Filozofická fakulta
Filozofická fakulta
Martina Hauerová
2014
Prohlašuji, že jsem bakalářskou diplomovou práci vypracovala samostatně a že jsem uvedla
všechny prameny, které jsem použila. Dále prohlašuji, že elektronická verze je totožná s verzí
tištěnou.
1 La provvidenza.........................................................................................................................7
1.1 La giustizia........................................................................................................................9
4 I promessi sposi......................................................................................................................23
7 Conclusione............................................................................................................................36
Bibliografia...............................................................................................................................38
INTRODUZIONE
Alessandro Manzoni è noto come poeta della provvidenza che cerca di trovare e
interpretare il disegno provvidenziale nella storia e nelle vite umane. La provvidenza è un
protagonista importante di tutte le sue opere. Un altro è la storia. Lo scopo della presente tesi
è di scoprire il rapporto del Manzoni con la provvidenza e con la storia e qual è, secondo
Manzoni, il ruolo della provvidenza nella storia. Osserverò come si è evoluto ideologicamente
l’autore nel corso della sua vita e in che modo si rispecchia tale sviluppo nelle sue opere, in
particolare nella sua opera più importante, nei Promessi Sposi. Cercherò di capire se la
provvidenza, così insistentemente annunciata, corrisponde ad una intima convinzione
dell’autore oppure l’autore ha un altro intento e se l’autore considera la storia un’opera di Dio
creata secondo un piano divino, oppure, come forse vedremo alla fine, dà più importanza alle
azioni dell’uomo.
Nei primi capitoli riassumerò brevemente nozioni sull’ambiente vitale e ideologico in
cui era cresciuto Alessandro Manzoni e cercherò di dare una definizione del concetto
manzoniano della provvidenza, della storia e del ruolo di Dio nella storia umana.
Nei capitoli successivi analizzerò l’evoluzione ideologica del nostro autore, dalle
prime opere scritte dopo la sua conversione al cattolicesimo, in cui celebra con fervore il
piano provvidenziale, alle tragedie, dove inizia a capire che la provvidenza non aiuta sempre
chi se lo meriterebbe e ha una funzione piuttosto purificatrice e consolatrice, per arrivare fino
ai Promessi sposi, in cui ha maturato la sua nuova visione della storia, della provvidenza e del
ruolo dell’uomo nella storia. Descriverò brevemente anche i personaggi manzoniani, per
capire qual è il loro rapporto con la provvidenza e che ruolo hanno nel romanzo.
Leggerò i testi di Manzoni, in particolare il suo romanzo storico I Promessi sposi,
cercherò di descrivere come viene raffigurata e coinvolta la provvidenza, in che modo agisce
nella storia e nelle vite delle persone e come la percepiscono le persone stesse. Proverò a
comprendere l’atteggiamento del nostro autore verso la provvidenza e la fede in Dio, così
come le sue opinioni sul bene e male, e qual è la connessione tra queste due forze e le azioni
dell’uomo.
6
1 LA PROVVIDENZA
Prima di affrontare il tema della provvidenza nel Manzoni è utile dare uno sguardo alla
visione storica e all’atteggiamento della teologia cristiana di fronte a questo fenomeno. La
visione e il concetto della provvidenza varia nei secoli e non è facile trovare una definizione
concreta. La parola stessa deriva dal termine latino “providentia” che significa premura e
previdenza. La provvidenza può essere capita come la sovranità di Dio oppure gli interventi di
Dio nelle vicende umane. Le tracce del concetto della provvidenza si trovano già nella
filosofia antica, quando corrispondeva piuttosto al concetto del destino invece che a una forza
che deve aiutare l’uomo. Altrettanto nella religione ebrea esiste l’idea della provvidenza: Dio
protegge, dirige ma anche punisce il suo popolo, conducendolo verso un futuro migliore.
“Secondo il concetto provvidenziale cristiano Dio usa le abilità, capacità intellettuali e il
libero arbitrio di tutti gli esseri, così come le loro azioni, per portare la creazione del mondo
alla perfezione.”1
Nella storia cristiana Dio è concepito come un essere infinito, che si prende cura del
mondo, è dotato d’intelletto e volontà e pur vivendo nel suo regno inaccessibile, è presente nel
mondo con la sua onnipotenza e provvidenza. Non resta indifferente di fronte a quello che
accade sulla terra ma agisce affinché vinca il bene e il male venga sconfitto. In questa visione
del mondo l’universo è visto come un insieme, sostenuto da leggi che conducono alla mente
divina. Vedendo il mondo e la vita in rapporto di dipendenza da una mente divina, è facile
affidare a Dio le azioni e gli eventi, che non si riescono a comprendere e dominare.
Secondo Immanuel Kant, uno dei più importanti filosofi dell’illuminismo, il cui idee
avranno influenzato Manzoni, l’universo ha in se stesso le spiegazioni e le cause dei propri
fenomeni, non rimanda a una spiegazione divina e in questo contesto anche la storia acquista
la sua autonomia. Il processo temporale cessa di essere un mistero che richiede una
spiegazione teologica: è l’uomo che realizza se stesso e la storia. Questo processo storico
illumina la centralità e il potere creativo dell’uomo. Si tende così a percepire la trascendenza
sempre più nella dimensione interiore dell’essere umano.2
1
Cfr. Judaismus, křesťanství, islám. Vyd. 2., podstatně přeprac. a rozš., (v nakl. Olomouc vyd. 1.).
Editor Helena Pavlincová, Břetislav Horyna. Olomouc: Nakladatelství Olomouc, 2003, 661 s., p. 427.
2
PANIZ, Giuseppe, Riflessioni sul concetto manzoniano della provvidenza.
Messina; Firenze: G. D'Anna, 1972, p. 10.
