Tommaso Palamidessi (Pisa 1915 - Roma 1983) presenta con il "Libro Cristiano dei Morti" una guida
spirituale poggiata sull'ipotesi e la convinzione che nello stato agonico il morente possa ancora udire la voce
dell'istruttore, che sia sacerdote o persona qualificata, e quindi trarne forza e orientamento salvifico.
Oltre al testo destinato ai defunti, questa pubblicazione contiene alcuni capitoli sintetici sulla dottrina
dell'aldilà, con una sorta di "topografia cosmica" che offre un quadro esatto di quello che ci aspetta una volta
varcata la soglia ultraterrena.
"Lo stato intermedio fra la morte e la destinazione, conseguenza della legge di equilibrio o contrappasso,
è un viaggio pieno d'insidie, orrori e sofferenze per coloro che chiudono il libro dell'esistenza in disgrazia,
ma un transito glorioso, felice e uno splendido soggiorno per coloro che spirano in stato di santità".
N.d.E.
Presentiamo al pubblico il testo integrale del manoscritto originale, senza aggiunte né correzioni, perché
essendo una edizione postuma, ogni modifica, anche se plausibile, potrebbe alterare il genuino pensiero
dell'Autore.
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TOMMASO PALAMIDESSI
IL LIBRO
CRISTIANO
DEI MORTI
ROMA
Iniziato il 24 ottobre 1967
Festa S. Raffaele
Arcangelo
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TOMMASO PALAMIDESSI
Roma, 7 novembre 1974
La Crocifissione
Quando furono giunti nel luogo detto Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, l'uno a destra e l'altro a
sinistra. Gesù diceva: "Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno". Poi, avendo diviso le sue
vesti, le trassero a sorte.
Il popolo stava a guardare, ma i capi lo schernivano dicendo: "Salvò gli altri, salvi se stesso, se costui è il
messia di Dio, l'eletto". Lo deridevano anche i soldati che gli si erano avvicinati per porgergli dell'aceto,
dicendo: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". C'era anche sopra di lui una scritta in greco, latino ed
ebraico: "Questi è il re dei Giudei". Uno dei malfattori che erano stati crocifissi lo insultava dicendo: "Non
sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi". Ma l'altro, rispondendo, lo rimproverava dicendo: "Neanche tu temi
Dio, essendo nel medesimo supplizio? Noi giustamente riceviamo quel che meritano le nostre azioni, ma
costui non ha fatto nulla di male". E diceva: "O Gesù, ricordati di me, quando verrai col tuo regno". E Gesù
gli disse: "In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso".
(Dal Vangelo secondo san Luca, 23:33-43)
dell'Oriente e dell'Occidente come santo fu istituita per lui una liturgia con apposito ufficio. Dai greci è
commemorato il 23 marzo e dai latini il 25 dello stesso mese. La città di Gallipoli (Taranto), lo scelse come
suo patrono. Dal secolo XVI molte congregazioni religiose e diocesi ne celebravano i riti in suo onore e per
chiedere delle grazie. A Gerusalemme la commemorazione del santo Ladrone coincide con l'Annunciazione
della beatissima Vergine Maria, Madre di Gesù {Martirologio Romano, Ed. Vaticana, Città del Vaticano
1964).
Il cattivo malfattore, quello crocifisso a sinistra del Signore, si chiamava Gestas. Entrambi, il buono e il
perverso fino alla fine, a testimonianza dei gravi delitti di sangue e di rapina, furono sottoposti all'atroce
tortura del crurifragium: furono cioè spezzate le gambe e le braccia con una spranga di ferro per accelerare
la loro morte.
Furono dati ai due capi banda anche altri nomi, ma prevalse ed è la più attendibile la notizia sui nomi
Dismas (per il buono) e Gestas (per il cattivo). Inoltre una leggenda vuole che durante la fuga in Egitto della
Sacra Famiglia, il buon ladrone avrebbe beneficato questa, meritando sin da quel tempo la promessa di un
premio che si verificò dopo con la sua conversione sulla croce (F. Pasquero, Il buon ladrone e la promessa di
Gesù, Roma 1947, pp. 19-46, 49-60).
Considerazioni
L'esempio storico della santa morte di Dismas immortalato dalle più drammatiche e dolorose pagine dei
Vangeli che ricordano la passione di Nostro Signore Gesù Cristo, è un fatto che tutti dovremmo meditare in
ogni istante della nostra esistenza: un fatto o un esempio che molto fece riflettere il beato Giuseppe Cafasso,
il famoso salesiano maestro di un altro santo - Giovanni Bosco - che guidava alla buona morte sul patibolo
malfattori e altri condannati.
Le parole del buon ladrone e la promessa fatta a lui da Cristo, indicano la potenza della fede, della
speranza e dell'amore, espressa in tutta umiltà in chi muore, e la certezza del perdono divino.
Le espressioni del beato, del compassionevole, del sapiente Dismas, sono i sintomi di una rapida
trasmutazione della coscienza che fa vincitori in eterno contro i lacci del Maligno.
Egli si vuotò di ogni manchevolezza terrena per essere riempito come un'anfora d'oro del succo
prodigioso dell'Albero della Vita che cresce rigoglioso nel Paradiso.
L'episodio del buon ladrone è la dimostrazione della forza salvifica e di redenzione operante in chi si dona
completamente a Dio. Ma guai per coloro che, nell'istante conclusivo della loro esistenza terrena, si rivoltano
al Salvatore, e ne calpestano la regalità e il sacrificio consumato per noi sulla croce: ne calpestano la regalità
e il sacrificio come il cattivo ladrone sinistramente ricordato dalle Sacre Scritture. Non dimentichiamo mai,
sia ben chiaro, che tutte le volte che una persona si trova in punto di morte si ripete la scena del Calvario con
la crocifissione di Cristo e del malfattore che si può comportare da buono o da cattivo malfattore ed essere
salvato o condannato.
Le parole di Gesù lasciano nei secoli un grande conforto e la speranza di essere salvati nel supremo
istante dell'agonia. Tuttavia la crocifissione dell'Io, l'inchiodatura, il crurifragium, dev'essere una libera
scelta, la sola e unica scelta che dobbiamo cercare di infliggere a noi stessi in tutti i momenti della nostra
esistenza, nei pensieri, nelle parole e nelle azioni, sviluppando con l'ascetica di preghiera e di apostolato
caritativo quella forza di sopravvivenza in Dio che ebbe il buon ladrone e venne meno nel perverso.
Il tempo della crocifissione è mentre siamo ancora nel pieno possesso delle nostre energie corporali; dopo
sarebbe troppo tardi per ritrovare nella nebbia del labirinto crepuscolare dell'al di là la lanterna accesa di un
Maestro di Compassione, potrebbero passare molti decenni, forse secoli o millenni prima di ritentare la
prova del ravvedimento.
Perciò, sia questo "Libro Cristiano dei Morti", un avvio alla perfezione affinché anche per noi sia udibile
nel momento del trapasso alla nostra supplica d'amore: "Ricordati di me, o Signore!", la risposta categorica
di Gesù: "In verità, in verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso".
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Il "Libro Cristiano dei Morti" è una guida spirituale destinata ai morenti e ai defunti recenti, poggiata
sulla ipotesi e sulla convinzione che nello stato agonico la persona può ancora udire la voce dell'istruttore
(sacerdote o una persona qualificata) e trarne forza e orientamento salvifico; e che dopo deceduta, l'anima
disincarnata può ancora ascoltare con i sensi spirituali chi la vuole aiutare a sottrarsi alle insidie dei demoni e
ai rischi di una nuova rinascita carnale.
Il "Libro Cristiano dei Morti" viene pubblicato per la prima volta su iniziativa di "Archeosofica", la
scuola di studi e di sperimentazioni mistiche, quale integrazione del patrimonio spirituale della vita cristiana.
Un pallido tentativo di questo genere fu fatto nel XV secolo con il De Ars moriendi, ossia l'arte di ben
morire. Ma la lettura di questo libro cristiano che nei secoli scorsi fece scalpore si limitava ad aiutare il
morente con una serie di esortazioni, cessando la sua funzione appena l'individuo spirava, e serviva
all'infermo per farsi una preparazione alla buona morte e ovviamente è quella del buon cristiano.
Ogni credente è già assistito amorosamente dalla Chiesa che provvede con i Sacramenti, l'assoluzione
plenaria per consegnare il peccatore pentito alla misericordia di Dio; la Chiesa ha cura anche dopo la morte,
accompagnando la salma alla tumulazione e celebrando delle Messe di suffragio qualora quell'anima fosse
stata destinata al purgatorio. In epoche antiche vi erano dei riti di aiuto al 3°, 7°, 9°, 30° e 40° giorno dopo il
decesso. Ma l'intento del "Libro Cristiano dei Morti" sull'esempio dei due altri libri similari, ma non uguali
(Libro dei Morti Egiziano e Libro dei Morti Tibetano o Bardo Thòdol) ha delle caratteristiche speciali
inconfondibili, tali per cui la lettura può essere fatta da una persona dotata di facoltà extrasensoriali per saper
giudicare lo stato del morto, il suo grado di purezza o di peccaminosità, se è stato assolto o condannato dalla
giustizia divina.
La lettura del libro è valida per coloro che hanno studiato quando erano in vita la dottrina salvifica ed
hanno vissuto in conformità all'ascetica, perché diversamente le parole dell'officiante risulterebbero oscure e
inefficaci a ricordargli quale atteggiamento spirituale deve assumere di fronte al drammatico momento del
trapasso da questa esistenza all'eternità. Del resto non ci si improvvisa santi all'ultimo momento, perché,
come scrive Nicolas Cabasilas nella sua opera, La vita in Cristo, "l'uomo nuovo deve essere formato in
questo momento per nascere nell'eternità. La vita in Cristo prende inizio e si sviluppa nell'esistenza presente,
ma sarà perfetta soltanto in quella futura, quando giungeremo a quel giorno: l'esistenza presente non può
stabilire perfettamente la vita in Cristo nell'anima dell'uomo; ma nemmeno lo può quella futura, se non
incomincia qui... È l'esistenza presente l'officina di questa preparazione...".
Il "Libro Cristiano dei morti" vuole essere un tener desta l'anima che si disincarna e che potrebbe cedere
al sonno della morte e allo stato confuso del sogno, dimenticando ciò che ha imparato per raggiungere il
Signore nella sua Luce.
Faremo precedere il testo pilota da leggersi al morente e al trapassato da alcuni capitoli sintetici sulla
dottrina che si riferisce all'al di là, perché lo "stato intermedio" fra la morte e la destinazione, conseguenza
della legge di equilibrio o contrappasso, è un viaggio ed un pernottamento pieno di insidie, orrori e
sofferenze per coloro che chiudono il libro dell'esistenza in disgrazia, ma un transito glorioso, felice e uno
splendido soggiorno per coloro che spirano in stato di santità.
Le istruzioni che sono state date nei quaderni n°5, 6, 10 hanno lo scopo di preparare l'Archeosofo mentre
è in tempo. Perché dopo è finita. E qui che bisogna imparare a essere autocoscienti, vigilanti, svegli,
risvegliati in Cristo. Dopo sarà troppo tardi. Una volta entrati nella nuova dimensione ci sarà l'oblio, la
sonnolenza, la semicoscienza e il caleidoscopico giuoco spettrale delle entità reali e delle entità irreali o
fantomatiche che l'individuo poco evoluto non saprà riconoscere per quel che sono. Benché Iddio sia Amore,
Misericordia, Padre e Madre di tutte le creature, e naturalmente abbia a cuore ognuna di esse, pura o impura,
buona o perversa, l'ignoranza dell'anima, l'incapacità di discernimento potranno farla precipitare negli stati
purgatoriali e infernali che, pur transitori, assumeranno un carattere di eternità o di sogni tormentosi
interminabili che si risolveranno nella fuga, nell'erraticità e infine nel precipitarsi nuovamente in un nuovo
corpo fisico in un ambiente che possiamo definire l'inferno sulla terra.
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La buona morte che vuole dare il "Libro Cristiano dei Morti" è la morte di un corpo che libera un'anima
che risuscita nello splendore del Regno di Dio, senza soffrire negli stati di pena destinati alle anime perdute,
per lo meno perdute fino al giorno che si risveglieranno a nuova vita.
L'efficacia della lettura dei vari passi del Libro in questione è subordinata allo sviluppo spirituale ed
extrasensoriale dell'officiante che deve potere entrare in comunicazione con la coscienza del defunto e
accompagnarlo fin dove gli sarà consentito come hanno già fatto degli individui eccezionali quali il Curato
d'Ars o santa Caterina de' Ricci. Quest'ultima, narra un suo biografo, Fr. Serafino Razzi O. P. del 1594,
aveva cura delle suore morenti guidandole anche dopo morte. Ecco quanto scrive il Razzi 1: "Quando poi
erano in transito, non partiva mai via da loro e per un certo tempo soleva andarsene in ratto; e quando poi
haveva accompagnata quell'anima al paradiso o al purgatorio, ritornata dall'estasi, chiudeva ella stessa
gl'occhi alla morta; e poi anco aiutava a vestirla e singolarmente, con le proprie mani, acconciava loro il
capo; onde le suore non costumavano di toccare mai l'inferma né per morte giudicarle, se non dopo che la
serva di Dio si era dall'estasi svegliata, impero che all'hora conoscevano, come Lei era perfettamente spirata
e itasene allo sposo celeste".
Con ciò intendiamo dire che il lettore del "Libro Cristiano dei Morti" può aiutare con efficacia quando ha
realizzato con le tecniche di risveglio iniziatico la facoltà di sdoppiarsi o almeno di vedere con gli occhi
extrasensoriali dove si trova e come si trova la persona trapassata. Diversamente sarà di aiuto, cioè di guida
per la sola forza della parola, senza sapere se parla a un'anima già ingoiata dagli abissi dei mondi infernali o
volata via al paradiso o ancora fluttuante sul suo corpo cadaverico e assistita da qualche amico, parente o
entità angelica pietosa.
Fr. S. Razzi - La vita di santa Caterina de' Ricci - Olschki Editore, Firenze 1965 a pag.216-217.
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PREFAZIONE AL
Il Libro Cristiano dei Morti viene dato alle stampe per la prima volta con il preciso intento di colmare una
lacuna della ritualistica e direzione spirituale della Chiesa in aiuto alle anime morenti e dei defunti da poco
entrati nell'aldilà. Questa iniziativa è presa da "Archeosofica" quale libera scuola di studi e sperimentazioni
di ascetica cristiana. Prima di oggi vi fu un pallido tentativo di questo genere con il De Ars moriendi nel XV
secolo. Le numerose edizioni in xilografia e stampate in tipografia fecero scalpore, ma questa breve guida
dell'arte di morire bene in grazia di Dio, si limitava a dare dei consigli di morale cristiana a coloro che si
spegnevano alla vita terrena, ma nulla era indicato nel "De Ars moriendi" per sorreggere le anime già
trapassate, eccetto le consuete e tradizionali Messe in suffragio nel giorno del funerale e nei successivi
esequiali indetti secondo l'usanza antica al 3°, 7°, 9°, 30°, 40° giorno dopo il decesso, integrate da preghiere
varie e se vi erano stati i presupposti dalla confessione e assoluzione sul letto di morte.
I punti di vista e le istruzioni del Libro Cristiano dei Morti guardano assai più lontano la realtà della vita
postuma, essi giovano a tutti coloro che ancora sani e attivi intendono istruirsi e prepararsi per quel futuro
giorno della dipartita, ma la sua lettura quando sarà fatta da un altro in punto di morte, deve sorprendere già
preparati, spiritualmente pronti per il grande esame di maturità cristiana. Santi e Iniziati non ci si improvvisa
all'ultimo momento, come scrive Nicolas Cabasilas nel suo magistrale trattato La Vita in Cristo, "l'uomo
nuovo deve essere formato in questo mondo per nascere nell'eternità. La vita in Cristo prende inizio e si
sviluppa nell'esistenza presente, ma sarà perfetta soltanto in quella futura, quando giungeremo a quel giorno:
l'esistenza presente non può stabilire perfettamente la vita in Cristo nell'anima dell'uomo; ma nemmeno lo
può quella futura, se non incomincia qui.
Durante la vita terrestre fa ombra l'elemento carnale, da cui derivano nebbia e corruzione impotente a
ereditare l'incorruttibilità; perciò Paolo riteneva meglio per lui partirsene per essere con Cristo. Lo dice:
Partirmene ed essere con Cristo, certo sarebbe molto meglio. Eppure, la vita futura non porterà affatto
pienezza di felicità a quelli che avrà accolti senza le potenze e i sensi ad essa necessari: morti ed infelici
abiteranno quel mondo beato e immortale. E la ragione è che allora, benché sorga la luce e il sole offra il suo
raggio puro, non è più il tempo di plasmare l'occhio. Il profumo dello Spirito si effonde copiosamente e
riempie tutto, ma non lo coglie chi non ha l'olfatto.
In quel giorno possono gli amici di Dio comunicare nei misteri col Figlio di Dio e apprendere da lui
quello che ha udito dal Padre; ma è necessario che vi giungano già amici, e con le orecchie già fatte.
Non è quello il tempo di fare amicizia, di aprire le orecchie, di prepararsi la veste nuziale e tutto quel che
è richiesto per le nozze. E’ l'esistenza presente l'officina di questa preparazione: e coloro in cui essa non si
compie, scrive ancora il grande Cabasilas, prima che muoiano, non possono in alcun modo partecipare alla
vita divina".
E’ con questo modo di vedere evangelico e paolino che ho scritto questo libro facendomi forte anche per
una provvidenziale costituzione spirituale e psico-somatica che sin da giovinetto mi ha consentito di essere il
protagonista di una fenomenologia sconvolgente della morte e dell'aldilà.
Le insidie in vita e in morte non mancano mai. La memoria può fare difetto una volta staccati
dall'involucro corporeo e si è entrati in una nuova dimensione, perciò ho insistito nelle lezioni sullo
sdoppiamento e di viaggi coscienti e volontari nei mondi soprasensibili, frutto di cauti esercizi archeosofìci,
come pure ho fatto le mie raccomandazioni di svolgere dei severi allenamenti per il ricordo delle vite
passate, appunto per fortificare un tipo di memoria diversa da quella ordinaria. Solo con queste precauzioni
la lettura sacerdotale e la ritualistica del "Libro Cristiano dei Morti" costituiranno un tangibile aiuto all'anima
errante nel misterioso mondo dei trapassati. Attenzione, dunque, all'avvertimento di Gesù riportato da
Matteo 25:11 e s. circa le cinque vergini invitate a partecipare alle nozze: giunte senza avere l'olio e la veste,
non fu possibile farne l'acquisto, era troppo tardi.
Alla stregua dei cosmonauti che uscendo dalla stratosfera diretti verso un corpo celeste si esercitano
prima gradualmente al nuovo modo di respirare, a una diversa gravità dei corpi, a una visione geocosmica
differente e camminano nello spazio in stato di imponderabilità, così è per l'uomo che lascia alla terra il suo
corpo perché sia decomposto e divorato, mentre la sua parte energetica consistente nei diversi involucri verrà
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assorbita dal suo elemento, e l'Io nel suo corpo causale, si avvierà ai posti di lavoro in conformità alla
preparazione che ha realizzato nella società degli incarnati.
In passato in alcune grandi religioni non cristiane furono fatti dei libri ad uso dei morti ad esempio in
Egitto vi fu il Libro dei Morti codificato nel VII secolo prima di Cristo in 165 capitoli, derivato dal testo
inciso nelle Piramidi. Nel Tibet dei Lama fu scritto il Bardo Thòdol o Libro tibetano dei Morti la cui
paternità si attribuisce al Taumaturgo Padmasambhava, invitato nel Tibet al tempo del re K'rì-sron-lde-btsan
(755-797) che lo avrebbe nascosto sotto terra per essere riscoperto dopo la sua scomparsa da lontani seguaci
della sua dottrina.
Questi due testi molto affini per il contenuto hanno preziosi elementi teologici, ma in parte falsati da
credenze discutibili. Pur tenendo conto di questi due preziosi trattati, la nostra linea è diretta, perché coerente
con la rivelazione di Gesù Cristo e l'esperienza dei santi cristiani cattolici e ortodossi, ma integrata dalla
visione archeosofica della vita universale.
La lettura accanto al morente è importante perché l'udito è fra i cinque sensi l'ultimo a spegnersi e perciò
è ancora una porta aperta per udire la voce del direttore spirituale e accentrare in sé stesso tutta la forza
dell'autocoscienza, del volersi tener desto e riconoscere la regione dei trapassati avanzando verso Cristo
sicuro e forte con la spada a due tagli in pugno per falciare i macchinatori della tenebra.
Se quel mondo è popolato di aiutatori e di guardiani del Regno di Dio è anche affollato di ingannatori e di
assassini che stanno in agguato per ghermire il debole, l'impreparato, il peccatore che non volle saperne di
perfezione morale e di trasmutazione del cuore, né di energizzare la sua memoria per ricordare una volta
isolato dagli uomini le istruzioni del "Libro Cristiano dei Morti".
L'aldilà ha diverse dimensioni cosmiche, si estende dal pianeta terra ai confini del Sistema Solare, in una
di queste dimensioni vi sono i demoni ed i fantasmi di essi, i demoni che nascono dalla nostra coscienza
perversa e i demoni oggettivi, reali di cui parla con ragione la così detta "demonologia", nota a tutte le
religioni antiche e moderne. Questa non è uno scherzo, non è una sovrastruttura sociale delle religioni, ma
una realtà della quale una pallida idea è data dalla fenomenologia ossessiva studiata dalla parapsicologia.
La delicata missione di guida spirituale per i morenti e ancora dopo il trapasso non si può affidare a una
persona qualsiasi, perché anche trattandosi di un sacerdote regolare e quindi nelle condizioni ottimali per una
guida di questo genere non ha le convinzioni e la preparazione dottrinale suggerite dall'Archeosofia, almeno
come stanno oggi le cose ma chi svolge la missione dev'essere una persona qualificata, un sacerdote o un
Iniziato in possesso di una personalità dotata di intensa vita mistica e di facoltà paranormali superiori
indispensabili per guidare l'anima nel travaglio del trapasso e nei giorni successivi onde farle superare le
prove della vita postuma sia pure compatibilmente con il suo grado di perfezione morale e di trasmutazione
interiore conseguite in vita.
Le cose che vengono dette in questo libro torneranno chiare ed efficaci quando l'ascoltatore sarà un
individuo che le ha conosciute prima, perché udendole dalla viva voce del fratello spirituale, potrà meglio
ricordarle e in esse concentrarsi.
Il defunto cristiano e, notate bene, tutti i defunti in generale, devono vincere nella vita d'oltretomba
non pochi ostacoli, un vero sbarramento di fantasmi e di giuochi di colori, suoni e trame oniriche terrificanti
che da solo un cristiano non sempre ha il coraggio e la presenza di spirito di superare. Perciò nel dubbio che
riesca, necessita l'aiuto di chi è esperto nel soggiogare le apparizioni reali o illusorie scaturite dalla dinamica
psichica tesa come un arco contro il malcapitato defunto.
Se alla morte ogni cosa si lascia: beni materiali, familiari, amici, lo stesso corpo fisico, viceversa il
bagaglio di complessi, rimorsi, desideri insoddisfatti, le onde telepatiche mentali ed emozionali di quanti
abbiamo offeso e danneggiato: questo bagaglio ci segue ovunque come una ossessione interminabile.
Le imboscate, i tranelli dei malvagi che nella società degli incarnati si potevano fronteggiare, qui nell'al
di là diventano agguati in apparenza senza fine, perché rivestono un abito di eternità.
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Prima Parte
DOTTRINA, FENOMENOLOGIA
DEGLI STATI DI COSCIENZA
DURANTE L'AGONIA E LA MORTE
TECNICHE DI RISVEGLIO
SECONDO IL
"LIBRO CRISTIANO DEI MORTI"
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Una persona è morta per la scienza medica quando il meccanismo fisiologico si è fermato per sempre e si
avvia alla decomposizione chimica.
In passato la morte clinica consisteva nella cessazione del battito cardiaco, della respirazione, della
temperatura minimale e ovviamente di qualsiasi segno di reazione nervosa. Oggi, dopo il rapido sviluppo
delle scienze mediche, si è introdotto il criterio della morte cerebrale(1), la cui constatazione serve per la
chirurgia come indice di valutazione della morte per il prelievo degli organi in stato ottimale da trapiantare in
altri individui, anche se il donatore (direi, il violentato e defraudato) pur in stato di coma, respira e gli batte il
cuore.
La morte, così vista, se la lesione cerebrale è irreversibile ai controlli encefalografici isoelettrici e
panarteriografici al fine di stabilire la scomparsa della circolazione cerebrale, può essere morte parziale se
l'individuo respira ancora e gli batte il cuore; può essere morte totale se scompaiono tutte le altre attività
fisiologiche, ma non è ancora morte per il teologo cristiano, né per l'Archeosofo, perché la morte è la
separazione definitiva dell'anima dal corpo. Questa separazione non è detto che cessi simultaneamente alla
fermata di tutti i sistemi fisiologici. E’ possibile stabilire se nel quarto stadio di valutazione del livello di
coscienza, nel coma profondo, l'anima è già staccata o quando si separerà dal corpo?
Nel quarto stadio il paziente non risponde più ad alcuna forma di stimolo esterno e l'esame neurologico
indica pupille dilatate e non reagenti, assenza dei riflessi faringei e corneali, nessuna reazione all'aspirazione
tracheale, ipotonia, assenza dei riflessi plantari e dei riflessi profondi. Il paziente necessita di respirazione
artificiale perché non respira spontaneamente. La pressione arteriosa è mantenuta stabile solo con la
somministrazione di farmaci. Il sistema nervoso non influenza più il cuore come dimostra l'assenza di
risposta all'atropina rivelata dalla non modificata ritmica cardiaca. Tuttavia, si può dire che l'anima è andata
via? E ciò che vedremo. Le osservazioni importanti non mancano in aiuto agli interrogativi sulla morte e la
vita postuma dell'anima.
Una ricerca approfondita è stata fatta dal gesuita e neuropsichiatra Prof. Dott. Raphael Bastiani(2) nel
campo del pensiero dissociato dal corpo e dei fenomeni dell'agonia, ma non sappiamo se ha battuto anche la
nostra via di ricerca utilizzando personalmente quei metodi che possono favorire la temporanea dissociazione
di tutto il sistema energo-psico-spirituale dal corpo messo in rallentamento fisiologico.
1 Palle Juul-Jensen - La morte cerebrale (Criteri di valutazione e selezione dei donatori per i trapianti) -
"Il Pensiero Scientifico" Editore, Roma 1970.
2 Prof. Dott. Raphael Bastiani - Peut-on expérimentalment dissocier la pensée du cerveau? - Tradotto in
italiano: Si può dissociare il pensiero dal cervello? - Casa Ed. Rocco, Napoli 1961.
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"ARS MORIENDI"
SUE ORIGINI E SVILUPPI STORICI
L'arte di morire bene e di essere guidati nella vita dell'oltretomba è un opuscolo ascetico scritto in latino
pubblicato con il titolo "Ars moriendi". Alle origini della tipografia (sec. XV) si fecero numerose edizioni
xilografiche e a stampa. Trentacinque edizioni a caratteri mobili sono corredate da illustrazioni
impressionanti sull'agonia, il trapasso e l'entrata dell'anima nel regno dei morti, assalita da spiriti benefici e
anime perverse in un clima cristiano di giustizia e di misericordia.
L'opera ebbe una notevole diffusione in tutti gli ambienti sociali. Lo constatiamo dalla scarsità degli
esemplari rimasti e il fatto che l'Ars moriendi sia stata pubblicata in italiano, tedesco, francese, olandese,
spagnolo, catalano e inglese. Le edizioni in lingua latina, evidentemente per le classi più colte, non sono
numerose.
Il testo latino più diffuso che riproduco nella traduzione italiana, deriva dallo Opusculum tripartitum di
Gerson del 1408 o del 1418. Solamente due edizioni sono affini al testo composto dal Cardinale Capranica
(Speculum artis bene moriendi).
Questo suggestivo e importantissimo libro illustra l'eterna lotta tra angeli e dèmoni per impossessarsi di
un'anima coadiuvato da undici incisioni in legno che rappresentano le tentazioni diaboliche, ovvero la
potestas pugnandi per la dannazione del morente. Ma in alcune edizioni le illustrazioni aumentano fino a 13,
in altre a 14 e talora arrivano a un numero maggiore.
Le illustrazioni che riproduco appartengono all'edizione xilografica tedesca del 1470. L’editio princeps
più importante risale al 1465. A caratteri mobili vi fu la prima edizione stampata a Colonia nel 1475, a pochi
anni di distanza dall'invenzione della stampa tipografica.
Di questo trattato che insegna a prepararsi alla morte cristiana e farsi guidare da un amico, e meglio se
qualificato, si conoscono tre opere distinte diffuse a stampa e rimaneggiate o adattate.
1) Il primo Ars moriendi fu stampato in 17 fogli, in -4, coi tipi di Ulrich Zeli, privo di data e luogo:
Colonia? 1465? Nell'"esplicit" è attribuito a Matteo di Krakow (Pomerania), vescovo di Worms (morto nel
1410). E un insieme di preghiere e meditazioni. Poi un manoscritto con la città di Bruxelles e l'anno 1466.
Ebbe altre otto edizioni dal 1470 al 1497 (specialmente a Strasburgo, Augusta, Parigi), delle quali la prima è
del 1478 (Venezia, "per Bernardum pictorem et Erhardum Ratdolt de Augusta"), col titolo Ars bene moriendi
Tractatus brevis et valde utilis de arte et scientia bene moriendi. Si presenta in 20 fogli. Da questo il
Cardinale Domenico Capranica (morto a Roma nel 1458) prese spunto per scrivere il suo Speculum artis
bene moriendi pubblicato per la prima volta a Norimberga con la volgarizzazione nello spagnolo del tempo
sotto il titolo Arte de bien morir.
2) L'Ars moriendi è diverso sul tema della "psicomachia" cioè della lotta psichica, tutto in xilografìa il
testo e le tavole in generale 24 pagine o fogli, metà destinate al testo e metà alle illustrazioni.
Interessantissimo per le incisioni drammatiche ed espressive contornate da uno scarno testo latino, sovente
troppo conciso e oscuro. Indica l'assalto di Satana con le cinque tentazioni (contro la fede, la speranza, il
distacco dai beni materiali, la rassegnazione nel dolore, l'umiltà nel pentimento dei propri errori commessi
durante la vita) al moribondo, assistito dalla famiglia; ma ogni volta interviene un Angelo per respingere e
mettere in fuga il Maligno nella lotta per ghermire l'anima. Si trovano delle affinità in Dante Alighieri (morto
a Ravenna 1321): Inf., XXVII, 112-29; P«rg.,V,103-108. Largamente diffuso specialmente in Germania.
Questo suggestivo opuscolo, tra il 1460 e 1490 ebbe almeno dieci edizioni. Nello stesso periodo si hanno del
volgarizzamento tedesco, dieci edizioni, tre in francese (elegante traduzione di Guillaume Tardif, morto nel
1495), più di tre edizioni in olandese; una traduzione inglese (The Book of the Craft of Dying, ripubblicata
nel 1917 per le Ed. Comper, London).
3) Vi è un'altra Ars moriendi affine alla precedente più breve, diffusasi fra il 1480 e il 1505 in almeno
cinque edizioni. Si limita ai passi biblici e ad essi adatta le figure. Non supera i 14 fogli.
Dalla fine del secolo XV si notano delle aggiunte all'Ars moriendi, cioè lo Stimulus timoris Dei ad bene
moriendum, che descrive le pene del purgatorio e dell'inferno, talora pure l'Anticristo e il Giudizio
Universale. Pubblicano inoltre l’Ars bene moriendi come integrazione dell'Ars bene vivendi, sull'esempio di
Nic. Lirano nel De arte bene vivendi et bene moriendi, e di Giov. Gersone. Sono note otto edizioni francesi
de L'art de bien vivre et de bien mourir dal 1492 al 1540.
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Lo scrittore ecclesiastico A. Romeo(1), scrive: "Si ignora l'origine dell’Ars moriendi, molto studiato dal
lato artistico, ma non ancora da quello letterario. Dové essere composto alla fine del '300, in seguito alle
terribili epidemie che funestarono l'Europa in quel secolo. Per opera dei predicatori domenicani e
francescani, il "memento mori" era inculcato non più solo nei chiostri, ma nelle masse. La meditazione della
morte divenne ovunque consueta, col triplice tema dominante: caducità degli splendori terreni, orrenda
putrefazione d'ogni bellezza e forza umana, uguaglianza d'ogni condizione ed età dinanzi alla morte sovrana
(illustrata dalle Danze macabre...)”.
Il tema della "Danza macabra" risale al 1200 in Francia e di esso abbiamo avuto in Italia delle
testimonianze nei famosi affreschi del camposanto di Pisa, mia città natale, e in quelli dai quali essi
derivano, di cui sono rimasti i frammenti in S. Croce a Firenze, attribuiti ad Andrea Orcagna.
Circa la danza della morte nel 1485 uscì a Parigi la famosa La Danse Macabre, con xilografie (incisioni
in legno) di Guyot Marchant.
Il piccolo trattato anonimo dell’Ars moriendi del quale ho accennato al n. l, è stato attribuito a torto al
vescovo Matteo di Krakow (nato a Cracovia verso il 1335 e morto a Pisa il 5 marzo 1410), o al cardinale
Domenico da Capranica, arcivescovo di Fermo (morto nel 1458), che lo adattò nel 1452: l’Arte del ben
morire (24 fogli in 4°), edito a Firenze negli anni 1477 e 1479, nonché a Verona e Venezia (1478).
L'originale, scrivono i critici, si può far risalire, per il suo contenuto, ai domenicani tedeschi B. Enrico Suso,
che dedica 4 capitoli (parte 2°, capp. 21-24) nel Libro dell'Eterna Sapienza. In detti capitoli (il Suso morì a
Costanza nel 1366) prepara alla morte, specialmente improvvisa; ma si attribuisce pure una certa paternità
anche a Johann Nider, predicatore domenicano (nato ad Isny nel Wùttemberg circa il 1380, morto a
Norimberga nel 1438), il cui De arte moriendi fu molto diffuso (due edizioni nel 1465).
Nel 1520 fu pure noto di Pietro di Lucca la Dottrina del ben morire.
Dal punto di vista artistico le tavole somigliano per le forme demoniache ai lavori del Bosch e Bruegel(2):
si vuole che le incisioni 1, 3, 9, siano del Maestro E. S. con lievi variazioni, ma anche le altre sono di lui,
eccetto forse la 13. Sembra che il Maestro E. S. sia un Reibeisen di Strasburgo, sebbene altri dicano che si
tratti dell'incisore Erhard Schoen bavarese della famiglia di Schòngauer, e altri addirittura lo identificano a
Etienne de Salins che risente per l'inventiva di Roger van der Weyden. Ad ogni modo la produzione artistica
del Maestro E. S. si volge dal 1455 al 1470. L'intera arte renana subisce la sua influenza fino al punto che si
può considerare, scrive il Castelli "il maestro di Martin Schòngauer". Alcune di queste incisioni portano le
date 1461, 1466, 1467.
1 Enciclopedia Cattolica, vol. 2°, p. 30 art. "Ars moriendi" di Antonino Romeo, Città del Vaticano, Roma 1949 - Ed. Sansoni,
Firenze.
2 Enrico Castelli - Il demoniaco nell'arte - Electa Editrice, Milano - Firenze 1952 a pag. 103.
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Gli storici della religione hanno risvegliato l'attenzione su due testi antichissimi redatti per guidare
l'anima di un defunto nel viaggio ultraterreno. Si tratta del Libro egiziano dei morti e del Bardo Thòdol o
Libro tibetano dei morti. Del terzo, il Libro Cristiano dei Morti, redatto dal fondatore di "Archeosofica" gli
esegeti se ne occuperanno nel tempo.
Il testo tibetano(1) è stato paragonato dagli studiosi a quello egiziano per talune singolari somiglianze, e
ad alcuni insegnamenti sapienziali ellenici, massimamente con quelli di Plutarco di Cheronea (Beozia),
filosofo, storiografo e sacerdote delfico di grande talento(2).
In De facie in orbe lunae, Plutarco dice che nella vita umana vi sono due tipi di morte: una prima morte
avviene sulla terra la cui dèa e regina è Demetra. Essa è quella del corpo fisico che, decomponendosi ritorna
alla Madre Terra. A tale morte sopravvive nell'aldilà il complesso anima-spirito, intendendosi per "anima",
secondo Plutarco, l'insieme delle facoltà psichiche, istintive, affettive, impulsi, ricordi, etc, e per "spirito", il
principio sovrannaturale della personalità.
Nella vita ordinaria lo "spirito" affiora di rado, sicché è noto all'uomo comune di avere una sua anima, ma
quasi ignora che cosa è lo spirito. Plutarco dice pure che il complesso anima-spirito in una fase successiva
alla morte corporea, si dissocia, e questa è la "seconda morte" che avverrebbe non sulla terra come il corpo,
ma nella Luna e nel dominio della dèa Proserpina. L'anima distaccandosi dallo spirito che è il principio più
alto dell'essere sarebbe riassorbita dalla sostanza vitale cosmica. Questa sostanza fa parte del circolo della
generazione, è la radice mai esaurita delle esistenze caduche.
Plutarco ignorò il Cristianesimo, benché alcuni concetti di questo filosofo abbiano degli accostamenti con
la nostra tradizione giudaico-cristiana.
La nozione della "seconda morte" alla quale fa allusione Plutarco era nota nell'antico Egitto fra i teologi
dei Faraoni, la stessa verità fu predicata dal Messia Gesù il Cristo e nell'Apocalisse, 20:6, san Giovanni ne
ebbe la conferma.
I Vangeli insistono sul destino dei reprobi ai quali spetta questa "seconda morte" nella gehenna, luogo di
supplizio, di fuoco, putrefazione, rifiuto, fossa ardente. La gehenna o inferno era una località desolata a sud-
ovest delle porte di Gerusalemme dove si gettavano i rifiuti della città, i cadaveri da bruciare, tristemente
famosa fin dal tempo di Ezechia per il culto di Moloch, e dove vi si bruciavano i bambini sgozzati per il
sacrificio agli idoli. Perciò rimase come allegoria per indicare lo stato e il punto cosmico di raccolta delle
anime perdute; allusione al possibile fallimento della sopravvivenza nell'oltretomba per taluni individui dopo
un più o meno lungo pernottare nell'aldilà la cui conclusione era il dissolversi e il riassorbimento dell'anima,
niente restando dell'essere personale cosciente. Essere gettato nella gehenna significava un effettivo
estinguersi come essere umano.
Nell'antico insegnamento tradizionale indù si parla di "due vie", lo scampare o il cadere nella seconda
morte.
L'estinzione della sostanza vitale cosmica è al dire di Plutarco, il caso di coloro che vissero attaccati alla
materialità, si identificarono con la vita degli istinti, delle passioni, senza mai alzare gli occhi in alto, senza
mai "svegliarsi". La classica concezione dell'Ade, luogo adibito alla sopravvivenza delle ombre", si può
allacciare a questo modo di vedere.
La "seconda morte" nel pensiero iniziatico significava per alcune personalità la liberazione nel senso che
lo svincolarsi dell'anima (dopo la morte corporale) diveniva la condizione per una effettiva trasfigurazione
immortalante, un "andare oltre", un "rinascere dall'alto" con l'integrazione dello "spirito".
