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LIVORNO 2007
A mio padre, a mia madre,
non ombre, ma luce nei ricordi
PREMESSA
La “Statica” è una parte della Meccanica che studia l’equilibrio dei corpi
sotto l’azione di determinati sistemi di forze. La “Statica della Nave” studia
l’equilibrio della nave, considerata come corpo rigido e fermo, sotto l’azione di
forze interne (carichi fissi, carichi scorrevoli, carichi sospesi, ecc.) e/o esterne
(pressione idrostatica, vento, moto ondoso, ecc.), nelle molte condizioni in cui può
trovarsi (in diverse situazioni di carico, integra, con falla, incagliata, durante il varo,
ecc.).
2 - L’acqua
Il composto chimico avente formula H2O si chiama acqua. L’acqua allo stato
puro è ricavabile solo per distillazione. Correntemente si indicano con il nome di
acqua tutti quei miscugli o soluzioni naturali che hanno come componente principale
e preponderante il composto chimico H2O; pertanto si parla di acqua sorgiva, acqua
di fiume, di lago, di mare, ecc. L’acqua è presente in natura in grandissima quantità,
ma non è mai allo stato puro in quanto contiene sali disciolti, solidi in sospensione,
gas liberi o disciolti, ecc.
La più grande riserva naturale di acqua è rappresentata dal mare che ricopre
circa il 73% della superficie terrestre per un volume stimato in circa 1.8 miliardi di
chilometri cubi. Gli elementi presenti nell’acqua di mare vengono suddivisi in:
• costituenti maggiori; sono il Sodio, il Cloro, il Magnesio, il Calcio ed il
Potassio; essi sono presenti sotto forma di sali e rappresentano circa il 99,95%
del peso totale degli elementi presenti;
• costituenti intermedi, sono l’Ossigeno, lo Stronzio, il Silicio, il Fluoro,
l’Argo, l’Azoto, il Litio, il Fosforo e lo Iodio; essi sono presenti in percentuale
inferiore a 0.05%;
• microcostituenti, sono tutti gli altri elementi presenti, ma in percentuali
infinitesime.
2
Salinità s
g di sali in un kg di acqua
mare Rosso 38.80
mare del Golfo Persico 36.70
mare dei Caraibi 35.95
mare della California 35.50
oceano Atlantico 35.37
mare convenzionale 35.00
oceano Pacifico 34.91
mare Mediterraneo 34.85
oceano Indiano 34.81
mare del Nord 34.20
mare del Giappone 34.10
mare dell’Australia 33.87
mare della Cina 32.10
mare di Bering 30.30
mare Artico 25.50
3
pertanto la forza è una grandezza derivata, con unità di misura chiamata newton (N),
definita come la forza che imprime ad un corpo con massa di 1 kg l’accelerazione di
1 m/s2. Pertanto si ha che
1 N = 1 kg m/s2.
5 – Pressione
F
nel sistema tecnico: [ p] = in kgP/m2
L2
M L T −2
nel sistema internazionale: [ p] = in N/m2.
L2
4
Come unità di misura della pressione è ammessa anche la atmosfera normale
(atm) 1 così definita:
1 atm = 10332.3 kgP/m2 = 101325.0 Pa
dm
densità ρ = lim (1)
d∇→ 0 d∇
dP
peso specifico γ = lim = gρ (2)
d∇→ 0 d∇
Nel sistema pratico il valore del peso specifico dell’acqua distillata (s=0) a
temperatura di 4°C e per g=9.8066 m/s2 è fissato come segue:
kg P
γ = 1000
(0 −4 )
o
m3
γ
(0 − 4 )
°
kg P s2
ρ 0 − 4° = = 10197
.
( ) g m4
1
L’atmosfera normale (atm) non è da confondersi con l’atmosfera tecnica (at) che è una unità di misura ora
destinata a scomparire, essa è data da 1 at=104 kgP/m2.
5
mentre nel Sistema Internazionale si ha:
N
γ = 9806.6
( 0 − 4o ) m3
kg
ρ 0 − 4 ° = 1000
( ) m3
dove il pedice (0-4°) indica che la salinità è zero (acqua distillata) e la temperatura è
4°C.
Di seguito si riportano
nella tabella 1, i valori della densità e del peso specifico dell’acqua distillata a
diversa temperatura;
nella tabella 2, i valori della densità e del peso specifico dell’acqua di mare
con salinità standard (s=35) a diversa temperatura;
nella tabella 3, i valori della densità e del peso specifico dell’acqua di mare a
diversa salinità ed a temperatura di 0°C.
6
TABELLA N° 2 - DENSITÀ E PESO SPECIFICO DELL’ACQUA DI MARE
CON SALINITÀ STANDARD A DIVERSA TEMPERATURA
TEMP. DENSITÀ DENSITÀ PESO SPECIFICO PESO SPECIFICO
0°C sistema tecnico sistema sistema tecnico sistema
internazionale internazionale
0°C kgP s2 / m4 kg / m3 kgP / m3 N / m3
2 104.814 1027.87 1027.87 10079.91
4 104.795 1027.68 1027.68 10078.05
6 104.771 1027.45 1027.45 10075.79
8 104.743 1027.17 1027.17 10073.04
10 104.710 1026.85 1026.85 10069.91
12 104.674 1026.49 1026.49 10066.38
14 104.632 1026.08 1026.08 10062.36
15 104.610 1025.87 1025.87 10060.30
16 104.588 1025.65 1025.65 10058.14
18 104.539 1025.17 1025.17 10053.43
20 104.487 1024.66 1024.66 10048.43
22 104.432 1024.12 1024.12 10043.14
24 104.373 1023.54 1023.54 10037.45
7
Si ritiene utile infine fornire anche alcuni valori espressi in unità usate nei
paesi anglosassoni:
densità acqua di mare con salinità standard ed alla temperatura di 59°F
(15°C): 1.9905 slugs/piedi cubi,
densità acqua di mare con salinità standard ed alla temperatura di 59°F
(15°C): 104.610 slugs/metri cubi,
peso specifico acqua di mare con salinità standard ed alla temperatura di 59°F
(15°C): 64.043 libbre/piedi cubi,
densità acqua distillata alla temperatura di 59°F (15°C): 1.9384 slugs/piedi
cubi,
densità acqua distillata alla temperatura di 59°F (15°C): 101.870 slugs/metri
cubi,
peso specifico acqua distillata alla temperatura di 59°F (15°C): 62.366
libbre/piedi cubi,
accelerazione di gravità al livello del mare ed alla latitudine di 45°: 32.174
piedi/s2.
7 - Comprimibilità
8
che esprime la legge di Hooke in termini di densità in luogo di volumi.
2
I seguenti esempi chiariscono l’errore che si commette nel considerare l’acqua incomprimibile. Gli esempi
sono svolti considerando l’acqua di mare con salinità standard ed alla temperatura di 15°C per la quale è (vedi
tabella 2):
γ = 1025.870 kgP/m3 ρ = 104.610 kgP s/m4
- Primo esempio: nave di superficie.
Una nave abbia volume immerso ∇=35000 mc ed immersione T=10 m. Tale nave sposta un volume d’acqua
che ha un peso, a seconda del valore assunto per il peso specifico dell’acqua di mare, pari a:
∆= γ0 ∇= 1.02587 ⋅ 35000 = 35905.45 t (assumendo il valore di γ0 relativo alla profondità 0, cioè in
superficie),
γ + γ1 1.02587 + 102592
35000 = 35906.32 t [assumendo il valore di γ medio tra quello in superficie γ0 e
.
∆= 0 ∇=
2 2
quello γ1 relativo alla profondità di 10 m, essendo γ1=1025.87 (1+0.005/100)=1025.92 kgP/mc].
Pertanto l’errore sul dislocamento ∆ che si commette considerando l’acqua incomprimibile è, in
questo caso, molto piccolo (pari a circa lo 0.0025 %), accettabile nei calcoli di ingegneria.
- Secondo esempio: sottomarino.
Un sottomarino avente volume ∇=1640 mc che si trovi ad una profondità T=200 m sposta un volume d’acqua
che ha un peso, a seconda del valore assunto per il peso specifico dell’acqua di mare, pari a:
∆= γ0 ∇= 1.02587 x⋅ 1640 = 1682.43 t (assumendo il valore di γ0 quello relativo alla profondità 0, cioè in
superficie), ∆= γ2 ∇= 1.026896 x⋅ 1640 = 1684.1 t [assumendo il valore di γ2 relativo alla profondità di 200 m
dato da γ2=1025.87 (1+0.10/100)=1026.896 kgP/mc]. Pertanto l’errore che si commette considerando l’acqua
incomprimibile è, in questo caso, piccolo (pari a circa lo 0.1 %), più che accettabile nei calcoli di ingegneria.
- Terzo esempio: batiscafo.
Un batiscafo avente volume ∇=3 mc che si trovi ad una profondità T=10000 m sposta un volume d’acqua che
ha un peso, a seconda del valore assunto per il peso specifico dell’acqua di mare, pari a: ∆= γ0 ∇= 1.02587 x 3
= 3.078 t (assumendo il valore di γ0 quello relativo alla profondità 0, cioè in superficie), ∆= γ3 ∇= 1.07716 x 3
= 3.232 t [assumendo il valore di γ3 relativo alla profondità di 10000 m dato da γ3=1025.87
(1+5/100)=1077.16 kgP/mc]. Pertanto l’errore che si commette considerando l’acqua incomprimibile è, in
questo caso, non piccolo (pari a circa il 5.0 %), non accettabile nei calcoli di ingegneria e, infatti, nei problemi
relativi ai batiscafi operanti a grandi profondità l’acqua viene considerata comprimibile.
9
un corpo immerso in un liquido in quiete riceve una forza verticale (spinta)
diretta dal basso verso l’alto ed uguale al peso del liquido spostato dal
corpo.
10
L’elemento infinitesimo di fluido racchiuso dal tetraedro è sottoposto al
proprio peso ed alle forze di pressione agenti sulle quattro facce. Poiché il tetraedro
è in equilibrio dovrà essere nulla la sommatoria delle forze applicate. Siano dFx, dFy
e dFz le forze agenti sulle tre facce del tetraedro parallele, rispettivamente, ai piani
coordinati YZ, XZ e XY e sia dF la forza agente sulla faccia BCD. Essendo forze di
pressione ed essendo le singole facce di area infinitesima, è:
dm
dFm = − dm g = − d∇ g = − ρ g d∇ = − γ d ∇
d∇
e, ricordando che è dF=p dA, dAx=dA cosα, dAy=dA cosβ e dAz=dA cosδ, si ha:
px dAx - p dAx = 0
py dAy - p dAy = 0
pz dAz - p dAz - γ d∇ = 0
cioè:
px = p
py = p
pz dAz - p dAz - γ dz dAz = 0
Fig. 2
i primi due termini della terza equazione sono infinitesimi del 2° ordine (dAz=dx
dy/2) mentre il terzo è un infinitesimo del 3° ordine e, quindi, può essere trascurato,
pertanto si ha px=py=pz=p; resta quindi dimostrata la legge di Pascal.
Fig. 3
Siano:
13
• R la risultante delle reazioni esercitate dal fondo,
• R’ la risultante delle reazioni che la parte sinistra della parete laterale esercita sul
liquido,
• R” la risultante delle reazioni che la parte destra della parete laterale esercita sul
liquido.
Poiché il liquido è in equilibrio la risultante delle forze deve essere uguale ed
opposta alla forza peso P del liquido.
p + γ h = cos t (6)
Se il fluido è un liquido (ad es. acqua) con superficie libera (a contatto con
l’atmosfera), si assume come piano di riferimento per le quote quello coincidente
con la superficie libera che è a pressione nota (pressione atmosferica). Si consideri
un parallelepipedo di liquido riferito ad una terna cartesiana avente assi X ed Y
giacenti sulla superficie libera ed asse Z verticale e diretto verso il basso, figura 4;
l’origine O è generica.
Fig. 4
tubo fino ad un certo livello (dell’ordine di alcuni metri), si vede scoppiare la botte stante la notevole
pressione (p=γh) alla quale le pareti della botte risultano sottoposte.
15
essendo pa la pressione atmosferica.
La forza elementare giacente sulla faccia opposta, a profondità z è data da:
F = p dx dy
P = γ z dx dy
p = pa + γ (h0 - h) (7b)
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
17
Se un contenitore “a” è immerso per un’altezza h0 nel liquido contenuto nel
recipiente “b”, il diagramma delle pressioni idrostatiche che si esercitano sulle pareti
del contenitore “a” è quello rappresentato in figura 9. Se il liquido contenuto,
l’altezza h0 e l’area A del fondo del contenitore “a” sono gli stessi di quelli del caso
precedente (figura 7), allora i due casi (figure 7 e 9) presentano uguale, ma di segno
opposto, diagramma delle pressioni idrostatiche ed anche la forza risultante F sui
due fondi sono uguali in intensità, ma di segno opposto. Tale situazione prescinde
dalla forma e dimensioni del contenitore “b” e dalla distanza tra le pareti dei due
contenitori.
Fig. 9
Per una nave a fondo piatto, quindi, il fasciame dei fianchi della carena è
sottoposto ad una distribuzione triangolare delle pressioni idrostatiche, mentre il
fondo è sottoposto ad una distribuzione rettangolare delle stesse pressioni.
Un sottomarino a sezioni circolari e, a profondità di z metri, è sottoposto a
pressioni idrostatiche (radiali) variabili linearmente dal valore γz al valore γ(z+d),
essendo d il diametro del sottomarino.
18
CAPITOLO II
1 - Premessa.
2 - Centro geometrico.
