Sei sulla pagina 1di 6

LA SCALA PITAGORICA

Teoria e applicazione pratica

Una generica scala musicale si può definire una serie di suoni disposti in ordine progressivo di altezza
(frequenza) nell'ambito di un'ottava. L'ottava, definibile come l'intervallo più ampio fra due suoni che
abbiano tra di loro la maggiore affinità, è il rapporto 1:2 immodificabile e invalicabile, base di partenza per
tutti i sistemi musicali antichi e moderni. L'intervallo di ottava, in teoria, potrebbe essere suddiviso nei
modi più fantasiosi e bizzarri, con ardite speculazioni fisiche, matematiche e perfino filosofiche. Ricordo, ad
esempio che il nostro attuale sistema musicale prevede 12 suoni, ma esiste anche la scala temperata in
quarti di tono, che ne prevede 24 (facendo uso, oltre che del diesis, del monesis e del triesis e non c'è il
bemolle), esistono anche le scale pentatoniche ed esatonali; le scale arabe moderne (congresso de Il Cairo,
1932) suddividono l'ottava in 24 suoni; quelle islamiche antiche ne prevedevano 17, il sistema siriano ne
usa 30; la scala indiana è costruita su 22 intervalli, detti srutis, ecc.. C'è anche chi ha teorizzato e costruito
un scala ''universale'' di 53 gradi, che, in estrema sintesi, è una scala pitagorica estremamente sminuzzata.
Per esaminare una scala è necessario conoscere la grandezza (o la distanza) fra i vari gradi che la
compongono che tradizionalmente si esprimeva in numeri frazionari, ma che da circa un secolo si misura in
'Cent' (centesimo), unità di misura ipotizzata già nel 1875 da Alexander Ellis. Il Cent è un minutissimo
intervallo che suddivide l'ottava in 1200 particelle equivalenti, valore al di sotto della soglia differenziale di
altezza, non discriminabile in qualsiasi fascia di frequenza. Nel nostro sistema temperato risulta pertanto
che ogni semitono è suddiviso in 100 cent. Rappresentare gli intervalli, anche delle antiche scale, in cent,
fornisce oggi una comparazione subito apprezzabile con la nostra scala temperata, in cui tutti i semitoni
sono equidistanti, secondo la progressione matematica determinata dalla radice dodicesima di 2, elevata
poi al quadrato, al cubo, ecc., fino alla 12°.
Fra le scale antiche risulta di particolare interesse quella pitagorica per l'intonazione degli strumenti
musicali, oggi ricostruiti, per l'esecuzione filologica delle antiche composizioni. L'origine della scala
pitagorica risale all'antica Grecia e anche se Platone ci racconta di un Demiurgo che avrebbe suggerito agli
uomini di correlare due progressioni geometriche, è certo che non sia di origine divina, ma, assai più
probabilmente, generata dall'analisi ed elaborazione matematica, della piacevole consonanza prodotta
da due suoni in rapporto di quinta. E' infatti la progressione geometrica del rapporto di quinta che dà
origine alla scala pitagorica. Per chiarire il metodo con cui fu determinato ciascun intervallo tra i vari gradi
della scala pitagorica, dobbiamo intanto precisare che il rapporto di quinta si esprime matematicamente
con il numero frazionario 3/2 e si può facilmente verificare anche su una chitarra sfiorando (senza premere)
e pizzicando una corda tesa a due terzi della sua lunghezza: la sua quinta sarà chiaramente udibile, così
come due tubi sonori in rapporto 3/2 produrranno due note in quinta. La progressione di questo rapporto
determina la seguente successione: 1/1 3/2 9/4 27/8 81/16 243/32, ecc., il cui andamento
geometrico risulta più chiaramente espresso come 3, 32, 33, 34 ... e 2, 22, 23, 24 ... Detta progressione
determina però un progressivo allargamento del rapporto fino a superare il limite invalicabile dell'ottava,
correggibile semplicemente, senza alcuna alterazione dell'intervallo, moltiplicando il denominatore per
2 o per una sua potenza, facendolo rientrare nei limiti dell'ottava. Con questa operazione la progressione
sopra espressa, verrà così convertita: 1/1 3/2 9/8 27/16 81/64 243/128. Mettendo in ordine tonale le
note di questa scala diatonica (non si parla per adesso delle alterazioni cromatiche) in rapporto al primo
grado della scala, che per convenzione indichiamo come la nota DO avremo la seguente tabella espressa
con i valori frazionari, decimali e centesimali.
frazionari decimali cent
DO 1/1 1,0000 0
RE 9/8 1,1250 204
MI 81/64 1,2656 408
FA 4/3 1,3333 498
SOL 3/2 1,5000 702
LA 27/16 1,6875 906
SI 243/128 1,8984 1100
DO 2/1 2,0000 1200