E Plutarco chiamava coloro che partecipavano a tale glorioso destino "i vincitori" che meritano ed hanno
diritto alla "corona degli iniziati e dei trionfatori".
Nei testi orientali del "Libro tibetano dei morti" le prospettive dell'aldilà si presentano più complesse,
perché in essi sono richiesti all'anima determinati atteggiamenti e determinate azioni e reazioni. Se nei
processi di cui parla Plutarco lo svolgimento per la vittoria dello spirito è quasi automatico, nel Bardo
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Thòdol viene superato, almeno così sembra. Infatti si dà risalto alla capacità yogica di dissolvere il giuoco
fantasmagorico delle visioni e apparizioni che, secondo i tibetani, sono solo proiezioni o contenuti degli
strati più inconsci e profondi del proprio essere, incatenati pure all'una o all'altra potenza del Cosmo. Una
capacità di questa forza sviluppata in precedenti esercizi yoga quando l'individuo era in vita e ricordati dal
lama lettore funerario all'anima del morto determinerebbero una varietà di destini. Naturalmente con la
possibilità di beneficiare della più alta possibilità, cioè di una liberazione realmente immortalante,
corrispondente all'istante in cui dopo la morte all'anima si rivela la "pura chiara Luce" nella sua
trascendenza; tutto alle dipendenze del suo intrepido e attivo riuscire a identificarsi con questa "Luce".
Secondo lo schema salvifico di Plutarco, ciò equivarrebbe a quello sforzo personale e iniziatico che consente
di integrarsi allo "spirito" nella sua genuina origine nell'istante in cui lo "spirito" si scioglie dal complesso
"anima" o, con altre parole, nel momento in cui tale complesso cessa di offrirgli una pedana di lancio, ma
anche un'ultima zavorra.
Il "Libro egiziano dei morti" indica delle istruzioni per fare sfuggire il defunto alla "seconda morte", cioè
la definitiva separazione o dissociazione dell'anima dallo spirito, e le conseguenze disgregative per l'anima; il
metodo di questo libro consiste nel ricorrere a formule, cioè parole magiche e scongiuri, forniti come viatico
al defunto dalla guida funeraria che legge i capitoli del lungo rotolo di papiro. Mettendo poi con la mummia
nella tomba il Libro gli egizi credevano (naturalmente migliaia di anni or sono) di fornire più che un
talismano, un formulario che doveva leggere il defunto nei pericoli demoniaci dell'al di là, affermando così il
suo spirito solare.
Le concezioni cristiane per chi non è materialista, comportano la certezza dell'immortalità per qualsiasi
anima quale suo attributo connaturato conferito dal Creatore. L'immortalità in senso autocosciente è dovuta
all'imitazione di Cristo che si è unito all'anima di ognuno, per essere esatti, si è innestato nello spirito dei
cristiani con la sua incarnazione e dandoci il sigillo del battesimo. L'aldilà per la Chiesa viene considerato un
processo automatico nel senso che il passaggio al purgatorio, al paradiso o all'inferno, dipende dalla
moralità religiosa vissuta in vita. Anche il Cristianesimo parla di due morti, quella del corpo con la fuga
dell'anima nelle destinazioni meritate nell'aldilà, e la "seconda morte" dei reprobi, i non recuperabili.
Vi è pure la promessa della prima risurrezione dopo la morte fisica e la seconda risurrezione alla fine dei
tempi, quando avverrà il Giudizio finale. Il defunto è accudito dall'amore materno della Chiesa, degli amici e
dei parenti che pregano per lui. I Sacramenti e l'assistenza liturgica nell'agonia e dopo la morte, sono una
massiccia forza telepatica di fede, speranza e carità in suffragio al guadagno del Paradiso per questa creatura
che entra nell'Eternità.
L'Archeosofia con il suo Libro Cristiano dei Morti, oltre a dare una base dottrinale positiva sulla vita
postuma, offre i mezzi ascetici di preparazione per conseguire l'immortalità felice e la "corona della vittoria",
sottraendo il cristiano al pericolo della "seconda morte" decretata dalle Scritture per il Giudizio Universale;
ma viene in soccorso a coloro che potrebbero soccombere già alla "seconda morte immediata" senza
attendere la fine dei tempi. Questo concetto potrebbe riportarci all'antica opinione di Plutarco e delle scuole
misteriche già enunciata brevemente: il disincarnato, dopo un vagare e un espiare nell'aldilà, subirebbe una
seconda morte, la separazione dello spirito dall'anima che verrebbero riassorbiti ognuno dal proprio
elemento, scomparendo così la personalità del defunto. Cerchiamone gli indizi nel Nuovo Testamento e,
perché no, anche nell'Antico.
La rivelazione secondo Ezechiele, dice: "L'anima che pecca è lei che morrà" (Ez., 18: 4). Gesù poi dice
qualche cosa di più: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete
piuttosto colui che può fare perdere l'anima e il corpo nella Geenna" ( M t . , 10:28). Il Cristo non ha detto
sheol' o Ade, ma Geenna, che sono due allusioni diverse. Nell'Ade o sheol' l'anima sopravvive con lo spirito,
ma nella geenna l'anima mutilata dello spirito è destinata alla distruzione.
L'avvertimento del Salvatore non si riferisce al tempo futuro del Giudizio universale, ma indubbiamente
intende riferirsi alla "seconda morte" non escatologica e perciò immediata. Il concetto di separazione fra
anima e spirito è espresso da san Paolo nella lettera agli Ebrei quando scrive: "la parola di Dio è... più affilata
di una spada a due tagli, penetrante fino a dividere anima e spirito" (Ebr., 4:12).
La lettura del Libro Cristiano dei Morti a scopo di studio per chi è a conoscenza delle tradizioni egizie e
tibetane costituisce una informazione sulle utopie di costoro, anche se esse hanno dato un notevole
contributo alla ricerca della verità sul post mortem. Intendo dire che le loro concezioni di vincere la morte
nell'aldilà sono in gran parte illusorie, perché la legge del Karma (induisticamente) o di giustizia o
contrappasso o di causa ed effetto che poggia sulla morale assoluta, non si inganna. La truffa con Iddio che
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scruta i cuori (Sal., 17:3) è speranza vana. Se bastasse al malfattore, allo spergiuro, al fornicatore, atteggiarsi
nell'aldilà a mago onnipotente per essere assolto dai peccati ed entrare nella Luce divina, allora tutti i codici
di morale si potrebbero gettare nel fuoco.
Fra le madornalità dei testi funerari egizi e tibetani non manca l'atteggiamento titanico di ritenersi Dio,
negando la realtà degli dèi, esercitando un illusorio abuso di potere spirituale. E questo falso e assurdo modo
di vedere, egizio e tibetano, fece scrivere a un autore di Ermetismo e di Tantrismo, assai a digiuno di
Cristianesimo, che, a Eleusi si poteva egregiamente sostenere che un bandito o malfattore, se iniziato ai
Misteri poteva partecipare all'immortalità e alla beatitudine che comporta la vittoria sulla "seconda morte",
mentre un Epaminonda e un Agesilao, non iniziati sarebbero andati a finire dopo la morte nell'immondezzaio
dei comuni mortali o la biblica geenna. La logica illogica di quel tale autore, arrivò a tal punto di dire che un
bandito, Agesilao ed Epaminonda, se ci fossero oggi, e dovessero essere sottoposti ad una scarica elettrica ad
alta tensione, resterebbero fulminati tutti e tre, indipendentemente dalla virtù o dal vizio. Una trovata che non
saprei proprio come abbia potuto essere formulata dal momento che la materia organica di un corpo umano
di virtuoso o no è soggetta alle leggi della fisica, di cui i fenomeni elettrici fanno parte. Ma l'individuo vero,
quello che Plutarco riteneva giustamente composto di corpo, anima e spirito, è soggetto ad altre leggi,
diciamole metafisiche per cui la folgorazione animica e la sua seconda morte sono valide solo per l'immorale
irriducibile che vuole ignorare i diritti di Dio o non li considera neppure. Per l'altro, per il puro di cuore, il
giusto, l'innamorato di Dio, non vi sono scariche distruttive metafisiche, ma la vita eterna nel Regno di Dio.
E’ naturale che con questi ragionamenti non intendo fare una demolizione dei metodi di "risveglio" e
rigenerazione animica derivati dall'Ermetismo e dall'Alchimia e dallo Yoga. No! Assolutamente no! Anche
queste vie hanno del buono da utilizzare, purché non siano percorse in assoluto. Di esse si deve prendere ciò
che serve ed è coerente con la via del Cristo, anche se già all'inizio della missione del Salvatore questi
metodi erano il patrimonio comune di molti santi Padri e asceti della Chiesa nascente ed essendo
parzialmente arrivati fino a noi, Archeosofica li ha riscoperti.
Però quando sento che i giovani in generale non si curano di analizzare l'insegnamento cristiano e si
avviano verso i falsi profeti di dottrine inconsistenti, ne rimango addolorato. Cercare la salvezza fuori di
Cristo è la più grande sciagura che possa capitare a un essere umano.
1 Le Bardo Thòdol Livre des morts tibetain - Ed. Adrien Maisonneuve, Paris 1933. Trad. Lama Kazi Dawa Samdup. Edito da W. Y.
Evans-Wentz.
2 Plutarco di Cheronea (Beozia) n. ivi tra il 46 e il 50 d.C. e m. a Cheronea fra il 120 e il 127 ove fu arconte e sacerdote delfico.
Uomo di grande ingegno e preparazione spirituale. Soggiornò a lungo a Roma. Dottissimo e versatile. Rimangono sotto il suo nome
una ottantina di scritti.
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1
Tommaso Palamidessi - RISVEGLIO E SVILUPPO DEI CENTRI DI FORZA - Quaderno 15° di Archeosofia.
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1
Proverbi, 11:18; Gal., 6:8; Giov., 4:36.
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Chi è dominato dalle passioni terrene, rimane vincolato all'ambiente in cui visse, e questo accade per un
periodo ora breve, ora lungo. Se poi è privo di sonno rigeneratore, allora continua nell'illusione o auto
suggestione di credersi uomo o donna (a seconda dei sessi) fra i viventi, malgrado preda di un incubo, di un
curioso sogno che può anche farne degli spiriti infestatori e disturbatori.
I morti imparano presto l'illusione di conversare con altri come loro perché vige la telepatia. Fra le altre
proprietà del mondo soprasensibile non manca la facoltà di percepire, vedere simultaneamente gli oggetti in
tutti i sensi, internamente ed esternamente. E’ l'effetto della nuova dimensione. In agonia un parente può
essere visto per trasparenza, sia che si trovi lontano o vicino in un'altra stanza. Si accorgono pure che si
possono trasferire in un attimo da un luogo all'altro, senza limite di distanze. Così, con un solo atto di
volontà. Questo consente di passeggiare e sorvolare a poca o molta distanza dal suolo fluidico.
Nel dopo morte il volto e il corpo assumono la bellezza o la bruttezza dello stato interiore. Nei mondi di
dura prova (inferno) le anime assumono aspetti mostruosi, ributtanti, paurosi per l'instabilità ed elasticità
fluidica del loro corpo che risente di tutte le emozioni, rimorsi e stati angosciosi prodotti dalla vista del luogo
e degli altri defunti affini e delle potenze sataniche.
I disincarnati per stare insieme devono avere delle affinità evolutive, mentalità, moralità e missioni da
compiere insieme. Il ritrovarsi è possibile, ma il restare insieme dipende dallo stato identico di dannazione o
salvifico.
Gli spiriti affermano che nel loro mondo spirituale la condizione generale è che gli spiriti inferiori non
possono vedere le entità ad essi superiori. Questo a causa del diverso modo di vibrare dei loro corpi eterei.
Occorre la sintonia per vedersi e comunicare. Vi sono delle rare eccezioni permesse o volute da Dio che
vigila con la sua provvidenza su tutte le anime, le perfette e le imperfette.
Quando si trovano in preda a incertezze, solitudine, perplessità, confusione per qualsiasi motivo, allora
questi defunti percepiscono una voce che giunge da lontano e li consiglia come uscire da quella situazione;
voce proveniente da un parente, amico, l'angelo custode buono, il santo protettore o la voce stessa del
sacerdote che recita la Messa, prega per i morti o si tratta di colui o colei che legge il "Libro Cristiano dei
Morti". Costoro o uno di essi avendo percepito il pensiero dell'infelice, si affrettano ad aiutarlo secondo
l'impulso della carità universale.
In certi momenti appaiono delle luci che hanno un ben preciso significato: luce bianca, turchina, gialla,
rossa, verde. Mancando la luce del giorno, del sole o della luna, il regno dei morti è un regno crepuscolare,
plumbeo, grigiastro che varia di tinta e luminescenza man mano che mutano gli stati di coscienza degli
abitanti.
Il morente nella crisi della morte vede il chiarore della Luce perpetua, ma per pochi istanti. Il riconoscerla
e fissarsi in essa è di pochi. Chi la riconosce e si fissa in questa luce è salvo. Se non riconosce questa, ve ne
sarà una seconda, ma meno splendente.
"Quindici minuti dopo, vale a dire alle 6,45 (sono sicuro dell'ora perché un orologio stava a me dinanzi
sullo stipo), mi accadde di volgere lo sguardo alla porta d'ingresso, e scorsi sulla soglia, sospese in aria, tre
nubecole distintissime disposte orizzontalmente, ciascuna delle quali appariva lunga circa quattro piedi, con
sei od otto pollici di volume. La più prossima al suolo ne distava circa due piedi; le altre seguivano ad
intervalli di circa sei pollici.
"Il mio primo pensiero fu che gli amici (e chiedo loro scusa di questo mio giudizio avventato) si fossero
posti a fumare al di là della soglia, in guisa che il fumo dei loro sigari penetrasse nella camera. Mi alzai di
scatto per rimproverarli, e trovai che sulla soglia della porta, nel corridoio e nella camera adiacenti non eravi
alcuno. Invaso da stupore, mi rivolsi a guardare le nubecole, le quali lentamente ma positivamente si
andavano approssimando al letto, fino a che lo avvilupparono completamente. Guardando attraverso a quella
nebulosa, mi avvidi che a lato della moribonda stava una figura di donna non più alta di tre piedi, trasparente,
ma in pari tempo risplendente di una luce dai riflessi dorati; e dall'aspetto a tal segno nobile e glorioso da non
esservi parole adeguate per descriverla. Indossava un costume greco, dalle maniche lunghe, larghe, spioventi,
e sopra il capo portava una corona. Quella figura rimaneva immobile come statua nello splendore della sua
bellezza, con le mani protese sopra il capo di mia moglie, e nell'attitudine di chi riceve un ospite dandogli il
benvenuto, lietamente e serenamente. Due figure biancovestite stavano genuflesse ai lati del letto,
sorvegliando amorosamente mia moglie, mentre altre forme più o meno distinte si libravano intorno al letto
stesso.
"Sovrastante a mia moglie, stava sospesa in posizione orizzontale una bianca forma ignuda, la quale era
vincolata al corpo di lei da un cordone che si riferiva al di sopra dell'occhio sinistro; quasi che si trattasse del
di lei "corpo astrale". In dati periodi la figura sovrastante rimaneva perfettamente immobile; quindi si
contraeva e diminuiva fino a ridursi a proporzioni minuscole, non superiori a diciotto pollici di lunghezza,
ma pur sempre conservando la forma esattissima di donna: capo perfetto, corpo perfetto, braccia e gambe
perfette. Quando il "corpo astrale" si contraeva e diminuiva, esso iniziava una lotta violenta, con agitazioni e
manovre degli arti, nell'intento evidente di divincolarsi e liberarsi dal corpo. E la lotta persisteva fino a
quando pareva esaurirsi; allora subentrava un periodo di calma; quindi il "corpo astrale" ricominciava ad
ingrandire, ma solo per diminuire nuovamente, e riprendere la lotta.
"Durante le ultime cinque ore di vita di mia moglie, io assistetti senza interruzione a tale stupefacente
visione; o, se visione non era, altri la definisca come meglio crede. Non vi era modo di farla dileguare ai miei
sguardi; se mi distraevo conversando con gli amici, se chiudevo le palpebre, se mi volgevo da un'altra parte,
quando tornavo a guardare il letto di morte, rivedevo integralmente la medesima visione. Nel corso di quelle
cinque ore io provavo uno strano senso di oppressione al capo e alle membra; sentivo le palpebre pesanti,
come quando si è presi dal sonno, e le sensazioni provate, unite al fatto della persistenza di quella visione, mi
facevano temere per la mia ragione; talché mi rivolgevo sovente al dottore curante, dicendogli: - Dottore, io
divengo pazzo.
"Finalmente giunse l'ora fatale. Dopo un ultimo spasimo, la moribonda cessò di respirare, e
simultaneamente io vidi la «forma astrale» raddoppiare di sforzi per liberarsi. Apparentemente mia moglie
sembrava morta; ma pochi secondi dopo essa riprese a respirare, e così avvenne per due o tre volte; quindi
tutto fu finito. Con l'ultimo respiro e l'ultimo spasimo, il cordone fluidico che la vincolava al «corpo astrale»
si spezzò, e il «corpo astrale» si dileguò alla mia vista. Anche le altre forme spirituali, nonché la nebulosità
da cui l'ambiente era invaso, svanirono subitamente; e strano a dirsi, anche l'oppressione di cui soffrivo,
svanì come per incanto, e tornai a sentirmi quale fui sempre: calmo, misurato, risoluto; dimodoché fui in
grado d'impartire ordini e dirigere le preparazioni pietose consigliate dalle circostanze.
"Io lascio i lettori liberi di giudicare se effettivamente io mi trovassi in preda a un accesso allucinatorio
determinato dall'ansietà, dal dolore e dalla stanchezza, o se, per avventura, non fosse a me concesso di
scorgere un lembo dell'esistenza spirituale con la sua pace, la sua felicità e la sua bellezza."
Il dott. Renz, testimone dei fatti, scrive una lunga lettera di conferma, dalla quale stralcio questo brano:
"Non appena l'inferma si spense, il Signor G., che per sei ore sedette immobile al capezzale di lei, si alzò
ed impartì gli ordini per la circostanza con espressione siffattamente calma da uomo d'affari che i presenti ne
rimasero sorpresi. Qualora pertanto egli avesse sottostato per cinque ore ad un accesso allucinatorio, la sua
mente non sarebbe tornata chiara e normale da un istante all'altro. Sono ora trascorsi diciassette giorni dalla
morte della di lui consorte e dalla visione avuta, e il signor G., continua a dimostrarsi perfettamente sano e
normale di corpo e di mente..." (Firmato: Dottore curante C. Renz.).
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Casi di questo tipo ve ne sono molti, perché il fenomeno di sdoppiamento nei morenti è una legge della
natura, come rientra nella legge della natura la chiaroveggenza di ciò che accade oltre le frontiere del mondo
fisico dei viventi.
[Esiste una vasta bibliografia sul fenomeno definito NDE – Near Death Experience.
Ecco alcune pubblicazioni che possono essere trovate facilmente su Internet:
medicina, della psicologia, dei fatti storici e nella guida spirituale dei morenti e dei defunti durante i quaranta
giorni di viaggio ultraterreno nei quali si decideva il destino delle anime. Questa tradizione tenuta segreta,
malgrado la distruzione di importantissimi documenti, è pervenuta a noi ed è per questo che ne diamo
notizia.
L'astrologia degli Iniziati alla Sapienza(3) fa conoscere che il decesso è determinato dalle influenze dei
pianeti in movimento e che ogni azione è regolata dalla saggezza divina mediante le cause seconde, ovvero
gli astri. Chi è esperto di studi astrologici ed è dotato di facoltà extrasensoriali non ha bisogno di essere
convinto, perché lo constata da sé. Perciò dall'istante della morte, gli astri, Dio e le potenze demoniache
operano e regolano l'esistenza postuma dell'anima pur sempre dotata di libero arbitrio relativo. Gli astri
continuano a influenzare come da vivo ne regolarono le attività biologiche e psichiche. Tuttavia, quanto
espongo non deve far credere (e cadere) nel fatalismo e nel determinismo, anche perché della vita dell'al
di là è dato conoscere assai poco fino a quando si è incarnati. Questo conoscere presuppone una speciale
grazia di Dio che rari uomini e donne di intensa vita interiore hanno avuto.
Ricordiamoci sempre che siamo liberi di fare o di non fare una cosa, ma inclinati dagli astri a un'azione
piuttosto che a una diversa, perché abbiamo acquisito delle predisposizioni.
Se durante l'esistenza le influenze di vario genere (atmosferiche, cibi, provocazioni ambientali,
autosuggestioni e suggestioni, influssi planetari) ebbero la loro importanza, dopo la morte i corpi celesti
continuano la loro azione regolatrice e provvidenziale sul corpo sottile permanente, definito corpo
causale e questo sull'Io del trapassato. Non è esagerato dire che si possono fare, almeno per quanto
concerne la parte degli astri, delle previsioni relative, approssimate sulle vicende gioiose o terrificanti,
penose o felici dell’anima secondo la legge del contrappasso.
L'Astrologia indicherà all'istruttore che prega aiuta l'Io del defunto utilizzando il Libro Cristiano dei
Morti la situazione nell'al di là al 1°, 3°, 7°, 30° e 40° giorno di vita disincarnata.
L'astrologia per lungo tempo non è stata inferiore per importanza alla religione e alla sua teologia,
filosofia e mistica; fu nota ai primi Cristian colti, ma soffocata da coloro che temettero 1a tendenza delle
masse, come fu temuta la dottrina della reincarnazione: la tendenza al fatalismo e al lasciarsi andare. Finché
poco per volta scomparve ufficialmente con l'aiuto che si poteva dare al defunto oltre alle preghiere
liturgiche di suffragio. Dell'astrologia rimase per qualche tempo la devozione alla memoria dei tre Magi
venuti da lontano a cercare il Salvatore segnalato dai grandi fenomeni astronomici poi anche gli affreschi, i
mosaici e le basiliche dedicati a questi astrologi guidati dalla stella a Bethleemme sono stati dimenticati
come tante altre cose di grande importanza.
L'Archeosofia cerca di non perdere di vista niente che giovi alla conoscenza e alle tecniche di
rigenerazione interiore.
L'astrologia non poteva nascondere agli acuti osservatori del cielo e dei fenomeni umani psichici le
correlazioni fra i così detti giorni critici della Luna in aspetto ai pianeti ed il processo di distacco dell'anima
con i suoi veicoli energetici dal corpo che sono quelli stessi che la Chiesa definisce i giorni esequiali: 1, 3, 7,
30 e 40°. Ma per ora basta così. Riprenderemo; l'argomento.
Il terzo motivo, oltre a quello simbolico-analogico e astrologico è ai fini di stabilire perché furono stabiliti
per la liturgia dei morti i suddetti giorni, scaturisce da una esplorazione di ciò che nel morente e trapassato
poi, accade nella sua intima, segreta struttura psico-somatica e spirituale. Per intenderci il lettore avrebbe
dovuto conoscere ciò che è stato scritto in una speciale monografia(4). Esplorazioni di questo tipo o
psicoscopia dell'uomo vivo e di quello morto richiedono speciali attitudini alle percezioni extrasensoriali che
hanno avuto alcuni santi cristiani e certi individui allenati nelle ascetiche di tipo yoga e alchemico;
esperienze eccezionali che dimostrano l'esistenza nella persona umana di svariati corpi sottili (corpo eterico-
corpo emozionale, corpo mentale, corpo causale che racchiude la parte vera e immortale, quale l'eros, l'anima
patetica o emotiva e lo spirito), dissociabili dal corpo fisico e vitalità, momentaneamente senza rottura come
nel caso dello sdoppiamento o bilocazione nei così detti viaggi in astrale.
1 De obitu Theodosii, 3. P.L. XVI, col. 1386: "Alii tertium diem et trigesimum, alii septimum et quadragesimum observare
consueverunt".
2 Tommaso Palamidessi - COME SDOPPIARSI E VIAGGIARE NEI MONDI SOPRASENSIBILI - Quaderno 6° di Archeosofia.
3 Tommaso Palamidessi - L'ASTROLOGIA DEGLI INIZIATI ALLA SAPIENZA - (inedito).
4 Tommaso Palamidessi - LA COSTITUZIONE OCCULTA DELL’UOMO E DELLA DONNA – Quaderno n° 8 di Archeosofia.
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LO STATO CREPUSCOLARE
DEL DOPO MORTE
Dal momento della morte fino allo scadere di tre giorni e mezzo o quattro, il principio cosciente, cioè l'Io
(detto genericamente "anima") delle persone comuni, rimane in uno stato di sonno o di trance, senza sapere
dell'avvenuta separazione dal mondo umano per la compiuta dissociazione o sdoppiamento definitivo dal
corpo. Questo periodo è il primo stato crepuscolare ed è uno stato transitorio. In questo stato risplende, solo
per qualche momento, la Luce perpetua nel suo puro risplendere primordiale, perché Dio non abbandona mai
la coscienza delle sue creature, neppure quando vanno a finire nelle più basse sfere di espiazione, dette
l'Inferno.
Se l'arrivato nel nuovo ambiente non sa riconoscere questa chiara, increata Luce, vuol dire che in vita non
condusse un'esistenza di preghiera, di fervore religioso e carità e non ha sperimentato i primi anticipi della
visione divina, o non ha il cuore abbastanza puro e la vista spirituale per simile riconoscimento. Sarà un vero
guaio perché il defunto deve riconoscere non solo questa Luce cristica, ma si deve fissare in essa onde
mantenersi nello spirito trascendentale.
Fallita questa occasione, rimane il secondo aspetto, la seconda luce oscurata dalla legge di compensazione
conforme al destino che il trapassato si è preparato con i suoi pensieri, parole e azioni. Termina così il primo
stato crepuscolare o passaggio da uno stato all'altro e da un luogo all'altro. Il defunto comprende di essere
morto, e sperimenta il secondo stato crepuscolare o condizione transitoria della realtà. Il secondo stato si
fonde al terzo che chiameremo lo stato crepuscolare della ricerca della rinascita o diàbasi della rinascita.
Per diàbasi s'intende il passaggio da un luogo o da uno stato all'altro della vita post-mortem.
Il terzo stato termina quando l'anima è nata nel mondo umano o in un altro mondo.
Il passaggio da uno stato crepuscolare all'altro è paragonabile al processo usuale della nascita. Scrive con
ragione san Gregorio Nisseno, fratello di altri due santi, Basilio il Grande e Macrina, in De mortuis, che
l'anima uscendo dalla vita terrena per entrare nell'al di là, è simile al neonato quando esce dal seno materno e
piange. La morte, dice san Gregorio, è un parto che ci introduce in una novella vita; è l'ultimo stadio di un
processo evolutivo del quale erano tappe il transito dalla vita nel seno della madre all'infanzia, dall'infanzia
all'adolescenza (546 B).
Il disincarnato si sveglia e passa da uno stato di svenimento o di trance e di ansia tutta speciale all'altro
fino al termine del terzo stato crepuscolare già accennato. Al risveglio dal secondo stato intermedio o
diàbasi, il defunto vede altre anime vere ed anche persone e situazioni allucinatorie, simboliche, allegoriche
create dal potere creativo e rappresentativo della mente spirituale per i pensieri e le azioni compiute quando
era sulla terra. Tutto ciò che avrà pensato, tutto ciò che avrà fatto, qui, nello stato crepuscolare, diventa
oggettivo: amici, nemici, parenti, oggetti, località, azioni cattive, azioni buone costituiranno una visione
panoramica di grande effetto. Dal cuore scaturiranno le visioni benevole e dal cervello le visioni malevole e
aggressive. Il defunto dovrà capire ciò che è immagine illusoria e ciò che veramente è. Qui fra i viventi
quando si sogna le trame perdono valore di realtà quando apriamo gli occhi, ma nello stato della diàbasi,
nell'al di là non è più il paragone fra il sognare e lo stare svegli.
Nel terzo stato dell'esistenza crepuscolare il defunto rimane ancora illuso di avere un corpo fisico vivo, di
carne, per un periodo più o meno lungo, salvo rendersi conto di come stanno i fatti in seguito
all'avvertimento di uno spirito-guida. Il trapassato, dal momento che si rende conto di essere privo di corpo
fisico, allora prova un forte desiderio di averne uno; egli lo cercherà per istinto fra quelli che sono più affini
al suo grado evolutivo morale e mentale. Sicché in questo terzo stato si cerca la rinascita, cioè la
reincarnazione che si conclude con il rinascere sulla terra o in altro mondo.
Il Signore è venuto ed ha volontariamente subito la passione per abolire la reincarnazione a patto di
imitarlo, seguirlo in una sola vita, ma difettando questa nostra adesione e imitazione a Lui ne consegue che
dobbiamo espiare, a seconda delle necessità, in uno dei mondi dell'al di là e in questo dove abbiamo
commesso le cattive azioni.
Chi vuole può estinguere in una sola vita i suoi debiti e non tornare più sulla terra, eccetto che per una
missione di carità.
Ciò che ogni individuo pensa, egli lo diventa sia nel presente quanto in futuro, perché i pensieri sono la
sorgente di ogni azione buona o cattiva. Vi è in ognuno di noi un potere creativo della mente, un temibile
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potere creativo non sempre cosciente a causa del quale nella vita postuma può creare dei fantasmi pacifici o
adirati e crederci.
I meritevoli in transito nel mondo crepuscolare non appena respingono il loro corpo considerandolo terra
che è tornato alla terra, possono passare in un mondo paradisiaco o tornare come persone sulla terra
immediatamente dopo la morte, senza perdere la continuità di coscienza per svolgere un lavoro apostolico
conforme alla volontà di Gesù.
E stato usato spesso il termine crepuscolare, avremmo dovuto chiarirlo subito: gli stati crepuscolari sono
transitori e caratterizzati da un restringimento del campo della coscienza pur conservando un'attività
relativamente coordinata. E uno stato di confusione mentale e obnubilazione della coscienza. Il vivente
quando muore entra nello stato crepuscolare. Il vocabolo crepuscolo ricorda l'ora del crepuscolo quando ogni
cosa assume l'aspetto tenue, incerto, dai contorni non precisi, malinconici.
Il defunto è soggetto a tutte le illusioni dell'al di là per la nota legge di causa ed effetto la cui dialettica è il
fulcro dei pensieri, delle parole e delle azioni, misera o felice a seconda dei casi.
Quando il Magistero della Chiesa afferma che la salvezza o la dannazione viene fissata quando si è nel
pieno possesso delle facoltà mentali, da vivi, perché dopo la morte non c'è più tempo, tutto è fissato in modo
irreversibile, la Chiesa dice una grande verità, sia pure con le eccezioni, dato che il Cristo non abbandona
mai nessuno. Il Mistero del Golgotha avviene ogni giorno sulle are sacrificali di tutto il mondo, là ove esiste
un sacerdote celebrante. La Chiesa ha ragione perché nello stato crepuscolare del peccatore l'al di là diventa
eternità o eterno presente dal quale è ben difficile che sappia sottrarsi se Iddio non gli manda uno spirito-
guida per illuminare la sua mente confusa e atterrita.
La lettura del "Libro Cristiano dei Morti" aiuta moltissimo, ma a patto che l'anima conosca quel
linguaggio, avendolo imparato in vita, diversamente non capirà e sprofonderà nello stato crepuscolare, dal
quale Dio solo può tirare fuori lo sciagurato.
Lo stato crepuscolare dell'anima trapassata deve essere superato con un grande sforzo personale, ma
sappiamo che il defunto arriva stremato di forze e deve aver imparato quando era ora una speciale scienza: il
discernimento degli spiriti(1)2.
L'apostolo san Giovanni avverte di stare attenti agli spiriti perché non è facile prestare credenza a
qualsiasi spirito, ma di osservare bene s'egli è da Dio oppure trae l'origine non buona da un'altra fonte,
avvelenata naturalmente (7 Giov., 4:1).
Il risveglio, la piena consapevolezza del proprio stato, il forte pentimento di non aver amato Dio e il
prossimo, e lo slancio postumo d'amore devono farsi sentire subito nell'agonia e continuare con un crescendo
parossistico al trapasso. Se non riesce a tanto e non risolve il suo stato entro 49-50 giorni di calendario
terreno la sua sorte è segnata. La sofferenza morale e fisica (dato che l'Io ha dei corpi sottili: eterico,
emozionale, mentale) può durare secoli e secoli. E questo l'orrore dell'Inferno e dei suoi carnefici.
Il mondo dei morti è peggio di un labirinto. Si fugge da un terrore per cadere in un altro orrore non solo
per espiare, ma per ignoranza, cioè mancanza di "discernimento degli spiriti". Quindi chi si libera da una
sfera probazione va a incagliarsi in un'altra fino a quando alla fine quell'anima disperata trova la via di
scampo (crede così) nel forte desiderio di un corpo, della terra, fino a reincarnarsi ove sconterà i suoi peccati
e ne commetterà altri (se non diventa discepola di Cristo) nell'inferno e purgatorio terrestre in seno alla
società organizzata purgatoriale e infernale.
Dio nella sua misericordia conceda a ognuno di noi la forza necessaria per superare noi stessi e
trasmutarci in amore assoluto verso la Trinità e il prossimo, liberandoci dalle sofferenze di questo e dell'altro
mondo, accogliendoci nella pace e nel gaudio senza fine.
L'assistenza materna della Chiesa sin da quando si è infermi e si riceve l'Estrema Unzione, il Viatico, le
preghiere assolutive in punto di morte e dopo, le Messe, la lettura del Libro Cristiano dei Morti, le preghiere
di requie degli amici e dei parenti, possono aiutare per implorare la misericordia di Dio e la Redenzione di
Cristo; possono aiutare a capire al più presto dove ci si trova e perché si è in quello stato crepuscolare, e
come uscirne. Tutto questo dipende dal grado di ricettività, di comprensione spirituale dello scomparso.
Quella massima antica "aiutati che il cielo ti aiuta" è valida da vivi e da morti; da vivi è possente, da morti è
debole debole.
In altri tempi quando lasciavo utilizzare la mia medianità giovanile per la manifestazione di entità
disincarnate, e per i miei esercizi ero in grado di non perdere coscienza, ma ero in grado di osservare ciò che
1
Tommaso Palamidessi - IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI, ANALISI DEGLI AIUTI E DELLE INSIDIE DURANTE L'ASCESI.
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accadeva oltre le frontiere della materia, ho semi-incarnato delle anime disperate che, dopo anni di
permanenza nello stato crepuscolare, ancora non avevano capito di essere decedute. In simili frangenti i
testimoni dell'esperienza aiutavano il disincarnato tutte le volte che tornava fra noi per fargli capire come
stavano le cose, di prendere coscienza del nuovo stato e pregare Dio, i Santi perché lo togliessero da quelle
sofferenze.
Ricordo che durante una di queste drammatiche esperienze nelle quali anch'io come medium cosciente
soffrivo parecchio (vi dirò perché soffrivo), venne un fante caduto in un attacco alla baionetta sull'altipiano
della Bainsizza il 17 agosto 1917. Bene. La sperimentazione medianica a scopo educativo spirituale fu fatta
nel 1940. Da quel fatale anno 1917 erano passati ben 23 anni. Ebbene, quell'infelice gridava, gemeva, si
teneva le viscere squarciate dalla baionetta, bestemmiava, chiamava aiuto, senza poter capire che l'episodio
era un fatto di un lontano passato. Povero Pietro! Aveva diciotto anni quando perdette la vita per la Patria
senza avere la stoffa dell'eroe e del cristiano.
Per tutto il tempo della manifestazione io ero preso da acuti dolori addominali, provavo una sensazione di
bruciore e dolore lancinante, sentivo colare il sangue e provavo una sete tremenda. Ma cessavano cinque o
dieci minuti dopo l'interruzione del fenomeno.
Come andò a finire? Sia pure con tanta fatica, gli assistenti riuscirono a convincere e risvegliare quel
povero ragazzo dallo stato di autosuggestione post-mortem che si rese conto del suo stato illusorio. Tornò
ancora due volte pieno di serenità con espressioni caritative e religiose, poi non si fece più vivo.
In una di queste sedute cercai di vedere quel mondo crepuscolare dove si trovava l'infelice. Era una landa
abbandonata dove lui, il morto, non aveva niente altro che i sintomi dolorifici. Giaceva rotolandosi ancora
incapsulato dal suo corpo eterico lacerato nella regione intestinale e portava ancora l'appendice di filo
argenteo, quello che collega al corpo fisico durante la vita. Eppure avrebbe dovuto avere già da un pezzo
l'abbandono dei diversi cadaveri, tali essendo i corpi sottili, una volta lasciati nel loro elemento. Ma questo
non fu possibile per la cementazione operata dal nullo discernimento del ragazzo.
Il processo evolutivo morale, la riconciliazione con Dio, è solo possibile se l'anima presa dal rimorso e da
un ardente amore per il Cristo e per coloro che fece soffrire, supplicherà la Madre di Misericordia, la Trinità
SS., gli Apostoli, san Giuseppe, l'Arcangelo san Michele e tutti gli Angeli e santi e sante del Paradiso, li
supplicherà di aiutarlo a ritrovare in quel mondo le persone che offese, per riparare con slanci di amore e
umiltà. Se però queste persone fossero tornate sulla terra a espiare i loro debiti, allora la grazia divina lo
aiuterà a ritrovarle alla successiva reincarnazione.
San Paolo ai Romani (13:8), scrive: "... non abbiate altro debito se non l'amarvi gli uni gli altri". Gesù ha
detto: "Se dunque stai per presentare la tua offerta all'altare e là ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa
contro di te, lascia la tua offerta là, davanti all'altare, e vai prima a riconciliarti con il tuo fratello, e allora
verrai a presentare la tua offerta". Riflettiamo su queste parole valide per i vivi ed i trapassati.
Gesù ha pure detto: "Mettiti d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, affinché il tuo
avversario non ti consegni al giudice, e il giudice all'esecutore, e tu non sia gettato in prigione. In verità ti
dico: non uscirai di là finché non avrai restituito l'ultimo soldo" (Matteo, 5: 23-26).
L'efficacia del "Libro Cristiano dei Morti" può essere positiva prima che si cada nella sfera infernale, cioè
entro i 49-50 giorni, tempo necessario per lo svolgimento del Giudizio immediato. Uscire dall'Inferno ed
anche dallo stesso purgatorio non è facile. Gli aiuti telepatici, le esortazioni, le preghiere liturgiche avranno
poca presa se Dio nella persona di Gesù Cristo non interverrà con la chiamata salvifica nella notte fonda
sinistramente illuminata dai bagliori demoniaci.
"Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi", ha scritto nella I Timoteo 2,4. Ma il dannato saprà gridare dal
profondo dell'abisso come il pietoso ladrone sulla croce: "Signore Gesù, ricordati di me, giunto che sarai nel
tuo regno" (Luca, 23:42). Quel ladrone che dobbiamo ricordare chiamandolo "santo", non disse soltanto -
ricordati di me -, egli difese Gesù in croce contro le invettive dell'altro condannato a morte che,
bestemmiandolo, così disse: "Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi". E l'altro, il buono, il convertito che
aveva compiuto gli stessi reati, rispondeva sgridando e dicendo: “Nemmeno tu temi Iddio, trovandoti nello
stesso supplizio? E noi certo con giustizia, perché riceviamo quel che era dovuto alle nostre azioni: ma questi
non ha fatto nulla di male”. E diceva a Gesù: “Signore, ricordati di me, giunto che sarai nel tuo regno”. E
Gesù gli disse: “In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso". Due condannati per identici reati. Uno è
capace di ravvedimento, di pietà e umiltà e fede; l'altro, niente di tutto questo. Il primo è salvato il secondo
abbandonato al suo destino.