19
3 - Sistemi discreti e sistemi continui di masse.
Sia dato un insieme; se le sue parti costituenti sono oggetto di una medesima
considerazione, allora si è in presenza di un sistema.
Un sistema di masse si dice discreto se è costituito da un numero finito n di
punti materiali e se ognuno di essi ha un intorno - di dimensioni sia pure
piccolissime, purché finite - nel quale non vi siano altri punti dell’insieme. In
generale le diverse masse puntiformi non sono uguali.
Un sistema di masse si dice continuo se le sue masse sono tutte all’interno di
un campo limitato, occupano il campo completamente e se è assegnata la densità di
esse. Un corpo continuo è, quindi, un sistema continuo. Se la densità è costante in
ogni punto si ha un sistema continuo omogeneo.
In questo lavoro si considerano solo sistemi rigidi, cioè sistemi non
deformabili sotto l’azione di forze esterne.
In questo capitolo le parti che si considerano sono masse [concentrate in
punti (sistema discreto) o elementari (sistema continuo)]. Poiché le masse se
soggette alla accelerazione di gravità (ritenuta costante) danno luogo a pesi (forze
verticali) in tal caso le parti sono forze peso. Supponendo nei sistemi continui ed
omogenei la densità unitaria, allora le parti costituiscono una figura.
In definitiva in questo capitolo faremo riferimento a sistemi di masse, a
sistemi di forze peso e - solo per i sistemi continui - a figure.
4 - Centro di massa.
∑ m (Q
i i − O) n
G − O= 1
n
⇒ ( G − O) m = ∑ m i ( Q i − O) (1)
∑m i
1
1
n
dove O è un punto generico (quindi indipendente da G) ed m = ∑ m i è la massa
1
risultante del sistema discreto di masse. Pertanto il sistema dei punti Qi di massa mi
è equivalente al sistema costituito dalla massa risultante m supposta concentrata nel
centro di massa G.
Il centro di massa è unico e indipendente dal punto prescelto; infatti, assunti
due punti generici O1 e O2, si ha:
20
n n
∑ m i ( Q i − O1 ) ∑ m (Q i i −O2 )
G 1 − O1 = 1
n
e G 2 − O2 = 1
n
∑ mi ∑m i
1 1
per cui è
n
∑ m [( Qi i − O 1 ) − (Q i − O 2 ) ]
G 1 − G 2 = (O1 − O 2 ) + 1
n
⇒
∑m i
1
n
∑ m (O i 2 − O1 )
⇒ G 1 − G 2 = (O1 − O 2 ) + 1
n
= (O 1 − O 2 ) + (O 2 − O 1 ) = 0
∑m i
1
per cui è G1≡G2 e, quindi, il centro di massa è indipendente dal punto O scelto.
I punti Qi possono essere riferiti ad una terna di assi cartesiani ortogonali X,
Y e Z con origine nel punto O, pertanto le coordinate del generico punto Qi sono xi,
yi e zi. Indicando con xG, yG e zG le coordinate del centro di massa G del sistema, la
(1) fornisce le (2):
n
∑m x i i
xG = 1 n
∑1 mi
n
∑1 mi yi
yG = n (2)
∑1 mi
n
∑1 mi zi
zG = n
∑1 i
m
i
che rappresentano le coordinate del centro di massa G rispetto alla terna detta.
Se dal sistema rigido S di masse discrete si passa ad un sistema rigido
continuo nel campo C, la relazione (1) si modifica nella seguente:
∫ (Q − O) dm
G − O= C (1’)
m
21
nella quale m = ∫ dm è la massa totale. Proiettando la relazione vettoriale (1’) sugli
C
assi di una terna ortogonale con origine nel punto O si hanno le equazioni scalari
(2’) analoghe alle (2) e che rappresentano le coordinate del centro di massa del
sistema rigido continuo.
∫ xdm
xG = C
∫C dm
∫C ydm
yG = (2’)
∫C dm
∫C z dm
zG =
∫
C
dm
∫ ρ ( Q − O) dc
G − O= C (3)
∫ ρ dc
C
∫ ( Q − O) dc
G − O= C (4)
∫ dc
C
∑ k m (Q
i i − O) n
k ( G − O) = 1
⇒ k m ( G − O ) = ∑ k mi ( Q i − O )
m 1
essendo Pi la forza peso associata alla massa mi e P la forza peso risultante P=ΣPi.
In questo caso il centro di massa G assume il nome di centro di gravità (che
di preferenza viene indicato con G). Il centro di gravità è chiamato anche baricentro
(dal greco βαρυs = grave, peso + centro) ed è il centro di un sistema di vettori peso.
Pertanto il centro di massa ed il centro di gravità (o baricentro) coincidono solo nel
campo della gravità. Correntemente, spesso, il termine baricentro viene usato
impropriamente in luogo di centro di massa.
23
La proprietà indicata al punto n° 4 consente, in molti casi, di determinare
rapidamente una o più delle coordinate del centro di massa senza utilizzare le
relative relazioni.
5 - Momento statico.
M=mr (6)
essendo r la distanza (orientata, cioè con segno) del punto Q dal piano α.
Se i punti sono n, si chiama momento statico di un sistema di punti materiali
Qi di massa mi rispetto ad un piano generico α la quantità:
n
M= ∑m
1
i ri (7)
quindi il momento statico di un sistema di masse mi è dato dalla somma dei momenti
statici delle singole masse. Quello ora definito è il momento statico planare.
Se la distanza ri è tra la massa mi ed una retta a, resta definito, in modo
analogo, il momento statico assiale. Se la distanza ri è tra la massa mi ed un punto
A, resta definito, in modo analogo, il momento statico polare. Quindi, il momento
di 1° ordine o momento statico può essere planare, assiale o polare.
XG ∑m =∑mi i xi
XG m = MYZ
24
essendo: m = ∑ mi e M YZ = ∑ m i x i
Fig. 1
Fig. 2
M = ∫ r dm = ∫ r ρ dc
C C
M YZ = ∫ x dm = ∫ x ρ dc
C C
M XZ = ∫ y dm = ∫ y ρ dc
C C
M XY = ∫ z dm = ∫ z ρ dc
C C
per cui le coordinate del centro di massa del sistema continuo sono:
26
M YZ M YZ M YZ
XG = = =
∫C dm C∫ ρ dc m
M XZ M XZ M XZ
YG = = = (9)
∫C dm ∫C ρ dc m
M XY M XY M XY
ZG = = =
∫ C∫
C
dm ρ dc m
Le relazioni (9) sono analoghe alle (8). Ovviamente le proprietà di cui gode il
centro di massa, riportate a valle delle (8), si estendono ai sistemi continui.
Nel primo caso, ad esempio, Iα,β indica appunto che il momento d’inerzia del
2° ordine è relativo a due piani distinti α e β e, di conseguenza, nella sua espressione
interverranno le distanze del generico punto mi dal piano α (distanza riα) e dal piano
β (distanza riβ ).
Nel secondo caso, analogamente, poiché α≡β il simbolo che indica il
momento d’inerzia del 2° ordine è Iα o Iβ (in quanto Iα≡Iβ ) e, di conseguenza, nella
sua espressione interverrà la distanza al quadrato del generico punto mi dal piano α
coincidente con il piano β per cui essendo rα ≡ rβ = r è
rα rβ = rα2 = rβ 2 = r2.
Si chiama momento d’inerzia (o momento del secondo ordine) di un punto
materiale Q di massa m rispetto ad un punto A la quantità:
27
I = m r2 (10)
che rappresenta la somma dei momenti d’inerzia delle singole masse. Nella (11) ri
sono le singole distanze orientate tra ciascun punto Qi ed il punto A o la retta a o il
piano α (momenti d’inerzia polare, assiale o planare).
Nel caso in cui il sistema materiale sia un corpo continuo di massa m che
occupa completamente il campo limitato C ed è assegnata la densità ρ in ciascun
punto di C, la definizione (11) di momento d’inerzia si esprime con la quantità:
I = ∫ r 2 dm = ∫ ρ r 2 dc (12)
C C
I = ∫ r 2 dc (13)
C
e dipende solo dalla configurazione del sistema continuo; in questo caso invece di
parlare di momento d’inerzia di massa si parla di momento d’inerzia del campo C
(ad esempio di una data figura piana) rispetto al punto A o alla retta a o al piano α.
I = ∑ mi ρ2 = ρ2 ∑m i
I
ρ= (15)
∫ dm
C
1 1
( )
I a = I Z = ∑ m i ri2 = ∑ m i x 2i + y 2i = ∑ m i x 2i + ∑ m i y 2i = I YZ + I XZ
1 1
c.v.d.
1
( )
I A = I O = ∑ m i ri2 = ∑ m i x i2 + y i2 + z i2 = ∑ m i x i2 + ∑ m i y 2i + ∑ m i z i2 = I YZ + I XZ + I XY
1 1 1 1
Nelle relazioni trovate IYZ, IXZ e IXY sono i momenti d’inerzia del sistema
rispetto ai corrispondenti piani coordinati. Ovviamente le relazioni trovate per i
sistemi discreti:
Ia = IYZ + IXZ (16)
IA = IYZ + IXZ + IXY (17)
29
Ia = IXY + IYZ (16’’)
Fig. 3
Siano assegnati due piani ortogonali α e β (figura 4); si supponga che il
sistema di punti materiali abbia per centro di massa il punto G; si traccino i piani α‘
4
La trattazione può essere fatta anche se i due piani α e β sono obliqui.
30
e β‘ paralleli rispettivamente ad α e β e passanti per il centro di massa G; siano rGα
rGβ le relative distanze minime di G dai piani α e β; sia infine Qi un generico punto
del sistema materiale e siano riα‘ e riβ‘ le minime distanze di esso dai piani α‘ e β‘;
allora le minime distanze del punto Qi dai piani α e β sono date dalle relazioni:
Fig. 4
Allora si ha:
(
I αβ = ∑ m i riα riβ = ∑ m i ( rGα + riα ' ) rGβ + riβ ' = )
(
= ∑ m i rGα rGβ + rGα riβ ' + riα ' rGβ + riα ' riβ ' = ) (20)
= rGα rGβ ∑m i + rGα ∑m i riβ ' + rGβ ∑ m i riα ' + ∑ m i riα ' riβ '
Le somme Σmi riα‘ e Σmi riβ‘ sono nulle in quanto sono i momenti statici del
sistema rispetto ai piani baricentrici α‘ e β‘; inoltre la somma Σmi riα‘ riβ‘ è il
prodotto d’inerzia del sistema rispetto ai due piani baricentrici α‘ e β‘ che
indichiamo con
IG = Σmi riα‘ riβ‘ (21)
per cui la (20) diventa:
Iαβ = IG + rGα rGβ Σmi (22)
I αβ = ∫ rα rβ dm = ∫ rα rβ ρ dc
C C
I αβ = ∫ rα rβ dm = ∫ rα rβ dc (23)
C C
e la (21) diventa:
I G = ∫ rα ' rβ ' dc (24)
C
5
In alcuni testi attribuito all’olandese Christiaan HUYGENS (1629-1695), in altri allo svizzero Jakob
STEINER (1796-1863).
32
d’inerzia del sistema rispetto a qualunque piano parallelo al precedente essendo rG la
distanza tra i due piani.
Fig. 5
Consideriamo ora (figura 6) due rette parallele a e a’ e sia β il piano sul quale
giacciono. La retta a’ sia quella passante per il centro di massa G del sistema.
Consideriamo poi i due piani paralleli γ e γ‘ normali al piano β e passanti
rispettivamente per a e a’.
Fig. 6
Poiché rG=GA è la distanza tra i piani γ e γ‘, vale ancora la relazione (27); per
la (17) si ha:
IA = Iα + Iβ + Iγ
nella quale ad Iγ può essere sostituito il valore dato dalla (27), fornendo:
Fig. 7
IA = Iα + Iβ + Iγ‘ + rG2Σmi
ma per la (17) è:
IG = Iα + Iβ + Iγ‘
per cui si ha:
IA = IG + rG2Σmi (26)
34
che è indicata con (26) in quanto perfettamente analoga a quella già scritta.
I I
= G + rG2
Σ m i Σm i
che, ricordando la (14), fornisce:
I momenti d’inerzia più usati sono quelli rispetto a rette. Tutto quanto detto
nel presente paragrafo può, ovviamente, essere esteso ai sistemi continui.
Fig. 8
le cui componenti sono date dai minori della matrice
xi yi zi
λ µ ν
nella quale le tre quantità in parentesi sono appunto i minori ricavati dalla matrice e,
quindi, le tre componenti di (Qi - O) Λ u . Sviluppando la (28) si ha:
( ) ( ) ( )
ri2 = y 2i + z 2i λ2 + z 2i + x 2i µ 2 + x 2i + y i2 υ 2 − 2 y i z i µ υ − 2 x i z i λ υ − 2 x i y i λ µ
Il momento d’inerzia del sistema materiale di masse mi rispetto alla retta a è dato
dalla (11) per cui si ha:
( ) ( ) ( )
I a = Σm i ri2 = Σm i y 2i + z 2i λ2 + Σm i x 2i + z 2i µ 2 + Σm i x 2i + y 2i ν 2 − 2 Σm i y i z i µν +
− 2 Σm i x i z i λν − 2 Σm i x i y i λµ
Si ponga allora:
(
A = Σm i y 2i + z 2i ) D = Σm i y i z i
(
B = Σmi x i2 + zi2 ) E = Σmi xi z i (29)
C = Σm ( x i
2
i +y )2
i F = Σmi xi yi
per cui si ha:
I a = Aλ2 + B µ 2 + C ν 2 − 2 D µ ν − 2 E ν λ − 2 F λ µ (30)
9 - Ellissoide d’inerzia
dove i radicali sono da prendere per un punto con il segno positivo e per l’altro con
il segno negativo. Dalle (32) si ricava:
λ = ± x Ia µ = ± y Ia ν = ± z Ia
1 = Ax 2 + B y 2 + C z 2 − 2 D y z − 2 E z x − 2 F x y (33)
che è l’equazione cartesiana della superficie descritta dal punto P al variare della
retta a nella stella di rette.
