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La termodinamica
La termodinamica studia gli scambi di energia, tra il sistema e l’ambiente, che
si verificano durante una trasformazione (fisica o chimica), allo scopo di indivi-
duare le condizioni di equilibrio o di spontanea evoluzione del sistema stesso.

Nel caso delle reazioni chimiche, la termodinamica ci consente di valutare se una


reazione può avvenire spontaneamente e quali saranno le condizioni di equilibrio
tra reagenti e prodotti (in reazioni reversibili).
Il sistema termodinamico si considera in equilibrio quando le sue caratteristi-
che (temperatura, pressione, volume, concentrazione delle sostanze presenti)
si mantengono costanti nel tempo.
Un sistema che non è in equilibrio tende spontaneamente a evolvere per rag-
giungere la condizione di equilibrio.
I sistemi chimici sono costituiti da sostanze (reagenti e prodotti) che partecipa-
no a trasformazioni fisiche e chimiche della materia.
Vengono distinti in sistemi aperti (quando si verificano scambi di materia ed
energia con l’ambiente circostante), chiusi (scambi di sola energia) e isolati
(nessuno scambio, né di materia né di energia).

Energia interna
L’energia interna di un sistema termodinamico
L’energia interna (U) di un sistema termodinamico è data dalla somma dell’ener-
gia cinetica e potenziale delle particelle che lo compongono:
A
E INTERNA (U) = E CINETICA + E POTENZIALE

Energia cinetica
Una molecola (ad esempio la molecola biatomica dell’azoto N2) compie tre diversi
tipi di movimenti (traslazione, rotazione e vibrazione), per cui la sua energia ci-
netica (Ec) è la somma di tre diverse componenti: l’energia cinetica traslazionale,
B l’energia cinetica di rotazione e l’energia cinetica di vibrazione della molecola:

A) In un gas ideale le particelle si scontra-


• L’energia cinetica traslazionale è legata al moto rettilineo della molecola (con-
no tra loro e urtano le pareti del contenitore, siderata come massa puntiforme) che, a causa dei suoi continui urti contro le
mantenendo costante la loro velocità; B) tra pareti del recipiente e contro le altre molecole, appare in realtà caotico.
un urto e l’altro le particelle si muovono a for-
tissima velocità in linea retta.
• L’energia cinetica di rotazione è legata alla rotazione della molecola intorno
al suo centro di massa.
• L’energia cinetica di vibrazione è dovuta alla vibrazione degli atomi che la
compongono rispetto al centro di massa. Per effetto della vibrazione, gli atomi
che compongono la molecola vengono a trovarsi ora più lontani, ora più vicini
tra loro.
L’energia termica (ovvero il valore medio
dell’energia cinetica) di un sistema di parti-
celle monoatomiche è: Particelle monoatomiche (come quelle dei gas nobili: elio, argon, neon ecc.)
possiedono solo energia di traslazione.
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Ec = × k ×T
2 L’energia cinetica di un sistema è la somma delle energie cinetiche delle
(con k = 1,3806 · 10–23J/K) molecole (particelle) costituenti il sistema ed è direttamente proporzionale
alla temperatura assoluta del sistema stesso e viene perciò definita energia
termica.
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Energia potenziale
L’energia potenziale di una molecola è determinata dalla posizione reciproca de-
gli atomi che formano la molecola, ovvero dalle forze dei legami intramolecolari
che uniscono gli atomi. In un sistema costituito da più molecole, la posizione delle
stesse e degli atomi che le costituiscono è determinata anche dalle forze attrattive
intermolecolari, per cui:
L’energia potenziale complessiva del sistema è data dalla somma di
tutte le energie dei legami presenti nel sistema, ossia dall’energia chi-
mica del sistema.
L’energia interna U di un sistema è:
energia termica (energia cinetica) + energia chimica (energia potenziale)