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Un pazzo, malgrado le cure del medico, non sempre ritrova sé stesso, ma continua a smaniare,
contorcersi, piangere, inveire e soffrire nel suo mondo interiore di illusioni e di ossessioni, persiste nel suo
stato crepuscolare sino alla fine dei suoi giorni.
Quale sciagura morire ostinati nell'errore, nell'orgoglio, nell'odio e tali restare al di là della vita!
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I DESTINI DELL'INDIVIDUO
DISINCARNATO
La descrizione delle visioni che secondo il "Libro Cristiano dei Morti" appaiono all'anima disincarnata
durante lo stato intermedio che segue la morte, è folklore religioso cristiano tradizionale, è speculazione
filosofica, è teologia, è deduzione in base a una particolare osservazione dei fenomeni metapsichici connessi
con il processo della morte. Quindi la descrizione di tali visioni non è una finzione con tutta una serie di
sequenze scenografiche sul tipo del Bardo Thòdol o "Libro Tibetano dei Morti" o di quello similare egiziano
nei quali le visioni non sono legate all'apparizione di esseri sovrannaturali, come spiriti, dèi o geni veri, ma
sono riflessi di processi o proiezioni visibili, esperienze interiori, stati della mente, prodotti dallo yogi nella
fase creativa della meditazione. Il Libro Cristiano dei Morti è ben altro che finzione, è una realtà, magari
approssimativa, ma una descrizione reale di situazioni vere, cioè reali. Non di certo il risultato di un lungo
allenamento durato tutta la vita, utilizzando i metodi di concentrazione ed esercizio della visione creativa
che, al momento in cui l'addestrato muore, utilizzerà nello stato di pensiero libero dal corpo, quando il
suggeritore gli leggerà i passi del testo funerario per ricordargli e fargli riaffiorare alla mente le forme
luminose che aveva creato per visualizzazione da vivo, in maniera di essere come in un cerchio magico, in
una scenografia religiosa dal di là, incantata che lo proteggerà dagli spaventi della morte e dal rischio di
sprofondare negli stati inferiori dell'esistenza, richiamando alla sua mente già allenata all'autosuggestione o
autoipnosi ciò che è elevante, nobile e illuminante.
Il richiamo dei simboli interiori e delle forze spirituali costruiti ante mortem è il più profondo significato
dell'espressione tibetana thó-dol o "liberazione attraverso l'udito". Soltanto chi ha orecchie per udire, ovvero
chi si è preparato in tempo per il richiamo della liberazione rendendosi ricettivo a questo richiamo
addestrando all'ascolto i suoi organi interni, è nella potestà di rispondere alla chiamata e seguirlo. Soltanto
chi ha aperto l'orecchio e l'occhio interiori può udire i suoni, le voci e vedere le visioni redentrici. Mentre,
invece, coloro che non hanno mai sviluppato la facoltà dell'ascolto interno, e neppure quella della visione
interiore, non potranno trarre alcun vantaggio soltanto ascoltando la recitazione del Bardo Thòdol.
Il testo in argomento specifica: "Coloro che hanno meditato sulla Grande Perfezione vedranno la luce
chiara ed otterranno l'illuminazione nel momento della morte, realizzando lo stato di liberazione nel
Dharmakàya, quindi non hanno bisogno della recitazione di questo Thòdol". Ma noi diciamo che la
liberazione non si ottiene creando delle immagini illusorie dell'al di là e guardandole come delle
allucinazioni che appaiono appena all'orecchio il suggeritore leggendo il libro gliele ricorda, come una
lezione precedentemente imparata a memoria che riaffiora alla prima frase similare del suggeritore. La
liberazione dagli stati purgatoriali e infernali si ottiene purgando la coscienza di tutto ciò che non è Sapienza
e Amore di Dio, e meditando da vivi sulle verità del dopo morte, cercando di continuare la pratica ascetica
del perfetto discepolo di Cristo nel periodo di permanenza nello stato intermedio, aiutati dalla carità del
suggeritore che ricorderà come fa il suggeritore con l'attore teatrale, le preghiere che deve dire, la
concentrazione mentale che deve esercitare, l'atteggiamento di perfetta adesione a colui che discese dal cielo
e venne a sacrificarsi sulla terra per la redenzione dei suoi imitatori. Perciò, lo ripetiamo ancora, le istruzioni
del "Libro Cristiano dei Morti", sono istruzioni di come comportarsi davanti al Giudizio immediato di Dio
per essere perdonati e assolti, istruzioni che l'asceta capirà bene, avendole studiate e praticate in vita, mentre
chi non ha vissuto l'ascetica, avrà un aiuto a orientarsi perché i suggerimenti non saranno diversi dalla realtà
che il defunto vedrà faccia a faccia.
Il Libro Cristiano dei Morti è prima di tutto un libro per i viventi con istruzioni valide per i viventi,
chiarite dai quaderni di "Archeosofia"; un libro destinato buono per prepararli non solo ad affrontare i
pericoli della morte, per avere l'opportunità di usare le grandi facoltà e possibilità che hanno in sé stessi nel
momento di abbandonare il corpo alla dissoluzione, ma anche per una migliore rinascita o addirittura la
liberazione definitiva.
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Ritengo far cosa gradita narrando lo svolgimento di una interessante esperienza che mi capitò anni or
sono in occasione della veglia funebre del mio carissimo amico e confratello archeosofo, il Prof. Renzo
Bernardini di Pisa, nella chiesa della Misericordia in Pisa, mia città natale.
I lettori sapranno che il Bernardini fu un attivissimo archeosofo che diede vita in Pisa a un centro di studi
e di esperienze mistiche e iniziatiche, secondo la programmazione archeosofica cristiana.
Già padre di famiglia esemplare, con un passato di grandi sofferenze fisiche e morali dovute alla prigionia
di Guerra, dedicò gli ultimi anni della sua esistenza terrena, fin da quando abbracciò il mio ideale, a una
intensa vita interiore assieme a parenti e amici con i quali si isolava in montagna per pregare e meditare ai
fini di aderire alla volontà di Dio.
Renzo Bernardini univa la vita liturgica della Chiesa Cattolica alla sperimentazione archeosofica per
ottenere quella trasmutazione interiore che predispone alla grazia santificante.
Nato a Pisa il 30 marzo 1923 alle ore 16, il 3 aprile 1973 fra le ore 21,30-22 decedeva in Roma al
Policlinico pochi minuti dopo un ricovero di urgenza per una pericardite letale.
Arrivato da Pisa il lunedì del 2 aprile 1973 per venirmi a trovare per curarsi, moriva il giorno dopo,
malgrado tutte le cure e l'assistenza medica prodigategli da parte mia, di mia moglie e di Nella, sua moglie.
Iniziato all'Ordine Iniziatico Loto+Croce qui a Roma, a Roma tornava per morire e rinascere nel Regno di
Dio, e ripartiva nella bara per essere sepolto nella nostra città toscana dopo i grandi riti esequiali della Madre
Chiesa.
L'esperienza che mi accingo a raccontarvi avvenne dalla mezzanotte alle 4 del mattino dal 5 al 6 aprile.
Disposti attorno alla bara scoperta con il mio Discepolo in dormizione, eravamo in sette fra amici e
parenti. Iniziai quindi le preghiere funebri e la recitazione dei passi del Libro Cristiano dei Morti
limitandomi a quanto ritenevo opportuno, considerato che Renzo Bernardini era vissuto da buon cristiano,
comunicandosi sovente e intensificando la pratica ascetica non solo perché aveva capito il messaggio di
Cristo, ma anche perché sapeva di dover vivere soltanto cinquant'anni.
Proseguendo nella guida post mortem di Renzo, smisi di parlare e decisi di entrare, sperando di riuscirci,
in quel mondo ove il nostro confratello era già penetrato. Ritmai per qualche tempo il respiro, feci
l'astrazione mentale e protesi tutto il mio essere verso l'altra dimensione. Mi si fece tutto buio fitto, poi una
luce tenue diffusa, poi ancora vidi una strana città di notte, strade fangose e pozzanghere, fanali accesi un
poco ovunque, una lunga strada e viuzze collaterali strettissime, case alte d'aspetto freddo, austero e mucchi
di pietre qua e là. Vi erano dei passanti per lo più vestiti di nero che camminavano assorti, coppie che non si
rivolgevano la parola. Il loro camminare era curioso, dava l'impressione di uno scivolare, quasi volare senza
staccarsi di terra. Notai delle carrozze con cavalli. Malgrado questi abitanti la città dava l'impressione di un
cimitero. Questo luogo non mi ricordava alcuna località terrena vista in precedenza. Tuttavia non potevo fare
dei paragoni (li feci dopo, quando il fenomeno cessò) perché pur sentendomi estraneo, visitatore, avevo
perduto il senso dell'uomo che appartiene ad un altro mondo. Naturalmente rimasi sconcertato perché non
avevo trovato Renzo, ma proseguendo per quella lunga strada dissestata con pozzanghere come se da poco
fosse piovuto mi trovai di colpo a sbucare in una luce bianchissima con una scala larghissima e interminabile
che da terra saliva verso il cielo e nello sfondo un bagliore di luce dorata.
La scala di marmo che non era marmo per il suo candore aveva un via vai di persone vestite di manti
bianchi che salivano e scendevano ai margini di questa scala che aveva delle balaustre. Anche costoro non si
parlavano fra loro, ma erano assorti in sé stessi e sembravano sfiorare gli scalini. Non portavano ali, solo
tuniche bianche e mantelli. All'improvviso vidi all'inizio della scala, forse al settimo o nono gradino, Renzo
che saliva assai lentamente, gradino dopo gradino con grande fatica, lo vedevo di spalle, portava delle scarpe
nere e all'altezza delle caviglie pendeva il mantello bianco di lana ed il saio anch'esso bianco del
Loto+Croce. Alzai gli occhi e con stupore vidi il resto della figura tanto trasparente da sembrare di cristallo,
così trasparente che vedevo i diversi gradini della lunga scala che dava da pensare alla scala del paradiso. Ero
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talmente impressionato che non osai parlare, il mio sguardo andava ora ai suoi piedi, alle scarpe al pesante
passo, alla tunica e al mantello che lì era rovesciato mentre per la cassa era stato messo con la seta rossa
fuori.
Compresi che si era incamminato per la via di Dio, che aveva riconosciuto la Luce e saliva sempre più in
raccolta, umile preghiera. Indietreggiai e la visione così viva e indimenticabile si liquefece, si deformò e
cessò del tutto. "Possiamo andare - dissi ai confratelli - la veglia è stata fruttuosa".
Uscimmo dalla gelida camera mortuaria, altri restarono a vegliare. Quando fummo fuori raccontai
l'accaduto. Una consorella disse di non aver visto, né percepito nulla, ma gli altri due, Alessandro Benassai e
Francesco Barbella mi riferirono d'aver visto questa strana città di notte, illuminata da fanali e d'aver visto
l'inizio di una grande scala di marmo, ma niente altro. Non videro Renzo.
Il giorno dopo, venerdì 6 aprile di quell'anno 1973, alle ore 11 venne celebrata una Messa solenne con tre
sacerdoti e l'elogio del Parroco che mise in risalto le cristiane virtù del mio amato amico e Discepolo.
Durante la funzione liturgica ebbi qualche attimo di stanchezza, direi di deliquio, specie di trance. Mi
ricomparve la lunga scalinata con in cima sfolgorante di luce la figura di Renzo Bernardini, sorridente e
felice. Questa volta con il mantello rovesciato dalla parte rossa. Compresi che era salvo. Mi feci forza per
non far capire che avevo avuto questi pochi attimi di assenteismo fisico e di immersione nella visione.
Mi rimase il rammarico e me ne dolgo ancora oggi di non aver potuto vegliare l'amico a Roma dal
momento in cui spirò in poi. La fatalità volle privarmi, dopo essermi prodigato tanto per farlo sopravvivere,
che fossi assente per usare un atto di cortesia al medico curante accompagnandolo con mia figlia Silvestra al
suo domicilio.
Per mezz'ora di assenza non potei compiere il mio lavoro spirituale e di conforto al morente che ritrovai
nella camera di rianimazione con gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto ed un sorriso sulle labbra. Né fu concesso
di poter vegliare in preghiera accanto al defunto a causa di certi regolamenti anticristiani di quell'Ospedale.
Chissà, oltre all'opera di misericordia avrei potuto osservare il processo di separazione dell'uomo morto
dall'uomo vivo nell'Eternità e se sarebbe rimasto sveglio o si fosse addormentato come accade di consueto
alle persone dormienti da tre e mezzo a quattro giorni circa, prima di sperimentare lo stato intermedio o di
diàbasi. Renzo già il 6 aprile saliva la grande scalinata del cielo, come dire al terzo giorno dalla morte. Era
già sveglio sin dall'istante del trapasso? Oppure si era ridestato dal sonno riparatore nella notte dal 5 al 6
aprile? Domanda senza risposta, per ora.
Una ulteriore ricerca cosmoionica strumentale mi confermò in quei giorni che era arrivato al terzo Cielo
del Paradiso. Con la stessa metodologia cosmoionica Renzo mi aveva detto e lo svelò anche ad altri che
sarebbe deceduto a 50 anni, e così è stato.
La crisi della morte di Renzo Bernardini si svolse martedì 3 aprile; la sua lotta e sofferenza dovettero
essere notevoli. Sempre lucido, mi diceva che erano venuti a prenderlo, che sentiva di uscire e rientrare dal
corpo dalla parte superiore, dalla testa. Chiamava spesso la moglie e le diceva di stargli vicino perché da un
momento all'altro se ne andava. Io insistevo perché resistesse alla tendenza di dissociarsi, ma lui insisteva
che non c'era niente da fare, cercavano di tirarlo fuori dal corpo. Alla domanda chi fossero, non mi rispose.
Durante brevi momenti in cui la moglie era andata in cucina, mi disse: - Tommaso, prima di questa sera me
ne vado via per sempre. Poi riprese a pregare. In serata, prima di essere trasportato al pronto soccorso, ebbe
un lungo sonno, ma il medico lo interruppe. Renzo se ne dispiacque adducendo per motivi che stava tanto
bene. Purtroppo la sua fine non fu potuta vedere né da me né da mia moglie, né dalla di lui consorte, e non
sappiamo che cosa disse negli ultimi istanti. Comunque un fatto è certo: quest'uomo si era preparato in piena
consapevolezza e coraggio al gran viaggio senza ritorno.
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ESPERIENZA DELL'AUTORE
AVVENUTA IL 24 OTTOBRE 1967 DALLE ORE 24 ALLE 3 DEL 25
"Ricorreva la Festa di San Gabriele Arcangelo, e poiché dovevo scrivere un capitolo del mio volume Il
Libro Cristiano dei Morti, decisi di mettermi in contatto con chi poteva istruirmi veramente: il mio venerato
Maestro Alessandro, il Santo Vescovo di Gerusalemme, passato nella Gloria di Dio nel 250, martirizzato per
la Fede. Perciò scesi nella mia cripta con il proposito e la speranza di poter uscire dal mio corpo fisico e
compiere un successivo sdoppiamento dall'astrale nel mondo mentale. Mi sedetti su una sedia, mi liberai da
ogni fastidio dell'abbigliamento (cintura, orologio da polso, cravatta). Assunsi la posizione faraonica con i
piedi uniti, la spina dorsale eretta, le palme delle mani appoggiate sui retti anteriori delle gambe. Il tempietto
era debolmente illuminato da un lumino di cera. Cominciai a pregare Gesù, la Madonna, l'Angelo Custode, la
Comunione dei Santi e degli Iniziati di tutti i tempi, le anime dei defunti, e invocai l'assistenza della SS.
Trinità per essere difeso contro le forze oscure dell'aldilà.
Doveva essere poco più della mezzanotte. Chiusi gli occhi e cominciai l’iperpnea, cioè il rapido e
ininterrotto aspirare ed espirare a bocca chiusa attraverso le narici, con un ritmo fra aspirazione ed
espirazione di 120 respirazioni al minuto primo. Tenevo l'attenzione fissa sul plesso solare, e mi sembrava di
essere tutto in quel punto. Il mio sforzo intenzionale e di monoideazione era simile a chi, chiuso in un
sepolcro di pietra spinge il pesante coperchio per rovesciarlo ed uscire fuori. Poi cominciai a praticare
l’iperapnea, cioè la prolungata ritenzione del respiro, e volli, immaginai di uscire dal mio corpo. L'addome
mi sussultava, il cuore mi rimbalzava, poi mi sentii leggero, dilatato, smisurato, con una testa grande quanto
il mondo, leggero come privo di corpo fisico. Fluttuavo nel tempietto in stato d'imponderabilità.
Istintivamente mi guardai addosso e mi vidi luminoso, direi fosforescente, dal cuore si dipartiva un cono
fluidico che si prolungava in un cordone biancastro, argenteo. Lo volli seguire ocularmente, e lo vidi
terminare nel mio corpo che dormiva su una sedia con il capo reclinato sul petto. Mi osservai come se quel
corpo fosse stato di un altro. Respirava profondamente in maniera quasi impercettibile. Compresi che aveva
cessato l'iperapnea subito dopo la fuoriuscita in astrale, perché questo processo respiratorio era imposto dalla
mia volontà e non dalle esigenze dell'organismo.
Ogni cosa mi sembrava osservabile con occhi diversi, perché vedevo simultaneamente in tutte le
direzioni, tranne quando fissavo l'attenzione in una sola cosa. Vedevo i colonnati del mio tempio e il lumino
sull'altare. Pensai, perciò, che i morti devono pur vederci. In quell'istante vidi passare attraverso il mio corpo
fisico dormiente sulla sedia una sagoma di donna con un bambino per mano. Erano assorti in una muta
desolazione. Non dettero il più lieve segno di vedermi. Proseguivano per una bianca via simile alla neve fra
alberi senza foglie e sotto un cielo pesante, grigio.
Quel chiarore lunare si faceva sempre più insopportabile, e fui preso da un desiderio intenso di uscirne,
ma un orribile volto, un autentico mostro mi si presentò minaccioso. I suoi occhi gelidi mi fissavano con
l'immobilità del basilisco. I suoi colori mutavano tinta e la carne del suo viso ondeggiava con colori
verdastri, giallastri e rossigni. Allora chiamai qualcuno. Non ricordo bene chi, forse il Signore. Feci un segno
di croce, ed il mostruoso guardiano scomparve sostituito dal desolante paesaggio glaciale. Non ricordavo che
cosa ero venuto a fare in quel luogo, e mi ci volle uno sforzo considerevole. Mi venne in mente il Maestro
Alessandro, lo invocai senza che la situazione mutasse. Cercai di uscire da me stesso. Mi concentrai sulla
fronte, immaginando le operazioni per uscire. Ad un certo momento ebbi come un lampeggiamento in testa,
uno scoppio e mi trovai in un mondo bellissimo, saturo di luci dorate, di azzurro e di persone vestite di luce
che andavano e venivano a gruppi, e man mano che andavano lontano perdevano la forma umana e si
facevano colori cangianti. Sembravano delle stelle. In quell'istante fui abbagliato da un sole che divenne una
forma umana, e nel quale riconobbi il Maestro Alessandro con i suoi lunghi capelli, la sua barba fluente, gli
occhi ridenti color celeste.
- Figlio mio! Ti aspettavo, ero sicuro che saresti riuscito a uscire dal tuo terzo corpo. - Il Maestro parlava,
ma non udivo le sue parole, lo comprendevo da un rapido mutamento di colori. Il suo volto era un giuoco di
colori. La testa era in un'aura di oro fuso. Il dialogo era pieno, vivo, un dialogo telepatico che dava l'estasi e
la sensazione sublime di una totale immersione di una luce nella luce. - Guardati, tu non sei più nel mondo
astrale, il purgatorio, ma nel cielo in cui giunse da vivente Paolo di Tarso: il terzo cielo.- A queste parole vidi
in lontananza il mio corpo astrale che dormiva nella desolata regione, e vidi pure che da esso il tenue filo
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d'argento arrivava a me. Ebbi la sicurezza di essere uscito non solo dal corpo fisico, ma dall'eterico, poi
dall'astrale e di essere con il mio Ego nel mondo mentale superiore nella regione dei Maestri.
Vedevo arrivare degli individui mai conosciuti che si affollavano attorno al Maestro con riverenza e
amore. Intuivo in loro gli abitanti di quella regione felice preclusa ai mortali ancora lontani dalla perfezione
cristica. E quando se ne andarono mi affrettai a far domande al santo Vescovo, riferendomi alla vita postuma.
Risposte che poi alla meglio potei ricordare e scrivere, quando rientrai nel corpo.
Il ritorno sulla terra fu brusco. Esso avvenne fulmineo, e si verificò quando pensai con forza al mio corpo
fisico. Fu un precipitare da un'altezza come un sacco di sabbia. Aprii gli occhi e mi ritrovai seduto sulla
sedia, nella cripta con le giunture doloranti. Fino allora gli indolenzimenti del corpo forzato non si erano fatti
sentire. Ci volle il risveglio per capirli. Ritornai nel mio studio. L'orologio segnava le ore tre del mattino.
All'indomani riepilogai come segue le spiegazioni del mio Maestro del terzo cielo:
1°) I morti passano durante il travaglio preagonico attraverso il ricordo riassuntivo di tutte le vicende
della loro esistenza. Come suol dirsi hanno una visione panoramica di ciò che fecero di bene e di male
durante il soggiorno sulla terra. E’ la visione dello specchio.
2°) I defunti ignorano talora per qualche tempo, variabile da individuo a individuo, di essere morti.
Questa ignoranza in certe anime dura molto a lungo, e a lungo si protrae la sofferenza di voler fare e di non
poter agire, o di non poter essere ascoltati, mancando il corpo.
3°) I trapassati vengono visti in forma umana e affermano tutti di essersi ritrovati così sagomati, eccetto
quelli degli alti cieli.
4°) Nel momento del distacco dal corpo sono accolti dai loro familiari e amici che li precedettero nella
morte. Tale accoglienza già si delinea alcuni giorni prima del decesso, e ad intermittenza durante l'alternarsi
della crisi agonica.
5°) Essi passano, per la maggior parte, attraverso una fase di sonno riparatore più o meno lungo. Veri
svenimenti di tre giorni, tre giorni e mezzo ed anche più.
6°) I defunti che vissero in conformità alla morale di Gesù Cristo si ritrovano in un ambiente
confortevole, spirituale, radioso, fra canti, musiche, colori delicati in compagnia di altre anime affini. I
depravati e gli impreparati si riuniranno in un ambiente opprimente e tenebroso.
7°) Trovano un ambiente analogo a quello terreno, ma simile a un sogno, spiritualizzato.
8°) I deceduti, cioè le anime disincarnate, imparano che nel mondo spirituale il pensiero è una forza
creatrice con la quale uno spirito dimorante nel piano dell'energia astrale, può riprodurre attorno alla sua
persona l'ambiente dei suoi ricordi. Imparano per esperienza personale, o su spiegazione di parenti e spiriti
aiutatori. Appena pensano una cosa, questa appare e si concreta. Questo fenomeno è pericoloso per le
illusioni, gli inganni del potere creatore della mente. Il Santo è soggetto per breve tempo o niente del tutto a
questo giuoco, perché ha imparato durante la vita sulla terra a svuotarsi di tutto ciò che non è Dio.
9°) I morti apprendono molto presto l'illusione di conversare mediante le parole, perché capiscono fra di
loro con il linguaggio spirituale, cioè la trasmissione del pensiero.
10°) Riscontrano che la facoltà della visione spirituale li pone in condizione di percepire, vedere,
simultaneamente gli oggetti nel loro interno, attraverso di essi e da ogni lato. E’ questo il fenomeno delle
dimensioni superiori alla terza. La terza è quella dei viventi sulla terra. I morituri possono vedere nello stato
agonico un parente e per trasparenza ciò che accade nelle stanze accanto o in altra città lontana molti
chilometri. Lo stesso accade loro quando sono già trapassati. E’ un analogo fenomeno a quello dello
sdoppiamento nell'individuo non morto.
11°) Scoprono che loro stessi o altri spiriti possono trasportarsi istantaneamente da uno stato all'altro, da
una condizione all'altra o da un luogo all'altro, senza limitazione per le distanze. Tutto questo in virtù di un
atto di volontà. Ciò consente di passeggiare nel loro ambiente spirituale e anche di sorvolare a poca o molta
distanza dal suolo fluidico, che può anche essere, secondo i casi, la terra stessa.
12°) I defunti imparano a gravitare automaticamente e fatalmente come gli altri compagni che abitano in
quel mondo, verso la sfera spirituale che compete loro, per la forza ineluttabile della legge di affinità. Perciò
i malvagi si riuniscono ai malvagi e provano il disgusto e il terrore della presenza dei demoni. Viceversa
quelli migliori o perfetti, vengono attratti nella sfera che loro compete, fra persone amiche, simpatiche e alla
presenza degli angeli, dei santi, del santo protettore invocato in vita, lo spirito guida buono, ecc. Coloro che
sono avanzati godono della presenza della Vergine, del Cristo, degli Apostoli, degli Arcangeli. Nello stato
dopo la morte il sembiante assunto dal volto e dal corpo rispecchia la bellezza dell'anima, le sue virtù, e offre
piacere alle altre anime. Nei mondi di dura prova purificatrice ed espiatrice, le anime assumono aspetti
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mostruosi, ributtanti, paurosi per l'instabilità o elasticità fluidica del loro corpo che risente di tutte le
emozioni, rimorsi e stati angosciosi prodotti dalla visione del luogo, degli altri defunti affini e dalle gerarchie
sataniche. È certo, come mi disse il Maestro Alessandro, e come io stesso ho visto in questo e in altri viaggi
ultraterreni, che la Chiesa Cattolica nell'affermare che esistono il limbo, il purgatorio, l'inferno e il paradiso
ha detto il vero. [Il Limbo è stato dichiarato non esistente dalla Chiesa – da Papa Ratzinger - il 21 aprile
2007. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto i bimbi morti prima del battesimo e i feti abortiti! – N.d.R.].
13°) I defunti sono accolti dagli spiriti dei familiari e amici che intervengono per guidare i nuovi arrivati,
prima che per loro inizi il sonno riparatore, il periodo dell'incoscienza. E’ la pietà verso i nuovi defunti che
Gesù e Maria e Giuseppe eserciteranno, coadiuvati dagli Eletti nei momenti più necessari. L'aiuto dei parenti
e amici sarà tanto più forte, quanto più in vita li ricordò nella preghiera e con le Messe di suffragio, il nuovo
arrivato. E questa la legge della compensazione, secondo il detto di San Paolo (Galati, VI, 8): "chi semina
per lo Spirito mieterà vita".
14°) L'accoglienza dei parenti e amici offesi oppure dei nemici, e che non hanno ancora raggiunto la pace
interiore e non sanno amare chi li fece soffrire, vengono ad accogliere i loro defunti per aggredirli e spingerli
verso condizioni opprimenti, coadiuvati dall'angelo custode d'iniquità. Ciò avviene prima che arrivi il sonno,
ma con ripresa dopo di esso.
15°) I deceduti vedono il proprio cadavere nella cassa o sul letto di morte e possono anche osservare la
condensazione del loro corpo etereo al di sopra del corpo fisico. Ciò è confermato dalle persone veggenti che
si sono trovate al capezzale di un morente.
16°) Sanno che non possono esistere individualità disincarnate così identiche da potersi trovare nella
stessa situazione spirituale, onde percorrere insieme la stessa via. Anche nell'aldilà le anime gemelle che, tali
furono in terra, nel mondo spirituale si separano, benché Dio permetta di rivedersi quando vogliono e lo
desiderano. Resteranno assieme se avranno una missione da compiere e se insieme si daranno da fare per la
stessa graduatoria di elevazione spirituale. E’ dunque vero ciò che afferma la Chiesa circa il potersi ritrovare
con le persone care, ma la stabilità della convivenza dipende dal mettersi nello stesso ritmo morale, spirituale
e religioso. La garanzia di stare uniti è questione di gemellaggio.
17°) Gli spiriti dei disincarnati anche se sono in grado di creare con la forza del pensiero, più o meno
bene, ciò che desiderano ed hanno bisogno, quando si tratta di creazioni complicate e di grande importanza,
tale facoltà viene affidata a schiere di spiriti specializzati in queste difficili creazioni.
18°) I disincarnati affermano che nel loro mondo spirituale, come condizione generale o permanente, le
anime inferiori nel senso della gerarchia dei valori morali e dei poteri, non possono vedere le entità ad essi
superiori. Questo a causa del diverso tipo di vibrazione dei loro corpi eterei. Per sentirsi e vedersi occorre la
sintonia o un disegno di Dio.
19°) Chi è dominato dalle passioni umane rimane vincolato all'ambiente in cui visse, e questo accade per
un periodo ora breve, ora lungo. Essendo privo di sonno rigeneratore, continua nella suggestione o illusione
di credersi uomo o donna (secondo i sessi) fra i viventi, malgrado in preda a un incubo, ad un curioso sogno
opprimente che può fare di questi spiriti dei disturbatori e infestatori. [i fantasmi? – N.d.R.]
20°) L'anima del morto soffre indicibilmente nel vedere lo strazio dei cari che lascia attorno al suo letto di
morte. Rimane come calamitato e impedito di entrare in contatto con quelli che sono già da tempo nell'altra
condizione. Dovrà fare un grande sforzo per liberarsi da quell'attrazione nociva.
21°) Nel mondo di là dai vivi appaiono in certi momenti delle luci che hanno un preciso significato:
bianca, gialla, rossa, verde, turchina. Mancando la luce del giorno, del sole, della luna e delle stelle, il regno
dei morti è un regno di luce crepuscolare, plumbea, grigiastra che varia di tinta, man mano che cambiano gli
stati di coscienza.
22°) Quando in preda a incertezze, solitudine e perplessità, confusione per qualsiasi motivo, uno spirito è
disperato, allora percepisce una voce che giunge da lontano e lo consiglia come uscire da quella situazione;
voce proveniente da un parente, un amico, l'angelo custode buono, il santo protettore o la voce stessa del
sacerdote che recita la Messa e prega per i morti. Chi percepisce il pensiero di un trapassato, si affretta ad
aiutarlo secondo l'impulso della carità universale.
23°) Il morente vede il chiarore della Luce Perpetua, ma per pochi attimi. Sono rari quelli che la
riconoscono e si fissano in questa chiara Luce di Dio. Beato chi la riconosce e si fissa in Essa! Poi la rivedrà
come secondo chiarore che non ha il significato del primo, ma è pur sempre un privilegio se riesce a morire
fisso in Essa.
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24°) Ricordo pure che nello sdoppiamento il santo Vescovo Alessandro mi disse: - Chi muore da vero
Iniziato Cristiano, e si presenta al Giudizio dopo aver conseguito la perfezione nei Misteri maggiori e minori,
può attraversare come una saetta i cieli dell'espiazione e trovarsi immediatamente nel terzo, nel quarto, nel
quinto, nel sesto e settimo cielo. Fra i Misteri che il Cristiano deve sperimentare, quando è ancora incarnato,
vi è appunto la "dormizione o morte iniziatica". Dopo morti non c'è più rimedio. Una volta trapassati
indegnamente vi sono due possibilità: soffrire nel purgatorio, l'inferno e poi fuggire verso una nuova
reincarnazione per prepararsi con i pensieri, le parole e le opere per un migliore trapasso.
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Chi scrive ha avuto molti casi di sdoppiamento spontaneo ed altri invece ottenuti con l'esercizio:
esperienze autentiche, e controllate da terzi. Fra queste si annoverano le visite in case e luoghi che i presenti
non conoscevano o ne ignoravano certi particolari, risultati autentici al successivo controllo. Ma uno
sdoppiamento che ha un significato sentimentale, è questo: "Carlo Palamidessi, mio padre, giaceva morto
sistemato nella camera ardente, la sera del 28 gennaio 1946. Erano presenti diversi amici, e poiché mi
sentivo disposto allo sdoppiamento, mi sdraiai su una poltrona. Poco dopo provai i soliti sintomi
dell'esteriorizzazione, e uscii dal corpo alla presenza della salma del babbo. Lui era ad una certa altezza dal
suo corpo, ancora tenuamente legato ad esso da un cordone debolmente luminoso di colore grigio-violaceo.
Sembrava seta, zucchero filato, bava di baco da seta. Tutto attorno vi era un paesaggio glaciale, biancastro
con alberi grigi come pietrificati. Poi vidi mio padre andarsene pian piano come un palloncino dalla forma
grossolanamente umana. Nella testa notavo un chiarore giallo-bianco, come una fiammella, e nel resto del
fantasma vi era molto grigio con delle striature longitudinali rosa. Saliva verso una montagna, sempre
lentamente. Lo chiamai, lo esortai a non dormire, di guardare la Luce del Signore. Invano attesi un
mutamento di luminosità, un cambiamento di colore della sua aura. Era già entrato nell'incoscienza e non mi
poteva percepire. Insistetti, e mi parve di vedere più intensa la luminosità della testa. Poi lo perdetti nella
foschia di quel mondo misterioso che ingoia famelico i trapassati". Ciò accadde a Torino, in via San
Francesco da Paola 10, p. 3°, quando l'autore aveva 31 anni.
Questi episodi sono stati narrati con una certa reticenza, e non abbiamo la pretesa che siano creduti.
Secondo la nostra pratica possiamo garantire che sono veri, perché essi fanno parte di tutta una lunga serie di
esperienze fatte anche sotto controllo di altri sperimentatori. Credere, non credere, ragionarci sopra non
giova a niente. L'uomo di scienza vuole toccare con le proprie mani, vedere con i suoi occhi, misurare,
catalogare. Ebbene, dimenticate i casi che vi abbiamo raccontato, e provate ad allenarvi senza stancarvi, né
demoralizzarvi ai primi insuccessi. Insistete finché riuscite, e quando riuscirete, saprete se abbiamo detto il
vero.
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Quando la Chiesa Cattolica o quella Orientale affermano che la Trinità SS., cioè Dio Padre, il Figlio, lo
Spirito Santo, la Vergine, i dodici Apostoli, i Profeti, le gerarchie angeliche, Satana con le gerarchie
diaboliche, i santi e le sante sono reali, ebbene la Chiesa dice la verità; quando la teologia Sofianica afferma
che Sofia, la Sapienza Creata ab aeterno da Dio, è una realtà, anche questa è un'affermazione positiva, come
è un fatto concreto l'esistenza di un purgatorio, un inferno e un paradiso con una vasta gamma di stati.
Il Cristo non è un mito, un simbolo, un fantasma o un'anima umana ma è veramente Dio Creatore fattosi
Uomo, per illuminarci e redimerci, insediandosi nel nucleo della nostra coscienza come un punto di Luce che
si dilata e l'illumina tutta se al suo smisurato Amore rispondiamo con uno smisurato amore, vuotandoci di
tutto ciò che non è il suo e il nostro amore. Perciò, dopo la morte, le anime pure lo vedranno e lo
possiederanno. Le altre, le anime impure che non hanno fatto il vuoto nella loro coscienza per farlo riempire
dall'Amore di Cristo, non lo vedranno o non lo riconosceranno, anzi avranno l'angoscia e la sensazione
spirituale di averlo perduto.
E vero, dunque, che la salvezza dell'anima si decide in punto di morte quando al pentimento assoluto per
tutti i peccati commessi, si aggiunge l'assoluzione sacerdotale con il Sacro Olio e il Viatico e la coscienza
entra nell'abisso di Dio completamente vuotata e in profonda meditazione, senza distrazioni, come Amore
che si scaglia nell'Amore divino per essere tutto l'Amore di Dio.
La Chiesa afferma pure che il destino dell'anima (attenzione uso il termine anima per dire l'Io dell'in-
dividuo) è irrevocabilmente fissato nell'istante del trapasso che dura circa tre minuti; dice pure che anche
senza l'assoluzione in punto di morte non per colpa del morente, la salvezza è certa se si cerca Dio con tutte
le potenze dell'anima.
Il pentimento, la sete di Dio, la totale attenzione in Lui, si risolvono nell'essere ripieni di quella gloriosa
luce che include la visione beatifica del mondo celeste. Oh, Mistero della Redenzione!
E’ certo che dipartirsi dal corpo in stato di odio, rifiuto di Dio equivale a fissare da sé stessi la condanna
alle pene dell'Inferno, dove la occulta presenza di Cristo non manca, ma l'anima può non essere capace di
cercare il Salvatore che la trarrebbe anche dal suo stato. Ora, ferme restando queste considerazioni che non si
devono perdere di vista un solo istante, vi è da considerare che l'esperienza dei defunti nel soggiorno dell'al
di là, comporta anche di vedere cose, persone e spiriti non reali, simboli, creazioni mentali che avranno
apparenza di realtà, benché siano illusorie, ma talmente ingannevoli che possono trascinare l'impreparato
viaggiatore in pericolose avventure. Quindi una valutazione psicologica di queste visioni fantomatiche con lo
scopo di liberarsene chiede una preparazione mentre si è incarnati e l'aiuto della grazia divina quando si sarà
attraversata la grande fiumana che separa il di qua dall'al di là.
Ferma restando la realtà religiosa fondamentale del Dio Unico, Creatore delle cose visibili e invisibili,
anche altri popoli professanti fedi diverse, sono soggetti durante la vita e dopo la morte a subire gli stessi
inganni di visione.
Il Libro Cristiano dei Morti viene in aiuto col dire che le visioni che appaiono al defunto nei 49 giorni che
susseguono alla morte non sono tutte reali, ma in parte allucinatorie, fittizie, create dalla mente, vere creature
psichiche oggettivate. Esse personificano gli impulsi intellettivi del trapassato nel suo stato di sogno, subito
dopo l'abbandono del corpo fisico ed anche nella fase di agonia (= dal greco agon, o lotta). Queste visioni
personificano gli impulsi intellettivi nello stato di sogno, ma come vedremo, i sentimenti sublimati che
scaturiscono dal centro psichico del cuore(1) diverranno le forme pensiero oggettivate delle entità "calme",
personaggi dall'apparenza buona e serena che verranno incontro al defunto. Queste immagini sorgono per
prime, perché gli impulsi nati dal cuore, precedono quelli del cervello. Questi impulsi si traducono
nell'aspetto di fantasmi piacevoli per influenzare e dirigere il defunto, separato dal mondo dei viventi solo
per un lasso di tempo, determinato sia dalla legge di causa ed effetto in rapporto alle azioni compiute, sia dal
grado di conoscenza, quindi di preparazione volontaria alla vita postuma.
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I lavori incompiuti, gli affetti lasciati, un'aspirazione irrealizzata, comportano un profondo rammarico e
desiderio di ritrovare l'occasione, l'ambiente della perduta illuminazione spirituale.
Se i viandanti incontrati hanno un sembiante calmo e gradito, confortevole quando si tratta della
personificazione dei propri sentimenti, vi sono pure le entità "irritate e colleriche". Queste procedono dai
ragionamenti e dal "centro psichico cerebrale". Talora sono i fantasmi di alcuni parenti o amici a prendere il
posto delle pseudo entità irritate, un santo. Questa è una insidia, perché un impulso nato nel cuore si può
trasformare in un ragionamento cerebrale, ed ecco che le pseudo-entità "pacifiche" diventano sotto un altro
aspetto quelle "irritate". I sublimi impulsi del cuore si affievoliscono, si smorzano e nella coscienza del
defunto si installa progressivamente lo stato nel quale si trova per la subentrata azione dell'intelletto. La
nascita in questo regno di purificazione, comporta, come la nascita fisica, il graduale uso delle facoltà
sopranormali del corpo sottile diabàsico.