La (33) è l’equazione di una quadrica avente per centro O e, poiché i punti P
sono tutti a distanza finita da O, tale quadrica è un ellissoide. La (33) è detta
equazione dell’ellissoide d’inerzia del sistema materiale S relativo al punto O.
Quando è assegnata la quadrica (33), si ha immediatamente il momento
d’inerzia rispetto ad una qualunque retta a passante per O. Infatti, detto P uno dei
due punti in cui la retta a incontra l’ellissoide, si ha dalla (31)
1
Ia = 2
(34)
OP
Esaminando la (34) si deduce immediatamente che tra tutti gli assi condotti
per O, quello che dà il più piccolo valore del momento d’inerzia è l’asse maggiore
dell’ellissoide, mentre il più grande valore del momento d’inerzia si ha rispetto
all’asse minore dell’ellissoide.
Se per punto O si assume proprio il centro di massa G del sistema S, la
quadrica (33) assume il nome di ellissoide centrale d’inerzia.
Quando si vuole caratterizzare in modo preciso e completo la distribuzione
dei momenti d’inerzia di un dato sistema S di masse, si assegna la massa totale
m=Σmi e l’ellissoide centrale d’inerzia. In tal modo restano individuati i momenti
d’inerzia relativi ad un qualsiasi asse centrale (passante per G), mentre i momenti
d’inerzia relativi ad assi non centrali si possono ricavare mediante l’applicazione
della relazione (26).
38
10 - Assi principali ed assi centrali d’ inerzia.
I X = ∫ y 2 dA (37)
A
I Y = ∫ x2 dA (38)
A
ed il prodotto d’inerzia
I XY = ∫ x y dA (39)
A
39
Fig. 9
A A A A A
I X1 + I Y1 = I X + I Y (42)
40
Si ha anche che
(
= ∫ y sen ϕ cos ϕ dA − ∫ x 2 sen ϕ cos ϕ dA + ∫ x y cos 2 ϕ − sen 2 ϕ dA
2
)
A A A
sen 2ϕ
I X1 Y1 = (I X − I Y ) + I XY cos 2ϕ (44)
2
41
12 - Studio relativo ad un corpo omogeneo di forma rettangolare
Sia dato un rettangolo omogeneo e di densità unitaria (in questo caso la massa
diventa l’area del rettangolo) aventi lati (figura 10 a) a=OC giacente sull’asse X e
b=OA giacente sull’asse Y, essendo O l’origine della coppia di assi ortogonali. Si
consideri una striscia elementare parallela all’asse X ed alta dy il cui centro disti y
dall’asse X.
MY b a2 a
xG = = =
m 2a b 2
M X a b2 b
yG = = =
m 2a b 2
42
Fig 10
0 0 3 0 3
mentre il momento d’inerzia rispetto all’asse Y è dato (figura 10 b) da:
a
a a
x3 b a3
I Y = ∫ x b dx = b ∫ x dx = b =
2 2
0 0 3 0 3
43
a b3
IX 3 = a b3 b2 b
ρX = = = =
m ab 3a b 3 3
b a3
IY 3 = b a3 a2 a
ρY = = = =
m ab 3a b 3 3
si ha quindi:
a b3 2 b a 3 2 a2 b2
x + y − x y =1 ⇒
3 3 2
b2 2 a2 2 a b 1
⇒ x + y − xy= (46)
3 3 2 ab
a2 b2
2
4 3a b
tg2ϕ ∗ = =
ba 3
−
ab 3
2 a 2 − b2( )
3 3
a b3
I 12 = a b3 b2 b
ρX = X = = =
m ab 12 a b 12 12
b a3
IY 12 = b a3 a2 a
ρY = = = =
m ab 12 a b 12 12
Nella tabella seguente si riportano i valori calcolati per le diverse grandezze
per rettangoli aventi: lato a=1 e lato b variabile da 1 a 5 con passo 1.
1 - Premessa
I = ∫ f ( x) dx (1)
a
nella quale la funzione f(x) non è definita analiticamente. In tale caso è possibile
determinare la grandezza I utilizzando delle formule che vengono dette di
quadratura approssimata e che corrispondono alla formula generale:
b b n
I = ∫ f ( x) dx ≅ ∫ g( x) dx = ∑ w i f ( x i ) (2)
a a i =0
dove:
g(x) è una funzione che approssima la funzione f(x),
wi sono coefficienti, detti pesi della formula di quadratura,
f(xi) sono i valori locali assunti dalla funzione f(x) e sono detti nodi della
formula di quadratura.
47
2 - Metodo di Bezout o dei trapezi.
Si voglia calcolare l’integrale di una curva tra gli estremi A e B, cioè si voglia
calcolare:
b
I = ∫ f ( x) dx (1)
a
48
ottenendo i punti
◊ x0 = a
◊ x1 = a + λ
◊ x2 = a+ 2 λ
◊ ...........................
◊ x(n-1) = a + (n-1) λ
◊ xn = a + n λ = b
e in corrispondenza dei punti xi si vada a leggere le ordinate yi.
Per calcolare l’integrale (1) approssimiamo la curva data con una spezzata
passante per i punti di coordinate xi, yi (con i = 0, 1, 2, 3, ...n). E’ questa la funzione
g(x) che approssima la funzione f(x). Applicando la (2) si ottiene la grandezza I
come sommatoria delle aree degli n trapezi individuati; quello generico ha basi yi e
yi+1 ed altezza λ.
Si ha, quindi:
y 0 + y1
◊ per il 1° trapezio A 0 −1 = λ
2
y + y2
◊ per il 2° trapezio A 1− 2 = 1 λ
2
y + y3
◊ per il 3° trapezio A 2−3 = 2 λ
2
◊ .........................................................
y n −1 + y n
◊ per lo nmo trapezio A ( n−1)− n = λ
2
Si può allora scrivere:
y + y 1 y1 + y 2 y 2 + y 3 y + yn
I ≅λ 0 + + + ........ + n −1 ⇒
2 2 2 2
λ
⇒ I≅ ( y 0 + 2 y1 + 2 y 2 + 2 y 3 + ........ + 2 y n −1 + y n ) (4)
2
La (4) è la formula di quadratura approssimata di Bezout, detta anche
formula dei trapezi. E’ evidente che maggiore è il numero degli intervalli e
maggiore è l’approssimazione del valore calcolato a quello vero 6.
Si ricorda che l’uso della formula di Bezout - nella forma considerata - è
valida solo se gli intervalli sono uguali tra loro. Nel caso di domini delimitati da
curve rastremate ad una od entrambe le estremità, come quelle che delimitano le
sezioni trasversali e le figure di galleggiamento di una nave, non conviene assumere
un numero molto grande di intervalli, ma è più opportuno dividere il dominio in
parti aventi diverso valore dell’intervallo tra le sezioni. Così, ad esempio, nel caso di
una figura di galleggiamento che, di norma, presenta una più accentuata curvatura
alle estremità di poppa e di prua, si può dividere il dominio in tre zone assumendo la
6
Ad esempio, per una nave di forme consuete, il calcolo dell’area della figura di galleggiamento di pieno
carico ottenuto con il metodo di Bezout e suddividendo la lunghezza al galleggiamento in 20 parti uguali,
porta ad un risultato che differisce da quello vero di circa lo 0.8%.
49
distanza λ tra le sezioni (semilarghezze) per la parte centrale e λ/2 per quelle delle
due estremità.
metà della figura di galleggiamento di una nave con tracce delle sezioni trasversali
Nel caso in cui le due parti estreme hanno lunghezza λ divisa in due parti si
ha:
λ y 0 + y 1/2
◊ per il 1° trapezio A 0 −1/ 2 =
2 2
λ y 1/ 2 + y 1
◊ per il 2° trapezio A 1/ 2 −1 =
2 2
λ y1 + y 2
◊ per il 3° trapezio A 1 −2 =
2 2
λ y2 + y 3
◊ per il 4° trapezio A 2 −3 =
2 2
◊ ..........................................................................
λ y (n-1) + y (n-1) 1/ 2
◊ per il (n-1)° trapezio A (n-1)-(n-1) 1/ 2 =
2 2
+
λ (n-1) 1/ 2 y n
y
◊ per il n° trapezio A (n-1) 1/2 -n =
2 2
La formula del metodo di Bezout, quindi, cambia a seconda che - vedi tabella
1 - gli intervalli sono:
• caso 1 - intervalli tutti uguali a λ (formula 12),
• caso 2 - alle due estremità due intervalli uguali a λ/2, tutti gli altri intervalli
uguali a λ (formula 13),
• caso 3 - alle due estremità quattro intervalli uguali a λ/2, tutti gli altri
intervalli uguali a λ,
• caso 4 - alle due estremità quattro intervalli uguali a λ/4, tutti gli altri
intervalli uguali a λ,
• caso 5 - alle due estremità otto intervalli uguali a λ/4, tutti gli altri
intervalli uguali a λ,
λ Σ αj yi
Tabella 1 - Coefficienti delle formule dei trapezi o di Bezout A=λ
numero caso 1 caso 2 caso 3 caso 4 caso 5
semilar- valore fattore valore fattore valore fattore valore fattore valore fattore
ghezze semilar. semilar. semilar. semilar. semilar.
0 y0 1/2 y0 1/4 y0 1/4 y0 1/8 y0 1/8
1/4 - - - - - y1/4 1/4 y1/4 1/8
1/2 - y1/2 1/2 y1/2 1/2 y1/2 1/4 y1/2 1/4
3/4 - - - - - y3/4 1/4 y3/4 1/4
1 y1 1 y1 3/4 y1 1/2 y1 5/8 y1 1/4
1 1/4 - - - - -- - - y1 1/4 1/8
1 1/2 - - - y1 1/2 1/2 - - y1 1/2 1/4
1 3/4 - - - - -- - - y 1 3/4 1/4
2 y2 1 y2 1 y2 3/4 y2 1 y2 5/8
3 y3 - y3 1 y3 1 y3 1 y3 1
4 y4 - y4 1 y4 1 y4 1 y4 1
5 y5 - y5 1 y5 1 y5 1 y5 1
............ ......... ......... ......... ......... ......... ......... ......... ......... ......... 1
(n-3) yn-3 1 yn-3 1 yn-3 1 yn-3 1 yn-3 1
(n-2) yn-2 1 yn-2 1 yn-2 3/4 yn-2 1 yn-2 1
(n-2) 1/4 - - - - - - - y(n-2) 5/8
1/4
(n-2) 1/2 - - - y(n-2) 1/2 - - y(n-2) 1/4
1/2 1/2
(n-2) 3/4 - - - - - - - y(n-2) 1/4
3/4
(n-1) yn-1 1 yn-1 3/4 yn-1 1/2 yn-1 5/8 yn-1 1/4
(n-1) 1/4 - - - - - y(n-1) 1/4 y(n-1) 1/4
1/4 1/4
51
(n-1) 1/2 - y(n-1) 1/2 y(n-1) 1/2 y(n-1) 1/4 y(n-1) 1/4
1/2 1/2 1/2 1/2
(n-1) 3/4 - - - - - y(n-1) 1/4 y(n-1) 1/4
3/4 3/4
n yn 1/2 yn 1/4 yn 1/4 yn 1/8 yn 1/8
Si voglia calcolare l’integrale di una curva tra gli estremi A e B, cioè si voglia
calcolare:
b
I = ∫ f ( x) dx (1)
a
ottenendo i punti
◊ x0 = a
◊ x1 = a + λ
◊ x2 = a+ 2 λ
◊ x3 = a+ 3 λ
...................
◊ x(n-1) = a + (n-1) λ
◊ xn = a + n λ = b
52
e in corrispondenza dei punti xi si vada a leggere le ordinate yi.
Per calcolare l’integrale (1) approssimiamo la curva data con una serie di n/2
parabole ciascuna passante per tre punti consecutivi di coordinate xi,yi (con i = 0, 1,
2, 3, ...n). E’ questa la funzione g(x) che approssima la funzione f(x). Applicando la
(2) si ottiene la grandezza I come sommatoria delle aree sottostanti le n/2 parabole
individuate ciascuna interessante una lunghezza pari a due intervalli e, quindi, un
tratto pari a 2λ. Le equazioni delle singole parabole sono le seguenti
per la prima parabola y = a 0 + a 1 x + a 2 x2
per la seconda parabola y = a2 + a3 x + a4 x2
per la terza parabola y = a4 + a5 x + a6 x2
...................................................................................
per la ennesima parabola y = an-2 + an-1 x + an x2
( )
I 1 = ∫ a 0 + a 1 x + a 2 x 2 dx = ∫ a 0 dx + ∫ a 1 x dx + ∫ a 2 x 2 dx ⇒
0 0 0 0
[ ] [ ]
a1 2 2λ a3 3 2λ
I 1 = a 0 [ x] 0 +
2λ
⇒ x + x ⇒
2 0 3 0
8
⇒ I 1 = 2 a 0 λ + 2 a 1 λ2 + a 2 λ3
3
che per le (7) diventa:
− 3 y 0 + 4 y 1 − y 2 8 3 y 0 − 2 y1 + y 2
I 1 = 2 λ y 0 + 2 λ2 + λ ⇒
2λ 3 2 λ2
4
⇒ I 1 = 2 λ y 0 + λ ( −3 y 0 + 4 y 1 − y 2 ) + λ ( y 0 − 2 y 1 + y 2 ) ⇒
3
4 8 4
⇒ I 1 = λ y 0 2 − 3 + + y 1 4 − + y 2 − 1 ⇒
3 3 3
λ
⇒ I1 = ( y 0 + 4 y1 + y 2 )
3
7
Ad esempio, per una nave di forme consuete, il calcolo dell’area della figura di galleggiamento di pieno
carico ottenuto con il primo metodo di Simpson e suddividendo la lunghezza al galleggiamento in 20 parti
uguali, porta ad un risultato che differisce da quello vero di circa lo 0.3%.