7
Il nostro contemporaneo, Luciano Parisi, professore di lingue e letterature romanze,
definisce la provvidenza così:
3
PARISI, Luciano, Il tema della Provvidenza in Manzoni. In: MLN [online]. 2009[cit. 2014-09-26].
Accessibile al http://www.jstor.org/action/showPublication?journalCode=mln, p. 84.
4
Ibidem.
5
Ivi, p. 90.
8
Bossuet comunque si rende conto della debolezza delle sue teorie e precisa quindi che
esistono un bene assoluto (la felicità eterna promessa ai giusti) e anche un male assoluto (la
dannazione), entrambi risultati della giustizia divina, i cui fini sono sconosciuti all’uomo.
1.1 LA GIUSTIZIA
Insieme alla provvidenza, che può essere considerata giustizia divina, nei romanzi di
Manzoni viene affrontato il concetto della giustizia terrena. La giustizia, a livello personale, è
una virtù morale secondo la quale ognuno si dovrebbe comportare nei confronti degli altri in
modo onesto e corretto. A livello pubblico, sotto il nome giustizia s’intende un ordine che
dovrebbe garantire a tutti gli stessi diritti. Tutti sperano nella giustizia ma nei tempi di cui
narra il nostro autore, per i poveri la giustizia civile era quasi irraggiungibile. Lo esprime
Agnese, quando insieme a Renzo e Lucia discutono di don Rodrigo: “Contro i poveri c’è
sempre giustizia.”6 I poveri quindi erano consapevoli che la giustizia, invece di aiutarli, gli si
poteva mettere contro. Non restava che avere fiducia nella provvidenza che rappresentava “un
tribunale ben altrimenti giusto e riparatore di quello mondano, dove tutti gli uomini, grandi o
infimi essi siano, hanno lo stesso trattamento”.7 Per Manzoni “la giustizia è uno stato reale
dell’anima umana, l’aspirazione suprema dell’uomo civile.”8 Nelle sue opere esprime
l’opinione che i governatori spesso non siano in grado di poter governare un paese e decidere
delle sorti di altre persone e che dovrebbero avere delle qualità morali superiori e più
responsabilità. Non è comunque difficile accorgersi che l’autore usa il termine “giustizia” in
senso negativo o per lo meno ironico:
Nel terzo capitolo Renzo aveva affermato che a questo mondo c’è giustizia,
finalmente! sottintendendo che, invece, non ve ne era alcuna e che l’unico mezzo
perché i poveri l’abbiano è quello di farsela da sé; […] nel capitolo terzo la visita di
Renzo al dottor Azzecca-garbugli costituisce una riprova di come la giustizia sia
soltanto un nome vano; […] a proposito dei fornai costretti a produrre pane ad un
prezzo antieconomico, l’autore afferma che le giustizie del popolo sono delle peggio
che si facciano in questo mondo. ”9
6
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Milano: Garzanti, 2000, p. 87.
7
Cfr. TOSCANI, Claudio, Come leggere I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, Milano: U. Mursia
editore, 1994, p. 78.
8
Cfr. DERLA, Luigi, Il realismo storico di Alessandro Manzoni, Varese: Istituto editoriale cisalpino,
1965, p. 219.
9
MICCINESI, Mario, Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. 2. ed. Milano: Mursia, 1990, p. 216- 217.
9
Queste citazioni dimostrano che per Manzoni la giustizia è solo una parola e che la
giustizia umana, secondo lui, non funziona come dovrebbe. Un esempio clamoroso di tale
giustizia civile, meglio dire ingiustizia, è riportato nel saggio storico Storia della colonna
infame, in cui “la giustizia umana”, ignorando la mancanza delle prove, il buon senso e la
morale ha condannato a una morte crudele due persone innocenti.
Nello stesso tempo, come si scoprirà nei capitoli successivi, il nostro autore non perde
la speranza in un futuro migliore, crede nella forza creatrice dell’uomo e perciò vuole educare
gli uomini e motivarli a un comportamento conforme allo spirito del cristianesimo. Nel suo
romanzo più celebre, I promessi sposi, incorpora quindi l’idea che facendo del bene, l’uomo
con le sue gesta rappresenta la provvidenza divina.
Parlando della vita di Alessandro Manzoni non si può tralasciare il suo ruolo
nell’unificazione della lingua italiana. Manzoni fu nominato dal ministro della pubblica
istruzione a presidente della commissione il cui compito era l’unificazione della lingua
italiana e la sua diffusione tra il popolo. Nel 1868 scrisse la relazione Dell’unità della lingua e
dei mezzi di diffonderla in cui indicò il fiorentino come lingua adatta per tutta l’Italia e si
10
MICCINESI, Mario, Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. 2. op. cit., p. 28.
11
impegnava affinché il fiorentino venisse insegnato sulle università di tutta l’Italia. A tale fine
rielaborò anche il linguaggio del suo romanzo I promessi sposi sostituendo il dialetto milanese
con il linguaggio vivo dei fiorentini colti.
Questi lati oscuri dell’anima umana e della storia che hanno rovinato i tentativi degli
illuministi di sottoporre l’andamento della storia a un ordine armonioso, emergono di fronte
alla coscienza di Manzoni in cerca di una ragione, magari ultraterrena, che potrebbe
interpretare i problemi dell’esistenza umana.
Manzoni però non credeva di trovare in una ragione soprannaturale la spiegazione
dello sviluppo della storia o del comportamento umano. Sapeva che di Dio e del suo disegno
ne sappiamo troppo poco per poterlo comprendere.
Questo pessimismo cristiano portò Manzoni alla conclusione che la vita è una guerra
contro il male. Il male e il bene sono gli elementi che formano la realtà umana: il male è una
forza oscura che spaventa l’uomo, mentre il bene gli dà la speranza perché manifesta il divino.