Gli esseri umani sulla terra, perdono gli impulsi nella maturità nel senso che non hanno la forza dinamica
della giovinezza: la maturità li sostituisce con i ragionamenti. Lo stesso accade nello stato di transito fra la
morte e una nuova nascita, dove le ultime esperienze sono meno felici delle prime. Qui, fra i disincarnati,
l'individuo è capace di volere, di pensare il modo di raggiungere questo o quello stato di esistenza, ma il
destino da lui stesso forgiato, lo chiude, lo costringe a ubbidire alla legge di compensazione. Gli stessi
Angeli sono sotto un altro aspetto, le manifestazioni delle forze divine universali con le quali il defunto è
legato da eterne relazioni. La Realtà, la Chiara Luce Primordiale del Corpo della Legge non nata, non
formata, personifica l'Universalmente buono. Il Padre universale lancia, manifesta ogni cosa tramite Sofia(2),
la Madre dello spazio universale nel quale precipitano tutti i principii per evolvere in turbinosi giri, i sistemi
dei mondi.
Fra le apparizioni vere si paleserà la Compassione infinita, l'amore infinito di Cristo.
Nel gioco fantasmagorico del purgatorio appaiono le fate, gli eroi, i signori della morte, i demoni e gli
spiriti di vario genere che possono essere delle secrezioni, se così possiamo dire, della mente del trapassato,
corrispondenti ai suoi pensieri ed a quelli di altri morti e di tutto il genere umano. Impulsi alti e bassi,
passioni e impulsi sopra-umani e sotto-umani, che ad opera della bilancia cosmica assumono la forma
plastica prendendola dai germi dei pensieri formanti la coscienza del percipiente. Tutte queste apparizioni
sono i riflessi, il contenuto della coscienza visualizzata dalla dialettica operante personale. Le stesse
apparizioni possono essere reali. Ma quali saranno le reali e quelle illusorie? Dobbiamo chiederlo al
Buddhismo Zen dal quale abbiamo molto da imparare3? Oppure ai nostri Padri del Cristianesimo, quale Tito
Flavio Clemente Alessandrino che ne conoscevano la meccanica4?
Il "Libro Cristiano dei Morti" per i presupposti della sua struttura è di valido aiuto per chi deve
camminare senza inciampare e mediante il vedere e l'udire. La sua psicologia analitica degli stati dopo la
morte è una chiave di liberazione sia per la fede cristiana che per le altre fedi.
Il trapassato guarda sbigottito, meravigliato o atterrito le immagini proiettate su un grande schermo, e può
non essere cosciente della non realtà di questo panorama allucinante, ora terrificante, ora allettante: spettatore
solitario in preda alle visioni allucinatorie provocate dalla sua coscienza che rivive come in una strana e
caotica trama onirica i pensieri e le azioni buone o cattive della passata esistenza. Solo al Risvegliato,
all'Illuminato, all'asceta esoterico è consentito essere cosciente e padrone della situazione e valutare
obiettivamente il contenuto di quei miraggi della coscienza, perché ha conquistato il "discernimento degli
spiriti" in questo e nell'altro regno. Il discernimento è possibile a chi ascolta la parola di Cristo che dice: - Io
sono la Luce del mondo: chi mi segue non camminerà al buio, ma avrà luce di vita - (Giov., 8:12).
Chi non è nella luce del Redentore, colpito innanzi tutto dal timore è poi invasato dalle visioni felici e
gloriose, generate dai germi, aspirazioni, impulsi di natura elevata, mentre appena si presentano le visioni
nate da elementi mentali, corrispondenti alla natura bassa e animale, viene terrificato fino a spingerlo alla
fuga. Purtroppo il non iniziato non è in grado di capire, data la sua ignoranza, che le immagini sono legate a
lui stesso, sono inseparabili da lui, qualunque luogo sia il suo rifugio. Anche se fuggirà da quel sogno
precipiterà nel baratro di un altro sogno, e poi di un altro sogno ancora, braccato, atterrito dai fantasmi della
sua coscienza. Eppure, Gesù sarà lì, ma il trapassato non lo sa riconoscere. Basterebbe invocare il suo nome,
basterebbe alzare la eterea mano e fare il provvidenziale segno della Croce per disperdere le immagini
dell'illusione e come esorcista trionfare nel nome di Cristo.
I pensieri si possono seminare nella mente, specialmente nei fanciulli; ciò è ampiamente dimostrato dalla
psicanalisi. Quanto viene insegnato nel bene e nel male con l'esempio e la parola, rimane impresso per tutta
la vita e per le successive vite. La suggestione continua a modellare e dominare. Niente si cancella tanto
facilmente, anche perché crede in un dato insegnamento, ma anche quando per motivi di riflessione non
dovesse credervi, resterebbe nel suo inconscio il segno indelebile del ragionamento autosuggestivo. Se poi ha
tendenza e desidera credere, il seme del pensiero, sia esso di verità, di superstizione, buono o cattivo,
prenderà radice, crescerà nella sua mente e farà da tiranno.
Adesso credo che avrete compreso ciò che enunciai all'inizio di questo capitolo, circa le considerazioni
psicologiche sull'al di là, valide per tutte le religioni. Ferma restando la verità, la realtà ultima che è Dio e noi
creati a immagine e somiglianza, le forme pensate dal Cristiano, dall'Islamico, dal Buddhista, etc. daranno
nascita alle visioni corrispondenti alle deità di quella religione. Un Cristiano avrà la visione della SS.
Vergine Maria, dei Santi, della Trinità, dell'Arcangelo san Michele, etc, un Musulmano vedrà Allah, il
Paradiso di Maometto, l'Indù vedrà gli dèi del suo Pantheon, l'Indiano d'America avrà la visione della Caccia
felice, lo Zenista il vuoto del Nirvana... ma attenzione: vi sono visioni e visioni, l'ho già detto, un vedere la
icone della SS. Vergine o un vedere realmente quell'anima immacolata che è la madre di Gesù; un vedere
l'icone soprasensibile dell'Arcangelo san Michele e un vederlo quale veramente è.
Le esperienze del post-mortem dipendono dal contenuto mentale di ogni individuo, dal suo modo di
rappresentarsi esseri, cose e spiriti, salvo che sia un liberato, un risvegliato dotato di occhi spirituali senza
cataratta. Queste cose le hanno capite assai bene Clemente Alessandrino, Gregorio di Nissa (santo), san
Giovanni della Croce, santa Teresa d'Avila, perché dai loro libri traspare la preoccupazione di liberare il
devoto di ogni contenuto mentale affinché il nulla, il vuoto interiore sia riempito della Luce di Dio.
Niente, niente, niente, e ancora sulla montagna, niente, dice Giovanni della Croce. Vuotarsi per unirsi a
Dio.
Liberarsi dalle illusioni e dai miraggi della coscienza e subcoscienza equivale a poter contemplare Dio,
senza il diaframma dei fantasmi: quei falsi dèi e anime illusorie che i pochi audaci e preparati hanno potuto
osservare nelle esperienze dello sdoppiamento o bilocazione effettuata nei diversi piani o dimensioni dello
stato intermedio. Mi riferisco all'esperienza non facile, laboriosa chiamata "dormizione iniziatica". Questa
consiste nell'esercizio metodico di entrare e uscire dal regno dei morti senza rompere i legami eterei della
vita biologica. In questa esperienza che varie volte ho tentato, ora con successo, ora senza risultato, si riduce
al minimo la funzionalità dell'organismo, quasi a rasentare la morte, utilizzando determinati ritmi respiratori
e comprimendo i due nervi carotidei sui due lati del collo fino a entrare in uno stato in cui si ottiene una
trance che interiorizza la coscienza e diviene possibile la percezione extrasensoriale. Chi soffre di disturbi
cardio-cerebro circolatori deve astenersi dal procedimento di compressione dei nervi carotidei, ma deve
tentare solo attraverso il ritmo respiratorio appropriato(5).
Nel corso dell'esperienza dello "stato intermedio" di un defunto, sin dal primo giorno le visioni muteranno
in concordanza con la secrezione delle forme pensate di colui che le vede, questo fino a quando si esaurisce
automaticamente la loro dinamica.
L'esperienza dell'al di là come quella mistica è fatta di realtà e di illusioni o allucinazioni che bisogna
saper capire, separare come l'ottone lucido dall'oro.
Il giuoco delle illusioni opera sia nel purgatorio, l'inferno e altri mondi similari, eccetto nel paradiso ove
si penetra liberi di ogni inganno, quando si tratta dei piani alti ove regna la Trinità con i suoi Veglianti.
1 T. Palamidessi -TECNICHE DI RISVEGLIO INIZIATICO-Edizioni Mediterranee, Roma 1975; cfr. RISVEGLIO E SVILUPPO DEI
CENTRI DI FORZA-Quad. 15°di Archeosofia.
5 Tommaso Palamidessi - COME SDOPPIARSI E VIAGGIARE NEI MONDI SOPRASENSIBILI - Quaderno n° 6.
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In base all'osservazione permessa dai nostri cinque sensi si conclude che esiste solo il mondo nel quale
noi viviamo, ma appena funziona il sesto senso, allora scopriamo che esistono altri mondi con una loro
dimensione diversa dalle nostre tre dimensioni. L'enumerazione di questi mondi sale a 14, di cui sette sono
detti "superiori". In pratica se ne considerano solo tre. Per farci una idea comprensibile di questi mondi è
meglio rifarci all'idea di "piani" o "dimensioni". Abbiamo nella totalità della creazione:
a) Il piano fisico composto di materia inerte nella quale non si è manifestato nient'altro.
b) Il piano vitale che discendendo nella materia vi fa apparire la vita.
c) Il piano mentale il quale apporta le facoltà intellettuali.
d) Il piano psichico che fa apparire le profonde possibilità degli altri piani rendendoli capaci di aprirsi alla
spiritualizzazione ed al Surmentale e Sopramentale non ancora fissati nella coscienza terrestre che possono
corrispondere a un quarto mondo.
Tutti gli esseri dei quali ho parlato riferendomi al "Circuito chiuso esistenziale": dèi, demoni combattivi,
esseri tormentati, inferni, animali, esseri umani vivono in universi in cui si trova una dose degli elementi dei
tre mondi.
Il nostro mondo terrestre dove viviamo noi esseri incarnati, esseri mentali per eccellenza, ha la
caratteristica dell'interazione incessante dei piani fisici, vitali e mentali. Ma il nostro mondo è differenziato
abbastanza nettamente dai mondi degli "dèi" e dei "demoni combattivi" perché possiede per principio
essenziale l'evoluzione [la dimensione Tempo. N.d.R.], mentre gli altri mondi sono precedenti o anteriori
all'evoluzione.
Lo stato umano consente l'evoluzione dell'anima in esclusiva mentre in tutti gli altri stati le anime vi
svolgono dei soggiorni statici [dove il Tempo non esiste. Il concetto di Eternità deve essere sostituito dal
concetto di NON-TEMPO. N.d.R.]. Gli dèi e i demoni combattivi, appartengono a un solo piano più o meno
esclusivo o per lo meno quasi esclusivo, dato che vi è una mescolanza di surmentale, mentale, vitale e fisico
sottile, sì da manifestare delle entità distinte.
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Fuori del "Circuito chiuso esistenziale" nel quale siamo racchiusi noi umani e non soltanto noi, vi è il
Regno di Dio dove vanno coloro che per meriti personali e l'aiuto di Gesù Cristo, Dio e Maestro di
Compassione, vi pervengono quali anime risvegliate e illuminate.
Questo Regno di Dio è costituito:
1 ) SS. TRINITÀ: Padre Volontà, Figlio Sapienza e Spirito Santo Amore.
2) I nove cori angelici: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Potenze, Virtù, Principati, Arcangeli,
Angeli.
3 ) Le dieci energie divine increate.
4) Sofia o Sapienza Creata.
5) Gesù Cristo, o il Redentore, Maestro di Compassione e Dio-Uomo.
6) Gli Arcangeli santi: Michele, Gabriele e Raffaele.
7) La SS. Vergine Madre di Misericordia, il beato Giuseppe, san Giovanni Battista, i Santi Apostoli.
8) I santi e le sante, i martiri per la fede.
9) La Chiesa Universale sopraterrena, riflesso di quella temporale.
Il divenire del nostro Cosmo è un Circuito chiuso esistenziale, regolato da tre cause fondamentali: la
brama o concupiscenza, l'odio e l'ignoranza.
La brama è l'imperioso desiderio di vivere, la concupiscenza, l'attaccamento passionale agli esseri e alle
cose.
L’odio è la collera che avvelena la vita, l'inimicizia e l'avversione.
L'ignoranza è il cieco impulso che spinge avanti uomini e donne nel circuito dell'esistenza ove tutto è
transitorio, incessante divenire e perire, chiudendo gli occhi alla luce della Saggezza che indica la via per
uscire dal circuito per trovare pace, beatitudine e illuminazione in Dio. L'ignoranza o illusione è il desiderio
di persistere nell'errore di restare esseri comuni immersi nel peccato, passando attraverso la catena delle
nascite e delle morti, delle reincarnazioni e delle trasmigrazioni.
Un circuito evoca le idee di movimento circolare su un itinerario stabilito dove il punto d'arrivo coincide
con quello di partenza. Il circuito viene detto aperto o chiuso secondo che presenti soluzioni di continuità o
meno.
Il "Circuito chiuso dell'esistenza" è sotto il dominio delle potenze del male. San Giovanni l'evangelista
nella sua prima lettera scrive in proposito: "Sappiamo che siamo da Dio: e tutto il mondo sta sotto il
maligno" (I Giovanni, 5:19). Ma se lo spirito del male domina sulla terra da noi abitata e nell'intero Cosmo,
quindi su tutto il sistema solare, sappiamo anche che vi è il Regno di Dio fuori del tormentato circuito che
vigila per mezzo di Gesù Cristo e dei suoi collaboratori, con lo scopo di salvare coloro che vogliono uscire
dalla "Ruota infocata della vita", come assai bene lo definisce l'Apostolo san Giacomo.
Il circuito in discussione comprende il di qua e l'al di là, e tutto lo sforzo dell'archeosofo cristiano consiste
nel sottrarsi con il lavoro ascetico personale, sorretto dalla grazia divina ed i meriti del Redentore, al
risucchio di questa turbina esistenziale ove domina la brama, l'odio e l'ignoranza, col proposito di entrare in
orbita nella Luce della Trinità.
La lotta contro la concupiscenza, il mondo e il diavolo è una guerra da colossi, ma possibile perché Cristo
è con noi fino alla fine dei tempi.
Il simbolismo si è sempre interessato della "Ruota infocata della vita" rappresentandola ora con il
serpente che si morde la coda secondo gli Ermetisti, ora con i tre animali che si mordono le rispettive code
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per formare un cerchio (un gallo rosso, un serpente verde e un porco nero) secondo i Buddhisti, perché
l'avidità, l'odio e l'illusione sono indissolubilmente legati e si condizionano vicendevolmente.
L'Io personale di ogni individuo è soggiogato da queste tre cause che lo spingono alla continua ricerca di
tutto ciò che non è Dio. L'individuo muore qui sulla terra e rinasce nell'al di là, dove, dopo un certo tempo di
espiazione si avvia nuovamente alla rinascita nel nostro pianeta senza vedere il Regno di Dio posto fuori del
"Circuito chiuso esistenziale".
In questo pauroso e doloroso divenire esistono dei regni i principali dei quali sono sei, precisamente:
1° Il regno degli dèi e dell'Eden.
2° Il regno degli angeli superbi combattivi o Demoni titanici.
3° Il regno degli esseri affamati.
4° Il regno degli inferni e purgatori.
5° Il regno degli animali o bruti.
6° Il regno dell' Umanità.
COSMOGRAFIA ARCHEOSOFICA E
COSMOGRAFIA SOPRASENSIBILE
La descrizione dell'Universo si definisce "cosmografia". La cosmografia, come è compresa
dall'esoterismo cristiano, è un soggetto complesso e vasto. Qui potrò sfiorare l'argomento, perché
implicherebbe una interpretazione, sia exoterica che esoterica concernente i numerosi stadi di esistenza
sensibile nel cosmo o mondo fenomenico: dottrine planetarie in questo mondo e altre in molti cieli o
paradisi, e altre in stati di espiazione definiti limbi, purgatori e inferni.
La cosmografia archeosofica è la scienza riscoperta, trasmessa da tempi antichissimi ed occultata per
precauzione didattica, concernente l’astronomia, la forma, il movimento dei corpi planetari e l'interpretazione
dei mondi e sistemi o catene di mondi: alcuni visibili e solidi - i soli conosciuti dalla scienza ufficiale - ed
altri invisibili ed eterei, esistenti diciamo così in una quarta dimensione dello spazio, una quinta, una sesta, o
enne dimensioni.
Forse ancora non sono riuscito a far capire quanto sia importante conoscere, almeno per sommi capi, la
topografia del cosmo e la sacralità di esso, perché il cosmo è un mare etereo nel quale, simile a un delfino, il
nocchiero in navigazione verso il porto celeste di Dio mantiene la sua rotta incurante delle tempeste, dei
venti e delle onde gigantesche mosse dagli spiriti perversi.
Il nocchiero, il pesce di Dio, anima e nave a un tempo, deve conoscere tutto di questo cosmo perché è
costretto a passare da una regione cosmica all'altra: dalla terra al cielo e dalla terra agli inferi. Egli deve
conoscere il mistero riservato ai violenti di Cristo che forzano i cieli e rompono i livelli.
Il forzare i cieli è un diritto dell'Iniziato cristiano, incoraggiato e autorizzato a questa forzatura che Gesù
enuncia e l'evangelista Matteo trasmette ai posteri con le celebri frasi: "dai giorni di Giovanni il Battista fino
ad ora il regno dei cieli si acquista con la forza, ed è preda di coloro che usano la violenza" (Matteo, 11:12).
Il che significa che a partire dal momento in cui Gesù parla quel linguaggio, nei cieli, nel cosmo si entra non
più secondo la lenta avanzata delle coscienze, ma secondo una forza nuova che proviene da Cristo, morto e
risorto con noi, dalla nostra fede in Lui, e dall'azione ascetica.
Ogni cristiano preparato può entrare nella dimensione cosmica detta Paradiso con la tecnica del
"trasferimento della coscienza", sia da vivo temporaneamente, sia dall'istante del trapasso o nel corso del suo
viaggio dopo la morte, purché sappia tenersi sveglio e lucido.
Ho detto che l'Iniziato cristiano conosce il mistero riservato ai violenti secondo lo spirito, che forzano i
cieli e si fanno protagonisti delle rotture di livello. Egli può comunicare con le zone cosmiche in virtù della
struttura stessa dell'Universo che risulta ripartito in tre piani collegati da un asse del tripiano cosmico: terra,
cieli, inferni. Ma anche perché fra l'uomo e il Cosmo sussiste un'analogia.
Lo schema del tripiano è tale per cui la coscienza del santo iniziato in particolari stati da vivo o da morto
può salire e scendere verso il cielo o verso le zone topografiche infernali. Naturalmente nelle regioni
infernali e purgatoriali il santo iniziato può andarci per una determinata missione.
L'asse del tripiano cosmico passa per un foro attraverso il quale le entità celesti scendono sulla terra e i
defunti attraversano con scopi ben precisi.
Prima di continuare la trattazione topografica cosmica, è opportuno soffermarci sul simbolismo e la realtà
del "Centro" o il luogo di una possibile rottura di livello.
Ha avuto carattere di "centro" ogni spazio sacro al quale si è legata una ierofania e che abbia manifestato
delle realtà che non sono del nostro mondo, ma arrivano dal Cielo metafisico.
Si è pervenuti all'idea di un "centro", perché l'esperienza era stata di uno "spazio sacro", compenetrato da
una presenza transumana, appunto spazio sacro, perché sacralizzato da questa presenza. In quel luogo esatto
si era manifestato qualcosa di proveniente dall'alto o dal basso. Poi si pensò che quella manifestazione del
sacro corrispondesse a una rottura di livello.
Il simbolismo del "Centro" ha rapporto con l’espressione scritturale di "porta stretta", interstizio fra due
livelli cosmici attraverso il quale il martire, l’eroe, il santo, devono penetrare nell'al di là. La stessa idea si
ritrova nei simbolismi primordiali e il legame fra Cielo e Terra conduce al simbolismo della Montagna
Cosmica, al Tempio, alla Colonna del Cielo, all'Albero, alla Scala di Giacobbe, al Ponte, etc, etc.
La concezione cosmo-teologica dell'apertura centrale attraverso la quale passano in determinate
condizioni coloro che devono sperimentare il passaggio dalla vita alla morte e dalla morte alla vita ha fatto
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nascere l'intuizione di poter stabilire dei "centri secondari", ma efficaci per una comunicazione facile con il
divino: le are sacrificali, gli altari per celebrare la Messa.
Una concreta immagine del " Centro del Mondo " attraverso il quale è possibile un collegamento fra Terra
e Cielo e fra Terra e Inferi, è la "Montagna Cosmica" che fa capo al punto geografico d'Israele: il Golgota.
Il Calvario o Golgota è il centro cosmografico per entrare e seguire due vie diametralmente opposte: la
via paradisiaca e la via purgatoriale degli inferi. Il Calvario sappiamo che è il luogo nel quale Gesù il Cristo
patì come Uomo ed entrò ed uscì. E la zona del tripiano, la Montagna Cosmica dei Cristiani. Per la geografia
il punto topografico fuori le porte di Gerusalemme che Giovanni l'Evangelista (19:17) definisce "luogo del
cranio", il sacro luogo della Palestina nel quale vidi e toccai il foro ove la tradizione vuole che vi fu infissa la
croce del Redentore.
Giunsi da Roma in quel punto di Gerusalemme con mia moglie il 6 aprile 1966 dopo il tramonto del sole
per essere colpito da un grande segno soprannaturale: la percezione esatta di gocce di caldo sangue che
cadevano sul mio indegno capo povero di capelli. Sentivo il sangue di Cristo, cadere misteriosamente, goccia
dopo goccia sulla mia testa. Quel battesimo di sangue invisibile, eppur reale, durò per mesi e mesi senza mai
darmi requie. Era diventato un martirio. Tutti i momenti mi toccavo il capo che sentivo bagnato, ma ritiravo
le dita senza alcuna traccia di sangue. Percepivo solamente lo stillicidio sul capo. Da allora molte cose in me
cambiarono, si fece viva la fede che prima era turbata dal razionalismo, mi soffermai sul Mistero del
Golgotha, ebbi momenti di grande slancio mistico, ma rimasi ancora il vigliacco ammiratore di Cristo, il
pessimo cristiano che non si decide mai a imitare il Signore della Vita Eterna. Oh, potessi avere la certezza di
morire con il cuore puro assieme alla mia donna che mi è moglie e compagna nell'ideale archeosofico, in
piena lucidità di coscienza! Transitare per la porta stretta del Golgotha!
Il Golgota, nome aramaico, derivato dall'ebraico gulgoleth, giustifica la forma di quel monticello
trasformato in basilica a diversi piani comprendente oltre al punto della crocifissione, anche il luogo della
gloriosa Risurrezione di Gesù.
Alcuni scrittori ecclesiastici spiegano il vocabolo con il fatto che ivi era sepolto il teschio di Adamo,
secondo la leggenda che ha dato origine alla cappelletta di quel patriarca, proprio lì(1).
La leggenda della tomba di Adamo, progenitore dell'umanità, nacque nel III secolo e si diffuse
rapidamente fino al punto di costruirvi una cappella.
La questione è riportata da Elian J. Finbert nelle "Guides Bleus", Israel, Ed. Hachette 1955 a pp. 347-348.
Questo luogo ove fu ritrovato il teschio di Adamo mentre scavavano la buca per interrare la croce di
Gesù, ebbe molte disavventure. "Uomini empi riempirono il luogo con molta terra che vi accumularono e vi
edificarono una tetra caverna del demonio che chiamano Venere" (Eusebio, Vita Costantini, 26). "Dai tempi
di Adriano sulla rupe della Croce si venerava la statua di Venere" (Girolamo, Ep. 58,3).
Che il Calvario fosse il centro sacrale della terra ne furono convinti tutti i cristiani dei primi secoli. Ne
parla san Cirillo Gerosolimitano (Cat. XIII, 28) e venne in appoggio anche il Salmo 73 (74), 12 : "Dio fece
salvezza nel mezzo della terra".
Il Golgotha era stato il punto non invaso dalle acque del diluvio universale, dove Adamo era stato creato e
sepolto, e sul quale monte il sangue di Cristo era stato versato per tutti.
Ovviamente io ho una visione particolare e kabbalistica di Adamo, secondo una creazione metafisica, e su
questo presunto Adamo sepolto nel luogo detto Calvario, vi sarebbero da fare delle considerazioni per
salvare il valore delle Scritture senza deviare dalle considerazioni cosmogoniche della prima e seconda
creazione, la spirituale e la materiale.
Sulla sacralità di certi luoghi terrestri troviamo dei riferimenti anche nel Vecchio Testamento,
precisamente in Esodo, 3:5, quando Mose si avvicinò al cespuglio ardente e Dio lo chiamò per nome, ma non
lo fece accostare. "Non avvicinarti. Togliti i sandali dai piedi: il luogo, infatti, dove tu stai è terra santa".
Il soggetto riferito al corpo di Adamo che sarebbe stato seppellito là dove Cristo fu crocifisso, è oggetto
frequente dell'iconografia(2). L'albero cosmico con la radice discende fino all'inferno e la sua cima tocca il
cielo, i rami simboleggiano i diversi livelli celesti (san Paolo fu innalzato al terzo cielo).
La possibile trascendenza dei livelli cosmici è sottolineata da san Massimo il Confessore nel Libro dei
Misteri dove scrive: "Oggi sarai meco in paradiso - poi, siccome ciò che è per noi la terra non differisce in
nulla per lui dal paradiso, egli apparve di nuovo su questa terra e conversò con i suoi discepoli"(3).
Dal Golgota erge maestoso nel punto della crocifissione, un grande Albero a 7 rami con i sette Cieli, al
terzo dei quali San Paolo fu trasportato quando era in terra.
Nel simbolismo dei sette Cieli vi è la Scala per le ascesi celesti, e sempre in rapporto al Centro del
Mondo. Giacobbe sogna una scala tanto alta che raggiunge il cielo e per mezzo della quale "gli angeli del
Signore salgono e scendono" (Genesi, XXVIII, 12). La pietra sulla quale Giacobbe si addormenta è un bethel
situata al centro del mondo, perché quello è il punto di collegamento e di realizzazione fra tutte le regioni del
Cosmo. La scala mistica è attestata in molti autori ecclesiastici della tradizione cristiana: il martirio di Santa
Perpetua e la leggenda di Sant'Olaf. San Giovanni Climaco ricorre al simbolismo della scala per esprimere le
diverse ascensioni spirituali. L'anima per arrivare a Dio deve salire dei "gradini" obbligatori.
Nella tradizione islamica Maometto vede una scala che dal "Centro" del mondo, il Tempio di
Gerusalemme, sale fino in Cielo, con angeli a destra e sinistra, e per tale scala le anime dei puri, dei giusti,
ascendevano fino a Dio.
Dante vede nel cielo di Saturno una scala d'oro dove salgono le anime dei beati (Paradiso, XI-XXI).
San Giovanni della Croce sintetizza nella scalata difficile le tappe della perfezione ottenuta con sforzi
ascetici e spirituali che condurranno in vetta alla Montagna.
Malgrado il "Regno degli dèi" sia un luogo cosmico e uno stato di coscienza espiatori, rispetto agli altri
regni, è un paradiso nel quale le anime arrivate alla perfezione relativa andranno dopo la morte.
Quindi, questa regione esistenziale soprasensibile, è il soggiorno beato immediatamente superiore a
quello umano ove trasmigrano gli esseri umani che hanno fatto del bene sulla terra, oppure non fecero male,
amarono Dio con la stessa forza degli dèi, ma non avendo accumulato nuovo bene verso il prossimo,
dovranno reincarnarsi per ripetere l'esperienza terrena con lo scopo di perfezionarsi, se lo vorranno e ne
saranno capaci.
Il mondo è sotto il dominio del maligno, dicono le Sacre Scritture ed il maligno ha gettato nel mondo i
cinque veleni dell'illusione, odio, avidità, invidia, orgoglio. Gli dèi hanno assimilato il veleno dell’illusione
di avere tutto fuori di Dio nel loro mondo edenico. Il controveleno dell'illusione è la Saggezza della Legge
Universale. La vita degli dèi è dedicata ai piaceri estetici, alla musica e alla danza; è incurante della vera
natura della vita, tutta dedita ai piaceri personali. Gli dèi sono tanto illusi che non si accorgono dei limiti
delle loro esistenze, non si curano delle sofferenze degli altri e della propria transitorietà. Essi ignorano di
vivere solo in uno stato di temporanea armonia, che termina non appena svaniscono i meriti morali che li
hanno condotti a questo stato di beatitudine. Essi vivono consumando il capitale accumulato delle buone
azioni passate, senza arricchirlo di nuovi valori. Sono liberi dal dolore, sono dotati di longevità e bellezza,
ma è proprio questa mancanza di sforzi, di sofferenze, di ostacoli a privare le loro esistenze di quell'armonia
fatta di impulsi creativi, dell'attività spirituale e del bisogno di conoscere di più. Per tutto questo, alla fine
essi tornano a sprofondare negli stati inferiori dell'esistenza, sia che si tratti di dèi che di anime promosse al
Paradiso. Il problema della vita non si risolve con la rinascita nei regni celesti, non è questo il programma per
il quale si deve lottare, ma quello di uscire dall'esistenza fenomenica e aiutare il prossimo a uscire dal
circuito esistenziale in base alla imitazione di Gesù Cristo.
Dèi e anime umane non si possono adagiare nella transitoria esistenza paradisiaca, ma devono svolgere
un continuo lavoro di ascesi. L'anima incarnata deve darsi da fare con la dinamica dell'apostolato cristiano e
di ascesi individuale, se vuole tornare avvantaggiata nel soggiorno degli dèi, e di lì, decollare verso il Regno
di Dio, oppure volare via direttamente senza soggiornare nell'Eden.
Purtroppo l'amore verso Dio senza l'amore del prossimo non salva dalla "Ruota infuocata della vita"
(espressione di san Giacomo), ma neppure l'amore del prossimo, senza amare Iddio, risolve il problema della
liberazione dal giogo dell'esistenza.
La caduta poi è sempre possibile anche a un santo, se il suo amore si affievolisce per il suo Creatore e
Salvatore e per l'Umanità, come accadde agli angeli della tiepidezza, gli dèi dei quali ho scritto. Lo ripeto, il
santo è un imitatore di Cristo che, assieme a Cristo, deve volere, giorno dopo giorno, nella sua veglia
perenne, la compresenza attiva, eroica con Cristo e in Cristo per la salvezza degli smarriti, dei confusi, dei
ritardatari.
Poiché non siamo Dio, ma spiriti creati, per irradiare luce e calore dobbiamo restare sempre nella luce e
nel calore operante di Cristo. Se il Salvatore non si riposa dopo il prodigio della sua risurrezione, ma opera
sempre in aiuto di tutti, così il santo non si riposa, ma lavora con Cristo fino a quando riceverà l'ordine del
riposo che solo Cristo può dargli.
Nel "Regno degli dèi e dell'Eden" i miti tramandati per sollecitare la nostra salvezza, siano essi biblici o
vedici, narrano tutti di un certo albero dell'immortalità e dell'illuminazione che porta fiori e frutti e radici
profonde che affondano nella terra del circuito esistenziale. La Genesi lo chiama "Albero della Vita"
custodito dai cherubini dalla spada di fuoco che a Oriente del Paradiso stanno all'erta perché nessuno gusti i
suoi frutti, eccetto i meritevoli. I Veda ed i Purana dicono che vi è nel regno degli dèi o Deva l'albero
Pàrijàta i cui frutti danno l’amrta e il succo del soma che conferisce l'immortalità. Le sue radici si trovano
nel territorio degli Asuras o demoni titanici, ma i frutti dalla parte degli dèi. I saggi dell'India senza saperlo
(forse) prefigurarono in quell'albero il Dio-Uomo Salvatore, il Gesù annunziato dai profeti d'Israele.
Nell'antico Egitto alcune stele, il bassorilievo della tomba n.158 a Tebe e una vignetta del Libro dei
Morti, papiro di Ani, illustrano l'albero della vita con i frutti e la fontana di acqua della vita ove due coniugi e
un defunto in stato di santità si dissetano nel regno degli dèi. Segno meraviglioso di una concordanza
sapienziale.
Il 135° Inno del Rig-Veda, X Libro, dice che i frutti dell'albero della vita nutrono i beati che diventano
immuni dal destino di reincarnarsi nei mondi del dolore. E’ la vita perfetta che toglie il desiderio di rinascere
nella vita mortale. L’Atharvaveda dice che Brahama (Dio Creatore) è padre, madre e figlio a sé stesso ed è
l'Albero mediante il quale si fabbricarono le cose e il fondamento dell'universo creato.
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Gli dèi non possono mangiare i frutti dell'albero se non diventano possenti nelle virtù. Qualcuno vi riesce,
altri invecchiano, muoiono miseramente, spariscono dal mondo divino per rinascere in un mondo peggiore.
Tuttavia anche nel "Regno degli dèi" vi è in un certo modo la divina presenza del Maestro di Compassione
Gesù.
1 Il vocabolo dèi era usato nella Bibbia, exc. PS 86, 8: "Nessuno tra gli dèi è pari a te, o Signore".
2 Libro di Enoch, testi scelti e tradotti da P. Bonsirven – Ed. Massimo, Milano 1962 – in La Bibbia Apocrifa.
I demoni possiedono dei corpi sottili, sono soggetti alla morte e alla rinascita nel mondo degli inferni.
Talora si incarnano nei corpi umani e assumono la direzione di un popolo, di una nazione, scatenando le
grandi persecuzioni, le guerre, le rivoluzioni, i conflitti di religione. Quando non possono incarnarsi
utilizzano certi medium che diventano indemoniati.
L'aspirazione dei "demoni titanici" è di distruggere l'opera creativa di Dio e il suo ordine, perciò lavorano
di continuo per trascinare nella loro lotta gli uomini predisposti e gli stessi angeli. Lo stesso delitto nei
confronti di Gesù fu opera dei demoni titanici, lo ha detto san Paolo, ma Cristo trionfò sui demoni e sulla
morte con la Risurrezione (Col. 2:15).
La realtà di questi angeli perversi, decaduti e operanti, è ricordata anche nelle tradizioni di altri popoli. In
India le Scritture Vediche, Buddhiste, parlano per esempio degli Asura(2), esseri orgogliosi, demoni in lotta
con gli dèi o Deva, prigionieri della "Ruota della Vita", il Samsara. Nel mito vedico la lotta degli Asura
contro i Deva è motivata specialmente dall’ambrosia che è il succo dei frutti dell'albero Pàrijàta, di cui le
radici sono nel regno degli Asura, ma i frutti maturano nel mondo dei Deva.
Il mito dice che fra gli dèi vi sono quelli guerrieri che combattono con spade di fuoco contro gli assalti dei
Titani, cioè degli Asuras per la difesa dei frutti dell'albero sacro. Questo particolare richiama l'attenzione
sulla rivelazione mosaica della Genesi, 3:22-24, che si esprime così: "Poi il Signore Iddio disse: - Ecco,
l'uomo è diventato come uno di noi nella conoscenza del bene e del male. Ora dunque, che egli non stenda la
mano e non colga anche dell'albero della vita e ne mangi e viva in eterno -. E il Signore Iddio cacciò l'uomo
dal giardino di Eden, affinché coltivasse la terra dalla quale era stato tratto. Cacciò dunque Adamo e pose ad
oriente del giardino di delizie i Cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire l'accesso all'albero
della vita".
E fuor di dubbio l'analogia fra la difesa dei frutti dell'albero della vita nel mito indiano dei Veda e in
quello della nostra Genesi biblica. Si tratta di stabilire che cos'è l’Albero della vita per noi Cristiani e
l'Albero Pàrijata difeso dai Deva e assalito dagli Asuras, e se vi è identità.
Secondo il Purana l'albero in questione al quale i botanici indù hanno dato il nome di Erythrina indica o
albero corallo è situato su una delle montagne dell'Est, custodito dai Gandharva, esseri semidivini alati nel
terzo cielo del Paradiso. Quindi non è difficile notare l'affinità con il racconto biblico, sia per la custodia
dell'Est (oriente), sia per i cherubini che sono alati.
L'albero Pàrijata buddhico all'ombra del quale siedono gli dèi, quando è conquistato assicura al vincitore
la gioia dell’amrta o del soma, liquore d'Immortalità, simbolo della Conoscenza che libera dalle rinascite. A
quest'albero della Vita possono accostarsi coloro che hanno realizzato le qualità dell'amore e della
compassione assieme allo slancio di conquista dei titani. Questa lotta che comporta eroismo e sacrificio esige
il cuore puro, appunto l'amore e la compassione verso tutti, essa ricorda la frase di Gesù: "Il Regno dei Cieli
lo prendono i violenti". "Io sono la via, la vita e la verità". Per tutto questo la dottrina della Chiesa dice che il
Cristo e l'Albero della Vita sono la stessa realtà.
Non vi è chi non sappia le significative parole del Redentore: "In verità, in verità vi dico, se non mangiate
la carne del Figlio dell'uomo e bevete del suo sangue, non avrete vita in voi. Chi si ciba della mia carne e
beve il mio sangue ha vita eterna ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. La mia carne infatti è veramente cibo
e il mio sangue veramente bevanda. Chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue sta in me e io in lui.
Come il Padre vivente ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi si ciba di me vivrà per me. Questo è il
pane che è disceso dal cielo, non come quello che i padri mangiarono e morirono: chi si ciba di questo pane
vivrà in eterno".
Queste cose egli disse insegnando in una sinagoga a Cafarnao (Giovanni, 6: 53-59). Ma il discorso di
Gesù non finisce qui; continua nell’Apocalisse di Giovanni (2: 7): "Chi ha orecchi ascolti quello che lo
Spirito dice alle Chiese: - Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio".
La meravigliosa leggenda dell'India antica offre altri simbolismi e allegorie di grande importanza: gli
Asura vivono in case di fiori, vestiti di seta. Come gli dèi o Deva nascono nei fiori di loto, ma il loro spirito
di rivolta decreta la loro disfatta dopo le battaglie per la conquista dell'Albero ed i suoi frutti. Una volta vinti
trovano la loro morte. State a sentire quanto è eloquente questo mito! Le loro donne nell'attesa dell'esito
delle battaglie, vanno al lago "della Perfetta Purezza" dove possono vedere quale sarà la sorte dei loro mariti
secondo i combattimenti e la rinascita di questi ultimi quando muoiono. In generale la rinascita ha luogo nel
mondo degli inferni, e le loro donne piangono e gemono attorno al significativo lago della Perfetta Purezza.
Fatica vana, combattimenti sterili e disastrosi! Se riflettiamo a ciò che Cristo dice: "Beati i puri di cuore
perché essi vedranno Iddio" (Matteo, 5:8).
54
Il fatto che nel mito vedico e buddhista la radice dell'Albero Pàrijata si trovi nel territorio degli Asuras,
non è casuale. E pure interessante la presenza di Avalokitesvara sotto forma di Bodhisattva o Maestro di
Compassione, soccorritore, che per ciascuno dei sei regni della "Ruota della Vita" assume forme diverse.