54
2λ
I= ( 0.5 y 0 + 2 y 1 + y 2 + 2 y 3 + y 4 + 2 y 5 + ....... + y n− 2 + 2 y n −1 + 0.5 y n ) (9)
3
Si ricorda che l’uso delle formule (8) e (9) è valido solo se gli intervalli sono
uguali tra loro ed in numero pari.
λ/3) Σβ iyi
Tabella 2 - Coefficienti della prima formula del Simpson A=(λ
caso 1 caso 2 caso 3
n° delle valore fattore valore fattore valore fattore
sezioni semilarghezze semilarghezze semilarghezz
e
0 y0 1 y0 1 y0 1/2
1/2 - - y1/2 2 y1/2 2
1 y1 4 y1 3/2 y1 1
1 1/2 - - - - y1 1/2 2
2 y2 2 y2 4 y2 3/2
3 y3 4 y3 2 y3 4
4 y4 2 y4 4 y4 2
5 y5 4 y5 2 y5 4
.......... .......... .......... .......... .......... .......... .........
(n-5) y(n-5) 4 y(n-5) 2 y(n-5) 4
(n-4) y(n-4) 2 y(n-4) 4 y(n-4) 2
(n-3) y(n-3) 4 y(n-3) 2 y(n-3) 4
(n-2) y(n-2) 2 y(n-2) 4 y(n-2) 3/2
(n-2) 1/2 - - - - y(n-2) 1/2 2
(n-1) y(n-1) 4 y(n-1) 3/2 y(n-1) 1
(n-1) 1/2 - - y(n-1) 1/2 2 y(n-1) 1/2 2
n yn 1 yn 1 yn 1/2
55
La formula di Simpson è la più usata nel campo navale ed ad essa faremo
riferimento per risolvere i molti problemi che verranno esaminati nei capitoli
successivi.
Si voglia calcolare l’integrale di una curva tra gli estremi A e B, cioè si voglia
calcolare:
b
I = ∫ f ( x) dx (1)
a
b−a
λ= (3)
n
ottenendo i punti
◊ x0 = a
◊ x1 = a + λ
◊ x2 = a+ 2 λ........................
◊ x(n-1) = a + (n-1) λ
◊ xn = a + n λ = b
e in corrispondenza dei punti xi si vada a leggere le ordinate yi.
56
Per calcolare l’integrale (1) approssimiamo la curva data con una serie di n/3
parabole cubiche ciascuna passante per quatro punti consecutivi di coordinate xi,yi
(con i = 0, 1, 2, 3, ...n). E’ questa la funzione g(x) che approssima la funzione f(x).
Applicando la (2) si ottiene la grandezza I come sommatoria delle aree
sottostanti le n/3 parabole individuate ciascuna interessante una lunghezza pari a tre
intervalli e, quindi, un tratto pari a 3λ. Le equazioni delle singole parabole sono le
seguenti:
3λ
I1 = ( y 0 + 3 y1 + 3 y 2 + y 3 ) (10)
8
Si ricorda che l’uso della (11) è valido solo se gli intervalli sono uguali tra loro ed in
numero tale che n= 3 k con k numero intero.
8
Ad esempio, per una nave di forme consuete, il calcolo dell’area della figura di galleggiamento di pieno
carico ottenuto con il secondo metodo di Simpson e suddividendo la lunghezza al galleggiamento in 21 parti
uguali, porta ad un risultato che differisce da quello vero di circa lo 0.2%.
57
CAPITOLO IV
PARTI DI UNA NAVE, TERMINOLOGIA, DIMENSIONI
PRINCIPALI E RAPPORTI CARATTERISTICI
1 - Definizione di nave.
La nave (figura 1) ha una parte immersa detta carena o opera viva ed una
parte emersa detta opera morta (o opere morte). L’opera viva (o opere vive) è così
13
Il governo di una nave comprende la capacità di evoluire, di manovrare, di arrestare il moto e di
tenere la rotta.
14
Il servizio può essere di tipo molto diverso. In generale le navi si dividono in navi da carico e navi
per servizio speciale.
Le navi da carico si dividono in navi passeggeri e per merci. Quelle per passeggeri si dividono in
navi traghetto (solo passeggeri, passeggeri + auto, passeggeri + convogli ferroviari), navi da
crociera, navi da diporto e navi di linea per passeggeri. Le navi da carico si differenziano per tipo di
carico e/o per come il carico è trasportato: alla rinfusa (navi petroliere, bulk-carrier, cementiere,
trasporto acqua, trasporto vino, ecc.), in contenitori isolati (navi porta-contenitori), o su chiatte (navi
lash) o su veicoli (navi roll on - roll off), in contenitori speciali (navi trasporto gas liquefatti), non
confezionato in modo univoco (navi da carico generale), in stive refrigerate (navi frigorifere), in
stive refrigerate e ventilate (navi bananiere), per trasporto di automobili nuove (car-carrier), per
trasporto animali vivi, ecc.
Le navi per servizi speciali si dividono, a seconda delle categorie di servizi, in: navi militari, navi
faro, navi draga, navi posatubi, navi posacavi, navi rompighiaccio, navi trivella, navi
oceanografiche, navi per la ricerca scientifica, navi scuola, pescherecci (per la pesca a strascico,
baleniera, nave fattoria, ecc.) , navi per assistenza a piattaforme, rimorchiatori, spintori, navi
ospedale, ecc.
15
Lungo una via d’acqua può avere un duplice significato; il primo è con riferimento al tipo di
acqua: nave marittima, nave fluviale, nave lacustre; il secondo è con riferimento alla posizione della
nave rispetto all’acqua: nave sottomarina, nave di superficie (solca l’acqua), nave planante (scivola
sull’acqua), aliscafo, scafo a cuscino d’aria, nave ad effetto superficie (lo scafo è sopra l’acqua).
Tutte le navi che solcano l’acqua vengono dette navi convenzionali, quelle che non vengono
sostenute - a velocità di crociera - dalla spinta idrostatica, vengono dette navi non convenzionali. Da
fermo ed a velocità ridotte tutte le navi non convenzionali si comportano come navi convenzionali
nel senso che il loro sostentamento è di tipo idrostatico.
16
Dal greco σkάφος derivato da σκάπτω (scavare) con chiaro riferimento alle primitive
imbarcazione realizzate scavando un tronco.
60
detta in quanto è quella che consente alla nave di galleggiare. Quella parte dell’opera
morta che si trova al di sopra del ponte principale costituisce le sovrastrutture le
quali non concorrono alla robustezza strutturale della trave-nave.
La carena è in ogni caso simmetrica, la nave è praticamente simmetrica nella
stragrande maggioranza dei casi, non lo è in casi particolari (ad esempio nelle
portaerei) e limitatamente alle sovrastrutture. La simmetria è rispetto ad un piano
longitudinale che è detto piano diametrale. L’intersezione della carena con il piano
diametrale è detta figura di deriva ed il piano diametrale è detto anche piano di
deriva. Con riferimento ad un osservatore rivolto nel senso di avanzamento della
nave, il piano diametrale divide la nave in due parti, dette dritta o tribordo 17 e
sinistra o babordo 18.
La parte anteriore della nave è detta prua o prora 19 ed ha forma studiata, per
quanto riguarda la parte immersa, principalmente per ridurre la resistenza al moto; la
parte posteriore è detta poppa 20 ed ha forma studiata, per quanto riguarda la parte
immersa, principalmente per ridurre la scia e per meglio convogliare l’acqua al
propulsore; la parte centrale è detta corpo centrale o corpo maestro. La sezione
trasversale della nave alla quale corrisponde la massima area della sezione immersa
al galleggiamento di progetto è detta sezione maestra 21. I corpi prodieri e poppieri
hanno le parti estreme che si protendono verso il mare e sono dette slancio di prua e
slancio di poppa.
L’involucro esterno laterale della nave, realizzato dal fasciame, costituisce i
fianchi; la parte emersa di essi sono dette murate e, in particolare, la murata della
zona prodiera è detta mascone mentre quella della zona poppiera è detta
giardinetto. Se la parte estrema della poppa è costituita da una superficie piana o
quasi, questa è detta specchio di poppa. L’involucro inferiore della nave realizzato
dal fasciame costituisce il fondo. Il raccordo tra fondo e fianchi è detto ginocchio.
17
Francesismo di etimo ignoto, usato assai raramente tra i professionisti del mare e di tecnica
navale, molto diffuso tra i profani e molto usato in un certo tipo di letteratura pseudomarinaresca.
18
Francesismo, da babord, a sua volta derivato dall’olandese back-boord (= bordo della schiena) o
dal norvegese bakbord (in testi del XI e XII secolo); termine diffuso tra i profani da un certo tipo di
letteratura pseudomarinaresca. Ignorando l’origine della parola babord taluni avanzano per la stessa
etimi tanto fantasiosi quanto errati.
19
A seconda della forma si possono avere prua slanciata o a clipper, prua a rompighiaccio, prua a
piombo, prua dritta, prua slanciata con bulbo a goccia, prua con bulbo cilindrico, prua a cutter, prua
slanciata ed a gola dritta, ecc.
20
A seconda della forma si possono avere: poppa con volta a ventaglio, poppa a specchio, poppa a
baleniera o a cucchiaio, poppa ad incrociatore, poppa a torpediniera, ecc.
21
Non è detto che la sezione maestra coincida con la sezione a metà nave, in tal caso la sezione
maestra è, di solito, spostata a poppavia della sezione a metà nave. Di solito la sezione maestra è
quella che ha il maggior valore della larghezza in corrispondenza del galleggiamento di progetto.
61
Il piano di galleggiamento è quello al quale appartiene la superficie libera
del mare (o, comunque, dell’ambiente acqueo nel quale la nave si trova) ipotizzato
perfettamente in quiete. Considerando il piano di galleggiamento solidale alla nave,
restano individuate l’opera viva (carena) e quella morta.
62
Il piano di galleggiamento di progetto è il piano di galleggiamento secondo
il quale si vuole che la nave venga a trovarsi immersa nella condizione di massimo
carico estivo in acqua di mare perfettamente calma. Esso è detto anche piano di
galleggiamento di pieno carico normale e viene indicato con D.W.P. (Designed
Water Plane). Pertanto esso è quello consentito al massimo carico di progetto (cui
corrisponde la portata massima di progetto) in condizioni normali.
La linea di galleggiamento, detta anche linea d’acqua, è la curva
intersezione della superficie libera dell’acqua con la superficie dello scafo fuori
ossatura, qualunque sia lo stato del mare (naturalmente mosso o calmo, oppure con
formazione ondosa prodotta dalla stessa o da altre navi in moto); viene indicata con
W.L. (water line).
La linea di galleggiamento di progetto, detta anche linea di galleggiamento
di pieno carico normale o linea d’acqua di pieno carico normale, è la curva
intersezione del piano di galleggiamento di progetto con la superficie dello scafo
fuori ossatura; viene indicata con D.W.L. (designed water line).
La figura di galleggiamento è quella avente per contorno la linea d’acqua.
La detta figura ha area indicata con AW ed il suo centro è indicato con F (center of
flotation).
La superficie di carena è quella che delimita l’opera viva, cioè quella dello
scafo che è a contatto con l’acqua; in inglese è indicata con submerged body
surface). La superficie bagnata è la somma di quella della carena e di quelle delle
appendici di carena (alette di rollio, timone, ringrossi dei bracci portaelica, ecc.); in
inglese è indicata con vetted surface).
22
La relazione che stima il volume di carena fuori fasciame ∇FF in funzione di quello fuori ossatura
∇FO è la seguente ∇FF = ∇FO (1+KF), nella quale è KF =0.005÷0.007 per scafi in acciaio e KF
=0.055÷0.090 per scafi in legno.
23
Per l’acqua dolce è γ=1.000 t/mc, mentre per l’acqua di mare standard si assume γ=1.025 t/mc.
63
FIG. 2
64
perpendicolari già dette, giace sul piano diametrale e divide in due parti uguali la
distanza tra le due perpendicolari estreme.
Si definisce linea di base [indicata con B.L. (vedi figura 3) la retta parallela
al galleggiamento di progetto, giacente nel piano diametrale, passante per il piede
della perpendicolare al mezzo.
Si definisce linea di costruzione [viene indicata con M.K.L. (Moulded Keel
Line) la retta intersezione tra il piano diametrale e la faccia superiore della lamiera
di chiglia (se la nave non è a differenza di immersione la linea di costruzione è
orizzontale).
Si definisce linea di sottochiglia [viene indicata con O.K.L. (Outer Keel
Line) la retta intersezione tra il piano diametrale e la faccia inferiore della lamiera di
chiglia; le linee di costruzione e di sottochiglia sono, quindi, parallele e la loro
distanza è pari allo spessore della lamiera di chiglia misurato a metà della lunghezza
della nave.
