la
riservatezza su fatti e documenti di cui hanno conoscenza a causa del loro ufficio.

Nella consapevolezza che il possesso di un’appropriata formazione ed esperienza


professionale, particolarmente tecnicistica e specializzata in materia di revisione dei
conti costituisca il presupposto primo per il corretto svolgimento dei controlli e che un
adeguato livello di competenza professionale specifica anche nelle materie della
contabilità pubblica e della gestione economico-finanziaria degli enti pubblici
territoriali rappresenti un requisito aggiuntivo essenziale per la correttezza, la qualità ed

88
il pregio dell’attività di revisione, l’art.16, comma 25 della legge 14 settembre 2011,
n.148 18 ha ridefinito in maniera sostanziale le modalità di nomina dell'organo.

Tali modalità sono state individuate in un <<sistema selettivo (“mediante estrazione da


un elenco”) che ne garantisca la professionalità (dell’organo di revisione ) e che, in
ultima analisi, assicuri l’esercizio del controllo in condizioni di assoluta
imparzialità>> 19, sostituendo, in tal modo, il previgente criterio di nomina affidato
all’organo consiliare, in una logica di rafforzamento della relativa posizione di
indipendenza e autonomia.

Si tratta di nuove disposizioni che hanno richiesto l’esigenza di emanare norme di


dettaglio utili a individuare tutte le fasi del nuovo procedimento di nomina e che sono
state definite, con Decreto del Ministro dell’Interno 15 febbraio 2012 n.23, in un
Regolamento che disciplina minuziosamente le modalità per la formazione dell’Elenco
dei Revisori e per la loro successiva nomina all'interno dell'ente.

Il Regolamento, all'art.1, istituisce, presso il Ministero dell’Interno, l’Elenco dei


Revisori degli Enti Locali, formato su base regionale attraverso l’iscrizione dei
nominativi di coloro che, avendone i requisiti, ne abbiano fatto richiesta.

18
Art.16, comma 25:
<<A decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo alla data di entrata in vigore del
presente decreto, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel
quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel Registro dei revisori
legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonche' gli iscritti all'Ordine dei dottori
commercialisti- e degli esperti contabili. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti criteri
per l'inserimento degli interessati nell'elenco di cui al primo periodo, nel rispetto dei seguenti principi:

a) rapporto proporzionale tra anzianità di iscrizione negli albi e registri di cui al presente comma
e popolazione di ciascun comune;
b) previsione della necessita', ai fini dell'iscrizione nell'elenco di cui al presente comma, di aver
in precedenza avanzato richiesta di svolgere la funzione nell'organo di revisione degli enti locali;
c) possesso di specifica qualificazione professionale in materia di contabilita' pubblica e gestione
economica e finanziaria degli enti pubblici territoriali>>.

19
Deliberazione della Corte dei Conti n. 3/SEZAUT/2012/INPR concernente i “Criteri per l’inserimento
nell’elenco dei revisori dei conti delle Regioni, ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. e), del D.L. n.
138/2011”, convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n.148.

89
I requisiti sono:

1. Iscrizione nel Registro regionale dei Revisori legali, ovvero all’Ordine dei
dottori commercialisti e degli esperti contabili da un certo numero di anni;

2. L’aver conseguito un certo numero di crediti formativi (distinti a seconda del


raggruppamento di fascia di comuni per i quali viene chiesta l’iscrizione) nell’arco
temporale dal 1° gennaio al 30 novembre dell’anno precedente;

3. L’aver svolto l’incarico di revisore dei conti presso un ente locale (1 volta per i
comuni inseriti nei raggruppamenti di cui alla fascia 2 e 2 volte per quelli di cui alla
fascia 3) 20.

Particolare rilevanza assume l’aspetto connesso alla formazione, della quale deve essere
opportunamente attestato l’avvenuto compimento attraverso la partecipazione a corsi
e/o seminari in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli
enti territoriali. I relativi programmi di approfondimento e i test di verifica devono
essere preventivamente condivisi con il Ministero dell’Interno 21.

Con la fase di prima applicazione della procedura, prevista sino al 28 febbraio 2013,
l’art.4 del Regolamento ha ammesso la possibilità di richiedere l’iscrizione in presenza
di requisiti parzialmente diversi, ferma restando l’iscrizione nel Registro regionale dei
Revisori legali, ovvero all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

20
-Art.1, comma 3 del Regolamento:<<L'iscrizione nell'elenco avviene, una volta accertato il possesso
dei requisiti previsti, in relazione alla tipologia e alla dimensione demografica degli enti locali
raggruppati, a tal fine, nelle seguenti fasce: a) fascia 1: comuni fino a 4.999 abitanti; b) fascia 2: comuni
con popolazione da 5.000 a 14.999 abitanti,unioni di comuni e comunita' montane; c) fascia 3: comuni
con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti, nonche' province.

21
L’elenco dei programmi di formazione condivisi dal Ministero dell’Interno è pubblicato sul sito del
Ministero.Tra questi, diversi si sono svolti presso la Scuola Superiore del Ministero dell’Interno,
realizzati in collaborazione tra Ministero dell'Interno, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e
degli Esperti Contabili, Istituto di Ricerca Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (I.R.D.C.E.C.),
Scuola Superiore Pubblica Amministrazione Locale (S.S.P.A.L.) e la stessa Scuola Superiore
dell'Amministrazione dell'Interno.

90
Nella seconda fase, quella intermedia, che ricomprende il periodo dal 1° marzo 2013 al
31.12.2013, i nominativi saranno estratti dall’elenco formato in precedenza nel modo
descritto e aggiornato nei modi previsti dal comma 3 dell’art.8 del Regolamento.

Con l’entrata a regime del nuovo sistema, dal 1° gennaio 2014, l’elenco sarà formato
dai nominativi di coloro che avranno dimostrato il mantenimento dei requisiti prescritti,
nonché dai nominativi di coloro che avranno presentato domanda di iscrizione secondo
modalità e termini comunicati con apposito avviso sul sito internet del Ministero
dell’Interno, che provvederà poi, al 1° gennaio di ciascun anno, al suo aggiornamento.

Il Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, con circolare
n.FL/7 del 5 aprile 2012, ha fornito le prime indicazioni necessarie circa le nuove
procedure introdotte, predisponendo apposite “Linee Guida” tese a dare alle stesse
uniformità sul territorio nazionale: definita la formazione dell’Elenco, il Regolamento
prevede, all’art.5, che venga dato avviso- da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica - dell’effettivo avvio del nuovo procedimento per la scelta dei revisori in
scadenza di mandato. Il Ministero dell’Interno, con un comunicato pubblicato lo scorso
29 novembre sul proprio sito istituzionale, ha reso noto che essendosi completata la fase
della formazione dell’elenco dei revisori, è in corso di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale l’avviso relativo all’effettivo avvio, fissato al 10 dicembre 2012, delle nuove
modalità di scelta dei revisori mediante estrazione a sorte dall’ elenco di cui all’art.1 del
Regolamento.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, potrà procedersi all’estrazione dei


nominativi dei revisori dei conti che il citato art.5 affida alle Prefetture-Uffici
Territoriali del Governo territorialmente competenti.

Il procedimento ha inizio con la comunicazione dell’ente locale interessato alla


Prefettura, relativa alla data di scadenza dell’Organo di revisione, comunicazione che
nella fase di prima applicazione del Regolamento deve avvenire almeno 15 giorni
prima, mentre in quella a regime almeno due mesi prima. In caso di cessazione
anticipata rispetto alla data di scadenza, tale comunicazione deve avvenire

91
immediatamente e comunque non oltre il terzo giorno successivo alla data di cessazione
dalle funzioni.

Successivamente la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo comunica all’ente (o agli


enti interessati) la data, l’ora ed il luogo nel quale, alla presenza del Prefetto o di un suo
delegato, si procederà all’estrazione, in seduta pubblica.

L’estrazione avviene tramite sistema informatico con procedura standardizzata,


attingendo dall’articolazione regionale dell’Elenco- in relazione alla fascia di
appartenenza dell’ente locale indicata all’art. 1, comma 3, del Regolamento- tre
nominativi per ciascun componente dell’organo di revisione economico-finanziaria da
rinnovare, avendo cura di annotare l’ordine di estrazione di ciascun nominativo, posto
che sarà designato per la nomina a revisore dei conti dell’ente il primo degli estratti, al
quale subentreranno in ordine di estrazione gli altri due nel caso di rinuncia o
impedimento ad assumere l’incarico da parte del soggetto da designare.

Dell’esito delle procedure di estrazione è redatto apposito processo verbale che deve
essere trasmesso senza ritardo all’ente interessato, per la conseguente adozione della
delibera di nomina da parte del Consiglio, dei soggetti estratti, previa verifica
dell’insussistenza delle cause di incompatibilità o di impedimento contemplate dagli
artt.235, 236 e 238 del TUOEL.

Nell’ipotesi di composizione collegiale dell’Organo di revisione economico-finanziaria,


l’art. 6 del Regolamento prevede che le funzioni di presidente spettino al componente
che ha svolto il maggior numero di incarichi di revisore presso enti locali e, a parità di
incarichi, che tale funzione venga assunta da colui che li abbia svolti nell’ente di
maggiore dimensione demografica.

Nelle more della piena operatività del nuovo sistema di scelta dei revisori, il Ministero
dell’Interno aveva precisato che, tenuto conto che l’art. 235, comma 1, del TUOEL
prevede che all’organo di revisione contabile si applicano le norme relative alla proroga
degli organi amministrativi, allo scadere della durata in carica di tre anni dalla data di
esecutività della delibera di nomina, per tale organo avrebbe operato l’istituto della
“prorogatio” per il periodo di 45 giorni, trascorsi i quali, ove il nuovo sistema non
92
avesse dovuto ancora essere stato avviato, avrebbe continuato a trovare applicazione la
procedura di nomina già prevista dall’art.234 del TUOEL.

In considerazione del fatto che la piena operatività del sistema è stata fissata al 10
dicembre 2012, è sorto, per gli enti locali ricadenti nei territori delle regioni a statuto
ordinario, l’obbligo a dare sin da adesso tempestiva comunicazione della eventuale
scadenza dell’incarico del proprio organo di revisione alla Prefettura-Ufficio territoriale
del Governo della provincia di appartenenza.

In proposito, con comunicato del 29 novembre 2012 pubblicato sulle pagine internet
della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell’interno è stato
rappresentato che tale comunicazione andrà riferita: alla data di scadenza dell’incarico,
ivi compreso il periodo massimo di prorogatio di 45 giorni, per gli organi di revisione
che siano attualmente in tale regime, mentre dovrà riferirsi alla data di scadenza
triennale dell’incarico per quelli che non si trovino in prorogatio.In ogni caso, tenuto
conto del primo avvio della procedura, gli enti locali sono tenuti a dare tempestiva
comunicazione alla Prefettura-Utg circa la data di scadenza dell’organo di revisione,
anche se essa cade in una data che è inferiore di 15 giorni rispetto a quella di avvio.

La Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ha pubblicato, in


data 30 novembre 2012 sulle pagine del proprio sito internet , anche l’elenco dei
revisori degli enti locati, articolato a livello regionale, con effetti di pubblicità legale ai
sensi dell'articolo 32 della legge 18 giugno 2009 n. 69, così come previsto dall’articolo
2 comma 2 del predetto Regolamento.

Il sistema descritto, in base a quanto stabilito dal comma 29 dell’art.16 della legge 14
settembre 2011, n.148, non trova applicazione alle Regioni a statuto speciale e alle
Province autonome di Trento e Bolzano, salvo che i predetti Enti non abbiano recepito
la normativa statale in materia sempreché i rispettivi statuti non prevedano
l’applicazione della normativa statale in via sussidiaria; a quest’ultimo riguardo, va
segnalato che solo la regione Sardegna ha disposto l’applicazione per l’applicazione
della normativa statale nel proprio territorio, per cui il Ministero dell’interno sta

93
curando anche le fasi per la formazione dell’elenco relativo ai revisori degli enti locali
della regione Sardegna.

5.Il controllo collaborativo della Corte dei Conti sulla efficacia della gestione e
sulle performance

5.1 Il ruolo di centralità della Corte dei Conti nel sistema dei controlli

Negli ultimi quindici anni le graduali sempre maggiori relazioni tra popoli e paesi,
l’apertura dei mercati, gli scambi culturali, gli accordi bilaterali, le politiche mondiali e
dell’Unione Europea, fino all’attuale contesto di società plurale e globalizzata, hanno
promosso e favorito il processo di ammodernamento delle pubbliche Amministrazioni
nel senso di un maggiore avvicinamento delle stesse alle comunità degli amministrati,
sempre più consapevoli e partecipi dei processi attivati ai vari livelli.

La Pubblica Amministrazione si è gradualmente dotata di strumenti idonei a consentire


ad amministrati e utenti il monitoraggio dei percorsi decisionali, rivolti alla erogazione
dei servizi pubblici, finanziati attraverso l’imposizione fiscale ed i trasferimenti di
risorse finanziarie da parte dello Stato, e resi secondo parametri di efficacia, di
efficienza e di economicità, secondo logiche sempre più vicine a quelle dell’attività
privata, caratterizzate dall’attenzione all’ottimizzazione delle risorse e alla verifica della
soddisfazione dell’utenza.

Il perseguimento dell’interesse pubblico in termini di efficienza gestionale ha indotto il


legislatore a rivisitare l’idea del controllo, nel senso di rivolgerlo a verificare l’effetto
finale piuttosto che la forma dell’agire pubblico, in una graduale sempre più ampia
metamorfosi da valutazione ed eventuale sanzione della legittimità degli atti a metodo di
valutazione delle performance, anche nella prospettiva di ausilio e collaborazione alle
P.A. per il miglioramento dei servizi erogati.
94
In tale mutato quadro interconnesso e virtuosamente sinergico delle varie fasi in cui si
esplica l’azione della amministrazione pubblica, ossia la fase di amministrazione attiva
e quella di controllo, quest’ultima - nelle sue due declinazioni dei controlli interni e dei
controlli successivi sulla gestione - si posiziona al centro del sistema quale strumento in
grado di orientare l’azione pubblica verso la sua ottimale performance.

Il controllo della Corte dei Conti è, appunto, un controllo esterno sulla gestione
proveniente da un organo terzo neutro ed imparziale che, parallelamente al processo di
ammodernamento e di evoluzione democratica e anche federalista del Paese, si è
arricchito di contenuti e procedure idonei per verificare, oltre alla legalità, la
performance delle amministrazioni e la qualità del «prodotto amministrativo», in
rapporto ai diritti degli utenti ed agli interessi dell’intera collettività.

Tale azione, interconnessa con la complessa attività dei controlli interni, è


tendenzialmente in grado di porre i cittadini e gli organi della rappresentanza nella
condizione di conoscere in che modo è stata spesa la ricchezza comune e di assumere le
decisioni necessarie a migliorare organizzazioni, procedimenti, modi di gestione, assetti
di personale, distribuzione delle risorse fra obiettivi diversi.

Tale posizione sempre più importante della Corte dei Conti è stata definita in dottrina
come di centralità sistemica.

In tale senso oggi perciò si parla di centralità sistemica della Corte dei Conti.

95
5.2 L’evoluzione normativa

a) La riforma dell’attività della Corte nell’anno 1994.

Il controllo successivo sulla gestione

Tale approccio, che alcuni studiosi hanno definito “sostanziale”, ha preso l’avvio con la
profonda riforma amministrativa sfociata nella legge n. 20 del 14 gennaio 1994, poi
integrata da successive disposizioni di legge, che ha introdotto un controllo successivo
sulla gestione, in base al quale la gestione dei soggetti pubblici deve risultare, all’esito
del controllo, legittima e regolare.

Si tratta di un controllo effettuato sia sul bilancio che sul patrimonio di tutte le
amministrazioni pubbliche (quali risultano individuate dall’art 1, co.2 del d. lgs. vo 30
marzo 2001, n. 165), compresi quindi gli enti territoriali, e non più limitato, quindi,
soltanto al bilancio dello Stato ed alla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato
contribuisce in via ordinaria, secondo il principio consacrato nell’art 100 della Cost.

La suddetta estensione dell’ambito soggettivo del controllo sulla gestione evidenzia la


profonda evoluzione della magistratura contabile, da giurisdizione chiamata alla verifica
della legittimità degli atti dello Stato amministrazione ad organo di controllo della
finanza pubblica dello Stato comunità, in coerenza con la riforma del titolo V della
Costituzione, col nuovo sistema delle autonomie locali e l’attuazione del federalismo
fiscale.

Si osserva che, già precedentemente all’entrata in vigore della legge n. 20 del 1994, era
previsto l’assoggettamento a verifica da parte della Corte dei conti dei bilanci
consuntivi, integrati dalle relazioni dei revisori nominati dal consiglio comunale, delle
province e dei comuni con popolazione superiore a ottomila abitanti o anche quelli di
popolazione inferiore nel caso in cui gli stessi bilanci consuntivi si fossero chiusi in
disavanzo o avessero recato l’indicazione di debiti fuori bilancio. 22 23.

22
ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto legge n. 786 del 1986 convertito, con
96
Per precisione di esposizione si rammenta che fu il D. lgs. n.286/1999, intervenuto
dopo la riforma del ’94, ad introdurre la norma che trasformava il controllo da formale
sui singoli atti, in controllo sul complesso degli atti, cioè sulla gestione, in un controllo
quindi in grado di verificarne i risultati.

Tale norma scaturì quale naturale conseguenza della nuova impostazione della azione
amministrativa voluta dal legislatore del 1990 con la l. 241, che solennemente
introduceva i canoni di economicità ed efficacia della azione stessa.

Tale figura si è arricchita anche nel senso che tale controllo, che deve essere effettuato
in via successiva, può essere altresì pienamente concomitante nei casi previsti
dall’articolo 11, comma 2 della legge n. 15 del 4 marzo 2009.

In tale norma si prevede che la Corte dei conti, anche su richiesta delle competenti
Commissioni parlamentari, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso
di svolgimento e, ove accerti gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da
obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme, nazionali o comunitarie,
ovvero da direttive del Governo, la stessa Corte - individuatene le cause in

modificazioni, dalla legge n. 51 del 1982. Tale disposizioni sono tuttora vigenti e sono confluite
all’articolo 227 del decreto legislativo n. 267 del 2000

23
Si allega stralcio del citato articolo 13:

“Le province e i comuni con popolazione superiore a ottomila abitanti sono tenuti a trasmettere i propri
conti consuntivi alla Corte dei conti entro trenta giorni dall'avvenuto esame degli stessi da parte degli
organi regionali di controllo. Essi sono tenuti altresì a trasmettere alla Corte le relazioni dei revisori
nominati dal consiglio comunale e ogni altro documento e informazione che questa richieda

Entro il 31 luglio la Corte, in apposita sezione, comunica ai Presidenti delle Camere l'elenco dei conti
consuntivi pervenuti, il piano delle rilevazioni che si propone di compiere e i criteri ai quali intende
attenersi nell'esame dei conti medesimi. In ogni caso la Corte esamina la gestione di tutti gli enti i cui
consuntivi si chiudano in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio. L'elenco
relativo è comunicato alla Corte a cura degli organi regionali di controllo. La Corte può chiedere dati ed
elementi di informazione ai competenti Ministeri .

La Corte riferisce annualmente al Parlamento, entro il 31 luglio, i risultati dell'esame compiuto sulla
gestione finanziaria e sul buon andamento dell'azione amministrativa degli enti

97
contraddittorio con l'amministrazione – provvede con decreto motivato del Presidente,
su proposta della competente sezione, a darne comunicazione al Ministro competente 24,
anche con strumenti telematici idonei allo scopo.

Comunque, successivo o concomitante si tratta di un controllo diretto a verificare la


rispondenza dei risultati della attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla
legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento della
azione amministrativa.

Lo stesso controllo si estende anche a verificare il funzionamento dei controlli interni in


un raccordo sinergico tra organi di controllo interno delle amministrazioni e Corte dei
conti (art. 3 co. 4 legge. n. 20/94, come integrato dalla legge 296,del 27/12/2006). 25

24
Come successiva fase della procedura è previsto che il Ministro “ con decreto da comunicare al
Parlamento e alla presidenza della Corte, sulla base delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-
finanziario, può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa.
Qualora emergano rilevanti ritardi nella realizzazione di piani e programmi, nell'erogazione di contributi
ovvero nel trasferimento di fondi, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le
cause, e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne
comunicazione al Ministro competente. Entro sessanta giorni l'amministrazione competente adotta i
provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti, ferma restando la facoltà del Ministro, con proprio
decreto da comunicare alla presidenza della Corte, di sospendere il termine stesso per il tempo ritenuto
necessario ovvero di comunicare, al Parlamento ed alla presidenza della Corte, le ragioni che
impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte.
25
Tale previsione si leggerà, al termine di questa costruzione che ripercorre l’excursus dell’evoluzione
del sistema dei controlli sulle pubbliche amministrazioni nel nostro ordinamento,in combinazione con la
norma dell’art.198 bis TUOEL(inserita dal D.L. 12 luglio 2004, n.268)
Il controllo ex art. 198 bis del TUOEL ha lo scopo di coordinare, in chiave finanziaria, i controlli interni
degli enti locali con quelli esterni affidati alla Corte dei conti.
Il referto degli organi del controllo interno , che fornito alla Corte , utilizza leve di natura contabile
(desunte dal bilancio) e di natura extracontabile ed è finalizzato a verificare il grado di raggiungimento
degli obiettivi programmati, attraverso l’utilizzazione ottimale delle risorse pubbliche, anche
considerando la convenienza tra diverse alternative di gestione I dati contenuti in tale referto erano
fondamentalmente: l’andamento ed analisi della gestione, gli indicatori utilizzati, le indicazioni sullo stato
di attuazione degli obiettivi programmati e la valutazione circa il loro grado di raggiungimento,l’analisi
per servizi, l’esito delle verifiche in tema di spesa di personale e patto di stabilità; l’esito del controllo sul
vincolo per gli acquisti di beni e servizi di cui all’art.26 della legge 488/99, come modificato dal 4°
comma dell’art. 1 della legge 191/04; l’esito del controllo sul contenimento delle spese di cui all’art.2,
commi da 594 a 599, della legge 244/07, le verifiche su incarichi per consulenze, studi e ricerche e spese
di rappresentanza).

