Si tratta del contratto con cui una parte, appaltatore, assume, con organizzazione di
mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, l’obbligazione di compiere per
un’altra il compimento di un’opera o di un servizio verso corrispettivo di denaro. Da
tale definizione emergono le caratteristiche principali dell’appalto:
- si tratta di un contratto consensuale ad effetti obbligatori;
- ha ad oggetto una obbligazione di risultato. La prestazione dell’appaltatore ha infatti
un fine specifico, ovverosia, l’opera o il servizio,
- ha forma libera, salvo che si tratti di un appalto avente ad oggetto beni immobili per
cui è necessaria la forma scritta;
-autonomia dell’appaltatore che presta il proprio lavoro senza vincoli di subordinazione
nei confronti del committente e conseguentemente assume su di se il rischio;
-contratto oneroso e commutativo. Non sussiste l’elemento del rischio perché le
prestazioni delle due parti sono, fin dal momento della conclusione del contratto,
prestabilite in base a criteri determinati o determinabili. Se, poi, per effetto di
circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni del costo dei
materiali, si applica la disciplina della revisione prezzo ex art. 1664 c.c. . La disciplina
della revisione del prezzo può essere derogata in diverso modo senza che, però, il
carattere commutativo del contratto di appalto venga meno.
- si tratta di un contratto fondato sull’intuitu personae 1656 C.C e 1674 c.c.
-contratto ad esecuzione prolungata: l’esecuzione del rapporto inizia con consegna dei
lavori da parte del committente e cessa con la completa ultimazione dei lavori stessi.
Quanto agli obblighi nascenti dal contratto di appalto:
- in capo al committente, sorge l’obbiglo di pagare il corrispettivo pattuito, che consiste
necessariamente in una somma di denaro;
- in capo all’appaltatore, sorgono gli obblighi di eseguire l’opera o il servizio secondo le
modalità pattuite nel rispetto dei termini stabiliti, al prezzo convenuto e a regola d’arte.
Inoltre, l’appaltatore è tenuto al alla garanzia per vizi o difformità dell’opera ai sensi
dell’art. 1667 c.c., ai sensi del quale, in tali casi, il committente può pretendere
l’eliminazione dei vizi, la riduzione del prezzo ovvero la risoluzione del contratto.
Approfondimento giurisprudenziale.
- L’impegno dell’appaltatore ad eliminare i vizi
“In tema di appalto o di contratto d'opera, l'impegno ad eliminare i vizi della cosa o
dell'opera, assunto dall'appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali
non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un'autonoma
obbligazione di "facere", la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia,
senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, e rimane, pertanto,
soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma
all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento
contrattuale” (Cass. 13613/2013).
Fatto:
Tizio per realizzare una nuova pavimentazione in legno in un appartamento di loro
proprietà, aveva chiesto a Sempronio, titolare di una ditta di costruzioni, di preparare il
sottofondo e di posare il parquet. Il pavimento in legno si era rigonfiato e sollevato in
più punti poche settimane dopo la conclusione dei lavori, avvenuta in data 8 febbraio
del 2017.
Pertanto Tizio, in data 2 marzo 2017 aveva denunciato i vizi ottenendo da Sempronio il
rifacimento del sottofondo e il riposizionamento del parquet.
Tuttavia, dopo due mesi dall'intervento, il problema si era ripresentato e Sempronio era
intervenuto una terza e una quarta volta; nel luglio 2017 si era ripresentato ulteriormente
il problema ma Sempronio, benché sollecitato da Tizio, si era dimostrato indisponibile
ad effettuare ulteriori riparazioni.
Cornice normativa:
Occorre, inoltre, soffermarsi sull’art.1667 c.c. che regola la difformità ed i vizi
dell’opera.
Quaestio iuris:
La ricostruzione dell'opera può essere intesa come impegno dell’appaltatore di
eliminare i vizi dell’opera, assunto per fatti concludenti? E che valore ha tale impegno?
Ha effetto novativo rispetto all’obbligazione di garanzia disciplinata dal codice e quindi
la estingue sostituendosi ad essa?