Energia interna e reazioni chimiche


Nelle reazioni chimiche si ha sempre uno scambio tra queste due forme di
energia (termica e chimica): la rottura dei legami delle molecole dei reagenti
libera gli atomi che formano queste molecole e questi atomi si collegano tra
loro in modo diverso, formando nuove molecole (i prodotti della reazione) con
nuovi legami (nuova energia chimica potenziale).
• Se i nuovi legami contengono complessivamente una minore quantità di
energia potenziale (energia chimica) rispetto ai legami dei prodotti, l’energia
potenziale in eccesso si trasforma in energia cinetica, cioè in energia termica
(calore), che il sistema cede all’ambiente: la reazione è esotermica.
• Se i nuovi legami contengono complessivamente una maggiore quantità di
energia potenziale (energia chimica) rispetto ai legami dei prodotti, il siste-
ma assorbe dall’ambiente energia termica (energia cinetica) che si trasforma
L’energia richiesta per la formazione dei lega-
mi è uguale a quella liberata nella rottura dei in energia potenziale (di legame): la reazione è endotermica.
legami e viene espressa in kJ/mol.

Riassumendo, se la reazione libera calore (energia termica) all’esterno, viene det-


ta esotermica:
reagenti → prodotti + calore

Un esempio è dato dalla combustione del metano:

CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O

che libera 890 KJ per ogni mole di metano combusto.

Le reazioni endotermiche avvengono, invece, con assorbimento di calore dall’e-


sterno:
reagenti + calore → prodotti

La reazione di decomposizione del carbonato di calcio è un esempio di reazione


endotermica:
CaCO3 + energia → CaO + CO2

Scambiare energia per una reazione non vuol dire sempre trasferire solo calore:
molte reazioni liberano o assorbono energia radiante, cioè luce, o determinano
agitazioni del sistema di reazione, che rivelano la liberazione di energia cinetica.
Per questo motivo si preferisce, spesso, distinguere le reazioni in: esoergoniche,
se avvengono con liberazione di una qualsiasi forma di energia ed endoergoni-
che, quando invece l’energia viene assorbita.
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Il primo principio della termodinamica e l’entalpia


Il primo principio della termodinamica (R. Clausius, 1850) traduce in termini ma-
tematici il principio di conservazione dell’energia.
Indicando con U l’energia interna di un sistema, il primo principio della termo-
dinamica afferma che:

la variazione di energia interna, ΔU (il simbolo “Δ” indica la variazio-


ne), che si registra durante una trasformazione, è uguale al calore Q
assorbito dal sistema, meno il lavoro W compiuto dal sistema

∆U = Q – W (1)

Per convenzione si attribuisce segno + al calore assorbito dal sistema e segno –


al calore ceduto dal sistema all’ambiente esterno.
L’energia interna U di un sistema, come detto in precedenza, è la somma dell’e-
nergia cinetica Ec e dell’energia potenziale Ep:

U = Ec + Ep

In un sistema isolato, non si possono verificare scambi di energia tra sistema e


ambiente, per cui nelle reazioni chimiche che avvengono in un sistema isolato
l’energia interna del sistema non varia, ossia:

∆U = 0

L’Universo può essere considerato un sistema isolato (perché tutto l’ambiente è


parte del sistema) e, come tale, non può modificare il suo contenuto energetico
complessivo: l’energia non si crea né si distrugge ma si conserva, trasforman-
dosi da una forma a un’altra.
Il contenuto energetico globale dell’Universo rimane sempre costante, quello
che cambia è la forma in cui si manifesta e, passando da una forma all’altra, offre
diverse possibilità di utilizzo da parte dell’uomo.

Il lavoro (W) e il calore (Q) sono quindi due diverse modalità di trasfe-
rimento dell’energia da un corpo a un altro.