98
A tali fini, la Corte può richiedere elementi alle Amministrazioni pubbliche ed agli
organi di controllo interno e può effettuare e disporre ispezioni e accertamenti diretti.

Le aree sottoposte ad analisi da parte della Corte dei Conti sono individuate in un
programma di lavoro che la Corte approva di anno in anno; l’ambito soggettivo ed
oggettivo del controllo vengono individuati sulla base di vari parametri, quali la
rilevanza finanziaria, l’esistenza di notevoli rischi di irregolarità, i risultati di precedenti
controlli, le richieste pervenute alla Corte da parte di altre istituzioni pubbliche.

La Corte può, quindi, formulare alle Amministrazioni interessate le proprie osservazioni


e queste ultime hanno, di conseguenza, l’obbligo di comunicare alla Corte stessa ed agli
organi elettivi le misure adottate nel rispetto delle suddette osservazioni, oppure, con
provvedimento motivato, le ragioni per cui le stesse ritengano di non ottemperare ai
rilievi formulati dalla Corte a conclusione dei controlli sulla gestione.

Il controllo sulla gestione si differenzia quindi dal controllo di legittimità sotto un


duplice aspetto:

• l’oggetto, che è costituito non da singoli atti( come il controllo di legittimità) ma


dall’attività amministrativa nel suo complesso valutata essenzialmente sul parametro
della verifica ex post dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi programmati, al fine di
attivare meccanismi di adeguamento ed auto correzione da parte dell’amministrazione
controllata.

• il carattere, non formale ma essenzialmente “empirico”, e cioè fondato su criteri di


riferimento e modelli operativi nascenti dalla comune esperienza, come ha spiegato la
Corte costituzionale nella sentenza n. 29 del 27 gennaio 1995.

Tale procedimento di controllo non è assimilabile ad un procedimento di natura


giurisdizionale; ne deriva che la Corte dei conti, nell’esercizio di detta funzione, non
può sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale (sentenza n. 29/1995)
99
ovvero sollevare questioni pregiudiziali innanzi alla Corte di Giustizia CE ai sensi
dell’art. 234 del Trattato sulle Comunità europee (ordinanze della Corte di Giustizia del
26 novembre 1999).

Questo controllo successivo sulla gestione viene chiamato “collaborativo” dal


legislatore, e anche dalla Corte Costituzionale, anche se qualche studioso preferisce
definirlo più come controllo ausiliario che collaborativo, in quanto la collaborazione (da
cum-laborare, lavorare insieme) presuppone lo stare dalla stessa parte per il
perseguimento del medesimo fine, e quindi si attaglia più propriamente agli organismi
esclusivamente amministrativi, laddove l’ausilio (da augere, accrescere) implica un
quid pluris, fornito da una fonte esterna, e quindi descrive meglio la posizione di
terzietà della Corte dei Conti.

A sostegno di tale opzione definitoria, si osserva anche che l’art.100 della Cost.,
contenuto nella sez. III del titolo III della Costituzione, è rubricato con la
denominazione di ”Organi Ausiliari”.

b)La seconda riforma del 2003 (la legge La Loggia).

Il controllo successivo e “finanziario” sulla gestione

La legge costituzionale n. 3 del 2001 (che ha indotto il legislatore a rimodulare


radicalmente le funzioni di controllo della Corte) anticipata di qualche anno dalla legge
Bassanini (127/1997) ha completato la eliminazione dei controlli preventivi di
legittimità (con la abrogazione dell’art. 130 della Cost., che prevedeva il controllo di
legittimità su alcuni atti di particolare rilevanza, come statuti, regolamenti, bilancio
annuali e pluriennali ecc. degli enti locali da parte del CO.RE.CO) evidentemente
anacronistici in un ordinamento costituzionale nel quale gli enti territoriali vengono
considerati tutti quali parti costitutive della Repubblica,in posizione di equiordinazione

100
ed operanti ai vari livelli secondo il principio di sussidiarietà, consacrato dall’art. 118
della Cost., come modificato dalla riforma costituzionale.

In base a tale principio, le funzioni amministrative devono essere svolte dall’ente più
vicino al cittadino e, dunque in primo luogo il Comune, nel rispetto dei principi di
adeguatezza (per cui le funzioni devono essere attribuite alle amministrazioni
tendenzialmente idonee a garantirne l’esercizio) e di differenziazione (per cui nella
allocazione delle funzioni devono essere valutate le caratteristiche demografiche,
strutturali associative e territoriali degli enti).

Coerentemente a tale nuovo assetto due anni dopo la riforma del titolo V, la legge n.131
del 2003 (c.d. “legge La Loggia”) interviene a potenziare il ruolo di verifica da parte
della Corte dei conti sulla gestione degli enti arricchendo la figura del controllo
collaborativo (od ausiliario che dir si voglia) di un carattere anche “finanziario”,
poiché rivolto a verificare, altresì, il rispetto degli equilibri di bilancio in relazione al
patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dalla Unione Europea.

Si stabiliva che su tali controlli ciascuna Sezione della Corte riferisse agli organi
rappresentativi delle rispettive comunità locali.

Nell’esercizio di tale attribuzione, la Corte opera come organo della Repubblica nella
nuova definizione di cui all’art.114 della Costituzione, e quindi come organo dello
Stato, della Regione e degli enti locali.

Tale funzione collaborativa della Corte si è rivelata fondamentale e preziosa in un


contesto normativo in cui le disposizioni relative al Patto di stabilità interno hanno
carattere cogente per tutti gli enti territoriali della Repubblica con specifiche
penalizzazioni a carico degli enti che non rispettano le previsioni del patto (riduzione
dei contributi ordinari dovuti dal Ministero dell’Interno, divieti di assunzione di nuovo
personale, ecc.)

Le norme sul patto di stabilità interno vanno osservate dagli enti fin dalla redazione del
bilancio preventivo anche se poi l’eventuale effettivo scostamento è accertabile solo al
termine dell’esercizio.

101
L’art.7 co. 7 della legge 131/2003 introduce inoltre il concetto di sana gestione
finanziaria che è qualcosa di più della mera assenza di gravi irregolarità contabili e
finanziarie.

La grave irregolarità contabile e finanziaria, infatti, rappresenta solo uno degli elementi
di verifica accertata la mancanza del quale, tuttavia, la gestione dell’ente potrebbe
continuare a non essere sana.

In altre parole, il controllo collaborativo della Corte si estende dagli elementi contabili
fino a ricomprendere anche gli atti organizzativi, e finanche normativi, che possono
acquisire una rilevanza concreta ai fini della valutazione complessiva della sana
gestione, perché fine ultimo del controllo collaborativo della magistratura contabile è
quello di suggerire agli amministratori locali i miglioramenti da apportare alla struttura
dell’ente, in una logica appunto collaborativa e non sanzionatoria.

In virtù dell’assetto normativo delineato, la Corte verifica quindi il rispetto degli


equilibri di bilancio in relazione al patto di stabilità, al perseguimento degli obiettivi
posti dalle leggi, nonché alla sana gestione finanziaria, eventualmente adottando
specifica pronuncia e vigilando sulle successive misure correttive adottate dall’ente.

Per completezza, occorre altresì ricordare come la legge “La Loggia” abbia anche
introdotto l’attività consultiva in materia di contabilità pubblica, in favore degli enti
territoriali, opportunità particolarmente preziosa per i Comuni che, dopo l’eliminazione
del controllo preventivo svolto dai Co.re.co. e della guida che di fatto esso
rappresentava per loro, possono, perciò, contare sull’apporto offerto da tale attività
consultiva.

Nel tempo, si è poi compreso che tutto il sistema dei controlli avrebbe prodotto risultati
migliori se la gestione finanziaria degli enti locali fosse stata non solo sottoposta ad
esame a fine esercizio, o particolarmente a fine esercizio, ma lungo tutto il corso della
gestione finanziaria si fosse attivato un sistema di monitoraggio idoneo ad individuare

102
sul nascere anomalie, punti di crisi, sospetti di irregolarità e in definitiva capace di
verificare, cammin facendo, la capacità di tendere al pareggio da parte degli enti
territoriali.

c)La legge finanziaria 2006

L’introduzione del “monitoraggio”in una prospettiva dinamica

Così si giunse alla previsione contenuta nella legge finanziaria per il 2006 (art. 1,
comma 166 e seguenti della legge 266/2005) che ha introdotto nell’ordinamento un
controllo obbligatorio e diffuso nei confronti di tutti i comuni e le province, che si
attua mediante l’acquisizione uniforme su tutto il territorio nazionale di dati ed
informazioni, richieste con appositi questionari emanati periodicamente dalla Sezione
delle autonomie, da compilare e sottoscrivere da parte degli organi di revisione
economico-finanziario degli enti locali.

Tali questionari costituiscono un supporto prezioso per gli accertamenti, demandati alla
Corte, in merito alla corretta attuazione degli interventi previsti dalle norme e in
particolare per verificare la presenza di gravi squilibri finanziari nella gestione degli
enti.

Per prevenire possibili difficoltà nella interpretazione dei questionari e conseguenti


eventuali disomogeneità nella loro compilazione, sono state redatte dalla Corte dei
Conti apposite linee guida e note metodologiche.

Tali questionari sono stati, inoltre, recentemente informatizzati attraverso il sistema


S.I.Qu.E.L., già utilizzato dagli organi di revisione contabile per inviare i dati di
bilancio alle Sezioni regionali.

Tali questionari sono distinti con riferimento a tre categorie di enti locali destinatari:

-province;

-comuni con più di 5.000 abitanti;

103
- comuni fino a 5.000 abitanti non soggetti alla disciplina del patto di stabilità interno
secondo le disposizioni in vigore fino all’esercizio finanziario 2012 (per i quali il
documento presenta forma semplificata) .

Si tratta di una attività che, consentendo di tenere sotto continuo monitoraggio la


situazione finanziaria degli enti locali, è idonea anche a consolidare il raccordo tra
organi di revisione economico finanziario degli enti e la Corte dei conti.

Le sezioni regionali di controllo della Corte, nelle ipotesi in cui accertino


comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato raggiungimento
degli obiettivi posti con il patto di stabilità - sia in sede di verifica sulla sana gestione ai
sensi dell’art. 7 L. 131/2003 , che in occasione del controllo-monitoraggio, fondato sulle
relazioni che gli organi di revisione degli enti locali inviano alla competente Sezione
della Corte dei conti sul bilancio di previsione e sul rendiconto - “adottano specifica
pronuncia e vigilano sulla adozione da parte dell’ente locale delle necessarie misure
correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto del
patto di stabilità interno” (art. 1, comma 168 della legge finanziaria per il 2006 - legge
n. 266/2005).

