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IL REGNO DI GIACOMO I

Alla morte di Elisabetta I salì al trono, con il titolo di Giacomo I, il re di Scozia Giacomo VI, pronipote di
Enrico VIII. Gli stati di Inghilterra e Scozia si ritrovarono quindi uniti sotto il nome di Gran Bretagna, regno
profondamente lacerato da profonde divisioni religiose a causa delle incoerenti politiche dei precedenti
regnanti (Enrico VIII da defensor fidei a anglicanesimo, Edoardo VI protestante, Maria I cattolica, Elisabetta I
anglicana).
Gli schieramenti religiosi contrapposti erano:
- la Chiesa Anglicana di Stato (gerarchia nominata da regnanti e riti tradizionali);
- Cattolici (numerosi ma in minoranza, suddivisi in dissidenti e non comunicanti, non frequentanti la
chiesa anglicana);
- Puritani (divisi in minoranze, vicini alle idee del calvinismo, con volontà di eliminare dalla Chiesa
anglicana i riti di eredità papista come la gerarchia ecclesiastica, volontà purificazione morale).
Le divisioni religiose ben presto produssero divisioni politiche, soprattutto nell’aristocrazia (influente in ita
sociale e amministrativa). La frazione dei Pari cattolici infatti fu quella che riuscì a salvaguardare le
minoranze cattoliche in Inghilterra da atti di violenza e ostilità.
Inoltre, con il diffondersi del puritanesimo, si fece più forte il radicalismo religioso di gruppi in contrasto con
l’assetto ecclesiastico (basandosi sui Vangeli). Giacomo I (erede di cattolica e proveniente da regno
presbiteriano) suscitò in queste minoranze speranze contrapposte, destinate ad andare deluse.
I cattolici erano mal visti a causa dei propri legami con stati esteri (Spagna, Stato pontificio), che li rendeva
spesso sospettabili di tradimento. Queste preoccupazioni si concretizzarono con la scoperta della “congiura
delle polveri”, un colpo di stato ordito da dei fanatici cattolici con l’obiettivo di far saltare in aria il
Parlamento il re e i suoi membri il giorno della data inaugurale.
I puritani, invece, ponevano problemi di diverso tipo, essendo la tradizione calvinista più vicina a idee di
tipo democratico. Questi ultimi infatti rifiutavano gerarchie e ritenevano legittima la ribellione al principe in
caso quest’ultimo si dimostrasse un tiranno. Il sovrano, dopo un iniziale dialogo, vi entrò in contrasto
affermando che le gerarchie ecclesiastiche erano indispensabili per la tenuta della monarchia, cercando di
estendere l’anglicanesimo anche in Scozia (scontro chiesa presbiteriana).

Un altro problema del Regno di Giacomo I fu il controllo della nobiltà da parte della corte. Se nelle
altre grandi monarchie europee gli strumenti per ingraziarsi i nobili erano gli impieghi pubblici e
militari, nel Regno d’Inghilterra il sovrano poteva contare solo su donativi occasionali e casuali che,
oltre a rivelarsi inefficaci è molto costosi per il bilancio statale, favorivano il sentimento di invidia
tra i nobili e un sentimento di allontanamento tra corte e società civile.
Anche la politica del sovrano con il parlamento fu oscillante e contraddittoria: convocato a inizio
regno per reperire fondi economici, il sovrano preferì poi vendere titoli nobiliari (no approvazione
parlamento) per trovare i finanziamenti. Quando venne riconvocato nel 1621, inoltre, questo
affermò il proprio diritto esclusivo a deliberare in autonomia sulle questioni del Regno e della
Chiesa d’Inghilterra, ottenendo la possibilità di criticare l’operato della Corona.
Anche la politica estera di Giacomo non fu ben vista, avendo egli abbandonato la linea di
intransigenza contro le pretese egemoniche dei cattolici Asburgo. Inoltre, non presto alcun aiuto
ne economico ne militare durante la Guerra dei Trent’anni contro questi ultimi.
Giacomo I quindi perseguiva un modello assolutistico, ma con le sue indecisioni aumento i disagi e
il malcontento della popolazione inglese.

