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XXVI canto sara invece lo stesso Guinizzelli a dover riconoscere

in fatto d'ermetismo, la superiore maestria di Arnaut Daniel.


'
L'ep iieto saggio era stato riferito di volta in volta da Guittone
a Bernart de Ventadorn, ma con formula dubitativa (cfr. qui sot-
to Appendice III 1, Ora parra, v. 5); allo stesso Bonagiunta da
un
anonimo rimatore («E so ben ch'om non poria trovar saggio I
si
come voi, maestro Bonagiunta»); e sara attri buit o da Dan te pro-
prio al Guinizzelli, Amore e 'l cor gentil (V n. XX) , v. 2: « sf com
e
il saggio in suo ditta re pone». Nella sua risposta al Lucchese, l' au-
tore sembra deliberatamente riecheggiare con ironia un attacco
del
suo interlocutore: Omo ch' esaggio ne ·lo cominciare (e, forse,
an-
che il sone tto anonimo «Eo so ben ch'io non poria trovar sagio
I
sf come voi, maestro Bonagiunta»). Alle accuse di Bonagiunta,
che
Gui do giudica originate dalla vanagloria, Guinizzelli risponde con
sottile ironia,·facendo appello alla propria cultura filosofica e met-
tend o in dubbio le capacita dialettiche dell' avversario. In partico-
lare, egli sembra utilizzare abbastanza esplicitamente un testo
ben
note anche al notaio lucchese: il Liber de doctrina dicendi et tacen
-
di, sorta di manuale di oratoria per i'uo mo politico dell'Italia co-
munale, composto into rno al 1245 dal giurista Alb erta no da Bre•
scia peri l figlio Stefano, che nel secolo XIII god ette di un en~r
mt
-successo, al pun to da essere piu volte volgarizzato e da influenza
re lo stesso Bru nett o Latini.

4. Guinizzelli e la fotmulistica romanz_a.

·R · s · o oetico dei Siciliani e a ·- i rova t i ,


V -
~

n
e
e...3iale ,. t op1ca -a~~ orosa e ._ e
._.,........... ~
",#'i .. ,
s a reve r_ass •

mo so o a a cun1 esemp1 para 1gm~ •

tici, al fine di docu men tare tali scar ti. Nella canz one Tegn
o-l d
/olleimpresa, ai vv. 35-37
la notte, s'aparisce,
come lo sol di giorno da splendore,
cos.{ I' aere sclarisce
Gui nizz elli rinv erdi sce un topo s hen noto alla trad izio ne occi
t:
nica, quello della dam a che risc hiar a il buio con la sua aura.
Per :
e
prim a volt a in.volgare, esso imp iega to da Cerc amo n, Quant
I' at
ra doussa s' amarzis ai vv. 21-2 2 «Qu an totz lo segles brun ezis , I c
lai on ylh es si resp lan» ; e fu pron tam ente ripre so da Ber nart
c
~Fru1,., ,.
;l~~. -,'.'. •,
_-. : ·. ·:r· : , ~ ....' \ :.

&;t<Y,
J.?r· / •· -~' · Introduzione
XXIX

i,,,.ti tri~a1~m.
.. ,~-.,.. .t, · . .
70, 3, Amors, enqu~•US preyara, vv. 34-37:
t1i-q~!£tescha.· bel e clara I qu 1 amors n es vas me dopt oza, I_c~r 5
1