Avalokitesvara è la Compassione Attiva di Dio. Chissà, può darsi che anche i demoni siano salvati dalla
Redenzione del Cristo Dio e Uomo, quando sarà ridato loro il libero arbitrio e potranno attraverso l'umiltà,
il sacrificio, l'amore e la compassione, risalire fino al Giusto e Misericordioso Iddio.
"Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, trarrò tutto a me" (Giovanni, 12:32).
Su queste parole del nostro Dio e Maestro di Compassione Gesù, vi è molto da scoprire e da dire. Sarei
felice se i lettori leggessero le potenti, drammatiche, toccanti considerazioni che in sette meditazioni ha fatto
Kierkegaard(3).
1 Heinrich Schlier - Principati e Potestà nel Nuovo Testamento -Morcelliana 1967 Brescia.
2 Odette Viennot - Le culte de l'Arbre dans l'Inde ancienne - Presse Universitaires de France, Paris 1954 a pag.77,31,47, 82,93, 175.
3 Sòren Kierkegaard - Scuola di Cristianesimo - Ed. Comunità Milano 1950 da pag. 173 a 301.
ove si trovano, e che potrebbero trovarsi proprio fra gli "esseri affamati e assetati", fa celebrare le Messe in
suffragio. Gesù stesso, l'Angelo Custode, il Santo protettore vanno a visitarli portando cibi e bevande
spirituali, veri doni celesti che non si trasformano in veleno o in fuoco.
Questo stato non è eterno ma transitorio, ma la durata varia con la gravità dei reati commessi e con il falso
modo di vedere.
1 Anima è un termine globale che sottintende il "Corpo causale" dell'anima erotica, dell'anima emotiva e dello spirito
umano.
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"L'inferno - è detto nel Catechismo - è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del
fuoco, con ogni altro male senza alcun bene". Tesi religiosa popolare drastica. Chiariremo questo enunciato.
L'inferno è la pena assegnata a coloro che sono arrivati al termine della loro esistenza, e sono deceduti,
respingendo fino all'ultimo respiro la chiamata di Dio, il pentimento dei loro errori ed i Sacramenti offerti
amorosamente dalla Chiesa, Corpo di Cristo.
L'inferno esiste questo è certo, ed è secondo un certo modo illusoriamente eterno. Esiste ed è eterno,
perché lo ha fatto sapere Gesù quando disse che al Giudizio Universale avrebbe pronunziato come giudice le
tremende parole: "Via da me, maledetti, al fuoco eterno, che fu preparato per il diavolo e per i suoi angeli"6.
Ribellarsi a Dio, rifiutare e insultare il suo Amore infinito è colpa gravissima che giustifica l'eternità o la
temporaneità dell'inferno in conformità alla durata da parte dell'anima del rifiuto dell'Amore di Dio, della
sua Sapienza. L'uomo (e la donna, ovviamente), peccando, compie due mali: a) si allontana da Dio; b) si
orienta verso le creature e le cose. Le conseguenze di questi due mali si risolvono in due pene: 1) la pena del
danno; 2) la pena del senso.
Pena del danno. - Quando l'uomo muore la sua anima che ha respinto l'Amore di Dio rimane dannata,
cioè perennemente fissa fuori dall'Amor di Dio. L'uomo prende coscienza di aver perduto per sempre un
bene infinito e grande come è Dio stesso, e questa consapevolezza gli procura una pena disperata, quasi
infinita. I dannati sono orribilmente torturati dalla conoscenza del male compiuto e non rimediato e ciò che
di conseguenza hanno perduto.
Pena del senso. - Il castigo rientra nella legge stessa della "dialettica della morale", all'attaccamento
morboso al bene mutabile piuttosto che al bene immutabile che è Dio. Il castigo è il restare irretiti nel
"circuito dell'esistenza" la cui forza propulsiva che lo fa muovere si riassume nelle tre cause fondamentali: la
concupiscenza o brama, nell'odio e nell'ignoranza. Gli insensati peccatori vengono investiti per tutto questo
da un fuoco materiale di una speciale natura e altre pene saranno alla base del tormento, specialmente dopo
la risurrezione dei corpi al Giudizio Finale(3) che darà origine a un nuovo mondo.
La posizione di responsabilità di ogni essere umano è maggiore dopo l'Incarnazione di Dio in Gesù
Cristo, perché prima il mondo non conosceva la Verità, ma dopo non ha creduto alla Verità e l'ha respinta.
L'hanno respinta gli Ebrei, gli Islamici, i Buddhisti, gli Induisti, i Massoni, i Marxisti: respinta e combattuta
ad oltranza.
La responsabilità è pure notevole nei cristiani apostati e in quei cristiani che dovrebbero operare nel bene
sotto la spinta dell'amore verso Dio e per l'Amore di Dio verso loro, ma agiscono per paura dell'inferno.
Il peccatore fugge da Dio e questa fuga ha una velocità di allontanamento proporzionale al grado di
gravità del peccato e di attrazione verso di esso. Questa fuga talora non è soltanto indifferenza all'amore di
Dio, ma odio e disubbidienza al Signore. L'assurda fuga da Dio è paragonabile in certo qual modo a quel
corpo celeste che uscisse dalla sua orbita gravitazionale attorno al sole e proseguisse senza mai fermarsi e
con velocità sostenuta andasse verso l'abisso infinito. Ma l'uomo è più che pianeta, è una libera volontà
protesa verso l'avidità, l'odio e l'ignoranza o, all'opposto, è libera volontà polarizzata verso l'altruismo,
l'amore e la saggezza.
L'uomo può essere fermato da Dio con il suo personale intervento e impedirgli con forza di muoversi e
lasciarsi andare verso la catastrofe. Questo lo ha fatto incarnandosi, quale divina iniziativa per richiamare
coloro che si allontanano, inseguire coloro che fuggono; lo fa con gli arpioni della sua grazia. È questa la
parabola del buon pastore alla ricerca della pecora pazza e smarrita. Ma la pecora deve ascoltare la chiamata,
fermarsi, tornare indietro, lasciarsi prendere dall'amoroso pastore.
L'anima deifuga, dopo la morte del corpo fisico, dopo la separazione definitiva da quel corpo, continua la
sua corsa nell'infinito e terrificante abisso infernale, sospinta dalla turba dei demoni reali, e dai demoni
immaginari generati dal potere creativo della sua mente malata come le ghiandole secernono gli ormoni. La
corsa è senza fine fino al giorno del Giudizio Universale, quando si farà definitiva o verrà risolta negli eoni
che seguiranno, su questo non è in mio potere far ipotesi. Ma prima del Giudizio, anche all'Inferno Dio può
salvare se in questo folle precipitare fra le grida assordanti e lo sghignazzare diabolico dei macchinatori delle
tenebre, il disincarnato pronunzierà a gran voce le parole che santa Caterina da Siena prima di morire disse a
Roma nella domenica 29 aprile 1380 sull'ora sesta: "Tu Signore mi chiami ed io vengo a Te; e vengo non per
i miei meriti, ma per la tua sola misericordia, la quale misericordia io domando da te in virtù del sangue
tuo...". Poi santa Caterina spirò dicendo ancora: "Padre nelle tue mani raccomando l'anima mia"7. Allora il
grande liberatore interverrà contro il maligno.
L'Archeosofìa è convinta che il castigo da parte di Dio non può essere eterno se l'anima ha un attimo di
compunzione, di sete di paradiso; il castigo non può essere interminabile, perché niente è fermo, statico, ma
tutto è dinamico ed evolutivo nel senso spirituale. Origene bene scrisse quando si espresse come segue (De
Principiis, II, 10,6): "vi sono molte altre cose che a noi sfuggono e che sono note soltanto a colui che è
medico delle nostre anime. Come per la salute del corpo noi abbiamo bisogno di rimedi severi e piuttosto
aspri, in proporzione delle malattie contratte per la nostra intemperanza nel mangiare e nel bere; come in
certi casi la qualità della malattia esige l'impiego rigido del ferro per tagliare, e quando il male oltrepassa
ogni segno, è necessario che il fuoco consumi i germi profondi della malattia contratta: a maggior ragione si
deve pensare che Dio, medico delle nostre anime, volendo estirpare i vizi accumulati dalla moltitudine varia
dei nostri peccati e dei nostri delitti, adoperi cure dolorose simili a queste, e che inoltre applichi il supplizio
del fuoco a coloro che hanno perduto la salute dell'anima... che questa cura usata dai medici per sollevare le
nostre debolezze e restituire la salute per mezzo di cure crudeli, possa essere usata da Dio verso coloro che
hanno ceduto e sono caduti nel peccato ci viene insegnato dal fatto del profeta Geremia, che ebbe l'ordine di
presentare alle nazioni la "coppa del furore" di Dio, affinché "bevano e diventino come impazzite e
vomitino" (Geremia, XXXII, 1-2). E Dio aggiunge questa minaccia: "Chi non beve non sarà purificato". Da
questo si deduce che il furore di Dio serve per la purificazione delle anime".
Dio non lascia nessuno nella perdizione, e nella condanna eterna dell'inferno, perché data la sua
misericordia infinita non persisterà sempre nel suo sdegno contro l'uomo sua creatura fatta a sua immagine e
somiglianza. Dio parla così al Profeta Isaia (Is., LVII,16): " .... io non contenderò in eterno e non sarò adirato
sempre, altrimenti davanti a me verrebbe meno lo spirito e l'alito vitale che ho creato". Dunque, supporre che
esista un purgatorio distinto dall'inferno è discutibile quando le anime dopo la dipartita dal corpo rimangano
incatenate all'inferno per tutta l'eternità senza potersi redimere. Sarebbe come perdere di vista alcuni dati
fondamentali che riassumo: 1) Dio è Misericordia; 2) Dio è Amore; 3) Dio è Giustizia; 4) Dio ha creato dal
nulla l'Umanità a sua immagine e somiglianza, creata e non generata, dotandola di libero arbitrio valido
sempre, ed essendo creata non ha l'immunità contro l'errore come Dio che è Sapienza Assoluta e Increata; 5)
Dio è Redentore per mezzo del Figlio in unità di Spirito Santo.
Se l'Onnipotente Padre non esitò a mandare il suo unigenito Figliuolo nel mondo umano, dominato da
Satana e dai suoi angeli perversi, per insegnare e redimere, vuol dire che Dio ha a cuore tutte le anime.
Poiché il Figlio non ha esitato fra gli spasimi atroci della crocifissione, gli oltraggi della folla malvagia a
dire: “Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno (Luca, 23:34)”. Se Gesù Figlio di Dio, non esitò
a discendere nei luoghi inferi della terra per portare ai dannati e ai demoni la buona novella della sua venuta
e della remissione dei peccati per quelli che avrebbero creduto in lui, vuol dire che anche l'inferno potrebbe
essere non eterno, ma transitorio. Questo concetto mi sembra chiaramente espresso da san Paolo quando
rivolgendosi agli Efesini (Efesini, 4:7-10), così disse: "A ognuno di noi, però è stata data la grazia secondo la
misura del dono di Cristo. Per questo la Scrittura dice: Ascendendo in alto si portò dietro i prigionieri, diede
doni agli uomini. Ora ascese che altro significa se non che anche discese nelle parti inferiori della terra?
Colui che discese è proprio colui che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, affinché riempisse tutto".
Tutta l'ascesi della Chiesa d'Oriente insiste sul concetto di spiritualizzazione deificante, non di espiazione;
se nei loro scritti, i cristiani orientali Greci parlano di sofferenze purificatrici, non accennano mai alla
soddisfazione penale; non usano neppure il termine di "espiazioni purificatrici", perché le pene sono intese
morali, immaginative, piuttosto che di fuoco. Scartando la soddisfazione penale insegnano la liberazione
progressiva, dopo la morte, intesa come guarigione. E giusto, perché i peccatori sono dei malati nell'anima,
soffrono di un male ostinato: l'ignoranza. Il peccatore è un malato: Cristo lo dice esplicitamente: "Non
peccare più, affinché non ti accada di peggio" (Giov., 5:14; 8:11).
Fra la morte, la rinascita nei mondi intermedi, la reincarnazione, poi la nuova morte fisica, così avanti
fino al giorno del Giudizio finale, l'attesa è creatrice, terapeutica, perché il purgatorio e l'inferno che
diversificano soltanto per l'intensità e la drasticità della terapia si sperimentano alternativamente nell'al di là
e nel di qua. Chi può dire che i massacri nei campi nazisti, le deportazioni in massa con gli smembramenti
delle famiglie e relative esecuzioni, le guerre con i loro orrori, non sono degli episodi terreni continuazione
di episodi infernali e purgatoriali dell'al di là? Chi può dire che le persone dabbene perseguitate dalla
sventura in apparenza ingiustamente, non siano i condannati dell'inferno che s'incarnano per chiudere vecchi
conti o completano i ritocchi di una terapia inferta dalla legge di equilibrio? Perché per ogni persona è
prevedibile - in una certa misura - attraverso l'astrologia, l'indole caratteriologica, le malattie e gli
avvenimenti dell'esistenza? E evidente perché è nata con un destino discreto o doloroso che si riallaccia a
precedenti vincoli.
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1) - La bestia subisce come l'uomo l'azione del magnetizzatore, cade nello stato ipnotico, catalettico e
sonnambolico.
2) - E sensibile ai fenomeni di telepatia ed affini, vi sono dei casi in cui l'animale funge da percipiente e
in altri da agente.
3) - Nel bruto si trova memoria, discorso e giudizio sensitivo.
4) - La sperimentazione elettro-encefalo-grafica sul cervello delle bestie ha dato prova che le reazioni
EEG sono identiche a quelle dell'uomo.
5 ) - Vi sono casi eccezionali di animali pensanti e calcolatori con intelligenza e ideazione autonoma fra i
cavalli ed i cani.
6) - Vi sono casi di sdoppiamento di animali vivi ed il loro doppio fluidico agisce come i fantasmi dei
viventi (persone).
7) - Si sono osservati casi di apparizioni di fantasmi di animali di cui io stesso e altre persone della mia
famiglia ne siamo stati i testimoni oculari.
8) - Non sono pochi i casi di senso profetico e previsione di morte negli animali.
9) - Certezza di casi con prove di identificazione di animali defunti.
Se non avessimo la ricca messe di osservazioni fatte sulle attività cerebrali degli animali per supporre
un'anima in grado di sopravvivere alla dissoluzione del corpo, basterebbero le cronache sui cani che fanno da
poliziotti, i cani che salvano bambini e adulti dalla furia delle acque, cavalli che avvertono e chiedono aiuto
per salvare il padrone in pericolo, capaci di manifestazioni umane di sentimento e intelligenza. Elefanti che
lavorano e capiscono il linguaggio dei padroni, etc. Senza contare l'intuizione che hanno avuto Platone,
Pitagora, Leonardo da Vinci, san Francesco d'Assisi sull'anima delle bestie. L'antico Egitto e l'India antica e
moderna ammettono non solo la sopravvivenza di queste creature, ma la possibilità che l'anima dell'uomo
possa reincarnarsi talvolta in una bestia a scopo espiatorio quando ha sceso la scala dei valori umani fino a
raggiungere il livello bruto.
Il Libro tibetano dei morti o Bardo Thòdol prevede questa possibilità che condivido non soltanto per via
di deduzione. Riporto un pensiero del nostro genio italico Leonardo da Vinci: "Verrà un giorno nel quale gli
uomini giudicheranno dell'uccisione di un animale nello stesso modo che essi giudicano, oggi di quella di un
uomo".
Le leggende che san Francesco d'Assisi predicasse agli uccelli e che gli rispondessero; che sant'Antonio
da Padova, predicasse ai pesci e se ne stessero a fior d'acqua ad ascoltarlo, potrebbero non essere leggende,
ma fatti veri come l'ammansito lupo di Gubbio diventato fedele amico del Poverello d'Assisi.
Chissà con quanto orrore si scoprirà un giorno che sono stati vivisezionati, straziati, torturati per curiosità
scientifica, frivolezza della moda, capriccio sadico, fame di carne, milioni e milioni di creature indifese con
gli stessi diritti dell'uomo, il diritto alla vita, e che in molti di questi animali vi erano incarnate delle
coscienze umane. Quando mi soffermo sul destino delle bestie e dei rapporti fra loro e fra loro e noi, perdo la
serenità, perché è orrendo questo regno di paura, persecuzione, capitolazione. Questo brutale destino di
istinti incontrollabili e di necessità naturali.
Si dice che il Buddha provasse una grande compassione per le bestie e che dopo la sua dipartita abbia
mandato un Bodhisattva nel regno degli animali raffigurato con un libro in mano nell'intento di aiutare al
risveglio le anime ottenebrate dei nostri fratelli minori.
1 Ernesto Bozzano - Gli animali hanno un'anima? - Pref. di Castone De Boni - Fratelli Bocca, Milano 1952.
60
6) IL REGNO UMANO
Il pianeta da noi abitato non è un soggiorno di pace o di delizie, ma un vasto carcere ove i custodi e i
condannati sono gli uni prigionieri degli altri. Qui si nasce e si muore dopo essere passati per la trafila della
fatica, del dolore e della malattia. La Terra non è il regno di Dio, ma il dominio del Maligno, il luogo
astronomico di confluenza delle forze del male le cui lontane origini si riannodano al conflitto fra gli angeli
ribelli contro gli angeli fedeli al Creatore. Per questa ragione il Messia ha detto chiaro e netto che il suo
Regno non è di questo mondo e neppure lo è per coloro che lo imitano e lo seguono. Infatti che cos'è il
nostro pianeta se non il rifugio, il campo di concentramento delle anime fallite di precedenti prove di
umanizzazione superiore, e perciò destinate ad affrontare una nuova esperienza di purificazione morale e
intellettiva?
Con la dipartita, l'anima disincarnata può trasmigrare in altri regni peggiori, equivalenti o migliori, quali i
paradisi inseriti nel circuito esistenziale. Da questi soggiorni migliori, ma non risolutivi e permanenti, l'Io
deve ridiscendere nel mondo umano in vista di un rilancio fallimentare nel Paradiso esistenziale o uscendo
da vittorioso dalle sei forme di esistenza per trasferirsi nel vero Paradiso ove i puri di cuore vedranno Iddio8.
Uscire dall'attrazione del mondo fenomenico significa aver distrutto ogni traccia di brama, odio e
illusione, sostituendo questi veleni con gli opposti che sono: il non attaccamento alla vita esistenziale,
l'amore di Dio e l'amore verso il prossimo, la saggezza.
La caduta adamica ha segnato il servaggio esistenziale, ma la risalita è cominciata con l'Incarnazione del
Verbo in Gesù Cristo, con l'istituzione del battesimo e del nutrimento eucaristico, rafforzata dalla passione,
morte e risurrezione del Dio che si è fatto Uomo per poter attrarre tutto a sé una volta sollevato da terra9.
La soluzione per ottenere la liberazione è il rifiuto tassativo del mondo e l'imitazione di Cristo, perché
senza di Lui non si esce dal circuito. La terra dev'essere abbandonata quando sarà la nostra fine terrena,
volontariamente, ma nella terra soltanto si costruisce il futuro spirituale degli individui.
La scala dei valori etici procede dall'uomo bruto al superuomo in senso cristico, la cui posizione è
superiore a quella dell'angelo. L'ascesi, il raggiungimento dell'Illuminazione, è dipendente dall'iniziativa
personale e dall'aiuto di chi ci ama, ossia il Cristo-Dio. Nessuna via è valida al di fuori della Chiesa, né
Islamismo, né Buddhismo, né Induismo, nessuna religione. I santi delle religioni non cristiane non sono che
santi del "Regno degli dèi". Non basta aver realizzato la morale assoluta, bisogna essere inseriti in Cristo. E
Lui il Creatore, è Lui la Via, la Vita e la Verità. I profeti hanno annunziato l'incarnazione del Verbo e Gesù
ha dimostrato con i fatti che Lui è il Verbo fatto carne, atteso per la nostra redenzione. Voler raggiungere la
liberazione al di fuori di Cristo è un grave errore che si paga di persona con una ben precisa condanna a
morte nel senso di rimanere ancorati al mondo fenomenico che è tagliato fuori dal Regno di Dio.
Neppure Buddha poté uscire dal circuito chiuso dell'esistenza, ma raggiunse uno degli stati o piani del
"Regno degli dèi e dell'Eden" dove sono riuniti i giusti intrappolati che hanno rifiutato Dio assumendo un
atteggiamento di presuntuosa autosufficienza. La morale assoluta non salva, cioè non fa uscire dal mondo
fenomenico sia esso fisico che metafisico, sia che si tratti di giusti atei o giusti buddhisti. La visione di Dio
implica oltre alla purità di cuore l'amore dichiarato verso Dio.
Vi sono dei pensatori che sostengono l'omologabilità delle religioni monoteiste, di questi lo fui per errore
anch'io, ma da quando il Signore mi ha toccato sono cristiano e basta. Se ho scritto che l'Archeosofia può
essere utilizzata da tutte le fedi religiose, questo l'ho detto nel senso di una metodologia e utilizzazione di
tecniche somatico-psichiche-spirituali per accelerare una catarsi interiore ma dottrinalmente non è
omologabile, perché è l'aspetto profondo del Cristianesimo.
Se il Cristo non fosse la rivelazione piena, unica, completa, ma soltanto una fra le tante altre
manifestazioni della Verità, anche se la più edificante di tutte, non sarebbe il Cristo. Fra tutte le religioni
passate ed esistenti, il Cristianesimo è Verità totale o pretesa da deliranti. Il Cristianesimo o è niente oppure è
la realtà. Un Cristianesimo omologabile non è pensabile. Quindi la pretesa di essere nella verità rifiutando
Cristo come Dio-Uomo, e non come Uomo-Dio, e rifiutando i Sacramenti che Lui ha istituito, è un errore nel
quale cadono molti, ma oltre ad essere un errore è uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo consistente
nell’impugnare la verità conosciuta.
8 Matteo, 5:8.
9 Giovanni, 12: 32.
61
Se una religione valesse l'altra, e tutte fossero omologabili, cioè corrispondenti, sarebbe un'impostura
Scritturale la notizia che il Cristo prima della risurrezione sia andato a liberare dal limbo i giusti morti nella
fede monoteista, fra i quali Abrahamo, prima che Lui, il Cristo discendesse dal suo Regno per incarnarsi e
redimerci.
L'aspirazione a rendere migliore l'intera umanità, e naturalmente più felice, tramite l'unificazione di tutte
le religioni è una onesta aspirazione; lavorare per intercedere con entusiasmo per l'unione di tutte le
coscienze nell'amore che santifica del Dio rivelato è un'altra cosa, ma la prima è una sottile tentazione
luciferica per far fallire questa unione che è possibile solo nel Corpo Mistico di Lui.
Quando anni or sono approfondivo e scrivevo di buddhismo e di yoga tantriko, occultismo e dottrine
affini, mi sembrava una madornalità l'affermazione dei teologi che dicevano: "Fuori della Chiesa, senza
Cristo, non vi è salvezza". Ho impiegato del tempo a capirlo, ma l'ho capito, per il mio bene e prima di
morire, perché è qui che si vince o si crolla spiritualmente, qui nel mondo umano e non altrove. Questo è il
campo di battaglia, dopo, nello stato etereo del disincarnato non resta che pensare, ragionare, tormentarsi di
non aver fatto ciò che era necessario fare, cioè cooperare con Cristo per amore di Lui, con una cooperazione
libera da interessi egoistici. Quindi, volersi salvare, uscire da questo disgraziato regno umano lo ritengo
possibile solo e unicamente se, dopo aver ricevuto il sigillo battesimale di Cristo nel nome della SS. Trinità,
ci diamo da fare con tutte le potenze della nostra anima per imitare Cristo, testimoniando la nostra fede come
fece il santo buon ladrone Dismas crocifisso alla destra del Re degli Universi. Le altre vie sono tentativi,
mezze misure destinate a fallire: Zen, Yoga, Parsismo, Islamismo, Occultismo, Teosofia, Antroposofia,
Massoneria e dottrine derivate, uccidono l'uomo, non lo salvano. Quel poco di bene che potrebbero fare per il
buono che senza dubbio potrebbero avere, è il bene illusorio che incatena sempre più al mondo della
concupiscenza, dell'odio e dell'illusione.
Poiché, lo ripeto ancora, Gesù ha detto di non essere di questo mondo e chi lo imita non è di questo
mondo10, la libertà, la pace, la vera vita è fuori dei sei regni che abbiamo esaminato insieme, è fuori del
mondo.
Le tesi inerenti il destino dell'Io disincarnato, ossia dell'entità spirito-anima, sono diverse. Esaminiamo
quelle fondamentali:
1) Tesi Cattolica Romana; 2) tesi Ortodossa Orientale; 3) tesi Archeosofica.
a) La tesi Cattolica Romana sostiene una prima e una seconda morte. La prima morte consiste nella
separazione dell'anima dal corpo fisico che cessa di vivere, mentre l'anima subisce nell'aldilà un primo
giudizio immediato di Dio in Gesù Cristo, quale giudice. Da questo processo inappellabile l'anima che ha
lasciato il corpo in stato di purezza e meriti riceve il premio della vita eterna nel Paradiso con la prima
risurrezione. Se l'anima non è del tutto perfetta, trascorre un periodo di sofferenze e di speranza nel
purgatorio, poi viene ammessa nel Paradiso alla visione beatifica di Dio Trinità, della SS. Vergine, dei Santi
e degli Angeli. Se l'anima è passata nell'aldilà in stato di peccato mortale, senza pentimenti, allora è destinata
all'Inferno (sheol in ebraico e Ades in greco) per tutta l'Eternità condannata alle pene del fuoco. Le anime
senza battesimo vanno al Limbo se giuste, innocenti; le altre vanno all'Inferno. Comunque, private della
visione di Dio.
Alla fine dei tempi quando avverrà improvvisamente il Giudizio Finale ed i corpi dei vivi e dei morti
diverranno corpi di risurrezione, e verrà il Cristo Glorioso a giudicare, per i reprobi vi sarà la seconda morte
o condanna eterna delle anime rivestite di corpo nella Gehenna o stagno di fuoco inestinguibile. Per gli altri,
i giusti, il Cristo riserverà il Regno dei Cieli in Eterno. Questo è tutto.
b) La tesi della Chiesa Ortodossa Orientale sostiene le stesse situazioni, ma esclude il purgatorio, ammette
l'inferno con le sue sofferenze morali e possibilità di ravvedimento con passaggio al Paradiso, fino al
Giudizio Finale. Dopo tale avvenimento, per i reprobi la condanna eterna nella Gehenna e la seconda morte.
Per gli Ortodossi Orientali l'Inferno (Ades) funge da purgatorio fino al giorno della Parusia e della
risurrezione dei corpi, quindi è uno stato di coscienza terapeutico. Dopo tale Giudizio, l'Inferno è di
condanna definitiva. Per il resto le tesi sono come quelle cattoliche.
c) La tesi Archeosofica cristiana sostiene: la morte del corpo e primo Giudizio immediato dell'anima da
parte di Gesù Cristo con trasferimento nel "Paradiso esistenziale" (non ancora il Regno dei Cieli) se l'anima è
premiabile, diversamente se poco o tanto macchiata di peccato sarà destinata a restare nell'inferno
purgatoriale per emendarsi, guarire dalle tre infezioni: la concupiscenza, l'odio e l'ignoranza. L'anima vi
resterà per breve o per lungo tempo in espiazione, e se non basta, continuerà a soffrire adeguatamente nell'al
di qua, attraverso il processo educativo delle vite successive o reincarnazioni, fino al Giudizio Finale.
Nell'arco dalla recente morte al giorno del Giudizio Universale, se sarà riuscita a guadagnare la santità, sarà
accettata nel "Paradiso esistenziale", se per sua colpa fallirà, verrà condannata con i reprobi, i ribelli
irriducibili verso Dio e la morale, alla seconda morte, quella della separazione dello spirito che ritorna a Dio
che lo aveva dato, dall'anima risucchiata dalla Gehenna o lago di fuoco eterno. Tale condanna eterna
dell'anima mutilata dello spirito sarà inflitta con il corpo della risurrezione.
Le anime integre, cioè in possesso dello spirito a immagine e somiglianza di Dio che si trovano nel
"Paradiso esistenziale", quindi nel "Circuito dell'esistenza" che hanno superato le ulteriori prove di
perfezione nell'aldilà o attraverso qualche reincarnazione, entreranno con il corpo di gloria nel "Regno di
Dio", fuori del mondo fenomenico, cioè del "Circuito chiuso dell'esistenza".
Subito dopo la morte se l'anima è impura e non riesce a vedere e riconoscere la Luce di Cristo, cadrà in un
sonno profondo la cui durata minima è di tre giorni e mezzo o quattro. Poi appena risvegliata da questo
sonno, verrà giudicata come sopra ho detto.
63
COS'È IL LIMBO
LO STATO DI COSCIENZA DEL LIMBO
Definizione del Limbo
Limbo vuol dire lembo, estremità, orlo, dal latino limbus. Esso è uno stato delle anime e un luogo da esse
abitato. Questo vocabolo appare nella teologia dopo Pietro Lombardo (morto nel 1160); prima, era chiamato
dagli ebrei sé'ól, tradotto nella versione greca dei Settanta con l'espressione Ades, e nella versione latina con
la parola Inferno (Infernus) entrambi per indicare il domicilio dei defunti.
Il Limbo è la destinazione di coloro che non avendo meritato l'inferno per mancanza di colpe non possono
andare in Paradiso a causa del peccato originale non cancellato.
Prima della venuta del Cristo, il Limbo era lo stato e il luogo dei giusti del Vecchio Testamento, i quali,
benché purificati delle loro colpe e in grazia, uscendo da questa vita, non potevano entrare nel Paradiso,
mancando la Redenzione dell'umanità, cioè la cancellazione del peccato originale. Pertanto i morti prima di
Cristo, in stato di santità, erano riuniti nella serena attesa del Redentore, in uno stato tranquillo. Questo stato
fu chiamato dai Padri, il Limbo, oppure "seno d'Abramo" (cfr. Luca, 16:22). Seno e Limbo erano la stessa
cosa. Ma fu dato il nome del Patriarca, come esempio, modello di padre dei credenti e di fede in Dio.
Il vocabolo sé'ól designava nella lingua ebraica sia la dimora dei perversi, la Gehenna, come viene
indicata dai Vangeli (Matteo, 5:22; 23:15; 10:28; Marco, 9:42-46; 18:9; Luca, 12:15), sia la dimora dei giusti
"seno d'Abramo". In seguito, ma erroneamente "seno d'Abramo" divenne il sinonimo del Paradiso.
Trovandosi quest'ultimo al di fuori della terra. Nella liturgia antica dei defunti si supplica Dio di accogliere le
anime dei giusti nel "seno d'Abramo".
Il Limbo dei ss. Padri cessò come era concepito nel Vecchio Testamento con la discesa in esso di Gesù.
In questo stato-luogo le anime senza battesimo hanno il solo tormento, la sete di vedere e conoscere Gesù,
perché per il resto sono delle anime pure, avendo conseguito la perfezione morale sotto altre religioni o
convinzioni.
[Il Limbo è stato dichiarato non esistente dalla Chiesa – da Papa Ratzinger - il 21 aprile 2007. C’è da
chiedersi che fine abbiano fatto tutti coloro che vi sono stati rinchiusi! – N.d.R.].
Questo argomento che ho sfiorato confrontando i punti di vista dei tre libri dei morti: cristiano, egiziano e
tibetano, viene qui ripreso più in profondità per inquadrare meglio lo schema dell'opera.
Sappiamo già dalla Rivelazione del Vecchio e Nuovo Testamento che all'uomo quanto alla donna sono
riservate due morti, la prima quando il corpo fisico cessa di vivere e il complesso psichico-spirituale entra
nell'aldilà per espiare le proprie colpe nei confronti di Dio e dell'Umanità o, in caso di meriti cristiani per
trasferirsi nel "Paradiso esistenziale" in attesa del Giudizio Finale, della risurrezione dei corpi e della Parusia
di Cristo nella Gloria, la cui apoteosi sarà nel Regno dei Cieli.
La seconda morte è la separazione già menzionata anche da Plutarco di Cheronea, dello spirito che ritorna
a Dio che lo ha dato (Ecc., 12:9) dall'anima, figlia adottiva della terra, che ha preferito il mondo materiale
fatto di brama, collera e illusione. Non perché il Creatore abbia prodotto il mondo imperfetto, ma perché il
mondo è dominato dal maligno (I Giovanni, 5:19), usurpatore, angelo creato prima del mondo e diventato
demonio dopo la sua ribellione al Signore.
Spirito e anima patetica e anima erotica non possono essere gettati nel fuoco della Gehenna che ha una
funzione diversa dall'inferno purgatoriale che gli ebrei chiamano sheol' ed i greci Ades.
La seconda morte, dalla quale sono preservati i giusti, i santi, è fissata alla fine dei tempi quando accadrà
il Giudizio Finale o Universale, ma si può ammettere per molte persone anche prima del Giudizio Finale a
causa della precocità nel male ostinato e della selettività operata dalla giustizia divina. Deduco questo da
diverse considerazioni e dalla lettura di alcuni passi Scritturali. Esaminiamoli con i Vangeli alla mano.
Dopo la parabola del seminatore (Mc, 4:1-9), terminata da Gesù con la sua tipica espressione per
risvegliare meglio l'attenzione degli ascoltatori, "chi ha orecchie da intendere, intenda", gli apostoli si
avvicinarono al Cristo per chiedere delle delucidazioni: "Ma quando fu solo, i dodici che erano attorno a lui,
lo interrogarono sulle parabole. Ed egli disse loro: - A voi è dato il segreto del regno di Dio, a quelli invece
che sono fuori tutto si fa in parabole, affinché guardando guardino e non vedano e ascoltando ascoltino e non
odano, perché non si convertano e non sia loro perdonato" (Mc, 4:10-12). Lo stesso discorso allarmante è
riportato in maniera più esplicita dal Vangelo secondo Matteo: “Perché a voi è dato conoscere i misteri del
regno dei cieli, ad essi invece non è stato dato. Infatti a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza, ma a chi non
ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro per via di parabole, perché vedendo non vedono, e
udendo non odono, né intendono. E si compie in essi la profezia di Isaia, che dice: - Udrete con le vostre
orecchie, e non intenderete: e guarderete con i vostri occhi e non vedrete -. Poiché questo popolo ha un
cuore insensibile, ed è duro d'orecchie, ed ha gli occhi chiusi: affinché non vedano con gli occhi, né odano
con le orecchie, né comprendano con il cuore, né si convertano, e io li risani” (Mt., 13:10-14). Le parole
citate si trovano in Isaia, 6:9.
Poi ancora: "Fate attenzione a ciò che ascoltate. Nella misura con cui misurate sarà misurato a voi e a voi
che udite sarà dato di più. Poiché a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto (dal diavolo) anche quello che ha
(di spiritualità nel cuore)". (Mc, 4:23-25). Un altro passo integrativo è questo: "perché disse pure Isaia:
Accecò i loro occhi, e indurì loro il cuore, affinché con gli occhi non vedano e con il cuore non intendano, né
si convertano, ed io non li risani" (Gv., 12:39-41). Tutto questo dimostra che vi sono individui che non
meritano la grazia salvifica di Dio, perché reprobi, mancanti di fede, di cattiva volontà nel non volerne
sapere di sapienza divina. Dio vuole da noi la fede, la speranza e la carità: per lui, un amore totale,
diversamente condanna per l'eternità alla seconda morte, e Gesù parlò a una folla di condannati alla seconda
morte.
Malgrado la tesi archeosofica e della Chiesa d'Oriente che dalla Morte al Giudizio Universale l'inferno è
terapeutico per coloro che si ravvedono, ma dopo non lo è più, è logico supporre che taluni individui non
beneficeranno di questa grazia, ma sono già condannati all'inferno eterno o alla seconda morte, già da questa
vita per le ragioni che abbiamo udito dai Vangeli.
Le Sacre Scritture dicono a più riprese: "Chi sarà vincitore non sarà offeso dalla seconda morte" (Apoc,
2:11); "Beato e santo chi ha parte nella prima risurrezione: sopra questi non ha potere la seconda morte, ma
saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui per mille anni". Altrove apprendiamo: "E l'Ades
(inferno purgatoriale) e la morte furono gettati nello stagno di fuoco (gehenna). Questa è la seconda morte. E
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chi non fu trovato scritto nel libro della Vita, fu gettato nello stagno di fuoco" (Apoc, 20:15). Vale a dire che
vi sarà un giorno in cui non vi sarà più la possibilità di riparare né con le morti e le rinascite sulla terra, né
con il pernottamento nell'inferno purgatoriale, perché vi sarà solo e unicamente l'eternità della gehenna.
In Matteo, 10:28, Gesù dice: "Non temete coloro che uccidono il corpo e non possono uccidere l'anima:
ma temete piuttosto colui che può mandare in perdizione e anima e corpo nella gehenna". Il passo è
riconfermato da Luca, 12:4-5 in base al quale Origene fa il seguente commento: "Chi cercherà, dice Gesù, di
salvare la sua anima la perderà e chi la perderà, la salverà". I martiri cercano di salvare la loro anima; essi la
perdono quindi per salvarla. Ma quelli che vogliono salvare la loro anima senza perderla, perdono
contemporaneamente il corpo e la loro anima nella gehenna (Mt. 10:28). In merito diciamo alcune parole
secondo la capacità della nostra mente: l'uomo animale non accoglie ciò che viene dallo spirito (I Cor. 2:14)
e pertanto, non può essere salvato. "Semina un corpo animale, risuscita un corpo spirituale" (I Cor. 15:44).
Infine, chi si unisce al Signore non è con lui che un solo spirito. Se dunque colui che si unisce al Signore,
l'animale che egli era, si trova trasformato per questa unione nell'uomo spirituale ed è un solo spirito (I Cor.
6:17) con il Signore, noi pure, perdiamo la nostra anima per aderire al Signore ed essere trasformati in un
solo spirito con lui" (1).
San Paolo nella Lettera agli Ebrei (4:12), aggiunge qualche altra idea ispirata: "la parola di Dio è... più
affilata di una spada a due tagli, penetrante fino a dividere anima e spirito".
Sulla seconda morte si hanno dei riferimenti su una "corona". E un discorso oltre che mistico, iniziatico.
"Sii fedele e ti darò "la corona della vita"." (Apoc., 2:10); "gli fu data una corona ed uscì da vincitore"
(Apoc., 6:2). Da san Giacomo apostolo: "Beato l'uomo che sostiene la prova, perché quando l'avrà superata,
riceverà la corona della vita che il Signore promise a quelli che lo amavano" (Ep. di Giacomo, 1:12).
"Ciascuno... è tentato, attratto e sedotto dalla propria concupiscenza. La concupiscenza poi, una volta
concepita, partorisce il peccato, il peccato a sua volta quando è consumato, genera la morte" (Epist. di
Giacomo, 1:12-15). La seconda morte consiste dunque nella separazione dello spirito dall'anima a causa
dell'abuso di peccato. Il destino dell'anima è di finire nella gehenna, lo stagno di fuoco mentre lo spirito torna
a Dio. Come dice l'Ecclesiaste: "... e la polvere torni alla terra com'era prima e lo spirito ritorni a Dio che lo
ha dato" (Eccl. 12:7).