In una reazione in cui sono coinvolti dei gas, se la reazione avviene a pressione
costante, il lavoro prodotto (W) è dato dall’espansione del sistema (lavoro mecca-
nico), secondo la relazione:

W = P × ∆V = P (V2 – V1)

Sostituendo W con P × ∆V, o, meglio, con P(V2 – V1) nella relazione (1) che defini-
sce il primo principio della termodinamica, si ottiene che:

ΔU = Q – W → ΔU = QP – P(V2 – V1)
(con QP = calore scambiato a pressione costante con l’ambiente)
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La variazione di energia interna (∆U) è data dalla differenza tra l’energia dello
stato finale (U2) e l’energia dello stato iniziale (U1):

∆U = U2 – U1

Per cui:

∆U = U2 – U1 = QP – P(V2 – V1)

Risolvendo la relazione U2 – U1 = QP – P(V2 – V1)

Da cui:

QP = U2 – U1 + P(V2 – V1) = U2 – U1 + PV2 – PV1

e ancora:

QP = (U2 + PV2) – (U1 + PV1) (2)

La somma U + PV viene chiamata entalpia (indicata con la lettera H) o contenuto


termico totale del sistema:

H = U + PV

L’entalpia è una funzione di stato di un sistema ed esprime la quantità di ener-


gia che esso può scambiare con l’ambiente.
Con l’entalpia si tiene conto dell’energia delle particelle che formano il sistema
ma anche dell’energia determinata dalla pressione e dal volume, espressa dal
prodotto PV.

Sostituendo H a U + PV nella (2) abbiamo che:

QP = H2 – H1 = ∆H

L’energia potenziale, cioè l’energia di legame, contenuta in ogni sostanza, è quin-


di l’entalpia H.
In un reazione chimica si osserva una variazione di entalpia ∆H:

∆H = H prodotti – H reagenti

Se la reazione avviene a pressione costante, il calore Q, assorbito o emesso nel


corso di reazione, coincide con la variazione di entalpia ∆H.
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In base al calore trasferito nel corso di una reazione, possiamo dire che:

• in una reazione esotermica il ∆H è negativo (∆H < 0), perché coincide con il ca-
lore ceduto dal sistema, che viene indicato convenzionalmente con il segno –;
• in una reazione endotermica il ∆H è positivo (∆H > 0), perché coincide con
il calore assorbito dal sistema, che viene indicato convenzionalmente con il
segno +.

In una reazione ESOTERMICA il ∆H è negativo. In una reazione ENDOTERMICA il ∆H è positivo.

Esempio di reazione esotermica è la combustione del metano (CH4):

CH4(g)+ 2O2(g) → CO2(g) + 2H2O(l) + Q

(con Q = –212,9 kcal: il segno meno indica che il calore viene liberato dal
sistema)

Esempio di reazione endotermica è la decomposizione dell’ammoniaca NH3


in H2 e N2:

2NH3(g) + Q → 3H2(g) + N2(g)

(con Q = +22,0 kcal: il segno + indica che il calore viene assorbito dal sistema)

Nella pratica, per calcolare la variazione di entalpia che si osserva nel corso di
una reazione, si fa riferimento, per le diverse sostanze che vi partecipano, alla loro
entalpia standard di formazione ∆H°f.

La variazione di entalpia standard di formazione ∆H°f rappresenta il calore ri-


lasciato o assorbito che accompagna la formazione di 1 mole di un composto a
partire dai suoi elementi (si tiene conto dell’energia dei legami che si realizzano
nella formazione della molecola).
È possibile determinare sperimentalmente, mediante l’utilizzo di un calorimetro,
il calore sviluppato da una reazione fatta avvenire a pressione costante e quindi
determinare il valore dell’entalpia standard di formazione della stessa reazione.

Alla fine di questo approfondimento possiamo consultare la tabella che riporta


nella colonna di colore azzurro i valori dell’entalpia di formazione ∆H°f di alcuni
tra i principali composti, calcolata sperimentalmente a 25 °C.
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Legge di Hess
La legge di Hess stabilisce che in una reazione chimica la produzione di energia
termica (calore) a pressione costante non dipende dagli stati intermedi attraverso
i quali si evolve il sistema ma unicamente dal suo stato iniziale e finale.
In termini di variazioni di entalpia, possiamo dire che:

La variazione di entalpia che accompagna una trasformazione non di-


pende dal cammino percorso per passare dallo stato iniziale a quello
finale.