J;i\t~i~ ilgot'a" I bel jorn e clarzis noih negra»; fra 1· trov1·er1, i1 topo s ap-
:rb::t:~
r~~-:;,~'t ··lrovesciato in Thib aut de Champagne (RS 1479), Define a'!'~' .
' ·:)Jz{s~ance et bonte1\ vv . 14-16 «De Ii a Deus le siecle enlumlp~,
;~~·qui avroit le plus biau jor d' este, ILes Ii seroit obscur de plain
;·,·:;;-9i;>\ :,l n Italia, la formula venne riproposta da Chia ro Dav a
liJ1lgioia el'alegranza, vv. 21-2 4 «che-lla ov:e fa aparenza Ilo_11~~' .~~:
(·:Jij:chiarire, Ie face il sol venire Ila ovunque n presenza »•.B~:-." e,
/o}c)' 2000 ricorda giustamente come la similitudine sia ben viva
che :nei versi iniziali di Vedut' o la lucente stel/a diana (son. 2),
~:}adonna eparagonata alla Stella «che appare men tre eanco ra
, . .~tte, producendo uno splendore del tutto simile (o superiore) a
§UiUo del s<?le». Riflettendo sul topos, non possono non venire in
til~iit.e le implicazioni mistiche del motive. Per fare un solo esem
.-
pf~Jra i molti possibili, si veda il secondo capitolo dell' Expositj.a
:sup¢r Apocalysim, attribuita a Hugues de Saint-Cher (morto µ¢1
{f ~q3): «Ite m stella sex radiis illuminat noctem et Chri stus s·exvit-:
tµiib us quasi sibi propriis ». Rispetto alle probabili f onti , Gµi~
1 . ce pero a intro durr e una variazione decisiva,
o
quan do si attar - ._
.,, .,.: a descrivere l'inv idia provata dal giorno, ormai defr auda
to del-
!r::i, ~\sua capacita di risch iarare le tenebre:
~tt:5,~·~-. -: : :_;_: ;\'. .
}{f:?f}ti onde 'l giorno ne port a grande I nveggia,
Yt:; ch'ei solo avea clarore,
ora la notte igualmente 'l pareggia
(vv. 38-40).

t~:f{:'._; L' inn~vazione non sfuggira a Petrarca, che ne cogliera il senso


t¥fl//piu profondo, nei duo bei lumi, «ch' an fatto mille volte 'nvid ia al
q~\/sole» (R VF, CLV I, v. 6).
?,~f~_:fi:.: j

ifi:)' Anc he il topos del <<colpo» infer to da Amore, pres ente nei vv.
~;/.::-:i 1-17 di Tegno•l de /olle impresa:
:'.!}.•>::
..

Di sf forte valor lo colpo venne,


che gli occhi no 'l ritenner di neente,
ma passo den tr' al cor, che lo sostenne
e sentesi plagato duramente;
e poi li rende pace,
.sf come tropp o agravata cos 3,
che more in letto e giace ...

. . :, : :
u Quest a canzo ne del «Re di Navar ra» (1201 -53)
vicne citata da Dante (De Vu/gem
E/oquentia, I IX) insieme a un testo di Girau t ~e Borneil e alla guiniz
zelliana Al cor gentil
(si veda quant o osserv ato nel paragrafo success1vo) .
·
' · ).

XXX
Luciano Rossi ;·J
trova riscontro nell ·
. \·?

_ }:
33 40 a citat a canzone d1. Thib
.
aut de Champagne (vv:.• _:~l
·
..
Li couz fu_granz, il ~e fet qu'enpirier; ~,
ne nous nu.res ne m en porroit saner
se cele non que le dart fist lande r .-
se de sa main i voloit adeser... ' .j

l' esp~essione e 'l colpo no' l ritenner: sara riutilizzata da Cino, ·-


Ca- . ~1
r? mzo ~herarduccio v. 11 « e 'I colpo gli occhi tuoi riten ner for-
s1 »; e s1 veda ancora Petrarca, RVF, LXXXVII, vv. 5-7:
similemente il colpo de' vostri occhi,
donna, sentiste a le mie parti interne
dritto passare ...
. ·-:,

Nell a canzone II, Madonna, ilfino amore ch'io vi porto, al v. 2: .-.:-


_:~
«mi don a sf gran gioia ed allegranza», i due termini musicalm
en- \
tee metr icam ente in rilievo ricalcano la dittologia occitanica joi
e \t
alegransa, indicante un' allegrezza attiva ed euforizzante, ispiratri- :q
ce del canto: cfr. ad es. Gaucelm Faidit, Tot mi cuidei (167 .60)
vv. Ii
43-4 5 «e grazisc Ii lo joi e l'alegransa I qe•m idet tan gen qe
no•s )~
rom p ni•s descos I per qe n'estauc alegres e joios»; per i Siciliani,
':\
si veda no, fra gli altri, i versi di Rinaldo d' Aquino citat i nella
no- j
ta prec eden te, nonche Giacomino Pugliese, Marte perche m 'ai
fat- J
ta, v. 9 «che m'ai tolto la gioia e l'alegranza». Una simile dittolo-
)i
gia tornera, leggermente modificata, in Cavalcanti, Se Mercef
osse J
amica v. 1 1, «in allegrezza e 'n gioia ». )
I vv. 41-43 del medesimo testo:
-
.\
che le cose propinque al lor fattore
si parte n volentero e tostamente
per gire u' son nascute

