il lessico
Collana Al servizio degli insegnanti
a cura di
Telis Marin
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Introduzione
Volumi realizzati:
ͳͳ Insegnare la Civiltà italiana con la ‘C’ maiuscola (2020)
ͳͳ Insegnare la grammatica (2021)
ͳͳ Insegnare il lessico (2022)
Insegnare il lessico 3
Indice
Introduzione alla Collana Al servizio degli insegnanti 3
Indice 4
Parte I - I concetti 9
1. Il lessico mentale. Note tra psicolinguistica e linguistica educativa
(Mario Cardona e Moira De Iaco) 11
2. L’insegnamento del lessico italiano a stranieri
(Francesca Gallina) 25
3. Il problema del lessico nei materiali autentici
(Elisabetta Jafrancesco) 33
4. Sviluppare la competenza lessicale con le tecnologie digitali:
alcune indicazioni
(Matteo La Grassa) 45
Approfondimenti bibliografici 54
Parte II - Le attività 59
5. Alcune attività per l’acquisizione del lessico
(Paolo E. Balboni) 61
6. Il lessico specialistico nella metodologia CLIL
(Giuseppe Maugeri e Graziano Serragiotto) 72
7. Giocare con il lessico
(Fabio Caon) 81
8. Come affrontare il lessico sofisticato della letteratura
(Camilla Spaliviero) 95
4
Indice
Insegnare il lessico 5
Introduzione
Introduzione
di Telis Marin
Insegnare il lessico 7
PARTE I
I CONCETTI
Parte I - Capitolo 1
1. Il lessico mentale.
Note tra psicolinguistica e linguistica educativa
Mario Cardona e Moira De Iaco
Università degli Studi di Bari
1 La definizione di lessico mentale (Mental Lexicon) è stata introdotta negli anni Sessanta del secolo scorso, in particolare
nell’articolo di Oldfield “Things, Words and the Brain” (1967).
Insegnare il lessico 11
rispettino i naturali processi cognitivi che presiedono all’acquisizione e all’organizzazione
delle parole. Nella lingua greca antica λέξις signifca parola, che nel senso ampio di “parole
appartenenti a una lingua” diviene in inglese vocabulary; mentre λεξικόν significa dizio-
nario (Singleton 2000). Ora, si potrebbe immaginare che mental lexicon si riferisca ad un
dizionario mentale delle parole. Tuttavia, tale definizione non deve trarre in inganno, in
quanto l’organizzazione del lessico mentale è ben lontana dal possedere le caratteristiche
di un dizionario. D’altronde ciò risulta evidente se si prendono in considerazione alcuni
aspetti. In primo luogo, si deve osservare che un adulto scolarizzato possiede circa 50.000
parole nella propria lingua madre (Aitchison 2003). Si consideri, in secondo luogo, la veloci-
tà con la quale gli esseri umani sono in grado di verbalizzare pensieri, intenzioni, sentimenti
sia a livello endofasico che nell’interazione quotidiana. Si calcola, infatti, che un individuo
articoli mediamente 15 suoni al secondo (Levelt 1989), oppure circa 6 sillabe al secondo
(Lenneberg 1967). Marslen-Wilson e Tylor (1980) hanno dimostrato in un esperimento che
un parlante codifica una parola della propria lingua madre in circa 200 millisecondi (ossia a
volte in un tempo inferiore alla sua intera pronuncia). Da queste osservazioni emerge con
evidenza che il lessico mentale deve possedere una natura ed un’organizzazione funzionale
all’utilizzo di un gran numero di parole in tempi molto brevi. Come osserva Aitchison (2003:
9), “the large number of words known by humans and the speed with which they can be
located point to the existence of a highly organized mental lexicon”.
PAROLA
significato lessico
mentale
forma
enciclopedia
CONCETTI mentale
12
Parte I - Capitolo 1
È importante notare che nel processo di apprendimento del lessico di una lingua straniera
si formano nuove entrate lessicali corrispondenti a nuove parole e nuovi significati che,
tuttavia, afferiscono nella mente ad un unico sistema concettuale. Nella lingua materna la
relazione tra lemma e rappresentazione concettuale corrispondente è molto forte, men-
tre nella lingua seconda o straniera nelle fasi iniziali di apprendimento tale rapporto è me-
diato dal significato corrispondente nella lingua madre. Come si può osservare nella figura
2, le linee tratteggiate e continue definiscono tale processo. È evidente che nella relazione
interlinguistica non sempre i significati tra due lingue sono sovrapponibili o corrispondo-
no. La competenza lessicale, dunque, dipende dal grado di sviluppo del rapporto diretto
tra la nuova entrata lessicale e la relativa rappresentazione concettuale. Più tale relazione
si consolida e diventa indipendente dalla mediazione della lingua madre, più aumenta, di
conseguenza, il grado di fluency nella lingua di studio.
lexical links
L1 L2
conceptual links
concepts
Insegnare il lessico 13
La competenza lessicale prevede, inoltre, altri due livelli di conoscenza di una parola, so-
prattutto sotto l’aspetto funzionale, pragmatico e comunicativo. In primo luogo, un lemma
possiede un certo grado di frequenza all’interno del patrimonio lessicale di una determi-
nata lingua. Il significato di una parola può, infatti, appartenere ad un lessico di alta, media
o bassa frequenza. In secondo luogo, una parola può risultare più o meno appropriata in
funzione del contesto socio-pragmatico in cui avviene lo scambio comunicativo. La scelta
del registro linguistico adeguato è uno degli aspetti più importanti negli approcci didattici
orientati allo sviluppo della competenza comunicativa. Il quarto aspetto è relativo al signi-
ficato e ai rapporti di significato che una parola possiede all’interno del lessico, in partico-
lare in relazione al sistema concettuale. A questo livello la competenza lessicale riguarda
la dimensione semantico-concettuale e l’organizzazione del lessico mentale. Tanto più la
parola è inserita nelle reti semantiche e negli schemi concettuali tanto più essa è stabil-
mente rappresentata nel lessico mentale. Lo schema seguente (Nation 2001: 23) illustra
gli aspetti coinvolti nella conoscenza di una parola.
FORM
14
Parte I - Capitolo 1
cane
kane
Z j %s
Archivio centrale
16
Parte I - Capitolo 1
Insegnare il lessico 17
Nel modello logogen di Morton (1978) l’elaborazione degli input avviene in parallelo at-
traverso un sistema cognitivo che include informazioni di tipo semantico e sintattico ed è
collegato a due sistemi separati, i logogen. Uno di questi processa gli aspetti uditivi dell’in-
put, mentre l’altro quelli visivi. I logogen raccolgono le informazioni su ogni stimolo che
ricevono per inviarle al sistema cognitivo. Da quest’ultimo, invece, ricevono tutte le infor-
mazioni necessarie per riconoscere un input familiare perché già archiviato. Essi operano
in parallelo e sono connessi a un sistema d’uscita dell’input che si attiva quando si produ-
cono le parole in forma scritta o orale.
Il modello di Morton ha il merito di porre l’accento sulla variabile della frequenza d’uso di
una parola, in quanto prevede che quanto più una parola venga utilizzata e ricercata dai
logogen tanto più essa sarà attiva e disponibile nelle operazioni linguistiche successive e,
dunque, tanto più basso sarà, in tali operazioni successive, il livello soglia di attivazione dei
logogen. Ciò suggerisce l’importante dell’esposizione prolungata agli input linguistici per
lo sviluppo della competenza lessicale.
18
Parte I - Capitolo 1
fig. 6. Elman1989
Un altro modello a rete a cui si fa spesso riferimento per descrivere l’elaborazione les-
sicale è quello di McClelland e Rumelhart (1981). Si tratta di un modello ad attivazione
interattiva e di elaborazione in parallelo che rappresenta il processo di lettura attraverso
la struttura di una rete neurale. I livelli di elaborazione si differenziano per struttura delle
lettere, per lettere e per parole. Gli stimoli in entrata attivano simultaneamente i diversi
strati delle unità di processazione che si presentano in raggruppamenti basati su principi
Insegnare il lessico 19
di somiglianza tra le informazioni archiviate e i diversi livelli interagiscono tra di loro per
elaborare le risposte.
Ai vari livelli corrispondenti ai tratti, alle lettere e alle parole avviene una competizione
basata sul calcolo delle probabilità. Come si nota alcuni elementi sono collegati da con-
nessioni che terminano con una freccia e dunque sono eccitatori, mentre altri terminano
con un pallino e corrispondono a connessioni inibitorie. Esistono inoltre connessioni che
collegano i livelli inferiori con quelli superiori, ma anche di tipo discendente. Accanto alla
parola cane si attiveranno, ad esempio, anche i tratti corrispondenti a pane e tane, ma in
base alla competizione probabilistica il significato corretto riuscirà ad imporsi su quelli non
pertinenti. Questo sistema di elaborazione parallela consente di disambiguare rapidamen-
te l’informazione ed ha fornito una base importante per successivi modelli connessionisti
sempre più complessi.
20
Parte I - Capitolo 1
modificano in modo da poter elaborare e archiviare i nuovi input linguistici. Gli aggiusta-
menti delle reti neurali in funzione dei nuovi contenuti linguistici vengono indubbiamente
favoriti dalla frequenza con cui gli apprendenti di lingue seconde o lingue straniere ven-
gono esposti ai nuovi input e dalle modalità in cui avviene l’esposizione. Un’esposizione
multimodale che richiede una codifica plurale degli input garantisce un’elaborazione mag-
giore e favorisce un’acquisizione profonda delle unità lessicali.
È stato dimostrato che tra le categorie linguistiche delle diverse lingue esistono delle diffe-
renze graduali che possono andare da un’equivalenza concettuale a una non equivalenza
parziale o completa (Pavlenko 2009). Pertanto, chi apprende una nuova lingua può avere
bisogno di sviluppare categorie parzialmente differenti o comunque di aggiustare quelle già
memorizzate. L’apprendimento del lessico di nuova lingua comporta “un riaggiustamento
della struttura e dei confini delle categorie conformemente ai vincoli delle categorie lin-
guistiche di destinazione” (Pavlenko 2009: 141) e lo sviluppo di nuove rappresentazioni
multimodali. I principali modelli di rappresentazione del lessico bilingue sono il Revised Hie-
rachical Model e il Distributed Feature Model. Il primo modello si basa su due assunzioni:
a. la traduzione dalla L1 alla L2 è più veloce del denominare immagini nella L2;
b. la traduzione dalla L2 alla L1 è più veloce di quella dalla L1 alla L2, soprattutto nei
principianti per i quali l’accesso concettuale avviene attraverso gli equivalenti nella L1.
Con l’avanzare dello sviluppo della competenza lessicale nella L2, i legami tra le parole i
concetti diventano più stretti e gli apprendenti cominciano a fare affidamento a collega-
menti diretti che prescindono dalla mediazione concettuale nella L1. Il Revised Hierarchi-
cal Model rappresenta il cambiamento nello sviluppo del collegamento tra la forma delle
parole L1 e L2 e i concetti lessicali. Tuttavia, il Revised Hierarchical Model non considera le
differenze graduali che possono sussistere tra le categorie linguistiche delle diverse lingue.
Il Distributed Feature Model, invece, rappresenta tali differenze basandosi sull’osserva-
zione che i bilingui sono in grado di tradurre più rapidamente le parole concrete e affini
rispetto alle parole astratte. Ciò dipenderebbe dal fatto che la rappresentazione delle pa-
role concrete e affini è maggiormente condivisa dalle diverse lingue rispetto a quella delle
parole astratte (Pavlenko 2009: 144).
Insegnare il lessico 21
Questo modello non tiene conto dell’apprendimento di equivalenti parziali predicibili e
assume le caratteristiche prestabilite, fisse, delle categorie delle parole senza considerare
due aspetti molto importanti per l’apprendimento del lessico di una nuova lingua: gli effet-
ti della prototicipità delle parole e quelli derivanti dal contesto esse. Inoltre, l’assunzione
di un’equivalenza interlinguistica tra i concetti delle parole concrete i cui significati sareb-
bero condivisi tra le diverse lingue a differenza dei significati delle parole astratte è stata
più volte messa in discussione nell’ambito degli studi linguistici.
Il Modified Hierarchical Model è una versione aggiornata del modello gerarchico. Esso
introduce delle importanti differenze:
- l’archivio concettuale è costituito da rappresentazioni distinte in rappresentazioni con-
cettuali completamente condivise, parzialmente sovrapposte o specifiche di una lingua
che vengono riconosciute attraverso l’attivazione di processi che prevedono l’interazio-
ne tra la mente e l’ambiente;
- assume il fenomeno del transfer concettuale basato sulla differenziazione tra livelli se-
mantici riferiti a conoscenze implicite e livelli concettuali di rappresentazione. La dif-
ferenziazione tra livelli di rappresentazione semantici e concettuali consente di distin-
guere tra le fonti di trasferimento (concettuale o semantica) e di individuare il tipo di
rappresentazione riferito a ogni caso di acquisizione di L2;
- considera la ristrutturazione concettuale e lo sviluppo delle categorie linguistiche della
lingua target come gli obiettivi principali nell’apprendimento del lessico L2 (Pavlenko
2009: 146-148).
Secondo questo modello, l’apprendimento del lessico L2 si configura come un processo
graduale che avviene nella memoria implicita e che conduce alla produzione linguistica
spontanea, non mediata da processi metalinguistici di conoscenza esplicita.
22
Parte I - Capitolo 1
Dal punto di vista glottodidattico, quanto osservato attraverso la breve analisi di questi
modelli di rappresentazione del lessico bilingue ci permette di rilevare la necessità di dif-
ferenziare le metodologie di insegnamento del lessico in base ai livelli di apprendimento
degli studenti e l’esigenza di favorire l’acquisizione implicita degli input linguistici.
Riferimenti bibliografici
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Insegnare il lessico 23
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24
Parte I - Capitolo 2
2.1. Introduzione
Il lessico ha suscitato negli ultimi anni un rinnovato interesse, soprattutto per ciò che con-
cerne l’apprendimento e l’insegnamento del lessico in italiano come seconda lingua, come
anche il presente volume testimonia. L’insegnamento del lessico rappresenta uno degli
obiettivi principali all’interno della classe di italiano L2, grazie alla centralità del lessico sia
nella percezione dell’apprendente che nell’operato del docente: per l’apprendente il cono-
scere e apprendere parole nuove è certamente sintomatico dei propri progressi, mentre
per il docente il tempo dedicato all’insegnamento del lessico anche in modo non piani-
ficato, come ad esempio attraverso quelle che Villarini (2017) ha definito come “pillole
lessicali”, costituisce una parte certo non marginale della lezione, poiché è proprio per il
tramite delle parole, o delle unità lessicali in senso più ampio, che l’apprendente riesce,
soprattutto nei livelli iniziali, a veicolare i sensi di ciò che vuole dire e scrivere o a compren-
dere il significato di ciò che ascolta o legge.
A fronte della grande variabilità del lessico, della sua natura, del suo essere un sistema aper-
to e dinamico, è opportuno chiedersi come è possibile insegnare il lessico a un apprenden-
te, anche alla luce del processo di sviluppo della competenza lessicale nell’ambito della più
ampia maturazione delle competenze linguistico-comunicative. Obiettivo del contributo è
dunque quello di condividere alcune riflessioni su come insegnare il lessico a partire da al-
cune considerazioni su come avviene lo sviluppo della competenza lessicale in una seconda
lingua. Sapere quali sono i tratti principali di tale processo consente infatti di operare di-
datticamente selezionando le strategie, le tecniche, gli strumenti più efficaci per facilitare il
percorso, ampio e lungo, di apprendimento del lessico. Il contributo proseguirà poi con la
definizione dei principi cardine attorno ai quali far ruotare un vero e proprio piano di alfabe-
tizzazione lessicale, passaggio indispensabile, come vedremo, di un’azione didattica efficace,
e con la proposta di alcune strategie e tecniche per insegnare il lessico italiano a stranieri.
La cornice entro la quale si muove il contributo è quella delineata da un lato dalle indica-
zioni che vengono dall’educazione linguistica a partire dalle Dieci Tesi GISCEL (1975) e dal
ruolo che in esse viene attribuito al lessico (Gallina, 2019) e dall’altro dagli stimoli del Qua-
dro Comune Europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valuta-
zione. Volume complementare (Consiglio d’Europa, 2021) relativamente alla competenza
lessicale e all’insegnamento di una seconda lingua.
Insegnare il lessico 25
tale, dinamico, continuo, con una forte variabilità da apprendente ad apprendente per la
grande eterogeneità di input cui attingere per imparare il lessico, dai materiali didattici al
parlato del docente, dalla comunicazione con altri apprendenti agli input esterni alla clas-
se, inclusa la quantità di materiali linguistici oggi a disposizione in internet, che consente
anche a chi non vive nel Paese in cui si parla la lingua target di accedere ad una ampia
mole di input linguistico.
Nel caso dell’apprendimento lessicale in L2 l’individuo ha già sviluppato una certa orga-
nizzazione e categorizzazione della realtà, così come ha già maturato delle strategie di
apprendimento e di comunicazione. Certamente in L2 ci troviamo spesso a incontrare
concetti nuovi e significati che sono tipici di una certa cultura che non è quella di partenza,
ma l’attività, che è permanente anche in L1, di continua risistematizzazione delle cono-
scenze e quindi del lessico è di fatto condivisa da L1 e L2. L’apprendimento del lessico è,
dunque, un processo graduale, continuo, che procede tramite una serie di incontri con
nuove parole e nuovi significati, per i quali non basta certo un primo e unico incontro per
consolidare la conoscenza.
Dobbiamo però chiederci che cosa significa esattamente conoscere una parola. Non si
tratta di un processo discreto, ma si configura piuttosto come un processo dinamico che
porta per approssimazioni successive a conoscere meglio una parola via via che la si in-
contra e se ne approfondiscono le conoscenze. La frequenza con cui una parola appare
nell’input linguistico condiziona fortemente le possibilità della parola stessa di essere ap-
presa, anche perché il saper riconoscere e produrre un’unità lessicale è funzione della sua
frequenza di occorrenza nella lingua (Ellis, 2002: 152).
Che cosa, dunque, dobbiamo imparare a conoscere quando ci imbattiamo in una parola
sia essa nuova o nota? Secondo Nation (2001) di un’unità lessicale dobbiamo conoscere:
la forma, scritta e orale, oltre alle parti che compongono la parola; il significato, il lega-
me tra forma e significato, i concetti e i referenti, oltre alle associazioni; l’uso, le funzioni
grammaticali, le collocazioni, le restrizioni all’uso di registro, la frequenza ecc. Per ciascun
aspetto è inoltre necessario tenere sempre presenti le diverse implicazioni per le dimen-
sioni ricettiva e produttiva della competenza lessicale. La distinzione tra lessico attivo e
passivo deve però essere vista non tanto in chiave dicotomica, ma come un continuum
lungo il quale il grado di conoscenza di una parola fa sì che un’unità lessicale possa essere
compresa e quindi successivamente utilizzata. È evidente che per cogliere e per assimilare
una parola in tutte le sue sfaccettature è necessario incontrarla, ma anche manipolarla, ri-
utilizzarla, ecc., per sostenere con maggior efficacia il processo di apprendimento. La sola
esposizione non sempre garantisce le condizioni ideali di apprendimento, per cui possia-
mo sostenere tale processo con attività supplementari alla sola esposizione per sollecitare
dei meccanismi di apprendimento esplicito, oltre che implicito.
Infine, ricordiamo come lo sviluppo della competenza lessicale avvenga in modo multidi-
mensionale, ovvero non è solo una questione di quante parole un apprendente conosce,
quella che viene definita come dimensione quantitativa (vocabulary size o breadht), ma
anche di profondità, cioè di livello di conoscenza di ogni singola parola (depht of knowle-
dge) e infine di automaticità, cioè di velocità di utilizzo e accesso alla conoscenza lessicale
(automaticity) (Schmitt, Mc Carthy, 1997: 104).