[Soluzione: l’assunzione di tale obbligo può essere desunta da fatti concludenti e cioè
tramite l’inizio dei lavori che integra un comportamento che fa desumere la volontà di
eliminare i vizi. Nasce una nuova obbligazione, che si affianca a quelle previste ex
lege, soggetta al normale regime di prescrizione decennale].
Tesi + massima: Come noto, sul punto sono intervenute le su richiamate sezioni unite in
tema di vendita, il cui approdo ben può applicarsi anche al contratto di appalto.
A ben vedere, infatti, i principi così affermati hanno valenza di carattere generale e
non sono dipendenti dalla natura del contratto, essendo invece applicabili sia al
contratto di appalto che contratto d'opera nella parte in cui si ravvisa,
nell'impegno ad eliminare i vizi (della cosa come dell'opera) la fonte di una
autonoma obbligazione di facere che si affianca (senza estinguerla, a meno di un
accordo novativo) all'obbligazione di garanzia e che è soggetta all'ordinario
termine decennale di prescrizione.
Tale obbligazione non ha per oggetto immediato l'esecuzione di un'opera nuova,
ma la realizzazione della stessa opera oggetto del contratto, immune da vizi e pertanto, a
tale nuovo obbligo, non si applicano i termini di prescrizione e decadenza previsti
dall'originaria garanzia della quale le parti, in teoria, possono convenire anche
l'estinzione per novazione; si applica, invece, l'ordinaria prescrizione decennale stabilita
per l'inadempimento delle obbligazioni.
Ratio della decisione: l’obbligazione di eliminare i vizi attraverso autonomo patto
assunto dalle parti (oppure attraverso fatti concludenti) non influisce sugli obblighi di
garanzia connaturati nel contratto di appalto. Non vi può, pertanto, essere novazione,
salvo accordo novativo concordato dalle parti, ma semplice modifica delle modalità di
attuazione della originaria obbligazione. L’obbligo di eliminare i vizi si
prescrive ,quindi, in 10 anni, mentre gli obblighi di garanzia previsti dalla legge ex art.
1476 c.c. si prescrivono nel breve termine di cui all’art. 1667 c.c.
In tema di appalto o di contratto d'opera, l'impegno ad eliminare i vizi della cosa o
dell'opera, assunto dall'appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali
non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un'autonoma
obbligazione di "facere", la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia,
senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo, e rimane, pertanto,
soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma
all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento
contrattuale. Sez. 2, Sentenza n. 13613 del 30/05/2013
Soluzione:
Alla luce delle considerazioni svolte, Sempronio ha assunto una nuova obbligazione
avente ad oggetto l’eliminazione dei vizi, che si affianca alla garanzia rimanendo ad
essa esterna. Per escludere l’effetto novativo si potevano valorizzare alcuni dati fattuali.
Dalla traccia, infatti, si evince che le parti non hanno stipulato un nuovo contratto e che
quindi non sussiste l’animus novandi, inteso come manifestazione non equivoca
dell’intento novativo. Peraltro, l’elemento soggettivo non solo deve risultare in concreto
ma, altresì, deve essere comune ad entrambe le parti; circostanza che ragionevolmente
non si verifica nel caso in esame. E’ ragionevole pensare,infatti, che Tizio non voglia
estinguere l’obbligazione di garanzia ex 1667 c.c. per sostituirla con una nuova avente
ad oggetto l’obbligo di eliminare i vizi, ma voglia mantenere entrambe le obbligazioni.
Tizio, quindi, può agire per la risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale
ex art. 1453 c.c. non essendo decorsi ancora dieci anni.
Ciò premesso, occorre precisare inoltre che l’impegno ad eliminare i vizi può trovare la
sua fonte anche in comportamenti concludenti consistenti nell’inizio dei lavori diretti
proprio ad eliminare i vizi. La giurisprudenza ha, sul punto, dato rilievo alla condotta
concludente delle parti, in virtù del principio ormai incontroverso secondo cui il dovere
di buona fede impone alle parti del contratto di sopportare le conseguenze derivanti dai
propri comportamenti che, apparendo inequivoci, siano stati idonei ad ingenerare un
legittimo affidamento nella controparte contrattuale. In applicazione di tale principio, si
è stabilito – da un lato – che quando l’appaltatore inizia volontariamente la rimozione
dei vizi denunciati dal committente, tiene una condotta che costituisce tacito
riconoscimento di quei vizi, e che – senza novare l’originaria obbligazione gravante
sull’appaltatore – ha l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai
termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 cod. civ.