ripropongono, in altro contesto,. un co~cetto ~he s~mbra dire


tta- °''
men te derivare dal De Consolattone Phtlosophzae, libro III, pros
a
11 ,
5, o dalle relat ive glosse: << ••• ea quae appe tunt ur ph.11:ib~s id-
circo'. uera per£ectaque bona ... tum autem uerum bonu m f1er1 cum
in wiam ueluti formam atque efficientiam colliguntur». I1 tema
del-
le virtu attra tte dal loro luogo d'origine anticipa quello dell~ don-
na-calan)ita e dell' ago della bussola che si volge verso il luogo da
estato generato, motivi che saranno sviluppati nella strofe succcui es-
siva. Ma l'origine phi remota della massima e in Cicerone, Pe
Se-
necture, III, 7: «Pares autem... cum paribus maxime congregaritur».
Ai vv. 49-55, invece:
~;i::r· \it;·,:
fP,i,: , , i:c '.c
:i.t~v\ .::1\·.~
Introduzione
XXXI
In qu~lla parte sotto tramontana
sono Ii monti de la calamita
che clan vertud' all'aire '
ildidi~~ 1~ ferro; ma perch' elontana,
vu c simil petra aver aita
~i.;_t"'.:> · per farl adoperarc
,~z~:/t . che si dirizzi l' a~o ver' la Stella.
fff;~rp;i.
;:~~;~recisazion~ che l' aria svolgerebbe una funzione mediatrice tra
agnete e il fe~r~ era stata gia formulata da Guido dell~ Co-
~>.lonne, Ancorche l azgua vv 77
i'i:l:-· :h . · -79 «La calanuta
. . . . ...
contano 1 saccenti
!):-~,f. ..e. trar~ non por~a I l? ferro per maestria, I se non che l' aire in
l~l1l,~~zo 1~ 1consent1»; s1 vedano, analogamente, Pier della Vigna,
t\;f~o ch A_more vv. 9-11 «Per la vertute de la calamita I como lo
t{£e;r0 atrai nose vede, I ma sf lo tira signorivelmente»; Mazzeo di
~JR1cco, Lo gran valore vv. 28-30 «che la vostra bellezza mi ci 'nvi-
~~-ta I p:r f o~za, come fa _la c~amita I quando l' ~uglia tira per na-
1~\~~ >>, ved1;Monte, Pot che !ferro vv:1-4 <<Poi che 'l ferro la ca-
til* nuta sagg1a I v_er' la stella dirizza mantenente, I e se la stella{per
lI~i;;~9urtate ch' agg1a, I si cela, gia non parte di neiente »; Mar~·a';n.b-
~:t.roso vv. 198-199 «percio inver'voi si trae ciascun core Isf comeil
ilJ:'.Jerro inver' la calamita». E si veda Petrarca, RVF, cxx~v) vv.
~1.?i':i,6-19: «Una petra esf ardita I la per l' indico mar, che da iiatura
f~JJi:Ltragge a se il ferro e 'l fura». Per parte sua, gia Sordello, Aitant
~t(:\Jes plus, vv. 14 sg., aveva paragonato la capacita della sua donna
i@:::,lli guidare 1~ phi valenti alla funzione della calamita: <<cum la naus ,·
t\\en mar guida I la tramontana e-1 fers e-lh caramida».
{·\Sit 11 motive!>, d'ascendenza classica, dell'ineluttahilita della soffe-
}~:J)tenza, agognata dall' amante perche, unita alla costanza, dovreh-
i,)/be aver ragione d'ogni ostacolo (cfr. Ovidio, Amores, III I I 7;
?-t}.:Plauto Asinaria, v. 324) erielahorato con particolare efficacia ai
~f;i/vv ..23~26 di Lo fin pregi' avanzato, cos{ come nell'intera Lo fer,no
