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G. Garbarino, L Pasquariello

Il dialogo filosofico da Aristotele e, in questo caso, si parla di “dialoghi


aristotelici”;

genere
– la circostanza che alcuni dialoghi, all’interno della
Per le opere di argomento retorico, politico e filoso- stessa opera, s’immaginano tenuti in giorni e in
fico Cicerone adottò di preferenza la forma letteraria luoghi diversi;
del dialogo, una forma della prosa filosofica iniziata – la prevalenza di lunghi ed estesi discorsi rispetto
probabilmente da Platone e coltivata anche da Ari- allo scambio di battute rapide, a botta e risposta
stotele e dai suoi continuatori. (un aspetto, tuttavia, che si può riscontrare anche
La predilezione per il dialogo si spiega in primo luo- nei dialoghi più tardi di Platone).
go con il fatto che era la forma più idonea a trattare Corrisponde invece all’uso del grande filosofo ate-
di filosofia in modo “letterario”, dando prova non niese la tendenza a far comparire i medesimi inter-
solo di una grande competenza dottrinale, ma anche locutori in dialoghi diversi. Gli esempi più significati-
di notevoli doti espressive. La forma dialogica, inol- vi sono quelli di Scipione Emiliano e dell’amico Gaio
tre, mettendo in scena una pluralità di personaggi, Lelio, che però non sono contemporanei dell’autore,
era la più adatta all’esposizione dossografica, cioè ma personaggi storici, vissuti in un’epoca anteriore,
alla rassegna di opinioni diverse intorno a uno stes- secondo il modello dei dialoghi di Eraclìde Pontico,
so argomento. continuatore di Aristotele (si parla in questo caso di
Pur indicando espressamente il suo principale mo- “dialogo eraclideo”).
dello in Platone, Cicerone sembra in realtà rifarsi, Al di là di queste differenze tipologiche, è impor-
sotto molti aspetti, all’impostazione degli scritti di tante rilevare un aspetto peculiare di tutti i dialoghi
Aristotele e dei suoi continuatori. Di Platone egli di Cicerone, intimamente connesso con gli scopi
non riprende mai il dialogo drammatico, nel quale che egli si proponeva divulgando a Roma le dottri-
le battute degli interlocutori si alternano come in un ne filosofiche greche: il fatto che l’esposizione e la
dramma, ma soltanto quello narrativo, in cui la con- discussione siano sempre affidate non a filosofi di
versazione è riferita da un personaggio che la intro- professione, ma a eminenti uomini politici romani.
duce e raccorda tra loro i diversi interventi. I dialoghi Mettere in scena noti esponenti dell’aristocrazia im-
ciceroniani si discostano dall’uso platonico anche pegnati in dibattiti filosofici significava per l’autore
per le seguenti caratteristiche: non solo conferire piena dignità a studi considerati
– l’inserzione di proemi (a volte assai ampi) in cui dai tradizionalisti alla stregua di passatempi oziosi,
l’autore parla in prima persona, come nei dialoghi ma anche e soprattutto sottolineare l’utilità di que-
aristotelici; gli studi a fini politici e la necessità, dunque, che en-
– la presenza in alcune opere dell’autore come inter- trassero a far parte del bagaglio culturale dei giovani
locutore: anche questa è una caratteristica tratta destinati alle cariche pubbliche.

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