Merita richiamare al riguardo la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 2007, in
cui la Consulta, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale delle predette
disposizioni della Legge n. 266 del 2005, sollevata dalla Regione Friuli Venezia Giulia,
precisa che siffatto controllo è complementare rispetto al controllo sulla gestione
amministrativa in senso stretto ed, avendone la medesima struttura collaborativa, è
ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità, ma con la caratteristica
precipua, di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione
di effettive misure correttive,in una prospettiva non più statica, ma dinamica.

La Corte Costituzionale chiarisce che il controllo sulla gestione finanziaria degli Enti
locali, che trova il suo diretto fondamento negli articoli 28, 81, 97, primo comma, 100 e
119, ultimo comma, della Carta, concorre, attraverso la disamina con cadenza annuale
dei bilanci preventivi e dei rendiconti, alla formazione di una visione unitaria della

104
finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario complessivo e della
osservanza del patto di stabilità interno.

I vari controlli effettuati dalle Sezioni regionali interconnessi tra loro garantiscono, a
livello nazionale, il puntuale rispetto dei parametri fissati nel patto di stabilità e di
crescita, e quindi dell’accordo sulla mutua sorveglianza in tema di conti pubblici
sottoscritto dal nostro Paese unitamente agli altri Stati dell’Unione Europea che hanno
aderito alla moneta unica.

Si ribadisce,infine, che la natura collaborativa di tale controllo affidato alle Sezioni


regionali della Corte dei conti consente agli organi di indirizzo politico di ricevere
osservazioni di carattere gestionale, finalizzate all’ottimizzazione dell’azione
amministrativa nella più ampia funzione di ausiliarietà riconosciuta alla Corte a favore
degli organi assembleari di tutti gli enti territoriali che, per disposizione esplicita (art. 7,
comma 7 della legge 131/2003), sono gli esclusivi destinatari degli esiti delle verifiche
(Corte dei conti Sez. reg. controllo Toscana, n.6/2005).

d) Altri aspetti dei controlli effettuati dalla Corte

La Legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione, attribuisce autonomia di entrata e di spesa a favore di Comuni,
Province, Città metropolitane e Regioni, garantendo contestualmente i principi di
solidarietà e di coesione sociale.

La legge n. 196 del 2009, di riforma della contabilità e della finanza pubblica valorizza
il principio dell’unità economica della Repubblica e l’esigenza imprescindibile del
coordinamento finanziario, con particolare riferimento, sul piano sopranazionale, ai
rapporti con l’Unione Europea in tema di monitoraggio e vigilanza sui conti pubblici.

105
La “decisione di finanza pubblica” costituisce per tale legge la cornice finanziaria per la
manovra triennale del bilancio dello Stato 26.

A tale riconoscimento di autonomia necessariamente viene a corrispondere una parallela


responsabilità e quindi l’esigenza di assicurare un apparato di controllo sempre più
perfezionato.

Nel delicatissimo contesto europeo responsabilità nitide e controlli efficaci


rappresentano, rispetto al federalismo fiscale, l’altra faccia della medaglia, considerato
che il legislatore, parallelamente alla introduzione del federalismo, ha espresso le
esigenze di coordinamento della finanza pubblica e di armonizzazione dei bilanci
(Decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118).

In tale ottica il legislatore ha anche stabilito il principio della necessaria correlazione tra
il prelievo fiscale e le funzioni esercitate sul territorio, con riferimento ai benefici
realmente acquisiti dalle relative comunità di riferimento, allo scopo di favorire la
corrispondenza tra responsabilità finanziaria ed amministrativa (Decreto legislativo 14
marzo 2011, n.23),

Va infine ricordata la disposizione contenuta nell’art.11 della legge 4 marzo 2009,


n.150 (c.d. legge Brunetta). Tale norma attribuisce alla Corte dei Conti, anche a
richiesta delle competenti Commissioni Parlamentari, la possibilità di effettuare

26
Testualmente l’articolo 1, comma 1, della fonte in parola stabilisce, nel solco della normativa
previgente, che le Amministrazioni Pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica sulla base dei canoni fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento
della finanza pubblica, con assunzione delle conseguenti responsabilità per gli obiettivi che sono tenute a
raggiungere.
Per le Autonomie locali, il successivo articolo 8, comma 1, prevede che le Regioni, le Province autonome
di Trento e di Bolzano e gli Enti locali determinano gli obiettivi dei propri bilanci annuali e pluriennali in
coerenza con gli obiettivi programmatici risultanti dalla Decisione di finanza pubblica.

106
controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento, individuando due ipotesi
di intervento della magistratura contabile.

La prima fattispecie riguarda l’accertamento da parte della Corte di gravi irregolarità


gestionali ovvero di gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione
stabiliti da norme nazionali o comunitarie ovvero da direttive del Governo.

In tale caso la Corte dei Conti dopo avere individuato in contraddittorio con
l’Amministrazione le cause di tali irregolarità e/o scostamenti provvede, con decreto
motivato del Presidente, su proposta della competente sezione a darne comunicazione al
Ministro competente.

Il Ministro poi, con decreto da comunicare al Parlamento e alla Presidenza della Corte
sulla base delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-finanziario, avrà la
facoltà di disporre la sospensione dell’impegno di somme stanziate sui competenti
capitoli di spesa.

Il secondo caso riguarda l’accertamento di ritardi rilevanti nella realizzazione di piani e


programmi, nella erogazione di contributi, ovvero nel trasferimento di fondi.

Anche in tale caso la Corte dei Conti, dopo avere individuato in contraddittorio con
l’Amministrazione le cause, provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta
della competente sezione, a darne comunicazione al Ministro competente.

Entro sessanta giorni la amministrazione competente adotta i provvedimenti idonei a


rimuovere gli impedimenti, ferma restando la facoltà del Ministro, con proprio decreto
da comunicare alla presidenza della Corte, di sospendere il termine stesso per il tempo
ritenuto necessario ovvero di comunicare al Parlamento ed alla Presidenza della Corte le
ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte.

107
Il comma 3 della citata disposizione prevede anche che le sezioni regionali di controllo
della Corte dei Conti di cui all’art.7, comma 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, previo
concerto con il presidente della Corte, possono fare applicazione delle disposizioni di
cui al comma 2 nei confronti delle gestioni pubbliche regionali o degli enti locali.

Alla norma viene così conferita una potenzialità espansiva a 360 gradi atteso che, in tal
caso, la facoltà attribuita al Ministro competente si intende attribuita ai rispettivi organi
di governo e l’obbligo di riferire al parlamento è da adempiere nei confronti delle
rispettive assemblee elettive.

Circa gli aspetti applicativi della disposizione in esame la deliberazione n.29 del 21
luglio 2009 della Corte dei Conti SS.RR in sede di controllo ha precisato che la
novella legislativa introduce una innovazione di carattere sostanziale e non meramente
procedimentale della disciplina generale sul controllo.

Successivamente il d. lgs.vo n. 149 del 6 settembre 2011 avente per oggetto “premi e
sanzioni” attuativo della legge delega sul federalismo fiscale (Legge n.42/2009) ha
introdotto una rilevante novità in materia di coordinamento della finanza pubblica e cioè
la previsione di un “inventario di fine legislatura” e dell’inventario di fine mandato
provinciale e comunale, nonché la previsione di meccanismi sanzionatori e premiali
relativi a Regioni, Province e Comuni che conseguono al mancato rispetto del patto di
stabilità.

Le sanzioni previste per il mancato rispetto del patto del patto di stabilità sono, peraltro,
anche nei confronti degli amministratori degli enti, contemplandosi la riduzione
dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori, nonché la
incandidabilità per dieci anni degli stessi , nell’ipotesi di cui all’art.6 comma 1. 27

27
Fra l’altro, è infatti previsto al comma 1 dell’articolo 6 di tale decreto legislativo che: “gli amministratori che la Corte dei conti
ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il
verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le
108
Inoltre, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, qualora dalle pronunce delle sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito di alcune
verifiche. comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli
obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del
bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente
non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure
correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la
competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e
alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica

Il perdurare della mancata adozione di misure correttive e la sussistenza della


condizione per la dichiarazione di dissesto rendono necessaria l’adozione di una misura
di diffida da parte del Prefetto con eventuale successivo scioglimento del Consiglio
dell’ente. 28

e) il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174

Infine merita una considerazione il recentissimo e già più volte citato decreto - legge 10
ottobre 2012, n.174 (attualmente in corso di conversione da parte del Parlamento e,
quindi, con possibili modifiche al testo già approvato dal governo) che contiene
disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali prevede
un rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione
finanziaria degli enti territoriali.

In base a tale normativa sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità delle


sezioni regionali di controllo della Corte dei conti gli atti normativi a rilevanza esterna,
aventi riflessi finanziari, emanati dal governo regionale, gli atti amministrativi, a

circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le
quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile. "

28
V.capitolo seguente
109
carattere generale e particolare, adottati dal governo regionale e dall'amministrazione
regionale, in adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
all'Unione europea, nonché' gli atti di programmazione e pianificazione regionali,
compreso il piano di riparto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio
sanitario regionale.

A tale elenco si deve correttamente attribuire carattere tassativo, alla luce di una lettura
sistematica delle norme vigenti 29.

Con riferimento agli atti di programmazione e pianificazione regionali, ivi compreso il


piano di riparto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario regionale,
probabilmente la linea interpretativa sarà quella di limitare il controllo su quelli , tra tali
atti , che hanno riflessi finanziari per la Regione.

Il controllo ha ad oggetto la verifica del rispetto dei vincoli finanziari derivanti


dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, del patto di stabilità interno, nonché del
diritto dell'Unione europea e di quello costituzionale.

Tali vincoli nella cornice attuale sono particolarmente pregnanti dopo la novella
costituzionale che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio, richiamando i limiti
imposti dall’ordinamento sovranazionale (art.1, l.cost.20 aprile 2012, n.1).

Si prevede che anche il rendiconto generale della Regione venga sottoposto al giudizio
della Corte dei conti.

Vengono inoltre estese alle Regioni tutte le norme sul controllo delle Amministrazioni
pubbliche introdotte dalle legge finanziaria per il 2006 (descritte nel paragrafo c).

Anche per Province e Comuni tale decreto legge introduce nuove e più pregnanti norme
in materia di controllo sulle performance attraverso modificazioni e introduzioni di
nuove norme del TUOEL.