Chiunque pecca e non si pente, né rimedia ai suoi errori, non importa se in pensieri o in azioni, sarà
diviso; una parte del suo complesso psico¬spirituale subirà la sorte degli empi, l'altra che non gli appartiene
più ritorna "a Dio che l'ha data". Mentre l'anima e il suo corpo cadranno nell'inferno, lo spirito ritornerà al
Creatore che lo ha dato. Ma il giusto non deve temere nulla, egli non sarà diviso, la sua anima se ne va con il
suo spirito in perfetta sintonia: anima trasmutata, spiritualizzata, nella beatitudine eterna. Essere divisi è la
privazione dello spirito, ciò che senza essere Dio è divino nell'uomo, il resto, la parte propria dell'empio
irrecuperabile, cioè l'anima subirà il castigo con il suo corpo.
"L'anima che pecca è lei che morrà" (Ezechiele, 18:4). Il Profeta non dice lo "spirito che pecca", appunto
perché lo spirito non può peccare dato che Dio lo ha fatto a propria immagine e somiglianza, quindi quando è
tagliato in due, quando soccombe per sua colpa alla seconda morte, Dio ritira da lui non solo lo spirito, ma
l'immagine, e la somiglianza.
Nell'uomo vi sono due immagini e somiglianze; la prima è quella ricevuta all'inizio dalla Divinità, in
conformità a quanto è scritto nella Genesi " a immagine e somiglianza di Dio"; la successiva, la seconda, è
l'immagine e somiglianza terrestre che ricevette alla sua caduta quando fu cacciato dal Paradiso a causa della
sua disubbidienza e del suo peccato, preso dai lacci del tiranno di questo mondo. Ora se l'uomo dopo le prove
dolorose delle nascite e delle morti e delle reincarnazioni si mantiene ostinato nel peccato deve perdere
l'immagine e la somiglianza di Dio e restare con la sola immagine terrestre.
L'immagine di Dio è per l'esattezza l'immagine del Logos, perché è in Lui che il Padre ha creato ogni cosa
in unità dello Spirito Santo; egli è l'archetipo dopo il quale tutte le creature sono state fatte a sua immagine.
Infatti la Scrittura dice: "Dio dunque fece l'uomo e lo fece a immagine di Dio". Qual è l'immagine di Dio se
non il "primogenito avanti ogni creatura" (Col., 1:15), cioè il nostro Redentore?
Se vogliamo capire il motivo per il quale l'anima perversa infettata dal demonio e irrecuperabile viene
separata dal suo spirito su deliberazione della giustizia divina per essere abbandonata al fuoco della
Gehenna, mentre lo spirito incontaminato ritorna a Dio che lo ha dato, dobbiamo rifarci alla "Genesi
segreta", e quindi alla prima creazione della terra e dell'uomo-donna metafisici, e alla seconda creazione,
quella fisica, dalla quale dipendono le prime coppie umane biologiche.
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Prima di tutto dirò che Dio ha creato lo spirito del mondo, poi l’anima del mondo, quindi l'eros del
mondo, e ancora la mente del mondo, l'astrale del mondo, la vitalità del mondo e la materia fisica del mondo.
Di questi mondi costituenti il cosmo, l'uomo ha in sé tutti questi mondi, o meglio le monadi di questi.
Per questo gli antichi filosofi hanno detto che l'Uomo è un microcosmo, replica del grande cosmo.
Questa analogia ebbe grande fortuna nel XII secolo fra i commentatori di Platone e con san Bonaventura
da Bagnoregio, il monaco cistercense Guillame de Saint-Thierry, etc. per i quali la Lettera di san Paolo ai
Romani, 1:20 prese un grande valore.
La fisica moderna ha dimostrato che nella natura tutto è atomico, composto cioè di particelle in
movimento. Perciò è lecito supporre per analogia che tutta la creazione è atomica e che vi siano per sapiente
deliberazione di Dio, atomi di spirito del mondo e atomi dell'anima del mondo, e atomi di quei mondi che ho
già indicato sopra. Ogni atomo o sferula ha delle proprietà sue proprie, quindi fra i diversi mondi o piani vi è
un interscambio di pulsazioni. Questi costituenti del macrocosmo (grande cosmo) che si ritrovano nell'uomo
hanno le seguenti funzioni: il corpo fisico è il corpo della vitalità, la vitalità del corpo emozionale, il corpo
emozionale è il corpo del corpo mentale, il corpo mentale è il corpo del corpo causale e questo dell'eros,
anima e spirito. Lo spirito è in certo qual modo il corpo di Dio. Perciò il Cristo ha detto "il Regno di Dio è
dentro di voi" (Lc, 17:21), ma ha pure detto ai Farisei del suo tempo e di tutti i tempi presenti e futuri: "io vi
dico che il Regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne faccia i frutti" (Mt., 21:42). Il Messia
con quelle parole ha voluto significare anche il ritiro di Dio dallo spirito umano la cui anima è morta di
peccato (Ezechiele, 18:4), e perciò è stata separata dallo spirito con la seconda morte.
Lo spirito personale del dannato viene riassorbito dallo spirito del mondo, perdendo la sua personalità.
Quando i genitori si uniscono per dare alla luce un figlio, la madre concepisce una creatura il cui
embrione nel quale si è formato il corpo eterico, emozionale, mentale, attira il corpo causale, veicolo
dell'eros, dell'anima e dello spirito.
Sentir parlare di astrologia e di sopravvivenza dell'anima può meravigliare o rendere scettico chi non si è
addentrato negli studi sistematici delle influenze astrali. Eppure già da molti secoli i lama del Tibet a
proposito del Bardo Thòdol, il Libro Tibetano dei Morti utilizzano la loro astrologia per controllare la vita
postuma delle persone, per fissare chi deve toccare il cadavere o guidare con la parola l'agonizzante. Nella
Palestina l'astrologia era usata dagli asceti dei conventi Esseni di Qumran, nei pressi del Mar Morto per le
stesse ragioni ed anche per la ricerca del Messia. E interessante ciò che scrisse lo scomparso Cardinale Jean
Danielou, illustre storico ecclesiastico nel suo volume: La foi de toujours et l'homme d'aujourdui - Ed.
Beauchesne, Paris 1969: "...recentemente si sono scoperti a Qumran, nei "manoscritti del Mar Morto", due
oroscopi del Messia: ciò dimostra che fra gli ebrei dell'epoca era viva la preoccupazione di determinare sotto
quale stella sarebbe nato. La storia dei re magi, che in un primo momento potrebbe sembrarci straordinaria,
corrisponde invece a un carattere preciso dei costumi del tempo".
Prima ancora che apprendessi la notizia che i tibetani usavano e utilizzano al presente l'astrologia per
scopi religiosi, funerari e medicali, c'ero arrivato da me per intuito e per delle esperienze, dato che dal 1934
ad oggi ho investigato tutti i settori dell'astrologia. Nell'epoca aurea delle mie sperimentazioni yogiche e di
medianità superiore potei sviluppare importanti ricerche sui Perigei lunari (massima vicinanza alla terra),
sulla linea Equinoziale (Ariete-Bilancia) e le congiunzioni del Sole e della Luna (Noviluni) e delle
opposizioni (Pleniluni) perché favoriscono la dilatazione del doppio eterico rendendo più facile la
temporanea dissociazione del fantasma vivente dal suo corpo fisico. Questi studi miravano e dettero buon
risultato, almeno per coloro che erano predisposti allo sdoppiamento psico-corporeo e la visita cosciente del
mondo eterico, astrale e mentale.
Le mie ricerche sulla vita dei santi e dei grandi personaggi attraverso i loro oroscopi di nascita ed i
passaggi planetari, Rivoluzioni Solari, Direzioni agli anniversari, hanno confermato che vi è una
continuazione d'influenze anche dopo il loro decesso. Con ciò intendo dire che un transito planetario,
un'eclisse, l'arco di una Direzione armonico o disarmonico, si fanno sentire alla memoria del defunto. Per un
santo o una santa si hanno, per l'anno della beatificazione, canonizzazione, traslazione delle reliquie, ben
precise indicazioni astrologiche come se la persona fosse in vita.
Le fasi di discredito, dimenticanza del defunto, sono chiaramente indicate dalle quadrature e opposizioni
di Saturno, Urano, Plutone nei confronti del Sole e di Giove in correlazione a determinate case astrologiche.
I miei studi sui grafici astronomici di nascita di san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso, il santo
Curato d'Ars, santa Teresa d'Avila e del Bambino Gesù, san Francesco d'Assisi, santa Caterina da Siena e
santa Caterina de' Ricci, etc, mi hanno dato preziose indicazioni, per cui per me è un fatto certo, e sarei lieto
che altri studiosi indagassero in tal senso, dico un fatto sicuro che l'influenza degli astri condiziona l'uomo
non solo dalla nascita alla morte, ma continua ad agire su lui anche dopo che ha lasciato le spoglie mortali.
Per analogia ho indagato sugli oroscopi di criminali giustiziati in stato di rifiuto religioso, ebbene mi
risulta un destino di dopo morte funesto che dimostra una continuazione dall'inferno sulla terra all'inferno
dell'al di là. La tesi teologica cristiana del limbo, purgatorio, inferno e paradiso è convalidata dall'astrologia.
La credibilità o meno di questa mia segnalazione dipende: a) per il materialista di rendersi conto
personalmente con l'esperienza astrologica, la statistica, b) Per il credente nella vita postuma la prova è non
solo offerta dallo studio metodico dei diversi casi con l'astrologia trascendentale o Iniziatica(1). Solo la
personale sperimentazione astrologica farà capire che ho ragione, e prima di me i Lama del Tibet. Del resto,
se gli astri influenzano il carattere, le attitudini, una morale, questi astri è evidente che operano sulla sfera
psichica e mentale di un individuo, e se ciò accade, come dimostra la ricerca astrologica, l'influsso deve pur
continuare anche quando la persona è disincarnata. Perché? Evidentemente perché gli astri ed i settori
Zodiacali esercitano con le loro onde invisibili, ma reali, un'influenza sulla struttura biochimica del corpo (da
cui le malattie) ed un'altra sulla sfera psichica e dei corpi sottili, diciamo sui corpi sottili che di riflesso
operano sulla psiche e lo spirito.
Una domanda che può essere formulata con ragione da coloro che per la prima volta sono informati sulla
scienza del cielo e il destino dell'anima, è questa: - Su che cosa le influenze planetarie agiscono dal momento
che la persona ha cessato di vivere? A questa domanda rispondo: l'uomo vero consiste nell'Io immortale che
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ha per corpo cosmico un veicolo sottile di una particolare sostanza che registra i pensieri, gli stati d'animo e
gli avvenimenti più decisivi per l'evoluzione morale personale di tutte le vite passate e dell'ultima, cioè la più
recente, quella lasciata da poco(2). In questo corpo causale c'è la registrazione, la scatola nera e bianca
dell'Io. Ebbene, gli astri influenzano questo "corpo causale", così chiamato perché è la causa del nostro
processo evolutivo; è ad esso che Dio ha affidato il delicato compito di guida personale al diretto comando
dell'Io, come ha pure affidato noi stessi all'Angelo custode.
Il "corpo causale" è influenzato dagli astri anche dopo la morte, e come in vita per mezzo suo facevano
incontrare al vivente le buone e le cattive persone, i buoni e i cattivi consiglieri, allo stesso modo nei 49
giorni di peregrinazione nell'oltretomba, nella vita intermedia fra la morte avvenuta e la successiva
destinazione, saranno queste influenze a predisporre gli incontri con le entità vere e con le entità
fantomatiche del purgatorio, inferno e paradiso, secondo l'esperienza meritata dal defunto. Quest'ultimo,
come riceveva dagli astri la spinta da vivente ai sogni veraci ed a quelli ambigui e bugiardi con i personaggi
e le scene oniriche, così gli accadrà nel suo nuovo stato.
Il controllo astrologico inerente la vita postuma non si limita ai 49 giorni che racchiudono i momenti
critici, ma continua e muta carattere influenzale o per lo meno si trasforma con la successiva reincarnazione.
Quest'ultima dovrà effettuarsi sotto posizioni astronomiche similari a quelle della precedente incarnazione in
conformità alla legge di premio o espiazione. E evidente che una forte unione con il Signore, un grande
pentimento delle proprie colpe, una sete di perfezione e d'amore verso il Creatore e il prossimo daranno
all'individuo disincarnato una rinascita sotto buoni influssi, supposto che abbia bisogno di ritornare sulla
Terra. I punti di partenza per seguire deduttivamente che cosa capiterà al defunto dopo la morte sono questi:
1) diagramma o carta del cielo calcolata per il giorno, mese, anno, ora e minuti, città di nascita. 2) Carta
astronomica dell'anniversario precedente la data di decesso, chiamata in termini di astrologia, Rivoluzione
Solare. 3) Carta del cielo dell'istante di morte e transiti lunari. Questi ultimi sono interessanti da osservare
perché determinano i giorni critici di sette in sette. 4) L'oroscopo di Rivoluzione Solare calcolato per
l'anniversario del defunto, darà ogni anno delle informazioni dell'andamento della sua esistenza
soprasensibile.
Riprenderò, scendendo sul terreno pratico, questo argomento nel trattato già segnalato L'ASTROLOGIA
DEGLI INIZIATI ALLA SAPIENZA dove porterò numerosi esempi di santi e di famosi criminali per far
capire come gli astri - fermo restando il libero arbitrio relativo - regolano non solo le stagioni, i terremoti, le
maree oceaniche, favoriscono le malattie e le epidemie, ma il premio o il castigo nell'al di là.
Indicherò nel trattato già pronto, ma che attende gli ultimi ritocchi un importante studio interpretativo sul
famoso Dr. Marcel Petiot, nato il 17 gennaio 1897 ad Auxerre alle ore 3 e ghigliottinato il 25 maggio 1946 di
mattino, perché condannato per una serie spaventosa di delitti, traffico di stupefacenti, etc. Questo è uno dei
tanti esempi che verranno trattati secondo il profilo psicologico, gli avvenimenti da vivo ed i presunti nella
sfera infernale.
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1 Tommaso Palamidessi - L'ASTROLOGIA DEGLI INIZIATI ALLA SAPIENZA-.
2 La mia insistenza sulla dottrina della reincarnazione, avversata dalla Chiesa popolare, è tassativa, perché ho avuto ricordi di mie
passate vite con ritrovamento di oggetti e di luoghi ove vissi.
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I QUARANTANOVE GIORNI
DELLO STATO "POST MORTEM" E LORO SIGNIFICATO
I fenomeni della vita biologica e quelli dello stato dopo la morte sono in rapporto con certi ritmi, cicli,
numeri. Il 7, per esempio, è tante volte ripetuto nella Bibbia e nell'Apocalisse di san Giovanni e si trova nel
7° giorno considerato Santo. Nel Cristianesimo il 7 è altamente simbolico: i 7 doni dello Spirito Santo, i 7
Sacramenti. Il 7 è sacro anche per gli Ebrei: i 7 cieli, i 7 fiumi delle 7 montagne; nella liturgia: i 7 altari, le 7
fonti sacre, i 7 bracci del candelabro, le 7 unzioni di olio, le 7 coppie di animali puri che entrano nell'arca.
Per i Babilonesi vi erano le 7 divisioni dell'inferno. Molto significativo è un multiplo di 7, il 49 (7x7). La
medicina ha sempre trovato importanti i giorni critici che cadono di 7 in 7 a partire dal momento
dell'ammalarsi e quindi del decubito.
Il numero 7 giuoca anche nella vita di Gesù. 70 erano i discepoli del Signore (7x10), 70 gli anziani
d'Israele, 70 gli anni o settimane d'anni dell'apocalittica, 70 le nazioni della tavola etnologica della Genesi.
Nella natura, il numero 7 è il governatore della periodicità nei fenomeni della vita, nella serie degli
elementi chimici, le 7 note musicali, i 7 colori in fisica. Il 7 domina il Mistero dei 7 fuochi e dei 49 (7x7)
aspetti del Fuoco. Il sette ricorda al cristiano esoterico le 7 zone dell'esperienza dopo la morte nello stato
"intermedio", il cui simbolo di ciascuna zona è il manifestarsi, nella diàbasi, di uno dei 7 elementi del
complesso principio di coscienza.
Sulla sacralità dei numeri vi sono argomenti a non finire, e così vi dovrei accennare che vi sono 7 gradi o
mondi dell'illusorio spettacolo della natura nel mondo ove si nasce e si muore per rinascere nuovamente,
costituiti di altri 7 globi. Sopra ciascun globo vi sono 7 cerchi di evoluzione o stazioni di esistenza attiva, per
un totale di 7x7 = 49.
Nello stato dopo la morte, che si può definire con certezza uno stato embrionale nel mondo psichico
imparentato con lo stato embrionale fisico, dominato da ritmi numerici analoghi, sono decisivi i 49 giorni.
Di questa segreta tradizione Dio ha voluto che fossi informato direttamente nella notte del 2 novembre
1967. La notte in cui noi cristiani preghiamo per i nostri morti. Non saprei se fossero state le ore tre della
notte, ma è pur certo che fui condotto in spirito per capire il mistero della morte e dei 49 giorni dello stato
intermedio. Vidi passare in un mondo crepuscolare dai colori fluorescenti madreperlacei i processi di
gestazione di un embrione psichico, simili nei tempi di maturazione e crescita a quelli fisici. Un ripassare da
parte del trapassato (quale principio cosciente, punto di luce, forza pensante) di tutti i 49 stadi di esistenza
con gli acquisti di evoluzione e involuzione. Capii in tal modo l'interdipendenza dei due processi embrionali
e di crescita, il fisico e quello psichico: l'analogia dei passaggi nei due mondi, di tutte le fasi e forme di
struttura organica dall'uovo all'embrione e da questo al feto, con momenti decisivi ogni sette giorni. Una
strana tempesta con perturbazione di quell'oceano fluidico scuoteva ogni cosa. "Anche qui”, mi fu detto da
un personaggio che mi guidava: "Come da voi nel mondo materiale, la luna perturba a scadenze fisse le
sottili energie del nostro regno. Noi qui non siamo immuni dall'azione dei noviluni, dei pleniluni o dei quarti
di luna". Di un defunto che stava arrivando al 49° giorno di gestazione ultraterrena notai un cambiamento di
attività, di colori, una metamorfosi, e l'esortazione di una sua guida spirituale che suggeriva di reagire con
tutte le sue forze all'illusione, e di far presto a svegliarsi alla Luce del Cristo, Signore dei vivi e dei trapassati,
perché il secondo mese è conclusivo per la destinazione, cioè per la rinascita in uno dei mondi soprasensibili.
"Come sulla terra, prima di nascere passano da 270 a 280 giorni. Poi, quando il tempo dell'esperienza nel
nostro mondo è terminata, l'anima si incarna per la nuova prova".
Rimasi impressionato di quel sogno che non era stato sogno, ma rapimento nello stato "intermedio", dono
di Dio nella notte dei defunti. Consultai alcuni libri di fisiologia, perché non ricordavo o non sapevo il nesso
fra i 49 giorni della vita dei defunti ed i 49 giorni della vita intrauterina di una qualsiasi creatura sulla terra. E
ne ebbi la conferma. Compresi che si ripete per il trapassato, in certo qual modo, ciò che provò quando era
nell'utero di sua madre.
Nella vita del concepimento fisico, l'embrione prende il nome di feto alla fine del secondo mese cioè al
49° giorno di gravidanza. Qui il prodotto del concepimento assume la forma completa e caratteristica della
specie a cui appartiene. Prima del secondo mese si parla di embrione. Al primo mese l'uovo ha il diametro di
circa 2 cm mentre l'embrione, nel suo interno pesa da 1,25 a 2 grammi con una lunghezza di 7-8 mm. Alla
fine del 2° mese, più esattamente al 49° giorno (7 settimane) l'embrione ha forma grossolanamente umana, è
70
lungo 4 cm, e pesa circa 4 grammi. L'uomo raggiunge le dimensioni di un uovo di gallina, continua la
crescita e il perfezionamento dei sistemi fisiologici e anatomici, per arrivare al 9° mese, cioè i 270-280 giorni
per venire alla luce della vita terrena.
La visione mi dimostrò quanto sia decisivo il 49° giorno per l'anima del defunto. Per analogia trovo
conferma nelle spiegazioni scientifiche della fisiologia della maternità. Infatti, per le prime settimane, il
materiale di nutrizione viene fornito all'uovo da un rudimentalissimo sistema che sfrutta ancora gli elementi
di deposito contenuti nell'uovo (circolazione onfalo-mesenterica). Man mano che l'uovo prende contatto con
la mucosa uterina e vi affonda le radici (corion), questo sistema di nutrizione si perfeziona progressivamente.
Questo secondo tipo di circolazione si chiama "circolazione corion-allantoidea", ed è transitoria. La sua
durata si limita fino a circa la metà del 2° mese, verso il 49° giorno, quando l'uovo nella sua parte connessa
alla parete uterina prende la fisionomia della placenta e dà inizio con il simultaneo sviluppo del cordone
ombelicale, alla circolazione definitiva cardio-placentare. Il cordone ombelicale che al 2° mese è lungo
appena un cm, alla fine del 3° mese raggiunge i 7-8 cm, e al termine della gravidanza è lungo 50 cm
all'incirca.
Il numero cinquanta ricorda la remissione dei peccati, la servitù e la libertà, questo perché secondo
l'antica legge, i debiti venivano rimessi un tempo, dopo cinquanta anni, allo scadere dei quali si rientrava in
possesso dei propri beni. Con l'anno del Giubileo e i Salmi penitenziali c'è la promessa di perdono e di
penitenza. Anche la legge e lo Spirito Santo hanno un rapporto con il numero 50. Infatti la legge fu data a
Mose sul Sinai cinquanta giorni dopo l'uscita di Israele dall'Egitto e lo Spirito Santo per la Pentecoste scese
sul monte di Sion sugli Apostoli cinquanta giorni dopo la risurrezione di Cristo, per cui questo numero è
chiamato il numero della grazia e si attribuisce allo Spirito Santo. La Pentecoste è una festa ebraica, 7
settimane o 50 giorni dopo la Pasqua, riconosciuta come solennità cristiana perché in quel giorno si inaugurò
con un miracolo la comunità diretta dagli Apostoli (Atti, 2:1-14).
In base al Levitico (23:15-16): "Dal giorno dopo il sabato, cioè da quando avrete offerto il manipolo da
agitare, conterete sette settimane compite. Contate così, fino al giorno dopo il settimo sabato, 50 giorni,
offrirete al Signore un'oblazione nuova".
Nell'anno in cui morì Gesù, che fu il venerdì 14 nìsàn, vi fu la coincidenza del 15 nìsàn, festa di Pasqua,
con il sabato della settimana, e di conseguenza la Pentecoste cadde pure di domenica.
Il senso pentecostale si annoda alla missione dello Spirito Santo, promesso più volte da Gesù (Giov.,
15:26; Atti, 1:4-5-8) con la manifestazione visibile di lingue di fuoco che diede inizio alla Chiesa. Gli
Apostoli incominciarono a predicare e si ebbe la glossolalia, il dono delle lingue, come accadde spesso nella
Chiesa dei primi tempi (I Cor., 14).
Nella Liturgia la festa della Pentecoste è enunciata nell'antifona del Magnificat dei II Vespri del giorno.
Come ha scritto S. Agostino, in quel giorno di letizia si ricorda non solo la discesa dello Spirito Santo sugli
Apostoli, quasi fosse il dies natalis, ma si ha il coronamento di tutta 1' "economia della salvezza". Il ricordo
storico della discesa dello Spirito Santo è commemorato presso gli orientali il lunedì della Pentecoste.
Tertulliano faceva della Pentecoste un tempo battesimale, anzi divenne poi il momento più indicato per
battezzare i catecumeni che non lo avevano ricevuto durante la veglia pasquale (Ep., 1:2).
Da questo simbolismo misterioso deriva pure la decisione per la sorte del defunto, in base al Libro
Cristiano dei Morti di risolvere il suo stato dopo la morte con il passaggio a una nuova condizione o fallire la
prova se il destino costruito dal defunto è tanto cattivo e temporaneamente irrimediabile.
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Come Dio Uno e Trino ha creato l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza spirituale, così l'uomo
e la donna, nel corso delle loro numerose reincarnazioni fisiche e in altri mondi, hanno creato un corpo, una
immagine, un riflesso di loro stessi con la cooperazione dei due Angeli assegnati da Dio: l'Angelo buono e
l'Angelo cattivo, dei quali abbiamo già scritto, riferendoci ad un testo degli Esseni e altri riferimenti
scritturali.
La creazione fatta dall'uomo è creazione relativa, è più che altro un utilizzare una materia già esistente,
plasmandola per fare qualche cosa che gli rassomigli. Dio crea gli spiriti, o meglio le triadi di ogni Ego, ma
l'uomo non può fare altro che formare, generare un fantasma, un doppio fantomatico di sé stesso, un ente che
riassume il bene ed il male compiuto da lui, specchio della sua libertà, volontà, intelligenza, pensiero,
sentimento.
Non sappiamo se il "Guardiano", cioè l'altro Ego artificiale, nasce, si forma fin dalla prima incarnazione o
nel corso dei ritorni ciclici. Potremmo azzardare l'ipotesi, sperando di averne conferma dalle future
esperienze, che la larva patos-mentale (il Guardiano) abbia avuto inizio sin da quando l'Ego divenne padrone
di un corpo terrestre. Il Guardiano è una palla di ferro incatenata a un piede che si è costretti a portarsela
dietro per sempre. Non si tratta di un ente effimero, ma durevole che può farsi un buono o un cattivo
Guardiano prima di diventare alla fine dei tempi, il corpo della risurrezione.
Il Santo forgerà il suo Guardiano come se fosse l'immagine di un angelo buono, il Malvagio plasmerà il
suo Guardiano come il fantasma di un Demonio. Nel primo caso, l'individuo diventato Santo ha lottato per
ascoltare l'Angelo Buono, nel secondo ha dato retta all'Angelo Cattivo, respingendo le ispirazioni del Buono.
Tutto quanto esponiamo, non è una ipotesi. L'Ego è creatore nel senso sopra indicato, mai nel senso
Divino, perché Dio è Dio e noi siamo dei creati. Questo concetto è importante per non cadere nei concetti
discutibili delle filosofie dell'India e loro derivazioni.
L'Ego, può con una deliberazione, dar vita a esseri reali come materia, irreali o inesistenti come spirito,
sempre legati al loro creatore (l'uomo) sia che esso si trovi incarnato che disincarnato. L'uomo ha una sete di
vivere che lo spinge nel mondo fenomenico, uno spirito di conservazione e un attaccamento alla sua persona
fisica e psichica che sempre più si consolida come ente, in circostanze favorevoli, e in certi momenti della
vita può passare alla forma corporea, si può trasformare in un precipitato autoagente e autoreagente sotto
l'impulso dell'Io.
L'istinto di conservazione racchiuso nell'ente creato dall'uomo stesso, prende radice nella paura della
morte e si presenterà come il "Guardiano o l'Angelo della Porta"(1) . Il Guardiano della Porta è una forma
pensiero della personalità che perseguita ovunque il suo proprietario, il suo artefice e schiavo, fino a quando
nella fase finale del controllo da parte dell'Ego e dei suoi due Angeli, se dovrà verificarsi la distruzione della
personalità nel senso voluto dal Cristo, si modificherà nel sembiante del buon Guardiano della Soglia.
Viceversa, nel cattivo Guardiano della Soglia (Porta).
I Vangeli narrano di questa esperienza a proposito della Montagna ove avvenne la Trasfigurazione di
Gesù, e che noi abbiamo visitato quali pellegrini nell'aprile 1966 (Matteo, 17:2; Marco, 9:13).
I contenuti psichici dell'ente personale spingono la coscienza per la legge delle affinità a soddisfare in
ogni circostanza favorevole all'egoismo, la sete egoistica e arrivano a oggettivarsi, stimolati dalle forze
demoniache, assumendo l'aspetto del mostro minaccioso. Con queste forze, con le potenze inferiori,
partecipa il guardiano del Sanctum Regnum.
Il "Guardiano della Soglia", favorito dalle forze della natura inferiore tenta a ogni costo di tenere
prigioniero della materia l'individuo per impedirgli di ascendere al cielo, ma poiché questo Guardiano è
come un Giano bifronte, ne racchiude anche la parte buona che spinge verso il cielo, ne consegue il travaglio
della coscienza dibattuta fra il bene e il male, fra cielo e terra.
A questo punto è logico chiedersi se Gesù ebbe il "Guardiano della Soglia". Ebbene, sì!. Come uomo
Gesù aveva un "Guardiano della Soglia" puro, perfetto, rispondente al solo Angelo dell'Equità e respingente
l'Angelo d'Iniquità. Le lotte di Gesù nei momenti di isolamento nel deserto, sul monte della tentazione presso
Gerico, lo dimostrano. Come Uomo Cosmico, come Messia volle legarsi al Guardiano dell'umanità,
l'inconscio collettivo, penetrarlo per aiutarlo a purificarsi.
1 La Porta, la Soglia, è citata spesso nel Vecchio e Nuovo testamento in Prov., 8:34; Salmo, 84:10; Genesi, 28:17; Matteo, 7:13-14
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L'unico tribunale è la coscienza che nello stato post mortem oggettivizza in un mondo in cui tutto è
mentale. Questo tribunale è sempre attivo, segretamente e ci coglie quando meno ce lo aspettiamo.
IL GIUDIZIO PARTICOLARE
SARÀ FATTO DA GESÙ CRISTO PERCHÈ UOMO
In diversi passi dei Vangeli si dichiara che Gesù Cristo ha dichiarato che il giudizio è affidato al Figlio:
"... il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio, affinché tutti onorino il Figlio come
onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato" (Giovanni, 5:22). E’ chiaro
che il Padre non giudica nessuno, perché l'anima se fosse ammessa al giudizio del Padre, per subirlo
dovrebbe essere ammessa al Paradiso, cioè alla visione di Dio, il che è impossibile. E lo confermano le
anime condannate all'inferno. Il giudice supremo sarà il Cristo in quanto uomo [com]e coloro che morirono e
patirono per la sua testimonianza.
Sarà, dunque, ammessa alla presenza di Cristo giudice ogni anima che lascia il corpo? No! Perché sarebbe
come ammettere al Paradiso e al cospetto del Padre anche chi non lo merita. "Chi vede me, vede Colui che
mi ha mandato" (Giov., 12:45). Perciò i giudicandi vedranno l'umanità del Cristo, cioè l'immagine, secondo
la legge che regola le immagini del mondo mutevole dei fenomeni. Cristo è la Luce che solo i santi possono
vedere, e per un attimo i morenti, purché la sappiano riconoscere e fissarsi in Essa.
Il riconoscere la Luce perpetua presuppone un certo esercizio ascetico e mistico fatto in vita o una Grazia
speciale di Cristo. Per riconoscere bisogna aver già veduto, e aver visto veramente.
Nel Giudizio Gesù Cristo non andrà da ciascun defunto, la sua compresenza in tutti sarà incessante,
compresenza di Luce e di immagine. La prima come divinità, la seconda come umanità. La mente può
vedere solo immagini per la sua qualità intrinseca, ma Dio può tutto, e può, quando e come vuole, farsi
vedere nella coscienza dei defunti per la loro ricompensa. L'anima è introdotta al cospetto di Cristo e ne
subisce la sentenza senza che Lui vada a lei, e lei vada a Lui.
E’ quindi importante la devozione all'Umanità di Cristo, la sola che l'uomo in quanto uomo può
contemplare, devozione al Suo Cuore, al Suo Sangue, versato per tutti. Sangue di Redentore pietoso,
disposto sempre a giudicare con amore quelle anime che lo desiderano sempre e che amano l'umanità degli
uomini come se fosse l'Umanità di Cristo.
Colui che fa il male è istantaneamente ferito dentro, disorganizzato, spogliato, tagliato fuori di
comunicazione da Dio, consegnato alla creazione ostile, destinato alla sventura. Operi bene o male, la
coscienza è subito trasformata inesorabilmente nella natura della sua propria azione.
Dio è amore assoluto e non punisce, siamo noi stessi gli artefici della nostra punizione. Dio è Luce
perpetua, ma con la tenebra del peccato impediamo alla sua Luce di renderci sfolgoranti.
Dopo la morte l'uomo si trova fissato in ciò che fu e, per innumerevoli cicli, se da vivo non ha imparato le
regole della teologia ascetica e mistica, e non le ha vissute, sarà trascinato dalle rappresentazioni terrificanti
della sua coscienza, dai rimorsi e dall'accusa dei vizi che nel mondo dei morti appariranno come demoni e
personaggi infuriati, amici e parenti lo accoglieranno minacciosi. In questo stato di coscienza allucinante
avrà qualche momento di pace, apparizione di angeli, santi, amici, parenti in atteggiamento incoraggiante e
di aiuto, per l'affiorare dalla coscienza di quelle tensioni dialettiche che scaturiscono dai buoni pensieri e
dalle buone azioni compiute. Può anche apparire Gesù, la Vergine SS. anche se non saranno altro che
immagini. Sarà la misericordia divina e della Madonna che proiettano la loro energia luminosa attraverso le
tenebre dell'anima. Sarà questo il momento per aderire con tutto il cuore e tutta la mente in uno slancio di
amore.
L'immediatezza del giudizio particolare è confermata da un raro documento medianico che la Chiesa, sia
pure con le sue sane riserve ha pubblicato in traduzione italiana: Il manoscritto del Purgatorio - Elle Di C-
Torino - Leuman 1962, pag. 55-56. Questo documento fu pubblicato anni or sono dalla Direzione del
"Bulletin de Notre-Dame de la Bonne Mort" (Tinchebray - Orne - Francia). Il manoscritto fu consegnato alla
suddetta Direzione da un Sacerdote, missionario, e concerne le relazioni di una Religiosa con un'anima del
Purgatorio.
Ne riporto alcuni brani, perché è la Chiesa Apostolica Romana ad assicurarne la serietà e l'autenticità.
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Alla domanda: "- Ditemi, che cosa avviene all'agonia e dopo? L'anima si trova nella luce o nelle tenebre?
Sotto qual forma viene pronunciata la sentenza?
Risposta. Come dirvi e descrivervi quel che avviene dopo l'agonia? Non è possibile comprenderlo bene
senza esserci passati. Nondimeno cercherò di spiegarvelo meglio che posso. L'anima, nel lasciare il corpo, si
trova tutta perduta, tutta investita (se così posso dire) da Dio. Essa si trova in una luce tale che in un batter
d'occhio vede tutta la sua vita e, in conseguenza, quel che merita. Lei stessa in questa visione sì chiara,
pronunzia la propria sentenza. L'anima non vede il buon Dio, ma è annientata dalla sua presenza. Se è
un'anima colpevole come lo ero io e che, per conseguenza, ha meritato il Purgatorio, essa è talmente
oppressa sotto il peso dei peccati che le restano da espiare che da sé stessa si sprofonda nel Purgatorio... San
Michele è là quando l'anima lascia il corpo; lui solo io ho visto e vedono tutte le anime. Egli è come il
testimone e l'esecutore della giustizia divina. Io ho visto anche il mio angelo custode....
- E quando trattasi di un'anima che va direttamente in Cielo?
Risposta. Per quest'anima, l'unione cominciata con Gesù continua alla morte: ecco il Cielo, ma l'unione
del Cielo è ben più intima di quella della terra".
Quindi, dopo la morte il giudizio. Il processo si risolve entro 49 giorni. Ogni 7 giorni all'anima
disincarnata accade un fatto importante di questa singolare esperienza.
L'antichità cristiana fu dominata dal pensiero della parusia: il ritorno del Cristo, la risurrezione dei morti e
il giudizio universale; svanita la figura di questo mondo, si fissa per sempre il destino del cristiano. Fino al
sec. VIII il giudizio particolare sembra escluso dai testi primitivi della preghiera. Tuttavia per la teologia era
ammesso questo giudizio istantaneo appena trapassati. I primi a occuparsene furono gli scrittori della Scuola
Alessandrina. L'anima dopo la separazione dal corpo, secondo Origene e i suoi discepoli, deve affrontare la
tremenda lotta contro i demoni, lotta che decide la sua sorte eterna. Da questa lotta nessuno è escluso,
neppure i santi. Quanto duri questa lotta, questa prova, non è fissato, ma per un certo periodo, quanto dura il
passaggio per i vari stadi (telonìa). Ripeto, per noi archeosofi è di 49 giorni, così pure per i Tibetani e gli
antichi Egizi. Quindi il dovere di pregare per le anime dei defunti, affinché Dio abbia pietà di loro e li liberi
dalla lotta contro i demoni inculcando loro la necessaria forza.
Le liturgie orientali dimostrano questa convinzione. "Quando sarò consegnato ai demoni e a forza mi
condurranno nell'inferno, Angelo di Dio, ricordati di me", dice il moribondo all'Angelo custode
nell'eucologio greco. "Libera i tuoi operai, o Signore dalla gehenna e dalla amarezza dei tormenti", si legge al
"sabato delle anime" nel Pentecostarion.
Nell'Ordo commendationis animae il rituale dice: "Possa tu ignorare gli orrori delle tenebre, il crepitio
delle fiamme, lo strazio dei tormenti. Si ritiri da te il crudelissimo Satana con i suoi satelliti e nella sua
venuta, essendo tu in compagnia degli Angeli, tremi e fugga nell'immenso caos della notte eterna... Siano
svergognate tutte le legioni infernali e i ministri di Satana non osino ostacolare il tuo viaggio".
La preghiera che ho riportato è una lettera di San Pier Damiani (morto nel 1072), entrata in seguito nella
liturgia, ma parole di questo tipo si trovano nei rituali sacramentari mozarabici, gallicani, celtici. Con la
concezione orientale si spiega l'offertorio dei defunti (sec. X) di derivazione irlandese: "Signore Gesù Cristo,
re della gloria, libera le anime di tutti i fedeli defunti dalle pene dell'inferno, e dal profondo dell'abisso:
liberale dalla bocca del leone, affinché non le inghiotta il tartaro e non cadano nel buio: ma il vessillifero S.
Michele le conduca a quella luce santa, che una volta promettesti ad Abramo e alla sua discendenza". Nel
tratto della Messa e nella colletta "in die obitus", c'è un accenno simile: "Non lasciarla (l'anima) in mano al
nemico, e non indugiare a perdonarla".
Di origine franca (sec. X) è la bella orazione "Non intres" per assolvere il defunto che in termini positivi
parla del giudizio particolare: "Non entrare in giudizio con il tuo servo, o Signore, perché nessun uomo sarà
trovato senza colpa davanti a te, se da te non gli venga concessa la remissione di tutti i peccati. Ti
supplichiamo perciò affinché la tua rigorosa sentenza non gravi colui che ti viene raccomandato dalla vera
preghiera della fede cristiana, ma aiutato dalla grazia tua, meriti di evitare il giudizio e il castigo".
Una recente formula del rito della benedizione apostolica "in articulo mortis" riportata dal Rituale
Romano tit. VI, c.6, accenna con chiarezza al giudizio "nell'ora della morte": Visitalo (l'infermo) nella tua
bontà e per la passione e morte del tuo Unigenito, concedigli clemente il perdono e la remissione di tutti i
peccati; affinché la sua anima nell'ora della morte trovi in te il giudice benigno, e purificata da ogni macchia
dal sangue dello stesso Figlio tuo meriti di passare alla vita eterna".
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MUTABILITÀ O IMMUTABILITÀ
DELLA VOLONTÀ NELLE ANIME DISINCARNATE
È opinione di san Tommaso d’Aquino e quindi avallata dalla Chiesa di Roma, che le anime beate dopo la
morte hanno la volontà invariabile fissa nel bene, e così pure le anime del purgatorio, mentre le anime dei
dannati hanno la volontà fissa nel male. Questo modo di considerare il futuro dei defunti che san Tommaso
esprime nel Libro IV, cap. 92, 93, 94 della sua Summa contra Gentiles, non è accettato dall’Archeosofia
perché nettamente contrastante con i principii della redenzione cristica, del libero arbitrio e della preghiera
liturgica della Chiesa in suffragio delle anime dei defunti.