26
Parte I - Capitolo 2
Insegnare il lessico 27
tempo. In tale prospettiva è dunque opportuno curare il numero di parole ed espressioni
che si propongono alla classe, la precisione delle conoscenze che vengono via via matu-
rate, che implica anche l’ampiezza di domini e temi nei quali ci si può muovere linguisti-
camente, e il controllo, ovvero la capacità di attivazione, richiamo, riconoscimento, così
come suggerito anche dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.
Una volta stabilita l’opportunità di lavorare su più dimensioni e con più modalità opera-
tive, è necessario procedere alla selezione delle parole oggetto di apprendimento. All’in-
terno di un piano di alfabetizzazione lessicale non si può infatti prescindere da una vera
e propria pianificazione di quali parole, quali campi lessicali e quali domini selezionare a
seconda dei bisogni linguistico-comunicativi degli apprendenti e degli obiettivi di appren-
dimento. Utile, a tal fine, è fare riferimento a strumenti come il Nuovo Vocabolario di Base
della lingua italiana (De Mauro 2016), ma anche ai sillabi delle certificazioni di italiano
come lingua straniera, al Profilo della lingua italiana (Spinelli, Parizzi, 2010) e alle Le Linee
guida CILS. Certificazione di Italiano come Lingua Straniera (Barni et al. 2009), che forni-
scono indicazioni piuttosto precise su quale e quanto lessico ci si aspetta sia conosciuto
attivamente e passivamente, oralmente e per iscritto, da un apprendente a seconda del
proprio livello di competenza. Le stime del numero di parole che nativi e non nativi co-
noscono sono piuttosto diverse tra loro, ponendo obiettivi che vanno dalle 30.000 alle
50.000 parole per i nativi (fino a un massimo di 60.000 o 80.000 parole), mentre per gli
studenti stranieri si fa riferimento a 3.000 parole come soglia del vocabolario ricettivo e
2.000 parole per il vocabolario produttivo (Corda, Marello 1999). Altri studi indicano che
sono necessarie 1.000-1.500 parole per comprendere un testo non specialistico e 3-4.000
parole per una comprensione più di dettaglio. Al di là delle cifre che variano anche in fun-
zione degli obiettivi nell’ambito di un determinato percorso di sviluppo della competenza
linguistica e in particolare della competenza lessicale, per poter fattivamente selezionare
il lessico ci sembra che i seguenti criteri siano di particolare rilevanza: la frequenza e la
dispersione di un’unità lessicale, la sua disponibilità, ma anche i centri di interesse e la
rilevanza per l’apprendente. Incrociando tali criteri con le selezioni dei sillabi di riferimen-
to che abbiamo menzionato, è possibile individuare con una certa approssimazione quali
parole è opportuno presentare e lavorare nel proprio piano di sviluppo lessicale.
Di pari passo alla selezione del lessico va anche la selezione dei testi input, fonte di grande
rilievo nell’insegnamento lessicale. Ci pare certamente opportuno effettuare una selezio-
ne dei testi da proporre, e conseguentemente del lessico, capace di spaziare notevolmen-
te tra tipi e generi testuali differenti, orali e scritti, in un continuum di testualità (Vedovelli,
2010) che consenta di accedere a una grande varietà di usi linguistici e lessicali. Il lessico va
inoltre sviluppato sia per ciò che concerne la dimensione ricettiva che produttiva, ovvero
favorendo la crescita sia del vocabolario ricettivo che produttivo, proprio per non trascu-
rare i tanti tratti che caratterizzano la competenza lessicale.
Per ciò che concerne invece la dimensione qualitativa delle conoscenze lessicali, è neces-
sario per un insegnante concorrere allo sviluppo di conoscenze relative a procedimenti
formativi, derivativi, compositivi, alterativi, ecc. delle parole, alla conoscenza dei rapporti
di senso per specificare il significato e le accezioni delle parole, al lavoro sulla configurazio-
ne sintattica e sulle collocazioni per dare il senso delle solidarietà sintagmatiche, ecc. A ciò
si sommano le capacità legate all’uso appropriato di un’unità lessicale in considerazione
28
Parte I - Capitolo 2
di aspetti sociolinguistici e pragmatici e in virtù dei bisogni e dei contesti comunicativi con
cui un apprendente è chiamato a confrontarsi.
Nel pianificare l’insegnamento del lessico, ci sembra che vi siano alcuni principi di massima
da tenere sempre in considerazione. Presentare il lessico in assenza di qualsiasi contesto,
al di fuori di qualsiasi contestualizzazione, rende l’apprendimento di quelle parole mol-
to più difficile rispetto alla loro presentazione in contesto. Una scarsa varietà di esercizi
ugualmente non aiuta l’apprendimento lessicale, tanto più in considerazione della natura
composita della competenza lessicale. Anche la presentazione di una quantità elevata di
parole in un arco di tempo ristretto non giova al processo di apprendimento, perché crea
un sovraccarico che non è certo un elemento di vantaggio. La presentazione ravvicinata
dei tanti sensi di parole fortemente polisemiche, o la presentazione simultanea di parole
con una relazione semantica stretta come l’antinomia, una scarsa conoscenza delle regole
di formazione delle parole sono tutti elementi che non favoriscono l’apprendimento lessi-
cale. Viceversa, giocano un ruolo facilitante nell’insegnare il lessico la ripetizione, ovvero
la possibilità di incontrare una parola più volte e in più contesti, ma anche la quantità di
attenzione posta su una parola, intesa come attività di manipolazione e utilizzo della paro-
la, anche a distanza di tempo.
Infine, riteniamo che sia altresì importante lavorare anche sullo sviluppo di strategie di
apprendimento lessicale, come strumento a disposizione dell’apprendente per aumentare
il proprio potenziale anche in maniera autonoma rispetto al lavoro in classe, che soffre
di evidenti limiti temporali rispetto alle possibilità di apprendimento che possono offrirsi
fuori dalla classe.
Nel prossimo paragrafo andremo a vedere quali strategie ed attività è possibile proporre
nel contesto classe per insegnare il lessico italiano a stranieri.
Insegnare il lessico 29
rafrasi, stimolano in particolar modo la competenza lessicale.
Per quanto concerne le attività utili a insegnare il lessico, possiamo operare una prima
distinzione tra quelle attività che introducono e presentano delle unità lessicali nuove e
quelle che invece servono al consolidamento e al riutilizzo di parole già note, sebbene a
livelli anche molto diversi tra loro.
Per proporre parole nuove vi sono numerose tipologie di attività, da quelle di deduzione
del senso dal contesto a quelle che implicano l’utilizzo di mezzi non verbali tra cui foto-
grafie, immagini, oggetti, gesti, ecc. In passato anche le liste di parole venivano conside-
rate un utile strumento per introdurre nuove parole da memorizzare, tuttavia, ci pare che
l’assenza di contesto d’uso renda maggiormente difficile la fissazione delle nuove parole,
mentre viceversa la loro presentazione in un contesto, in cui esse assumono un determi-
nato senso, ha maggior efficacia in termini didattici. La presentazione può naturalmente
avvenire sia in L1 che in L2, coerentemente con il livello di competenza della classe, del
repertorio linguistico degli apprendenti e in generale del contesto di apprendimento. In
particolare, gli abbinamenti di parole, parola/immagine, parola/definizione, domanda/ri-
sposta, battute di un dialogo sono particolarmente utili per far conoscere parole nuove,
così come le attività di categorizzazione e di raggruppamento.
Per consolidare le conoscenze lessicali, oltre alle attività già elencate, sono particolarmen-
te efficaci attività di completamento di parole, frasi e testi, oltre che di tabelle, griglie,
schemi, moduli, di ricostruzione di frasi e dialoghi. Con un approccio maggiormente ludico
è possibile anche proporre cruciverba, anagrammi, associazioni semantiche, caccia all’in-
truso, ecc. Balboni (2008) propone numerose attività, come ad esempio il puzzle, che pos-
sono essere agevolmente trasformate in chiave ludica, anche in termini di sfida tra gruppi
interni a una classe. Inoltre, sempre in un’ottica di consolidamento è bene selezionare
anche delle attività che mirino a far maturare quelle conoscenze relative ai diversi aspetti
della competenza lessicale di cui abbiamo parlato nel par. 2, come ad esempio la cono-
scenza delle parti di parola e dei meccanismi derivazionali, dei diversi significati che assu-
me una unità lessicale a seconda del contesto, della sua connotazione, delle collocazioni,
ecc. Vediamo dunque alcuni esempi di attività che possiamo proporre per espandere le
conoscenze qualitative del lessico.
Per approfondire la conoscenza della forma delle parole è possibile, ad esempio, far pro-
nunciare una parola, far leggere a voce alta, far scoprire il significato di un prefisso/suffis-
so, ma anche insegnare a riconoscere parole base, radici, prefissi o suffissi, far scegliere
la forma corretta di una parola dando due opzioni di scelta, sia in contesto che isolate
(Corda, Marello, 1999). In particolare, per sfruttare le strategie che fanno leva sulle com-
ponenti di una parola in chiave lessicale si può chiedere di individuare la parola base a
partire dall’analisi di una parola derivata, di costruire una parola derivata da una base con
suffissi/prefissi dati, di trasformare in aggettivi un’espressione, come ad esempio “giorno
pieno di pioggia” > “giorno piovoso”, di individuare le parole base in un testo e trovare
altre parole con la stessa radice, di costruire altre parole derivate a partire da un suffisso/
prefisso/radice o esempi di parole derivate.
Per lavorare sul significato invece si possono introdurre in classe attività di associazione,
abbinamenti, scelta multipla, descrizione, definizione, traduzione, utilizzo di flashcard,
attività sui rapporti di sinonimia, antonimia, iperonimia, iponimia, meronimia, come ad
30
Parte I - Capitolo 2
es. associare una parola al sinonimo, dare il sinonimo di una parola, sostituzione di una
parola con una parola di significato simile, individuazione della parola corrispondente a
una definizione, creazione di un campo lessicale data una parola, costruzione della mappa
concettuale di una parola, ecc.
Altresì importanti sono le attività che maturano la conoscenza collocazionale, ovvero che
espandono la capacità di riconoscere e utilizzare le collocazioni, come ad esempio gli ab-
binamenti tra parole che costituiscono una collocazione, il completamento di griglie con
le combinazioni accettabili tra due set di parole, l’individuazione degli aggettivi che si ab-
binano a un certo sostantivo, o dei verbi + sostantivi, avverbi + verbi, ecc., la produzione di
frasi a partire dalla combinazione di due parole.
Volendo invece lavorare sul registro e sulla connotazione, soprattutto per i livelli intermedi
e avanzati, si possono svolgere attività di individuazione di parole connotate in un testo,
di associazione tra parole connotate e neutre, di sostituzione di una parola neutra, o vice-
versa connotata, in un testo, di trasformazione di un testo da un registro all’altro o da un
genere testuale ad un altro, ecc.
Non da ultimo ricordiamo come anche l’utilizzo del dizionario, anche in classe, costituisca
non solo una ulteriore occasione di sviluppo del lessico, ma favorisca soprattutto le stra-
tegie di apprendimento in autonomia, che possono sostenere l’apprendimento lessicale
anche al di fuori della classe di lingua. L’uso del dizionario, infatti, facilita tutti quei mec-
canismi di fissazione del significato e delle altre informazioni proprie di un’unità lessicale
grazie al processo di noticing esplicito che si attiva con l’utilizzo del dizionario, ma anche
di glossari, corpora, ecc.
2.5. Conclusioni
Sebbene in forma sintetica e solo tramite alcuni esempi delle tante attività che si posso-
no utilizzare per insegnare il lessico italiano L2, dalla rassegna che abbiamo condiviso ci
pare di poter concludere sottolineando come proprio per la natura multidimensionale
del lessico un’ampia varietà di attività consente di andare a lavorare sui vari aspetti di ciò
che costituisce l’apprendimento lessicale, mettendo dunque l’apprendente nelle migliori
condizioni per imparare nuove parole e per imparare meglio le parole che già conosce,
almeno in parte. Per cercare di garantire tale varietà, una forma di programmazione, in
termini di alfabetizzazione lessicale, si rende necessaria per qualsiasi docente: si tratta di
individuare obiettivi lessicali specifici, di selezionare il lessico da insegnare e i testi input da
utilizzare, oltre che le attività da svolgere in classe e le modalità di valutazione.
A tali considerazioni aggiungiamo, infatti, un altro tassello fondamentale del processo di
apprendimento e insegnamento, ovvero quello relativo alla valutazione delle competenze
linguistico-comunicative, come parte integrante, e fondamentale, del processo educativo,
soprattutto se si adotta una prospettiva come quella della valutazione formativa, utile a
fornire feedback sui processi di apprendimento e di insegnamento per renderli sempre
più efficaci. La valutazione del lessico rappresenta una sfida per un docente, perché la
complessità della natura del lessico rende ogni test di tipo lessicale, pensiamo ad esempio
a un test di abbinamento o a un cloze test, una prova molto parziale, che si focalizza su un
Insegnare il lessico 31
solo aspetto alla volta della competenza lessicale (Gallina, 2021; Serragiotto, 2016). Per
tali ragioni, una riflessione ulteriore su come valutare il lessico, e su cosa effettivamente
valutiamo quando lo valutiamo, deve essere condivisa, per lo meno per solleticare la con-
sapevolezza della complessità non solo della fase di insegnamento del lessico, ma anche
della sua valutazione. In questa prospettiva ci pare che una possibile soluzione sia quella
di variare, anche in questo caso, le tipologie di prove e test lessicali, caratterizzati ciascu-
no da un costrutto e da obiettivi diversi, ma che tutti insieme contribuiscono ad aiutarci
a valutare come procedono l’apprendimento e l’insegnamento del lessico in italiano L2.
Riferimenti bibliografici
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32
Parte I - Capitolo 3
3.1. Introduzione
La riflessione sul lessico, come dimostrano le numerose pubblicazioni degli ultimi decenni
sull’argomento, incontra l’interesse dei teorici del linguaggio, dei linguisti applicati e dei
glottodidatti1 sebbene da prospettive e con obiettivi diversi. Tale interesse riguarda da
un lato l’importanza che il lessico riveste sia per i codici semiologici costituiti dalle lingue
storico-naturali, dette anche “lingue verbali” proprio perché formate da parole, dall’altro
la rilevanza del lessico nell’apprendimento delle lingue materne, non materne e stranie-
re2. Il linguaggio verbale, come evidenziato nelle «Dieci tesi per un’educazione linguistica
democratica»3, è di cruciale importanza nella vita sociale e individuale degli esseri umani
ed è proprio attraverso la conoscenza delle parole e attraverso la capacità di usarle per ge-
stire le varie attività linguistiche (p. es. ricettive, produttive) che le persone sono in grado
di comunicare fra loro, cioè di comprendere e di essere a loro volta comprese dagli altri.
Tuttavia, nell’apprendimento linguistico, nonostante l’indubbia centralità del lessico, rico-
nosciuta da studenti, docenti e ricercatori, gli aspetti lessicali e semantici tendono a essere
trascurati (Basile, Casadei; Villarini 2021), mentre la grammatica continua ad avere un ruolo
predominante. Oltre due decenni fa, Balboni (1998: 112) lamenta infatti che «il problema
glottodidattico relativo al lessico […] rappresenta uno dei maggiori casi di rimozione da
parte di studiosi, di autori di libri di testo e di multimediali, di insegnanti». Tale problemati-
cità della questione lessicale riguarda probabilmente proprio nella sua importanza. Villarini
(2011: 54) afferma infatti: «La nostra impressione è che, paradossalmente, proprio la sua
importanza, la sua centralità, il suo essere così fondamentale e pervasivo, qualcosa in breve
che arriva a riguardare tutti i livelli in cui è scomponibile la competenza linguistico-comuni-
cativa, porti come conseguenza diretta l’estrema difficoltà nell’isolare, e conseguentemen-
te analizzare, ciò che può considerarsi lessico in una lingua da ciò che invece, pur essendo
rappresentato in superficie dalle parole, appartiene ad altri ambiti della competenza».
In questo contributo, l’Introduzione (par. 1) focalizzerà l’attenzione sulla sintetica risposta
ad alcune domande riguardanti da un lato la natura e la conoscenza del lessico, dall’altro
la definizione di autenticità di materiali didattici, che mira a tentare di inquadrare il tema
del lessico a livello generale, nei successivi paragrafi sarà invece analizzato il concetto di
«competenza lessicale» presente nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue
(QCER) (CoE 2001/2002) (par. 2) e saranno illustrati schematicamente i principali contri-
1 Cfr., per esempio, i riferimenti bibliografici dei contributi contenuti in Jafrancesco, La Grassa 2021. Cfr. anche Cardona,
De Jaco 2020; Basile, Casadei 2019; Gallina 2018, 2019; Jafrancesco 2011; Sobrero 2009; Barni, Troncarelli, Bagna 2008.
2 Cfr. la rilevanza data alla competenza lessicale, nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo d’istruzione (cfr. DM 16 novembre 2012, n. 254) e nel Quadro di riferimento della prova di italiano INVALSI
(QdR del 2 aprile 2013).
3 Per le «Dieci tesi», cfr. il sito Internet del GISCEL (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica),
˂https://giscel.it/dieci-tesi-per-leducazione-linguistica-democratica/˃.
Insegnare il lessico 33
buti teorico-applicativi sul lessico (par. 3), che forniscono spunti e riflessioni utili per il suo
insegnamento. Infine, nel paragrafo conclusivo (par. 4), si tenterà di fornire alcuni sugge-
rimenti utili alla didattica del lessico che scaturiscono dai contenuti trattati nei paragrafi
precedenti dell’articolo.
Il primo quesito è: che cosa è il lessico di una lingua? Nel Nuovo De Mauro online4 si de-
finisce lessico il «complesso dei vocaboli e delle locuzioni che costituiscono un sistema
linguistico o un settore di esso o il linguaggio proprio di una determinata disciplina, di
un’attività, di un ambiente o di un parlante: il lessico italiano, inglese; il lessico sportivo,
giovanile»5. Lo Cascio (2007: 4), precisando la definizione, puntualizza che il lessico non
è il complesso delle parole di una lingua considerate ognuna a sé stante, e non è quindi
un componente statico, ma è «l’insieme sistematico di una serie infinita di minisistemi di
parole che sono collegate tra di loro attraverso rapporti categoriali, semantici, enciclope-
dici». All’interno di questa struttura organizzata, i rapporti che le parole (o lessemi) intrat-
tengono fra loro riguardano differenti dimensioni della lingua: la fonetica/l’ortografia, la
semantica, la morfologia, la sintassi. Le parole, per esempio, possono avere in comune la
medesima forma fonologica e ortografica e intrattenere fra loro rapporti di omofonia e
omografia6, oppure sul piano morfologico possono essere in rapporto fra loro in base a
meccanismi di vario genere, quali per esempio la derivazione e la composizione7.
Che cosa significa conoscere il lessico di una lingua? De Mauro (2008: 28) afferma che
«apprendere l’uso di parole per capire e farsi capire è la porta d’ingresso nel mondo di una
singola lingua, e solo varcandola e avendola varcata il linguaggio, una facoltà certamente
innata per la specie umana, non si atrofizza e si attiva e permane». Lo studioso evidenzia
inoltre che il saper comprendere e usare una parola in modo appropriato coinvolge ne-
cessariamente la capacità di gestire tutti gli altri aspetti grammaticali e semantici a essa
connessi e sottolinea che il «cammino dell’empowerment di una lingua muove […] dal co-
minciare a imparare e a gradualmente possedere singole parole e con le singole parole la
loro fonologia e, quindi, a mano a mano la fonologia d’una lingua, la loro morfologicità e
grammaticalità, e quindi a mano a mano la morfologia e la grammatica d’una lingua, la
loro sintassi, e con essa, progressivamente, la sintassi di una lingua, i loro sensi e quindi, di
nuovo progressivamente, l’orizzonte noetico d’una lingua». In questa ottica sistemica del
lessico, De Mauro evidenzia tuttavia la natura aperta e variabile del lessico, specificando
che la mutevolezza del materiale lessicale è «numerica (per aggiunte o perdite di morfi
34
Parte I - Capitolo 3
Insegnare il lessico 35
novata (Vedovelli 2010). Tale espressione si contrappone a quella di «testi non autentici»,
utilizzata per riferirsi agli ormai superati materiali caratteristici dei metodi tradizionali9.