Il parlamento, inoltre, vide crescere la propria importanza anche in virtù dei cambiamenti
economici e sociali in atto da Enrico VIII a Carlo I: la popolazione inglese raddoppiò (in particolare i
grandi centri come Londra), si intensificò il fenomeno dell’inurbamento (e della povertà) per
effetto della chiusura degli open fields, le tecniche e la produzione agricola migliorarono (evitando
carestie).
Anche la flotta inglese si espanse molto, incoraggiata dalla pirateria contro la Spagna e dai
maggiori traffici commerciali: spedizioni di circumnavigazione del globo (Francis Drake) furono
finanziate dalla corona, insieme alla creazione (El. I) di Compagnie economiche (Indie Orientali e
Virginia buoni risultati, Barberia no). In questo contesto, anche una classe notoriamente
conservatrice come quella dei proprietari terrieri investi ingenti capitali, contribuendo allo
sviluppo economico.

Al formidabile sviluppo economico corrispose un’intensa mobilità sociale, con schiere di nuovi
ricchi che rivendicavano per sé e per le proprie famiglie titoli nobiliari, fattore che fu reso possibile
tramite la vendita di queste ultime che, usata come fonte di reperimento di fondi dai nobili, finì
per indebolire la classe dei Pari, che inoltre non trovarono un alleato nella figura del sovrano.
Ciò nonostante, i maggiori sconvolgimenti si ebbero nelle campagne, dove, a causa della chiusura
degli open fields, la povertà dei piccoli contadini aumentò. I provvedimenti per contenere questo
fenomeno sociale furono la legge sui poveri del 1601 (imposta parrocchiale per aiuto ai poveri) e
una serie di norme severe per incoraggiare gli oziosi a lavorare e i vagabondi a trovare fissa
dimora.
Tra il 1620 e il 1650, tuttavia, una forte crisi economica di abbatté sul Regno e, per far fronte ai
problemi economici, i regnanti aumentarono le imposte e la pressione fiscale sulle classi sociali
subalterne. La polizia non fu più in grado di tenere a bada il fenomeno del vagabondaggio: la
risposta degli Stuart alla crisi fu quindi totalmente inadeguata.

A Giacomo I successe il figlio Carlo I. In ambito religiosi egli si sposò con la figlia del re di Francia
Enrico IV, fervente cattolica, e nominò arcivescovo di Canterbury un filocattolico, elementi che
fecero diminuire il favore della Chiesa anglicana nei confronti del sovrano.
Quanto alla gestione del potere, il nuovo regnante persegui il modello autoritario del padre. Carlo
I convocò, tra il 1625 e il 1629, per ben 3 volte il Parlamento, a causa della disastrosa situazione
economica inglese. Tuttavia, nel 1628, il Parlamento, tramite l’approvazione della Petizione dei
diritti, riaffermo le proprie prerogative in ambito di tassazione e giustizia (habeas corpus, stop
legge marziale).
Quando poi il Parlamento tento di opporsi alle modifiche papiste introdotte nella Chiesa
d’Inghliterra dal sovrano, quest’ultimo lo sciolse, arrestò i capi dell’opposizione e lo riconvoco solo
nel 1640, gestendo giustizia e tassazione in modo assolutamente arbitrario (es. ship money).
In questo periodo, inoltre, il sovrano fece concessioni economiche ingenti ed arbitrarie alla classe
nobiliare, senza però ottenere l’effetto desiderato di un maggiore consenso.
Inoltre, in politica religiosa, Carlo cerco di estendere il rito anglicano alla Scozia presbiteriana che,
dopo esseri riunita nel National Covenant, si preparò allo scontro militare contro l’Inghilterra
(1639). Per affrontarlo Carlo fu quindi obbligato a convocare il Parlamento, nel 1640.
Quest’ultimo, invece di occuparsi della questione scozzese, colse l’occasione per criticare
aspramente il Re, che dopo poche settimane sciolse il cosiddetto Corto parlamento. L’avanzata
vittoriosa degli scozzesi, e le condizioni da loro poste per la pace (no chiesa anglicana e
risarcimenti economici) obbligarono Carlo a riconvocare il Parlamento (1640-53). Il Lungo
Parlamento ingaggio una lotta durissima contro la monarchia, proclamando il diritto di restare in
sessione finchè necessario, arrogandovi poteri di nomina su vescovi e capi militari, abolendo i
tribunali arbitrari istituiti da Carlo I e ribadendo la Common law come unica fonte del diritto,
abrogando le leggi arbitrarie del sovrano. Costituitosi in Camera di giustizia, inoltre, condannò i
due più odiati ministri del re: il conte di Strafford e l’arcivescovo di Canterbury.
Unito su provvedimenti politici, il Parlamento si spaccò sulle questioni religiose, con la formazione
di tre diversi schieramenti:
- Chiesa Anglicana (aristocrazia);
- Calvinismo (presbiteriani, classi proprietarie);
- Separazione tra Chiesa e Stato (popolo minuto e intellettuali), secondo cui i credenti
dovevano essere liberi di associarsi è certo are la verità secondo la propria coscienza e le
Sacre scritture.
Londra di quegli anni: illetterati trattano di teologia e donne predicano.

