Sei sulla pagina 1di 6

MASTER ANNUALE DI I LIVELLO DI 1500 ORE E 60 CFU IN

DISCIPLINE SOCIO-LETTERARIE, STORICHE E GEOGRAFICHE.

(CODICE MRA04320)

A.A. 2020/2021

Modulo 5

Geografia

Problemi degli ambienti antropizzati

Tanja Ghirlanda
Il termine geografia è di derivazione greca e significa "descrizione della terra" (dal greco ge e
grafein). Anticamente la geografia era utilizzata per degli scopi essenzialmente pratici, infatti, fin
dai primi anni della sua comparsa sulla terra, l'uomo ha avvertito la necessità di muoversi più
facilmente sia per procurarsi in modo più agevole i mezzi per il sostentamento, sia per mantenere il
contatto con gli altri individui.
Quindi in età arcaica, la geografia aveva come scopo quello di rappresentare la terra per esigenze
pratiche, come la necessità di utilizzare rotte più vantaggio se durante la navigazione. Anche altri
problemi apparentemente di natura teorica (la forma e le dimensioni della terra, oppure la
localizzazione di un punto nello spazio) erano ispirati da scopi pratici: poter ottenere una
illustrazione della terra era di importanza fondamentale per potersi muovere sulla superficie
terrestre; i primi geografi disegnano carte geografiche per poter facilitare lo spostamento da una
regione ad un'altra oppure per rendere agevoli viaggi in territori non ancora completamente
esplorati.
La geografia come scienza descrittiva conobbe la massima fioritura nel XVI secolo, durante il
periodo dei viaggi di esplorazione e di espansione mondiale dei traffici commerciali. Le nuove
scoperte geografiche unitamente al progresso scientifico permisero di costruire carte geografiche
precise e di differenziare la geografia da altri saperi di diversa natura.
Dunque fino ad un certo periodo storico la geografia è stata una disciplina fortemente descrittiva e
dagli scopi pragmatici, ma solo verso il secolo XIX essa è diventata una scienza con uno statuto
epistemologico distinto ed indipendente.
Potremmo affermare che la geografia analizza il rapporto tra l'uomo e la superficie della terra,
analizzando tutte le variabili, fisiche e culturali che contribuiscono alla creazione di un determinato
paesaggio.
Il geografo compie l'analisi di un determinato territorio attraverso l'osservazione di diversi
parametri che evidenziano la continua interazione fra uomo ed ambiente. Per questo la cultura
geografica non è mera conoscenza dello spazio, ma, al contrario, esamina la stretta correlazione fra
cultura ed organizzazione dello spazio.
Dal momento in cui fanno la comparsa sulla terra, gli individui delle specie umane (appartenenti
cioè al genere Homo) si trovano costretti a competere con i condizionamenti dall’ambiente naturale,
derivate dalla morfologia, dal clima, dalle acque, sia con gli ostacoli e i pericoli rappresentati dalla
vegetazione e dalle altre specie animali. Essa comunque registra, a differenza delle altre specie
animali, riesce a maturare una concreta coscienza delle proprie capacità di adattarsi, ma anche di
reagire, ai condizionamenti ambientali. Ciò avviene grazie alle conoscenze acquisite, sia pure in
maniera empirica, circa i fenomeni e i processi naturali e grazie anche all’abilità di fabbricare
strumenti ed utensili, ma soprattutto con il sapersi organizzare in gruppi e in comunità sociali.
Mediante queste strutture si è realizzata infine una vera e propria conquista degli spazi terrestri dove
si stabiliscono insediamenti permanenti ed avviata una sistematica utilizzazione delle risorse
ambientali fino ad una radicale trasformazione degli stessi spazi naturali in territori organizzati in
funzione antropica.
Da questo processo evolutivo, che coincide in pratica con la storia dell’umanità, è derivata una sorta
di rapporto dialettico tra uomo e ambiente naturale che si concretizza con reciproche influenze e
con adattamenti che continuamente si rinnovano al mutare delle stesse condizioni ambientali.
Per comprendere meglio il rapporto uomo-ambiente occorre avere una chiara cognizione dei
molteplici elementi:
- dalla storia del popolamento umano, in specie nelle sue fasi iniziali, cioè dai tempi preistorici;
- dalla distribuzione spaziale della popolazione umana (e con essa dall’espansione
dell’ecumene);
- dai caratteri dell’insediamento (forma, struttura, dispersione e concentrazione delle dimore e dei
centri abitati);
- dall’utilizzazione delle risorse naturali, (evidenziata dalla molteplicità e dalla distribuzione delle
attività economiche);
- dalle relazioni individuali e collettive (con le comunicazioni terrestri, marittime e aeree e con
quella che oggi è denominata la “rete”).
Si può dedurre che la connotazione del rapporto uomo-ambiente appare di natura prettamente
economica. Infatti l’ambiente fornisce risorse (rinnovabili e
non) necessarie a soddisfare i bisogni (primari e secondari) dell’uomo che, da parte sua, fornisce
lavoro ed energia con intensità proporzionale al livello delle trasformazioni provocate.
L’impatto antropico nei riguardi dell’ambiente naturale e lo sfruttamento eccessivo delle sue risorse
possono condurre a molteplici fenomeni di degrado dei relativi ecosistemi, che si allontanano quindi
