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Palazzo BO Sala Archivio Antico Tavola rotonda il Rilancio del Paese dopo la crisi: innovazione delle competenze e nuove

ve opportunit Nanochallenge and Polymerchallenge 2010 Padova, 26 novembre 2010 MODERATORE: Passera, in conclusione, da questa esperienza questanno, quali ulteriori elementi rispetto allo start-up? Voi lo fate gi da vari anni, per, rispetto ad un Paese che sta in queste condizioni, con le imprese in questa sofferenza, che cosa ci pu dire? CORRADO PASSERA: Tante cose posso dire. Molte sono venute fuori dalla tavola rotonda e ho preso nota di alcune che tengo a sottolineare. Sul fatto che fare banca, fare il banchiere, oggi in Italia, sia una pesante responsabilit, non si pu che convenire; ma anche uno stupendo mestiere che consente di toccare con mano come, impegnandosi, si possano risolvere i problemi. Il nostro Gruppo concede al sistema Italia (famiglie, imprese, pubblica amministrazione) affidamenti per una somma che si avvicina ai 500 miliardi, quindi non lontana da un terzo del PIL. lunica cifra che vi do in questa occasione, ma la do perch esprime bene la responsabilit che ci portiamo addosso e permette di farsi unidea di quanto crediamo a questo Paese. La prima cosa di cui avevo preso nota e che volevo dire questa: bello trovarsi dopo un anno dalla firma del protocollo insieme allUniversit e alla Fondazione e vederne gi alcuni risultati. E risultati concreti: Nanochallenge, Polymerchallenge, la Start-up Initiative di Intesa Sanpaolo lavorano insieme. Ma prima cera stato il tema dalla formazione, della preparazione anche in unottica di proiezione internazionale, perch come giustamente diceva qualcuno prima, noi queste iniziative le promoviamo in unottica rivolta non al solo mercato italiano. Molte di queste aziende infatti nascono con un orizzonte mondiale: non si tratta soltanto di aiutarle a diventare aziende italiane, ma fin da subito aiutarle a diventare aziende mondiali. Il primo punto per il tema della collaborazione. Il nostro Paese ha un enorme bisogno di esempi di collaborazione. Ecco, una situazione come questa, in cui Fondazione, universit, banca, industria lavorano insieme per produrre risultati concreti, dimostra che collaborare si pu. Un appunto che ho preso dallintroduzione del Rettore Zaccaria riguarda una cosa ovvia, ma che non sempre si mette abbastanza a fuoco. Nel suo intervento si parlava degli obiettivi delluniversit, intendendo naturalmente obiettivi di insegnamento, di ricerca, ma anche di trasferimento di tecnologia in forma diretta. Insegnare e fare