Sintetizzando, la scala pitagorica è costituita da due tetracordi, ognuno composto da due toni maggiori
(9/8 = 204 cent), più un semitono diatonico stretto (256/243 = 90 cent), tetracordi separati da un altro tono
maggiore. Cioè:
Do(0) Re(204) Mi(204) Fa(90) – Sol(204) La(204) Si(204) Do(90)

Pare assai arduo, per passare alla scala cromatica, trasferire con la nostra semiografia la realtà modale
della musica greca, tra l'altro non uniforme. Aristosseno, ad esempio, ci dice che nei modi Lidio e Frigio lo
stesso intervallo è talvolta considerato un tono e talaltra ridotto a ¾ di tono. Voglio dire che il calcolo delle
alterazioni cromatiche della scala pitagorica deve essere inteso come mero risultato matematico,
comparativo con la scala attuale a cui siamo inesorabilmente vincolati sia a livello tecnico, sia percettivo
che psicologico, che ci consentirà, in pratica, di intonare correttamente i nostri strumenti, senza la pretesa
che il rigore fisico-matematico sia la via allora praticata.

Per il calcolo di tutti i valori pitagorici delle alterazioni occorre la progressione di 20 rapporti di quinta.
Al termine però di questa operazione matematica, ci accorgiamo che, pur convertendola all'ottava
inferiore, si genera una nota anomala che supera di 24 cent (per usare il nostro metro) il rapporto di ottava:
il Si diesis, che i greci chiamarono 'comma ditonico'. Situazione analoga, pur entro l'ottava, è il Mi diesis
che supera il Fa, il Fa bemolle rispetto al Mi, il Do bemolle rispetto al Si, problemi tuttavia riconducibili,
nella musica greca, a mera astrazione teoretica.
Con il trascorrere dei secoli, con l'evoluzione che portò alla polifonia ci si accorse non tanto del Si diesis
fuori legge o del Do bemolle, ma che la scala pitagorica presentava delle 'durezze' nelle terze e nelle seste,
sia maggiori che minori ed impediva il libero sviluppo dell'armonia. Fu così che, nel secolo aureo della
musica polifonica (XVI sec.) la scala pitagorica, con la riforma di Zarlino, fu sostituita dalla scala che porta il
suo nome, detta anche 'naturale', basata, semplificando molto, sui rapporti armonici.

SCALA CROMATICA PITAGORICA

frazionari decimali cent


DO 1/1 1,0000 0
Re bemolle 256/243 1,0535 90
Do diesis 2187/2048 1,0679 114

RE 9/8 1,1250 204


Mi bemolle 32/27 1,1852 294
Re diesis 2087/1737 1,2015 318
Fa bemolle 156/125 1,2480 384

MI 81/64 1,2656 408

FA 4/3 1,3333 498


Mi diesis 177147/131072 1,3515 522
Sol bemolle 351/250 1,4040 588
Fa diesis 729/512 1,4238 612

SOL 3/2 1,5000 702


La bemolle 181/81 1,5812 792
Sol diesis 6561/4096 1,6018 816

LA 27/16 1,6875 906


Si Bemolle 16/9 1,7778 996
La diesis 901/500 1,8020 1020
Do bemolle 2341/1250 1,8728 1086

SI 243/128 1,8984 1110

DO 2/1 2,0000 1200

Come studioso di organologia antica e costruttore di strumenti musicali storici, intendo, con questo
saggio, che adesso affronterà l'applicazione pratica dei principi esposti, dare anche risposta alle numerose
richieste di chiarimenti ricevute, da cui ho anche capito che la materia non è del tutto chiara neppure agli
addetti ai lavori.
Per facilitare la comprensione dello scostamento rispetto all'attuale scala temperata, vediamo intanto
per esteso le differenze, espresse in cent, di ogni grado della scala, ponendo la nota DO = 0 (inizio della
scala):

Fab (-16) Dob (-14) Solb (-12) Reb (-10) Lab (-8) MIb (-6) Sib (-4) Fa (-2) Do (0) Sol (+2) Re (+4) La (+6)
Mi (+8) Si (+10) Fa# (+12) Do# (+14) Sol# (+16) Re# (+18) La# (+20) Mi# (+22) [Si# (+24)]

Pare subito evidente che, anche escludendo il Si diesis, nessun strumento potrà essere predisposto per
produrre una scala di 20 gradi, è quindi da premettere che si dovranno privilegiare le alterazioni cromatiche
più usate. Nei clavicembali e congeneri, la cui tastiera consente di produrre 12 suoni, l'accordatura più
praticata è la seguente (sempre posto Do=0).