“La storia è lo specchio di tale lotta in un lento progredire del bene, del prevalere della
giustizia, nella prospettiva di una vittoria finale.” 13 Manzoni sapeva che l’uomo non potrà mai
raggiungere la vittoria definitiva sul male in nessun momento della storia, e d’altra parte
11
Cfr. MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Pesaro: Metauro, 2006, p. 22-23.
12
MANZONI, Alessandro, Storia della colonna infame, in Prose minori, Firenze, Sansoni, 1967, p. 44,
cit. da PANIZ, Giuseppe, Riflessioni sul concetto manzoniano della provvidenza. Op. cit., p. 21.
13
MANZONI, Alessandro, Storia della colonna infame, in Prose minori, Firenze, Sansoni, 1967, p. 44,
cit. da PANIZ, Giuseppe, Riflessioni sul concetto manzoniano della provvidenza. Op. cit., p. 28
12
sentiva il bisogno di comunicare ai suoi lettori che non dovevano mai rinunciare a questo loro
impegno umano, anche se a volte sembra impari e assurdo di fronte alle ingiustizie che
appaiono nel mondo. In questi momenti la fede cristiana, pur non potendo dare una
giustificazione razionale delle sventure che porta la vita, offre all’uomo una consolazione e lo
guida per superare gli ostacoli della vita, apparentemente invincibili. Nell’opera di Manzoni si
trovano tracce dell’accettazione delle contraddizioni di questo mondo: come esempio si può
indicare il personaggio di Lucia, che si affida a Dio nei momenti difficili; ma cisi trova anche
l’esempio di un atteggiamento attivo verso la propria sorte, pur rispettando interamente Dio,
cioè il personaggio di Renzo, che cerca sempre di risolvere i problemi con le proprie forze.
17
MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Op. cit., p. 67.
14
anche per noi. Vada tutto in isconto de’miei peccati. Lucia è tanto buona! non vorrà poi farla
patire un pezzo, un pezzo, un pezzo!”18
Nei capitoli successivi cercherò di descrivere più dettagliatamente l’evoluzione
ideologica e la visione della provvidenza di Manzoni, basandomi sulle sue opere principali.
Mi concentrerò soprattutto sui Promessi sposi e cercherò di spiegare che quando Manzoni
scriveva questo romanzo, nel suo intimo non credeva più negli interventi provvidenziali,
rinunciò alla ricerca del piano divino nella storia e arrivò a una visione della provvidenza più
personale e intuitiva.
18
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 239.
19
MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Op. cit., p. 38.
20
MANZONI, Alessandro, La Passione, cit. da PARISI, Luciano, Il tema della Provvidenza in Manzoni.
Op. cit., p. 84.
15
Altrettanto ne La Pentecoste, l’ultimo degli Inni, considerato dai critici quello
migliore, viene invocato lo Spirito Santo perché “ […] continui a scendere sulla terra, compia
la sua opera di rinnovamento spirituale e consoli i sofferenti.”21
Manzoni s’interessava anche della vita pubblica e politica. Nel periodo dopo
l’abdicazione del re Vittorio Emanuele I fu concessa la costituzione e i liberali piemontesi
credettero che i Savoia avrebbero fatto guerra all’Austria, Manzoni si lasciò prendere
dall’entusiasmo e scrisse in soli tre giorni l’ode civile Marzo 1821. In questa poesia esprime
la convinzione che i popoli devono lottare per la propria indipendenza e che Dio li aiuterà in
tale lotta perché è giusto e vuole che tutte le nazioni siano libere. Si può dire che il motivo è
simile a quello delle poesie religiose:
Nelle poesie, sia le religiose sia quelle politiche, Manzoni ha una visione panoramica
del disegno provvidenziale ed esprime la propria fiducia in Dio e nei suoi interventi nella
storia. L’autore si riferisce agli eventi storici, i quali, essendo visti a distanza per periodi
lunghi e con gli occhi di chi li vuole vedere in quel modo, sembrano fatti da Dio, a favore
dell’umanità. Manzoni crede quindi negli effetti positivi della provvidenza nella storia e inizia
a studiarla, sperando di trovare nei dati storiografici i segni del piano divino. Come forma
letteraria sceglie la tragedia perché essa esprime il travaglio interiore di una persona e la sua
lotta contro il destino. Invece gli cominciano a sorgere dei dubbi sugli effetti positivi della
provvidenza perché nelle tragedie il suo sguardo si sposta dagli eventi d’interi millenni a un
21
Cfr. MICCINESI, Mario, Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 124.
22
MANZONI, Alessandro, Marzo 1821, cit. da PARISI, Luciano, Il tema della Provvidenza in Manzoni.
Op. cit., p. 85.
16
concreto momento storico, alla vita delle singole persone. In questo periodo Manzoni
comincia a dubitare sulla presenza e sull’efficacia di un piano divino nella storia.
Non cessa di credere nella forza liberatrice del cristianesimo ma non riesce a cogliere e a
verificare un piano divino operante nella storia.23
La prima tragedia di Manzoni, basata sui fatti veri, è Il Conte di Carmagnola. È un
dramma storico in cinque atti, scritto da Manzoni tra gli anni 1816-1819, pubblicato nel 1820,
con la prima rappresentazione nel 1828 al Teatro Goldoni di Firenze. Il protagonista della
tragedia è il conte di Carmagnola, condottiero, secondo Manzoni una persona magnanima con
una fine immeritata. Tramite quest’opera, ispirata dalle guerre tra il Ducato di Milano e la
Repubblica di Venezia nel ‘400, Manzoni critica le discordie dei suoi tempi tra gli italiani, che
impedivano l’unificazione dell’Italia. Manzoni era deluso dal comportamento dei suoi
contemporanei e spaventato dalle guerre fratricide del ‘400: “I fratelli hanno ucciso i fratelli,/
Questa orrenda notizia vi do.”24 È difficile decidere, quale delle parti fosse nel giusto,
tantomeno trovarci un piano divino. Piuttosto sembra che prendano sopravento le forze del
male.