A distanza di circa vent’anni, il QCER, assumendo la prospettiva teorica della linguistica
tetuale, individua nel testo l’elemento base della comunicazione su cui basare la didattica
delle lingue, superando di fatto la contrapposizione fra “testo autentico” e “testo non
autentico”. Nel secondo capitolo del QCER si afferma infatti che, coerentemente con la
prospettiva adottata, «le strategie comunicative e le strategie di apprendimento non sono
che delle strategie tra tante, proprio come i compiti comunicativi e i compiti di apprendi-
mento altro non sono dei compiti tra i tanti possibili. Analogamente i testi “autentici” o i
testi elaborati per scopi didattici, i testi nei libri di testo e i testi prodotti dagli apprendenti
sono solo testi fra gli altri testi» (CoE 2001/2002: 20), riconoscendo inoltre al contesto
della formazione il pieno valore comunicativo in quanto ambito di comunicazione reale.
Concludendo, coerentemente con il QCER, il questo contributo si ritiene che l’autenticità
non riguardi solo i testi che nascono per un pubblico di parlanti nativi, che non sono con-
cepiti a scopo didattico, ma anche a quei testi che, sebbene utilizzati per l’insegnamento,
rispondono alle condizioni di testualità, in primis coerenza e coesione, e alle caratteristi-
che strutturali proprie del genere e della tipologia testuale a cui appartengono, sebbene
l’utilizzo dei “testi autentici” comporti ovviamente alcune problematicità che si tenterà
più avanti di sciogliere.
36
Parte I - Capitolo 3
Nel sesto capitolo non si parla infatti solo di ampiezza e padronanza del lessico, ma anche
di varietà, raccomandando a docenti, estensori di sillabi ecc. di considerare e, se oppor-
tuno, specificare: «l’ampiezza lessicale (vale a dire il numero di parole ed espressioni) che
l’apprendente avrà bisogno di/sarà in condizione di/sarà preparato a/sarà invitato a con-
trollare; la varietà lessicale (vale a dire i domini, i temi ecc.) che l’apprendente avrà biso-
gno di/sarà in condizione di/sarà preparato a/sarà invitato a controllare; il controllo sul les-
sico che l’apprendente avrà bisogno di/sarà in condizione di/sarà preparato a/sarà invitato
ad esercitare; come eventualmente distinguere il lessico che si apprende a riconoscere e
a comprendere dal lessico che si è in grado di ricordare e utilizzare nella produzione; l’uso
che si fa delle tecniche di inferenza e come se ne promuove lo sviluppo» (CoE 2001/2002:
184). Sempre nello stesso capitolo, in accordo con la natura non prescrittiva del QCER, si
fornisce una lista opzioni possibili che possono essere adottate dai docenti per sviluppare
la competenza lessicale degli apprendenti (par. 6.4.7.1), in termini di modalità di presen-
tazione del lessico e di attività didattiche da proporre, e si individuano inoltre alcuni criteri
che possono essere utilizzati per selezionare il lessico da presentare nei vari contesti di
insegnamento (par. 6.4.7.3), offrendo un modello di trasparenza e di consapevolezza nelle
scelte metodologiche da adottare nella didattica, di fondamentale importanza a garanzia
della professionalità dei docenti.
Per quanto riguarda la selezione del lessico, vale a dire le parole da usare nei test, nei ma-
teriali dei libri di testo, nei curricoli e nei programmi, il QCER indica alcune possibili opzioni:
a) selezionare parole chiave ed espressioni nelle aree tematiche in cui è possibile collocare
i compiti comunicativi che gli apprendenti sono chiamati a svolgere, oppure parole che rap-
presentano differenze culturali e/o valori e convinzioni rilevanti condivisi dai gruppi sociali
della lingua target; b) fare riferimento a principi di statistica lessicale e scegliere le parole
maggiormente frequenti all’interno di un ampio corpus generale oppure quelle più ricor-
renti in aree tematiche ristrette; c) scegliere testi orali e scritti (autentici) e insegnare tutte
le parole in essi contenuti; d) non pianificare lo sviluppo del lessico e lasciare che esso si
sviluppi in modo organico con i compiti che gli apprendenti devono svolgere.
Nei descrittori relativi all’ampiezza del lessico del QCER, come è stato evidenziato, sono
assenti indicazioni quantitative sul numero di parole da conoscere a ogni livello di compe-
tenza della scala12, tuttavia alcune indicazioni utili sul lessico da apprendere ai vari livelli
di competenza linguistico-comunicativa giungono dalle certificazioni della lingua italiana
(CELI, CILS, IT, PLIDA)13. In Barki et al. 2003, con riferimento ai livelli iniziali della compe-
tenza (A1, A2) della certificazione CILS, si indicano 604 parole per il livello A1 e 800 parole
per il Livello A2, selezionate sulla base delle liste di frequenza del Vocabolario di Base
(VdB) (De Mauro 1980) e del Lessico di frequenza dell’Italiano Parlato (LIP) (De Mauro et
al. 1993) e suddivise per campi semantici. Queste parole sono utilizzabili, come dichiarato
le autrici, sia con finalità certificatorie, sia con finalità didattiche per i vari tipi di profili di
12 Nei Livelli soglia (Livello B1), il progetto confluito poi nel QCER, si presentano per le varie lingue descrittori che includo-
no liste di parole. La versione italiana del documento indica un carico di esponenti lessicali pari a 1500 unità di 400 da
apprendere solo ricettivamente (Galli De’ Paratesi 191). Cfr. Balboni 1995.
13 CELI (Certificato di conoscenza della Lingua Italiana), Università per Stranieri di Perugia; CILS (Certificazione di Italiano
come Lingua Straniera), Università per Stranieri di Siena; IT (Certificazione Italiano), Università degli Studi Roma Tre,
PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri), Società Dante Alighieri.
Insegnare il lessico 37
apprendenti individuati14. Inoltre, è possibile fare riferimento ai sillabi delle varie certifica-
zioni di italiano, in cui si esplicita quale e quanto lessico sia opportuno saper gestire ai vari
livelli di competenza, così come evidenzia Gallina (2019) in un articolo in cui si analizzano
le modalità di valutazione del lessico adottate dalle principali certificazioni che accolgono
la visione sociopragmatica del QCER15.
14 Si tratta di immigrati adulti, figli di immigrati (6-7 anni, 8-11 anni, 12-15 anni); apprendenti asiatici; figli di emigrati italia-
ni (I e II generazione, 8-15 anni), ragazzi stranieri di origine italiana (III, IV, V generazione, 8-15 anni).
15 Nelle Linee guida CILS (Barni et al. 2009), «vengono infatti fornite indicazioni sulla padronanza del repertorio lessicale,
più o meno ampio per gestire i vari contesti comunicativi, sui campi semantici, sulle fasce di stratificazione lessicale
cui fare riferimento a seconda del livello fornendo anche delle indicazioni percentuali di quanto lessico sia opportuno
conoscere di tali fasce, sull’adeguatezza lessicale e la precisione d’uso delle parole, sulla capacità di utilizzare espressioni
idiomatiche e colloquiali, di utilizzare parole appartenenti a vari registri e di riconoscere tratti di connotazione sociale
delle parole. Una distinzione viene fatta anche per quanto riguarda il lessico produttivo e ricettivo e tra produzione orale
(PO) e scritta (PS), fornendo indicazioni differenziate» (Gallina2019: 542).
16 L’approccio lessicale condivide con l’approccio comunicativo numerosi aspetti: l’interesse per l’uso della lingua, in oppo-
sizione agli approcci formalistici, che focalizzano l’attenzione sulle regole del sistema linguistico; la priorità delle abilità
ricettive, soprattutto nelle fasi iniziali dell’apprendimento; un modello di apprendimento di tipo induttivo, che fa rife-
rimento a un curricolo basato sui bisogni comunicativi degli apprendenti; l’esposizione degli apprendenti a materiali
autentici, in cui sono presenti tutti gli elementi della lingua oggetto di studio (lessico d’uso, collocazioni, modi di dire,
aspetti sociopragmatici).
17 Per approfondimenti sulla linguistica dei corpora, cfr., fra gli altri, Barbera, Corino, Onesti 2007; Barbera 2013.
38
Parte I - Capitolo 3
descrizione delle lingue naturali e delle loro varietà, si avvale di raccolte di testi in formato
elettronico (scritti, orali, multimediali)18, che sono trattati in modo uniforme per poter es-
sere gestiti e interrogati informaticamente19. Anche se il trattamento automatico dei testi
si è affermato come metodologia di ricerca per indagare il funzionamento della lingua, in
ambito, per esempio, lessicografico e stilistico, rappresenta uno strumento ricco di poten-
zialità anche in quello della didattica delle lingue20. Anche la linguistica acquisizionale si
avvale di corpora di testi prodotti da apprendenti stranieri (learner corpus)21, per studiare
le caratteristiche dell’interlingua, con implicazioni dal punto di vista didattico, tanto che si è
giunti a parlare di «didattica acquisizionale» (Vedovelli, Villarini 2003; Villarini 2021), vale a
dire la progettazione e l’implementazione di percorsi didattici basati sulle conoscenze che
derivano dagli studi di linguistica acquisizionale22. In ambito lessicografico, i vari corpora di
italiano parlato e scritto, fra cui si ricorda il Lessico di frequenza dell’Italiano Parlato (LIP)
(De Mauro et al. 1993)23, consentono di individuare grazie alle cosiddette «liste di frequen-
za» le parole maggiormente utilizzate in determinati contesti comunicati.
Si ricorda, in particolare, il Vocabolario di base della lingua italiana (VdB) (De Mauro
1980)24, che raccoglie le parole di alta frequenza, cioè la parte del lessico più stabile nel
tempo della lingua, che rappresenta circa il 90% dei testi parlati e scritti di contenuto gene-
rico (Ferreri 2005). Sulla base di criteri statistici, il VdB individua il nucleo centrale della lin-
gua italiana, compresa e usata dalla maggior parte di quanti parlano italiano, costituito da
circa 7000 parole e suddiviso in Vocabolario fondamentale (2000 lemmi ca.): i lemmi più
frequenti in assoluto della nostra lingua; Vocabolario di alto uso (2750 lemmi): lemmi mol-
to frequenti, anche se in misura minore rispetto a quelli del Vocabolario fondamentale;
Vocabolario di alta disponibilità (2300 ca.): lemmi che, sebbene quasi del tutto assenti nel-
la lingua scritta, sono noti a tutti. Questo strumento è di grande utilità nell’insegnamento
linguistico, perché consente ai docenti di valutare il livello di complessità lessicale dei testi,
oppure può essere un punto di riferimento, come per le certificazioni della lingua italiana
(cfr. par. 2), per definire sillabo lessicale relativo ai vari livelli di competenza linguistico-co-
18 Per un elenco di banche dati, corpora e archivi testuali dell’italiano, cfr. il sito Internet dell’Accademia della Crusca, ˂ht-
tps://accademiadellacrusca.it/˃.
19 Si fa riferimento a procedure di vario genere, fra le quali, per esempio, la tokenizzazione, che consente alla macchina
di individuare ogni singola parola, in genere attraverso un blank a destra e a sinistra; la lemmatizzazione, che rimanda
ogni forma flessa alla forma di citazione; il Part-of-Speech (PoS) Tagging, che associa ogni forma alla parte del discorso
corrispondente.
20 Sull’utilizzo dei corpora nella didattica delle lingue, cfr. Lo Duca, Fratter 2007; Andorno, Rastelli 2009; Corino, Marello
2009; Corino 2014.
21 Fra corpora di apprendenti di italiano L2/LS, cfr. VALICO (Varietà di Apprendimento della Lingua Italiana Corpus Online),
con anche un corpus di controllo L1 VINCA (Varietà di Italiano di Nativi Corpus Appaiato) (curatrici C. Marello, E. Corino,
Università di Torino); LIPS (Lessico Italiano Parlato da Stranieri), con le trascrizioni dei testi tratti dall’archivio delle prove
d’esame CILS (coordinatore M. Vedovelli Università per Stranieri di Siena,); LAICO (Lessico per Apprendere l’Italiano.
Corpus di Occorrenze) (coordinatore A. Villarini Università per Stranieri di Siena,); il corpus ADIL2 (Archivio Digitale di
Italiano L2) (M. Palermo, Università per Stranieri di Siena).
22 Parlando di lessico, la linguistica acquisizionale ipotizza una fase prebasica dell’interlingua (Selinker 1972) in cui il par-
lante costruisce la propria competenza comunicativa basandosi sulle poche parole piene che conosce, accostate fra
loro senza esplicitare in nessi sintattici e logici esistenti, e su una quantità molto limitata di elementi funzionali, che gli
consentono di veicolare i primi messaggi nei contesti comunicativi più comuni in cui si trova ad agire linguisticamente.
23 Il LIP è consultabile presso il sito dell’Università di Graz, ˂http://badip.uni-graz.at˃.
24 Del VdB è stata pubblicata nel 2016 una versione aggiornata (Nuovo Vocabolario di Base, NVdB), disponibile al sito Inter-
net di Internazionale, ˂https://www.internazionale.it/, https://bit.ly/3zGfRdp˃.
Insegnare il lessico 39
municativa (cfr. Balboni 1995; Barki et al. 2003; La Grassa 2014; Gallina 2019). Il VdB può
essere utilizzato anche in combinazione con altri strumenti per l’analisi della complessità
linguistica dei testi, come, per esempio, gli Indici di leggibilità (p. es. GULPEASE25, Flesch),
che consentono di calcolare la complessità sintattica dei testi e quindi la loro adeguatezza
per i destinatari cui sono rivolti (Vedovelli 2010).
25 L’Indice di leggibilità GULPEASE verifica l’accessibilità di un testo correlandola al grado di scolarizzazione del lettore (cfr.
Lucisano, Piemontese 1988).
26 Per approfondimenti sul tema dell’apprendimento del lessico nella tradizione metodologica, cfr. Prat Zagrebelsky 1998;
Lo Duca 2006.
27 In considerazione della difficoltà di definire un sillabo lessicale che risponda ai variegati bisogni linguistici degli appren-
denti che costituiscono il pubblico degli studenti stranieri universitari, in Lo Duca 2006, la studiosa sceglie di occuparsi
del «settore più regolare del lessico (formazione delle parole) e di uno dei fenomeni più pervasivi (metafora) che at-
traversano e interessano tutto il lessico dell’italiano, nei suoi risvolti più informali e quotidiani come nei più formali e
specialistici» (Lo Duca, Fratter 2008: 14).
40
Parte I - Capitolo 3
contesto in cui si presentano. Il vocabolario potenziale costituisce dunque una parte “non
attivata” del vocabolario ricettivo, di cui è impossibile determinare l’estensione» (Corda,
Marello 2004: 222).
Le considerazioni appena esposte, hanno importanti implicazioni nella didattica del lessi-
co che riguardano da un lato la selezione dei testi (autentici o concepiti per la didattica),
dall’altro l’indicazione di quante e di quali utilità lessicali presenti nei testi input e nelle at-
tività esercitative saranno sottoposte ad analisi, in relazione alla loro conoscenza ricettiva
e produttiva. Una prima riflessione riguarda la complessità lessicale (e sintattica) dei testi
selezionati. Infatti, se da una parte è vero che il lessico viene appreso attraverso le attività
di lettura e di ascolto dei testi, dall’altro è vero anche che gli apprendenti per leggere e
ascoltare i testi necessitano di un bagaglio minimo di parole conosciute. Da qui la necessità
di proporre l’insegnamento del lessico attraverso testi adeguati, per complessità lessicale
(e sintattica), al livello di competenza degli apprendenti, in cui è basilare una importante
presenza del Vocabolario di Base della lingua italiana (De Mauro 1980), in particolare del
Lessico fondamentale, soprattutto per i livelli basici, focalizzando inoltre l’attenzione su
quelle parole che si vuole che siano apprese in modo stabile, cioè quelle più utili per gli
studenti in base a criteri di frequenza o di rilevanza.
Inoltre, per garantire un apprendimento delle parole oggetto di studio, è importante che
esse vengano riproposte più volte, insieme ad altre parole nuove, e in contesti diversi, af-
finché gli apprendenti, come ricordano Corda e Marello (2004: 140), creino «associazioni
diverse da quelle suggerite dal campo semantico a cui sono normalmente collegate», che
permettano una conoscenza maggiormente solida. Aspetto, quello della riproposizione
successiva delle parole, a cui si possono aggiungere le indicazioni che provengono da stu-
di di ambito psicologico, che indagano in che modo il ricordo possa fissarsi nella mente
(Craik e Lockhart 1972) e che individuano nei compiti che richiedono un livello di elabo-
razione più profonda, il modo per apprendere in modo più duraturo le parole28. Per Craik
e Lockhart (1972) la durata della traccia presente nella memoria dipende dalla profondità
con cui lo stimolo viene elaborato attraverso l’esecuzione di compiti che implicano livelli
più profondi di analisi (grafemico, fonetico, semantico), individuando nei compiti semanti-
ci l’attivazione di processi più complessi e profondi di elaborazione dello stimolo, grazie ai
quali poi lo stimolo viene memorizzato meglio (ipotesi dei livelli di elaborazione). Da ciò se
ne deduce l’importanza di lavorare sul lessico attraverso attività differenziate che attivano
livelli di elaborazione più profonda.
Passando alla questione del vocabolario potenziale, è di fondamentale importanza il lavo-
ro sulle strutture lessicali della lingua (p. es. sulla formazione delle parole per derivazione
e composizione, collocazioni, espressioni idiomatiche) (Lo Duca, Fratter 2008) in quanto
«si offrono degli strumenti concreti che consentono agli apprendenti di ricavare e dedurre
il significato di parole che non hanno mai avuto modo di leggere o ascoltare» (Atzeni 2013-
2014: 34). Di qui la necessità non solo di addestrare gli apprendenti all’uso di dizionari
mono- e bilingui e di altri repertori lessicali, ma anche di svolgere attività corpus-based, il
cui valore riguarda l’autenticità dei testi contenuti nei corpora, da cui è possibile elaborare
modelli di lingua a partire da liste di parole o di o combinazioni di parole, che, come evi-
denzia Corino (2014: 235), «descrivono come queste siano correlate, come vengono usate
28 Per approfondimenti sul lessico dei materiali didattici, cfr. Villarini 2008, 2011, 2012.
Insegnare il lessico 41
le une con le altre, e quanto frequenti esse sono in certo contesto o settore disciplinare».
È infine inadeguato un insegnamento decontestualizzato del lessico basato su liste di pa-
role ed è invece proficuo inserire le parole all’interno della dimensione testuale. I docenti
dovrebbero infatti puntare a sviluppare la competenza lessicale adottando una prospetti-
va funzionale e pragmatica, che tenga conto delle caratteristiche degli apprendenti e dei
loro bisogni linguistici, coerentemente con i principi propri degli approcci comunicativi.
