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Riassunto “La ginestra” vv. 158-236 pg.

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All’inizio della quarta strofa viene descritta da Leopardi la vastità e l’infinità dell’Universo,
rispetto al quale l’uomo non è che un insignificante e minuscolo punto di luce fioca.
Vediamo infatti come osserva le stelle, cosi lontane da sembrare dei punti. Contempla con
grande efficacia la forza distruttrice della Natura, di fronte alla quale l’uomo non può nulla:
città, Imperi, famiglie vengono sovrastate dalla potenza cieca della matrigna degli uomini.
Nella quinta strofa c’è una lunga similitudine a proposito. Come un frutto cade da un
albero e distrugge un formicaio intero, così l’eruzione del Vesuvio risalente al 79 d.C. fece
con Pompei, Ercolano e Stabia, annientandole. La natura è indifferente, dunque, e per lei il
destino umano non ha più valore del destino delle formiche.

1- Come appare il tono dei versi? È diverso dalle precedenti strofe? Se sì, perché?
Rispetto alla strofa precedente, qui la visione dell’infelicità umana si allarga.
Dall’esperienza personale del poeta nasce una meditazione sull’universo e gli spazi
celesti. Il poeta, con tono sarcastico, non sa se ridere o avere compassione
dell’uomo, che si crede il centro dell’universo. Ciò è dovuto al fatto che con la
contemplazione della volta celeste, guardando questi spazi immensi, secondo
Leopardi, l’uomo sbaglia a credersi al centro dell’universo e quindi pecca di
superbia. Egli polemizza anche contro la religione che ha creato delle illusioni
perché ha spinto l’uomo a pensare che esso sia al centro dell’universo.

2- Quale concezione del mondo emerge, e dell’uomo?


Emerge una concezione incentrata su una profonda sfiducia nelle possibilità
dell'uomo di passare da una condizione di sottomissione alla natura alla piena
padronanza di se stesso e del mondo: per quanti sforzi si facciano, è sufficiente
un'eruzione vulcanica o un terremoto catastrofico per distruggere anche la civiltà
più progredita. Per Leopardi, quindi, le persone devono mettere da parte gli istinti
egoistici che da sempre le dividono e costruire una rete di solidarietà basata
sull'aiuto reciproco: il poeta afferma che è stata proprio l'ostilità dell'ambiente a far
nascere in tempi antichissimi la società, proprio perché l'uomo singolo si rende
conto che assieme agli altri può fronteggiare meglio i pericoli comuni. Di fronte a
queste evidenze, Leopardi deride l’ottimismo dei suoi contemporanei, accusandoli
di codardia perché rifiutano di vedere ciò che è vero. Eppure, una salvezza c’è: la
solidarietà tra gli esseri umani. Solo così gli uomini possono reagire all’ingiustizia
della natura.

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