Do(0) Do# (+14) Re (+4) Mib (-6) Mi (+8) Fa (-2) Fa# (+12) Sol (+2) Lab (-8) La (+6) Sib (-4) Si (+10)

Continuando a parlare in cent, se volessimo poi, ad esempio, Sol# anziché Lab, si dovrà accordare a
+16 cent, anziché a –8 (e come si vede la differenza è di ben 24 cent, che corrisponde a circa un quarto di
semitono), così come se volessimo Reb al posto di Do# si dovrà accordare a -10 cent, anziché a +14, e così
via. Visto il numero di corde e il tempo richiesto per un'accordatura accurata, la scelta di note diesate o
bemollizzate dovrà essere fatta prima di ogni concerto e non fra una composizione e l'altra.
Per l'accordatura di strumenti a tastiera ci serviremo di un normale accordatore elettronico, che viene di
norma prodotto già impostato sulla sola scala temperata e faremo crescere o calare le note secondo i valori
cui sopra, verificando sempre con attenzione che le quine e le quarte siano perfettamente consonanti
(esenti da battimenti), in quanto anche un accordatore professionale non sarà mai in grado di leggere con
assoluta precisione uno o due cent. Alcuni modelli di accordatore hanno anche la possibilità di memorizzare
la vostra scala per le accordature future ed alcune scale antiche già memorizzate fra cui anche la pitagorica,
che consiglio però di non utilizzare anche perché potrebbe essere diversa da quella desiderata.
Per gli strumenti a fiato, flauti dolci in particolare, la cui intonazione, specie delle alterazioni
cromatiche, non è mai perfetta e leggermente modificabile con l'insufflazione, deve in primis essere il
costruttore, a richiesta, a privilegiare certi suoni, l'esecutore potrà poi cercare posizioni supplementari per
adeguarsi ad esempio all'intonazione del clavicembalo. Anche in un flauto di fabbrica alcune note sono
facilmente modificabili con le posizioni supplementari, vedi ad esempio in un flauto soprano la posizione
Sol# -Lab della prima ottava, che fatta chiudendo con la mano sinistra i fori 3 e 4 darà il Sol#, mentre fatta
chiudendo anche il foro 2, darà il Lab (anche se non proprio precisissimi).
La migliore applicazione della scala pitagorica è prerogativa degli strumenti a corda, vielle e
congeneri in particolare, la cui tastatura, a legacci mobili, consente anche, assai rapidamente, di passare
dalle alterazioni diesate a quelle bemollizzate. C'è però una condizione da rispettare: i rapporti fra le
corde a vuoto devono essere obbligatoriamente di 4°, di 5° o di 2°, altri rapporti non consentirebbero di
accordare pitagoricamente.
Andando sul pratico, supponiamo di avere una viella da gamba (che sia intonata a La = 440, 466,
523 o altro non ha importanza) che, dal grave, preveda le seguenti note: Do2 - Fa2 - Sol2 - Do3 - Fa3 . Sempre
ponendo Do=0, avremo la successione cromatica, secondo il seguente schema (uno dei possibili), in cui
nella prima riga, in neretto, sono riportate le differenze in cent rispetto alla scala temperata, cioè di quanto
deve crescere o calare ogni legaccio:

1° legaccio +14 2°=+4 3°= -6 4=+8 5°= -2 6°= (+12) 7°= +2


Do (0) Do# (+14) Re (+4) Mib (-6) Mi (+8) Fa (-2) Fa# (+12) Sol (+2)
Fa (-2) Fa# (+12) Sol (+2) Lab (-8) La (+6) Sib (-4) Si (+10) Do (0)
Sol (+2) Sol# (+16) La (+6) Sib (-4) Si (+10) Do (0) Do# (+14) Re (+4)
Do (0) Do# (+14) Re (+4) Mib (-6) Mi (+8) Fa (-2) Fa# (+12) Sol (+2)
Fa (-2) Fa# (+12) Sol (+2) Lab (-8) La (+6) Sib (-4) Si (+10) Do (0)