Per i docenti che adottano un approccio orientato all’azione, volto cioè all’utilizzo attivo
della lingua per comunicare e di tipo learner centered, si tratta quindi di promuovere l’ap-
prendimento da un lato delle parole del VdB, che consento l’accesso a una grande quan-
tità di testi non specialistici, dall’altro di quelle unità lessicali che gli apprendenti saranno
chiamati a comprendere e/o a usare nei vari contesti di comunicazione in cui spendono le
proprie competenze linguistico-comunicative.
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44
Parte I - Capitolo 4
1 Si dà a questo termine una interpretazione estensiva, non limitata quindi alla singola parola grafica, ma comprensiva di
polirematiche, espressioni fisse, locuzioni ecc.
2 La semplice ripetuta esposizione, ovviamente, non è una condizione che da sola può garantire un rilevante sviluppo della
competenza lessicale (Schmitt 2010: 31).
Insegnare il lessico 45
riferisce ai processi messi in atto nel momento in cui si tenta di comunicare un significato
mediante parole già incontrate3.
Infine, il terzo passaggio fondamentale per lo sviluppo della competenza lessicale è il riuti-
lizzo (oralmente o in forma scritta) di parole già incontrate. Queste, però, vengono incon-
trate con significati e in contesti diversi. Maggiormente vario è il contesto in cui le parole
vengono reimpiegate, più marcata è, in definitiva, la possibilità di apprendimento lessicale.
Facendo riferimento ai passaggi appena illustrati, nei paragrafi successivi si cercherà di
mostrare in che modo le tecnologie possono intervenire per favorire uno sviluppo efficace
della competenza lessicale.
46
Parte I - Capitolo 4
di tipo diverso, sarà possibile presentare la trascrizione di una specifica porzione di testo
mettendo in evidenza il lessico di interesse. A titolo esemplificativo, sono state realizzate
tre diverse modalità di messa in evidenza delle parole (grassetto, uso del colore, corsivo).
In questa fase, non si deve esclusivamente evidenziare l’input lessicale per portarlo all’at-
tenzione degli studenti. Esso deve anche, in vario modo, essere presentato, almeno nei
suoi aspetti più salienti relativi al significato. Ipotizzando, pertanto, di voler lavorare sulle
tre parole evidenziate in figura, sarà possibile prevedere una loro spiegazione che, come
si è accennato, può avvenire in modo diverso: mediante risorse esterne presenti in rete
(come i dizionari o i traduttori), oppure con spiegazioni di vario tipo (associazioni parola
immagine, uso del linguaggio non verbale, definizione, traduzione ecc.).
Un aspetto che ci sembra importante sottolineare è proprio l’eterogeneità delle soluzioni
che le tecnologie possono offrire, specialmente in questa fase: attività, dunque, che pre-
vedano uso di media diversi (testo scritto; immagini; audio) facilitano la presentazione e la
spiegazione del lessico rispettando anche stili cognitivi e di apprendimento diversi.
4 Sulle relazioni tra apprendimento e memoria la letteratura è vasta. Per una approfondita disamina di questi aspetti e per
una loro applicazione anche sul piano glottodidattico, si rimanda al recente Cardona, De Iaco (2020).
Insegnare il lessico 47
fig. 3. Recupero di “opera d’arte” presente in testi audiovisivi.
5 Relativamente al loro utilizzo Nation (2001: 306) afferma: «Writing the word on one side and its meaning on the other
allows the learner to be able to retrieve the meaning of the word from memory. […] This is one reason why cards are
better than vocabulary lists and vocabulary notebooks as a means of learning».
48
Parte I - Capitolo 4
di, una modalità che tenda a presentare tutti gli aspetti semantici, ortografici, fonetici e
sintattici in una sola volta. Si tratta di una scelta che ha un evidente parallelismo con la
proposta di un sillabo morfosintattico cosiddetto «a spirale» in cui le funzioni delle forme
linguistiche vengono presentate a più riprese (Diadori, Palermo, Troncarelli 2015: 278).
L’uso delle tecnologie digitali può risultare proficuo per lavorare su questo aspetto, anche
quando la parola presenti un significato metaforico non noto.
Si consideri il caso di un testo digitale in cui sia presente l’espressione “saltare il pasto”, in
cui il verbo “saltare” assume, evidentemente, una diversa accezione rispetto al suo princi-
pale significato letterale. Utilizzando i software che sono disponibili liberamente in rete, è
possibile non solo segnalare questa espressione ma sarà anche possibile (cfr. Fig. 5):
- richiamare il significato letterale (che consideriamo già noto) e rinforzarlo o proponendo
una definizione testuale, o mediante immagini o ancora mediante risorse esterne; sarà
possibile, inoltre, rimandare automaticamente lo studente a sezioni specifiche del testo
(o dei testi) in cui questa parola è già stata utilizzata. In questo modo si potrà favorire il
legame tra significato principale e significato metaforico;
- fornire una spiegazione del nuovo significato (sempre tramite testi, o immagini, o defini-
zioni in un dizionario, o mediante la combinazione di queste modalità) o elicitare le ipo-
tesi degli studenti, modalità che, anche con riferimento al lessico polisemico, favorisce
la loro attiva partecipazione e ne facilita in questo modo l’acquisizione;
- fare riutilizzare la parola in vari contesti.
Insegnare il lessico 49
sto vale soprattutto quando si lavora su aspetti lessicali non soltanto limitati al significa-
to “centrale” delle parole e espressioni che, probabilmente, potrebbe risultare più facile
da apprendere anche per semplice esposizione all’input. Andando oltre questo livello,
le attività dovrebbero richiedere un esplicito coinvolgimento dell’apprendente. In questa
direzione risultano utili le indicazioni fornite da Lufer e Haulstin (2001) relativamente alle
caratteristiche che dovrebbero avere le attività lessicali. Nello specifico, per queste attivi-
tà, vengono indicati tre parametri:
- Need. Fa riferimento alla componente motivazionale propria dell’apprendente. Se que-
sto parametro è stato tenuto in considerazione, l’apprendente percepirà il lessico ogget-
to di attenzione come rilevante per la comprensione del testo in cui è presente o per lo
svolgimento di successive attività;
- Search. È il parametro che coinvolge più attivamente l’apprendente che è chiamato a
fare un lavoro di ricerca (consultando fonti, confrontandosi con i pari, rivolgendosi ai
compagni) sul significato delle parole o, all’opposto, di ricerca delle parole da utilizzare
per esprimere un determinato significato;
- Evaluation. Richiede allo studente di valutare l’adeguatezza di una parola in uno specifi-
co contesto, facendo riferimento alle proprietà semantiche e sintattiche della parola in
questione.
I parametri sopra indicati determinano la quantità di “carico di coinvolgimento” (Laufer,
Haulstin 2001: 15) richiesta dall’attività e tale coinvolgimento sembra essere direttamente
correlato con la possibilità di successo nell’acquisizione e nella ritenzione del materiale
lessicale. Mettere al centro l’apprendente elaborando attività che possano evidenziare la
significatività del lessico oggetto di interesse e in varia misura coinvolgerlo –agire, in altre
parole, secondo una prospettiva student centered–, potrà pertanto avere una ricaduta
positiva anche sulla efficacia della didattica del lessico.
Per rendere significativo il lavoro sul lessico, a partire da un testo potrà essere utile, ad
esempio, che la comprensione delle parole o espressioni su cui si intende focalizzarsi, ri-
sulti necessaria anche nella prova di comprensione del testo stesso. In questo modo si rea-
lizza una attività più efficace rispetto a una prova di comprensione che, invece, non richie-
da per il suo svolgimento il lessico stabilito come target. Tenendo presente questi principi,
con l’utilizzo delle tecnologie digitali è possibile non solo creare attività di questo tipo, ma
anche suggerire esplicitamente allo studente che il lessico, precedentemente portato alla
sua attenzione in fase di noticing, risulta necessario nello svolgimento della prova (Need).
Oltre a fare questo, è possibile rimandare in modo automatico alla parte di testo (scritto,
orale o audiovisivo) in cui la parola o l’espressione in questione è stata incontrata, fornire
o riproporre la sua spiegazione o, possibilmente, coinvolgere lo studente in prima persona
con una attività di ricerca o di scelta multipla tra più opzioni (Search).
Infine, continuando il lavoro sul lessico, si potrà chiedere allo studente di decidere l’inse-
rimento delle parole in contesti diversi (frasi o testi): questo tipo di attività sarà tanto più
efficace quanto più lo studente dovrà valutare l’appropriatezza tra diverse accezioni di una
stessa parola o scegliere tra diverse possibili parole fornite in una lista (Evaluation).
Vediamo come, in effetti, si possono realizzare attività che tengano conto di questi parame-
tri. Nell’esempio in figura 6, si presenta il lavoro sul lessico a partire da un testo audiovisivo.
50
Parte I - Capitolo 4
La comprensione della parola nemici, che è già stata precedentemente messa in evidenza
in fase di noticing, viene richiesta anche per il corretto svolgimento della prova di com-
prensione del testo input, come viene mostrato esplicitamente allo studente: sarà possibi-
le, infatti, inserire l’informazione Per rispondere a questa domanda devi sapere cosa signi-
fica ‘nemici’. A questo punto lo studente potrà scegliere sia di ritornare alla parte di testo
in cui la parola viene usata, sia di svolgere una attività che gli chiede di indicarne il signi-
ficato corretto.
Proseguendo su questa linea, possono poi essere elaborate attività che richiedano, per
esempio, di formare una frase che contenga la parola target o di inserire la parola in un
testo, scegliendola tra una lista di altre proposte. Anche per queste attività si ha la possi-
bilità di fornire allo studente delle indicazioni, un feedback ragionato in base alla risposta.
L’uso delle tecnologie, pertanto, consente pienamente di rispettare e sostenere i principi di
engagement dello studente a cui si è fatto riferimento. Le attività lessicali realizzate in modo
da attivare un alto livello di coinvolgimento dello studente, possono, inoltre, essere rese più
efficaci segnalando esplicitamente (con un breve testo o un’immagine) l’utilità delle parole
oggetto di riflessione, ad esempio per lo svolgimento di una prova di comprensione.
Insegnare il lessico 51
4.6. Conclusioni
Alla luce degli esempi mostrati in questo contributo, si ritiene di poter dire che gli stru-
menti tecnologici non rappresentano uno steccato entro cui si è costretti a elaborare un
numero limitato di attività, per lo più di stampo strutturalista. Al contrario, le attività rea-
lizzabili consentono di rispettare in modo coerente le fasi di apprendimento generalmente
messe in atto nel processo di sviluppo della competenza lessicale, consentendo al contem-
po di tenere in considerazione aspetti motivazionali, di engagement dello studente.
Le attività lessicali realizzate con supporto digitale consentono, inoltre, un facile uso di
più media (testi scritti, orali e audiovisivi) che possono essere selezionati e modificati a
seconda delle proprie esigenze. Questo consente, per esempio, di realizzare attività in cui
facilmente e con diversi strumenti è possibile porre all’attenzione degli studenti il lessico
su cui lavorare.
Tra le altre caratteristiche proprie delle attività lessicali che si possono elaborare vogliamo
sottolinearne almeno tre:
- la ricorsività: in tutti i testi digitali con parole o espressioni su cui si decide di lavorare è
possibile creare link a elementi (testi, immagini, risorse di Rete) utili a favorire e rinfor-
zare la memorizzazione del materiale lessicale;
- la varietà: le tecnologie digitali consentono di poter utilizzare insieme o alternativamente
il canale orale e scritto; le attività realizzate possono focalizzarsi sulla competenza ricetti-
va o produttiva del lessico; possono riguardare tutti gli aspetti coinvolti nella conoscenza
della parola (forma, significato, uso) e, per estensione, anche i «lessemi complessi»;
- la flessibilità: con le opportune modifiche, le attività possono essere utilizzate in conte-
sto guidato, oppure possono essere svolte in autoapprendimento dando a chi le svolge
notevole libertà di scelta sulle modalità di lavoro che ritiene più adeguate. In quest’ulti-
mo caso, infatti, non ci sono percorsi obbligati, ma solo suggeriti. Sarà l’apprendente che
potrà scegliere se ritornare sulle parti del testo in cui ha già incontrato le parole target,
se guardare le definizioni sul dizionario ecc.
A conclusione di questo contributo, almeno un veloce accenno va fatto sul ruolo del do-
cente.
Le tecnologie digitali rappresentano uno strumento prezioso per sostenere lo sviluppo
della competenza lessicale nei suoi vari aspetti ma, pur favorendo un ruolo centrale e at-
tivo dell’apprendente, in nessun modo esautorano le competenze del docente. Del resto,
centralità dell’apprendente e responsabilità del docente, come è noto, non sono affatto in
opposizione reciproca. Al docente che voglia servirsi delle tecnologie digitali per sviluppa-
re il lessico, dunque, continueranno a essere demandate le scelte metodologiche legate
all’uso delle attività e soprattutto, almeno nella maggior parte dei casi, dovrà essere lui in
prima persona a creare ed elaborare queste attività o modificare quelle create da altri nel
modo che ritiene più utile per gli apprendenti a cui insegnerà.
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Insegnare il lessico 57
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58
PARTE II
Le attività
Parte II - Capitolo 5
Raccogliamo qui alcune tecniche che, in un contesto più ampio che include anche rifles-
sione sulla natura e l’acquisizione del lessico, compaiono in Balboni P. E., 20132, Fare edu-
cazione linguistica: Insegnare italiano, lingue straniere, lingue classiche, Torino, Utet Uni-
versità; questa scheda è abbinata a un video nella Guida all’Insegnamento dell’Italiano a
stranieri, disponibile gratuitamente nel sito www.anils.it, alla voce ANILSMONDO.
treno
bicicletta
nave aereo
Insegnare il lessico 61
Un’attività conseguente a questo diagramma a ragno può essere quella relativo alla deri-
vazione dell’aggettivo: basta partire da questo esempio e troviamo vari modelli: “automo-
bilistico”, “motociclistico”, “ciclistici” (senza il prefisso “bi-”); “aereo” è invariabile mentre
“marittimo” e “ferroviario” derivano da altri nomi).
Commento:
E’ un’attività che si presta al lavoro collettivo, usando la lavagna per fare il diagramma (che
ciascuno studente ripete su un suo quaderno, a futura memoria); aiuta ad attivare la me-
moria visiva; favorisce da un lato gli studenti che procedono facilmente per associazioni di
idee, ma aiuta anche gli analitici che trovano uno schema formale.
L’attività può anche essere svolta a squadre, in una gara in cui vince chi riesce ad avere
l’ultima parola.
62
Parte II - Capitolo 5
dirette da un verbo italiano, e derivazioni più indirette (“attore” o “esattore” dal verbo
latino: ovviamente questa opzione è riservata a livelli più alti):
curare → curatore animare → animatore
dirigere → direttore agire → attore
marmo → marmista lingua → linguista
elettricità → elettricista velocità → velocista
-ore
-ista
-ante -iere
Certe volte attività come queste partoriscono dei mostri, come “rubatore” da “rubare” (il
meccanismo funziona in latino, fur → furor e in francese, voler → voleur, ma non in spa-
gnolo, robar/ladrón, o in inglese, steal/thief), ma in un albergo reale è meglio urlare che
“c’è un rubatore nella mia stanza!” (che poi qualcuno correggerà spontaneamente come
“ladro”) piuttosto che ammutolire per una lacuna lessicale…
Commento:
E’ un’attività che si presta al lavoro collettivo, usando la lavagna per fare il diagramma (che
ciascuno studente ripete su un suo quaderno, a futura memoria); aiuta ad attivare la me-
moria visiva; favorisce da un lato gli studenti che procedono facilmente per associazioni di
idee, ma aiuta anche gli analitici che trovano uno schema formale.
L’attività può anche essere svolta a squadre, in una gara in cui vince chi riesce ad avere
l’ultima parola.
Insegnare il lessico 63
lessico: seduto nella propria stanza, elenca i nomi del campo semantico “stanza” (i vari
elementi dell’arredamento, dell’impianto di illuminazione, ecc.), oppure quello “colori”,
“materiali” e così via. Lo stesso può essere fatto mentre si attende l’autobus, andando in
bicicletta – ma anche semplicemente in una situazione di attesa, che si riempie ricostruen-
do a memoria la propria stanza, la propria fermata dell’autobus, ecc.
Questa operazione fa emergere quel che non si sa (e che si cercherà in un dizionario) e
consente una fissazione che crea sistema; lo stesso avviene con i disegni terminologici che
spesso ci sono nei manuali e nei dizionari – al mercato, in stazione, l’automobile – dove ad
ogni elemento illustrato è accoppiata la parola corrispondente.
Commento:
E’ una buona tecnica per consolidare l’autonomia dello studente, ed è rispettosa di ogni
stile cognitivo e d’apprendimento.
64
Parte II - Capitolo 5
Dinamica:
Si tratta della lettura di testi abbastanza corposi (racconti, ad esempio), che può essere
iniziata in classe e poi affidata all’autonomia dello studente.
Si legge e si sottolineano a matita:
a. le parole che non si conoscono, e che bisogna chiedere a compagni o al docente o che
si cercano sul dizionario;
b. le parole che sono comprese ad opera del contesto, ma che non si conoscevano prima
(e che quindi, probabilmente, non si comprenderanno in futuro trovandole in contesti
meno trasparenti).
Passato un certo periodo di tempo, si riprende il testo e si vedono le parole sottolineate,
cancellando il tratto a matita per quelle che ormai sono state acquisite; si tornerà succes-
sivamente sul testo per un ulteriore verifica di quelle che ancora sono sottolineate.
Commento:
è un’attività che sviluppa l’autonomia giocando sulla motivazione intrinseca del piacere di
constatare che si sta apprendendo la lingua.
Insegnare il lessico 65
Commento:
Attività ludica che non premia alcun stile cognitivo ed ha motivazione intrinseca.
66
Parte II - Capitolo 5
Insegnare il lessico 67
- su suggerimento dei gruppi si completa la mappa mentale alla lavagna: nel nostro caso
avremo
Suona piano
Il lavoro può considerarsi concluso ma, se si vuole riflettere più approfonditamente, si può
chiedere anche di produrre una perifrasi di ogni significato, come se si scrivesse un dizio-
nario; anche in questo caso si può lavorare a coppie, poi a doppie coppie, e poi scegliere
le perifrasi migliori.
Commento:
Il meccanismo è abbastanza semplice ed è noto, ma questa proposta accentua l’opportu-
nità di eseguirlo in gruppo, nella convinzione che più teste funzionino meglio di una e che
la discussione nel momento in cui si procede nel compito dia un forte contributo all’ap-
propriazione dei contenuti.
68
Parte II - Capitolo 5
- a questo punto si concedono due minuti per un lavoro di coppia: i due elenchi dei due
compagni devono diventare un elenco unico;
- poi, un ulteriore spazio di tre-quattro minuti (conviene a questo punto diventare elastici
per lasciare che il lavorio ferva, se si vede che funziona) per mettere insieme due coppie
e produrre un elenco unico;
- infine si chiama un membro di un gruppo che scrive alla lavagna la sua sequenza di
sinonimi ordinati; poi i vari gruppi propongono integrazioni, spiegando la parola che
propongono, e modifiche eventuali alla gradazione, giustificando le proposte.
- Un’attività di questo tipo richiede un quarto d’ora ed ha due risultati, uno diretto (si impa-
rano parole nuove, le si memorizza in quanto sono state oggetto di discussione partecipa-
ta, soprattutto quando ciascuno difende il proprio patrimonio lessicale, la propria inter-
pretazione e percezione di quella parola) ed uno indiretto, consistente nello sviluppo della
capacità metalinguistica applicata al lessico: si crea una forma mentis di attenzione per
le sfumature e le connotazioni, assai più rilevanti per la comunicazione di quanto non sia
la mera, banale denominazione. Anche l’attività che segue lavora sul piano connotativo.