ricerca significa certamente sviluppare e diffondere conoscenza, ma luniversit pu anche farlo in maniera diretta, attraverso brevetti, start-up, iniziative come quelle che questa universit sta dimostrando di saper fare. Nella valutazione delle universit andrebbero inseriti tutti e tre questi criteri (insegnamento, ricerca, trasferimento di tecnologia), rispetto ai quali Padova risulterebbe, come del resto gi risulta secondo molti altri criteri, tra le prime in Italia. Nicolais diceva: la ricerca che facciamo in Italia di gran buona qualit. Giusto. Per, solo in parte essa diventa brevetto, diventa azienda, si traduce in qualcosa di concreto. Perch? Certamente perch in Italia abbiamo soprattutto piccole aziende che non sanno recepire certi stimoli e certe situazioni; certamente perch gran parte delleconomia italiana si basa su settori in cui talune evoluzioni tecnologiche non trovano immediato impiego. Per, abbiamo di sicuro un problema di capacit di trasferimento tecnologico che dobbiamo sviluppare. Ci sono casi in cui dimostriamo di saperlo fare, ma dobbiamo comunque ricercare i meccanismi che ci possono permettere di sfruttare appieno, e in ogni caso pi di quanto non accada oggi, la capacit che luniversit ha di produrre innovazione. Noi come Paese abbiamo bisogno (dico una cosa ovvia, gi rilevata in precedenza anche in questa occasione da altri, ma che non dobbiamo stancarci di ripetere) di pi crescita, perch altrimenti di occupazione non ne creeremo mai, e se non si fa qualcosa in tempo su questo terreno, il lavoro potrebbe diventare una emergenza. Ora, per crescere ci sono tante leve, ma quella fondamentale linnovazione, che vuol dire due cose. La prima rendere pi innovative le aziende che gi ci sono. Giustamente Rossi Lucani parlava a questo proposito della grande necessit di innovazione quantica ovvero di prodotto, e non solo di una innovazione graduale e incrementale, come spesso stato il caso nel modello italiano di innovazione di processo: graduale ma, appunto, senza grandi salti. La seconda cosa per fare innovazione creare nuove aziende. Sono queste che producono poi le grandi novit; ed di questo che noi stiamo discutendo oggi. Quegli imprenditori che parlavano prima sullo schermo saranno un domani, magari anche grazie al contributo di tutti noi che siamo qui stasera, le nuove grandi aziende che cambieranno le cose in futuro o che ne porteranno di nuove . Nuove aziende significa poi anche avere la possibilit di trovare nuove soluzioni a tanti problemi. Infatti, a sentire la descrizione dei loro prodotti, si capisce che essi rappresentano altrettante soluzioni a problemi che comunque dovremo risolvere, siano essi di tipo medico-sanitario, di tipo energetico, o relativi alle evoluzioni nelle abitudini di consumo. Non parlo di come favorire linnovazione nelle aziende esistenti perch il tempo non lo permette; parlo piuttosto di creazione di nuove aziende. E in particolare di creazione

attraverso luniversit, perch luniversit, in tutto il mondo in cui presente come universit con la U maiuscola, genera nuove idee, nuove conoscenze e anche nuove imprese. La prima cosa la qualit della ricerca. Ma qui non saremo certo noi a suggerire ai nostri amici dell' universit, visto che stiamo parlando in una delle universit pi prestigiose e capaci, che cos che nel tempo potrebbe aiutare, allinterno delluniversit e di qualunque luogo in cui si fa ricerca, a creare quella sensibilit, quelle esperienze, quelle attitudini che servono poi ad immaginare di potere trasformare in imprese tutto ci che invenzione, conoscenza, risultato di ricerca. Certe volte (soprattutto in Italia, mentre in America la cosa differente) chi si occupa di scienza non al corrente di quali siano gli strumenti fondamentali minimi per poter trasformare una idea in impresa e quindi non viene neanche in mente di poter fare di una propria ricerca, di una propria idea, unazienda, con tutto quello che ne pu venire di positivo. Anche nel nostro Paese comunque si riesce a dar vita a delle imprese start-up; e anche in discreto numero: negli ultimi anni ne sono nate 700-800. Tuttavia, , come ricordava Rossi Lucani, stiamo ancora parlando di numeri piccoli. Ma molte di queste rimangono nello stadio di start-up, cio delle micro-realt, talvolta addirittura poco pi che meccanismi di auto impiego da parte di coloro che le hanno create. La questione dunque proprio di farne delle aziende, capaci di crescere, di andare allestero, di essere dinamiche. E bisogna trovare il meccanismo per portare queste start-up a contatto con quel tipo di mercato dei capitali capace di interpretare i bisogni di aziende che sono proprio allinizio. La banca pu fare da ponte; ed quanto noi facciamo con quella che si chiama Startup Initiative, un programma di tavoli di incontro tra le nuove idee, le start-up e il mondo dei finanziatori specializzati in questo segmento. Il mondo del finanziamento allinnovazione assai vario: c il seed capital, il venture capital, il private equity. Bisogna favorire il contatto fra le nuove iniziative e i possibili finanziatori. Molto spesso le nuove iniziative non sanno presentarsi, bisogna aiutarle a trasformare unidea in un business plan, attraverso il quale capire se c un minimo di fattibilit. Ci fatto, ci deve essere il palcoscenico preparato e quindi i giusti tipi di investitori. I risultati che vediamo da questo nostro esercizio, giunto ormai alla sua sesta edizione, sono fantastici: 500 idee esaminate che sono diventate un centinaio di proposte di investimento; quasi 600 manifestazioni di interesse, di cui pi di 400 stanno andando avanti e sono al secondo o al terzo livello di approfondimento. Questo vuol dire che il meccanismo funziona. Pensate se riusciamo a tenere e sviluppare questo ritmo, e dai sei tavoli che abbiamo organizzato finora arriviamo a sessanta o a seicento, quanta iniziativa imprenditoriale e quanta innovazione ne pu venire fuori!