E ancora:
La quantità di calore impegnata in una reazione chimica dipende solo
dall’energia interna dei reagenti e dei prodotti e non dal meccanismo
della reazione stessa (legge di Hess).

L’entalpia è una funzione di


stato: dipende solo dallo stato
iniziale e da quello finale e non
dal percorso effettuato.

Non importa, quindi, se si arriva dai reagenti ai prodotti in uno o più stadi, perché
la variazione di entalpia, per una data reazione chimica, è sempre la stessa.
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La seconda legge della termodinamica e l’entropia


La prima legge della termodinamica definisce il principio di conservazione dell’e-
nergia (sistema + ambiente), ma non fornisce nessuna informazione sulla direzio-
ne verso cui procedono spontaneamente i processi.

Processo Processo
SPONTANEO NON SPONTANEO

In base al primo principio della termodinamica non esiste limitazione teorica al


passaggio di calore da un corpo più freddo a uno più caldo, eventualità che sod-
disfa il principio di conservazione dell’energia.
Tale affermazione può infatti essere dimostrata con un semplice esempio: se in
un bicchiere di acqua calda si pone un cubetto di acciaio freddo, sperimental-
mente si osserva che l’acciaio si scalda e l’acqua si raffredda. Per il primo prin-
cipio della termodinamica, infatti, l’acqua cede parte della sua energia interna
all’acciaio, che si riscalda. La quantità complessiva di energia non cambia, perché
l’energia ceduta dall’acqua passa all’acciaio.
Il passaggio di calore, però, si arresta quando l’acqua e il cubetto d’acciaio rag-
giungono la stessa temperatura.
Il primo principio non pone limiti al passaggio di calore e alla direzione di questo
trasferimento, purché venga rispettata la conservazione dell’energia: teoricamen-
te, per il primo principio, poteva anche verificarsi che l’acqua calda si riscaldasse
ulteriormente, aumentando la sua energia interna, e l’acciaio freddo si raffreddas-
se ulteriormente, diminuendo la sua energia interna della medesima quantità,
poiché anche questa seconda possibilità è in accordo con il principio di conserva-
zione dell’energia, ma non è ciò che si verifica nella realtà.
Questa osservazione introduce il secondo principio della termodinamica, secondo
il quale il calore non può passare spontaneamente da un corpo più freddo a uno
più caldo.

Possiamo ora enunciare il secondo principio della termodinamica, nella defini-


zione data dal fisico tedesco R. Clausius (1822-1888):

È impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia


quello di trasferire calore, da un corpo più freddo a uno più caldo,
senza l’apporto di lavoro esterno.

In Chimica, il secondo principio della termodinamica può essere enunciato come


segue:

Qualunque sistema tende spontaneamente a portarsi a una condizio-


ne di massima probabilità.
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La condizione di massima probabilità è quella di massimo disordine, ne segue


che:

Qualunque sistema tende spontaneamente verso lo stato di massimo


disordine.

La misura del disordine di un sistema è detta entropia, per cui possiamo affer-
mare che:

Qualunque sistema tende spontaneamente verso lo stato di massima


entropia.

Considerato l’Universo un sistema isolato, deduciamo che:

Tutti i processi spontanei producono un aumento di entropia dell’U-


niverso.

∆Suniverso = ∆Ssistema + ∆Sambiente > 0

L'entropia
È una misura del “disordine” di un sistema fisico, legato alla disposizione più o meno
regolare delle particelle (atomi e molecole) e alla struttura della materia.
I tre stati di aggregazione della materia presentano uno stato di disordine diverso, come
è possibile vedere dallo schema seguente:
SOLIDO: possiede LIQUIDO: le particelle AERIFORME: le molecole
una struttura hanno più libertà di possono muoversi in
organizzata movimento tutte le direzioni