~:\ sof/erire. Tale prohlematka non era certo ignota ai trovatori (gia a
1If partire da Guglielmo IX, Pos vezem de nove_lh florir, vv. 21-2?
?? «Certanamens I a hon coratge hon poder, I qut•s hen sufrens»; G1-
C\i raut de Bornelh, 242.3, Ai las,com morvv. 33-34 «Sias sofrens, I
;: que tostems bos sofrire vens»); mentre, fra i trovieri, il cantore
della sofferenza amorosa era soprattutto Gace Brule, un poeta par-
ticolarmente congeniale a Guido (cfr. Oez por quoi plaing et sospir
vv. 7-8 «Si en vuil hen les maus souffrir I Jusqu'a plus en puisse
monter»). A differenza dei poeti classici e degli stessi trovatori,
Guinizzelli utilizza il motivo non per muovere a pieta l'interlocu-
trice e piegarla ai suoi desideri, bensf per constatare una legge ine-
XXXII
Lucian o Rossi
, ..
ludibile. Da quest o punto di vista, egli risult a molto phi vicino ai
poeti d' o'il che a quelli d' oc: . , . , . .
Non a caso e nel canzoruere d1 Gace Brule che s1 puo.r1nven1:
re una coere nte apologia del/in cuer. Si rico:di,no in part1colare, 1
vv: 2 5-2 7 della canzo ne Quant voi_ renverdtr ~ arbroze (~S 1690)
«Amors ne quiert haut parage I Ne r1cheze ne f1ertez, I ma1s :e don-
ne en fin corage», la canzone Ired' amors qui en mon cuer repazre (RS
171), citata da Dante nel De Vulgari Eloquentia, II VI 6, dove per
errore e attrib uita a Thiba ut de Cham pagne (Rex Navarre),. non-
che il verso «Ohi pitiez qui en franc cuer repaire».
La funzione salvifica dello sguardo dell' amata , espressa con to-
ni pressoche mistici da Guido , nel sonet to 5, Io vogl(io) de! ver la
mia donna laudare, vv. I 2-14: -·
e 1 no He po apressare om che sia vile;
ancor ve diro c 1 a maggior vertute :
null I om po mal pensar fin che la vede,
riappare con sorprendenti analogie·nel canzoniere di Adam de la
Halle, contemporaneo di Guido, Dous est Ii maus qui met le gent en
voie (RS 1771) vv. 26-28 : «Car me dame est tant douch e a re-
sgarder I que mauvaistes ne porroit d_emourer I en cuer d' omme qui
le voie»; e si veda la ripresa dirett a dal Guinizzelli, in Chiar o Da-
vanzati, Lagioia et alegranza 13 sg. «che tanto ch'om la vede I non
poria mal pensare», e Per la grande abondanza·, 27 sg. «ed ancor
phi, che quando omo la vede I gia mai non po' pensa r di cosa ria».
Si ricordi, infine, Dante , Vita Nova Ir. 3 << E qual soffrisse di star-
la a vedere I diverria nobil cosa o si morria»; Petrar ca, R VF, CLIV ,
v. 12 «Basso desir none ch'ivi si senta»; CCCL X, 103-9 4 «che
penser basso o grave I non pote mai durar dinan zi a lei».

Gli esempi si potreb bero moltiplicare (e si rinvia il lettor e in-


teressato alle note di commento ai testi): qui si voleva solo indi-
care come Guido si collochi sempre in modo originale nel panora-
ma della liric~ romanza, al di la del caratt ere largamente formuli-
stico di questo tipo di poesia.