L'appaltatore, attivandosi per rimuovere i vizi denunciati dal committente, tiene una
condotta che costituisce tacito riconoscimento di quei vizi, e che - senza novare
l'originaria obbligazione gravante sull'appaltatore - ha l'effetto di svincolare il diritto
alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art.
1667 cod. civ. (Cass., Sez. 3, n. 6263/2013)
Soluzione:
L’impegno di eliminare i vizi può risultare anche da fatti concludenti. L’inizio
dell’esecuzione dell’opera ha, infatti, generato in Tizio un legittimo affidamento circa
l’avvenuto riconoscimento, da parte di Sempronio, di quei vizi che rendono l’opera
inutilizzabile. In tal senso si può valorizzare il fatto che sempronio più volte interviene
al fine di effettuare le dovute riparazioni, anche se senza successo, manifestando in
modo inequivoco la volontà di eliminare i vizi.
2. La garanzia per vizi o per difformità dell’opera, art. 1669 c.c.
- mini cornice normativa art 1669 c.c. In particolare occorre evidenziare che:
a) i difetti di cui all’art. 1669 c.c. determinano un’alterazione che incide negativamente
ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile, in quanto incidono sugli
elementi strutturali essenziali dell’opera (diversamente da quanto avviene nell’ambito di
operatività dell’art. 1667 c.c. che si riferisce ai casi in cui le opere ultimate non
corrispondono alle caratteristiche del progetto o sono realizzate senza l’osservanza delle
regole della tecnica),
b) quindi, la sua portata si estende oltre la rovina o il pericolo di rovina dell’opera per
vizio del suolo o per difetto della costruzione,
c) della presenza di siffatti difetti risponde l’appaltatore, in quanto effettivo esecutore
dei lavori, nei confronti del committente e dei suoi aventi causa;
- l’azione di cui all’art. 1669 c.c. può essere esperita anche nei confronti del venditore
che sia anche costruttore, il quale risponde per i vizi e i difetti anche in base alla
normativa sulla responsabilità dell’appaltatore.
- La responsabilità dell’appaltatore e del venditore
“Il venditore che, sotto la propria direzione e controllo, abbia fatto eseguire
sull'immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia o interventi
manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti, ne
risponde nei confronti dell'acquirente ai sensi dell'art. 1669 c.c.” (Cass., 28 luglio 2017,
n. 18891).
FATTO
Nel 2009 Tizio, Caio, Sempronio e Filano acquistavano “su carta” dall’impresa Beta
quattro unità immobiliari in costruzione. Tali immobili, costituiti in condominio con il
nome “Condominio Girasole”, sito in Belfiore, via del sole n. 37, venivano consegnati
agli acquirenti nel settembre 2014. Per la costruzione di tale complesso condominiale,
l’impresa Beta, venditrice, si era servita della ditta Alfa e del relativo personale, pur non
rinunciando ad impartire ad essa stringenti e specifiche direttive nell’esecuzione dei
lavori.
Dopo un paio di mesi si erano registrati importanti difetti di costruzione dell’impianto
idrico, che avevano determinato il susseguirsi di numerose rotture nelle tubature con
forti spese per il consumo di acqua che il condominio era costretto a pagare, come
provato dalle numerose delibere condominiali approvate per stanziare il pagamento
delle stesse e dalle altrettanto numerose ricevute comprovanti il pagamento delle
relative utenze in favore della Società Gestione Acqua locale. Dopo aver accertato, con
l’intervento di un perito, che l’esorbitante consumo di acqua derivasse
inequivocabilmente dai difetti di costruzione dell’impianto idrico, il Condominio
Girasole provvedeva nel gennaio 2017 a denunciarli all’impresa Beta, onde farne valere
la responsabilità e ottenere quanto meno la restituzione delle spese sostenute e le somme
necessarie per l’eliminazione dei difetti.