Commento:
Le persone con una forte intelligenza linguistica “sentono” spontaneamente la connota-
zione, coloro che si affidano di più all’intelligenza logico-matematica focalizzano piuttosto
la denotazione. Siccome la ricchezza lessicale, soprattutto sul piano qualitativo, è essen-
zialmente una questione di ricchezza connotativa, si tratta di un aspetto su cui lavorare
a fondo, possibilmente facendo interagire studenti che privilegiano i due tipi opposti di
intelligenza.
Insegnare il lessico 69
Nasce in tal modo una “poesia” con un titolo, un verso di attributi, uno di azioni e poi,
scelto conseguentemente tra tutti quelli proposti dagli studenti, un verso conclusivo; se
c’erano aggettivi e verbi connotati positivamente e negativamente, si possono creare due
“poesie” parallele ma di segno connotativo opposto.
Se il tema è, ad esempio, l’amore, due poesie che risultano dall’attività possono essere
Amore Amore
Dolce e sconfinato Traditore, evanescente,
Mi afferri, mi dài forma, mi inventi Illudi, svuoti, deludi
Ed io divento un essere nuovo Con l’alito dorato delle tue bugie,
Amore! Amore!
70
Parte II - Capitolo 5
- mettersi con… è interessante perché la preposizione “con” occorre solo con la forma
riflessiva e poi richiede o un nome di persona (“si è messo con Maria”) o una doppia oc-
correnza, con “ci” e poi un complemento di modo: “cui si è messo con attenzione, senza
impegno, di buzzo buono”
- mettere in… abbiamo volutamente scelto il verbo “mettere” per richiamare la necessità
di fare prima le prove delle possibili co-occorrenze, perché una classe che debba com-
pletare “mettere in…” diviene incontrollabile per alcuni minuti.
C’è un aspetto particolare della co-occorenza che riguarda le locuzioni fisse, come “stan-
co morto”, “ubriaco fradicio”, spesso contrazioni di espressioni più estese (“morto per
la stanchezza → stanco morto”, “perso nell’innamoramento → innamorato perso”, “un
freddo mordente come un cane → freddo cane”) e così via: anche queste possono essere
usate per una gara: prima gli studenti pensano alcune di queste espressioni, poi lanciano
alla squadra avversaria la prima parola della locuzione e chi non è in grado di fornire una
seconda parola attendibile viene eliminato.
Commento:
Si tratta di attività rapide che possono anche essere impostate a gara di coppia o gruppi,
sulla base del meccanismo “vince chi ha l’ultima parola”.
Insegnare il lessico 71
6. Il lessico specialistico nella metodologia CLIL
Giuseppe Maugeri, Graziano Serragiotto1
Università degli Studi di Urbino, Università Ca’ Foscari di Venezia
72
Parte II - Capitolo 6
elemento fisso presuppone che la lingua sia strettamente correlata alla disciplina per il
raggiungimento di una competenza specifica disciplinare. L’input linguistico è integrato e
complementare a quello disciplinare in modo da mobilitare negli studenti risorse metaco-
gnitive e attivare competenze trasversali.
Al fine di fare un sintesi rispetto alle due definizioni e di astrarre i concetti generali che ca-
ratterizzano la Microlingue e il CLIL, è possibile rilevare nella Microlingua le varietà specia-
listiche della lingua collegata a specifici settori di lavoro del gruppo di partecipanti. Pertan-
to, il parlante ha delle possibilità di scelta purché conosca la scienza, il settore e comunque
l’argomento di cui la Microlingua costituisce la “voce”. Diversamente dalla Microlingua, la
metodologia CLIL ha come scopo principale di acquisire contenuti utilizzando una lingua
straniera.
Insegnare il lessico 73
OBIETTIVI: OBIETTIVI:
- apprendere contenuti disciplinari o te- - linguistici ed extralinguistici
matici - favorire l’acquisizione della Microlingua
- recuperare e valorizzare la lingua e la a livello comunicativo e metacognitivo
cultura italiana intesa come lingua etnica per sviluppare competenze professionali
- sviluppo CALP secondo Cummins (lingua
dello studio)
- plurilinguismo
PROGETTAZIONE: PROGETTAZIONE:
Il docente o i docenti devono: Il docente o i docenti devono:
- scegliere la lingua - scegliere i contenuti linguistici della Mi-
- scegliere le discipline o gli ambiti tema- crolingua in base ai bisogni degli studenti
tici considerando l’indirizzo di studio e - individuare obiettivi linguistici ed extra-
le competenze linguistiche e disciplinari linguistici e i contenuti del corso
degli studenti - organizzare le unità didattiche di lavoro
- essere in grado di:
1. selezionare i nuclei fondamentali delle
discipline
2. stabilire gli obiettivi del corso
3. prevedere i cambiamenti in itinere per
migliorare l’apprendimento
4. formulare un piano di lavoro comune
5. prevedere le difficoltà
MATERIALI: MATERIALI:
- Autentici da didattizzare per rendere l’in- - Autentici con situazioni e generi testua-
put comprensibile li dell’area della Microlingua oggetto di
- Schedati e selezionati e graduati studio
- I testi scolastici adottati nelle scuole ita- - Graduati a livello linguistico in base ai bi-
liane devono essere adattati ed integrati sogni degli studenti specialisti o specia-
poiché i programmi in alcuni casi sono di- lizzandi
versi e sono pensati per parlanti italofoni - Variegati e rispondenti ai bisogni del
- Uso di elementi extra-linguistici mondo del lavoro, non obsoleti
74
Parte II - Capitolo 6
nella Microlingua gli obiettivi sono linguistici, con brevi cenni alla cultura tecnico-scientifica
e focus sull’aspetto istruttivo. L’obiettivo del CLIL è soprattutto il plurilinguismo, ma non
solo, l’approccio CLIL permette di raggiungere competenze più elevate e cognitivamente
superiori rispetto all’insegnamento tradizionale, poiché consente di passare da una
competenza BICS (competenza comunicativa di base) ad una competenza CALP (competenza
cognitivamente ed accademicamente superiore). L’obiettivo della Microlingua è diverso:
far apprendere il lessico tecnico (scientifico, accademico, commerciale ecc.) soprattutto a
studenti che, conoscendo già i contenuti, hanno bisogno di apprendere i termini tecnici
per approfondire il loro percorso di studio e/o migliorare le loro competenze lavorative.
Un’ultima nota riguarda i materiali da utilizzare: per un progetto CLIL saranno, soprattutto,
testi autentici in lingua straniera, didattizzati secondo le esigenze del percorso CLIL. Al ma-
teriale cartaceo è auspicabile integrare grafici, immagini, schemi, video e quant’altro pos-
sa rendere l’input più comprensibile agli studenti. Per l’insegnamento delle Microlingue
esistono nei campi più diffusi dei testi specifici, negli altri casi si dovrà ricorrere a materiale
autentico che deve essere didattizzato.
Attività/esercizi: Sia nel CLIL sia nella Microlingua, le attività e gli esercizi saranno tarati
in base agli obiettivi. In un percorso CLIL sono preferibili le attività a coppie o di gruppo,
il cooperative learning, roleplay, esercizi di abbinamento, riempimento, collegamento e
approfondimenti on-line.
In modo specifico nel CLIL gli esercizi e le attività serviranno per la comprensione guidata
(es. pre-lettura),il vocabolario (es. traduzione), la discussione (es. domande), il riutilizzo/
consolidamento dei concetti (es. scrittura), l’ approfondimento/integrazione (es. inter-
net); nella Microlingua gli esercizi e le attività serviranno per richiamare pre-conoscenze
sulle rappresentazioni mentali degli eventi (es. elicitazione), presentare pluralità dei testi,
affrontare aspetti stilistico-testuali (le grammatiche).
Insegnare il lessico 75
virtuale. In questa direzione, il CLIL nella fattispecie, se correttamente implementato,
genera un’opportunità formativa efficace, le cui fonti informative e di studio vanno de-
codificate, analizzate, rielaborate e usate con padronanza linguistica, a seconda del ge-
nere testuale, dello stile comunicativo e del registro. Il CLIL diventa una risorsa preziosa
se è in grado di educare la persona alla vita reale, agganciando l’esperienza didattica con
situazioni e compiti reali e autentici (Martini, 2017). Si lavora pertanto sulla costruzione
della competenza lessicale allo scopo di padroneggiare un lessico specialistico al fine di
stare al passo delle innovazioni, delle ricerche che ogni giorno si affacciano nella realtà
che ci circonda. La competenza lessicale che si intende promuovere nel CLIL è ampia e
approfondita: correlata all’ambito disciplinare oggetto di studio, la dimensione lessicale
contribuisce ad arricchire il repertorio di strategie di studio e di ricerca da parte degli
studenti (Martini, 2017), cogliendo grazie al lessico polarità diverse e strumenti di azioni
differenti. In tale contesti di apprendimento, lo studente è parte attiva e partecipata
al proprio apprendimento avendo l’insegnante create le giuste condizioni di acquisi-
zione. Si è pertanto d’accordo con Porcelli (2006) nell’individuare nel CLIL un tratto sia
formativo sia professionalizzante in forza di un progetto metodologicamente corretto
e un lavoro sul lessico che, associato alla materia di insegnamento, diventa risorsa per
potenziare abilità cognitive. Quest’ultimo aspetto presuppone scelte lessicali non fatte
a caso da parte dell’insegnante. Il lessico, infatti, andrà collocato all’interno di contesti
reali, comunicativi, disciplinari. Un lessico non marginale ma variegato, utile, concreto,
in grado di aumentare il livello di comprensione dell’input e di spiegazione da parte
dello studente (Cardona, 2008).
76
Parte II - Capitolo 6
Insegnare il lessico 77
Un altro elemento da valutare in fase di progettazione riguarda l’impostazione grafica.
Bisogna che il docente valuti se essa è motivante e rilevante ai fini della comprensione del
testo; se l’utilizzo delle immagini aiutino gli studenti a memorizzare e a sintetizzare.
Inoltre, il docente dovrà verificare in base alla classe se il contenuto disciplinare da propor-
re sia adeguato o meno; quali elementi morfosintattici e lessicali possono rappresentare
un elemento di difficoltà per lo studente e individuare delle tecniche didattiche per poterli
rendere fruibili.
Sarebbe anche coerente con la finalità e le ricadute che si intendono conseguire con la
metodologia veicolare prevedere ex ante delle schede, link e testi di approfondimento allo
scopo di collegare la disciplina studiata con le altre, valorizzando le competenze interdisci-
plinari possedute dagli allievi.
In questa direzione, sarà importante che il docente predisponga delle griglie, tabelle, gra-
fici, mappe per poter facilitare sia l’osservazione di certi fenomeni lessicali all’interno del
contesto d’uso sia la loro sistematizzazione in rapporto al nuovo valore semantico.
Lo scopo è di rendere l’input, ovvero il contenuto, comprensibile per poi guidare lo stu-
dente a comprendere il testo autentico. In questa direzione, l’insegnante CLIL potrà prima
di tutto sfruttare le conoscenze pregresse degli studenti in riferimento al genere testuale,
al contesto e al co-testo, elicitando il processo di attivazione della grammatica dell’antici-
pazione e di inferenza.
Ogni testo, poi, possiede una sua precisa architettura e sarà utile da parte del docente gui-
dare lo studente a individuare le informazioni generali del testo e dopo quelle particolari.
Si tratta di un passaggio molto importante ai fini della comprensione e dello sviluppo del
lessico; infatti il testo è caratterizzato dalla sua forma linguistica fondata su parole concre-
te, proposizioni coordinate, forme attive dei verbi anziché passiva, strutture SVO, quindi
soggetto – verbo – complemento, forme esplicite di pronomi e forme sottointese. Quindi
nei testi CLIL non ci sarà un lessico astratto né saranno presenti delle forme figurate; si
eviteranno anche le nominalizzazioni.
Il lessico, inoltre, manterrà un livello di ridondanza tale da facilitare l’osservazione, la com-
prensione e l’uso nel contesto. Questo aspetto si traduce a livello lessicale nella presenza di
nomi pieni rispetto ai pronomi, un numero limitato di ellissi, la ripetizione di certe forme.
Sarà importante che il docente guidi lo studente a comprendere le diverse sezioni o i para-
grafi del testo, i passaggi tra argomenti allo scopo di favorire la loro elaborazione cognitiva.
6.2.3. Indicazioni operative per lavorare sul lessico specialistico nel CLIL
Nel precedente paragrafo si è sottolineato che il docente CLIL dovrà riporre molta atten-
zione all’input. Lo scopo è di rendere l’input, ovvero il contenuto, comprensibile per poi
guidare lo studente a comprendere il testo autentico. In questa direzione, l’insegnante
CLIL, dovrà far ricorso a tecniche glottodidattiche che si basano sui riferimenti al reale.
Nella prima fase il docente CLIL potrà prima di tutto sfruttare le conoscenze pregresse degli
studenti in riferimento al genere testuale, al contesto e al co-testo, elicitando il processo di
attivazione della grammatica dell’anticipazione e di inferenza. Nel fare questo potrà far ricor-
so ad alcune tecniche efficaci ed economiche in termini di utilizzo e correzione. Una di queste
tecniche è il brainstorming utile per costruire il lessico attorno al topic. In alternativa a que-
78
Parte II - Capitolo 6
sta tecnica, il docente CLIL potrà introdurre l’argomento e formulare delle domande aperte
sull’argomento le cui risposte sono presenti nel testo. Egli potrà ricorrere all’uso di video
e di immagini suscitando interesse nell’argomento, collegandolo ai bisogni degli studenti.
Il collegamento parola – definizioni, parola – immagini potranno essere successivamente
adoperate per lavorare ed estendere il lessico funzionale alla comprensione del testo che
verrà introdotto in fase di Globalità. In questo modo gli studenti avranno piena compren-
sione di alcune parole che si trovano nel testo in quanto sono state analizzate nella fase
antecedente la lettura del testo.
Si potranno utilizzare inoltre tecniche come l’esplorazione della parola chiave, analizzando
il titolo del testo e facendo in modo che gli studenti formulino delle ipotesi sull’argomento;
oppure una prima lettura del testo e della prima sezione del testo in modo da favorire una
prima contestualizzazione del testo e stimolare gli allievi a esprimere delle loro opinioni
sulla tematica del testo.
Per prepararsi alla lettura e alla comprensione del testo, il docente potrebbe già selezio-
nare le parole chiave per comprendere il testo. In alternativa, potrebbe fornire testi in L1
sull’argomento.
Dopo la lettura si potrebbe lavorare sulla comprensione del testo e sull’utilizzo del nuovo
lessico specialistico chiedendo agli allievi di fare un breve riassunto; oppure si potrebbe
dare loro 3 descrizioni di processi e chiedere loro quale di esso corrisponde al processo
descritto nel testo, spiegandone anche le ragioni e le evidenze.
Dopo la lettura del testo si potranno formulare domande sul testo, far svolgere attività,
anche non verbali, a partire dal testo. In questa fase, il lavoro sul lessico specialistico che è
stato trovato nel testo potrebbe essere oggetto di riorganizzazione e di sistematizzazione
da parte degli studenti. In questo caso il docente chiederà agli allievi di riordinare i vo-
caboli secondo una precisa sequenza logica. Ogni termine, infatti, potrà essere collegato
con l’attivazione o la sequenza di un processo per cui diventa molto importante che gli
studenti siano in grado di collegare i vocaboli allo stadio di questo processo e organizzino
la loro distribuzione secondo un ordine cronologico sequenziale e corretto, ad esempio. In
alternativa essi potrebbero giustificare le proprie soluzioni in rapporto al corretto stadio di
sviluppo di un evento o processo. Gli studenti, poi, potrebbero selezionare alcune parole
chiave in rapporto al proprio lavoro e successivamente sviluppare una presentazione di se
stessi. Una simile attività consente all’allievo di mettere in pratica il linguaggio specialistico
e sintonizzarlo con un preciso campo esperienziale a cui egli fa riferimento.
Le tecniche della seriazione, quindi, in base a criteri di qualità e quantità svolgono un ruolo
chiave nel dare rilievo al lessico specialistico e nella sua organizzazione. Sullo stesso piano
ma con obiettivi differenti si possono collocare delle attività mirate alla riflessione sul les-
sico; ad esempio le tecniche insiemistiche, di inclusione e di esclusione hanno il merito di
aiutare gli allievi a organizzare il lessico in insiemi ben strutturati.
In questa fase più analitica e di lavoro sul lessico si possono inoltre utilizzare le seguenti
tecniche (Dale, Tanner, 2012):
a. scelta multipla per stimolare gli studenti a indovinare il significato delle parole scono-
sciute;
b. abbinamento fra parole sconosciute e definizioni prese dal dizionario;
Insegnare il lessico 79
c. tecnica di riconoscimento della collazione che si pone l’obiettivo di far riflettere gli stu-
denti sulla relazione di alta frequenza;
d. tecniche di completamento;
e. tecniche di riconoscimento della collocazione.
Come si osserva, le strategie didattiche sono varie e diversificate; in questa direzione una
possibile strategia di lavoro è fornita dal Task Based Learning che presuppone lo svolgi-
mento di un progetto o compito da risolvere in gruppi (Ball et al. 2015). Tale modalità
asseconda il carattere interattivo del CLIL prevedendo per ogni allievo compiti diversi in
ogni fase del progetto, dando modo a ogni allievo di essere attivo nell’elaborazione e nella
successiva produzione che caratterizza la Sintesi.
Riferimenti bibliografici
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Corpora for CLIL Geography in a Cambridge International IGCSE® High School in Italy”, in EL.LE,
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Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, pp. 177-192.
Dale L., Tanner R., 2012, CLIL Activities; A Resource for Subject and Language Teachers, Cam-
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Linguistica Applicata, n.1, pp. 101-120.
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Coonan M.C. (a cura di), CLIL e l’apprendimento delle lingue, Venezia, Libreria Editrice Cafo-
scarina, pp. 129-142.
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Sisti F., 2015, “CLIL at University: Research, Didactics, Teacher Training”, in Rassegna Italiana
di Linguistica Applicata, n. 1, pp.147-162.
80
Parte II - Capitolo 7
Come è noto, la didattica ludica può essere un utile aiuto per l’esercizio e la fissazione del
lessico in quanto, grazie alla ludicità (intesa qui come sfida e coinvolgimento olistico della
persona), può rendere più piacevoli le operazioni ripetitive ma necessarie per acquisire
una lingua.
Insegnare il lessico 81
anche di altre tipologie e privilegiamo la proposta di alcune varianti dello stesso gioco
anziché un numero maggiore di attività per richiamare sempre un principio fondamentale
della glottodidattica: adattare non adottare.
È l’insegnante che, a seconda dell’età e del livello dei propri studenti, può decidere non
solo quale attività ludica proporre ma anche come adattarla, quale variante scegliere o
inventare. Noi, in questa sede, abbiamo privilegiato giochi che possano esseere già svolti
con un livello A1 ma ovviamente è solo un’indicazione di massima che non deve essere
presa acriticamente. Non esiste, infatti, l’attività perfetta a priori: l’efficacia sarà sempre
“un onore ed un onere” di chi gestisce in prima persona la classe. Il nostro compito, qui
in veste di metodologi della glottodidattica, è di proporre attività che siano coerenti con
i principi di riferimento della ludica (per un approfondimento: Caon F., 2008, Educazione
linguistica e differenziazione, Torino, UTET Università).
Battaglia Navale
Gioco su schema che, oltre al classico binomio di numeri-lettere finalizzato ad individuare
il punto da colpire, può presentare versioni in cui il binomio sia costituito, come nel nostro
primo esempio, da spezzoni di frase da ricomporre ed esercitare.
Come si gioca: lo schema di gioco è quello della battaglia navale tradizionale; al posto delle
“navi”, ogni allievo deve inserire nella propria griglia un numero concordato precedente-
82
Parte II - Capitolo 7
mente di parole bisillabe, trisillabe e/o quadrisillabe. Nel primo esempio che forniamo,
sono inserite 3 bisillabe e 1 trisillaba. Le parole inserite non devono toccarsi l’una con l’altra.