24
Il punto K, piede della perpendicolare al mezzo, viene assunto di solito come origine della terna
cartesiana alla quale la nave viene riferita, come verrà specificato nel prossimo capitolo.
65
Lamiere saldate del fondo piatto
• • PF=perpendicolare avanti,
• • PA=perpendicolare addietro,
• • PM=perpendicolare al mezzo,
• • LPP=lunghezza tra le perpendicolari,
• • K=piede della perpendicolare al mezzo e
traccia dela linea di costruzione,
• • O=traccia della linea del sottochiglia,
• • DWL=linea di galleggiamento di progetto.
FIG. 3
25
La simbologia internazionale alla quale qui e nel prosieguo si fa riferimento è quella
formulata dalla I.T.T.C. (International Towing Tank Conference) che impegna quanti
operano nel campo dell’idrodinamica navale sperimentale (gli impianti sperimentali
principali sono costituiti dalle vasche navali).
66
• lunghezza al galleggiamento di progetto è la lunghezza della figura di
galleggiamento di pieno carico normale e che individua, quindi, la lunghezza
massima della carena, senza bulbo, con la quale la nave può galleggiare in
condizioni normali (senza falle, senza sbandamenti, senza sovraccarichi
accidentali, ecc.); il suo simbolo internazionale è LWL
• lunghezza tra le perpendicolari è la distanza tra la perpendicolare avanti e
quella addietro; è una lunghezza convenzionale che caratterizza la nave; essa non
tiene conto degli slanci di prua e di poppa e per questo viene utilizzata nei
problemi di resistenza al moto e di robustezza strutturale; il suo simbolo
internazionale è LPP anche se, molto spesso, viene ancora usato il simbolo LBP e,
in Italia il simbolo Lft;
FIG. 4
• lunghezza della carena è la lunghezza massima della carena, viene indicata solo
nel caso di navi con bulbo; in assenza di bulbo la lunghezza della carena coincide
con la lunghezza al galleggiamento; il suo simbolo internazionale è LOS;
• larghezza massima è la larghezza massima di ingombro della nave; non esiste un
simbolo internazionale, ma comunemente viene indicata con Bmax;
• larghezza al galleggiamento è la larghezza massima, fuori ossatura, della figura
di galleggiamento di progetto; il suo simbolo internazionale è BX;
• larghezza a metà nave è la larghezza, fuori ossatura, della figura di
galleggiamento di progetto alla sezione a metà della lunghezza tra le
perpendicolari; il suo simbolo internazionale è BM;
• larghezza alla sezione maestra è la larghezza, fuori ossatura, della figura di
galleggiamento di progetto in corrispondenza della sezione maestra (sezione della
carena di area massima); essa, di solito, coincide BX; a volte viene indicata con il
simbolo BWL (non internazionale);
67
• altezza di costruzione è la distanza verticale, misurata a metà lunghezza LPP , tra
la linea di costruzione e l’intersezione dell’orlo del ponte a murata (faccia
inferiore della lamiera del ponte); il suo simbolo internazionale è D;
• immersione avanti è la distanza tra il piano di galleggiamento e la linea di
sottochiglia misurata sulla perpendicolare avanti (se non specificato è relativa alla
condizione di galleggiamento di progetto); il suo simbolo internazionale è TF;
• immersione addietro è la distanza tra il piano di galleggiamento e la linea di
sottochiglia misurata sulla perpendicolare addietro (se non specificato è relativa
alla condizione di galleggiamento di progetto); il suo simbolo internazionale è
TA;
FIG. 5
Conoscendo tutte o solo alcune delle grandezze lineari ora elencate e definite
è possibile avere un’idea della grandezza della nave, ma non è certamente definita la
geometria della nave o della carena. Alcune grandezze sono indicative dello scafo,
altre della carena, alcune sono utili nei calcoli di robustezza della trave-nave, altre
nei calcoli di resistenza al moto, ecc., altre ancora nell’esercizio della nave
(lunghezza di banchina impegnata nell’ormeggio, passaggio in canali, immissione in
bacino, ecc.).
68
4 - Rapporti caratteristici della carena
72
Italica Ricerca 119.00 17.30 6.91 6.88 2.50
Mare Oceano Ricerca 75.00 13.25 4.17 5.66 3.18
A. H. Portofino rimorchiatore 59.40 14.50 4.99 4.10 2.91
Algerina Neri rimorchiatore 27.00 9.50 4.67 2.84 2.03
Beppe rimorchiatore 26.03 9.50 3.90 2.74 2.44
Antonello da Messina roll on - roll off 64.30 14.00 3.60 4.59 3.89
Archimede roll on - roll off 85.90 17.00 3.83 5.05 4.44
Baleno roll on - roll off 23.97 9.00 1.16 2.66 7.75
Capo Carbonara roll on - roll off 135.00 22.70 6.62 5.95 3.43
Egitto Espress roll on - roll off 110.00 18.50 5.22 5.95 3.54
Giorgio Cini nave scuola 46.51 10.00 2.92 4.65 3.42
Marinaretto nave scuola 18.00 5.20 1.84 3.46 2.83
I rapporti adimensionali tra superfici relativi alla carena sono anche detti
coefficienti di finezza di carena e sono i seguenti:
♦ coefficiente di finezza della sezione maestra,
♦ coefficiente di finezza della figura di galleggiamento,
♦ coefficiente di finezza del piano di deriva.
AM
CM =
B M TM
nella quale AM è l’area della sezione maestra immersa, BM è larghezza fuori ossatura
della figura di galleggiamento di progetto alla sezione a metà della lunghezza tra le
perpendicolari, mentre TM è la distanza tra il piano di galleggiamento e la linea di
sottochiglia misurata sulla perpendicolare al mezzo. Il coefficiente di finezza della
sezione maestra può assumere, a seconda del tipo di nave, valori molto diversi. Se si
tende a rendere massima la capacità delle stive il CM assumerà valori elevati (è il
caso delle navi che trasportano carichi alla rinfusa, quali cisterna e bulk carrier; la
figura 6a ne è un esempio), se è prioritaria la resistenza idrodinamica CM assumerà
valori molto bassi (è il caso delle imbarcazioni a vela; la figura 6b ne è un esempio).
73
a b
FIG. 6
FIG. 7
I rapporti adimensionali tra volumi relativi alla carena sono anche detti
coefficienti di finezza di carena e sono i seguenti:
♦ coefficiente di finezza totale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico longitudinale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico verticale di carena,
♦ coefficiente di finezza prismatico trasversale di carena.
75
FIG. 9
FIG. 10
76
∇
C PV =
A W TM
nella quale ∇ è il volume di carena relativo al galleggiamento di progetto, AW è
l’area della figura di galleggiamento di progetto e TM è l’immersione di progetto. In
pratica il coefficiente di finezza prismatico verticale di carena esprime il rapporto tra
il volume di carena ed il volume del prisma ottenuto traslando per tutta l’immersione
TM la figura di galleggiamento di area AW.
FIG. 11
∇
C PT =
A L BX
77
FIG. 12
∇ ∇ AM
CB = = = CP CM
L B T AM L B T
∇ ∇ AW
CB = = = C PV C W
L B T AW T L B
∇ ∇ AL
CB = = = C PT C L
L BT A L B L T
per cui risulta anche:
CB CB CB
CP = C PV = C PT =
CM CW CL
C C C
CM = B CW = B CL = B
CP C PV C PT
Il coefficiente di finezza prismatico longitudinale CP (sarebbe più giusto
indicarlo con CPL) - che dei tre coefficienti prismatici è il più usato - indica la
distribuzione dei volumi lungo l’asse X. La distribuzione longitudinale del volume
di carena viene di solito evidenziata da un diagramma detto diagramma delle aree
delle sezioni immerse che ha per ascisse l’asse X e per ordinate i valori locali delle
aree delle sezioni trasversali immerse. Se due navi hanno uguale lunghezza al
galleggiamento ed uguale volume di carena, indicando con il pedice 1 gli elementi
relativi alla prima nave e con il pedice 2 quelli relativi alla seconda nave, si può
scrivere:
78
∇ k
C P1 = =
A M1 L WL A M1
∇ k
CP2 = =
A M 2 L WL A M 2
∇
essendo k=
L WL
Si ricava, quindi, la relazione
A M2
C P1 = CP2
A M1
FIG. 13
TIPO M B T
Crociera 5.7÷7.2 0.90÷1.08 0.27÷0.35
carico generale 5.3÷5.8 0.73÷0.85 0.29÷0.35
bulk carrier 4.0÷6.0 0.72÷0.90 0.30÷0.36
roll on - roll off 5.3÷7.1 0.97÷1.18 0.26÷0.34
Petroliera 5.0÷6.1 0.74÷0.90 0.28÷0.36
Militari 7.0÷8.4 0.80÷1.10 0.26÷0.30
80
FIG. 14
FIG: 15
Il baglio è un elemento strutturale che assieme ad altri [costole (ai fianchi),
paramezzale (al fondo), ecc.] costituisce una ossatura (telaio). Le ossature e, quindi i
bagli, sono disposte ciascuna in un piano trasversale dello scafo ed in successione
ordinata secondo l’asse longitudinale della nave; la distanza tra le ossature è detta
anche distanza tra le ordinate. I bagli si estendono da una murata all’altra per
collegare le strutture di un fianco con quelle del fianco opposto, per sostenere il
fasciame del ponte, ecc. I bagli sono interrotti solo in corrispondenza di boccaporti e
di altre aperture dei ponti; in tale caso le due parti di baglio sono dette mezzobaglio.
FIG. 16
Ascissa Quota z
sulla PPAD Z1=25 (10+LPP/3)
a 1/6LPP dalla PPAD Z2=11.10 (10+LPP/3)
a 1/3LPP dalla PPAD Z3=2.80 (10+LPP/3)
sulla al mezzo Z4=0
a 1/3LPP dalla PPAV Z5=5.60 (10+LPP/3)
a 1/6LPP dalla PPAV Z6=22.20 (10+LPP/3)
sulla PPAV Z7=50 (10+LPP/3)
FIG. 17
La curva del baglio o curva del bolzone è la curva intersezione tra un piano
trasversale verticale e la superficie del ponte entro fasciame. Tale curva, se
regolamentare, ha forma parabolica. La freccia del bolzone (cioè della parabola) –
segmento intercettato sulla traccia del piano diametrale dalla curva del baglio e dalla
retta del baglio- deve essere uguale ad 1/50 della larghezza massima B fuori ossatura
del ponte nella sezione trasversale considerata. Per tracciare la curva del baglio si
può procedere per inviluppo delle tangenti o per quarto di circonferenza.
La costruzione per inviluppo di tangenti è riportata in figura 18. La larghezza
locale B (segmento MN) viene divisa in due parti uguali; si riportano i segmenti OC
ed OF (sono sulla traccia del piano diametrale) pari alla freccia del bolzone ed al suo
doppio; si dividono i segmenti NE ed ME nello stesso numero di parti uguali
numerando i punti di divisione in ordine inverso; si congiungono i punti aventi lo
stesso numero; la curva del baglio è quella che ha per tangenti i segmenti tracciati.
26
Tali norme sono fissate dalla Convenzione Internazionale sulle Linee di Carico, detta anche
Convenzione sul Bordo Libero.
83
FIG. 18
FIG. 19
In ogni sezione verticale trasversale la curva del bolzone è la stessa anche se
ha estensione diversa, per cui tutte le dette curve sono sovrapponibili; la figura 20
mostra la curva del bolzone per la sezione maestra di una nave (curva MCN) e
quella (curva M’CN’) di una generica sezione trasversale la cui larghezza massima è
M’N’.
FIG. 20
La figura 21 mostra è ad ulteriore chiarimento di quanto detto per
l’insellatura e l’imbolzonatura di un ponte. Come può notarsi, la superficie del ponte
insellato ed imbolzonato è quella prodotta dalla curva del bolzone che trasla
longitudinalmente lungo la proiezione sul piano diametrale dell’orlo a murata del
ponte insellato.
84
FIG. 2
85
CAPITOLO V
1 – Il dislocamento.
87
Il dislocamento di pieno carico normale o dislocamento di progetto ∆ è il
valore massimo che una nave può avere e che è definito dal progettista anche nel
rispetto della normativa vigente; esso è composto dal dislocamento a nave vacante e
dalla portata lorda massima, indicata con DWT (dead weight tons).
In realtà una nave può trovarsi, nel corso della sua vita, ad avere un
dislocamento superiore a quello di pieno carico normale. Ciò può avvenire o per
caricazione oltre il lecito (ed è pertanto un reato) o per circostanze eccezionali quali,
ad esempio, formazione di ghiaccio sulle sovrastrutture, imbarco d’acqua per falla o
per severe condizioni meteomarine, imbarco di passeggeri da una nave in pericolo,
ecc.
Gli infiniti dislocamenti compresi tra quello a nave vacante e quello di pieno
carico normale differiscono solo per il valore della portata lorda che varia anche
durante la navigazione, via via che vengono utilizzati alcuni prodotti. Della portata
lorda si dirà nel prossimo paragrafo.
Peso scafo
Costituiscono lo scafo 27 l’insieme degli elementi che realizzano la struttura
principale esterna (fasciame del fondo, dei fianchi e del ponte con i relativi rinforzi)
ed interna (paratie traversali, paratie longitudinali e ponti con relativi rinforzi)
resistenti alle sollecitazioni cui la nave è soggetta a causa dei carichi interni ed
esterni ad essa. Anche se non preposte a realizzare la robustezza della trave-nave, le
sovrastrutture e le strutture secondarie interne ed esterne (es. basamento motori,
paratie divisorie, fumaiolo, alette di rollio, ecc.) entrano a costituire il peso scafo.