dal loro stato ottimale, a causa anche, al forte incremento della popolazione mondiale:
- inquinamento: è l’immissione di sostanze estranee che alterano la composizione dell’ecosistema;
esso può interessare il suolo, le acque e l’atmosfera;
- deforestazione: è il taglio indiscriminato di essenze legnose che supera la loro capacità di
rigenerarsi; essa ha effetti sulla circolazione idrica e sul clima
- erosione e consumo del suolo: è la decorticazione dello strato pedologico, provocata dal
pascolamento eccessivo del bestiame, da scavi, etc.; essa porta alla formazione di frane e di altri
dissesti idrogeologici.
- desertificazione: è l’aumento del suolo degradato in zone aride e semiaride; essa è provocata da
cause naturali (cambiamenti climatici), ma anche antropiche, come lo sfruttamento eccessivo del
suolo con le colture, il pascolo eccessivo, l’eccessivo prelievo di acque dal sottosuolo, il
diboscamento, etc.); caso tipico è la desertificazione della fascia del Sahel, situata in Africa tra il
Sahara e il Sudan.
Nel corso della storia ci sono vari esempi di civiltà vittime di «crolli o suicidi ecologici» - dai
Maya agli abitanti dell'isola di Pasqua – ma anche di civiltà (per es. quella islandese) che sono
riuscite a risolvere problemi ambientali complessi, garantendo la propria sopravvivenza; lo studio
del passato è utile, ma non fornisce soluzioni che possano conciliarsi con l'accelerazione
impressionante che ha subito nell'ultimo secolo l'impatto umano sull'ambiente e soprattutto con la
dimensione globale dei problemi.
Uno dei maggiori problemi, al centro della discussione globale è, senza dubbio, il cosiddetto
“effetto serra”.
Il bilancio termico del pianeta dipende dall'assorbimento e dalla dispersione dell'energia solare.
Particolare importanza ha il quantitativo di anidride carbonica presente nell'atmosfera (biossido di
carbonio. CO2), che lascia filtrare le radiazioni a bassa lunghezza d'onda provenienti dallo spazio
(ultravioletti) e riflette le radiazioni termiche a maggior lunghezza d'onda provenienti dalla Terra
(infrarossi). In questo modo la dispersione verso lo spazio del calore terrestre viene ostacolata e la
temperatura atmosferica aumenta. Si usa l'espressione «effetto serra» perché l'anidride carbonica,
con altri gas come il vapore acqueo, il metano, i clorofluorocarburi e il protossido d'azoto, riproduce
in scala planetaria condizioni simili a quelle di una serra (in cui il calore viene mantenuto attraverso
l'impiego di materiali quali il vetro o la plastica); a livelli normali l'effetto serra è una condizione
necessaria a impedire un raffreddamento eccessivo del pianeta, ma se viene alterato l'equilibrio tra
produzione e assorbimento e l'anidride carbonica aumenta, il clima si riscalda. La crescente
immissione di CO2 dipende per ¾ dall'impiego di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas
naturale) e dalla produzione di cemento. Per il resto è provocata dal disboscamento, che comporta
un minor assorbimento del carbonio atmosferico da parte della vegetazione. È stato calcolato che
dal 1750 a oggi sono stati immessi nell'atmosfera 300 miliardi di carbonio: circa metà dell'anidride
carbonica così prodotta è riassorbita dagli oceani e dal sistema suolo-foreste, ma l'altra metà si
accumula nell'aria.
L'effetto più evidente del riscaldamento terrestre è lo scioglimento dei ghiacci che procede a ritmi
accelerati, dalle Alpi all'Himalaya, con percentuali di diminuzione che superano il 50%. Il
ghiacciaio del Kilimangiaro, l'unico di tutta l'Africa, sembra destinato a scomparire entro dieci anni,
la banchisa artica dopo il 1945 ha visto ridursi del 40% il suo spessore, mentre quella antartica sta
perdendo migliaia di km2 di superficie.
L'incremento delle temperature fa anche aumentare le piogge che, sostituendosi alle nevicate,
comportano un deflusso generalmente più rapido delle acque; potenziali conseguenze saranno
inondazioni sempre più frequenti e prolungate siccità nella stagione secca, oltre all'aumento, già in
atto, di fenomeni meteorologici estremi come i cicloni. Lo scioglimento dei ghiacci comporta a sua
volta l'innalzamento del livello degli oceani e il conseguente arretramento della linea di costa.
Si è giunti dunque a un punto critico: al problema di perseguire lo sviluppo economico si aggiunge
quello di rendere compatibile la crescita produttiva con la conservazione dell'ambiente.
Poiché il cambiamento climatico è, di per sé, fonte di tensioni, è di vitale importanza affrontare le
vulnerabilità attuali: occorre ridurre la povertà attraverso lo sviluppo sostenibile, in modo che le
persone possano fronteggiare meglio i cambiamenti dovuti al riscaldamento globale. Su questo
fronte l'energia rinnovabile dovrà giocare un ruolo prioritario perché può alleviare la povertà e
ridurre il rischio di conflitti per l'energia di origine fossile e per le risorse idriche: infatti, i sistemi
decentrati di energia sono meno indifesi di fronte ai disastri naturali. Inoltre, tutelare e gestire in
modo migliore l'ambiente fa sì che gli ecosistemi siano più equilibrati e meno vulnerabili agli
impatti del cambiamento climatico.
Bibliografia