A turno, ogni giocatore compone una frase.
Es. Giocatore A – Lei indossa un cappotto
Giocatore B - dice: Colpito! e specifica: “PA”
Giocatore A: ha diritto ad un altro turno; se non colpisce, il giocatore B dice: mancato! e il
gioco passa in mano sua.
N.B.: ogni allievo deve segnare con un puntino i colpi andati a vuoto sia sulla propria
griglia che su quella che rappresenta il campo di gara avversario; ogni giocatore, quando
colpisce una sillaba dell’avversario deve scriverla nella sua griglia; quando invece viene
colpito dall’avversario deve girare il cartellino a faccia in giù. Nel momento in cui viene
colpita e affondata l’intera parola, il giocatore deve consegnare i cartellini corrispondenti
all’avversario.
Chi vince: vince chi “affonda” per primo tutte le navi dell’avversario, prendendogli tutti i
cartellini.
Esempio:
Schema giocatore A
Una camicia Un paio Una gonna Un pigiama Un cappotto
di pantaloni
Loro indossano GON
Lei indossa GUAN TI NA
Tu indossi
Io indosso SCAR CAP PEL LO
Noi indossiamo PE
Voi indossate
Schema giocatore B
Una camicia Un paio di Una gonna Un pigiama Un cappotto
pantaloni
Loro indossano CAL
Lei indossa ZI SCIAR PA
Tu indossi NI
Io indosso GIAC
Noi indossiamo CA MA
Voi indossate GLIA
Insegnare il lessico 83
Variante
Questa variante mira alla fissazione della coniugazione del verbo “indossare” che, a dif-
ferenza dell’esempio precedente, non è già inserito in tabella, ma deve essere richiamato
alla memoria.
Il tempo verbale da esercitare (modo indicativo) è a scelta dell’insegnante.
Ad esempio, noi indosseremo/indossammo/indossavamo, ecc., un paio di pantaloni/una
gonna, ecc.
Ogni giocatore, a turno, deve dire una frase per tentare di colpire una nave avversaria, es.
Giocatore A: Noi indossiamo una camicia. L’avversario deve controllare la correttezza della
coniugazione del verbo e, nel caso di dubbio, richiamare il controllore (un compagno dotato
di foglio di controllo con la coniugazione corretta o lo stesso insegnante) per una verifica. Se
la coniugazione è sbagliata, il colpo non è considerato valido e il turno passa all’avversario.
Esempio:
Schema giocatore A
maglione
di scarpe
cappotto
di guanti
di calzini
pigiama
Un paio
Un paio
Un paio
camicia
sciarpa
gonna
Una
Una
Una
Un
Un
Un
Noi CO STI
Io STU GI SAN DA LI VA
Ella/Lei ME LÈ LI
Tu
Egli/Lui GIAC CA
Voi GON
Essi CIN TU RA NA
Schema giocatore B
maglione
di scarpe
cappotto
di guanti
di calzini
pigiama
Un paio
Un paio
Un paio
camicia
sciarpa
gonna
Una
Una
Una
Un
Un
Un
Noi CAP
Io PEL BOR CAL
Ella/Lei LO SA ZE
Tu OM BREL LO
Egli/Lui MA
Voi SCIAL CA MI CIA GLIO
Essi LE NE
84
Parte II - Capitolo 7
Come si gioca: preliminarmente, affinché gli allievi possano avere le competenze per gio-
care, l’insegnante deve verificare le loro conoscenze lessicali attraverso, ad es., con sem-
plici attività di abbinamento parola-immagine.
Dal suo mazzo di dodici cartellini, ogni giocatore ne sceglierà, ad esempio, sei e li disporrà
bene in vista sul banco per la prima partita. Il direttore di gioco, che ha in mano tutte le
dodici carte, comincia ad estrarle dicendo ad es. C’è un letto in giardino/ Ci sono delle
sedie in bagno, ecc. Se un giocatore ha quella carta, la gira “a faccia in giù”. Si continua in
questo modo fino a che un giocatore non ha girato tutti i sei cartellini dichiarando ad alta
voce Bingo!.
Chi vince: Chi avendo dichiarato il suo Bingo ripete correttamente le frasi che descrivono
le immagini di ogni cartellino.
Variante
Lo stesso gioco con cartellini che riportano anziché le immagini, frasi da leggere, in questo
caso si esercitano – verificano le capacità di lettura e comprensione.
Idee per cartellini (da far eventualmente disegnare a studenti)
Insegnare il lessico 85
quadri libreria bici frigo ombrellone divani
in giardino nel bagno in cucina in camera in salotto in giardino
lavandino
televisore pentole poltrone vasca lavastoviglie
in sala
in garage nello studio in ripostiglio in camera in ingresso
da pranzo
piatti stufa
letti lavatrice computer specchio
in camera (fornelli)
in giardino nello studio in cucina in giardino
da letto in salotto
armadi
lavello
tappeto guarda-roba sedie telefono gabinetto
da cucina
in garage in sala da nel bagno in ripostiglio in ingresso
in camera
pranzo
Trenta domande
Gioco di revisione e verifica che può essere modificato nel corso dell’anno scolastico, con
il progredire dell’acquisizione linguistica. È un ottimo esercizio di riflessione grammaticale
che dà all’insegnante la possibilità di monitorare la presenza di eventuali lacune e interve-
nire di conseguenza.
86
Parte II - Capitolo 7
Come si gioca: la classe è divisa in 2 squadre, ma in realtà ogni allievo risponde da solo alla
domanda prescelta, impegnandosi per portare 1 punto alla sua squadra in caso di risposta
corretta. Le squadre si avvicendano nello scegliere le domande a cui rispondere. (15 per
ogni squadra)
Ogni giocatore sceglie la domanda; tale scelta avviene dando le coordinate della griglia,
es. Come si scrive/2 (cfr. Griglia)
L’insegnante dice: “Scrivi streghe”. La scrittura può essere fatta alla lavagna davanti a tutti,
oppure su un cartellone/foglio comune che viene fatto passare tra i giocatori.
L’insegnante, che conduce il gioco, verifica l’esattezza delle risposte, registrando il punteg-
gio di ciascuna. Alla fine del gioco si può prevedere un momento di riflessione-correzione
collettiva.
Nell’esempio abbiamo scelto, tra i molti possibili, i seguenti campi:
a. Come si scrive: difficoltà ortografiche- morfologia della parola, alfabeto;
b. Scopri il plurale: plurali regolari/irregolari;
c. Completa con il tempo verbale adatto: coniugazioni verbali;
d. Trova le parole: campi semantici,
e. Riordina la frase: frasi da riordinare;
f. Vero o falso?: veri e falsi alterati
Chi vince: la squadra che ha più punti.
Esempio:
Abbiamo esposto in questa griglia si possono leggere i quesiti che l’insegnante disporrà
invece coperti, in modo da poterli girare e leggere solo quando lo studente darà le coordi-
nate della domanda prescelta. Ovviamente ciò non sarà possibile con i quesiti della prima
colonna che saranno esposti solo a risposta del giocatore avvenuta.
Insegnare il lessico 87
COME SI SCOPRI IL completa TROVA LE RIORDINA LA VERO O
SCRIVE PLURALE con il tempo PAROLE FRASE FALSO?
VERBALE
adatto
1 scrivi Osso Una volta la Nomina 5 alle mi Un grande
spicchio e carne non mi parole cibo mattina sette lampo è un
compita le (piacere)…ma alzo ogni lampone
lettere ora la mangio.
2 scrivi streghe Dito Tutti i sabati noi 5 parole parti gli studiano Una grande
e compita le (andare)….. in del corpo lezione scatola è uno
lettere piscina alunni la scatolone
3 scrivi spugna Mano Lo scorso anno 5 parole capi ghepardo Un tacchino
e compita le Marco e Anna di abbiglia- veloce è degli è un piccolo
lettere (visitare)…. mento il più animali tacco
L’Egitto il
4 scrivi acqua Uomo Ti prometto 5 parole mesi se esami Un becco
ecc. che domani dell’anno passare piccolo è un
(prendere)… devi vuoi gli becchino
l’autobus in studiare
orario
5 scrivi Uovo Ah, se (potere)…. 5 parole perderai corri Una grande
pagliaccio vorrei visitare mezzi di treno o il torre è un
ecc. Roma trasporto torrione
Questionario – Intervista
Il questionario, o meglio l’intervista, diventa gioco nel momento in cui si fa assumere agli
alunni un altro ruolo, ad esempio quello del reporter, che fa sondaggi per il suo “giornale.”
In questo caso diventa, da un lato, un esempio classico del gioco di finzione, (gioco simbo-
lico), del “calarsi nei panni di un altro”, situazione che da sola giustifica il modo divertente
in cui una stessa struttura, ad esempio una domanda, viene ripetuta un numero elevato
di volte senza che subentri demotivazione o noia. Dall’altro lato, si tratta evidentemente
di un esercizio di fissazione, (drill) inserito però in un contesto motivante che “giustifica”
l’uso della lingua e non si limita a ripeterla per ottenere un automatismo.
88
Parte II - Capitolo 7
Come si gioca: ogni alunno intervista da 3 a 5 compagni e trascrive le loro risposte nella
griglia. Tematica della griglia qui proposta: Sport (ovviamente l’insegnante può scegliere
tra diverse proposte a seconda delle esigenze: cibi, programmi televisivi, attività del tem-
po libero, materie scolastiche, giochi, mesi di nascita, stature, composizione della famiglia,
ecc.) Scopo delle interviste è quello di costruire poi un grafico di classe alla cui realizzazio-
ne partecipano tutti, riferendo ai compagni i risultati delle singole interviste per la regi-
strazione dei dati. Es.: “Giorgio sa giocare a calcio, a pallavolo; sa nuotare e pattinare ma
non sa giocare a basket, a tennis, a…” oppure “A Luca piace giocare a calcio, a basket e a
pallavolo. A Maria non piace nuotare.”
Chi vince: nessuno
Variante
Si possono proporre attività che si svolgano fuori dalla classe (es. in altre classi o in altre
scuole) e che prevedano l’utilizzo di supporti quali il registratore audio o la videocamera.
Esempio di attività da svolgere a coppie:
Un alunno intervista liberamente un compagno di scuola e compila la sua griglia, (in que-
sto caso l’attività diventa veramente comunicativa) e contemporaneamente l’altro compa-
gno registra la conversazione. Questa può essere un’occasione per utilizzare forme quali:
“ Puoi ripetere?” “ Scusa, non ho capito.” “Come?” “Cosa?”
In sede di controllo della correttezza delle griglie, un’altra coppia di allievi ascolta la regi-
strazione e verifica che i dati corrispondano.
Espansioni interdisciplinari
Altra attività proponibile è la costruzione, come dicevamo, di un grafico riassuntivo delle
risposte ottenute, partendo da un semplice grafico a blocchi fino ad arrivare al calcolo
delle percentuali. In questo modo l’attività può anche essere utile per l’introduzione di
termini e concetti della matematica e della geometria (es. linea, quadrato, rettangolo,
dividere, moltiplicare, corrispondere, ecc.).
Esempio di griglia:
Nome
calcio basket pallavolo nuoto tennis rugby baseball pattini sci
alunno
GIORGIO SÌ NO SÌ SÌ NO NO NO SÌ NO
LUCA SÌ SÌ SÌ NO NO NO NO NO NO
MARIA NO
…
Insegnare il lessico 89
7.4. Giochi di movimento
Attraverso il movimento, l’azione e il “fare” si creano le condizioni per un apprendimento
profondo e duraturo perché si stimolano più aree cerebrali.
Come si gioca: il direttore di gioco (insegnante) prepara una serie di enunciati relativi ai più
diversi criteri di classificazione, facendo riferimento ad argomenti noti alla classe.
I partecipanti sono in fila indiana. Il direttore di gioco pronuncia frasi del tipo: “ Il maglio-
ne è un giocattolo”, “Il leone è un mammifero”, “Il quadrato ha cinque lati”, “Lo squalo è
un pesce”, “Leggere è un aggettivo”. Al via, i giocatori ascoltano la frase e devono saltare
contemporaneamente a destra (convenzionalmente vero) o a sinistra (falso). Chi sbaglia
è eliminato
Chi vince: l’ultimo a restare in gioco
90
Parte II - Capitolo 7
Trova la coppia
OBIETTIVI LINGUISTICI Esercizio e fissazione di lessico e strutture; produzione orale
OBIETTIVI COGNITIVI Esercizio e potenziamento mnemonico; capacità di associare
OBIETTIVI RELAZIONALI Rispetto dei turni di parola e delle regole del gioco
LIVELLO A1-A2
ORGANIZZAZIONE da 2 a 5 giocatori
DURATA 15-20 min.
MATERIALI Almeno 8 coppie di cartellini (il numero è indicativo) con im-
magini appartenenti ad un campo lessicale ad es. parti del
corpo, numeri, oggetti della classe, animali, mezzi di traspor-
to, arredi della casa, ecc.
Associazione
Sono diverse varianti per cui non riportiamo i dati in tabelle come nei giochi precedenti.
Associazione parola-immagine
obiettivo: produzione orale e comprensione della lingua scritta (lettura)
8 coppie di cartellini. In ogni coppia un cartellino porta l’ immagine e l’altro la parola cor-
rispondente.
Associazione di parole
obiettivo: lettura
8 coppie di cartellini. In ogni coppia i 2 cartellini riportano soltanto la parola scritta
Associazione maiuscolo – minuscolo
obiettivo: lettura e discriminazione stampato maiuscolo - minuscolo/ minuscolo - corsivo/
maiuscolo –corsivo
8 coppie di cartellini. In ogni coppia, un cartellino porta la parola in stampato maiuscolo e
l’altro la stessa parola in stampato minuscolo o in corsivo
Associazione sostantivi-aggettivi
obiettivo: lettura e associazione sostantivi - aggettivi /sostantivi – verbi
8 coppie di cartellini. In ogni coppia i 2 cartellini riportano soltanto la parola scritta
Associazione articolo determinativo-sostantivo
obiettivo: lettura, produzione orale, discriminazione maschile/femminile singolare/plura-
le, uso appropriato degli articoli determinativi
Insegnare il lessico 91
Esempio di coppie sostantivo-aggettivo:
Lungo Feroce Alto Grosso Enorme Veloce Piccolo Lento
Serpente Leone Giraffa Ippopotamo Balena Ghepardo Topo Tartaruga
Catene
Si tratta di giochi di memoria di facile realizzazione in classe e adatti a far ripetere ed eser-
citare in modo efficace, ma giocoso la lingua.
Come si gioca: l’insegnante propone una frase e, a turno, ogni allievo dovrà ripeterla ed
espanderla aggiungendo un altro sostantivo. Es. “Vado al (super)mercato/ dal fruttivendo-
lo/ a fare le spese e compro mele
“Vado al (super)mercato/ dal fruttivendolo/ a fare le spese e compro mele e pere
“Vado al (super)mercato/ dal fruttivendolo/ a fare le spese e compro mele, pere e banane,
ecc.
L’allievo che non ricorda la catena precedente viene eliminato o salta un turno di gioco,
ma è opportuno che almeno per le prime volte si giochi con il supporto di carte immagine,
almeno fino a che la memorizzazione del lessico non sia abbastanza sicura.
Chi vince: la squadra/ gruppo che per prima porta a termine il giro senza errori
Varianti
Il gioco è molto flessibile e si presta ai più diversi adattamenti, cambiando ad esempio:
a. Tempo e modo verbale: Ieri sono andato/Domani andrò al mercato e ho comprato/
comprerò; se potessi andare al mercato comprerei/vorrei comprare, ecc.
b. Persona del verbo: La mamma/Noi /Tu...
92
Parte II - Capitolo 7
Insegnare il lessico 93
Variante: Role-play storico letterario
Estremamente interessante è la tecnica del role-play letterario e storico in cui si chiede agli
allievi di simulare dibattiti tra scrittori o simulare delle “interviste impossibili” tra un allie-
vo giornalista e un allievo che impersona uno scrittore o un personaggio storico. Il gioco
si può proporre per squadre avversarie (previa cooperazione all’interno del gruppo) che
preparano le interviste da proporre ai rispettivi antagonisti.
94
Parte II - Capitolo 8
Insegnare il lessico 95
b. ambiguità: la flessibilità della lingua letteraria consente di trasmettere gli stessi contenuti
attraverso molteplici termini ed espressioni, sfruttando l’ambiguità che deriva dalla po-
lisemia dei vocaboli. Nella prospettiva strutturalista, la lingua è un sistema di segni che
si adatta agli obiettivi della comunicazione a partire dalla scelta tra le due principali fun-
zioni linguistiche: quella comunicativa, in cui predomina il significato, e quella poetica, in
cui prevale il significante. Jakobson (1963, 1973) si focalizza sulla funzione poetica del lin-
guaggio, dominante nel testo letterario, e sostiene che la lingua letteraria non si sviluppa
in modo lineare, logico e consecutivo. Al contrario, al significato oggettivo della parola
si aggiungono ulteriori significati provenienti dai molteplici piani strutturali della lingua
letteraria che ‘aprono’ il segno alla pluralità delle interpretazioni, la cui ambiguità si deve
anche all’autore, all’opera e al lettore (Gómez 1994; García 1996; Chines, Varotti 2019);
c. creatività degli usi linguistici: la lingua letteraria ‘gioca’ con le norme linguistiche vi-
genti e ne stabilisce di nuove attraverso i neologismi. Superando le limitazioni delle
regole quotidiane, che spesso comportano percezioni e scelte automatiche del lessico,
la lingua letteraria esplora e valorizza le possibilità del sistema linguistico in un’ottica
di costante ricerca e innovazione (Lavinio 2021). Per riuscire ad apprezzare la ricchezza
semantica che ne deriva è necessario possedere un’adeguata competenza metalingui-
stica relativa alle regole su cui si basa la lingua ordinaria attuale, al fine di cogliere come
le stesse norme siano violate intenzionalmente dalla lingua letteraria;
d. non parafrasabilità: i contenuti testuali possono essere riassunti, presentati in forma
diversa grazie al ricorso a sinonimi più comuni o integrati con spiegazioni aggiuntive
attraverso la parafrasi sintetica, equivalente e interpretativa (Lavinio 2021). Nei testi
non letterari, la parafrasi dà luogo a un testo della stessa natura di quello iniziale, che
esprime i medesimi contenuti seppur in modalità differenti. Nei testi letterari, invece,
la parafrasi produce un testo non letterario, diverso sul piano formale e contenutistico,
che non si può considerare intercambiabile con quello di partenza. Di conseguenza,
anche se entrambe le categorie testuali possono essere parafrasate, nel caso dei testi
letterari pur facilitandone la comprensione il risultato presuppone una perdita a livello
sia semantico sia espressivo;
e. varietà linguistica: il lessico dei testi letterari può includere diverse lingue e varietà di
una stessa lingua, poiché i pensieri e le parole dei personaggi possono riflettere i tratti
plurilingui della comunicazione quotidiana. Le varietà sociolinguistiche possono riguar-
dare l’alternanza tra lingua standard, varietà regionali e dialetti (variazione diatopica),
la compresenza di registri formali, informali e colloquiali (variazione diafasica), la pre-
senza di espressioni popolari, linguaggi giovanili e settoriali (variazione diastratica), sul-
la base della relazione tra lingua e spazio, contesto comunicativo, status socio-culturale
dei personaggi (Danesi, Diadori, Semplici 2020). La finalità è sia mimetica, per riprodur-
re in modo verosimile la pluralità linguistica delle interazioni reali, sia espressiva, per
caratterizzare lo stile di uno specifico autore (è il caso, per esempio, del romanesco di
Pasolini, dell’italo-siculo di Camilleri e del tosco-modenese di Guccini);
f. compresenza di ‘deviazioni’ linguistiche: la lingua letteraria presenta degli ‘scarti’ sul
piano testuale, fonologico, grafico, morfosintattico e lessicale. Le ‘deviazioni’ testuali
riguardano il genere letterario, le finalità dell’opera (letta o recitata), la struttura nar-
96
Parte II - Capitolo 8
rativa (narratore, punto di vista, fabula-intreccio ecc.) e il finale (chiuso o aperto). Gli
‘scarti’ fonologici esaltano i contenuti semantici mediante i suoni, il timbro e il ritmo
delle parole e delle concatenazioni tra di esse attraverso la scelta delle figure retoriche
di suono (allitterazione, onomatopea, paronomasia ecc.). Le ‘deviazioni’ grafiche sono
presenti prevalentemente nei componimenti poetici e attengono alla disposizione spa-
ziale dei versi. Gli ‘scarti’ morfosintattici riguardano le categorie di parole e la struttura-
zione dei periodi (tempi verbali, periodo ipotetico, ipotassi-paratassi ecc.) e l’incidenza
della coerenza interna sull’andamento ritmico. Le ‘deviazioni’ lessicali si concentrano
sull’interpretazione di parole, frasi e porzioni di testo in associazione agli elementi so-
ciolinguistici, al contesto storico-culturale e al profilo dell’autore, oltre che sull’analisi
delle figure retoriche di significato (metafora, sineddoche, litote ecc.).