Si noterà che anche le corde a vuoto devono essere accordate secondo la scala pitagorica, cioè a
quinte perfettamente consonanti (non è neppure necessario un accordatore elettronico), come si fa di
norma negli strumenti a tastiera libera (archi moderni). Faccio notare, che pur quasi impercettibile, il
rapporto di quinta nella nostra scala temperata è calante di 2 cent, come è crescente dello stesso valore
quello di quarta. Con i legacci mobili sarà inoltre molto facile, ad esempio, disporre sul primo tasto delle
note con i bemolli, facendo calare le note di 10 cent, anziché crescere di 14, così come si potranno avere
con i diesis al terzo tasto facendo crescere le note +18, anziché -6. La somma algebrica del passaggio diesis-
bemolle e viceversa, deve essere sempre pari a 24 cent.
Sarà inoltre molto facile porre alla base della scala note diverse da Do (come per gli per strumenti con
taglio in Fa): basterà accordare con le differenze in cent secondo lo schema esposto alla pagina precedente.
Se volessimo infatti che la nostra scala pitagorica avesse per base il Fa, dovremmo porre questa nota pari a
zero e aggiungere +2 cent a tutte le altre note.
In molti casi però, considerato che qualsivoglia accordatore elettronico non può garantire la
precisione richiesta, negli strumenti a corda in particolare (ad esempio viella) sarà preferibile calcolare la
distanza fisica dei legacci partendo dal capotasto. Il calcolo da fare è piuttosto semplice.
Si divide la lunghezza vibrante delle corde (diapason) per il numero frazionario o equivalente
decimale riportato a fianco di ogni nota nella tabella di pag. 2 e 3. Si toglie poi il numero trovato dalla
lunghezza vibrante ed il risultato darà la posizione al decimo di millimetro del legaccio. Esempio: calcoliamo
la posizione del primo legaccio con la nota Do# pitagorico in una viella di diapason 42 cm. Dalla tabella
risulta che il numero frazionario corrispondente è 2187/2018 e il decimale 1,0679, quindi 42 : 1,0679 =
39,329. Adesso togliamo questo numero dal diapason: 42 - 39,329 = 2,62 cm. Questa è la distanza del
primo legaccio dal capotasto. Con lo stesso procedimento si calcolerà la posizione di tutti i successivi
legacci.
Se poi volessimo fare lo stesso calcolo partendo dalla scala temperata, magari perché abbiamo già i
legacci così predisposti, questo è il procedimento: intanto dobbiamo tenere presente che ad ogni
progressione cromatica (semitono) della scala temperata si attribuisce il valore di 100 cent, per cui, ad
esempio, ponendo la nota Do come inizio, la nota Do# o Reb disterà 100 cent, il Re 200, il Re# o Mib 300, il
Mi 400 e così via. Misurata quindi la distanza fisica dal capotasto del legaccio posizionato con la scala
temperata, il suo valore si moltiplicherà, servendosi della stessa tabella cui sopra, per il numero dei cent
corrispondenti alla scala pitagorica e si dividerà per 100, 200, 300... fino a 1100 per la nota Si.
Esempio: calcoliamo la distanza dal capotasto del quarto legaccio, nota Mi (relativa corda intonata
a vuoto sulla nota Do), che si troverà, con accordatura temperata e un diapason di 42 a cm. 8,66. Dalla
tabella vediamo che il numero dei cent corrispondenti alla scala pitagorica è 408 (400 nella temperata),
quindi faremo 8,66 x 408 : 400 = 8,83 praticamente sovrapponibile (due decimi di differenza dovuti agli
arrotondamenti) al risultato che si ottiene con il calcolo diretto, cioè 42 : 1,2656 = 33,19 da cui 42 – 33,19
= 8,81, che evidenzia uno scostamento di 1,5 mm.
Una precisazione: se uno strumento come la viella contralto fosse accordato senza alcuna corda in
Do (frequente), i calcoli è comunque preferibile farli partendo da questa nota in quanto rimane uno
strumento con taglio in Do.
C'è da aggiungere infine che negli strumenti a corda (ad arco in particolare), soprattutto se con
lunghezza vibrante al di sotto dei 40 cm, sarà necessaria anche una pur modesta correzione della posizione
dei legacci per compensare la maggior tensione delle corde provocata dalla pressione delle dita sulla
tastiera. Applicando infatti il rigido calcolo matematico tutte le note prodotte risulteranno leggermente
crescenti. La correzione sarà proporzionale all'altezza delle corde sulla tastiera, poco rilevante se le corde
sfiorano i legacci, più significativa con le corde alte. Sarà in genere progressivamente maggiore dal
capotasto verso il centro tastiera. La correzione consiste in un piccolo spostamento del legaccio verso il
capotasto, in genere minimo sui primi due tasti (se il capotasto è all'altezza minima indispensabile) e
massima al centro. A titolo esemplificativo su uno strumento con lunghezza vibrante di circa 40 cm, con
'action' medio-bassa, la correzione oscillerà da 0,5 a 1 mm. La perfetta intonazione, difficile da valutare con
un accordatore elettronico, si verifica più correttamente suonando contemporaneamente due note, una
prodotta da una corda libera e l'altra prodotta su altra corda tastata, in unisono, in 4°, 5° o in 8va: si
aggiusterà il legaccio in modo che i due suoni siano del tutto esenti da battimenti.

Fabio Galgani

Potrebbero piacerti anche