5. Guinizzelli in Dante.
'
E forse superfluo ricordare .come, nell'insieme della produzio-
ne dantesca, l'esempio guinizzelliano assuma un ruolo d'eccezio-
nale rilievo. Per limitarci ai luoghi in ·cui il rimat ore bolognese e·

lntroduzione XXXIII
'I

esplicitamente menzionato, egli edefinito ii saggio per antonoma-


1=· :· ::
} /: 1 sia nella Vita Nova; quel nobile Guido Guinizzelli nel Convivio (IV
\:}) :xx3), maximus Guido nel Devulgari eloquentia (I xv 6); viene men-
{t:~)\ zionato col semplice nome di battesimo, Guido, nel Purgatorio XI; ,
i;~it:."':mentre edesignate con l' epiteto il padre nel Purgatorio (XXVI, 98).
'f}f\\.},Se consideriamo il tratta to latino sull' eloquenza in volgare, nel-
it~ftr illust rare, nel nono capitolo del I libro, l'ydioma tripharium, ivv~·
;i;iJ:>.':r-s·g. di Al cor gentil sono correttamente citati. Quando poi,· nei
ft}?c,~pitoli xn-xv, D~nte ispeziona la lingua letteraria italiana delsu o
~f:}L--tempo, con procedimento geografico da Sud verso Nord, il crite..
ttt;);} io d' elezione e quello del divertere: tanto maggiori sono i pqeti
'. -,,. :(-;;,quanto phi essi hanno saputo «distaccarsi» dal loro volgare mu-
- -:J\nicipale, per attingere il vulgare latium. Per i Siciliani, si osserva
'. '•i,) ;he «quicquid poetantur Ytali sicilianum vocatur» («tutto quan-
-,:. l!to gli italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano») 14 •
tfJ.tiJ'.1.ale giudizio appare in un certo senso ~< bivalente»: in positivof Si
;g;~tift ~itano due canzoni di Guido delle Colonne: Ancor che l'aiguap~f
'!,.~:-1~;;{'/o f oco las~i, e Amor, che lungiamente m )hai menato.,. In negatiy<>1
\(dl terzo verso del Contrasto di Cielo d'Alcamo, Tragemi d'estefo,.
; f?,i:ora se t' este a bolontate. I1 N otaio eerroneamente classificatOe<:>f
;r;~~f;J{ rne «apulo» (forse per una confusione con Giacomino Pugliese}
li}~~{/ ma di lui si cita con onore Madonna dir vo voglio; quindi, di Ri-1
"..,.tirnaldo d' Aquino, Per fino amore. Dei Toscani si stigmatizza la fol-
. iff."blia («amentiam»), nell'assurda pretesa che costoro accampano nel
{/\Hvendicare a se l'onore del volgare illustre: antimodelli son con-
~.. , J!Wi siderati il famigerato Guittone, Bonagiunta, Gallo pisano, Mino
i{I/;'Mocato di Siena e perfino Brunetto fiorentino, «le poesie dei qua-
}(Ji. .. si riveleranno non di livello curiale, ma soltanto municipale».
~. _..'':·?,Eccezioni importanti sono pero costituite da « Guidonem, Lapum
~}t(L et unum alium, Florentinos, et Cynum Pistoriensem» (I, xm, 4).
~ 0{\ Poco prima (I, x, 2), analizzando i pregi dellaHngua del sf, ne ave-
1

~'i:>( va sottolineato due qualita: «primo quidem quad qui dulcius sub-
~itl: tiliusque poetati vulgariter sunt, hii familiares et domestici sui
~fK, sunt, puta Cynus Pistoriensis et amic:1s ~ius~>. Qui c'~ da notare
f/ che solo Cino e lo stesso Dante sono 1nd1cat1 a esemp10, e che al
ii(i: dulcius si affianca I' avverbio subtilius che Dante utilizzera (come
i~);'. , aggettivo) anche_ a ~roposito delle ri1;1e aspre. ~assando al Nord,
~::t·;;,- l'unica parlata g1ud1cata «ad laudabilem suav1tatem ... tempera-
-.; . ... •

1•Cfr. Jofre de Foxa, Reg/es de trobar, ed. Li ~ot_ti, ~- 1.8'. ?ove, tra i volgari d'arte,
ac-
canto a provenzale, francese, g~ego c catalano, s1 c1ta il c1c1/ta. .
u Imitate sia da Guinizzelli che dallo stesso Dante nclla Vita Nova,
•. .
18 1 3, Sf /ung,a-
··,. ii mente m' ha tenuto Amore.
. -
. .
•·' l