Mittente: Destinatario:
Testo letterario
Autore reale Studente
Mediatore:
Docente
fig. 1. Modello di comunicazione letteraria in prospettiva didattica (Spaliviero 2020: 27)
Nella prospettiva della realtà scolastica, il mittente corrisponde allo studente, al quale si
chiede di imparare a leggere e comprendere le opere per poi essere in grado di analizzarle
e interpretarle. Per consentire l’acquisizione di queste abilità è essenziale il ruolo di me-
diatore svolto dall’insegnante, collocato in una posizione intermedia tra il testo letterario
e lo studente.
Per l’interiorizzazione del lessico da parte degli studenti si possono proporre delle attività
finalizzate all’allenamento della memoria semantica generale e rivolte alla dimensione
cognitiva (Balboni 2014). Sulla base delle specificità del lessico letterario, risulta evidente
che per leggere e comprendere un’opera è necessario saper riconoscere le caratteristiche
Insegnare il lessico 97
di letterarietà che la rendono tale. Per esempio, è fondamentale mostrare agli studenti
l’attenzione per la scelta delle parole a seconda delle loro proprietà fonologiche, le qua-
li suggeriscono il loro contenuto a livello espressivo e influenzano l’andamento ritmico.
Le sopraccitate ‘deviazioni’ possono essere esaminate sia nella reciproca interazione, per
evidenziare il contributo e la rilevanza di ognuna nella co-costruzione del messaggio com-
plessivo, sia singolarmente (Chines, Varotti 2019). A seconda del livello di competenza
linguistica degli studenti e degli obiettivi della lezione è possibile proporre una ‘lettura pe-
dagogica’, quindi graduale, focalizzata su elementi specifici e rivolta a studenti che stanno
imparando a diventare lettori (Balboni 2006).
Su queste basi, per affrontare le specificità del lessico letterario si possono utilizzare una
serie di tecniche e strategie glottodidattiche per le attività da svolgere prima, durante e
dopo la lettura, in accordo con le sequenze naturali di acquisizione della psicologia della
Gestalt che definiscono le fasi di globalità, analisi e sintesi dell’Unità di Apprendimento
(UdA) (Porcelli 2004; Balboni 2008, 2014, 2015; Rigo 2014; Mezzadri 2015; Danesi, Diado-
ri, Semplici 2020; Spaliviero 2020).
Nella fase prima della lettura si esplicitano le preconoscenze degli studenti, li si incoraggia
a formulare delle ipotesi sui contenuti che leggeranno, si attiva l’expectancy grammar e si
stimola la motivazione attraverso attività finalizzate a:
a. collegare la quotidianità degli studenti ai contenuti della lezione;
b. sfruttare la ridondanza del paratesto (illustrazioni, titoli, didascalie ecc.);
c. introdurre delle informazioni sul contesto (autore, anno di produzione dell’opera, ge-
nere letterario ecc.);
d. accoppiare la memoria verbale a quella musicale, ritmica e visiva, attivando diversi canali
sensoriali (ascolto di canzoni, visione di spezzoni di film legati al testo letterario ecc.);
e. anticipare possibili problemi lessicali con un focus sui termini più ambigui, creativi e
distanti dalla comunicazione quotidiana degli studenti.
Per introdurre il lessico letterario si possono utilizzare le seguenti tecniche e strategie:
a. domande aperte sull’esperienza degli studenti relativa al tema dell’UdA;
b. domande aperte sui contenuti del testo letterario a partire dall’esplorazione del para-
testo;
c. brainstorming e diagramma a ragno sulle parole chiave dell’opera, sul contesto e sull’
autore;
d. visione e/o ascolto di strumenti integrativi al testo scritto, vicini sia al testo letterario
sia alle preferenze di audiovisive e multimediali e ai consumi extrascolastici degli stu-
denti (canzoni, spezzoni di film, pubblicità, fumetti);
e. cloze relativo ai versi iniziali del testo letterario;
f. incastro di parole o spezzoni di frasi riguardanti i versi iniziali dell’opera;
g. accoppiamento lingua-immagine sui campi semantici del testo letterario;
h. matching di parole o frasi tra registro formale e registri informali e colloquiali; tra lin-
gua standard e varietà regionali, dialetti, espressioni popolari, linguaggi giovanili e set-
toriali.
98
Parte II - Capitolo 8
Nella fase durante e immediatamente dopo la lettura si realizza una lettura estensiva
dell’opera mediante attività mirate a verificare la comprensione globale. Se il lessico risul-
ta particolarmente complesso per gli studenti è possibile inserire delle note a piè di pagina
in italiano standard (traduzioni) o nella lingua materna degli studenti (sinonimi semplici,
parafrasi brevi) per favorire la comprensione veloce e autonoma. In alternativa, si può
chiedere agli studenti di leggere il testo letterario ricorrendo al dizionario (Siani 1992).
Per esaminare il lessico letterario si possono proporre le tecniche e strategie a continua-
zione:
a. skimming: lettura rapida per verificare le ipotesi formulate nella frase precedente;
b. scanning: lettura rapida per individuare i punti chiave dell’opera;
c. suddivisione del testo in varie sezioni con attribuzione di titoli;
d. riassunto di parti di testo;
e. domande chiuse (scelta binaria, scelta multipla) e aperte sul significato globale del testo;
f. completamento di griglie e tabelle su informazioni generali (per esempio, le 5 W: chi,
che cosa, dove, quando, perché);
g. individuazione di errori di tipo lessicale.
Nella fase dopo la lettura si realizza una lettura intensiva dell’opera attraverso attività fi-
nalizzate a verificare la comprensione analitica di elementi specifici del testo, di tipo con-
tenutistico e/o formale. Se il livello di competenza linguistica degli studenti lo consente,
è possibile inserire l’opera sia all’interno delle coordinate storico-culturali di riferimento,
per interpretarla nella prospettiva passata, sia nella quotidianità attuale degli studenti,
per individuare i possibili significati nella prospettiva presente. Per avvicinare la letteratura
alla quotidianità degli studenti, se non sono stati impiegati nella fase iniziale, si può pro-
porre la lettura di testi paraletterari (fumetti), l’ascolto e la visione di strumenti integrativi
(canzoni, spezzoni di film, pubblicità).
Per approfondire il lessico della lingua letteraria e della microlingua della letteratura si
possono impiegare le seguenti tecniche e strategie:
a. segnatura nel testo (sottolineature, cerchiature, evidenziazioni) per riconoscere ele-
menti letterari specifici (‘deviazioni’) e scoprire in modo induttivo le regole di funzio-
namento;
b. completamento di griglie e tabelle, vuote o semi vuote, focalizzate sul confronto tra
registri formali, informali e colloquiali;
c. matching di definizioni sulle parole chiave del testo letterario: dalla definizione neutra,
precisa ed essenziale sul piano denotativo a quella soggettiva, indefinita e ricercata sul
piano connotativo;
d. domande chiuse (scelta binaria, scelta multipla) e domande aperte sul significato di
termini ambigui, neologismi, espressioni regionali e dialettali, espressioni popolari, lin-
guaggi giovanili e settoriali;
e. diagramma a ragno e mappa lessicale sulle parole chiave dell’opera, vuota o semivuo-
ta, che ripresi a distanza consentono di verificare cosa è stato memorizzato;
f. cloze e incastro per scoprire in modo induttivo le regole costitutive degli ‘scarti’ lettera-
Insegnare il lessico 99
ri (generi letterari, narratore, punto di vista, figure retoriche, disposizione spaziale dei
versi, elementi sociolinguistici ecc.);
g. matching tra i vocaboli del testo letterario e le perifrasi corrispondenti;
h. parafrasi di parti di testo, pur nella consapevolezza della diversità del prodotto testuale
(paragrafo 2), per compensare delle carenze lessicali;
i. perifrasi di parti di testo, per illustrare il significato dei vocaboli e compensare delle
carenze lessicali;
l. traduzione di parti di testo, a coppie o gruppi, dall’italiano come lingua seconda/stra-
niera alla lingua materna degli studenti, che l’insegnante può anche non conoscere.
Per reimpiegare il lessico letterario in modo guidato, creativo e ludico si possono proporre
le tecniche e strategie a continuazione:
a. cruciverba e battaglia navale, con definizioni costituite da sinonimi o contrari dei vo-
caboli del testo letterario, da svolgere a coppie, con testi speculari che contengono
spazi vuoti e risposte reciproche, per riflettere sui meccanismi denotativi e soprattutto
connotativi;
b. parole intrecciate (crucipuzzle): dato un diagramma con lettere mescolate si chiede
agli studenti di identificare una serie di parole (in verticale, orizzontale, diagonale, da
sinistra a destra e viceversa, dall’alto al basso e viceversa) collegate ai campi semantici
dell’opera;
c. parole mescolate (scrambled words): a partire da una serie di parole composte da let-
tere in disordine si chiede agli studenti di ordinarle per identificare termini apparte-
nenti ai campi semantici del testo letterario;
d. tris: date nove parole chiave dell’opera, disposte in file orizzontali da tre, si chiede agli
studenti di trovare tre parole in verticale, orizzontale o diagonale che presentano degli
aspetti semantici in comune sulla base dei contenuti del testo letterario, giustificando-
ne la scelta;
e. intruso semantico: data una lista di parole dell’opera si chiede agli studenti di identifi-
care il termine che non fa parte dell’insieme, motivandone la ragione;
f. creazione di nuovi neologismi a partire da quelli presenti nel testo letterario: dopo aver
identificato onomatopee, sigle e metafore nei testi letterari, si chiede agli studenti di
creare nuove onomatopee, sigle e metafore su modello di quelle analizzate;
g. creazione di nuove figure retoriche sulla base di quelle contenute nell’opera, assieme
alla spiegazione degli eventuali impliciti culturali (nel caso, per esempio, delle metafore);
h. roleplay letterari, in cui gli studenti si immedesimano negli autori e discutono sui temi
delle loro opere;
i. interviste impossibili agli autori;
l. ranking: data una serie di parole o frasi (aggettivi, sostantivi che esprimono sentimen-
ti, giustizi critici) gli studenti devono identificare quelle più adatte per definire l’opera
sulla base di alcuni aspetti (temi delle opere, stile, genere ecc.) creando una specie di
graduatoria;
100
Parte II - Capitolo 8
7.4. Conclusioni
Per concludere, nell’economia di questo contributo abbiamo affrontato le peculiarità del
lessico letterario e proposto alcune tecniche e strategie per focalizzare l’attenzione degli
studenti sui vocaboli delle opere nella classe di lingua seconda/straniera. Da un lato, l’a-
bilità di riconoscere e di catalogare i testi letterari, anche a partire dalle loro specificità
lessicali, è uno degli elementi che definiscono la competenza testuale, corrispondente a
una delle componenti della competenza comunicativa (Balboni 2015). Dall’altro, al pari di
altre forme di comunicazione, anche quella letteraria presuppone l’esistenza di codici con-
divisi tra mittente (autore) e destinatario (studenti), supportata dalla mediazione dell’in-
segnante nel contesto scolastico. Se tale competenza nella lingua letteraria non costituisce
un presupposto alla lettura, quest’ultima può comunque avvenire ma rischia di restare
superficiale, ingenua e parziale (Chines, Varotti 2019).
Grazie a queste considerazioni è possibile ribadire l’esistenza di un rapporto di vicende-
vole scambio tra educazione linguistica ed educazione letteraria: se lo studio della lingua
appare prioritario rispetto a quello letterario, quest’ultimo contribuisce al rafforzamento
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Spaliviero C., 2020, Educazione letteraria e didattica della letteratura, Venezia, Edizioni Ca’
Foscari.
102
Parte II - Capitolo 9
9.1. Introduzione
I vocaboli legati al cibo sono circondati da un fitto alone di connotazioni, rinviano ad altri
luoghi e altre culture anche quando sono presi a prestito e magari adattati in altri contesti
socioculturali. Ad esempio, le spezie, come il curry o l’origano, pur se aggiunte in maniera
più o meno consistente alla preparazione dei cibi attraverso culture diverse, continuano
inevitabilmente a evocare in chi ne fa uso e consumo la loro provenienza: l’origano diventa
oregano nella lingua inglese ma non perde con ciò il suo ‘richiamo’ mediterraneo.
Al contempo, altri alimenti più complessi, come il formaggio e il pane, sono tipici di uni-
versi linguistico culturali diversi e per questo motivo assumono connotazioni diverse a
seconda della lingua e/o cultura di riferimento. Claude Lévi-Strauss, osservava che per
lui, individuo bilingue, fromage e cheese vogliono dire la stessa cosa, ma con sfumature
diverse. Il formaggio ‘archetipico’, dunque, per Lévi-Strauss, non è lo stesso a seconda che
si pensi in una lingua o in un’altra:
(…) fromage evoca una certa densità, una consistenza cremosa e poco friabile, un sapore denso.
È un termine particolarmente adatto a designare quelli che i produttori chiamano ‘a pasta molle’;
mentre cheese, più leggero, fresco, un po’ aspro, che si sfà sotto i denti (basti pensare alla posi-
zione che prendono le labbra) mi fa immediatamente pensare al formaggio fresco. Il ‘formaggio
archetipico’ non è dunque lo stesso per me, a seconda ch’io pensi in francese o in inglese2.
Anche Roman Jakobson, proprio all’inizio del suo famosissimo saggio On linguistic aspects
of translation3, ricorre al formaggio, citando Bertrand Russell che vi aveva fatto ricorso a
sua volta, per sottolineare l’ineludibile dimensione connotativa e il potere evocativo della
forma linguistica, significante il cui rapporto necessario di reciproca presupposizione con il
significato si realizza ineludibilmente in relazione al contesto linguistico (e culturale).
According to Bertrand Russell, “no one can understand the word ‘cheese’ unless he has
a nonlinguistic acquaintance with cheese.” If however, we follow Russell’s fundamental
precept and place our “emphasis upon the linguistic aspects of traditional philosophical
1 Questo studio è stato svolto in modo collaborativo dai due autori. Anche la stesura del contributo è stata elaborata in
modo collaborativo. Bruna Di Sabato è autrice dei sottocapitoli Introduzione e Il corpus digitale; Antonio Perri è autore dei
sottocapitoli Prime considerazioni sul corpus; Un abbozzo di verifica contrastiva e Conclusione.
2 C. Lévi-Strauss, Anthropologie structurale, Plon, Paris 1958, p. 107, trad. it. Antropologia strutturale, Il Saggiatore, Milano
1966, p. 110. Citiamo qui la traduzione, diversa da quella di P. Caruso, che del brano ha dato G.R. Cardona, I sei lati del
mondo, 1985, pp. 120-1.
3 R. Jakobson, On Linguistic Aspects of Translation, in In R.A. Brower (ed.), On Translation, Harvard University Press, Cam-
bridge (Mass.) 1959, pp. 232-239; reprint Galaxy Books, New York 1966. Il brano è citato dall’originale, posto che la tra-
duzione italiana (Aspetti linguistici della traduzione, in R. Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966,
pp. 56-64) ‘italianizza’ il testo inserendo un riferimento alla “parola formaggio” del tutto inopportuno stante il contesto
in cui si articola il discorso jakobsoniano.
104
Parte II - Capitolo 9
E ancora, un recente saggio di Sylvie Dumelat presenta una suggestiva lettura dell’evolu-
zione dei ‘sapori di casa’ («tastes of homes») attraverso l’analisi di sei scene tratte da film
diversi sulla diaspora magrebina in Francia (film prodotti tra il 1999 e il 2007, e ambientati
tra il 1961 e il 2006)7. Il cous cous viene seguito nella sua evoluzione da cibo etnico, vissuto
nell’area del Maghreb come «familiar comfort food», ad alimento/cibo/pietanza conside-
rato tra i preferiti dai francesi. Sebbene il tema sia lontano dal nostro universo culturale, lo
studio è interessante in quanto il cous cous è epitomizzato al fine di tracciare le «foodways»
degli immigrati fino all’assimilazione alla società dei consumi. Sebbene il cibo evochi solita-
mente un luogo, la casa, le proprie origini – ovvero conferisca continuità al proprio vissuto –
il cous cous nei film analizzati assume invece la funzione di ‘proiettare’ storie di migrazione,
spostamento e al contempo promuovere nuove aggregazioni nella nuova realtà cosmopo-
lita grazie a rivisitazioni e riconfigurazioni del gusto delle proprie origini.
Il noto parallelismo tra cucina e linguaggio proposto da Montanari è un altro tassello di
questa prospettiva: la cucina, come il linguaggio possiede vocaboli, ovvero gli ingredienti;
una grammatica, ovvero le ricette; una sintassi, ovvero i menu e l’ordine delle vivande
che compongono un pasto; una retorica, ovvero le regole di comportamento a tavola. Per
Montanari: “Come il linguaggio, la cucina contiene ed esprime la cultura di chi la pratica,
è depositaria delle tradizioni e dell’identità di gruppo. Ma è anche il primo modo per en-
trare in contatto con gli altri: più ancora della parola, il cibo si presta a mediare fra culture
diverse, aprendo i sistemi di cucina a ogni sorta di invenzioni, incroci e contaminazioni”8.
Da un punto di vista diacronico, occorre osservare che il cibo ha spesso costituito un ba-
luardo culturale, segno di appartenenza, di povertà o di opulenza. Valga per tutti il desti-
no, a causa della manifestazione di un bisogno identitario, della pasta in Tunisia in epoca
post-coloniale:
Intorno alla pasta si gioca il passaggio da una civiltà all’altra. I siculo-tunisini che hanno defini-
tivamente optato per la nazionalità francese, ostentano disprezzo per la pasta che considerano
emblematica di un mondo arretrato in cui era indispensabile, per la sussistenza, introdurre gran-
di quantità di farinacei. Non solo nella lingua anche nell’alimentazione si consuma la spaccatura
della comunità che si frammenta all’interno stesso delle singole famiglie. È la scelta del paese
europeo in cui stabilirsi alla fine dell’epoca coloniale ne è l’espressione più vistosa9.
7 S. Durmelat, Food and foodways. Explorations in the History and Culture of Human Nourishment, in «Tastes of Homes»,
23, 1-2, 2015, pp. 104-126.
8 M. Montanari, Il mondo in cucina, Laterza, Roma-Bari 2002, p. vii.
9 M. Pendola, “Gli italiani di Tunisia nella prima metà del XX secolo fra interculturalità e alterità”, in Da maestrale e da
scirocco: le migrazioni attraverso il Mediterraneo, a cura di F. Cresti, M. Melfa, Giuffrè, Milano, 2006, p. 91.