Laureti, L., (1998), Carico antropico e compatibilità ambientale nell’alta montagna alpina in
conseguenza dello sviluppo turistico. In: Zerbi M.C., (1998), Turismo sostenibile in ambienti
fragili, Quaderni di Acme 32, Istituto di Geografia Umana dell’Univ. di Milano, Editor. Cisalpino,
Milano

Ortolani F. & Pagliuca S. (2007), Considerazioni sulle modificazioni climatiche ed ambientali nel
periodo storico e nel prossimo futuro. In: “Clima e cambiamenti climatici: le attività del CNR”, a
cura di Carli, Cavarretta, Colacino e Fuzzi, eds., Roma.

Salvatori F. (a cura di),  Congresso. Geografico. Italiano. L'apporto della tra rivoluzioni e riforme.
A.Ge.I. - Roma. Roma, 7-10 Giugno 2017.

Smiraglia, C., Diolaiuti, G., Pelfini, M., (2015), Trasformazioni del paesaggio glaciale dell’alta
montagna. Riduzione o evoluzione della geodiversità?. In: D’Andrea M., Rossi R., (2015),
Geologia e Turismo… a 10 anni dalla fondazione. 5° Congresso Nazionale Geologia e Turismo,
Bologna, 6-7 giugno 2013, Atti, ISPRA

Potrebbero piacerti anche