Un valido esponente della Chiesa d'Oriente, Paul Evdokimov(1), scrive: "Escludendo la soddisfazione
penale, l'Oriente insegna la purificazione dopo la morte, non come pena da purgare ma come continuazione
del destino, purificazione e liberazione progressiva, guarigione. Tra la morte e il Giudizio l'attesa è creatrice:
la preghiera dei viventi, le offerte che essi fanno per i defunti, i Sacramenti della Chiesa intervengono e
continuano l'opera del Signore".
Supporre che le anime nell'al di là siano fisse nella volontà è come ritenere il corpo fisico più importante
dell'anima e dello spirito mentre è solo uno strumento valido per esprimere ciò che l'Io psico-spirituale vuole,
sia nel bene come nel male. Il corpo è polvere, dice la Scrittura e in polvere ritorna, noi diremmo che il corpo
è un composto di elementi chimici e decomponendosi ad essi fa ritorno. Quindi, nel corpo o fuori del corpo
l'individuo è coscienza, volontà, memoria, sentimento, almeno fino al giorno del Giudizio. Poi si vedrà. Il
pensiero patristico afferma infatti che dalla morte al Giudizio il tempo non è vuoto, statico, fisso nel bene o
nel male come erroneamente sostiene san Tommaso d'Aquino, ma dinamico, fino al punto da far scrivere a
sant'Ireneo(2) che le anime nell'al di là "maturano". Naturalmente amando Iddio e il prossimo o odiando i
due. Naturalmente l'esperienza incarnata ha delle caratteristiche simili, ma non uguali a quelle dell'anima
disincarnata. Qui siamo nella terza dimensione, dopo la morte si entra nella quarta dimensione e forse in altre
ancora.
Nell'al di là i morti hanno una scioltezza nuova e una facilità estrema a spostarsi e percepire i pensieri
degli altri esseri, la loro coscienza è perfetta, se non lo fosse la visita di Gesù Cristo agli Inferi, cioè nell'Ades
per predicare la buona novella anche a loro, sarebbe non un fatto storico e scritturale, ma una leggenda
bugiarda, il che non è. Quasi tutti i Padri orientali sono dello stesso parere(3). Il racconto evangelico della
Trasfigurazione dove Mose ed Elia conversavano con Gesù, e la parabola di Lazzaro e del ricco indicano che
la vita, passando attraverso la morte, continua in piena coscienza.
Di volontà fissa nel male si potrà parlare solo dopo il Giudizio Finale, con la seconda morte che è la
perdita per l'anima disincarnata dello spirito che aveva dato Iddio, e che da Lui viene ritirato come dicono le
Scritture. Allora, con la sola anima malvagia l'uomo sarà una bestia selvaggia eterna in conflitto con donne e
uomini che pur in sembiante umano, perché risorti, saranno una dissocietà selvaggia e torturata dai demoni.
In tal caso mancando lo spirito non si possa più parlare di volontà ferma nel male.
Quanto all'eternità di queste pene non è possibile dare una definizione, perché la parola "eternità" nella
terza dimensione della vita fisica ha un significato diverso che nel mondo dei disincarnati ove il tempo non
corrisponde al nostro di incarnati.
San Tommaso ricorre alla parabola del ricco epulone, come del resto fanno molti scrittori ecclesiastici,
parabola indicata da Luca (16:19-31) per dimostrare che subito dopo la morte c'è la collocazione definitiva
nel seno di Abramo per i buoni o nelle pene dell'inferno per i peccatori. Questa citazione ritenuta un esempio
costruttivo è invece una dimostrazione contraria alla tesi di san Tommaso. Infatti se la volontà dell'anima
peccatrice fosse fissa solamente nel male, il ricco dal suo stato di sofferenza non potrebbe chiedere aiuto di
refrigerio ad Abramo, cosa che invece faceva in piena libera volontà. Né quell'anima in pena inveiva, ma
chiedeva umilmente misericordia direttamente ad Abramo ed a quel Lazzaro che in vita aveva disprezzato.
Neppure è sostenibile la tesi dell'eternità della pena, perché il testo evangelico con la sua parabola non fa
allusione al Giudizio Finale, alla risurrezione dei corpi e alla seconda morte nel lago di fuoco o Gehenna. Il
testo dice esattamente: "E’ nell'Ades (non Gehenna), essendo nei tormenti...". La Scrittura dice chiaramente
che la sentenza eterna sarà pronunziata solo al Giudizio Finale. Ma prima di allora è ancora possibile
attraverso la sofferenza, il pentimento, la fede e la speranza nella misericordia di Dio, risolvere in meglio il
proprio stato, avviandosi verso la redenzione.
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La Chiesa Romana insiste nella dannazione eterna inflitta a coloro che si ostinano a perseverare nel male
fino alla morte. Non siamo d'accordo. L'anima dopo la morte attraversa un periodo di sonno e di incoscienza
di tre giorni e mezzo, talora anche sette giorni o un tempo più lungo in altri casi, ma al risveglio poco per
volta si renderà conto della sua mutata condizione, e dopo la fase di ansia, rimorsi, sofferenze morali e
soggettive, si può anche avviare alla guarigione, e quindi salvarsi. Se poi è necessaria l'esperienza del piano
fisico, sappiamo che il disincarnato può rientrare nel regno umano affinché sia realizzabile la massima
redentiva di Gesù: "Io ti dico in verità che di là (prigione) non uscirai finché tu non abbia pagato l'ultimo
quattrino" (Matteo, 5:26). Ora pagare tutti i debiti significa trovarsi nella posizione fisica e morale del buon
ladrone crocifisso accanto a Gesù sul Golgotha, il Gesù che disse a quell'infelice: "In verità ti dico, oggi sarai
con me in Paradiso".
Parte Seconda
TESTO INTEGRALE
Questo quaderno sulla preparazione ed il mistero della morte è dedicato al mio figlio spirituale Renzo
Bernardini, stroncato a soli cinquant'anni dopo una lotta disperata per salvarlo da un male inesorabile che gli
attaccava il cuore. Per un disegno della Provvidenza Renzo Bernardini era nato a Pisa il 30 marzo 1923 alle
ore 16 e in questa città aveva dato vita al "Gruppo archeosofico pisano", ma venne a morire a Roma il 3
aprile 1973 alle ore 22, la città ove ricevette l'Iniziazione e il massimo grado dell'Ordine Iniziatico
Loto+Croce; la Città dei Santi Pietro e Paolo, e Paolo era stato il suo nome mistico. Renzo Bernardini era
preparato a lasciare la terra e negli ultimi anni aveva lavorato assieme agli amici del suo gruppo per
accelerare la sua ascesi, isolandosi spesso con loro sui monti della Toscana. Il 3 aprile, ultimo giorno di vita,
assistito dalla moglie Nella fu pienamente consapevole della sua imminente fine.
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La lettura rituale per guidare il defunto nell'al di là si deve fare nell'istante in cui muore fino all'ottavo
giorno.
Nel corso di questi giorni se la coscienza del defunto non è riuscita a raggiungere l'Illuminazione post-
mortem in Cristo, ma si è addormentata per risvegliarsi come capita di solito dopo tre giorni e mezzo o
quattro di svenimento, si insisterà per tenerla desta o svegliarla qualora fosse assopita dandole le istruzioni
per ottenere misericordia e la grazia del perdono e dell'accoglienza. Si procederà poi ad una nuova lettura
energica e breve per 40 giorni che sono la settima parte dei 9 mesi occorsi per la gestazione dalla
fecondazione alla nascita fisica. Questa lettura si farà nei giorni critici che oscillano fra il 7°- 8° giorno dalla
morte sino alla copertura dei 40 giorni: 7°, 14°, 21°, 28°, 35°, 42°.
Poiché dalle visioni dei santi risulta che alle solennità festive di Dio sulla terra salgono al cielo molte
anime che espiavano nel purgatorio, si farà il rito della lettura del Libro Cristiano dei Morti alla mezzanotte
dal 24 al 25 Dicembre di ogni anno (Natale), dal 5 al 6 Gennaio (Epifania), Pasqua, 2 Novembre (Festa dei
defunti), 1 Novembre (Festa di tutti i Santi).
Si farà la lettura all'anniversario di morte del defunto.
Quando si muore per il cristiano si aprono due vie: lo spegnimento alla vita della terra e l'unione con Dio,
e questa è la sorte dei Santi; oppure la rinascita, il ritorno alle esperienze sul pianeta che si era abbandonato
con le spoglie mortali, quando non si seppe vincere l'errore e non si comprese che tutto è sogno, irreale, e che
l'unica realtà è Dio perché a sua immagine e somiglianza.
Il libro in questione è la liberazione ottenuta per mezzo della conoscenza nel piano che segue la morte,
purché in vita il soggetto sia vissuto in conformità alla Parola di Dio e all'indirizzo indicato da Gesù. La
conoscenza senza la carità non apre le vie del Paradiso.
Fra i metodi di liberazione, oltre quello della conoscenza, della concentrazione della mente in un solo
punto che altro non è se non Dio, vi è la compassione, la devozione.
Tre sono le vie per il raggiungimento di tale liberazione: quella della conoscenza, dell'azione e infine
quella della devozione. In quanto a importanza sono tutte sullo stesso piano di maggiore o minore efficacia.
Il "Libro Cristiano dei Morti" vuole attenersi alla sola via della conoscenza, perché quella dell'azione è
solo propria di chi è vivo ed ha un corpo fisico per agire.
Per tenerci sul terreno dell'esperienza diremo che appena un cristiano si sente prossimo alla fine, fa
chiamare vicino a sé un esperto nell'estrarre il principio cosciente, ma se il morente è stato iniziato
all'Archeosofia, preferisce chiamare al suo capezzale il suo istruttore personale, incaricandolo di osservare e
controllare sul suo corpo i sintomi agonici e del trapasso e di rileggergli la diàbasi del trapasso, poi di
recitargli a morte avvenuta, la diàbasi del confronto con la Realtà o illusioni della legge di causa ed effetto,
infine quella della rinascita.
Al manifestarsi dei sintomi della morte, si copre con un bianco velo il viso del defunto e si vieta di
toccarlo affinché il processo della separazione dell'anima dal corpo si completi e la controparte fisica non sia
turbata.
Il processo psico-fisico di cui parliamo, normalmente avviene in tre o quattro giorni, anche perché prima
di questo tempo è difficile che il morto si accorga di essere tale, cioè di non possedere più il corpo fisico.
Quindi il sacerdote si siede accanto al capezzale del defunto, allontana dalla camera mortuaria tutti i
parenti e gli amici in lacrime, e fa chiudere finestre e porte per eseguire l'officio funebre nel più assoluto
silenzio. Servizio consistente in una mistica salmodia il cui contenuto consente allo spirito del morto di
trovare e percorrere il cammino dell'oriente dove risiede il Logos, sfuggendo così, se i frutti delle azioni
compiute in vita lo consentono, allo stato intermedio o della diàbasi che è indesiderabile.
Il sacerdote dopo aver ordinato allo spirito di abbandonare il cadavere al quale sino a quel momento è
stato unito, e l'eventuale attaccamento ai beni materiali terreni, ai parenti, osserva (con le sue doti di
chiaroveggente) la sommità del cranio del defunto, nella zona dove per sutura sagittale si uniscono i due
parietali. Se il capo del morto non è calvo allora strappa alcuni capelli sopra la suddetta apertura. Un tale
processo di notevole importanza giova a stabilire se lo spirito è uscito a perfezione. Se manca il cadavere,
allora il sacerdote si concentra mentalmente su di esso, lo visualizza, fissandolo nella mente il più a lungo
possibile.
Una tale osservazione chiaroveggente dà la certezza dello stato evolutivo del morto e la garanzia che
l'anima è uscita dal corpo. Dopo la visualizzazione c'è la chiamata dello spirito e lo svolgimento della
cerimonia liberatrice con la lettura per circa un'ora di alcune parti del Libro, adattate al grado evolutivo del
trapassato.
Nel frattempo un iniziato astrologo traccia l'oroscopo della morte, basato sull'ora e sulle circostanze in cui
questa è avvenuta. Ciò serve per conoscere il miglior modo di disporre il cadavere, le persone che possono
toccarlo, il modo e il tempo opportuno dei funerali e i tipi di riti da eseguirsi a beneficio del morto.
Gli astri regolano la nascita e la morte, come le stagioni e la vegetazione. Non dimentichiamo che anche
la nascita di Gesù fu annunziata e coincise con un grande fenomeno astronomico: la stella dei Re Magi. La
morte sulla croce coincise con la famosa eclisse di sole.
Il corpo esanime si depone su di un lato in posizione raggomitolata o embrionale, simbolo di nascita a
nuova vita nell'al di là.
Dopo averlo così disposto, lo si colloca in un angolo della camera, badando che non sia quello assegnato
al demone dell'abitazione.
80
O Voi, santi Arcangeli Gabriele e Raffaele, definiti Nunzio di Dio e Medicina di Dio, guarite, salvate
quest'anima pentita, piena di fede, speranza e amore, dalla macina del post-mortem. Così sia.
1 Le dieci direzioni dello spazio metafisico sono: lo Zenit, il Nadir, i quattro punti cardinali e i loro punti intermedi.
L'ASSISTENZA AI MORIBONDI
PREPARAZIONE DEL MORITURO
Le seguenti modalità hanno lo scopo di preparare alla buona morte una persona ancora capace di pregare
assieme alla guida e concentrarsi per l'imminente dipartita.
Accesa una candela benedetta, l'accompagnatore al trapasso porge all'infermo da baciare il Crocifisso o
l'icona di Cristo e lo colloca in modo ch'egli lo possa guardare e attingerne speranza e conforto. Poi invita i
presenti ad ascoltare e pregare insieme quando lo indicherà.
Come Giacobbe, rimasto solo nella tenebra e vittoriosamente impegnato contro il demone o angelo del
sonno, per tutta la notte, vinse trattenendolo fino all'alba, finché vide il volto di Dio senza morirne e fu salvo,
così tu, anima cristiana (N.N.), prega e veglia fino all'arrivo del Signore.
82
L'OFFICIANTE AL MORENTE
Figlio (o Figlia) della Luce! È già l'ora di partire. La tua grande fatica è compiuta, il tuo soggiorno di
dolore sulla terra volge al termine. La tua nascita è servita a purificarti e imparare ad amare Iddio e il
prossimo. Ora devi andartene per realizzare la più grande delle conquiste: l'unione illuminante con Gesù che
amasti nel mondo e che ti attende davanti al portale del Paradiso.
Chi fosti, quel che facesti non ha più importanza se veramente provi pentimento di aver fatto ciò che non
dovevi e di non aver compiuto ciò che desideravi. Confida nella infinita misericordia, nella sconfinata
compassione, nell'illimitato amore di Dio per le sue creature. La santità che nella vita non realizzasti puoi
ottenerla per Grazia straordinaria oggi, in un solo istante, perché Gesù ha lavato con il suo sangue i tuoi
peccati ed ha promesso la Vita Eterna a chi crede in Lui.
Gesù ha detto: ... chi ama me, sarà amato dal Padre mio, ed io lo amerò, e gli manifesterò me stesso. Chi
mi segue non camminerà nella tenebra, ma avrà luce di vita. Perciò distaccati da tutti gli affetti e tieniti
pronto(a), sveglio(a), vigile, assorto(a) nel celeste colloquio con il Salvatore. Non distrarti, non dormire, i
deificati vegliano in eterno nella Luce della Trinità Santa. Invoca la Vergine Maria, invoca il tuo Angelo
Custode buono, chiedi umilmente perdono di non aver fatto di più per imitare Gesù e la Madonna quando ne
avevi il tempo.
Figlio(a) della Luce (Nome e Cognome)! Non badare a niente altro che alla Chiara Luce perpetua che ti
apparirà nel chiarore crepuscolare dell'al di là. Riconoscila come la Luce perenne di Cristo, entra in essa,
cammina in essa, non voltarti, non pensare a niente altro che a questa Luce con Fede, Speranza e Amore.
Un cuore pentito, una volontà protesa verso la Luce perpetua, un amore infinito e irradiante, ti faranno
andare oltre, e non sarai sfiorato neppure dal fuoco del Purgatorio.
Prega, prega di continuo, chiama i Santi Apostoli, Pietro e Paolo, Giovanni, Mosè, Elia, San Giuseppe.
Prega e chiama in tua difesa i sette Arcangeli, i Santi Martiri, le Vergini, i Confessori e tutte le potenze
spirituali di Dio. Invoca lo Spirito Santo, ma non dormire, tieniti sveglio, come il nocchiero di una nave che
affonda la prora nel mare della luce divina per dirigersi verso la Pace e la Beatitudine del Riscatto.
Ed ora recita con me la nostra professione di fede dicendo il Credo.
"Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e
invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio
da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo
di Lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza - discese dal cielo; - e per opera dello Spirito Santo si è incarnato
nel seno della Vergine Maria e si è fatto Uomo. Fu pure crocifisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, e fu
sepolto; e il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di
nuovo verrà nella gloria, per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e con il Padre e il Figlio è
adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei Profeti.
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. E aspetto la risurrezione dei morti e la vita del
mondo che verrà. Amen".
Senza distrarti, continua a guardare con gli occhi del tuo spirito la Luce perpetua che non tarderà ad
apparirti.
Preghiamo! Preghiamo con le stesse parole che Gesù volle insegnarci.
Padre nostro, - che sei nei cieli - sia santificato il tuo nome, - venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,
come in cielo, così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e - rimetti a noi i nostri debiti - come noi li rimettiamo ai nostri
debitori, e - non ci indurre in tentazione, - ma liberaci dal male. Così sia.
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PREGHIAMO
Accogli, o Signore, la tua creatura nel Regno della salvezza, perché spera nel tuo perdono, nel tuo amore,
nella tua misericordia.
R. Così sia.
Libera, o Signore l'anima della tua creatura da tutti i pericoli dell'inferno, dalle tribolazioni dello stato del
dopo morte, dai lacci dei castighi.
R. Così sia.
Libera, o Signore, l'anima della tua creatura, come liberasti scendendo agli inferi prima della risurrezione,
coloro che in te speravano.
R. Così sia.
Ricevi nella tua Luce imperitura, l'anima della tua creatura pentita e lavata dal tuo sangue sacrificale.
R. Così sia.
A questo punto, con il morituro, si chiameranno per la difesa contro le forze demoniache gli Angeli buoni
ispiratori della Fede, della Speranza, della Carità, della Pazienza, dell'Umiltà, del Distacco, del Fervore,
dell'Astinenza, della Castità, della Veglia Perenne.
Quando il moribondo sta per spirare, e più fervorose saliranno a Dio le preghiere dell'assistente e dei
presenti inginocchiati, l'assistente o sacerdote archeosofo che sia o suggerisca o reciti per il morente la
seguente preghiera; anche se la persona sembra non dare più segni di conoscenza, gliele suggerisca chinato
all'orecchio che dall'esperienza sappiamo essere l'ultimo senso, l'udito, a estinguersi.
PREGHIERA
Nelle tue mani, o Signore, raccomando il mio spirito.
O Signore Gesù, accogli lo spirito mio.
Santa Maria prega per me.
Maria, madre di grazia, madre di
misericordia, tu proteggimi
dall'infernale nemico e accoglimi
nell'ora della morte.
San Giuseppe, prega per me.
San Giuseppe, tu insieme con la beata
Vergine tua Sposa,
aprimi le porte della divina misericordia.
Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia.
Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell'ultima agonia.
Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia.
INVOCAZIONE
Venite in mio soccorso in questo istante di trapasso, o voi
tutti, Santi e Sante del Paradiso, Martiri e Confessori.
Salvatemi dal purgatorio, dall'inferno e dal ritorno penoso
nel torrente della vita terrena, o voi tutti Patriarchi e
Profeti, santi Apostoli ed Evangelisti, santi Monaci ed Eremiti
e sante Vergini d'Oriente e d'Occidente.
Coprite la mia bruttezza spirituale al cospetto di Dio, o
voi sette Arcangeli che state davanti al Trono della
SS. Trinità, liberatemi dalla perdizione eterna.
Che io entri nella Luce di Cristo che per me sulla croce versò
il suo Sangue, o Arcangelo Michele.
Non mi abbandonare alla potenza del Principe delle tenebre.
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La fede è il punto di appoggio per superare tutte le difficoltà e tutte le incertezze della vita e del momento
in cui si muore. E poiché la fede è il fondamento della salvezza, perciò il demonio, nemico di Dio e del
genere umano, cerca con tutti i mezzi di allontanare i morenti dalla fede, o tenta di deviarli dalla vera fede
con suggerimenti come questi: Tu, sventurato, sei caduto nel grave errore di credere alle menzogne della
religione. Ciascuno può fare quello che vuole, tutto è materia, l'inferno non esiste, confessarsi è inutile. Il
sacerdote è un uomo qualsiasi senza facoltà e senza utilità alcuna. E’ un vero peccato che non abbia goduto
meglio la tua vita. Nessuno è mai tornato a dire la verità sull'altro mondo. A che serve la fede?
Eppure, poca scienza non dà la fede, ma tanta scienza può anche darla. Beati quelli che la possiedono
senza tanto cercare! Non ascoltare ciò che lo spirito del male o il fantasma del diavolo ti dice. Tieniti fermo
nella tua fede. Nessuno può chiamarsi Figlio di Dio senza la fede. Dio non permette che si sia tentati contro
la fede, al di sopra delle proprie forze, ma con le tentazioni offre i mezzi per la vittoria.
Resta fermo nella fede in Cristo e alla sua Chiesa perché lo Spirito Santo l'assiste per la salvezza del
mondo.
Prega, concentrati in un punto, non distrarti, e attendi rivolto verso Oriente che l'alba della Luce perpetua
appaia in tutta la sua bellezza. Riconoscila e fissati in Essa.
86
vita per donarmi la vita eterna. I mali che mi puniscono sulla terra mi liberano dai mali dell'al di là.
Allontana l'impazienza, sii veramente un perfetto Figlio della Luce, dimentica le tue sofferenze, non
pretendere nulla, e fissa con gli occhi dello spirito la Luce perpetua.
Chi imita Gesù nella pazienza sino alla morte, ha guadagnato il suo posto nel cielo. Salomone affermava:
E’ più valoroso l'uomo paziente nell'animo che l'espugnatore di città. Chi si mantiene paziente nei supplizi
per amore della perfezione è salvo.
sonno, il demonio fa venire il rammarico di dover lasciare ogni cosa e ti fa rivedere come fantasma, tutto ciò
che hai lasciato agli altri, e te li fa vedere quando parlano male della tua memoria, sperperando ogni cosa che
ti fu cara. Con una ennesima tentazione molto abile risveglierà anche dopo morto la tua gelosia,
l'attaccamento alle cose terrene, alla lussuria. Ti dirà: O ingenuo, guarda tutte le cose tue in che mani sono
andate a finire. Tutto ciò che guadagnasti con fatica se lo godono gli altri senza fatica. Non ti ricordano
neppure, e con la vendita dei tuoi beni si sono fatti dei benefici personali. Hai abbandonato tutto, gli amici, la
casa, i tuoi oggetti, i vestiti preferiti, i tuoi libri, il coniuge, la prole. Con simili parole il demonio ti tenta con
la tentazione dell'avarizia, e proprio in fin di vita o dopo il trapasso per allontanarti da Dio e dalla tua
salvezza con la cupidigia dei beni terreni. Chi si occupa dei beni terreni in punto di morte ha fatto il giuoco
subdolo del demonio dell'avarizia, perché in punto di morte conta soltanto la sete di Dio, il pentimento del
male commesso, il rammarico del bene non fatto, il distacco da tutto, volontario e senza rimpianti.
Figlio della Luce! Non voltarti indietro, non avere attaccamento alcuno, né per le cose, né per le persone.
Gesù ha detto: Chi di voi non vuol rinunciare a quanto possiede, non può essere mio discepolo. Disse un
altro: Signore, ti seguirò; ma permettimi prima di congedarmi da quelli di casa. E Gesù gli rispose: Nessuno
è buono per il Regno di Dio se, dopo aver messo la mano all'aratro, volta indietro lo sguardo11.
Presentati al Signore con le stesse parole dei suoi Apostoli: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e t'abbiamo
seguito (Luca, 9:62; Marco, 10:28).
Dal manoscritto intitolato "Il Libro cristiano dei morti!" Riporto le parole di un Iniziato Loto+Croce che
deve leggere accanto a un morente. Queste espressioni possono farti intuire il valore d'aver ottenuto o non
conquistato preliminarmente della "Veglia perenne" in vita e in morte.
TESTO
Figlio della Luce, stai attento, sei prossimo alla morte!
Figlio della Luce, diffida dei consigli di quello spirito perverso che si serve del tuo sopore, della tua
sonnolenza e del tuo sonno per sprofondarti nelle tenebre e nell'incoscienza dello Sheol: il demone del sonno
vuol farti ridestare nel pauroso abisso di Satana. Egli ti dirà, animato dal suo spirito di menzogna, che hai
diritto al riposo, al sonno ristoratore; asseconderà la stanchezza e lo sfinimento per impedirti di pregare e di
ascoltare i consigli dell'Angelo Buono che ti vuole sveglio per condurti al Cristo affinché ti conduca alla
gloria risplendente del Padre rivestito del manto dello Spirito Santo.
Figlio della Luce, ascolta! Porgi il tuo orecchio, non dormire, tieniti desto. Con il sonno si perde il
contatto con la vita e non si può padroneggiare il corpo per compiere le buone azioni, rimediare agli errori
commessi e cancellare i debiti, almeno con il retto parlare. Con il sonno della morte, l'angelo perverso ha lo
strumento per farti sognare ciò che vuole e farti svegliare dove vuole e ove meglio si addice il risveglio per
un peccatore preso dai lacci del sonno della morte, là nella Gehenna fra i malvagi spiriti del mondo infero,
fra i nemici già defunti e incapaci di perdono ai quali dovrai rendere conto del tuo operato, faccia a faccia.
Oppure ti risveglierai nuovamente nella tua casa, vedrai il tuo corpo deformato e mostruoso per la
decomposizione, e non saprai di essere un morto. Sarà un risveglio terrificante, un sogno senza fine dal quale
non potrai svegliarti che in un altro sogno. Le tue stecchite mani non potranno più accendere la lucerna della
notte.
Figlio della Luce! Sia Gesù il tuo rifugio. Non dormire, aggrappati al Signore. Il sonno dell'uomo
imprudente giova al ladro, e il ladro è protetto nella sua azione dal demonio; il ladro di un'anima è Satana,
non scordarlo. San Giovanni Climaco nella sua Scala del Paradiso non ti spiega forse i brutti scherzi del
demonio a chi si lascia prendere dai lacci del sonno? Nel sonno vengono i sogni, ove i simboli sono il
linguaggio segreto delle forze oscure della natura. Chi sogna può subire l'azione della propria
immaginazione, e l'immaginazione guidata dal demonio del sonno è l'allontanamento dalla Luce Perpetua.
Veglia e prega con tutte le tue forze il Cristo, fissa la sua Luce e trasfigurati in essa, Vegliante fra i
Veglianti.
ISPIRAZIONI DEL BUON ANGELO DELLA VEGLIA PERENNE
Contro le insidie del demonio del sonno, ascolta quello che dice il buon angelo della veglia perenne:
Figlio della Luce! Non dormire. Il sonno è una grave insidia per chi deve tenersi in piedi, pronto a ricevere il
Signore! Non dormire. Colui che deve mirare il fulgore della "Luce Perpetua" e in Essa trovare la Pace, la
visione beatifica di Dio, non dorme il sonno della morte.
Il tuo Redentore disse ai discepoli confusi dal sonno: "Vegliate e pregate affinché non cadiate in
tentazione" (Matteo, 26:41). Le insidie del demonio arrivano con il sonno, quando il controllo della tua
volontà è impossibile.
Non distrarti, non assopirti, non dormire!
Il saggio veglia per l'Eternità perché ha voluto per sé la veglia perenne.
Beato colui che veglia, dice Giovanni nell'Apocalisse (Apoc., 16:15). Lascia che in te dorma il corpo,
perché la polvere deve ritornare alla polvere, ma tu vigila, tieni bene aperti gli occhi del tuo cuore come si
addice ai Figli della Luce.
Cristo ti aspetta. Non farti attendere alla chiamata suprema.
Le prime ombre del crepuscolo sono discese. Il tuo respiro sta per finire nell'immobilità glaciale della
morte.
Il momento del trapasso è arrivato silenzioso e vellutato per coglierti di sorpresa. Non dormire, ma
chiama, invoca il tuo Signore nella notte fonda. Chiamalo con tutta la tua Fede, con tutta la tua Speranza, con
tutto il tuo Amore. Il tuo Signore è la Luce perpetua, è la Chiara Luce che non conobbe principio, è la Luce
della tua coscienza.
Non dormire, non distrarti, ma riconosci questa Luce Perpetua e falla tua.
Questa morte è uno dei gradini della scala di Giacobbe, la scala del Paradiso. Tu dovresti essere già morto
a ogni vanità, morto a tutto ciò che non è Cristo. Questo nuovo trapasso ti lancia nell'increato oceano della
divinità.
Non voltarti. I pavidi son trasmutati in pietra. Non rimpiangere ciò che lasci, cederesti ai lacci del
demonio dell'Avarizia. Il saggio ha una sola ricchezza, un solo tesoro da custodire nel forziere del suo cuore:
Dio.
Ti metto di fronte alla Realtà, alla Luce Perpetua, fissata, contempla la sua bellezza, chiedi la forza per
seguirla, per non distogliere gli occhi spirituali dal suo splendore di gloria. Chi riesce a seguirla ha raggiunto
la suprema purificazione, quella della più alta meditazione profonda, la condizione estatica dei Santi,
l'Illuminazione.
La Luce rimane nel cuore dei perfetti. Chi è sul Sentiero della purificazione, ricordi almeno le parole di
Gesù: "La luce è ancora per poco tra voi; camminate mentre avete la luce affinché non vi sorprenda la
tenebra, perché chi cammina nella tenebra non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, affinché
diventiate figli della luce. Poi se ne andò e si nascose a loro" (Giovanni, 12:35-36).
Se non puoi ancora fermarti nella Luce perpetua, almeno riconoscila e contempla questa Luce.
Giacobbe, una volta rimasto solo nella tenebra, si impegnò vittoriosamente contro l'Angelo o il demonio
del sonno, per tutta la notte, vincendolo e trattenendolo fino all'alba finché vide il volto di Dio senza morirne
(Genesi, 32:24-30) e fu salvo.
92
Il testo del "Libro Cristiano dei Morti" è formulato in modo diverso di quello stabilito per una persona di
scadente preparazione religiosa e archeosofica cristiana. Il successo della lettura è qui subordinato
all'allenamento ascetico e alla vita liturgica e di apostolato vissuti durante la sua esistenza terrena, e l'aver
estinto con i propri meriti i debiti contratti in passato. Se questo individuo ha il potere di morire
coscientemente, mantenendosi vegliante nella sua coscienza ed è capace di conoscere la splendente Luce
eristica della Risurrezione che lo illumina perché si unì ad essa, allora le catene con il mondo fenomenico
saranno spezzate e, sorretto anche dalle parole dell'assistente che vigila la sua entrata nell'al di là,
ricordandogli la santa dottrina, si risveglierà alla realtà nell'istante stesso in cui riconosce la Luce di Cristo:
Luce che deve aver sperimentato nella pratica della meditazione sul cuore invocando il nome di Gesù.
Questa Luce che in vita era quella Taborica nel trapasso è la Luce della Risurrezione di Cristo.
E’ certo che la lettura del testo sarà più efficace se fatta dall'Istruttore che guidava il defunto quando era
vivo. Diversamente bisogna chiamare un fratello istruito in questa stessa Fede.
IL TEMPO DI APPLICAZIONE
Il momento giusto per leggere il testo è quando la respirazione è cessata, la forza vitale sarà precipitata
nel Centro nervoso o psico-spirituale del Sapere, cioè nel Centro del Cuore e l'Archeosofo sperimenterà la
Chiara Luce Cristica della condizione libera dal corpo umano.
Lo stato disincarnato è fatto di calma paragonabile alla condizione più elevata della Meditazione profonda
quando l'Io è ancora unito al corpo fisico. Il riconoscimento della Chiara Luce si può paragonare alla
condizione estatica della coscienza che i nostri Santi e Mistici definiscono "illuminazione". Fuori della
Meditazione profonda, a causa della forza derivata dai cinque sensi lo spirito si trova in stato di turbamento
costante.
La possibilità del trasferimento in Dio è tutta nell'aver vissuto la morale assoluta dei Vangeli e
nell'esercizio quotidiano di meditazione profonda detta anche orazione mentale. Se nell'istante supremo del
distacco dalla vita corporea il morente realizza questa meditazione, questa idea unica in Cristo, sarà salvo
senza sperimentare gli orrori e le sofferenze de purgatorio.
Il morente deve restare sveglio e pienamente cosciente come lo fu Gesù sulla croce in attesa della fine
terrena.
Nelle antiche scuole segrete, il morente era assistito da un Istruttore, abilitato in medicina e dotato di
facoltà extrasensoriali. Questi sapeva che la forza psichica quando è spinta lungo i nervi psichici destro e
sinistro12 in direzione discendente sorge temporaneamente l'alba dello stato diabasico o intermedio. Le
istruzioni si dovevano impartire fino a quando l'energia psichica non si era riversata nei due canali di destra e
di sinistra. Perseverando per 20-30 minuti primi, il tempo di durata del respiro interno. Le direttive erano
applicate dalle scuole Esseniche prima che la forza vitale si spandesse nel canale sinistro, dopo la traversata
del centro onfalico (ombelicale).
Il movimento della forza vitale cessa in 20 o 30 minuti con il cessare del respiro.
Le scuole segrete quando la respirazione arrivava al punto terminale o di cessazione, giravano il morente
sul fianco destro e comprimevano dolcemente il battito delle arterie del collo a destra e a sinistra.
Nel caso in cui il morente tendeva ad addormentarsi e gli sopraggiungeva il sonno (assolutamente
negativo per l'immediato trasferimento nella Luce di Cristo), l'istruttore si dava da fare per premere
dolcemente le arterie con risolutezza, proprio per non fargli perdere coscienza. In tal modo la forza vitale non
poteva incanalarsi nel nervo psichico mediano e se ne andava attraverso il Centro Coronale su in cima al
cervello. Il confronto vero infatti è in questo punto che dev'essere effettuato.
1
T.Palamidessi - LA COSTITUZIONE OCCULTA DELL'UOMO E DELLA DONNA - Quaderno n°8.
93
Anche nel Tibet vi è un modo di procedere analogo alle scuole dei Terapeuti e degli Esseni. Secondo i
tibetani se la persona non è distratta, ma cosciente, realizzerà con la lettura del Thòdol l'occasione per
trattenere la forza vitale nel nervo mediano, in attesa che esca dall'apertura braminica. Essi ritengono che la
forza vitale resti nel nervo centrale fino all'ultimo battito del cuore dopo l'ultima respirazione, e che in tale
condizione svanisce la conoscenza. Circa la durata di tale stato non è facile da stabilire, varia da persona a
persona. Dipende dalla cattiva o buona costituzione dei canali e della forza vitale. Chi ha avuto una breve
esperienza dello stato tranquillo e fermo della meditazione profonda, e per chi ha i nervi calmi, un momento
di questo tipo dura parecchio tempo: può durare anche sette giorni, ma per lo più soltanto quattro o cinque.
L'istruttore ripeta le parole rivolgendole sempre di più ad alta voce all'orecchio del morente, per
compensare la perdita progressiva dell'udito.
Se manca la persona qualificata per la lettura del Libro Cristiano dei Morti, allora si incarichi chiunque
ma credente e cristiano, purché scandisca bene le parole, e abbia una certa conoscenza della dottrina.
Anche nell’Ars Moriendi (XV secolo, ed. Comper, pag.93) è scritto: "Quando una persona deve morire, è
necessario che essa abbia accanto a sé un caro amico il quale possa aiutarla e pregare per il bene dell'anima
sua".
"Figlio della Luce Finalmente la tua giornata è compiuta. Hai lottato come hai potuto per tenerti saldo al
timone della tua nave, superando le tempeste delle cattive tendenze e puntando con risoluta fermezza verso la
stella polare della perfezione spirituale, animica e corporea. Ora devi dimenticare tutto ciò che fosti e dire
con l'Apostolo: "Vivo non già io, ma vive in me Cristo"13. E come suo discepolo, incamminati verso di Lui,
ricordando a ogni passo del tuo viaggio le sue parole eterne: - Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma
avrà luce di vita14.
Figlio della Luce! E già l'ora di partire. Non addormentarti. Non assopirti. I giusti vegliano perennemente
per contemplare il Signore, amarlo in eterno.
Il primo giudizio sta per essere svolto contro la tua persona. Sii forte e incrollabile nel pentimento dei tuoi
peccati, mantieniti nella Fede, la Speranza, e la Carità. Dio è Misericordia verso chi è veramente pentito.
La Fede è la virtù che in questa preparazione al celeste incontro è la sicura e infallibile strada contro
l'infedeltà, la bestemmia, l'accecamento e l'ignoranza colpevole.
13
Gal, 2:20.
14
Giov., 8:12.
94
Nella visione immaginaria, vedrai Gesù nella forma di grande bellezza, splendore e maestà, così come
apparve dopo risuscitato.
Nella visione intellettuale ti sentirai con lo spirito della tua anima una cosa sola con Dio in un godimento
spirituale comprensibile solo a te stesso. Non a noi che per te preghiamo ed esultiamo d'amore.
Fratello cristiano! Introdotta l'anima tua in questo settimo cielo, ti si mostreranno in una visione
intellettuale, le tre persone della SS. Trinità. Vedrai la Trinità in una fiamma, in una fulgidissima nube che
viene diritta al tuo spirito.
Le tre Persone pur mostrandosi distinte, la tua anima, in una mirabile cognizione che da Loro viene
comunicata, intende con assoluta certezza che tutte e tre queste Persone sono una sola potenza, una sola
sostanza, una sola scienza, un solo Dio.
Figlio della Luce! Gloriosa creatura! Fratello nostro! Ciò che prima era fede, adesso intendi.
Tu finalmente vedi pur senza occhi corporali e non è una visione immaginativa. Qui ti si comunicano
tutte e tre le divine Persone e ti parlano e ti svelano ciò che Cristo volle dire quando fu sulla terra che
assieme al Padre e allo Spirito Santo sarebbe venuto ad abitare nell'anima di chi lo avrebbe amato e ubbidito.
Il Giudizio è per te senza demoni, né Angelo Custode d'iniquità. Sarai un dio in Dio, circondato da tutti i
Cori Angelici in festa per questo gran giorno. Ti sorriderà la SS. Vergine Maria e san Giuseppe, gli Apostoli,
i Martiri e tutti i santi che canteranno per Te il Te Deum. Presiederà al Giudizio immediato lo sfolgorante
Arcangelo san Michele in un cielo azzurro, aurato, bianco e color porpora. I tuoi unici avvocati saranno
l'Angelo Custode buono e la Vergine Sofia, che diranno al Cristo Glorioso e Giudice:
Questo è il Fratello dei Perfetti, questo è un Figlio della Luce, perché ha vissuto le condizioni richieste da
Te, o Signore, per diventare tuo Discepolo:
Ha rinunziato alla sua famiglia e al mondo.