Il conte di Carmagnola, d’origine un uomo povero, inizialmente è dalla parte dei
Milanesi, dopo però passa dai Veneziani e vince per loro la battaglia di Maclodio.
Successivamente i Veneziani lo sospettano di tradimento, lo arrestano e condannano a morte.
Il conte di Carmagnola, come un eroe di una tragedia classica, generoso, sincero, sicuro di
essere nel giusto, invece di fuggire quando sa di essere sospettato di tradimento, affronta le
accuse a fronte alta ma viene condannato a morte. Nessuna forza maggiore interviene per
aiutarlo, nessuna presenza divina è visibile nella sua azione tragica. Soltanto la sua morte
immeritata viene illuminata dalla consolazione di un paterno abbraccio di Dio:
“Pei diserti in cielo / c’è un Padre”; dal fatto che tutte le gioie della vita sono “un don
del cielo”; dal fatto che la morte stessa non è stata inventata dagli uomini: “ella saria /
Rabbiosa, insopportabile: dal cielo / Essa ci viene; e l’accompagna il cielo/Con tal
conforto, che né dar né torre / Gli uomini ponno”.25
In quest’opera troviamo già gli accenni della possibilità che la provvidenza non
intervenga sempre subito e che le sue finalità siano diverse dalle aspettative umane.
23
Tratto da MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Op. cit.
24
Cfr. MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Op. cit., p. 69.
25
Cfr. Ivi, p. 72.
17
Il conte di Carmagnola, mentre parla ai suoi compagni d’armi, definisce le modalità
della giustizia divina così:
26
MANZONI, Alessandro. Conte di Carmagnola [online]. Letteratura italiana Einaudi.
[cit. 2014-11-09].Accessibile al: http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_8/t339.pdf, p. 56
27
PARISI, Luciano, Il tema della Provvidenza in Manzoni. Op. cit., p. 92.
18
Vo per la via ch’io non mi scelsi, oscura,
Senza scopo; e il mio cor s’inaridisce,
Come il germe caduto in rio terreno,
E balzato dal vento.28
Anche in quest’opera, come nel Conte di Carmagnola, sembra non esserci nessun
intervento positivo della provvidenza, nessun rimedio temporale ed umano alla sventura, Dio
solo può darle un senso e un valore, nei modi che a noi non sono chiari e comprensibili.
Adelchi dice al suo padre di dare al re franco il seguente messaggio:
Te collocò la provvida
Sventura in fra gli oppressi:
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi:
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà. 32
Quindi quello che inizialmente sembra una disgrazia, in realtà è un’espiazione che
assolve e cancella il male fatto in vita da Ermengarda e le fa guadagnare il paradiso; la
provvidenza interviene causando le sventure e il dolore, aprendo a Ermengarda le porte della
vita eterna che altrimenti resterebbero per lei chiuse.
In base a quanto ho documentato sopra posso constatare, che nelle prime opere di
Manzoni il tema della provvidenza non appare ancora molto chiaramente anche se è evidente
che Manzoni crede nel piano divino perché invoca spesso Dio. La provvidenza esiste ma
agisce lentamente, attraverso i secoli, e spesso in modo contradittorio. Viene usato il termine
“la provvida sventura”, cioè la provvidenza, che tramite il dolore aiuta le persone di
raggiungere la salvezza finale dell’anima ma non le aiuta nel corso della loro vita. Con la voce
di Adelchi l’autore dice addirittura che “sulla terra non resta che far torto o patirlo”. La
provvidenza ha soprattutto la funzione consolatrice e purificatrice: la sofferenza è un dono di
Dio perché prova che non si è fatto il male.
32
Ivi, p. 79.
20
cambiò il concetto della provvidenza, come si può leggere nelle Riflessioni sul concetto
manzoniano della provvidenza:
“A giudizio dei critici, sembra che si sia verificata una notevole evoluzione nel
concetto di provvidenza tra il primo abbozzo, Fermo e Lucia, e il romanzo I promessi sposi.
Una maturazione che interessa non solo la concezione religiosa della storia ma le stesse
tecniche narrative, strettamente legate al piano ideologico.”33 Mentre nel Fermo e Lucia
Manzoni era continuamente presente come narratore, nei Promessi sposi distingue
chiaramente le sue impressioni personali con un tono scherzoso: quando durante i tumulti
popolari per la mancanza del pane la gente distrugge le botteghe dei fornai, l’autore lo
commenta: “Veramente, la distruzione de’frulloni e delle madie, la devastazione de’forni, e lo
scompiglio de’fornai, non sono i mezzi più spicci per far vivere il pane; ma questa è una di
quelle sottigliezze metafisiche, che una moltitudine non ci arriva.” 34 Inoltre, l’autore mira
sempre a farci osservare la realtà attraverso gli occhi dei personaggi, non come raccontata da
lui. Nell’undicesimo capitolo, Renzo, quando va a Milano, descrive il paesaggio come gli
appare in quel momento: ricorda che l’immagine del duomo corrisponde esattamente a come
gliela avevano descritta quando era bambino.
Nel capitolo successivo, concentrato sull’opera principale di Manzoni, proverò a
dimostrare che l’autore, in base ai fatti storici, comincia a pensare che le cause del bene e del
male non sono soprannaturali, cioè che non sono interventi della provvidenza divina, ma che
il bene e il male sono le conseguenze delle azioni umane e che il creatore della storia non è
Dio ma l’uomo.
4 I PROMESSI SPOSI
33
Cfr. PANIZ, Giuseppe, Riflessioni sul concetto manzoniano della provvidenza. Op. cit., p. 37.