- '
·:·?,\
:,~
'. ) ll
,,,:,,1J
. ,:~
XXXIV . ~~
Luciano Rossi ·, -'~
(I xv ) e
I'tam»
altezz~ dei 5 l qu~11a holognese, anche se essa non e ancora al- ·\1:J
-~
lontan atisi d:f g~e tllustre .. ~ra gli esempi di doctores illustres, al- •:'!
fra i holog n . ~~ gare 1?urucipale della loro citta, il «massimo», :.;~-
1
anche Guid esG 'h. P ! 0
rrio Gwdo Guinizzelli, ma vengono citati ·,
O ls,11er1, Fabruzzo e Onesto ' '· - --.•.
Q uando · · · · ·
. . . Pot. s1 tratte ra d~ far luce sull'eccelso grado delll) com- '-:i.j
posiz~one. poet1ca, excellenttssimus dopo i Provenzali e conside- ·1
rato, ra 1 Si~iliani, il solo Guido delle Colonne («iudex de Mes- ·.:)
jalia» ), ~a di pari valore egiudicato propri6 'Guinizzelli, mentre -~
a sta s1 concludera ancora con Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia : :)
e lo stesso Dant~ (II, vr, 6). . · i
Al~rett~nto .r~evanti e «canoniche» sono, pero, le citazioni per _:;1
cos{ dire «1mplic1te», ?alle rim; degli esordi, a quelle della Vita No- /!)
va, alle petrose, al qu1nto dell Inferno. In questa sede, non poten- ; ~-ij
do, ~er ovv~e r_a~io~ d'economia, analizzare ognuno c;lei p~ss~ so:
pra r1~or~at1, c1 limite~emo a conce~tr~e le Aostre osservaz1on1 sw \~i
1
{I
luoghi p1~ cont~ov~rs1 d:l Purgatono, 1n cw il nostro poeta svolge_
una funz1one d1 pnmo piano, ma sempre nel confronto con uno o ;t~J
.ii
piu enigmatici rivali: l'altro Guido, nel canto XI; un non meglio
precis ato Arnau t e l'ambiguo Que/ di Lemos{, nel XXVI.
<I
;:iJJ
Nella premonizione f atta da Oderisi da Gubb io al pellegrino-
poeta , nell'undicesimo canto, si afferma che un Guido avrebbe 'i
)I
tolto: a un suo omonimo - ma solo per un breve periodo - «la glo- ··'.i,I
ria ~e la lingua», salvo a dover a sua volta ceder le armi, secondo /j
una . prosp ettiva _di continua :iiternarsi _delle ~od~. ~~cond~. ~ico- -';j
ne 2000 e G~rn1 2_001, -~er c~tare solo 1contri buu p1_u rece~.,_t l sul- - •.,~l
l'argomento, il Gwdo p1u anttco sarebbe lo stesso Gwtto ne16 ~ men- ;fl
tre nel piu giovane (e aleatoriamente vittorioso) bisognere9be ri- -ii
conoscere Guinizzelli. Ma rileggiamo i versi che ci interess-ano: {~1
Credet te Cimabue ne la pittura /~~
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
e
sf chc la fama di colui scura. ·
'-~
j
.:a~
/.~
"Stupis ce pcro che proprio _Gorni, che-piu d~ogni altr~ ~i ha resi sensib_ili al particola- -r~

re valore dell' intepretatio nomims, nel_la C~mmed,a, trascur1 il fatt~ ch~ Gu,~one. conscrva
sempre
lo
'b
t1 ecco 1
e Comunque una valenza pegg1orat1va, sulla quale del resto ii pr1mo a Jioruzzarc era
stesso maestro aretino. S1· leggano, £ra 1· moIt1· esemp1· che s1· potrcbbero addurre, il bat-
·ngarraiato dall'Aretino con Oncsto da Bologna, Credo savete hen, messer Onesto,
1 al Guitton~ . il propr10
e dichiara di. preferirc . grottcsco nome a que11 ·., bil d 1 (:!
o p1u no
.~ i,
~: qul eutore· 0 anche di Mastro Bandino (ed. Egidi, 153), Leal Guittone, nome none ve,- e.
~~
1mter
ten
• p ocJ'' dipcnde
creatura ,
,