Ha rinunziato a sé stesso.
Ha rinunziato al corpo.
Ha rinunziato al proprio spirito.
Ha rinunziato alla propria anima.
Ha rinunziato al proprio eros.
Ha rinunziato al cuore.
Ha rinunziato alla propria volontà.
Ha rinunziato ai beni terreni.
Ha rinunziato con la mente e con il cuore a tutti i beni temporali.
Si è contentato del necessario.
Ha dato a chi gli ha chiesto.
Non si è immischiato in affari temporali.
Non ha chiesto nulla.
Non si è inquietato per l'avvenire.
Ha fatto assegnamento su Te solo che sei Iddio Unico.
Ha portato la sua croce.
Signore! Questo è veramente Figlio della Luce!
Perché ti ha seguito nel digiuno. Perché ti ha seguito nella tua preghiera.
Perché ti ha seguito nella tua dolcezza.
Perché ti ha seguito nella tua umiltà.
Perché ti ha seguito nella tua povertà.
Perché ti ha seguito nel tuo amore per gli uomini.
Perché ti ha seguito nelle tue predicazioni.
Perché ti ha seguito nelle tue lotte per il trionfo della Chiesa.
Perché ti ha seguito nelle tue sofferenze.
Perché ti ha seguito nella tua morte.
In lui non vi è più nulla che lo lega alla ruota infuocata della vita: né avidità, né odio, né ignoranza. Te lo
consegno perché entri nella tua Gloria Eterna, rivestito nella sua veste di purezza.
Figlio della Luce! Il tuo nome è scritto nel Grande Libro dei Santi. Il tuo nome è segnato nel Libro della
Vita Eterna. Non rinascerai più, eccetto che tu lo voglia come Maestro di Compassione per aiutare i rimasti.
96
15
Quando Caterina de' Ricci morì alle 2 del mattino del venerdì 2 febbraio 1590, Festa della Purificazione
(Caterina in greco significa la pura), in quell'istante, in un altro monastero della città, una santa religiosa che
trascorreva la notte in preghiera vide all'improvviso una stupenda processione di Santi e di Sante guidati da
Gesù che conducevano una suora con grande gloria. Nel momento culminante della sua visione udì le
campane di S. Vincenzo in Prato che suonavano per il trapasso di Sr. Caterina. Comprese quindi chi era la
donna perfetta che saliva con Cristo al paradiso. La stessa visione l'ebbe alla medesima ora un figlio
spirituale di Caterina, un certo Baccio Verzoni, che si svegliò improvvisamente ed ebbe quella meravigliosa
visione. Un'altra testimonianza fu data da una grande santa, Maria Maddalena de' Pazzi, che in una delle sue
estasi la contemplò in quel giorno, splendente di gloria fra il coro dei Beati.
S. Caterina de' Ricci fece sapere lei stessa della sua liberazione e dell'entrata nella gloria di Dio ad alcune
suore del monastero degli Angeli e di quello di S. Marta in Firenze. Cfr. P. Giacinto Bayonne O.P - S.
Caterina de' Ricci la Santa di Prato - Prato 1960, Santuario della "Santa di Prato" - a pag. 465.
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IL GIUDIZIO
Per sette giorni consecutivi si ripeteranno al defunto le seguenti istruzioni, sempre uguali, perché
riassumono tutto ciò che serve all'anima disincarnata che in tutti e sette o almeno in uno di questi giorni essa
può ascoltare con l'udito spirituale.
Iconografia
Ambiente di luce diffusa tenue. In alto all'orizzonte un iride o arcobaleno a 5 semicerchi progressivi che
dall'alto al basso portano i seguenti colori brillanti: azzurro, bianco, giallo, rosso e verde.
Nello sfondo dell'iride si vede Sofia, la Sapienza creata sin dall'Eternità vestita di azzurro e di porpora,
assisa sopra un trono.
Alle sue spalle si allarga una grande croce color verde.
Ai lati della Sapienza a destra vi è la SS. Vergine Madre di Misericordia; a sinistra san Giovanni Battista,
Padre d'Iniziazione battesimale.
Più avanti in basso vi è l'Arcangelo san Michele che impugna con la destra una spada e con la sinistra una
sfera che porta il nome di Cristo e una bilancia. Seduto su un trono.
Davanti a Lui vi è l'anima del defunto in ginocchio in attesa di Giudizio.
A destra del defunto l’Angelo custode buono che tiene un globo nella mano destra, con il monogramma
CR, nella sinistra un lungo bastone con una croce. Piedi riccamente calzati. Abbigliato come un diacono con
tunica e manipolo. Vestito di bianco.
A sinistra l’Angelo accusatore dei pensieri, parole, opere, omissioni.
Dietro l'anima imputata vi è il beato protettore e consolatore dei morenti e trapassati, San Giuseppe.
A destra vicino all'Angelo custode buono vi sono parenti e amici favorevoli al defunto; a sinistra parenti e
amici scontenti.
A sinistra all'orizzonte albeggiano cinque colori opachi non brillanti ed i nemici del defunto.
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IL SUGGERITORE:
Anima cristiana (nome e cognome del defunto)! Da alcuni giorni tu dormi, ma ora sei desta. Sei rimasta
sospesa sul tuo corpo morto fluttuando come un tenue vapore ed hai dimenticato i miei suggerimenti di
restare sveglio, vigile e vegliante come Giacobbe; hai pure dimenticato come ti avevo detto di restare
raccolto in preghiera guardando con amore la bianca luce splendente nell'azzurro del Signore, trasferendoti in
questa Luce. Ti chiederai che cosa è capitato. Dirai, dove sono? Che devo fare? Dove devo andare?
Ascoltami (nome e cognome)! Cerca di riconoscere questo strano paese ove tutto sembra confuso, in
rivoluzione, popolato di spiriti avviati per strade diverse e irradiato di luci. Ora sappi che devi presentarti a
Dio, ma Lui accoglie i puri di cuore e ad essi soltanto si fa vedere. Sarai interrogato, scrutato nel più intimo
della tua coscienza. Se fallisci, dopo 49 giorni di vita errante in questo regno dei trapassati, ritornerai
fatalmente, e nel tempo, all'esistenza ove ricomincerai ad espiare le tue manchevolezze, le tue debolezze, i
tuoi errori.
Fratello cristiano! Guarda in alto all'orizzonte il grande arcobaleno di Dio con i suoi cinque colori:
l'azzurro, il bianco, il giallo, il rosso e il verde. Per ora non puoi vedere Dio, ma le sue luci splendenti e
terribili. Esse brilleranno ad una ad una, ma non spaventarti, non fuggirle, cerca di capire il linguaggio
colorato del Creatore. Tutte le volte che brillerà dal cuore di Dio invisibile un colore, vola via verso questo
colore, e sarai salvo.
Qui il cielo è di un azzurro cupo.
Anima cristiana (N.N.)! Non essere smarrita, cerca di abituarti e tieniti all'erta per fuggire e rifugiarti nel
Signore misericordioso e buono.
Quando vedrai la bianca luce azzurrina, brillante e quasi accecante, buttati in essa con fede, speranza e
amore, perché questa luce perpetua è la luce di Cristo nel suo corpo di gloriosa Risurrezione, è il corpo del
vincitore della Morte. Accanto a Lui vi sarà la Madre dello Spazio Celeste, Sofia, la Sapienza creata sin
dall'Eternità, nei suoi smaglianti veli color azzurro e porpora.
Dal Cuore di Cristo vedrai scaturire e irradiare una luce brillante azzurra: la Luce della Saggezza Eterna.
Questa luce t'investirà come Paolo di Tarso sulla via di Damasco. Guarda senza paura perché è la
misericordia di Dio che ancora una volta vuole guidarti verso la liberazione eterna.
Figlio della Luce! (N.N.) Anche se fosti peccatore, anche se non praticasti l'ascesi del vero discepolo di
Cristo, se in un solo istante saprai amare con la potenza d'amore dei Serafini, dalla splendente luce azzurra
vedrai uscire la mano destra di Dio. Afferrala forte, forte. Tieniti saldo a quella mano, piangi di pentimento
per non averlo amato abbastanza quando eri in vita, ma non volgerti al passato, stringi quella mano di
Misericordia, espressione vivente della Grazia. E’ la mano di Colui che venne nel mondo per salvarti,
consapevole di dover morire sulla croce per salvarti in cambio di uno slancio d'Amore. E Lui che può
cancellare il tuo nome dal "Libro della Morte Eterna" e segnarlo sul "Libro della Vita Eterna" perché lui solo
è il Redentore.
Fratello cristiano (N.N.) attento! Non avere paura dello splendore terribile di quella luce turchina,
abbagliante e folgorante della Sapienza. Abbi fede, prega con fervore. Anche se a stento potrai fissarne la
brillantezza vai incontro ad essa, riconoscila per Luce di Gesù Cristo. E allora ti apparirà il Regno di Dio,
vedrai la SS. Vergine Madre di Misericordia, san Giuseppe, i cori dei Santi e delle Sante, gli Angeli di Dio.
Fratello cristiano (N.N.)! Ascoltami. Sappi che brillerà per te una seconda luce bianca scialba, non
abbagliante che ti colpirà in fronte: è la luce delle Entità del Paradiso, cioè degli abitanti dei cieli più alti
dell'esistenza, felici, ma soggetti alle leggi del divenire.
Riponi la tua fede nella brillante luce della Saggezza che scaturisce dal cuore di Gesù Cristo, non fuggire,
non avere paura. Sentirai preferenza per l'opaca luce bianca dei semi-dei. Fuggila!
La luce che scaturisce dal cuore di Cristo viene a riceverti nei momenti di smarrimento e di paura in
questo regno dell'oltretomba. E’ la luce della grazia. E’ la grazia di Cristo che vuole impedirti di andare nel
Paradiso soggiorno beato, ma temporaneo, prima di rientrare nella ruota infiammata della vita terrena.
Non ti fare attrarre dalla opaca luce del Paradiso. Non essere debole, non lasciarti accogliere da questa
luce opaca dei semi-dei. Se tu vi resterai attaccato, dovrai vagare nella dimora paradisiaca, fra gli angeli
guardiani del candido mondo paradisiaco e poi sarai gettato ancora una volta fra i "Sei denti della ruota". Ciò
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sarebbe la fermata sulla via della liberazione che è la santità perfetta e l'uscita dal ciclo delle rinascite felici e
dolorose.
Non distrarti, non avere paura, concentra con ardore tutto il tuo pensiero su Cristo e ripeti con me:
"Signore, Dio mio e Maestro mio! Mentre erro in questo mondo a causa del mio turbamento mentale e
della mia mancanza di saggezza, ti supplico resta con me, rivestimi con il manto della tua Saggezza divina.
Guidami, o Signore di Compassione, in unità d'Amore con lo Spirito Santo e per la gloria del Padre,
guidami sulla strada della Sapienza e della Carità. Mi protegga Sofia, la "Sapienza creata" e mi conceda la
sua perla affinché io la porti a Te, o Signore, mi assista la Madre di Misericordia, Maria Santissima.
Ch'io mi consustanzi con luce emanata dal Cuore del mio Redentore.
Vergine beatissima, madre di Gesù salvatemi non solo dalle insidie dello stato intermedio, ma dallo stesso
Paradiso, affinché l'anima mia entri nella Gloria della SS. Trinità".
Fratello cristiano! Segnati con la croce, ricordati che sei stato immerso nell'acqua battesimale nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e che sei stato unto con il sacro miron.
Anima cristiana (nome e cognome)! Invoca, chiama il Signore, ripeti le sue sante parole di Redentore:
Bussate alla mia porta e vi sarà aperto.
Ma il santo Arcangelo Michele ti sbarrerà il passo, e ti chiederà:
"Hai tu amato il Signore Dio tuo
con tutto il cuore,
con tutta la tua anima,
con tutta la tua mente,
con tutte le tue forze,
e il prossimo tuo come te stesso...
hai amato i nemici?"
Tu penserai allora di dire: Sì! Ma ecco l'Angelo accusatore dei pensieri che ti impedirà di parlare con la
potenza della sua mente, e dirà: tu hai acconsentito, usato negligenza e dato occasione a pensieri di avidità
sessuale, di superbia, vanità, diffidenza, presunzione, odio, risentimento, disperazione, sospetti, giudizi
temerari, contro la purità, contro la fede, contro la carità. N.N. (nome e cognome) che cosa hai fatto della tua
mente? Tu hai avuto premura per le cose del mondo piuttosto che per Iddio e la tua anima.
Fratello cristiano! (nome e cognome). Non distrarti, resta fermo nell'amore, anche se postumo verso la
SS. Vergine, san Giuseppe, i Santi, e chiedi pietà e intercessione presso Gesù Giudice.
L’Angelo della parola ti dirà: N.N. (nome e cognome) tu hai peccato in parole che non si addicono al
perfetto discepolo di Cristo. Hai invocato poco rispettosamente il nome di Dio e dei Santi, hai dato consigli
non buoni, fatto cattivi discorsi, cagionato discordie, dette delle bugie, cantato canzoni sconvenienti,
pronunziato parole sconce, immodeste, disgustose, di scandalo, di ingiuria, di maldicenza, d'imprecazione, di
spergiuro, di mormorazione, contro il buon costume, contro la religione.
Fratello cristiano! Non scoraggiarti, prega, supplica, resta fisso nell'Amore di chi può aiutarti.
L'Angelo accusatore delle opere dirà: N.N. (nome e cognome del defunto)! Quali sono state le tue opere
nel soggiorno terreno? Quale messe porti al Signore? Tu hai mancato di rispetto alla Chiesa, Corpo Mistico
di Cristo, di devozione alla S. Messa, ai Sacramenti, all'orazione. Hai fatto, letto, tenuto o sparse poesie o
libri cattivi, hai usato male l'ingegno, il tempo, l'impiego, il grado, le sostanze; hai assecondato l'impazienza,
la rabbia, i trasporti, le vendette; hai tenuto una vita oziosa, inutile, cattive corrispondenze; hai accondisceso
all'avarizia, alla gola, all'intemperanza, alla lussuria, alle pompe, ai divertimenti pericolosi e superflui,
all'immodestia nel vestire, nel trattare le persone; hai accondisceso all'impurità di qualunque genere, alle
superstizioni, agli umani rispetti, agli scandali; hai danneggiato il prossimo nell'anima non facendo niente per
correggerlo, inducendolo al male. Non hai esitato a picchiare, ferire, o negare il nutrimento, l'assistenza ai
genitori, ai tuoi cari; hai frodato, rubato, accettato o chiesto compensi illeciti, con liti e tergiversazioni
ingiuste, dannose, con differiti o ridotti pagamenti. Hai fatto tante e tante cose contro la legge di Dio, della
Santa Chiesa e i doveri del tuo stato.
Fratello cristiano! (nome e cognome) Non ascoltare le accuse, non distrarti, prega, supplica la
Misericordia di Dio per la passione e morte e risurrezione di Cristo, desidera, ama con tutte le tue forze Iddio
e implora il suo perdono.
L’Angelo accusatore delle omissioni ti dirà: N.N. (nome e cognome)! Quante omissioni hai commesso
nel tuo soggiorno terreno? Non hai santificato la festa, non offerto al Signore le occupazioni della giornata,
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hai dimenticato la sacralità di tutti gli atti, non hai corrisposto ai lumi e alle grazie di Dio; hai trascurato la
dottrina cristiana, sia quella ordinaria quanto la straordinaria, le opere di misericordia, le occupazioni di
bene, e in particolare l'orazione, la parola di Dio, i Sacramenti o le hai fatte malamente, con distrazione e
leggerezza; non hai eseguito le promesse del Battesimo, e le penitenze imposte dal confessore e quelle
dettate dalla sana coscienza riparatrice; hai mancato di carità verso il prossimo, di attenzione ai doveri del
tuo stato, di obbedienza ai superiori. Poi l'Angelo accusatore delle omissioni ti dirà ancora: Ogni persona che
viene al mondo ha dei precisi doveri del proprio stato, sia essa padre, madre, padrone, servo, commerciante,
operaio, impiegato, giudice. La tua cecità e sordità hanno superato i limiti della pazienza divina. Che cosa hai
fatto per emendarti dei soliti peccati, e per progredire sulla via della perfezione morale e ascetica?
Poi verrà l'Angelo della riflessione che dirà a sua volta: N.N. (nome e cognome)! Che cosa hai
guadagnato col peccato mortale? Hai perduto la grazia assieme ai meriti raccolti, la morte della tua anima, il
servaggio al demonio, la inimicizia di Dio, la sua giustizia disprezzata, la sua santa bontà offesa, la gloria
oscurata, il Sangue del suo Gesù profanato, la meravigliosa eredità del cielo perduta, le sue maledizioni da te
meritate in vita, in morte e nell'inferno eterno.
A questo punto l’Angelo della riflessione con un gesto sostituirà lo scenario con un grande "specchio" nel
quale in un contorcimento di vapori e di luci sinistre vedrai tutta la tua vita con le scene di ciò che di male in
pensieri, parole e opere hai fatto e le fatali conseguenze procurate al prossimo e a te stesso di cose che potevi
fare e non hai fatto. I personaggi si staccheranno dallo specchio come adirati per chiedere vendetta. E
l’Angelo ti dirà: ecco i tristi effetti del peccato, che hai commesso per una bassa soddisfazione passeggera o
per un vile interesse.
L’Angelo custode buono non ti abbandonerà neppure davanti al tribunale di Dio presieduto
dall’Arcangelo san Michele. Egli, l'Angelo custode, parlerà in tua difesa attestando i buoni pensieri, le buone
parole e le buone azioni che in tutta sincerità hai fatto in vita. E supplicherà per la tua salvezza eterna, la
liberazione dalle pene del purgatorio e dell'inferno, sia nel regno ove ti trovi, sia in una eventuale rinascita in
un corpo terreno.
Martiri e le celesti gerarchie, che aspettano in te peccatore lo stesso slancio che ebbe sul Golgotha il buon
ladrone per accoglierti subito nello splendore del Regno.
Prega e attendi che una mano di grazia, la mano destra di Cristo esca dalla cortina di luci celestiali
dell'arcobaleno per tirarti fuori da quel mondo di risucchi diabolici e tremendi.
Fratello cristiano, prega con me! Prega così con fede e umiltà:
Mio Dio, mio unico rifugio, mio Redentore. Dimentica la mia mancanza di saggezza e l'ira, la superbia
che mi hanno travolto quando ero in vita. Signore Gesù, salvami, lavami con il tuo sangue, dammi un cuore
puro, toglimi dai terrori e dai pericoli di questo viaggio.
Tu mi hai dato il sigillo della Cristianità e l'assistenza della Madre Ecclesia per la mia eterna salvazione.
Ma io ho peccato contro te e contro il prossimo. Tu sei l'Onnipotente, Tu sei il Salvatore, Tu sei il
Misericordioso, Tu sei la Giustizia e ad un tempo il Redentore. Tu hai detto chi crede in me sarà salvo e avrà
la Vita eterna: chi ama me, ama il Padre mio. Ebbene, o Signore, io credo in te, amo te, spero in te. Salvami!
Credi nella luce azzurra, perché essa è la misericordia di Dio, la sua grazia. Non lasciarti attrarre dal
risucchio possente della opaca luce grigia fumosa dell'inferno. Questa strada è stata aperta dalla dinamica
della collera violenta. Se cederai al vorace risucchio, precipiterai nei mondi infernali dove patirai una grande
espiazione senza sapere se uscirai e quando.
Distruggi in te la collera, non guardarti attorno, non farti arrestare sulla via della Liberazione. Non essere
debole. Credi nella bianca Luce abbagliante e brillante e rifugiandoti con tutto il tuo cuore in Gesù, supplica,
picchia alla porta di Lui, chiamalo con quanta forza hai nell'anima, piangi in ginocchio in questo sterminato
deserto della morte, finché vedrai spalancarsi le porte del Cielo e apparire il Re dell'Universo nel suo fulgore
eterno di luci bianche, azzurre aurate e di porpora ultrafanica.
Prega il tuo buon Angelo custode affinché supplichi anche lui il Redentore per assolverti nel momento più
pauroso e tremendo della tua vita, quando non puoi più chiedere l'aiuto dei Sacramenti terreni, né gettarti ai
piedi di coloro che hai offeso; Gesù ha detto: Ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno dei più piccoli
di questi miei fratelli, l'avete fatto a me. Ora è l'ultima occasione, sei davanti al Giudice e Redentore, soltanto
un immenso slancio d'amore per Gesù sarà come se tu lo abbia per tutti coloro che non hai amato.
Chiedi, supplica con me:
Possa io essere condotto attraverso le imboscate dello stato post-mortem, occultato sotto i mantelli della
mansuetudine e dell'umiltà, sul cammino della Saggezza nel perfettissimo stato dell'Illuminato e del
Liberato.
Così dicendo, con fede umile e profonda, sarai fuso nella luce del cuore dell'Arcangelo san Michele
delegato di Cristo e otterrai lo stato incondizionato nel regno della suprema felicità nell'est del mondo
adimensionale.
divino corpo di Luce di Cristo si consustanzierà per sempre con te e otterrai lo stato di cristo nel Cristo. Se
non riconoscerai questa Luce come luce della tua intelligenza, sappi almeno che è la Grazia della
Misericordia di Dio operante attraverso la Sofia e affidati a lei. Tieniti lontano da quella luce blu-gialla, non
abbagliante che arriva dal mondo degli uomini. Sii forte, vigile, non lasciarti attirare. Essa è l'insieme delle
tue inclinazioni, è il violento egoismo e orgoglio; se ti lasci prendere dalla bassa nostalgia di questo
attaccamento, sarai perduto, scenderai in quel mondo e di nuovo sperimenterai la sofferenza della nascita,
della vecchiaia, della malattia e della morte; e non ti è possibile sapere, tranne Dio, quando potrai uscire dalle
sabbie melmose della trasmigrazione.
Gesù Cristo si è incarnato, da Dio si è fatto Uomo, per toglierti da quel fango.
Abbandona l'orgoglio e le predisposizioni al male, non avere più desiderio e attaccamento per quella luce
del mondo umano, distogli i tuoi occhi da essa. Fissa la luce giallo-splendente di Cristo attraverso Sofia la
Madre cosmica, e con grande volontà prega così:
Guidami Arcangelo santo di Dio alla Celeste Sofia, tu che, delegato rappresenti del Figlio di Dio la
Saggezza di solidarietà fra tutti gli esseri o la "Saggezza dell'Eguaglianza". Guidami nel momento in cui
vago nella trasmigrazione, per colpa della forza dell'egoismo.
Mi protegga le spalle la Vergine Santissima Madre di misericordia.
Possa io essere condotto con sicurezza attraverso i trabocchetti di questo viaggio e messo nello stato
perfettissimo di cristo in Cristo.
Così parlando con profonda umiltà nella luce iridescente del cuore dell'Arcangelo Aniele e raggiungerai
la santità perfetta del liberato nel Corpo di Beatitudine di Cristo, il senza forma, nel manifestato.
peccaminosità, la luce dei tuoi sentimenti attaccati alla terra manifestantesi in te. Guai a te se vi resterai
aggrappato, precipiterai nel mondo degli spiriti infelici e soffrirai una fame e una sete insopportabili.
Se cadrai nel mondo degli infelici non avrai più il tempo di liberarti. Quando sarai diventato uno "spirito
infelice", per te sarà impossibile raggiungere il Regno di Dio per questo post-mortem, e dovrai aspettare la
tua successiva rinascita, dopo il terribile passaggio nel "mondo dei disgraziati".
Non essere attaccato a nulla, non essere debole, abbandona le tue tendenze abituali fatte d'ignoranza,
cupidigia, avarizia, egoismo.
Credi nell'abbagliante e brillante luce rossa, e prega assieme a me, tua guida, concentrato nel Salvatore:
Mio Dio, in questo mio errare in forza del mio attaccamento nel mondo fenomenico, mi conduca il
Salvatore, portatore di Luce nel mondo, sulla via della Saggezza di ogni discernimento e della Carità
perfetta.
Possa io essere seguito e sorvegliato dalla Theodocos vestita di bianco.
Mi assista lo Spirito Santo attraverso le insidie di questo viaggio e avviato per sempre nello stato
perfettissimo del Cristo.
Mi scortino i Maestri di Pietà nella terra dei perfetti illuminati.
Così pregando con concentrata e forte volontà che io sia dissolto nel cuore del Salvatore e della
Theodocos Madre di misericordia come in una luce di arcobaleno, possa io diventare un Figlio dell'Altissimo
nel cielo delle forme intelligibili.
La brillante e terrificante luce verde sarà accompagnata da un'altra luce verde opaca e cupa, prodotto dei
sentimenti di gelosia: essa arriverà dalla Regione degli Angeli ribelli o Titani. La luce di quella regione
risplenderà essa pure sopra la tua persona. Rifletti, medita su essa, ma senza attrazione, senza repulsione,
nella più totale imparzialità. Non ti attaccare a questa luce; se hai scarsa intelligenza da poterla così
considerare, almeno non provare simpatia per essa. Saresti rovinato.
Naturalmente alla vista della smagliante irradiazione verde vorrai fuggire, influenzato ancora dall'intensa
gelosia di cui porti le tendenze ed il peso dei pensieri, delle parole e delle azioni di gelosia. Questa carica
irrompe proprio nel quinto giorno del tuo travaglio post-mortem.
Sii saggio e forte, non fuggire la buona luce verde e non lasciarti sedurre dalla cupa e opaca luce verde del
Mondo dei Titani. Resta fisso nella contemplazione della magnifica, smagliante, trasparente e radiosa luce
verde; riconoscila come saggezza, identificati con essa nella piena rassegnata adesione. Puoi anche pensare:
"Ecco la mano destra della grazia divina dell'Onnipotente, di Dio Eterna Saggezza increata che compie
tutto". Credi in maniera assoluta, e non scappare.
Se tu fuggissi, la luce verde brillante della Saggezza, ti inseguirebbe perché è inseparabile da te che sei
cristiano. Quindi non aver paura, e non lasciarti risucchiare dalla Regione dei Titani immersa dalla cupa e
opaca luce verde. Questa sarebbe la causalità e il contrappasso della gelosia intensa, venuti ad accoglierti. Se
tu dovessi lasciarti attrarre, verresti inghiottito dall'abisso nell'abisso dei Titani a patire la miseria dei litigi e
le guerre. Questo è il giuoco per interrompere la tua ascesi di liberazione. Bandisci la debolezza e abbandona
le tue tendenze abituali. Concentra con fede tutto il tuo pensiero nella chiarità della luce verde abbagliante
della Trinità Onnipotente. In questo atteggiamento interiore assoluto, prega forte così:
La mia salvezza è nel Signore Conquistatore Onnipotente delle anime pentite e piene di fede e speranza
nella grazia divina.
Poiché vado errando per l'intensa forza della gelosia, possa io essere condotto dall'Onnipotente lungo il
cammino della Saggezza che compie tutto.
Che io sia protetto dalla Divina Madre, colei che salva, la misericordiosa.
Possa essere guidato con tutta sicurezza attraverso gli incagli e le imboscate dello "stato intermedio", e
condotto nel perfettissimo stato dell'Illuminato e del Libero, per l'opera di Redenzione del Signore Gesù e
per la mia fede, speranza e amore.
Così pensando in tutta umiltà e fede, entrerai nell'alone di luce dell'arcobaleno nel cuore del
Conquistatore Onnipotente per trovarti nello stato d'Illuminazione, nel Corpo di Beatitudine nel Regno del
Nord degli atti perfettamente buoni nel piano delle forme intelligibili.
SETTIMO GIORNO
Nel settimo giorno verranno a incontrare il defunto le entità in possesso della sapienza mistica partendosi
dai loro regni celesti. Contemporaneamente si aprirà il cammino del mondo bruto prodotto dalla stupidità
spirituale e dalle passioni oscuranti.
L'officiante dirà: O Figlio della Luce! (nome e cognome) Ascolta senza distrarti. Adesso verranno delle
entità in possesso della mistica sapienza. Sappile riconoscere, non sgomentarti se ti appariranno in modo
strano. Esse possono condurti per farti rinascere nei loro paradisi celesti. Se fallisci la prova ti puoi
considerare temporaneamente perduto nell'esperienza dello stato intermedio di questo settimo giorno dalla
tua morte.
"Figlio della Luce! (nome e cognome) Prega così, con intensa volontà:
O Maestri dell'ordine dei possessori della sapienza mistica, vi prego nel nome della SS. Trinità, nel nome
di Cristo e nel nome della SS. Vergine di condurmi sul sentiero della salvezza; da molti giorni sto vagando in
questo mondo della trasmigrazione a causa delle mie impetuose tendenze al male.
Vi invoco affinché mi salviate conducendomi sulla via degli eroi in possesso della mistica sapienza.
Che io sia condotto dalle Sante Madri nei puri regni paradisiaci, protetto alle spalle e liberato dalle paure
e dalle tristezze di questa esistenza d'oltretomba."
Se la preghiera sarà forte, intensa, il defunto rinascerà nei paradisi celesti, dissolvendosi in una luce di
arcobaleno nel cuore delle deità in possesso della mistica sapienza.
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IL TESTO
ISTRUZIONI
Fratello cristiano! (dite il suo nome e cognome) Ascoltami! Se tu soffri, sei confuso e atterrito, ciò è
dovuto al peso dei tuoi precedenti peccati, alla disubbidienza a Dio, al non aver corrisposto al suo Amore.
Pentiti sinceramente e prega con slancio e fermezza il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; chiedi aiuto al tuo
Angelo Custode buono, al Santo verso il quale fosti devoto in vita, prega la SS. Vergine Maria, san Giovanni
Battista, san Giuseppe, l'Arcangelo san Michele, i santi Apostoli e tutti i santi e le sante. Questa preghiera
può salvarti, ma se non avrai fervore di fede, allora verrà l'Angelo custode malvagio, nato simultaneamente
con te16 verrà con tempestivo zelo a enumerare le tue cattive azioni e la mancanza tua alle sette opere di
misericordia corporale. Ti accuserà che non hai dato da mangiare agli affamati, né da bere agli assetati, e
neppure donasti un abito agli ignudi, né alloggiasti i pellegrini senza tetto e non visitasti gli infermi e i
carcerati. Quell'Angelo di iniquità con occhi verdastri e sinistri godrà accusandoti di non aver seppellito i
morti. Tu, allora tremante di paura e di vergogna, cercherai di mentire per tua sventura, e dirai: - Io sono
innocente, non ricordo d'aver mancato, non ho commesso alcuna cattiva azione. Ma il giudizio si farà
incalzante perché l’Angelo della Morte, dirà severo: - Vado a consultare lo "specchio" delle tue opere17 e il
"Libro del tuo operato".
Lo specchio muterà colore e mostrerà le scene peccaminose del tuo passato onde tu trasalirai di vergogna
e di tremore. Con voce minacciosa e roca l'Angelo della Morte leggerà sul "Libro della Vita e della Morte"
che hai dato sfogo alla superbia e all'avarizia, alla lussuria e all'ira, alla gola, all'invidia e all'accidia.
Tu allora dirai che non è vero. Ma i sette demoni dei vizi capitali ti danzeranno attorno famelici e
aggressivi per testimoniare che ti sono stati sempre accanto quando peccavi.
Capirai a tue spese che la menzogna davanti al tribunale di Dio non ha senso, ma aggraverà la tua
situazione.
Una voce terribile come tuono in un lampeggiare tremendo di luce bianca e azzurra ti griderà che hai
mancato anche alle sette opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti,
ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste,
pregare Iddio per i vivi e per i morti.
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La personificazione dello spirito o angelo buono nato simultaneamente al soggetto e incaricato di guidare
e contare le buone azioni del suo affidato, è per la Chiesa un fatto certo. La Scrittura parla degli Angeli
Custodi di Agar, Lot, Tobia, Daniele, Elia. Il Salmista afferma per propria esperienza "aver Iddio mandato il
suo Angelo affinché ci custodisca in ogni nostra via, ne sostenga con le sue ali e non permetta che il nostro
piede abbia ad inciampare nella pietra, ma possa anche incolume passare sull'aspide e il basilisco" {Salmo
90:11-13). Lo stesso scrissero San Paolo, agli Ebrei, 1:14, e Pietro in Atti, 12:11. La stessa affermazione fa
San Giovanni Crisostomo, Homil. XXVI. Origene, Homil. XX in Numer. 3. L'Angelo Custode cattivo è il
demone nato simultaneamente al defunto, personificazione della natura inferiore, carnale di un essere. Nel
Pastore di Erma, si legge: "Ai fianchi dell'uomo stanno due Angeli: quello della giustizia e quello
dell'iniquità". Della stessa opinione sono Origene, Homil. XII in Lucam, San Gregorio Nisseno in Vita Moysi,
1:1, il Venerabile Beda in Comm. Atti Apost. c. XXII, Cassiano in Collazione Vili, c. XVII. Alcuni di questi Padri
autorevoli suppongono che vi siano attorno all'uomo tanti demoni quanti sono i suoi vizi, e ciò lo deducono
dalle Scritture.
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II simbolismo dello specchio lo ritroviamo in vari passi scritturali: Giacomo 1:23,1 Cor. 13:12, II Cor. 3:18.
[Questo simbolismo sembra la metafora dello schermo di un computer che permette di riprodurre a
volontà il video della registrazione di una vita intera. Esiste un HARD DISK universale? N.d.R.]
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Il buon Angelo Custode prenderà la parola per difenderti, per enumerare le buone azioni ed i buoni
pensieri che hai fatto. Poi appariranno molte persone sdegnate che ti guarderanno con odio e disprezzo e ti
rinfacceranno tutto il male che direttamente e indirettamente hai fatto loro. Ma tu ancora mentirai dicendo di
essere innocente, di non ricordare d'averli offesi e costretti a peccare. Lo "specchio" muterà colore e
riprodurrà l'episodio da te negato.
Dette queste cose osserverà nello Specchio dove è riflesso ogni pensiero, ogni atto buono e cattivo. E ti
accorgerai che la tua menzogna sarà valsa a niente. Allora, con furore giustiziere, le furie-carnefici del
Signore della Morte ti avvolgeranno una fune al collo e ti trascineranno via. Ti mozzeranno la testa, ti
strapperanno il cuore, ti sventreranno gli intestini, ti berranno il sangue, ti addenteranno il cervello, ti
divoreranno le carni, ti rosicchieranno le ossa18, ma tu non potrai morire perché sei eterno. Pur ridotto a
brandelli, il tuo corpo continuerà a vivere. I supplizi si susseguiranno ai supplizi, il dolore al dolore, la
tortura alla tortura. Oh fratello! "Possa tu non apprendere quali orrori vi siano nelle tenebre, che cosa
avvenga tra le fiamme, che cosa arda tra le torture! Si allontani da te il terribile Satana con i suoi compagni!
Tremi e fugga nel deserto amorfo della notte eterna quando tu, accompagnato dagli Angeli giungerai colà!
Signore Gesù Cristo, Re di Gloria! Preserva l'anima di tutti i fedeli defunti dalle punizioni degli inferi e dal
mare profondo! Preservala dalla vendetta del leone, affinché l'abisso - tartarus! - non la divori, affinché non
precipiti nell'oscurità. Michele, il santo vessillifero, la ponga nella luce eterna, che Tu, un giorno hai
promesso ad Abramo e ai suoi discendenti"19.
Non spaventarti, non mentire, non lasciarti prendere dal terrore anche nel momento in cui conteranno le
pietruzze. Tu sei spirito, non puoi morire, i Signori della Morte sono soltanto tue allucinazioni.
Cerca di ricordare che sei nello stato intermedio. Medita sulla contemplazione del Sacro Cuore di Gesù.
Se ti senti incapace di meditare, allora valuta obiettivamente, analizza con cura la natura vera di ciò che ti
atterrisce. Tu sei un corpo di desiderio, cioè un corpo di tendenze e di pura spiritualità20, neppure una
sciabolata ti può ferire. Ciò che ti spaventa non è consistente, e sparirà quando il tuo cuore sarà puro come il
cuore di Cristo, perché l'unica Realtà è Dio, la tua anima, gli angeli, le anime dei vivi e dei morti.
Tu sei davanti a un Vuoto che è pienezza divina, tu sei al cospetto del Vuoto che non è il Vuoto del nulla,
ma un vuoto davanti al quale risaltano la brillantezza del tuo intelletto, perché è lo stato di spirito del
secondo corpo divino dell'essenza divina riflessa.
Non distrarti, ormai sei sul confine, sulla linea di demarcazione fra gli Illuminati e gli esseri animati21.
Se riconoscerai senza distrazioni i quattro divini corpi, sarai libero.
Guai a te se ti distrarrai! Non potrai uscirne se non dopo innumerevoli eoni.
In un solo istante l'Illuminazione perfetta è ottenuta, in un baleno una grande differenziazione è creata per
sottrarti al dolore e beatificarti nella visione di Dio e dei suoi Angeli, nella Comunione dei Santi.
Fino a questo momento, tutto questo Mondo intermedio ha potuto risplendere su di te, ma ti sei lasciato
distrarre, e non lo hai riconosciuto. Ti sei distratto perché hai avuto paura e sgomento terrifico. Ma la
Misericordia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sono ancora immensi verso di te. Se però diverrai
distratto nuovamente, la Grazia che scaturisce dalla Compassione di Gesù verrà a mancare, e tu ripiomberai
nello stato dove non c'è liberazione immediata. Esercita la prudenza, la vigilanza, sii sveglio, perché anche se
non sei riuscito fin qui a fare il riconoscimento - malgrado i ripetuti confronti - tu ancora sei in tempo per
realizzarlo e liberarti.
18
Le torture simbolizzano il terrore della coscienza, il giudizio è il simbolo del buon genio che insorge contro
il malvagio. Dio non odia, non colpisce, il giudice è la coscienza stessa che è rigorosa, imparziale e giusta. Lo
specchio rappresenta la memoria di quanto è stato fatto di bene e di male.
19 Messale Romano.
20
II corpo del desiderio, o astrale è come una nube nella quale si entra e si esce senza mutarla. Il corpo del
desiderio è il corpo dello stato diabasico o dell'intervallo subito dopo la morte.
21
I Beati, i Santi, i veri Illuminati sono esseri completamente distinti dagli esseri non illuminati, perché
trasformati in Cristo, pur distinti da Lui.
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22
II nome mistico che viene dato al monaco, alla suora e agli iniziati, quando viene rivelato, stabilisce un
rapporto misterioso, arcano tra il defunto e il re della morte, tra il divino e l'umano.
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INDICE
Prima Parte
Che cos'è la morte dai punti di Vista della scienza medica e da quelli dell'Archeosofia. p. 11
La costituzione dell'Uomo e della Donna invisibili nello stato agonico e del post-mortem p. 20
La crisi della morte nelle descrizioni dei defunti comunicanti e dei Santi e Mistici. p. 21
Visioni dei morenti e apparizione dei defunti al letto di morte [Bibliografia NDE] p. 24
Avventure dell'anima nella vita postuma e l'assistenza religiosa e spirituale per i defunti
nel giorno del decesso, al terzo, settimo, trentesimo e quarantesimo giorno.
Simbolismo dei giorni esequiali. p. 27
Una eccezionale esperienza durante la veglia funebre accanto al corpo del defunto
amico e confratello Renzo Bernardini. p. 35
Esperienza dell'autore avvenuta il 24 ottobre 1967 dalle ore 24 alle 3 del 25. p. 37
Parte Seconda