29
Cfr.art.3, co 1 l.20/1994per le Amministrazione dello Stato, nonché l’art.2 d.lgs 6 maggio 1948 n.655,
come modificato dal d.lgs. n.200/99per la Regione Sicilia e l’art.5, comma1 d.p.r. 16 gennaio 1978, n.
21 come modificato dal d. lgs. 9 marzo 1998, n.74 per la Regione Sardegna.
A tale argomento deve aggiungersi la considerazione che anche il dimezzamento dei termini della
procedura prevista dall’art.27 della L. n 340/2000 sembrerebbe deporre per una modalità di controllo
preventivo che presentando caratteristiche particolari dovrebbe correttamente essere circoscritto ad un
gruppo di atti tipici.
110
E, analogamente a quanto previsto per il livello regionale, con riferimento a province e
Comuni viene rafforzato il ruolo delle sezioni regionali della Corte dei Conti.

In base a tale decreto, quindi, le sezioni regionali della Corte dei conti sono tenute a
verificare, con cadenza semestrale, la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il
funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e del
pareggio di bilancio da parte degli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni), che, a
tale scopo, dovranno attenersi, nella redazione dei relativi atti, alle indicazioni declinate
dalle Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti.

Anche i PEG, i regolamenti e gli atti di programmazione e pianificazione degli enti


locali vengono sottoposti al controllo collaborativo della Corte.

Come evidenziato nella recentissima deliberazione n.15/SEZAUT/2012/INPR della


Sezione delle Autonomie della corte dei Conti del 25 ottobre scorso che approva le
“prime linee interpretative per l’attuazione dei controlli introdotti dal d.l. n. 174/2012”
uno degli elementi più caratterizzanti della nuova disciplina dei controlli rispetto a
quella vigente “si coglie con particolare evidenza nel livello di maggior dettaglio
relativo alla organizzazione ed alla finalità dei controlli interni e nel coinvolgimento
diretto delle figure organizzative di maggior livello di responsabilità presenti negli enti,
quali il segretario, il direttore generale ed i responsabili dei servizi.

Questa ristrutturazione dei controlli interni comporta una più immediata vicinanza tra
attività gestionale e monitoraggio della stessa alla luce di specifici parametri di
valutazione”.

Il controllo di legittimità e regolarità delle gestioni da parte delle Sezioni regionali della
Corte a frequenza infra - annuale consente valutazioni in corso di esercizio.

Attraverso la analisi del referto ricevuto semestralmente la Corte potrà leggere il


concreto sviluppo della gestione “attraverso la conoscenza degli atti e delle attività
gestionali di maggior rilievo mediante le quali l’ente attua i piani ed i programmi”.

Con tale previsione si completa e si perfeziona il sistema del raccordo dei controlli già
operante ai sensi dell’art. 198 bis del TUEL, come modificato.

111
Tale rafforzato ruolo della Corte de Conti si inserisce, naturalmente, in un più ampio e
generale rilievo dato al sistema dei controlli sulle performance e di verifica della
trasparenza a tutti i livelli di governo al fine dell’effettivo orientamento delle politiche
anche fiscali nel senso del rispetto dei vincoli e degli obiettivi economici e finanziari
determinati a livello europeo.

In tale prospettiva di arricchimento ed implementazione del sistema dei controlli


collegato e a rete si inseriscono anche le nuove recentissime norme introdotte dal citato
decreto legge, cui peraltro si è accennato in più punti del predetto lavoro. 30

5.3 …..Una riflessione conclusiva

In relazione a quanto sinteticamente tratteggiato nel presente capitolo appare chiaro che
il raccordo tra amministrazione delle pubbliche risorse e attività di controllo, sia interno
che esterno, sia di fondamentale importanza.

Dalla esposizione delle principali modifiche che hanno interessato la funzione di


controllo della Corte dei conti, emerge un legislatore attento nel cercare di utilizzare al
meglio le potenzialità del giudice contabile, quale soggetto terzo, garante delle
pubbliche risorse, che si adegua a un sistema in continuo movimento, in diretta
connessione con le più recenti pronunce della Consulta e con le norme e i vincoli di
finanza pubblica di rango comunitario.

In questa prospettiva, in cui i principi finanziari e di efficienza amministrativa vengono


ad assumere sempre più decisiva portata, tutto il sistema dei controlli, ed in particolare
di quelli esterni e di garanzia, è deputato a svolgere una funzione più articolata, ma

30
Si tratta delle nuove norme in materia di trasparenza dei titolari di cariche elettive e di governo (art.41
bis), di controlli interni (art 147), di controllo di regolarità amministrativa e contabile(art. 147 bis) di
controllo strategico (art 147 ter) e di controllo sugli equilibri finanziari (art. 147 quinquies).
Rilevante anche la norma che introduce più pregnanti forme di controllo sulle società partecipate (art.147
quater).

112
unitariamente intesa, per la tutela dei valori fondamentali dell’ordinamento ed il
rispetto degli equilibri finanziari.

Nel modello di Stato delineatosi all’indomani della riforma del titolo V, che valorizza
le autonomie locali con il riconoscimento di ampie prerogative a livello costituzionale,
si impone la necessità di un sistema di garanzia che ne assicuri l’equo ed equilibrato
funzionamento: un sistema che, da una parte, sia premiale dei comportamenti virtuosi ed
efficienti nella gestione finanziaria ed economica e nell’esercizio della potestà
tributaria, e ,dall’altra, introduca meccanismi sanzionatori per gli enti che non rispettano
gli equilibri economico-finanziari.

La riforma delle autonomie locali è certamente destinata a rafforzare il ruolo e le


prerogative della Corte dei Conti quale istituzione ausiliaria dello Stato comunità,
garante imparziale, in via terza ed equidistante dalle diverse componenti della
Repubblica, del corretto e proficuo utilizzo delle risorse pubbliche in funzione dei criteri
di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, nel quadro del
rispetto del pareggio di bilancio e del rispetto degli equilibri finanziari.

6. Sana gestione degli enti locali e funzioni di diffida ed eventuale scioglimento del
Consiglio affidate al Prefetto

6.1 Evoluzione normativa in materia di controlli finanziari


Il sistema normativo finanziario è oggetto , ormai da alcuni anni, di un articolato
percorso di revisione a fini di adeguamento alle misure adottate in ambito comunitario.
Tale procedimento di revisione, ha lo scopo di assicurare un maggior coordinamento
delle politiche economiche dei Paesi dell’ Unione Europea nonché, l’obbiettivo di
contrastare la crisi economica internazionale.
Per garantire tali obbiettivi, è stato necessario rafforzare il sistema dei controlli il cui
potere di esercizio preventivo risultava affievolito, ove non soppresso, per effetto della
legge Costituzionale n. 3 del 2003 di riforma del titolo V della Costituzione che in

113
prospettiva del federalismo fiscale ha rimodellato i poteri e le funzioni dello Stato, delle
Regioni e degli Enti locali assicurando la massima autonomia amministrativa.

Infatti con la legge n.131 del 2003, recante disposizioni per l’applicazione della
predetta riforma costituzionale,il sistema di controllo affidato alla Corte dei Conti ha
mero carattere collaborativo ed è esercitato nella più ampia funzione di ausiliarietà a
favore degli organi di governo locale.

Tale politica di sistemi di controlli meno stringenti, però, ha fatto emergere, nel tempo,
la difficoltà della tenuta del sistema finanziario e della regolarità dei conti pubblici
giacché non è risultata garantita l’affidabilità delle amministrazioni pubbliche ,la
correttezza delle informazioni contenute nelle scritture contabili, la rispondenza delle
misure assunte rispetto agli effetti attesi nonché il corretto utilizzo delle risorse a
disposizione dai diversi Organi di Governo locale .

In tale contesto si è reso necessario intervenire su più fronti, in tal senso,già con la
legge delega sul federalismo fiscale del 5 maggio 2009 n. 42 sono stati introdotti
principi e criteri direttivi per il coordinamento e la disciplina fiscale dei diversi livelli di
governo, in particolare l’art 17 include l’individuazione di parametri nel nostro
ordinamento,per valutare la virtuosità di regioni ed enti locali e l’ adozione di sistemi
premianti e di meccanismi sanzionatori.

Il percorso di riforma è proseguito con la legge costituzionale n. 1 del 2012, che, anche
in materia di finanza locale ha introdotto significativi correttivi, al fine di uniformare il
linguaggio contabile tra stato e autonomie locali armonizzando gli schemi di bilancio, i
documenti, i comportamenti finanziari con le regole e gli obiettivi di bilancio che i
governi nazionali dei Paesi Comunitari si sono impegnati a rispettare.

In particolare con il novellato art 81 della Costituzione, che disciplina la copertura delle
spese pubbliche del bilancio pubblico in generale, è stato introdotto il principio del
pareggio di bilancio al fine di garantire l’ equilibrio tra le entrate e le spese del proprio
bilancio, dando spazio ai principi di armonizzazione, autonomia e sussidarietà tra i
diversi livelli di governo.

114
Di riflesso con gli interventi introdotti è stato affrontato il duplice problema
dell’indebitamento della Pubblica amministrazione, i cui parametri sono di gran lunga
superiori alla media europea e della sostenibilità del debito sia a livello nazionale che
a livello degli enti locali, nel cui ambito si è rilevato che il ricorso al debito è
culturalmente inteso come una “forma normale” di finanziamento della spesa pubblica.
Tale tendenza, laddove consolidata, ha comportato che i bilanci della P.A., nella
maggior parte dei casi,non rispondono più ai sostanziali requisiti di veridicità ed
attendibilità.

Nel contesto di riforma, assume significativo rilievo il rinvio, con il comma 5 del citato
art 81, alla c.d. legge di rinforzo - tuttora in corso di elaborazione e destinata a sostituire
la attuale legge sulla contabilità di stato n 196/09 - per la definizione dei contenuti della
legge di bilancio - e dare attuazione ope legis ,in linea con gli obiettivi europei, al
principio di coordinamento e armonizzazione della finanza pubblica e dei conti pubblici.

In tale quadro di riforma e con il chiaro intento di rendere più concreto il risanamento
delle amministrazioni in crisi si inserisce la norma introdotta con il decreto legislativo n
149 del 2011, avente ad oggetto premi e sanzioni per gli enti locali.

Lo scopo che si prefigge la norma è di far emergere situazioni “ di fatto suscettibili di


condurre l’ente locale allo stato di dissesto” individuando anche forme di sostegno e
accompagnamento per condurre l’ autonomia locale in difficoltà fuori dallo stato
deficitario.

6.2 Sana gestione; l’attività istruttoria della Corte dei Conti; Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato; verifiche ai sensi dell’art 14 della legge n. 196 del
2009

I nuovi adempimenti introdotti con il decreto legislativo n 149 del 2011 si aggiungono e
rendono più incisive le attribuzioni già assegnate dal legislatore alla Corte dei conti con

115
gli articoli 7, 8 e 9 della legge n 131del 2003; con l’art. 1 commi dal 166 al 169 della
n. 266 del 2005; ed infine con l’ art 14 della L n. 196 del 2009.