34
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 178.
21
chiamata “La Ventisettana”, il cui titolo era probabilmente Gli sposi promessi ma è stato
sostituito con il titolo definitivo I promessi sposi. Manzoni non era ancora sodisfatto della sua
opera, in particolare del linguaggio del romanzo, che era il dialetto milanese. L’autore lo
voleva sostituire con il dialetto fiorentino, che considerava lingua unificatrice. Dopo le
revisioni linguistiche, nel 1840, viene pubblicata la terza e ultima redazione dei Promessi
sposi, chiamata “La Quarantana”.
La trama del romanzo è ambientata all’inizio del ‘600 in Lombardia, durante il
dominio spagnolo. I protagonisti sono due giovani, Renzo e Lucia, due giovani poveri e
semplici di campagna, che si amano e vogliono sposarsi. Prima devono affrontare numerose
difficoltà, intrighi da parte di un uomo potente, e ostacoli del destino. Sono costretti a
separarsi per un tempo lunghissimo ma alla fine, grazie alla loro pazienza, amore, aiuto di
altre persone e forse anche quello della provvidenza, si ritrovano, si sposano e comprano un
piccolo filatoio, hanno bambini e vivono felici. Manzoni stesso spiega, dove ha trovato
l’ispirazione e i dati storici per il suo romanzo:
Ma non bisogna dimenticare che la storia privata dei due protagonisti doveva servire
per rappresentare un’epoca storica, nella quale Manzoni voleva scoprire il disegno
provvidenziale alla cui ricerca aveva abbandonato la tragedia per il romanzo storico.
Studiando con attenzione i materiali storiografici, Manzoni comincia a pensare che le cause
del male non siano metafisiche ma che sono le conseguenze della cattiveria, l’ignoranza e
l’egoismo della gente, in particolare dei governanti e potenti.
35
TOSCANI, Claudio, Come leggere I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 24.
22
Nel sesto capitolo, la provvidenza mette un filo nelle mani di padre Cristoforo;
nell’ottavo fa sì che Menico incontri Renzo, Lucia e Agnese che fuggono dalla
abitazione di don Abbondio e li avvisi del pericolo che stanno correndo tornando a casa
di Agnese. Nel quattordicesimo ancora la provvidenza ha pensato a procurare a Renzo
il pane che lo stesso mangerà poi all’osteria della Luna piena. Nel diciassettesimo,
Renzo va verso l’Adda a “guida della Provvidenza”; nello stesso capitolo il
protagonista, giunto in riva all’Adda ringrazia in cuor suo la Provvidenza; poco dopo
soccorre una famiglia di bisognosi, in nome della Provvidenza; Lucia, in casa del sarto,
in cui è stata accolta dopo la sua liberazione dal castello dell’Innominato, pensa che
l’allontanamento di Renzo sia stato voluto dalla Provvidenza e si abbandona al
pensiero che, sempre la Provvidenza, faccia in modo che Renzo non pensi più a lei. Nel
capitolo ventottesimo don Gonzalo spera nell’aiuto della Provvidenza quando i
lanzichenecchi stanno per scendere nel territorio milanese. Nel trentesimo è don
Abbondio ad invocare la Provvidenza quando accetta di rifugiarsi nel castello
dell’Innominato per cercar scampo all’invasione dei lanzichenecchi. Nel
trentaquattresimo, quando Renzo salta sul carro dei monatti per sfuggire al linciaggio,
dopo che è stato scambiato per un untore, ringrazia la Provvidenza di averlo salvato.
Nel trentaseiesimo la Provvidenza fa capitare Renzo proprio dalle parti del lazzaretto
dove deve recarsi Lucia, ed è la stessa provvidenza che fa trovare a Lucia, nel
momento del bisogno, la buona vedova che si occuperà di lei prendendola sotto la sua
protezione.” 36
36
MICCINESI, Mario. Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 215.
37
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 35.
23
gridando: ecco il pane della provvidenza!”38 L’uso così frequente della parola “provvidenza”,
anche dove non ce n’è bisogno, fa pensare che Manzoni voglia fare capire al lettore che cerca
solo d’interpretare il modo di pensare dei personaggi seicenteschi, per far vedere la realtà con
gli occhi loro. L’autore stesso però era piuttosto pessimista, sia riguardo alla provvidenza, che
si può chiamare giustizia divina, sia riguardo alla giustizia umana. Di questo argomento ho
già parlato nel capitolo 1.1 e lo approfondirò anche nel capitolo 5.1 sulla Storia della colonna
infame. I personaggi seicenteschi, grazie alla loro fede e devozione, ma forse un po’ in
conseguenza alla loro ignoranza, superstizioni e pregiudizi, vedevano la provvidenza
dappertutto, anche dove non c’era.
Manzoni, infatti, parla anche dell’ignoranza e della malafede umana: don Abbondio,
che sembra piuttosto un insulto alla fiducia nella provvidenza, dato che lui stesso non mostra
mai nemmeno un minimo di fede e pensa solo agli affari suoi, invoca la provvidenza in aiuto
del proprio egoismo oppure la ringrazia per la morte di don Rodrigo: “Vedete figliuoli, se la
provvidenza arriva alla fine certa gente. Sapete che l’è una gran cosa… Ha spazzato via certi
soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo più.”39
L’autore crede, come ho già detto prima, che la cattiveria e l’ignoranza della gente
sono una delle cause del male sulla terra. Ne parla nel tredicesimo capitolo, quando descrive il
comportamento della massa durante i tumulti popolari. La gente è arrabbiata perché manca il
pane, allora prende d’attacco le botteghe dei fornai e le distrugge, senza tener conto delle
cause di tale comportamento. La massa considera colpevole per la mancanza del pane il
vicario di provvisione e non capisce le vere cause del problema e non si rende conto
dell’assurdità e dell’ingiustizia del proprio comportamento. Manzoni spiega che la gente
agisce in quel modo “per un riscaldamento di passione, per una persuasione fanatica, o per un
disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per ispinger le cose
al peggio.”40 Aggiunge che fortunatamente ci sono anche le persone buone che fanno da
contrappeso alla cattiveria degli altri. In tale descrizione del comportamento della massa,
secondo l’opinione di Miccinesi, “[…] sarebbe difficile trovarvi anche una sola
argomentazione della quale si potesse indurre che il suo autore è un convinto sostenitore della
provvidenza divina come forza attiva nel mondo.”41
38
Ivi, p. 198.