In tale vicenda:
- l’impresa Beta non è solo venditrice ma anche di fatto costruttrice dell’edificio,
essendosi riservata poteri di direzione e di sorveglianza nell’esecuzione dei lavori: da
ciò deriva che occorre far riferimento alla normativa sul contratto di appalto (si
consideri che il discrimen tra vendita e appalto è rinvenibile nella prevalenza
dell’oggetto del contratto: se oggetto prevalente è un facere e non un dare, il contratto
intervenuto tra le parti deve qualificarsi come appalto e non come vendita con
conseguente applicazione della relativa disciplina),
- a ben vedere, nell’attività di costruzione si è resa responsabile di gravi difetti
nell’impianto idraulico che sono riconducibili nell’ambito di operatività dell’art. 1669
c.c., con la conseguenza che gli acquirenti delle unità immobiliari, costituite in
condominio, ben possono agire, per il tramite dell’amministratore, per far valere la
relativa garanzia per difetti dell’immobile e chiedere il pagamento delle somme
necessario per l’eliminazione degli stessi in forma specifica;
- in particolare, la garanzia per rovina o difetti di immobili de qua trova applicazione
non solo quando il venditore abbia personalmente provveduto alla costruzione, ma
anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l’opera altrui, abbia mantenuto il potere
di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell’altrui attività (esattamente
come nel nostro caso). Ciò in quanto l’art. 1669 c.c. mira a finalità di ordine pubblico,
che prescindono dall’esatto adempimento del contratto di appalto tra appaltatore e
committente, pertanto, occorre darne una lettura estensiva. A ben vedere, infatti, la
responsabilità ex art. 1669 c.c. configura una responsabilità extracontrattuale che,
essendo sancita per ragioni e finalità di interesse generale, è estensibile al venditore che
sia stato anche costruttore del bene venduto (cass. 7634/2006).
La garanzia per rovina o difetti di immobili di cui all’art. 1669 c.c., applicabile anche in
relazione alle opere di ristrutturazione di immobili già costruiti, alla luce del recente
approdo giurisprudenziale a Sezioni Unite, trova applicazione anche nei confronti della
società costruttrice dell’immobile, che, in relazione ai lavori di ristrutturazione
incaricategli da Tizio, ha mantenuto un significativo e pregnante potere di direzione.
A ben vedere, secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte l'azione di
responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 c.c.,
nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, può essere
esercitata, in ragione della sua natura extracontrattuale, non solo dal committente contro
l'appaltatore, ma anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito
della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori,
indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore dell'opera, ed abbia perciò esercitato un
potere di direttiva o di controllo sull'impresa appaltatrice, tale da rendergli addebitabile
l'evento dannoso. La responsabilità del venditore, in ordine alla conseguenze dannose
dei gravi difetti di costruzione incidenti profondamente sugli elementi essenziali
dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la
conservazione, è configurabile sia quanto questi abbia costruito l'immobile e lo abbia
poi alienato all'acquirente, sia quando il medesimo venditore abbia incaricato un terzo
appaltatore della costruzione del bene prima della sua vendita, come d’altronde
recentemente sancito dalle Sezioni Unite e come si è detto nel paragrafo precedente.
Ebbene, secondo la Suprema Corte ciò in quanto l’art. 1669 c.c. mira a finalità di ordine
pubblico, che prescindono dall’esatto adempimento del contratto di appalto tra
appaltatore e committente, pertanto, occorre darne una lettura estensiva. A ben vedere,
infatti, la responsabilità ex art. 1669 c.c. configura una responsabilità extracontrattuale
che, essendo sancita per ragioni e finalità di interesse generale, è estensibile al venditore
che sia stato anche costruttore del bene venduto.
Si consideri, inoltre, che, alla luce degli stessi principi finora enucleati, alla
responsabilità dell’appaltatore ben può affiancarsi quella del committente, in quanto
“l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della
tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle
sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove
queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri
di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale
“nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo.
Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità
contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le
imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del
progettista” (Cass., 8 luglio 2016 n. 14071).