In generale lo scafo vero e proprio è realizzato tutto con uno stesso materiale
(acciaio 28, legno, vetroresina, ecc.) mentre le altre parti possono essere realizzate
con materiali diversi.
La distinta dei pesi costituenti il peso scafo viene fatta utilizzando i disegni
detti piani dei ferri se la nave è in acciaio (altrimenti piani dei legni, piani delle
strutture in PRFV, ecc.), il piano sviluppo fasciame e alcuni piani generali oltre che
utilizzando i cataloghi delle ferriere (se la nave è in acciaio).
Di solito si procede considerando lo scafo suddiviso in n trance [se la nave è a
struttura trasversale, n è uguale al numero dei telai (dette ossature)]. Per ogni trancia
si considerano solo gli elementi simmetrici rispetto al piano diametrale della nave
27
La parola scafo deriva dal latino scaphus a sua volta derivato dal greco σxαπτω con il significato di
scavato, con chiaro riferimento allo scafo primordiale costituito da un pezzo di tronco d’albero scavato.
28
Relativamente alle navi in acciaio, lo scafo è realizzato con lamiere e profilati ottenuti nelle ferriere con
laminazione a caldo. Per le lamiere (larghi piatti) le ferriere ed i Manuali d’Ingegneria forniscono le
dimensioni della sezione [larghezza (detta testa) e spessore (detta anche grossezza)], l’area della sezione ed il
peso per un metro di lunghezza. I profilati più comunemente usati sono angolari a lati uguali o diseguali,
angolari a bulbo, ferri a canale o a C, ferri a T, ferri a doppio T, piatti a bulbo simmetrici o non simmetrici.
Per i profilati, le ferriere ed i Manuali d’Ingegneria forniscono: dimensioni principali della sezione [altezza A,
larghezza a e spessore s] area della sezione, peso di un metro di lunghezza, distanza del baricentro dai due lati
più distanti, momenti d’inerzia rispetto ai due assi baricentrici e paralleli ai lati prima detti.
88
(in modo da limitare i calcoli a metà trancia), considerando gli eventuali o
comunque esigui elementi non simmetrici successivamente. Gli elementi presenti
sono diversi a seconda della tipologia della nave e della soluzione progettuale
adottata (a prevalente struttura trasversale o longitudinale, ecc.). In nota 29 si
riportano alcune voci che devono o possono, a seconda dei casi, essere presenti.
Nella prima parte (quella appunto relativa al peso scafo) del fascicolo
intitolato Esponente di Carico, si riportano gli elementi (peso e coordinate del
baricentro) non delle singole parti (ferri), ma dell’intera trancia o di più trance
contigue (indicando rispettivamente il numero che individua l’ossatura o i numeri
delle ossature estreme del blocco). Successivamente vengono riportate le altre parti
o complessi di parti che non sono state considerate nelle trance prima dette. In nota
30
si riportano alcune voci che devono o possono essere prese in considerazione.
Peso allestimento
Costituiscono l’allestimento l’insieme dei pesi che fanno parte del complesso
delle sistemazioni particolari della nave finalizzate alle diverse funzioni connesse
alla vita a bordo, alla movimentazione dei carichi, alla sicurezza, all’ormeggio, alla
manovra, alla navigazione, ecc.
La distinta di tali pesi viene fatta utilizzando numerosi disegni di carattere
generale (piani generali) o particolare (ad es. impianto acqua potabile, lavanda e
nere) ed informazioni assunte dai diversi fornitori e/o dal magazzino del cantiere.
Per contenere il numero delle voci della lista, più parti concorrenti allo stesso
fine vengono raggruppate. In nota 31 si riportano alcune possibili voci facenti parte
del peso allestimento.
29
Fasciame del fondo, fasciame dei fianchi, fasciame del ponte principale, paramezzale centrale, paramezzale
laterale, madiere, fasciame del cielo del doppio fondo, correnti del fondo, correnti del cielo del doppio fondo,
costole comuni, costole rinforzate, correnti dei fianchi, bagli semplici, bagli rinforzati, correnti del ponte,
anguilla centrale, anguilla laterale, mastre di boccaporta, squadre di collegamento, ecc. ecc.
30
Bulbo prodiero, paratie stagne trasversali, paratie stagne longitudinali, puntelli, timone, basamenti dei
motori principali, ponti sotto il ponte principale, strutture perimetrali delle sovrastrutture, paratie divisionali
dei diversi interponti, cielo delle sovrastrutture, impavesata, parapetti, alette di rollio, cofano motori, tunnel
dell’elica trasversale di manovra, pozzo catene, ecc. ecc.
31
Albero di prua completo di antenne e fanali, aste di posta prodiere, ventilazione naturale, scale in ferro,
porte in ferro, porte non metalliche interne ed esterne, boccaporte, portelli, osteriggi, scale di banda,
passerella, gru per imbarcazioni di salvataggio con relativi verricelli, gruetta per cambusa, gruetta per scala di
banda, ringhiere, candelieri per tende, tientibene, bitte, cubie, passacavi, gancio di rimorchio, finestrini, luci
fisse, salpancora, argano di tonneggio, macchina per il timone, impianto elettrico, impianto interfono,
impianto frigorifero per celle cambusa, impianto antincendio a CO2, pompe antincendio barellabili, impianto
antincendio a schiuma, estintori portatili, impianto scarico liquami, impianto ricetrasmittente, impianto radar,
girobussola, ecosonda, solcometro, orologi, radio, televisori, elica trasversale di manovra, impianto
condizionamento e ventilazione forzata, impianto per imbarco-sbarco-travaso liquidi, impianto per acqua di
zavorra e assetto, impianto di riscaldamento nafta, sonde e sfoghi d’aria e gas fuori apparato motore,
ombrinali e scarichi fuori bordo, tubazioni di sentina, tubazioni acqua potabile, tubazioni per acqua di
lavanda, tubazioni per acque nere, servizio aria compressa fuori apparato motore, tubazioni imbarco nafta,
coibentazione tubi, gruppo elettrogeno di emergenza (comprensivo di condotte per prese d’aria, condotte di
scarico, basamenti e casse per il combustibile), protezione catodica, ancore, catene, cavi, mezzi di salvataggio
collettivi, selle per imbarcazioni di salvataggio, mezzi di salvataggio individuali, salvagente anulari, atolli,
bussole, segnali, targhe, cappe, bandiere, strumenti nautici, pavimentazione alloggi e spazi comuni,
89
Peso apparato motore
Concorrono al peso dell’apparato motore l’insieme dei pesi che costituiscono
il complesso delle sistemazioni particolari della nave finalizzate alla produzione e
trasformazione di energia per la propulsione e per il funzionamento dei diversi
impianti di bordo.
La distinta di tali pesi viene fatta utilizzando numerosi disegni specifici
(piante e sezioni dei compartimenti destinati alla propulsione, al locale pompe, agli
elettrogeni, ecc., piano delle capacità, ecc.), informazioni assunte dai libretti tecnici
forniti dalle diverse ditte, informazioni ricevute dal magazzino del cantiere, ecc.
La distinta dei pesi viene eseguita, di solito, per blocchi, ad esempio: motori
di propulsione, produzione energia elettrica, circolazione olio lubrificante e di
raffreddamento, circolazione acqua raffreddamento, circolazione e trattamento nafta,
servizio sentina ed incendio, produzione vapore, ecc.
In nota 32 si riportano alcune voci costituenti il peso dell’apparato motore.
La distinta che espone tutti i pesi costituenti la nave vacante viene detta
esponente dei carichi fissi. Tale distinta viene stimata per grandi insiemi (peso
scafo, peso allestimento e peso apparato motore) fin dalle primissime fasi del
progetto; a mano a mano che il lavoro di progettazione procede la stima dei pesi è
meno grossolana e viene fatta per gruppi meno vasti appartenenti agli insiemi prima
detti; durante la costruzione della nave il peso di ogni elemento viene registrato e
l’esponente dei carichi fissi diventa sempre più completo e la somma di tutti i pesi
sempre più prossimo al valore che realmente avrà il dislocamento della nave
rivestimenti isolanti termici ed acustici, celle frigorifere di cambusa, carabottini, arredamento alloggi,
arredamento mense, arredamento locali igienici collettivi, arredamento cucina, arredamento mense,
arredamento infermeria, arredamento depositi e ripostigli, arredamento lavanderia, arredamento altri locali,
dotazioni per alloggi, dotazioni per mense, dotazioni per cucina, ecc. ecc.
32
Motori di propulsione: motori principali, giunti elastici, riduttori, alberi di trasmissione, eliche, boccole,
supporti, silenziatori, quadro manovra, strumenti di controllo, allarmi, ecc.; produzione energia elettrica:
gruppi elettrogeni, basamenti per gruppi elettrogeni, gruppi di avviamento, silenziatori, quadri di controllo,
ecc.; produzione aria compressa: compressori principali, compressori di primo avviamento, serbatoi per aria
compressa, bombole aria compressa per automatismi, ecc.; circolazione olio lubrificante e di
raffreddamento: elettropompe per olio lubrificante e di raffreddamento motori principali, elettropompe olio
riduttori, elettropompa per travaso, elettropompe di prelubrificazione gruppi di avviamento, refrigeratori olio
per motori principali, filtri autopulitori per olio motori principali, filtri per olio riduttori, depuratore olio,
riscaldatore olio, ecc.; circolazione acqua di raffreddamento: elettropompe raffreddamento acqua distillata
per motori principali, elettropompe di raffreddamento polverizzatori, refrigeratori acqua distillata
raffreddamento motori principali, refrigeratori acqua distillata per polverizzatori, refrigeratori acqua distillata
per gruppi di avviamento, ecc.; circolazione e trattamento nafta: elettropompe sbarco e travaso nafta,
elettropompe alimento nafta motori principali, elettrodepuratori nafta, ecc.; servizio sentina ed incendio:
elettropompe centrifughe per sentina ed incendio, elettropompe alternative per sentina ed incendio, depuratori
sentina, ecc.; servizio acque: evaporatori distillatori, serbatoi acque sporche, serbatoi acqua potabile, serbatoi
acqua lavanda, elettropompe per acque sporche, elettropompe per acqua potabile, elettropompe per acqua
lavanda calda, riscaldatore per acqua lavanda calda, serbatoio mineralizzazione acqua, ecc.; produzione
vapore: caldaia a nafta per produzione vapore, ecc.; servizio ventilazione: elettroventilatori di vario tipo,
ecc.; allestimento apparato motore: condotte generatori elettrici, condotte caldaia, paglioli, grigliati, scale e
sostegni, condotte di ventilazione, pezzi di rispetto, avviatori, officina meccanica, ecc.
90
vacante. Contemporaneamente vengono stimate, valutate, calcolate le coordinate dei
baricentri dei pesi riportati nell’esponente dei carichi fissi considerati rispetto ad una
terna ortogonale fissa 33, in modo da poter calcolare, in modo sempre più preciso, le
coordinate del baricentro della nave vacante.
Ovviamente il progetto della nave viene fatto anche considerando che il
baricentro della nave vacante dovrà trovarsi sul piano diametrale della nave, in
modo che la nave stia in posizione dritta, cioè con il piano diametrale normale alla
superficie del mare. La coordinata longitudinale del baricentro della nave vacante
dovrà trovarsi in prossimità della sezione contenente la perpendicolare al mezzo, tale
da contribuire a garantire, nella condizione di dislocamento al pieno carico normale,
assetto dritto. La coordinata verticale del baricentro della nave vacante dovrà essere
sufficientemente piccola, in modo da contribuire alla realizzazione di una buona
stabilità in tutte le condizioni di carico.
2 – La portata.
Tutti i pesi che possono essere imbarcati in una nave “vacante”, cioè tutti i
pesi mobili che sono in una nave, costituiscono la portata che viene genericamente
indicata con Q e si misura in tonnellate. Il valore massimo della portata, quello che
fa sì che dal dislocamento a nave vacante si passi al dislocamento di pieno carico
normale o dislocamento di progetto, è detta portata lorda massima ed è indicata da
DWT.
33
Questa può anche coincidere con la terna fondamentale della nave che è quella che ha origine in
K, piede della perpendicolare al mezzo; ha asse X orizzontale, giacente sul piano diametrale e
diretto verso prua, asse Y orizzontale e diretto verso la murata sinistra; asse Z verticale e diretto
verso l’alto.
91
Portata netta NWT Peso carichi paganti
Peso lubrificanti
Peso consumabili
Peso acqua lavanda
Peso zavorra
liquida Peso dotazioni di
consumo della nave per
manutenzione
La portata lorda è data dalla somma della portata netta - detta anche carico
pagante – dei consumabili e dell’equipaggio con i propri effetti personali. La portata
netta massima viene indicata con NWT (net weight tons).
La distinta che espone tutti i pesi mobili che vengono imbarcati viene detta
esponente dei carichi mobili. Tale distinta viene stimata per grandi insiemi (portata
netta, peso combustibili, peso oli lubrificanti, peso acqua potabile, ecc.) fin dalle
primissime fasi del progetto; a mano a mano che il lavoro di progettazione procede
la stima dei pesi è meno grossolana e viene fatta per gruppi meno vasti appartenenti
agli insiemi prima detti. Viene anche elaborato il piano delle capacità che è
costituito da disegni e tabelle. In tale elaborato sono riportate la sezione
longitudinale della nave e le necessarie sezioni orizzontali dove sono segnati, e
numerati, tutti gli spazi (stive, depositi, casse, ecc.) destinati al carico pagante, ai
liquidi di consumo, all’acqua di zavorra, ecc. Con riferimento a tali disegni vengono
riportati in tabelle, per ogni spazio:
il numero che individua la stiva o deposito o cassa e la sua posizione (lato
destro, centrale, lato sinistro),
la destinazione d’uso (bene contenuto),
92
le ordinate (ossature) della nave tra le quali lo spazio si estende
longitudinalmente,
il volume netto in mc dello spazio (capacità massima),
le coordinate del centro geometrico dello spazio rispetto ad una terna di
riferimento.