39
MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Op. cit., p. 20.
40
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 184.
41
MICCINESI, Mario. Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 218.
24
In base a quanto ho documentato sopra credo di poter constatare che Manzoni, nel
periodo in cui scrive il romanzo, non cerca più una forza soprannaturale che intervenga nelle
vicende umane ma capisce che sono gli stessi uomini a creare la storia, che la provvidenza è
una forza che viene messa in moto dalle azioni degli uomini. Mentre nell’abbozzo Fermo e
Lucia si trovano ancora diversi interventi provvidenziali, nei Promessi sposi l’autore spiega
gli eventi che potrebbero apparire come intervento di Dio, come atti di fede individuale e non
li fa apparire come un miracolo. Nel sesto capitolo, quando padre Cristoforo pensa che il cielo
gli abbia dato un segno, che la provvidenza abbia messo il filo nelle sue mani, il lettore sa che
in realtà si tratta dell’aiuto di un uomo, che agisce secondo la sua coscienza e vuole aiutare il
suo prossimo. “La pressione provvidenziale si attenua o scompare, e si ha un intervento sulle
coscienze umane ai fini di una trasformazione come nel caso dell’Innominato, il Dio
interviene solo sul cuore umano e la determinazione divina viene a fondersi col subconscio”. 42
L’uomo, credendo in Dio e nella provvidenza e agendo conformemente alla propria fede,
realizza la provvidenza sulla terra.
La fede in Dio e la provvidenza aiutano le persone a sopportare meglio i dolori che la
vita porta, di accettarli con rassegnazione e a volte dare a loro una spiegazione. Alla fine del
libro lo dice Renzo, quando parlano con Lucia delle sventure che hanno dovuto superare:
“[…] i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma la condotta più cauta non
basta a tenerli lontani e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li
raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore.“ 43 Il tema delle azioni umane e delle loro
conseguenze verrà approfondito nel sesto capitolo, dedicato al ruolo dell’uomo nella storia.
25
storia. Ragionando sopra i documenti storici invece comincia a capire che la storia è creata
dagli uomini per mezzo delle loro azioni. Vuole rappresentare la storia più fedelmente
possibile per raggiungere l’oggettività storica assoluta.
Studia attentamente i documenti storici dell’epoca che intende descrivere nella sua
opera, di cui ho parlato nel capitolo precedente e alla quale voglio brevemente ritornare per
evidenziare quanto ci teneva Manzoni a descrivere ogni particolare storico: nei Promessi
sposi, infatti, si trova una descrizione dettagliata dei luoghi in cui si svolge il racconto, incluso
i nomi geografici, date delle ordinanze e decreti rilasciati nel periodo di cui l’autore narra,
incluso la descrizione e la spiegazione dei loro contenuti. Per maggior comprensione l’autore
spiega le usanze e i problemi di quei tempi, sconosciuti al lettore del ’800: per esempio,
Manzoni spiega quante complicazioni comportava nel ‘600 inviare una lettera. Soprattutto il
periodo, in cui Milano è colpita dalla peste, viene descritto dal Manzoni con molta attenzione:
l’autore descrive come si era diffusa l’epidemia, indica i nomi delle persone che
probabilmente, secondo gli archivi di allora, portarono la malattia in città; descrive le misure
che furono adottate dalle autorità per lottare contro la diffusione dell’infezione, indicando i
nomi delle persone che erano impegnate in queste attività, tutto ciò documenta con le citazioni
dai documenti e dalle cronache dell’epoca. In particolare fa riferimento allo storico Giuseppe
Ripamonti, il cui opere l'Historia Ecclesiae mediolanensis e De peste Mediolani quae fuit
anno 1630 erano le fonti principali per tutto il romanzo. In oltre, per dare al suo romanzo
l’immagine di una storia vera e per sottolineare la veridicità e dei fatti riportati, l’autore
sostiene di aver scritto il romanzo in base ad un manoscritto che trovò.
Oltre ai fatti storici, l’autore cerca di capire e interpretare il comportamento e il modo
di pensare della gente coinvolta in questi eventi drammatici: descrive come la gente
inizialmente sottovalutava la possibilità che la peste si diffondesse e non rispettava le misure
disposte dalle autorità. Quando invece la peste era scoppiata, la gente, presa dal panico, iniziò
a sospettare soprattutto gli estranei dalla diffusione dell’infezione. Da qui nacquero le
persecuzioni degli untori. La gente, superstiziosa, ignorante e impaurita, vedeva avvelenatori
dappertutto. L’autore descrive, basando si sui fatti veri raccontati dallo storico Ripamonti,
come bastava un minimo pretesto per accusare e aggredire un uomo innocente:
Nella chiesa di sant’Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che
ottuagenario, dopo aver pregato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e
prima, con la cappa, spolverò la panca. “Quel vecchio unge le panche!” gridarono a
una voce alcune donne che vider l’atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!),
26
fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi come’erano; lo carican di pugni
e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo,
così semivivo, alla prigione; ai giudici, alle torture. “Io lo vidi mentre lo strascinavan
così,” dice il Ripamonti: “ e non ne seppi più altro: credo bene che non abbia potuto
sopravvivere più di qualche momento.”44
Credo che Alessandro Manzoni sia rimasto colpito dalle brutalità, commesse in
conseguenza all’ignoranza, di cui trovò testimonianze nella documentazione storica, perché
dedicò a questo tema diversi capitoli e prestò molta attenzione ai particolari. A romanzo finito
si rese conto che i capitoli sulla peste erano troppo estesi e che sarebbe stata una digressione
troppo lunga dalla trama del romanzo e decise di sviluppare l’argomento sugli untori in un
testo indipendente. Pubblicò il saggio la Storia della colonna infame.