La fusione del ghiaccio ad acqua liquida e l’evaporazione del liquido avvengono con au-
mento di entropia, cioè con un aumento del disordine del sistema.
In questi casi la variazione di entropia è positiva: ∆S > 0
Durante una reazione chimica si osserva una variazione del disordine (entropia) del
sistema costituito dai reagenti e dai prodotti:
∆S = Sprodotti - Sreagenti
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Terzo principio della termodinamica (Teorema di Nernst)


Possiamo ora enunciare anche il terzo principio della termodinamica, che ri-
sulta essere strettamente legato al secondo, nella sua formulazione più classica:

È impossibile raggiungere lo zero assoluto (0 K) tramite un numero


finito di operazioni (ovvero di trasformazioni termodinamiche).

In una formulazione più moderna di questo principio, l’entropia di una sostanza


cristallina, pura, perfettamente ordinata è zero a una temperatura pari allo
zero assoluto.
Conseguenza dell’assunto precedente è che: alla temperatura assoluta di 0 K i
moti browniani, presenti in ogni sostanza, dovrebbero cessare completamente
e con essi il disordine (entropia) del sistema, condizione prevista su base teorica.

L’entropia di una sostanza:


• aumenta, quando questa passa da solido a liquido a gas (∆S > 0)
H2O(s) → H2O(l) → H2O(g)

• aumenta, se questa viene disciolta in un solvente

Tre processi in cui l'entropia aumenta

Liquido

Solido
(a) Fusione: Sliquido > Ssolido

Vapore
Liquido
(b) Vaporizzazione: Svapore > Sliquido

Soluzione

Soluto
Solvente

(c) Solubilizzazione: Ssol > (Ssolvente + Ssoluto)

Ognuno dei processi indicati, la fusione di un solido (a), l'evaporazione di un


liquido (b), la solubilizzazione di un soluto (c), porta a un aumento di entropia.

L’entropia di una reazione diminuisce se questa procede determinando la ridu-


zione del numero delle molecole (e viceversa), come nella reazione:
2 H2(g) + O2(g) → 2 H2O(g)

I valori delle entropie standard S° sono espressi in J/mol · K e riportati nella colon-
na verde della tabella alla fine dell’approfondimento.
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Energia libera di Gibbs e spontaneità di una trasformazione chimica


Non tutte le trasformazioni chimiche avvengono spontaneamente: per prevedere
il grado di spontaneità di un processo dobbiamo tener conto sia dell’entalpia H
che dell’entropia S.
La funzione energia libera di Gibbs, G, tiene conto di entrambi i fattori, che com-
paiono nella relazione:
G = H – TS
dove T è la temperatura assoluta a cui si verifica il processo.
La variazione di energia libera ∆G è rappresentata dalla seguente equazione:

∆G = Gprodotti – Greagenti = ∆H – T ∆S

Significato dell'energia libera G


J.W. Gibbs riuscì a dimostrare che una reazione è spontanea se è in grado di produrre
lavoro utile. In pratica, una reazione è consentita dal punto di vista termodinamico (ossia
è spontanea) se, a temperatura e pressione costante, può produrre lavoro utile.
H. Von Helmholtz affermò inoltre che: ”il verso secondo cui si svolge una reazione e
la sua intensità sono determinati dalle variazioni non dell’energia termica totale (ossia
dell’entalpia) ma solo di quella parte di energia che può trasformarsi in lavoro o in altre
forme di energia diverse dal calore”.
L’energia totale di un sistema può essere distinta in due parti:
• l’energia libera (che produce lavoro) e
• l’energia vincolata (che non produce lavoro: è calore latente).

Energia totale = energia libera + energia vincolata


L’energia vincolata è data dal prodotto dell’entropia S per la temperatura assoluta T.
L’energia totale è l’entalpia H.
Se G è l’energia libera, possiamo affermare che:
H = G + TS
da cui:
G = H - TS
In realtà, per valutare la spontaneità di una reazione, occorre calcolare la variazione (Δ,
delta) delle grandezze coinvolte, in particolare la variazione dell’energia libera:
ΔG = ΔH – T ΔS

Grandezze come l’energia interna (U), l’entropia (S), l’entalpia (H), l’energia libera
(G) sono definite funzioni di stato perché le loro variazioni dipendono esclusi-
vamente dallo stato iniziale e finale e non dal cammino attraverso il quale è
avvenuta la trasformazione (Legge di Hess).