Per noi un impegno forte, che va al di l di quello che poi ci ritorna perch queste non sono operazioni dal ritorno immediato; ma siamo consapevoli e soddisfatti di aver avviato un sistema per metter in moto crescita e per portare aprire sbocchi di imprenditorialit al lavoro di ricerca dellUniversit. Noi lo vediamo come una funzione importante nel nostro modo di fare banca. Poi c naturalmente il ruolo sotto il profilo del credito. Il credito allinnovazione campo tuttaltro che facile, perch molto spesso ci si trova nella possibilit di finanziare iniziative che non si in grado di comprendere e valutare sotto il profilo tecnologico. Una banca infatti non necessariamente capace di comprendere o valutare la validit di programmi tecnologici o di progetti scientifici. Noi in Intesa Sanpaolo abbiamo ereditato grandi competenze in questo campo dal mondo dellIMI, ma in taluni casi le questioni da affrontare vanno ben al di l del normale aggiornamento delle competenze che una banca pu realizzare al suo interno. Da qui la collaborazione, anche su questi temi, con le Universit. Negli ultimi anni abbiamo concesso oltre un miliardo di finanziamenti nellarea dellinnovazione e delle iniziative di start-up. Si tratta non solo di una bella cifra in assoluto, ma anche di una grande responsabilit che ci siamo assunti, perch finanziamenti a lungo termine destinati ad attivit di esito incerto dovrebbero essere coperti da garanzie, in questi casi praticamente impossibili da chiedere. E allora occorre chiedersi coprire il rischio tecnologico?. Noi lo facciamo ricorrendo al parere di specialisti, di universit particolarmente competenti, di laboratori che abbiamo individuato e che valutano per noi che quei progetti abbiano senso, al di l della nostra capacit di valutazione. Questo un modo per risolvere concretamente la grande difficolt che lazienda italiana di piccola dimensione trova nellaffrontare da sola, senza un ponte come la banca, il mondo delluniversit. Abbiamo visto come lavoriamo sul fronte del credito. E su quello del capitale di rischio? Abbiamo gi parlato dei tavoli della Start-up Initiative. Ma noi stessi abbiamo deciso di mettere decine e decine di milioni di euro in iniziative di Venture Capital, anche se non c ancora in Italia una legge che tuteli adeguatamente chi fa Venture Capital. Ed una grave carenza, perch fare Venture Capital unattivit rischiosa dove si sa in partenza che sei, sette, anche otto volte su dieci linvestimento non va a buon fine, ma normale che sia cos. Avere un meccanismo che, senza arrivare a premiare fiscalmente (come accade, anche in misura rilevante, in taluni Paesi), almeno garantisca chi svolge questa attivit, sarebbe fortemente auspicabile e dobbiamo spingere perch questo avvenga. Tuttavia, pur in assenza di queste condizioni, noi ci siamo messi allopera. Abbiamo creato, anche insieme alle nostre Fondazioni socie, alcuni Fondi di Venture Capital che stanno lavorando in tutta Italia: iniziative degne di attenzione si trovano infatti sia nelle regioni pi sviluppate, sia in quelle pi in