44
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 442.
45
Cfr. MANZONI, Alessandro, Storia della colonna infame, Editrice l´Unità s. p. a., p. VIII.
27
spiega che il suo racconto si basa sullo scritto di un uomo, che grazie alla sua posizione
sociale riuscì a salvarsi e pubblicò le proprie difese. Quindi si tratta di una storia vera, l’autore
indica i nomi di tutte le persone coinvolte e cita anche dai verbali del tribunale.
Manzoni descrive tutti i particolari della faccenda: come iniziò il processo (per un
assurdo pretesto) che l’accusato sotto la tortura “confessò” e indicò un altro colpevole (per
evitare altra tortura, a costo di doversi inventare qualcosa). Manzoni ne dice:
Manzoni racconta passo per passo come procedeva l’interrogatorio e tutto il processo:
erano i magistrati a suggerire le risposte agli accusati per far tornare l’interrogatorio a loro
comodo e gli interrogati confermavano tutto quello che gli veniva chiesto e accusavano pure
altre persone, per evitare altre torture. In corso del processo morirono tante persone in
conseguenza alle torture, si salvò solo un nobile, uno spagnolo, grazie alla sua posizione
sociale e alle difese dei suoi avvocati. Nell’introduzione alla Storia della colonna infame
scritta da Sandro Veronesi si legge:
Manzoni, leggendo i fatti storici del processo, era impressionato dagli orrori che era in
grado di commettere un uomo all’altro uomo, e questi eventi, realmente accaduti, hanno
sicuramente contribuito alla perdita della fiducia negli effetti positivi della provvidenza divina
del nostro autore. Lo confermano le parole di Miccinesi:
46
MANZONI, Alessandro, Storia della colonna infame. Op. cit., p. 9-10.
47
Ivi, p. X.
48
MICCINESI, Mario. Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 219.
28
In quel momento Alessandro Manzoni nel suo intimo non avrà perso la fede in Dio ma
non credeva più nella provvidenza come forza attiva che interviene nel mondo. Nella Storia
della colonna infame non si trova nessun intervento della provvidenza e la provvidenza non
viene nemmeno nominata. L’autore si limita a raccontare i fatti storici. Sapeva già che sono
gli uomini con i loro pensieri e le loro gesta a creare la propria storia, non Dio. Con questa
conclusione si passa al capitolo successivo che parlerà del ruolo dell’uomo nella storia.
Manzoni del romanzo vede ormai la storia come una grande tela composta di
innumerevoli azioni individuali e irrevocabili che […] sono motivate individualmente.
L’uomo è creatore della storia ed in essa agisce per lo più con coscienza del valore e
delle conseguenze delle sue azioni, e lo scrittore interessato all’esperienza umana nella
storia si concentra soprattutto sul tema delle responsabilità individuali.” 50
Manzoni del romanzo, invece di cercare il piano divino, si concentra allo studio della
psicologia umana per capire meglio i motivi del comportamento umano e dà una grande
importanza alla responsabilità dell’uomo per le sue azioni. L’uomo è il protagonista della
storia e la crea a propria immagine. Nel capitolo successivo descriverò come, secondo
Manzoni, gli interventi della provvidenza vengono realizzati dagli uomini: quando essi
agiscono conformemente alla morale cristiana e compiono il bene, le loro gesta possono
essere interpretate come interventi della provvidenza.
54
Ivi, p. 183.
55
Cfr. TOSCANI, Claudio, Come leggere I promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 98.
56
Cfr. ULIVI, Ferruccio, Manzoni - storia e provvidenza. Op. cit., p. 148.
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Don Abbondio è un prete ma questa funzione è per lui solo una formalità, non una
missione. È un uomo debole, privo di coraggio, sempre preoccupato e impaurito anche
quando non ce n’è alcun motivo. Se ne rende conto già da giovane e decide di diventare prete
con la speranza che tale funzione lo protegga dai problemi della vita. Considera gli
ecclesiastici una classe privilegiata e vuole far parte di loro per poter condurre una vita
tranquilla. Don Abbondio quindi non è un esempio di un buon cristiano, né di un prete, in lui
non c’è nessun segno di fede in Dio o nella provvidenza, se non quando gli serve ai fini
propri. Crea un’immagine negativa della chiesa ma dato che agisce solo per difendersi, non
per usufruire della sua posizione, è umanamente comprensibile.
Il personaggio dell’Innominato forse rappresenta l’esempio più esplicito del fatto che
l’uomo è responsabile della sua vita e delle azioni che compie. È un uomo nobile e ricco che
conduce una vita spensierata e fa del male a tanta gente. A un certo punto della sua vita, forse
in conseguenza all’età, comincia a pensare alla morte, al senso della vita e capisce che la sua
vita fino ad ora era stata piena di crudeltà e priva di senso. Si converte al cristianesimo e cerca
di rimediare a tutti i mali e ingiustizie che aveva commesse nella sua vita precedente, dando
aiuto a tutti coloro che ne hanno bisogno. Da un uomo senza scrupoli diventa uno che fa di
tutto per rendersi utile agli altri. La determinazione, con cui prima commetteva il male, ora
l’impiega per fare del bene. La gente lo stima per com’è riuscito a cambiare se stesso: “ Era
quell’uomo che nessuno aveva potuto umiliare, e che s’era umiliato da sé. […] In quel
abbassamento volontario, la sua presenza e il suo contegno avevano acquistato, senza che lui
lo sapesse, un non so che di più alto e di più nobile…” 57 La sua conversione non è causata
dalle parole di Lucia, è risultato di una riflessione sulla propria vita e maturazione spirituale.