L’ intero contesto normativo sopra delineato compendia le diverse forme di verifiche


sulla gestione finanziaria degli enti locali che costituiscono il presupposto per l’
attuazione e l’ assolvimento dei nuovi compiti demandati alla Corte dei conti con il
dlgs 149/2011. Tali nuovi controlli perdono la natura ausiliaria delle precedenti
forme di verifiche che non si concludevano con un giudizio potenzialmente
interdittivo dell’ operato dell’ amministrazione sottoposta alla verifica.

A)Sana gestione ai sensi della legge n. 131 /2003

L’art. 2 della legge 131/2003, contenente la delega per l’adeguamento della normativa
statale alla Costituzione a seguito della riforma del titolo V, nel riconoscere la
centralità della potestà statuaria degli enti locali e la loro autonomia organizzativa ,
normativa e di controllo, individua gli ambiti e i parametri del controllo affidati alla
Corte dei conti con finalità di ausilio agli enti territoriali .

In particolare assegna alla Corte “in un’ottica collaborativa” due tipologie di verifiche:

• la prima affidata alle Sezioni delle Autonomie per attività aventi ad oggetto la
verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli di
appartenenza all’Unione Europea;tale verifica sfocia in una funzione di referto al
Parlamento;

• la seconda affidata alle sezioni regionali della Corte per attività aventi ad oggetto
il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali o regionali di principio e di
programma, la sana gestione ed il funzionamento dei controlli interni. Queste ultime
verifiche sul controllo di gestione hanno quale esito una relazione all’organo
assembleare dell’ente.

Tali funzioni, esercitate attraverso sistematici controlli programmati annualmente, sono


svolte nel principio di leale collaborazione, richiamato espressamente nella legge n. 131
del 2003 e riconosciuto dalla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale.

116
Gli ambiti oggettivi di riferimento di tali verifiche sono: il rispetto della “sana gestione”
ossia della corretta gestione delle risorse pubbliche in conformità alle norme ed ai
principi di buon andamento della pubblica amministrazione, di efficienza ed efficacia, la
rispondenza degli obiettivi fissati dalla legge, i limiti dell’ indebitamento posti dall’ art.
119 della Costituzione , la chiarezza dei documenti contabili per valutare la capacità
oggettiva dell’ ente di realizzare i propri obiettivi ed il patto di stabilità.

L’intervento della Corte dei Conti, si ribadisce , è svolto con funzione di ausiliarietà a
favore degli organi assembleari e di tutti gli enti territoriali ed opera come Organo
della Repubblica nella nuova accezione dell’ art. 114 della Costituzione. Infatti, all’esito
delle istruttorie la Corte indirizza, agli organi politici, osservazioni di carattere
gestionale finalizzate alla ottimizzazione dell’azione amministrativa e non si esprime
con un giudizio impositivo.

B) Attività istruttoria ai sensi dell’art 1 comma 166 e ss. della legge n. 266/2005

L’ art 1 comma 166 ,168, 169 della legge 266 del 23 dicembre 2005 legge finanziaria
del 2006 , in attuazione della legge 131 del 2003 disciplina l’ attività istruttoria tesa ad
assicurare il controllo della spesa e dell’ indebitamento a tutela della unità economica
della repubblica e del coordinamento della finanza pubblica .

Tale norma oltre ad essere uno strumento che consolida il raccordo tra Organi di
revisione e Corte dei Conti , ha introdotto il cosiddetto controllo –monitoraggio sul
bilancio e rendiconto degli Enti locali. Tale attività fonda sulle relazioni che gli organi
di revisione degli enti locali inviano alla Corte dei conti e tiene conto del monitoraggio
della situazione finanziaria dei Comuni e delle province, attuato mediante l’acquisizione
su tutto il territorio nazionale di dati ed informazioni forniti con appositi questionari
che annualmente le Sezioni regionali della Corte dei conti raccolgono.

Per dare uniformità ai controlli, la Corte dei conti dirama periodicamente deliberazioni
interpretative continuamente aggiornate con le quale definisce le linee guida per
assicurare una migliore applicazione ed ha predisposto appositi questionari che
costituiscono un utile supporto sia per le rilevazioni dell’ organo di controllo che per gli
enti locali che devono compilarli .
117
Con l’ultima delibera interpretativa n. 10 del 2012, oltre a fornire note esplicative sulle
nuove metodologie introdotte con i questionari, la Corte dei conti ha divulgato
l’implementazione del sistema di rilevazione informatizzata dei questionare attraverso il
sistema SIQuEL, strumento finora utilizzato dai revisori per trasmettere le loro relazioni
sui dati di bilancio alle sezioni regionali della stessa Corte.

C) Verifiche ai sensi dell’ art 14 comma 1, lettera d, della legge n. 196 del 2009
del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato

Il Ministero dell’ Economia e delle Finanze concorre ad assicurare la regolarità della


gestione finanziaria nella pubblica amministrazione, effettuando, ai sensi dell’ art 14
comma 1 lettera d della legge 196 del 2009 , verifiche tramite i servizi ispettivi di
finanza pubblica.

Tale attività si inquadra nell’ ambito della specialità ispettiva più generale dello stato ed
è volta ad ottenerne un quadro unitario della finanza pubblica per rendere più efficace il
coordinamento 31.

Le verifiche svolte da S.I.Fi.P. sono volte a rilevare eventuali scostamenti dagli


obiettivi della finanza generale dello Stato. Trattasi di una funzione meramente ed
esclusivamente votata ad accertare attraverso l’ acquisizione di dati ed informazioni, in
una visione analitica,la puntuale attuazione degli obiettivi costituzionalmente
demandati allo Stato.

In sostanza, esse si esplicano in accertamenti diretti, condotti da Dirigenti del


Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, presso gli Uffici degli enti nel corso
dei quali vengono visionati atti e documenti.

A seguito delle verifiche vengono stilati dei referti che, ancorché effettuati su
richiesta delle amministrazioni, sono documenti accessibili nei limiti e con le modalità
previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. In ogni caso, per gli enti territoriali i predetti
servizi effettuano verifiche volte a rilevare eventuali scostamenti dagli obiettivi di
finanza pubblica e procedono altresì alle verifiche richieste dal Ministro competente

31
- cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 2010
118
all'avvio della procedura di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. I referti
delle verifiche sono inviati alla Conferenza permanente per il coordinamento della
finanza pubblica 32.

Sulla legittimità di tali verifiche è stato sollevato, recentemente, anche conflitto di


attribuzione presso la Corte Costituzione da parte della regione Lombardia. In proposito
la Corte suprema con sentenza n 370 del 2010 ,ha rappresentato che con “l’art. 14,
comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, dunque, ha attribuito un essenziale
ruolo preliminare ai Servizi ispettivi di finanza pubblica, strumentale anche al fine del
reperimento delle informazioni utili ad assicurare il perseguimento degli obiettivi e il
coordinamento della finanza pubblica da parte dell’apposita Conferenza permanente.

La Corte ha anche affermato che ciò “ non significa che le ispezioni dei Servizi ispettivi
di finanza pubblica nei riguardi delle Regioni possano essere effettuate senza
limitazioni. Tale attività deve rispettare l’autonomia finanziaria delle Regioni, sia di
entrata sia di spesa ed essere finalizzata alla raccolta di dati e informazioni utili al
perseguimento delle finalità di coordinamento della finanza pubblica. Quando le
verifiche ispettive dovessero evidenziare elementi di illegittimità ovvero significativi
scostamenti rispetto alle esigenze di finanza pubblica, esse costituirebbero la base sulla
quale innestare le procedure appositamente contemplate dalla Costituzione, dalla
disciplina legislativa sulla finanza pubblica e sul federalismo e dalla normativa relativa
alla Corte dei conti.

32
- I controlli ispettivi si avvalgono anche del supporto di informazioni contenute nel sistema di
rilevazione telematica denominato SIOPE (sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) che
costituisce, pertanto, uno strumento fondamentale per il monitoraggio dei conti pubblici, attraverso la
rilevazione in tempo reale del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e l'acquisizione delle
informazioni necessarie ad una più puntuale predisposizione delle statistiche trimestrali di contabilità
nazionale, nonché ai fini della verifica delle regole previste dall'ordinamento comunitario

119
6.3 Il Decreto legislativo 149 del 2011 art. 6 comma 2

A) La fattispecie

Il decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 149, in materia di meccanismi sanzionatori e


premiali per gli enti locali, ha reso più incisive e conseguenti le funzioni di verifica già
assegnate alle Sezioni regionali della Corte dei conti con le sopra delineate disposizioni
normative. In particolare , spetta alla Corte dei Conti ,in forza dell’ attività istruttoria
rilevata con gli strumenti di cui all'art.1, commi 166 e ss., della L. n.266/ 2005, di
individuare tempestivamente quelle “situazioni di fatto suscettibili di condurre I'ente
locale allo stato di dissesto e di indicare al medesimo I'adozione, entro un congruo
termine, le misure correttive necessarie per il ripristino degli equilibri di bilancio”.

Allo scopo di garantire l'obbligatorietà dell'azione di risanamento, è prevista


I'attivazione di poteri sostitutivi da parte del Prefetto, che ,nel caso permanga
l’inottemperanza dell'autonomia locale ad adottare le necessarie misure correttive,
interviene, diffidando l’ ente ,per evitare l’aggravarsi delle condizioni finanziarie e
gestionali .

La procedura prende avvio da una pronuncia specifica emanata dalla Sezione di


controllo a seguito dell'accertamento di "comportamenti difformi dalla sana gestione
finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità
contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale" in grado di provocare il
dissesto finanziario dell'ente, e culmina, in caso di mancata adozione delle misure
correttive, nella trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente .

E’ del tutto evidente che le criticità rilevate devono essere spiccatamente gravi e
parametrate alla loro intrinseca potenzialità a condurre al dissesto dell'ente.

A supporto delle pronunce della Corte dei conti soccorrono, come già detto nei
precedenti paragrafi, una serie di elementi conoscitivi rilevabili anche dalle relazioni
degli organi di revisione sui bilanci di previsione e sui rendiconti di gestione, Ulteriori
elementi informativi, inoltre, potranno provenire, per espressa previsione normativa,

120
anche dalle relazioni dei Servizi ispettivi di finanza pubblica presso la Ragioneria
generale dello Stato, all'esito di verifiche effettuate sulla regolarità della gestione
amministrativo-contabile, attivabili anche in presenza di indicatori di squilibrio
finanziario (art. 5 del D.lgs. n. 149/2011).

Sia le relazioni dell’organo di revisione che le innanzi delineate verifiche ispettive


costituiscono uno strumento di supporto indispensabile all'attività di controllo della
magistratura contabile ma, potrebbero essere utili, all’esito dell’attività istruttoria,
anche i risultati dei controlli interni dell’Ente.

B)Attivazione dei poteri di diffida e sostitutivi da parte del Prefetto

La norma, in particolare, prevede che le Sezioni regionali di controllo possano attivare


direttamente l 'intervento del Prefetto ai fini dell'avvio dei poteri sostitutivi per la
deliberazione di cui all'art. 244 del TUOEL, nel caso in cui riscontrino - anche a seguito
di verifiche ispettive dei servizi di finanza pubblica- (L. 196/2009) comportamenti
difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica
allargata, e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale, in
grado di provocare il dissesto finanziario.