3 – Baricentro di un corpo.
34
Il comandante della nave è sempre e comunque responsabile anche della caricazione della nave; il
primo ufficiale di coperta è, spesso, addetto alla caricazione e, pertanto, corresponsabile.
35
Di conseguenza, se il sistema ha due piani di simmetria, il baricentro si troverà sulla retta
intersezione di tali piani; se il sistema ha tre piani di simmetria, il baricentro coinciderà con il punto
comune ai tre piani.
93
vertice, figura 1a, il corpo sarà in equilibrio. Aggiungiamo, figura 1b, un tronco di
cilindro, con le stesse caratteristiche del precedente, avente peso P; sia d la distanza
tra il baricentro G del primo tronco di cilindro e g quello del tronco aggiunto. Tale
operazione comporta che alla situazione di figura 1a si è aggiunto un momento dato
da (P d). Il corpo cilindrico omogeneo risultante, figura 1c, avrà peso ∆+P ed il suo
baricentro G1 sarà ancora sull’asse del cilindro. La situazione rappresentata in figura
1c vede il corpo soggetto ad un momento dato da [(∆+P) GG1]. Poiché le due
situazioni (fig. 1b ed 1c) sono identiche, sarà:
(∆+P) GG1 = P d
G a
∆
d P
g b
G
∆+P
G1 c
FIG. 1
Pertanto la distanza del baricentro G1 del corpo avente peso (∆1=∆+P) dal punto G
(baricentro del corpo avente peso ∆) è data da:
Pd Pd
GG 1 = = (1)
∆ + P ∆1
ed è positiva se d è positiva. Si ha quindi che l’aggiunta di un peso sposta il
baricentro dalla stessa parte del peso aggiunto ed il baricentro del sistema di peso
∆1=∆+P si trova sulla retta congiungente i baricentri dei sistemi di peso ∆ e P.
G a
∆
P
g b
G
∆−P
d
G1 c
FIG. 2
Pertanto la distanza del baricentro G1 del corpo avente peso (∆1=∆-P) dal punto G
(baricentro del corpo avente peso ∆) è data da:
Pd Pd
GG 1 = = (2)
∆ − P ∆1
Pd
GG 1 = (3)
∆1
formula che fornisce lo spostamento del baricentro da G a G1 operato dalla aggiunta
(peso P positivo) o dalla sottrazione (peso P negativo) ad una distanza d dal
baricentro iniziale G. Quindi lo spostamento GG1 è concorde o discorde rispetto alla
distanza d, a seconda che si aggiunge (P positivo) o si sottrae (P negativo) un peso P.
95
4 – Imbarco e sbarco di un peso. Spostamento del baricentro, riferito
alla terna fondamentale.
∆F XGF= ∆I XGI + P Xg
che fornisce la posizione finale (essendo ZGF = ZGI e YGF = YGI) del baricentro della
nave dopo l’imbarco del peso P.
Se si vuole conoscere dove imbarcare il peso P affinché il baricentro si sposti
da XGI a XGF, è:
∆ F X GF − ∆ I X GI ( ∆ I + P) X GF − ∆ I X GI
Xg = = (6a)
P P
96
(∆ I + P )X GF = ∆ I X GI + P X g
G1 G F g
/ / /
W L
FIG. 3
P (X GF − X g ) = ∆ I (X GI − X GF )
P = ∆I
(X GI − X GF ) (7a)
(X GF − Xg )
∆F YGF= ∆I YGI + P Yg
per cui è:
∆ I YGI + P Yg
YGF = (5b)
∆F
W L
GF g
G1
IG. 4
che fornisce la posizione finale (essendo ZGF = ZGI e XGF = XGI) del baricentro della
nave dopo l’imbarco del peso P. Parimenti si ha:
97
∆ F YGF − ∆ I YGI ( ∆ I + P) YGF − ∆ I YGI
Yg = = (6b)
P P
e
P = ∆I
(YGI − YGF ) (7b)
(Y GF − Yg )
∆F ZGF= ∆I ZGI + P Zg
per cui è:
∆ I Z GI + P Z g
Z GF = (5c)
∆F
che fornisce la posizione finale (essendo XGF = XGI e YGF = YGI) del baricentro della
nave dopo l’imbarco del peso P. Parimenti si ha:
∆ F Z GF − ∆ I Z GI ( ∆ I + P ) Z GF − ∆ I Z GI
Zg = = (6c)
P P
e
(Z GI − Z GF )
P = ∆I (7c)
(Z GF − Zg )
W L
GF
G1
FIG. 5
FIG. 5
∆ I X GI + P X g
X GF = ∆F
∆ I YGI + P Yg
YGF = (9)
∆F
∆ I Z GI + P Z g
Z GF =
∆F
che non sono altro che le (5a), (5b) e (5c). Le (9) consentono di determinare le
coordinate del baricentro GF che la nave assume (baricentro finale) a seguito
dell’imbarco (sbarco) di un peso P, di coordinate Xg, Yg e Zg, se si conoscono le
coordinate XGI, YGI e ZGI del baricentro GI della nave prima dell’imbarco (sbarco)
del peso P che fa passare il dislocamento da ∆I (dislocamento iniziale) a ∆F.
Analogamente si può scrivere:
∆ F X GF − ∆ I X GI ( ∆ I + P) X GF − ∆ I X GI
X g = =
P P
∆ F YGF − ∆ I YGI ( ∆ I + P) YGF − ∆ I YGI
Yg = = (10)
P P
∆ F Z GF − ∆ I Z GI ( ∆ I + P) Z GF − ∆ I Z GI
Z g = =
P P
(X GI − X GF )
P = ∆ I
(X GF − Xg )
(YGI − YGF )
P = ∆ I (11)
(Y GF − Yg )
(ZGI − ZGF )
P = ∆ I
(Z GF − Zg )
99
5 - Imbarco e sbarco di un peso. Spostamento del baricentro riferito
alla terna avente per origine il baricentro iniziale G ed assi paralleli alla
terna fondamentale.
g
x
W L
y * GF
G1
FIG. 6
∆F GIGF= P GIg
con
∆F = ∆I +P
per cui è:
P G Ig P G Ig
G IG F = = (12)
∆F ∆I + P
100
P xg
x GF =
∆I + P
P yg
y GF = (13)
∆I + P
P zg
z GF =
∆I + P
Consideriamo tre casi particolari, cioè tre situazioni che producono uno
spostamento del baricentro da G a GF, secondo la direzione di uno dei tre assi
coordinati.
GGV ∆F=P dv
P dv
GG V = z GV = (17)
∆I + P
g
W L
y GV
G
FIG. 7
Essendo:
dv =Gg = Kg - KG e GGV=KGV-KG
101
la (17) può anche scriversi:
P (Kg − KG)
KG V − KG =
∆I + P
e, quindi:
P(Kg − KG)
KG V = + KG (18)
∆I + P
FIG. 8
GGT ∆F=P
G dt T g
y G
FIG: 8
P dt
GG T = (16)
∆I + P
Essendo 36:
dt = Gg = Yg- YG e GGT=YGT-YG
36
Le grandezze vanno prese con il proprio segno con riferimento alla terna fondamentale.
102
P (Yg − YG )
YGT - YG =
∆I + P
e, quindi:
P (Yg − YG )
y GT = + YG (17)
∆I + P
GGL ∆F=P dl
z
G g
GL
FIG. 9
P dl
GG L = (18)
∆I + P
Essendo:
dl = Gg = Xg- XG e GGL=XGT-XG
P (X g − X G )
X GT - X G =
∆I + P
e, quindi:
P (X g − X G )
X GT = + XG (19)
∆I + P
dP dv dP dv
GG V = z GV = ≈ (14)
∆ I + dP ∆I
d P dt d P dt
GG T = ≈ (16)
∆ I + dP ∆I
P dl P dl
GG L = ≈ (18)
∆I + P ∆I
dv = Kg2-Kg1
per cui
• se Kg2>Kg1 dv è positiva (spostamento secondo il verso di Z)
• se Kg2<Kg1 dv è negativa (spostamento contrario al verso di Z)
Ovviamente è
KGV = KG + GGV
P dt
GG T =
∆
Il segmento di traslazione trasversale del peso P
dt = Yg2-Yg1
va valutato tenendo in conto i segni delle distanze finale ed iniziale del baricentro g
dello stesso peso P rispetto al piano diametrale.
se è dt positivo (spostamento secondo Y) il baricentro GT si troverà spostato verso
la murata sinistra,
105
se è dt negativo (spostamento contrario a Y) il baricentro GT si troverà spostato
verso la murata destra.
Ovviamente è
YGT = YG + GGT
dl = Xg2-Xg1
va valutato tenendo in conto i segni delle distanze finale ed iniziale del baricentro g
dello stesso peso P rispetto al piano della sezione maestra.
se è dl positivo (spostamento secondo X) il baricentro GT si troverà spostato verso
prua,
se è dl negativo (spostamento contrario a X) il baricentro GT si troverà spostato
verso poppa.
ovviamente è
XGL = XG + GGL
7 - Carichi sospesi
Finché un peso P grava, ad esempio sul fondo di una stiva, il baricentro del
corpo si trova in un punto g; ma appena il corpo, collegato al gancio di un mezzo di
movimentazione, non tocca più il fondo della stiva, a tutti gli effetti è come se il
baricentro della massa sospesa si trovasse nel punto di sospendita (asse della
puleggia sulla quale agisce il cavo) cioè in g1 (figura 10). Durante gli spostamenti
del mezzo di movimentazione, qualunque sia la posizione del peso P, è come se il
baricentro della massa sospesa rimanesse costantemente coincidente con il punto di
sospendita. Raggiunta la posizione sbracciata voluta ed iniziata la discesa del peso P
verso la banchina, il baricentro della massa sospesa P deve considerarsi applicato nel
punto di sospendita (g2) fino a che il corpo P non risulterà gravante sulla banchina.
Raggiunta tale posizione il baricentro del corpo sarà nel punto g3. Ne consegue che
lo sbarco del peso P, di baricentro g, avrà come risultato finale quello di spostare il
baricentro della nave da G a G3, con G3 appartenente alla retta passante per g e G e
spostato a destra di G, se il peso P sbarcato era alla sinistra di G.
FIG. 10
Durante le diverse fasi che portano a questo risultato finale, si verifica però
quanto segue:
• permanenza del baricentro della nave in G fintanto che il peso P grava su
una struttura della nave;
• spostamento verticale istantaneo del baricentro nave da G a G1, nel
momento in cui il peso P risulta sospeso ed il punto di sospendita è g1;
• permanenza del baricentro della nave in G1 fintanto che il peso P risulta
sospeso;
107
• spostamento del baricentro della nave da G1 a G2 secondo una linea che è
parallela al percorso g1g2 effettuato dal punto di sospendita;
• permanenza del baricentro della nave in G2 per tutto il tempo che il peso P
risulta sospeso (punto di sospendita g2);
• spostamento istantaneo del baricentro della nave da G2 a G3, posizione
finale corrispondente allo sbarco del peso P, nel momento in cui il peso P
grava sulla banchina e, quindi, non interessa più la nave. Il punto G3 si
deve trovare sulla congiungente i punti g2 e G2, dalla parte rispetto a G2
opposta a quella in cui si trova g2 (essendo una sbarco).
E’ evidente che quanto ora detto per lo sbarco di un peso, può essere ripetuto,
con le opportune differenze, per lo spostamento di un peso da una zona della nave ad
un’altra o per l’imbarco di un peso utilizzando un picco, una gru o un carroponte.
Quanto fino ad ora detto è relativo ai carichi fissi. A bordo delle navi sono
presenti carichi non fissi, come:
◊ persone; fintanto che le persone presenti a bordo sono quelle che
costituiscono l’equipaggio (o, comunque, il numero delle persone a
qualunque titolo presenti è esiguo), gli spostamenti del baricentro della
nave sono molto limitati stante l’esiguo peso in relazione al dislocamento
della nave; nel caso di navi per passeggeri, lo spostamento di una folla di
individui sui ponti più alti e verso un solo lato della nave (ad esempio, per
ammirare la costa) può produrre un notevole spostamento del baricentro
della nave;
◊ carichi scorrevoli; talune navi sono adibite al trasporto di carichi scorrevoli
(granaglie, semi, carbone, minerali, ecc.); se tali carichi non riempiono
completamente le stive e non sono bene assestati, ma hanno una superficie
libera, durante i moti della nave i carichi possono scorrere verso un lato
della nave producendo uno spostamento del baricentro che, causando una
inclinazione alla nave, favorisce un ulteriore scorrimento del carico verso
lo stesso lato e, quindi, un ulteriore spostamento del baricentro della nave;
◊ carichi rotolanti; talune navi sono adibite al trasporto di carichi rotolanti
(tronchi di albero, prodotti cilindrici di siderurgia, bobine di carta o di
prodotti della siderurgia, ecc.); se tali carichi non vengono ben fissati alle
strutture della nave e/o legati tra loro e/o zeppati, durante i moti della nave
i carichi possono rotolare verso un lato della nave producendo uno
spostamento del baricentro;
◊ carichi spostabili; talune navi sono adibite al trasporto di carichi spostabili
(veicoli gommati, prodotti siderurgici in lastre o barre, ecc.); se tali carichi
108
non vengono rizzati e/o zeppati e/o legati tra loro e/o ben fissati alle
strutture della nave, durante i moti della nave tali carichi possono spostarsi
verso un lato della nave producendo uno spostamento del baricentro;
◊ carichi liquidi; tutte le navi hanno a bordo depositi per carichi liquidi da
consumare (combustibile, olio lubrificante, acqua potabile, acqua di
lavanda); talune navi sono adibite al trasporto di carichi liquidi (navi
trasporto petrolio, vino, acqua, prodotti chimici l, ecc.); se i depositi e le
cisterne contenenti liquidi non sono riempite completamente, la superficie
libera del liquido si mantiene orizzontale (figura 11), mentre la nave muta
posizione a causa dei moti di rollio e beccheggio o a causa di inclinazioni
aventi altra origine (spostamento di carichi solidi, azione del vento e/o del
mare, ecc.). Per mantenere orizzontale la superficie libera, avverrà uno
spostamento di una parte del liquido che produce uno spostamento del
baricentro della nave.