Lucia è stata solo un movente. Lo dice il cardinale Federigo a Lucia: “ Dio si è servito di voi
per una grande opera, per fare una grande misericordia a uno, e per sollevar molti nello stesso
tempo.” 58 All’Innominato invece, il cardinale Federico dice: “Ma quando voi stesso sorgerete
a condannare la vostra vita, ad accusar voi stesso, allora! allora Dio sarà glorificato!” 59
L’Innominato personifica l’alternativa tra il bene e il male, tra Dio e suo nemico. Chi sa
guardare bene dentro se stesso, capisce che tutto consiste in questa scelta. È evidente che
l’autore vuole insegnare ai lettori che ognuno si deve impegnare per migliorare la propria
personalità e che cambiare se stesso in meglio è possibile, basta trovare la forza di farlo.
57
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Op. cit., p. 409.
58
Cfr. Ivi, p. 335.
59
Ivi, p. 309.
32
In base a quello che ho descritto nell’ultimo capitolo della mia tesi si può riassumere
che secondo Manzoni l’unico intervento della provvidenza che si possa ragionevolmente
leggere nella storia sono le gesta compiute dalle persone che agiscono secondo lo spirito delle
loro convinzioni di buoni cristiani. Il nostro autore ne dice: “ […] la vera disgrazia non è
soffrire o essere poveri ma fare del male.”60
7 CONCLUSIONE
Nelle pagine precedenti ho descritto come si evolse ideologicamente Manzoni nel
corso della sua vita: da giovane, in particolare dopo il riavvicinamento alla chiesa cattolica,
cercava per mezzo della fede le risposte alle domande esistenziali e riguardo all’ordine nel
mondo per mezzo della fede. La fede però non gli dette le risposte che cercava e inoltre,
studiando con attenzione la storia, arrivò alla conclusione che non c’è nessun piano divino e
nessuna provvidenza che intervenga direttamente nelle vite umane.
Nel corso della sua vita, Manzoni si convinse che sono gli uomini a creare la storia
tramite le loro azioni. Dio ha dato loro il libero arbitrio perché partecipassero alla creazione
della storia, e gli uomini stessi decidono tra il bene e il male con le loro azioni. Tutto ciò non
significa che il nostro autore abbia perso la fede in Dio: al contrario la considera importante
perché aiuta l’uomo a sopportare le difficoltà che porta la vita e la condotta conforme alla
fede fa diventare l’uomo, e di conseguenza tutto il mondo, migliore.
Nella mia tesi ho documentato che mentre nelle prime opere di Manzoni il tema della
provvidenza non appare molto chiaro, nei Promessi sposi si trova in ogni capitolo, il che
potrebbe sembrare in contrasto con quanto abbiamo appena detto, così come con il
pessimismo manzoniano riguardo al concetto di giustizia che ho descritto. Se ci si chiede,
perché Manzoni coinvolge la provvidenza se non crede nella sua esistenza, e perché mette in
evidenza le buone azioni della gente, anche se nello stesso tempo dimostra lo scetticismo
verso la giustizia umana, posso ipotizzare che Manzoni volesse dare esempio di buona
condotta, conforme alle idee del cristianesimo, per educare la gente, per far vedere che le
60
Cfr. Ivi, p. 330.
33
buone azioni portano del bene e possono migliorare il mondo. L’autore vuole altrettanto
sottolineare che ognuno è responsabile delle sue decisioni e deve agire secondo la sua
coscienza di buon cristiano perché sono le gesta umane a creare la storia, non la provvidenza
divina:
Dal cielo di Manzoni non scendono arcangeli ad intimare agli uomini le vie da tenere,
come dall’inferno non escono i demoni a tentare i cuori: il cielo e l’inferno sono questa
vita, un eterno conflitto tra il bene e il male che Manzoni intende rappresentare come la
nostra dimensione esistenziale e morale più autentica. 61
Per concludere penso di poter riassumere che Manzoni adopera il tema della
provvidenza con l’intento di educare la gente ad un comportamento migliore, ma anche
perché nel suo intimo sperava che il mondo fosse veramente governato da una forza maggiore
che garantisse ordine e giustizia.
61
Cfr. DERLA, Luigi, Il realismo storico di Alessandro Manzoni. Op. cit., p. 98
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BIBLIOGRAFIA
MANZONI, Alessandro, I promessi sposi. Milano: Garzanti, 2000.
MANZONI, Alessandro, Storia della colonna infame. Editrice l’Unità s. p. a.,
Supplemento al n. 39 dell’Unità dell’11-10-93.
MARIANI, Umberto, Il solito Manzoni e il Manzoni vero. Pesaro: Metauro, 2006.
ULIVI, Ferruccio, Manzoni - storia e provvidenza, Roma: Bonnaci editore. 1974.
DERLA, Luigi, Il realismo storico di Alessandro Manzoni. Varese: Istituto editoriale
cisalpino, 1965.
MICCINESI, Mario. Invito alla lettura di Alessandro Manzoni. 2. ed. Milano: Mursia,
1990.
Judaismus, křesťanství, islám. Vyd. 2., podstatně přeprac. a rozš., (v nakl. Olomouc
vyd. 1.). Editor Helena Pavlincová, Břetislav Horyna. Olomouc: Nakladatelství
Olomouc, 2003, 661 s. ISBN 80-718-2165-9.
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