La procedura sostitutiva viene concretamente attivata a seguito dell'accertamento da


parte dell’Organo di controllo del perdurante inadempimento dell'amministrazione a
porre in essere le misure correttive. In tal caso, il Prefetto diffida il Consiglio, con
lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la
deliberazione del dissesto, decorso infruttuosamente il quale viene nominato un
commissario per la deliberazione dello stato di dissesto con contestuale attivazione della
procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del
TUOEL.

La Corte dei conti dopo aver emesso la pronuncia, adottata ai sensi dell'art. 6 comma 2,
è tenuta a vigilare sulla conformità dell’azione dell’Ente ed in particolare, alla scadenza
del termine assegnato, è chiamata a verificare l'effettiva ottemperanza alle misure
correttive ed a esprimersi , al riguardo, con una apposita deliberazione .
121
Nel caso in cui la Corte riscontri il positivo adempimento, il procedimento potrebbe
concludersi con una delibera di accertamento, che valuti anche il grado di efficacia
delle misure correttive poste in essere.

Qualora all'esito della verifica l’ Organo contabile accerti, non un vero e proprio
inadempimento, ma piuttosto un adempimento non risolutivo che prospetti ragionevoli
possibilità di ripristino degli equilibri finanziari, potrebbe aprirsi una fase
interlocutoria, caratterizzata da un costante monitoraggio degli effetti del piano di
rientro adottato dall'ente, e più specificamente dell'evolversi delle condizioni
finanziarie e gestionali tese a uniformarsi ai parametri di sana gestione .

Laddove la Corte dei Conti dovesse invece accertare l’ inottemperanza dell’ Ente, tale
inadempimento forma oggetto di una apposita deliberazione che all’ uopo deve
essere trasmessa - correlata di ogni utile documentazione - al Prefetto che, nella sua
duplice qualità di organo competente ad assumere le determinazioni conclusive in
ordine alla attivazione dei poteri sostitutivi, ed autorità territoriale del Ministero
dell’Interno , sovrintende all’intera procedura di risanamento finanziario.

Parimenti, l’informativa deve essere inoltrata alla Conferenza permanente, per il


coordinamento della finanza pubblica. prevista dall’art. 5 L. n. 42/2009 benchè non
risulti ancora istituita, nonché alla Prefettura – U.T.G., nell’ambito della quale il
Prefetto esercita funzioni istituzionali di raccordo e coordinamento tra i diversi organi e
livelli di governo, e garantisce la vigilanza sul funzionamento del sistema fornendo
ogni utile aggiornamento agli Organi di Governo.

Tale fase del procedimento, meramente eventuale, si attiva entro il termine ordinatorio
di 30 giorni dalla trasmissione degli atti al Prefetto e mira ad attivare i poteri sostitutivi,
quindi non ha più una finalità informativa

Tale procedura - che mutua in parte le garanzie procedimentali a suo tempo previste
dall’art 247 comma II e seguenti del TUOEL culmina, in caso di mancata
formalizzazione spontanea del dissesto da parte dell’ente, con la nomina di un

122
commissario prefettizio per la deliberazione del dissesto ex art 246 comma III del
TUOEL e con l’avvio della procedura per lo scioglimento del consiglio dell’ente.

A questa norma di chiusura del sistema, che mira a tutelare interessi primari collegati al
buon andamento, alla continuità dell'azione amministrativa e alla sana gestione
finanziaria, si coniuga anche un nuovo sistema di sanzioni interdittive, di natura più
segnatamente "politica", a carico degli amministratori locali riconosciuti responsabili
del dissesto in sede di giudizio contabile.

Infatti, il comma 1 dell’ art 6 del dlgs 149/2011 riformula l'art n.248 comma 5 del
TUOEL ampliando i casi di responsabilità "politica" degli amministratori resisi
responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei
cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario .

La sanzione ivi prevista, da considerarsi accessoria rispetto alla condanna risarcitoria


irrogata all'esito del giudizio di responsabilità amministrativa, inibisce agli
amministratori la possibilità di ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di
assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri
enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati.

Per i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, è prevista


un'ulteriore causa ostativa di durata decennale alla candidatura alle cariche di sindaco e
di presidente di provincia - che si aggiunge alle ipotesi codificate all'art. 58 del TUOEL
- nonché alle cariche di presidente di Giunta regionale, di membro dei consigli
comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del
Parlamento e del parlamento europeo.

Presupposto di tale sanzione è la riconducibilità diretta del dissesto alle azioni od


omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile, secondo un
accertamento su base circostanziale condotto in giudizio dalla competente Sezione
giurisdizionale.

C) Brevi note sul dissesto finanziario

123
Il dissesto, attraverso la procedura di risanamento finanziario, mira al ripristino degli
equilibri di bilancio e della ordinaria funzionalità degli enti locali in grave crisi
finanziaria, e, in via mediata, ad assicurare la tutela di interessi primari, relativi al buon
andamento, alla continuità dell'azione amministrativa, e alla parità di trattamento dei
cittadini delle varie zone geografiche del Paese nella fruizione dei livelli essenziali delle
prestazioni. Al fine di non compromettere tali interessi di rango primario, gli enti locali
sono tenuti a deliberare senza indugio il dissesto, e ad attivare il conseguente
risanamento finanziario, quando versino nelle condizioni previste dall'ar1. 244 del
TUOEL, ossia:

1) quando non siano più in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi
indispensabili - cd. "incapacità funzionale"- .

2) quando versino in un grave stato di insolvenza dovuto a crediti liquidi ed esigibili di


terzi, cui non possano validamente far fronte attraverso provvedimenti di riequilibrio o
di riconoscimento di debiti fuori bilancio.

La dichiarazione di dissesto è adottata, a norma dell’articolo 246 del predetto TUOEL,


dal Consiglio dell’ente locale e valuta le cause che hanno determinato il dissesto; essa
non è revocabile e ad essa è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione
economico finanziaria che analizza le cause che hanno determinato il dissesto.

E’, del resto, espressamente previsto nel TUOEL (art. 246, comma 3) che la predetta
dichiarazione si estende anche al commissario nominato ai sensi dell'articolo l41,
comma 3, del TUOEL. al fine di assicurare concreta precettività a tali norme.

Alcune indagini in tema di finanza locale e relazioni della Corte dei Conti hanno
messo in luce, negli ultimi anni, che talvolta vi è una resistenza da parte di taluni enti
locali a formalizzare il dissesto, pur in presenza dei relativi presupposti, nella speranza
di poter avviare una azione di recupero e risanamento finanziario in via ordinaria.

124
D) Principali criticità finanziarie prodrome allo stato di dissesto

La complessiva gestione finanziaria dei Comuni e delle Province è resa particolarmente


critica, nella maggioranza dei casi, dal ricorso eccessivo e prolungato alle anticipazioni
di tesoreria (ossia ad anticipazioni di cassa richieste al tesorerie e da restituire con le
prime entrate di cui all’articolo 222 del decreto legislativo n. 267 del 2000 ) che col
tempo crea un sistematico deterioramento della liquidità degli Enti locali . In tali
circostanze le autonomie locali, per far fronte alle spese correnti, corrispondere alle
esigenze della collettività ed assicurare i servizi indispensabili, ricorrono a
comportamenti difformi alla corretta gestione delle risorse pubbliche creando
irregolarità contabili, o squilibri strutturali in violazione degli obiettivi circa il rispetto
degli equilibri di bilancio.

Al di là della criticità di fondo segnalata, le anomalie che si riscontrano più


frequentemente sono collegate ad un precario equilibrio di parte corrente del bilancio,
indotto dalle seguenti cause:

• utilizzo di entrate di natura straordinarie, ascrivibili nelle entrate di conto


capitale al titolo IV , in misura eccedente ai limiti di legge, fissato dalla
normativa in vigore fino al 2012 entro un massimo del 75%, per coprire le
spese correnti; trattasi di entrate da permessi a costruire (prima denominati oneri
di urbanizzazione) che dovrebbero essere utilizzate per investimenti, talvolta
tali risorse sono distolte malgrado il vincolo di destinazioni; l’ utilizzo di tali
fondi per le spese di parte corrente se da un lato, consente di sostenere alcune
spese correnti non coperte dalle entrate correnti ordinarie, dall’ altra costringe
l’amministrazione locale a ricorrere all’ indebitamento per rendere i servizi alla
collettività o fare investimenti indispensabili e per i quali si è impegnata.
• Appostamento di fondi provenienti da plusvalenze ossia del valore maggiore
che si presume di poter incassare a seguito di alienazione di beni patrimoniali.
• Appostamento di fondi derivanti da presunti incassi di crediti di dubbia
esigibilità o dei proventi delle sanzioni amministrative per violazione delle

125
norme sul codice della strada che, nella pratica, si rivelano sovrastimati
nell’importo o sono di difficile esazione.
• Rischio di criticità nel rapporto finanziario tra gli Enti locali e le società
partecipate , in particolare , qualora le predette società versino in situazione
finanziaria negativa, ed abbiano accumulato debiti, tali condizioni si riverberano
sui bilanci dei Comuni in termini di copertura di eventuali perdite o, in
generale, nei riflessi contabili negativi sul bilancio dell’ente locale.
• presenza di residui attivi su entrate tributarie ed extratributarie della parte
corrente, dovuto ad una difficoltà ad esigere le somme presso i contribuenti ed
utenti, con diretti riflessi sull’equilibrio dei flussi di cassa e con la potenziale
esigenza di coprire finanziariamente i residui che si rivelano inesigibili;
• forte ricorso all’indebitamento per finanziario per finanziare investimenti, ciò
che irrigidisce la struttura dell’equilibrio corrente in quanto occorre iscrivere in
bilancio – annualmente – la spesa per il rimborso del predetto indebitamento;
• spesa di personale d rilevante ammontare rispetto alla dimensione delle entrate
correnti dell’ente.

E) Le anomalie riscontrate dalla Corte dei Conti per i comuni di Castel


Fiorentino e di Alessandria

La prima pronuncia con la quale la Corte dei Conti ha rinvenuto la sussistenza dei
presupposti di cui al dispositivo dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 149 del 2011
ha riguardato il comune di Castel Fiorentino in provincia di Arezzo., nei confronti del
quale, alcune criticità finanziaria erano state evidenziate già da una verifica ispettiva
del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.

Successivamente la Corte dei conti Toscana con delibera n. 211 del 2011 ha indicato
le cause atte a comprovare i presupposti citati e che si sostanziano :

-nell’inadempimento del comune ad approvare il rendiconto dell’esercizio 2010 ed il


bilancio dell’esercizio 2011;

126
- nell’inadempimento a dare atto dell’aver approntare misure correttive alla gestione
finanziaria richieste dalla stessa Sezione delle Corte con deliberazione n. 199 del 2011;

- nella persistenza di una situazione di squilibrio economico della parte corrente del
bilancio e la presenza di un potenziale disavanzo di amministrazione.