' Guittoro
nza di
, · er ')m da Guido.I.one positivo
'
.J
ne, dispreg1at1
. . vo (mcsso 1n
· (da un germaru·co *w,tan,· •in
'guidare'), si veda gia quanto osservato da G'1anfranco Fo1cna, in
. c.o1francone *w,'ht,
. reIaz1one
· d'mzzare
· ' e qwn
. L.mgUll__
· di anche
Nostra, XVII ,
~-I~
E cfr. Margueron 1966, p. 14, n. 7. -'cl-~
19.56 ' P. 29 . . c'~
.}}
--~,"
;::-~;

L~
Introduzione XXXV

Cos{ ha tolto l'uno a l'altro Guido


la gloria de la lingua· e forsc ~ nato
chi 1'uno e I' al tro ca~ccd dal nido
(vv. 94-99).

· C'e. innanzi tutto da chiedersi quale sia l'esatto valore dell'e-


. spress1one g/oria de la lingua, interpre tata unanimementc come
«ege~o nia poetica in volgare»; esegesi certo corretta, ma incom-
pleta 1n quanto trascura il dettaglio che si tratta pur sempre del
calco d'una formula Iatina gia sperimentata prima dcll'Alighieri.
Anche se gli autori in questione non erano probabilmente noti a
Dante, da Silio Italico (Punica, IV, vv. 525 sgg.) ad Ausonio (~the-
nae, vv. 86-91) a Rutilio Namaziano (De Reditu suo, vv. 274 ·sg.),
la «iunctu ra» linguae gloria e utilizzata con preciso riferimcnto a
un prestigio: linguistico conquistato dalle diverse regioni celeb~a-
te nei testi titati, soprattu tto grazie all'eccellenza nelle let~eie.
Non mi sembra arrischiato pensare che anche Dante si rifedjic;~_·a
un «passaggio di testimone» che, si ·badi, nell'effimera prosp~,~#-
va delle mode letterarie, avviene non solo da un Guido all'al~o,
ma anche da un centro letterario d'Italia all'altro. Da que~tq_pa:r-
ticolare punto di vista, anche alla luce di quanto affermato ·.4~~ ·ne
Vulgari Eloqu_entia, non vedo migliore soluzione che quella per_cui
quest'id eale «staffet ta» (per non riesumare l'abusata formula del..
la translatio studii, nel caso specifico, piu che mai aleatoria) avvenga
fra Bologna e Firenze, in una sorta di simmetria rovesciata con la
situazione dello stesso Oderisi, formatosi a Firenze, ma soppian-
tato, nclla citta emiliana, da Franco Bolognese.
Quanto poi all'espressione caccera dal nido di Purg. 99., Gorni
2001 afferma d'aver pensato in un primo momento «a un nido ele-
vato su un'alta·roccia come quello delle aquile», allegando in pro-
posito riscontri scritturali (Job 39, 27; Prov. 2_~, 8; Is~ia _10, _13),
;oggiungendo che tale dovrebbe essere anche << il segg10 di chi de-
=iene il primato nelle lettere volgari»; successivamente, pero, il cri-
:ico avrebbe mutato opinione, optando peril gergo della caccia, e
nterpre tando la clausola nel senso di «stanare» , «inseguire cac-
:iando fino ad averne piena conquista». Se posso esprimere un pa-
ere personale, a farmi propendere per Ia prima accezione un pas- e
o del volgarizzamento toscano del Tresor di Brunett o (Llb.rp. V,
ap. 8) 17, dedicato proprio alla «Natur a dell'aquila»: · · '.
. ...

C&:. ii Tesoro di Brunetto l.Atini vo/garizzato, ed. G. Battclli, Le Monnier, Firenze


11
..
libv
>2,, ro , cap. vm, p. 9,. · ,'/\ ).'._( . _
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