FIG. 11
109
CAPITOLO VI
37
Le navi a sostentamento idrodinamico (plananti) hanno attacco tra fondo e murata a spigolo.
Pertanto quando navigano in condizione di non planata la carena presenta una discontinuità
costituita dalla linea dello spigolo. In condizione di navigazione in planata non esiste una parte
immersa (carena), ma la nave scivola sull’acqua ed il solo fondo, costituito da una superficie
avviata, è a contatto con l’acqua. Recentemente alcune navi di tipo convenzionale (cioè a
sostentamento idrostatico) hanno carena costituita da pannelli piani di lamiera e, quindi, la carena
presenta numerose discontinuità. Una tale carena presenta una maggiore resistenza al moto, ma un
minor costo di realizzazione in quanto è ridotto il lavoro di curvatura delle lamiere.
111
♦ asse Y parallelo al piano di galleggiamento di progetto e diretto verso il fianco
sinistro,
♦ asse Z normale al piano di galleggiamento di progetto e diretto verso l’alto (giace
sul piano di simmetria).
112
piani (equidistanti come i primi) che non interessano la carena bensì l’opera morta,
in tal caso questi vengono numerati con n+1, n+2, n+3, ecc.
Le tre famiglie di piani ora dette costituiscono un reticolo spaziale i cui nodi
sono i punti di intersezione di tre piani, ciascuno appartenente ad una delle tre
famiglie. Il reticolo del piano di costruzione non è altro che la rappresentazione
piana del reticolo spaziale prima detto.
Il foglio da disegno viene idealmente diviso in quattro quadranti dei quali tre
hanno come base il reticolo (vedi figura 1).
FIG. 1
FIG. 2
FIG. 3
10) è compensato dall’elevato numero di sezioni longitudinali (di solito queste sono comprese tra 3
e 5)].
116
Il piano di costruzione è, però, un disegno convenzionale che, tra l’altro, non
contiene solo proiezioni normali, ma anche viste, come appresso viene chiarito.
Primo quadrante - Le semi-sezioni presenti in questo quadrante non
comprendono la traccia del ponte di coperta. Le sezioni si limitano al fondo ed al
fianco fino al punto di intersezione di questo con il ponte (orlo del ponte a murata).
Tali punti estremi delle varie sezioni vengono uniti con una curva che costituisce,
quindi, la vista dell’orlo del ponte a murata. Volendo, le sezioni possono essere
estese fino ad altro ponte (ad esempio ponte cassero) ed in tal caso si determina
un’altra curva che è la vista dell’orlo (di questo altro ponte) a murata. A volte viene
anche disegnata la vista dell’impavesata 39 e della falchetta 40
39
L’impavesata è il parapetto che si eleva in corrispondenza dell’orlo del ponte a murata in
prolungamento delle murate, ha anche la funzione di riparare il ponte scoperto contro i colpi di
mare.
40
La falchetta è la parte più alta della murata (nelle imbarcazioni a remi è quella parte dove sono
infissi gli scalmi).
117
Nella figura 5 è rappresentato un piano di costruzione completo di una nave
militare (tale disegno, però, non rispetta la suddivisione in quadranti prima detta).
Non rispetta la disposizione in quadranti anche il piano di costruzione riportato nella
figura 6 e relativo ad una imbarcazioni a vela.
FIG. 5
FIG. 6
118
Se in un quadrante una sezione passa proprio per un nodo del reticolo, allora
negli altri due quadranti ciò dovrà egualmente verificarsi e tale punto della
superficie fuori ossature è nel piano di costruzione un punto detto punto triplo 41.
Un piano di costruzione si dice bilanciato quando i disegni dei tre quadranti
sono tra loro congruenti, cioè quando ciascun punto della superficie esterna fuori
ossature è egualmente posizionato rispetto al reticolo qualunque sia il quadrante che
si considera 42.
A seconda delle dimensioni della nave, la scala del piano di costruzione è
diversa. La tabella seguente riporta le scale consigliate:
Un piano di costruzione che non riporti la scala o le dimensioni principali della nave
rappresentata, può essere considerato come il disegno (convenzionale) della
superficie fuori ossature di infinite navi. Infatti basta fissare un valore per la scala o
il valore di una sola dimensione (ad esempio la lunghezza tra le perpendicolari) per
rendere quel piano di costruzione relativo ad una sola nave. Anzi, e più giustamente,
un piano di costruzione che non riporti la scala o le dimensioni principali della nave
rappresentata deve essere considerato come il disegno (convenzionale) della
41
Ad esempio, se nel primo quadrante la sezione (ordinata) n° 5 passa per l’incrocio delle tracce del
piano orizzontale (linea d’acqua) n° 3 e del piano longitudinale II, allora nel secondo quadrante la
sezione longitudinale II dovrà passare per l’incrocio delle tracce del piano orizzontale (linea
d’acqua) n° 3 e del piano trasversale (ordinata) n° 5, mentre nel terzo quadrante la linea d’acqua n°
5 dovrà passare per l’incrocio del piano longitudinale II e del piano trasversale (ordinata) n° 5.
42
E’ evidente quindi che il reticolo deve essere tracciato con la massima precisione, pena la
rappresentazione non fedele e non precisa della superficie fuori ossature; se il reticolo non è preciso
non vi sarà, per ogni punto di essa, la corrispondenza tra i tre quadranti ed impossibile sarà
l’operazione di bilanciamento.
119
superficie fuori ossature di una tripla infinità di navi 43. Infatti basta fissare una terna
di valori di scala o una terna di valori per le tre dimensioni principali (lunghezza tra
le perpendicolari, larghezza massima al galleggiamento di progetto fuori ossature ed
immersione di progetto) perché quel piano di costruzione diventi relativo ad una sola
nave.
Se i rapporti di scala: λ=L1/L2, µ=B1/B2 e τ=T1/T2 44 assumono valori tali che
λ=µ=τ, le infinite navi rappresentate da quell’unico piano di costruzione sono tra
loro in similitudine; se, invece, non c’è eguaglianza tra tutti o due rapporti di scala,
allora le infinite navi rappresentate da quell’unico piano di costruzione sono tra loro
in affinità.
Disegnato il piano di costruzione secondo le norme e le convenzioni dette, se
ne può trarre un altro più semplice - costituito dal solo trasversale (primo quadrante)
completo e dal longitudinale (secondo quadrante) e dalle linee d’acqua (terzo
quadrante) limitatamente alle sole zone di poppa e di prua - che, riprodotto in copie,
è destinato all’archivio dell’ufficio tecnico della società armatrice, alla raccolta di
documenti tecnici presente a bordo della nave, ecc.
120
eseguito nella sala a tracciare. Oggi la sala a tracciare è presente solo in pochissimi
cantieri che costruiscono imbarcazioni di lunghezza molto ridotta.
Il rilevato numerico dal piano di costruzione (la matrice prima detta) viene
fornito al centro di calcolo che ne fa una elaborazione che, di solito, si traduce nel
trovare espressioni matematiche per una estesa parte della superficie della nave ed
espressioni semi-analitiche per le altre zone. In altri termini con tali mezzi e
procedimenti si riesce ad avere una matrice grande a piacere (il che vuol dire un
reticolo spaziale molto più fitto) che meglio approssima la superficie della nave.
Grandi plotter sono in grado di disegnare parti del piano di costruzione in
scale opportune (ad es. 1:10). I dati elaborati (la nuova matrice) possono costituire
dati di ingresso per altri calcolatori per eseguire, ad esempio, lo sviluppo delle
lamiere costituenti il fasciame, lo sviluppo delle strutture, ecc. e per comandare
particolari macchine che eseguono il taglio delle lamiere o dei profilati, la
sagomatura (curvatura) degli stessi, ecc. Tutto ciò comporta grandi spese di
investimento per il cantiere, ma consente una notevole precisione operativa e
abbattimento drastico dei tempi di progettazione e costruzione di una nave.
E’ evidente che, in tal caso, l’archivio tecnico del cantiere conserverà tali dati
anche su idonei supporti (dischetti, nastri) da riutilizzare per la costruzione di navi
gemelle o, con opportuni interventi, similari.
Da tutto quanto fino ad ora esposto nel presente capitolo risulta chiaro che,
ove mai si abbia una nave e non il relativo piano di costruzione, si potrebbe
realizzarlo 47.
Il piano di costruzione è il disegno fondamentale per lo sviluppo del progetto
e per la successiva realizzazione di una nave, per cui occorre che sia disponibile già
nella prima fase del progetto e non certo quando la nave è realizzata o, addirittura, in
esercizio.
Non è lecito, in assoluto, escludere che qualcuno riesca mentalmente ad
elaborare una forma di carena ed ad intersecarla con un reticolo e, poi, a disegnare il
piano di costruzione relativo. Una tale capacità è veramente eccezionale e,
comunque, inutile in quanto concreta è la possibilità che tale nave non garantisca
prestazioni e comportamenti accettabili.
Nel progettare una nave, non si disegna mai ex novo il piano di costruzione,
ma se ne ha sempre uno o più di uno di riferimento. Il riferimento è una nave già
realizzata o una serie sistematica di carene.
Una delle prime operazioni da eseguire in un nuovo progetto è, quindi, la
“scelta” della carena.
47
Ciò in teoria o in casi molto rari, in realtà tale operazione sarebbe molto costosa e laboriosa,
richiederebbe la messa a secco della nave per un tempo molto lungo e darebbe un risultato non
preciso.
121
2 – Derivazione di una carena da un’altra o da una serie sistematica.
Se, come detto, le due carene hanno λ=µ=τ avranno gli stessi valori per i
coefficienti di forma e di finezza. Infatti, continuando ad usare il pedice 0 per la
carena di riferimento e il pedice 1 per quella in progetto 48, si ha:
A M1 µ τ A M 0 λ2 A M 0 A
C M1 = = = = M 0 = CM 0
B1 T1 µ B0 τ T0 λ B0 λ T0 B0 T0
A W1 λ µ A W0 λ2 A W 0 A W0
C W1 = = = = = C W0
L 1 B1 λ L 0 µ B 0 λ L 0 λ B 0 L 0 B 0
48
Per brevità si scrive L in luogo di LWL e B in luogo di BX.
122
∇1 λ µ τ ∇0 λ3 ∇ 0 ∇0
C B1 = = = 3 = = C B0
L 1 B1 T1 λ L 0 µ B 0 τ T0 λ L 0 B 0 T0 L 0 B 0 T0
∇1 λ µ τ ∇0 λ3∇ 0 ∇0
C P1 = = 2 = 3 = = CP 0
A M1 L1 λ A M 0 λ L0 λ A M 0 L 0 A M 0 L0
L1 λ L0 L0
M1 = = = = M0
3 ∇1 3
λ ∇0
3 3 ∇0
ed analogamente per gli altri coefficienti.
A M1 µ τ A M0 A M0
C M1 = = = = C M0
B1 T1 µ B 0 τ T0 B 0 T0
∇1 λ µ τ ∇0 λ2 τ ∇ 0 ∇0
C B1 = = = 2 = = C B0
L 1 B1 T1 λ L 0 µ B 0 τ T0 λ τ L 0 B 0 T0 L 0 B 0 T0
ecc. ecc.
L1 λ L0 λ L0 L0
M1 = = = ≠ = M0
3 ∇1 3 λ µ τ ∇0 3
λ2 τ ∇ 0 3 ∇0
B1 µ B0 µ B0 B0
B1 = = = ≠ = B0
3 ∇1 3 λ µ τ ∇0 3
λ τ ∇0
2 3 ∇0
ecc. ecc.
FIG. 7
49
I “piombi” hanno forma come in figura 8 e peso compreso tra 1.5 e 2.0 kg.
50
I listelli si differenziano tra loro non solo per la lunghezza, ma anche per lo spessore; che è o
decrescente dal centro verso le estremità (listelli lunghi, adatti per disegnare linee d’acqua) o
decrescente dalle estremità verso il centro (listelli corti, adatti per le ordinate) o costante (di solito
per sezioni longitudinali.
124
Si noti che i punti (come K0 e H0 in figura 7) che si trovano su nodi delle
maglie del reticolo di riferimento devono dar luogo a punti che sono sui nodi delle
maglie omologhe del reticolo del piano di costruzione in elaborazione (punti K1 ed
H1); tali punti sono quelli che definimmo “punti tripli”.
FIG. 8
51
La forzatura spesso produce il liberarsi del listello dai piombi ed il conseguente stendersi
repentino del listello, in quanto la pressione esercitata dai piombi è insufficiente rispetto alla
anomala curvatura imposta al listello per passare per punti non tutti congruenti.
125
FIG. 9