In tal caso, non vi è stata l’applicazione del procedimento di diffida del Prefetto e
dell’eventuale scioglimento del Consiglio comunale in quanto vi è stata la nomina del
Commissario Prefettizio dovuta al ritardo nell’approvazione del bilancio di previsione
2011 e, quindi sulla base delle previsione di cui all’articolo 141del decreto legislativo
n. 267 del 2000. E’ stato, quindi, il Commissario Prefettizio a dichiarare il dissesto
finanziario dell’ente con delibera del 7 novembre 2011.

Altra fattispecie nella quale la Corte dei conti ha rilevato sussistenti i presupposti
previsti dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 149 del 2011 ha riguardato il comune
di Alessandria . In particolare con la deliberazione n. 274 del 2011 emessa dalla
Sezione regionale di controllo per il Piemonte, sono stati individuati i seguenti
principali elementi di criticità finanziaria che hanno prodotto una situazione di grave
squilibrio finanziario :

Dati relativi al bilancio di previsione 2011:

a) Alterazione dei risultati finanziari di gestione e di amministrazione dell'esercizio


annuale 2010 per via del mancato inserimento fra i residui passivi di impegni
regolarmente assunti per importi elevati: in particolare la Sezione ha verificato
che negli esercizi 2008, 2009, 2010, il Comune, sottoposto alla verifica,
diversamente da come indicato nel bilancio e quindi dichiarato nelle relazioni
istruttoria, non aveva diminuito la spesa ,ma si era limitato a non assumere
formali impegni (sebbene riportati nella contabilità dell’ Ente) relativi a spese
concernenti servizi regolarmente erogati da terzi e, in particolare dalle società
partecipate, con la conseguenza di possibile formazione di debiti fuori bilancio
di rilevanti dimensioni , idonei ad incidere pesantemente, sugli equilibri dell’
Ente. Peraltro il mancato pagamento per i servizi resi dalle predette partecipate,

127
avrebbe dovuto risultare fra i residui passivi dell’esercizio 2010, trattandosi di
somme da impegnare negli anni precedenti.

b) Lo squilibrio di parte corrente del bilancio non poteva essere coperto da


somme provenienti da avanzo di amministrazione 2010 ovvero dai proventi di
alienazione di beni o da relative plusvalenze, né tanto meno i proventi derivanti
da oneri privati per permessi a costruire potevano essere destinati a spese
correnti, in quanto, dalle verifiche effettuate risultava che l’ anno 2010 non si
era concluso con un avanzo di amministrazione, e che la previsione di entrate
derivanti da alienazioni di beni o da permessi a costruire risultava di portata
largamente inferiore a quella necessaria;

c) La previsione delle entrate derivanti da plusvalenze da alienazione di beni


patrimoniali e le modalità di vendita dei beni immobili, non risultava attendibile
e non risultava formulata sulla base di una effettiva valutazione sulla fattibilità
delle operazioni di alienazione . Da ciò è conseguita l’ impossibilità per l’ Ente
di far fronte anche alle coperture delle perdite di alcune partecipate che si
trovavano nella condizione prevista dall’ art 2482 terzo comma del codice civile

d) La previsione di entrata da recupero per evasione tributaria per l’ anno 2011


risultava di gran lunga superiore rispetto agli accertamenti e le riscossioni
effettivamente ottenute negli anni precedenti, conseguentemente, l’importo
inserito in bilancio quale previsione di accertamento suppletivo disposto dall’
ente rispondeva solo all’ esigenza dio favorire la copertura del saldo corrente e
garantire un equilibrio di bilancio in realtà insussistente ;

e) I dati relativi al raggiungimento degli obiettivi del Patto di stabilità interno


( previsione 2011) non risultavano fondati ,non essendo , essi, basati su elementi
certi ed attendibili sia in relazione ali proventi da evasione tributaria che all’
incasso dei proventi da alienazione di beni immobiliari di dubbia esazione ;

f) Dati relativi al rendiconto 2010 : Mancato riporto nei residui passivi di


numerosi impegni di spesa assunti nel l’ esercizio 2010 in sede di approvazione
del rendiconto di esercizio, alcuni dei quali addirittura già oggetto di
128
liquidazione in quanto relativi a servizi ricevuti dall’ ente ovvero conseguenti ad
obbligazioni pluriennali, regolarmente eseguite negli anni precedenti,
conseguentemente, il rendiconto presentava un costante disavanzo di
amministrazione a partire dal 2008;

g) La gestione corrente presentava un elevato squilibrio di amministrazione, di


anno in anno riequilibrato mediante l’ utilizzo di poste di natura straordinaria,
peraltro inattendibili in relazione alle previsioni di recupero evasione tributarie
ovvero utilizzate in misura eccedente i limiti di legge in relazione agli oneri di
urbanizzazione ;

h) Ricorso ad anticipazioni di tesoreria non estinta a fine esercizio, riconducibili ad


una esplosione del debito di finanziamento risalente al periodo 2002 – 2005;

i) Difficoltà di effettivo recupero dei crediti vantati dall’ Ente nei confronti delle
società partecipate, difficoltà di contabilizzazione integrale dei debiti che l’ Ente
ha nei confronti delle stesse società e che invece risultano regolarmente iscritte
delle scritture contabili delle medesime società:

Sulla base di tali anomalie riscontrate la Sezione regionale di controllo per il Piemonte
ha adottato la predetta pronuncia n 274/2011, con specifica richiesta di adozione di una
lunga serie dì misure correttive, da comunicare ai sensi dell'art. 6 comma 2 del D.Lgs. n.
149/2011 entro il termine assegnato, e con contestuale fissazione della data di adunanza
per la verifica degli esiti.

Sulla base delle contestazioni mosse il comune di Alessandria ha trasmesso, all’Organo


di magistratura contabile, un articolata memoria e prodotto cospicua documentazione.
Tuttavia, in sede di successivo accertamento, la Corte dei conti, con deliberazione n.
260 del 2012 - rilevato il perdurante inadempimento del Comune di Alessandria ad
adottare le misure correttive idonee a risanare effettivamente la propria situazione
finanziaria e idonee ad invertire la pericolosa tendenza al progressivo deterioramento di
una condizione economica gravemente deficitaria - ha ritenuto sussistenti le condizioni
previste dall’art. 244 del TUEL per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario.

129
A seguito di tale ultima deliberazione, il Prefetto di Alessandria ha notificato a tutti i
consiglieri il predetto provvedimento ed ha assegnato un termine di 20 giorni per
l’adozione della deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto.
Il Consiglio Comunale dell’Ente, pertanto, con deliberazione del 12 luglio 2012 ha
dichiarato il dissesto.

FONTI
Capitolo 1
-www.finanza locale.interno.it

-www.rgs.mef.gov.it

Capitolo 2
-Roberto Antonio Di Marco- Pianificazione e controllo di gestione, Ed. Franco Angeli

-Francesca Nicosia / Rossella Romano -Il controllo di gestione, Ed. Maggioli

-Francesco Bruno / Giuseppina Latella, Il Manuale delle revisione negli Enti Locali, Ed.
Il Sole 24 Ore

-Delfino – Faldato – Fontana – Miele – Panassidi – Panté, Sistemi di Controllo e


Valutazione, Ed. Cosa e Come – Giuffré Editore

130
-Luisa Gerla / Stefano Minieri, Compendio di Contabilità degli Enti Locali, Ed.
Maggioli

Capitolo 3

• Bibliografia
-Bellesia M. Il patto di stabilità interno negli Enti locali, CEL, 2008
-D’Aristotile E. Il Patto di stabilità 2010, “I Quaderni di PAWEB” 2010
-Gallo L. Il Patto di stabilità interno, Maggioli Editore, 2003

• Sitologia
-www.corteconti.it

• Prassi, Circolari e Giurisprudenza

Circolare esplicativa MEF 14 febbraio 2012, n.5



Decreto Ministero Economia e Finanze n.0021094 del 9 marzo 2012
DM concernente il monitoraggio semestrale del Patto di stabilità per l’anno 2012
Decreto obiettivi programmatici Patto stabilità interno 2012 -2014 del 5 giugno 2012, n.
0020386
Decreto enti virtuosi 0048345 Ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 giugno
2012

Corte dei Conti Lombardia Sezione controllo delibera 7/2012

Corte dei Conti Lombardia Sezione controllo parere n. 427/2009, e deliberazione n.


605/2009

Capitolo 4

• Bibliografia
- AA.VV., Bilanci,Gestione, Controllo, Servizi, ed.Ipsoa

• Sitologia
-www.finanzalocale.interno.it

131
-www.corteconti.it

-www.irdcec.it

• Prassi, Circolari e Giurisprudenza


-Principi Contabili Enti locali, versione 2010
-Atto I.C./16 del 28 febbraio 1998 del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti
-Ragioneria Generale dello Stato IGF-Vademecum per la revisione amministrativa-
contabile negli enti pubblici

-Deliberazione Corte dei Conti n.14/93
-Deliberazione Corte dei Conti n.2/92
-Deliberazione n.2/AUT/2010Corte dei Conti-Sezione delle Autonomie
-Deliberazione della Corte dei Conti n. 3/SEZAUT/2012/INPR
-Circolare Ministero dell’Interno n.FL/28/97 del 14 novembre 1997
-Circolare Ministero dell’Interno n.FL/7 del 5 aprile 2012

-Sentenza Corte Costituzionale 29/95
-Sentenza Corte dei Conti, Sezioni Riunite, n.496/86
-C.d.S., Sez.V, sent.n.2598/2010

Capitolo 5

• Bibliografia
- AA.VV., Bilanci,Gestione, Controllo, Servizi, ed. Ipsoa

Guida agli Enti Locali ultima ed.

- sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 2007

deliberazione n.15/SEZAUT/2012/INPR della Sezione delle Autonomie della corte dei


Conti del 25 ottobre scorso
132
Capitolo 6

• Sitologia
-www.finanzalocale.interno.it

-www.corteconti.it

• Prassi, Circolari e Giurisprudenza

-Sentenza della Corte costituzionale n 370 del 2010

-Delibera n 204 del 27 settembre 2011 della Corte dei conti Sezione regionale di
controllo per la Toscana

-Delibera n 211 del 18 ottobre 2011 della Corte dei Conti Sezione regionale di controllo
per la Toscana

-Delibera n. 279 del 17 novembre 2011 della Corte dei conti Sezione regionale di
controllo per il Piemonte-Delibera n. 2 della Corte dei conti Sezione delle Autonomie
nell’ adunanza del 20 dicembre 2011

-Delibera n.10 della Corte dei conti in Sezione delle Autonomie nell’ adunanza del 12
giugno 2012

-Delibera n. 260 nell’ adunanza del 12 giugno 2012 della Corte dei conti Sezione
regionale di controllo per il Piemonte

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