Spontaneità di una trasformazione chimica


Una reazione chimica può procedere spontaneamente se l’energia libera dei pro-
dotti è inferiore all’energia libera dei reagenti:

∆G reazione = (G prodotti – G reagenti) < 0

A seconda del valore assunto da ∆G, si possono presentare queste tre situazioni:
• ∆G < 0 (l’energia libera si riduce nella reazione): la reazione è spontanea (eso-
ergonica)
• ∆G > 0 (l’energia libera aumenta nella reazione): la reazione non è spontanea
(endoergonica)
• ∆G = 0 (l’energia libera non varia durante la reazione): la reazione è all’equili-
brio
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In un processo spontaneo l’energia libera G diminuisce (∆G < 0): questo avviene
quando nella relazione
∆G = ∆H – T∆S
il termine ∆H risulterà in valore assoluto minore del valore assoluto del termine
T∆S.
In generale possiamo dire che ogni sistema tende spontaneamente verso la
massima entropia (disordine) e la minima entalpia (energia), ma si possono
verificare casi particolari, che è opportuno analizzare.

Se consideriamo l’influenza che l’entalpia e l’entropia esercitano sulla variazione


di energia libera ∆G, ci troviamo di fronte a quattro casi:
1) Quando sia la variazione di entalpia che quella di entropia sono favorevoli, la
reazione è spontanea ed è assicurata a qualsiasi temperatura:
∆H < 0 ∆S > 0 ∆G < 0 sempre
In questo caso, maggiore è la temperatura e più facilmente si realizza la sponta-
neità della reazione: infatti, ∆H è già negativo e a esso viene sottratto il prodotto
T∆S, che aumenta con l’aumentare della temperatura assoluta T; si ottiene così un
∆G sempre più negativo e una reazione sempre più spontanea.
2) Quando sia la variazione di entalpia che quella di entropia sono sfavorevoli
(cioè la trasformazione è endotermica e procede con diminuzione di entropia)
la reazione non è spontanea in nessun caso.
∆H > 0 ∆S < 0 ∆G > 0 sempre
3) Quando in un processo endotermico (∆H > 0) il disordine aumenta (∆S > 0),
la reazione è spontanea se T∆S è maggiore di ∆H.
∆H > 0 ∆S > 0 ∆G = ?
In questo caso si dovrà calcolare il ∆G, che, a seconda dei valori di ∆H, T e ∆S, po-
trà essere negativo (reazione spontanea) o positivo (non spontanea) per stabilire
se la reazione è spontanea o meno.
Anche in questo gruppo di reazioni (endotermiche ma con aumento di entropia),
maggiore è la temperatura e più facilmente si realizza la spontaneità della reazio-
ne, perché aumenta il prodotto T∆S fino a un valore superiore a ∆H in modo che
∆G (che ricordiamo è = ∆H – T∆S) sarà negativo.
4) Quando l’entropia diminuisce (∆S < 0), ma il processo è esotermico (∆H < 0),
si dovrà valutare anche in questo caso, come nel precedente, chi tra i termini
T∆S e ∆H avrà dato il contributo maggiore.
∆H < 0 ∆S < 0 ∆G = ?
L’entalpia può prevalere, nel determinare la spontaneità del processo, soprattut-
to alle basse temperature.
Nei casi dubbi, il terzo e il quarto, la temperatura è determinante. Per le reazioni
endotermiche con entropia favorevole occorre una temperatura elevata, mentre
per quelle esotermiche con entropia sfavorevole è meglio la bassa temperatura.

Nella colonna di colore rosa della tabella alla fine dell’approfondimento sono
riportati i valori dell’energia libera, (G°).

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