Verso la fine del 1641 i cattolici irlandesi insorsero, massacrando i coloni inglesi. Il Parlamento, per
organizzare una spedizione militare, si rivolse a Carlo I, che tento di far arrestare tutti i membri più
ostili della Camera di Giustizia. Tuttavia la popolazione londinese li difese, costringendo il re a
scappare e ad armare un esercito: fu l’inizio, nell’agosto 1642, della prima rivoluzione inglese.
Con il re si schierarono chiesa anglicana, cattolici e cavalieri (zone meno urbane), mentre con il
Parlamento i puritani e la borghesia mercantile.
In una prima fase l’organizzazione e l’esperienza dell’esercito regio gli permise di ottenere un forte
vantaggio sul Parlamento, ma la situazione cambiò grazie all’energia o intervento di Oliver
Cromwell, che prese le redini dell’esercito rivoluzionario, organizzando volontari puritani
altamente motivati a combattere le forze regie, pagati regolarmente e ben disposti anche grazie
alla possibilità, da parte loro, di eleggere i vertici militari. Di fronte a questo rinnovato esercito, le
forze del Re vennero sconfitte a Marston Moor, nel 1644. A seguito di questa vittoria Cromwell
venne incaricato di organizzare l’esercito di nuovo modello e, dopo un’altra sconfitta, il Re fu
costretto a rifugiarsi in Scozia, dove i nobili locali lo vendettero a buon prezzo ai commissari
parlamentari.
Dopo forti divisioni interne al Parlamento riguardo a cosa fare del sovrano, e dopo che Carlo I,
evaso, scatenò una rivolta nel Galles, Cromwell decise di intervenire militarmente, sbaragliando
l’esercito regio a Preston. Cromwell cacciò dal Parlamento tutti i membri più moderati. Carlo I fu
condannato a morte e decapitato nel 1649. Alcuni mesi più tardi il Parlamento abolì la monarchia
e istituì la Repubblica unità (Commonwealth) di Inghilterra, Irlanda e Scozia.

Sconfitte le forze fedeli alla corona, Cromwell dovette occuparsi del proprio esercito, dove le
tendenze radicali avevano guadagnato terreno: Cromwell si oppose ai Livellatori (pieno potere a
camera eletta a suffragio universale) e agli Zappatori. Gli agitatori più accesi furono imcarcerati.
Nel frattempo Carlo II, in Scozia, tentò di restaurare la monarchia: Cromwell, con un esercito
decisamente inferiore numericamente, sbaragliò gli avversari a Dunbar, costringendo Carlo in
Francia e riunendo parlamento Scozzese e inglese.
Cromwell poi sciolse ciò che era rimasto del Parlamento (Rump Parliament) e nominò i membri del
nuovo parlamento fra i radicali dell’esercito e delle Chiese indipendenti. Quando questi proposero
provvedimenti in linea con i propri ideali, Cromwell li rimandò a casa. La fase esplosiva della
rivoluzione era finita.
Nel 1653 l’esercito, unica forza costituita rimasta, varò un disegno costituzionale Instrument of
Government che fece di Cromwell il Lord protettore della Repubblica, assistito da un parlamento
eletto su basi censitarie. Dopo essere entrato in conflitto con i piú intransigenti repubblicani,
sciolse anche questo parlamento, dando il via ad una dittatura personale, ma fu costretto a
riconvocarlo in occasione della guerra contro la Spagna. In questa occasione, per trovare un
compromesso tra chi lo voleva re e i repubblicani, si arrivò al compromesso che il titolo di Lord
dovesse essere ereditario e si restaurò la Camera dei Pari.
In politica estera, nel 1651, emanò l’Atto di navigazione, sulla base del quale tutte le merci dirette
in Inghilterra dovessero essere trasportate o su navi inglesi o su navi del paese di provenienza.
L’Atto mise in crisi l’Olanda, che svolgeva attività di trasporto marittimo per conto di terzi, e portò
alla prima guerra dell’Atto di navigazione (Olanda sconfitta è piegata a condizioni inglesi). Dopo un
secondo conflitto, inoltre, l’Olanda dovette rinunciare anche a Nuova Amsterdam, ribattezzata in
New York.

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