difficolt. E questo molto positivo. Ma in un programma di sostegno allinnovazione c anche un altro tema: quello dellaccesso agli enormi contributi europei potenzialmente disponibili alle aziende che innovano, una opportunit che le aziende italiane tipicamente hanno difficolt a sfruttare. Abbiamo cos creato una struttura specializzata, che si chiama Eurodesk, a disposizione di tutte le aziende italiane (non necessariamente soltanto nostre clienti). Ci sono grandi programmi quadro a livello di Unione Europea che prevedono stanziamenti e contributi per 50, 60, 70 miliardi di Euro da destinare alla ricerca e allinnovazione nelle imprese. Abbiamo cominciato a mettere in moto un flusso di proposte italiane e candidature italiane a questi fondi, e le somme finora effettivamente ottenute fanno bene sperare per il futuro. Un altro tema quello degli incubatori, che sono gi stati citati stasera, e che sono gemmati anche da questa universit. Anche noi ne finanziamo alcuni in giro per lItalia: pi che incubatori li definirei per acceleratori dimpresa, perch ospitano iniziative imprenditoriali pre-esistenti, che hanno bisogno di quella prima scintilla di energia che unazienda da sola non ce la farebbe a darsi. In questo campo ComoNEXT una bella iniziativa, che vede anche noi coinvolti. Tutto ci che ho detto fin dora si inquadra necessariamente in unottica di medio e lungo termine, perch queste iniziative hanno bisogno di un orientamento con questo tipo di orizzonte. Prima parlavamo con il Rettore della difficolt di gestire programmi di ricerca che non abbiano una prospettiva di medio-lungo termine. Come banca dobbiamo cercare di supplire alla diffusa mancanza di orientamento al medio e lungo termine in tutti questi settori. Credo di avere esaurito il tempo a mia disposizione, ma desidero rispondere sul tema moratoria. Noi, ormai pi di un anno fa, ci siamo inventati questa soluzione che poi diventata unoperazione di sistema, stata cio adottata (e giustamente) da tutto il sistema bancario. Ci sembrava corretto, nella fase di massima crisi, mettere in condizione chi ne avesse avuto bisogno, di alleviare il peso della restituzione nellimmediato dei propri debiti, almeno per la parte che stava per scadere. Lidea ha funzionato: limitandoci ai dati del nostro Gruppo, oltre 40.000 clienti ne hanno approfittato e la gran parte sono gi rientrati in una situazione di normale rapporto bancario. Non mi sento di dire che cosa accadr alla scadenza di questo meccanismo. I casi andranno esaminati uno per uno: per alcuni, probabilmente, sar giusto andare avanti; nella stragrande maggioranza dei casi bisogner ritornare nella normalit; ci saranno alcuni, invece, che non saranno in grado di riprendere il normale pagamento dei debiti. Del resto, che in questa fase perdurante della crisi ci sia un peso da sopportare da parte

nostra in termini di cattivo credito, purtroppo nei fatti e rientra nel ruolo che la banca pu svolgere. Unultima cosa. Se vogliamo che tutte queste cose succedano (innovazione nelle aziende che esistono, nuove iniziative, crescita legata allinnovazione e alla ricerca), si devono prima di tutto porre alcune basi culturali. Qualcuno in precedenza ha giustamente osservato che dobbiamo introdurre i pi giovani fin dallinizio, dai primi gradi della scuola, al piacere e al fascino delle materie scientifiche. E qualcun altro ha anche detto. ne ho preso nota: Se mi avessero spiegato che queste cose sono cos belle, forse avrei fatto questo. cos, la verit. In Italia abbiamo un sistema scolastico che non porta naturalmente alla scoperta anticipata della bellezza della tecnologia, della scienza, di cosa si pu realmente fare, di come ci si pu realizzare in questi campi. Abbiamo un sistema, e questo vale sia come scuola sia come famiglie, che non orienta allimpresa, al rischio, al gusto di mettere in piedi qualcosa da zero. Se vogliamo avere i 60 o i 600 tavoli di incontro fra start-up e investitori specializzati cui facevo cenno prima, dobbiamo partire di nuovo con unottica di medio periodo e accendere questi motori di voglia di fare fatti di propensione favorevole verso la scienza, limpresa, il rischio; e accenderli fin dallinizio. Le strade della vita sono le pi diverse, per credo che tanti di noi possano essere daccordo nel constatare come sia nella famiglia, sia nella scuola, di persone in grado di vendere questi concetti in modo adeguato, ne abbiamo avuta, e ne abbiamo anche adesso, troppo poca . stato detto che occorre farci carico tutti insieme del difficile momento che viviamo. Io non potrei essere pi daccordo. Come banca cerchiamo di fare il possibile. Grazie mille.

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