10 M. Niola, “La dieta mediterranea simbolo della società di domani”, lectio magistralis “Essere e benessere. La ricetta me-
diterranea”, Fico Eataly World, Bologna, 2017, ˂https://video.repubblica.it/il-gusto/gusto/cibo-e-cultura-niola-la-die-
ta-mediterranea-simbolo-della-societa-di-domani/292208/292818˃.
11 ˂http://www.giallozafferano.it/˃; ˂http://www.buonissimo.org/˃.
12 Goodman in effetti parla, nel contesto di una definizione delle caratteristiche distintive di qualcosa che possa funzionare
come ‘opera d’arte’, di «sintomi dell’estetico», N. Goodman, Quando è arte? in Id., Vedere e costruire il mondo, Laterza,
Roma-Bari 1988, pp. 67-83.
13 M. Douglas, Il cibo come sistema di comunicazione, in Ead., Antropologia e simbolismo, il Mulino, Bologna 1985, pp.
194-229.
106
Parte II - Capitolo 9
con un tool disponibile gratuitamente on line14. La word frequency list (che presentiamo
nelle figg. 1-5 infra) contiene una serie di items (nomi di piatti, ingredienti, procedure
ecc.) i quali possono essere classificati in senso ampio come ‘esotismi’ e sono eviden-
ziati mediante l’uso del grassetto; gli items in grassetto e sottolineati (28 in tutto su 557
lemmi-type, ossia meno del 5% del corpus) sono invece classificabili come ‘dialettalismi’.
Abbiamo isolato gli esotismi sulla base della nostra percezione di italiani del centro-sud,
verificando che essi potessero potenzialmente esser considerati parte del vocabolario del-
la lingua italiana in base alla prassi lessicografica secondo cui una parola è da indendersi
integrata al repertorio lessicale di una lingua allorché (i) occorre come lemma in (almeno
alcuni) dizionari o (ii) se ne riscontrano occorrenze plurime in testi autentici della lingua in
oggetto – scritti o parlati, naturalmente, e nel nostro caso tutti reperibili in Rete15.
14 Writewords: ˂http://www.writewords.org.uk/word_count.asp˃.
15 Vale la pena osservare come l’indicizzazione automatica delle parole singole prodotta dal tool in base alla loro struttura
grafematica abbia generato, in alcuni casi significativi, risultati non del tutto perspicui, perché alcuni dei lemmi ‘sensi-
bili’ sono in realtà parole complesse, costruzionali o sintagmatiche (cfr. su tale nozione R. Simone, Nuovi fondamenti di
linguistica, McGraw-Hill, Milano, 2013, pp. 78-9 e E. Ježek, Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, il Mulino,
Bologna, 2011, p. 42, dove le si definisce quali «espressioni multiparola che equivalgono a lessemi ascrivibili a una ca-
tegoria lessicale […] piuttosto che a frasi fatte»): è il caso di croque monsieur, pot au feu, nasi goren, chicken salad, fish
and chips ecc. In un’elaborazione più avanzata dei dati, ovviamente, sarà opportuno tenere debitamente in conto di tali
fenomeni piuttosto comuni nei lessici specialistici.
16 W. Belardi, Nascita, vita e morte dell’esotismo, in M. Mancini, L’esotismo nel lessico italiano, Università degli Studi della
Tuscia, Istituto di Studi Romanzi, Viterbo 1992, p. 10.
17 Ibidem.
18 M. Mancini, L’esotismo nel lessico italiano, Università degli Studi della Tuscia, Istituto di Studi Romanzi, Viterbo 1992.
19 Ivi, p. 16.
20 Come preconizzava Belardi nel 1992 nella sua introduzione al libro di Mancini: Nascita, vita e morte dell’esotismo, cit., p. 9.
108
Parte II - Capitolo 9
Français Anglais
taboulé nm (plat libanais) tabbouleh n23
Non è questa la sede per illustrare un aspetto della nostra ricerca che estende la riflessio-
ne lessicografica alle altre lingue. Ma la semplice verifica della presenza degli items isolati
nel corpus italiano in dizionari/vocabolari delle altre lingue citate sembra confermare il
21 Sulla nozione di identificazione cfr. G. Baumann, L’enigma multiculturale, il Mulino, Bologna 2003, p. 143 (ed. or. 1999).
22 ˂http://www.wordreference.com/˃.
23 ˂http://www.wordreference.com/fren/taboule˃.
9.5. Conclusione
Il destino della pizza è stato quello di essere manipolata, al punto da finire ‘condita’ con gli
ingredienti più incredibili per un italiano; gli spaghetti sono famosi all’estero soprattutto
per essere serviti ‘alla bolognese’, ovvero in base a una ricetta sconosciuta sul territorio
nazionale. E ancora il pollo tandoori è spesso cucinato da noi in un modo che probabil-
mente farebbe inorridire un indiano (quando non siano stati gli stessi indiani, nei loro
ristoranti, ad ‘addomesticare’ per noi la pietanza come a suo tempo, quasi quarant’anni
fa, hanno sistematicamente iniziato a fare i cinesi). Eppure le denominazioni di queste
pietanze non cambiano granché nelle lingue di tutto il mondo, e dovunque evocano l’Italia
o l’Europa (persino in chi mangia la pizza con l’ananas!), l’India o l’Oriente a seconda della
‘distanza geografica e culturale’ tra cibo e fruitore. Possiamo quindi concludere che, anche
se la arcinota frase riportata nel titolo può non corrispondere più a una realtà cristallizzata
in usi e costumi alimentari immediatamente identificabili, seguendo il viaggio del lessico
legato al cibo e alla sua preparazione attraverso le lingue, è possibile scoprire come tale
campo lessicale resti tutto sommato un baluardo di valori culturali ‘forti’, e che i vocaboli
legati al cibo resistono alle contaminazioni più delle pietanze stesse che denotano.
Se riconosciamo la cucina come un elemento della cultura di una parte del mondo, questa
piccola e iniziale ‘porzione’ della nostra ricerca speriamo sia stata sufficiente a mettere in
primo piano quanto persino una singola parola può fare per mantenere viva la varietà e
la ricchezza culturale del nostro pianeta (e ciò senza affrontare il nodo, cui si è accennato,
dei discorsi nei quali quella parola viene convocata). Anche se la cultura occidentale can-
nibalizza le altre culture e spesso pensa che accogliere l’altro significhi occidentalizzarlo,
anche se si ‘appropria’ del sushi e ne fa un prodotto ‘addomesticato’24, il nome resta:
pensare al sushi, mangiare sushi evocherà sempre ‘sapori d’Oriente’ negli europei, così
come pensare pasta (e mangiare pasta) evocherà sempre l’Europa negli abitanti dell’altro
continente, nonostante le origini della pasta siano antichissime e contese25. D’altro canto,
la pasta all’estero, in barba a qualsiasi tentativo di annessione, evoca italianità ovunque
nel mondo. Persino la “Pasta Panzani”, che a noi italiani sembra un prodotto (e un mar-
chio) inventato: invece quasi un secolo fa un signor Panzani di origini italiane cambiò il suo
nome da Giovanni in Jean, e si mise a produrre pasta vicino a Lione. Tanto vera da diventa-
re l’esempio scelto da Roland Barthes per illustrare il valore connotativo di un’immagine.
24 In C. Bussolino (cit.), vengono riportati interessanti esempi a proposito dei nipponismi nel lessico alimentare italiano
contemporaneo, che non si limitano al sushi ma comprendono altri alimenti e ingredienti come il gomashio o gomasio
(sale marino misto a sesamo), o ancora alghe come le nori o le wakame.
25 M. Montanari, Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro, Laterza, Roma-Bari 2019.
110
Parte II - Capitolo 9
Appendice
La word frequency list/1
47 insalata 8 forno 5 pilaf 4 pesto 3 pomodoro 3 chicken
41 riso 8 fave 5 pesce 4 pasticcio 3 piselli 3 broccoli
38 polenta 8 carne 5 manzo 4 orzo 3 pie 3 birra
25 patate 7 sandwich 5 curry 4 noci 3 piccante 3 bianca
24 pollo 7 salsa 5 carciofi 4 misto 3 pane 3 asparagi
21 verdure 7 pancetta 5 agnello 4 melanzane 3 olive 3 agrumi
14 funghi 7 fagioli 4 zuppa 4 formaggi 3 mais 2 zafferano
12 torta 7 ceci 4 zucca 4 erbe 3 maionese 2 wurstel
12 paella 6 zucchine 4 yogurt 4 crostata 3 maiale 2 vongole
10 peperoni 6 uova 4 trippa 3 wrap 3 lasagne 2 verza
10 parmigiana 6 salmone 4 tortino 3 vegetariano 3 gratin 2 veggie
9 salsiccia 6 pomodori 4 tonno 3 tortillas 3 grano 2 valenciana
9 ripieni 6 frittata 4 tacchino 3 tigelle 3 giallo 2 umido
9 pasta 6 couscous 4 spezzatino 3 sushi 3 formaggio 2 tiella
9 melanzane 6 crespelle 4 spaghetti 3 speck 3 fonduta 2 tempura
9 couscous 6 cozze 4 radicchio 3 rustica 3 croque 2 taragna
8 salata 6 burger 4 quinoa 3 rotolo 3 croccante 2 tandoori
8 lenticchie 5 timballo 4 porri 3 ripiene 3 crema 2 tacos
8 hamburger 5 soia 4 pizza 3 quiche 3 cotechino 2 tabuleh
8 gamberi 5 risotto 4 piadina 3 prosciutto 3 cipolle 2 sugo
112
PARTE III
Antologia
Parte III - Capitolo 10
116
Parte III - Capitolo 10
l’inglese L2. Alcuni esempi di parole appartenenti all’AWL sono affect, chapter, goal, mi-
nimum, portion, sequence, undergo, ecc. Di fatto le parole inserite nell’AWL costituiscono
una sorta di ponte tra le parole con maggiore frequenza di una lingua e le parole con mag-
giore frequenza in uno specifico dominio di studio (Cobb, Horst 2004).
L’AWL rimane dunque un punto di riferimento importante, tuttavia come hanno messo in
rilievo Hyland e Tse (2007) alcune unità lessicali che le appartengono hanno una distribu-
zione differente a seconda dell’area settoriale che si prende in considerazione, soprattutto
per ciò che concerne l’uso, la frequenza, le collocazioni e il significato, suggerendo così
di lavorare all’elaborazione di liste di parole focalizzate sui singoli ambiti accademici. Per
quanto tale suggerimento sia fonte di inspirazione e costituisca un interessante sviluppo
per future ricerche, nel nostro contributo ci limiteremo a considerare il corrispettivo italia-
no dell’AWL, che come la stessa AWL ha una valenza per tutti i settori disciplinari.
118
Parte III - Capitolo 10
lessico. Le attività valutano parole del lessico della conoscenza e del lessico tecnico-specia-
listico e alternano momenti di riconoscimento del lessico a momenti di produzione più o
meno libera, oltre che attività sulla capacità di collocare una parola con altre parole.
Ciò che è emerso dall’analisi dei risultati delle varie prove di produzione scritta è che i
ragazzi stranieri rispetto agli italiani utilizzano sul versante produttivo più parole apparte-
nenti al VDB, a prescindere dalla materia con cui si confrontano. Allo stesso tempo usano
però un po’ di più il lessico tecnico-specialistico, che danno prova di conoscere indipen-
dentemente dal periodo di residenza e di scolarizzazione in Italia. La differenza più sostan-
ziale tra informanti italiani e stranieri e tra informanti stranieri con periodi di permanenza
in Italia differenti sta nella capacità di usare il lessico della conoscenza, che gli stranieri, e
in particolar modo gli stranieri in Italia da meno tempo, utilizzano in misura minore. Tale
tendenza è confermata anche dai risultati dei test lessicali, in cui sono proprio le parole
appartenenti al lessico della conoscenza, come “obiettivo”, “simulazione”, “nozione” ecc.
ad aver creato maggiori le difficoltà agli stranieri. Ciò che è però più interessante osservare
è che tale difficoltà riguarda anche moltissimi alunni di origine italiana, mettendo in luce
come lo sviluppo della parte di lessico che appartiene al lessico della conoscenza costitui-
sca una questione spinosa non solo per gli stranieri, ma anche per gli alunni nativi che pure
sono inseriti in un percorso scolastico in Italia da numerosi anni.
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120
Parte III - Capitolo 11
122
Parte III - Capitolo 11
a mantenere aperta la comunicazione con gli apprendenti, sono molto utilizzati con into-
nazione interrogativa con la chiara funzione di richiesta di comprensione, come è emerso
da un’analisi a campione fatta nelle tre diverse sezioni (inizio; metà; fine) in cui sono state
divise tutte le lezioni registrate. Il rilevante utilizzo di segnali discorsivi con questa funzione
ci sembra un dato positivo che segnala una modalità di comunicazione attenta all’effettiva
comprensione dei contenuti da parte degli apprendenti6.
Passando adesso alle parole piene maggiormente utilizzate, si segnala che le prime 100
hanno una frequenza che varia dalle 2091 occorrenze (“è”) alle 62 occorrenze (“persona”,
“Italia”, “risposta”). Si rileva innanzi tutto, come ci si attendeva, la rilevante presenza delle
forme del verbo essere e avere. Oltre a queste forme, tra le prime parole piene utilizzate si
trovano parole legate al dare istruzioni (“vediamo” 218 occorrenze; “fare” 217 occorrenze;
“facciamo” 155 occorrenze; “fai” 154 occorrenze). A questo proposito è interessante no-
tare il frequente utilizzo della prima persona plurale che conferisce all’istruzione un tono
meno direttivo, così come è emerso anche in altre indagini (Diadori, Cotroneo, Pallecchi
2007). Tra le altre parole piene più utilizzate emergono anche quelle legate al contesto di
insegnamento (“numero”, “frase”, “verbo”, “parola”, “nome”, “domanda”).
Per avere un’indicazione sul livello di comprensibilità del parlato a cui gli apprendenti sono
esposti, è stata verificata l’appartenenza di queste parole al Vocabolario di Base, da ora
in poi VdB (De Mauro 1980). È interessante notare che la stragrande maggioranza delle
parole piene più comuni rientra nel VdB (oltre il 95%) e di questa percentuale quasi l’87%
fa parte del vocabolario fondamentale, il 4% del vocabolario di alto uso e quasi il 5% del
vocabolario di alta disponibilità. In queste ultime due fasce rientrano parole legate al con-
testo di insegnamento (“numero”, “plurale”, “esercizio”, “singolare”, “maschile”), mentre
le parole che non rientrano nel VdB sono soltanto due nomi propri (“Andrea” e “Italia”) e
una parola ancora legata al contesto di insegnamento (“verbo”).
Il dato relativo al fatto che le parole maggiormente utilizzate rientrino nelle fasce del VdB,
ci sembra un positivo segnale di attenzione alla comprensibilità dell’input. Infatti, non ope-
rare nessun controllo sul tipo di parlato utilizzato in classe potrebbe essere addirittura
d’ostacolo nel processo di apprendimento. A tal proposito afferma Villarini (2002: 85) :
«Riteniamo, in conclusione, che, ai fini del processo di apprendimento, sia da preferire
un input più controllato. Anche se più povero di spunti didattici quest’input risulterà più
proficuo per lo sviluppo della competenza e sarà molto più efficace di un input ricco che
potrebbe risultare troppo difficile da gestire per la classe e non darebbe garanzie sull’ef-
fettivo passaggio di informazioni».
Sulla base dei dati esposti, gli insegnanti sembrano essere d’accordo con questa posizione.
Il lessico da loro utilizzato più frequentemente è infatti privo di vocaboli poco comuni dal
momento che rientra in gran parte nel vocabolario fondamentale e, inoltre, le forme che
rientrano tra le meno frequenti del VdB sono comunque largamente utilizzate nel contesto
di insegnamento e pertanto sicuramente comprensibili. Il lessico degli insegnanti tende
a rappresentare pertanto un input comprensibile in relazione agli apprendenti e al loro
livello di competenza linguistico-comunicativa.
6 Ciò non significa, tuttavia, che venga adottata una modalità realmente interattiva tra docente e apprendente. Per esem-
pio, in diversi momenti dedicati allo sviluppo della competenza lessicale, è presente anche una modalità unidirezionale
(La Grassa, Villarini, Troncarelli, in stampa).
7 Questo dato differenzia il parlato del docente dal parlato dell’apprendente di italiano L2 che nella sua produzione orale «fa
maggiore uso della categoria nominale rispetto a quella verbale, nella propria attività comunicativa, quale aggancio più im-
mediato con la realtà» (Barni, Gallina 2008: 153). Anche nel VdB il nome è la categoria grammaticale maggiormente diffusa.
124
Parte III - Capitolo 11
Anche in questo caso è interessante notare che tutti i verbi rientrano nel VdB e precisamen-
te nel vocabolario fondamentale ad eccezione del verbo “correggere” che fa parte comun-
que del vocabolario ad alto uso. Oltre al dato atteso relativo alla forte frequenza di verbi di
significato generico (“essere”, “avere”, “fare”, “volere”, “potere”, “dovere”) si segnala che
molti verbi sono legati al contesto di insegnamento (“scrivere”, “parlare”, “ripetere”, “si-
gnificare”, “capire”, “rispondere”, “ascoltare”, “leggere”, “correggere”, “spiegare”). Tuttavia,
sembrano assenti verbi che possano rientrare in maniera specifica nelle aree semantiche
di maggiore interesse per gli apprendenti immigrati adulti (lavoro, abitazione, salute). L’a-
nalisi dei verbi utilizzati fa pensare a una modalità di insegnamento maggiormente attenta
alla forma che al contenuto: i verbi utilizzati servono principalmente a dare istruzioni e a
incoraggiare lo sviluppo delle abilità, piuttosto che a veicolare contenuti che incontrino
l’interesse degli apprendenti immigrati adulti.
126
Parte III - Capitolo 11
da parole utilizzate per fornire una qualche forma di valutazione (“perfetto”, “brava”, “bra-
vissimi”, “bravissima”) 9.
Con forte scarto rispetto alle parole di ambito educativo, emergono poi altre categorie:
quella relativa alla quotidianità e al tempo libero con parole come “dormo”, “mi sveglio”,
“mi vesto”, “pizzeria”, “discoteca” ecc; quella relativa alla sfera personale che include pa-
role che hanno a che fare con la casa (“bagno”, “stoviglie”), con il cibo (“tortellini”) e con
l’abbigliamento (“cappotto”, “pigiama”); quella relativa alle descrizioni con parole come
“magra”, “barba”, “ricci”. Le ultime due categorie sono quelle relative alle professioni
(“dentista”, “pediatra”) e allo stato civile (“celibe”, “nubile”).
Anche dall’analisi del lessico peculiare vengono confermate le considerazioni già fatte in
precedenza: è quasi assente l’uso di parole che possano rientrare nelle macroaree di in-
teresse degli immigrati adulti, specialmente del lavoro. Molto frequenti, come in parte ci
si attendeva, sono invece le parole legate al contesto di insegnamento. Il resto del lessico
peculiare sembra poco significativo in quanto è costituito da parole frequentemente utiliz-
zate nella comunicazione di base. Interessante ci sembra il fatto che tra il lessico peculiare
rientrino due termini di italiano burocratico (“celibe”, “nubile”) che si ritiene comunque
utile presentare in contesto formativo in quanto si tratta di termini frequentemente utiliz-
zati in testi scritti, per esempio moduli di varia natura, con cui gli immigrati adulti vengono
sicuramente a contatto.
2% 2%
17% educavo
14% descrizioni
sfera personale
11% varie
46% tempo libero e quodianità
8%
stato civile
professioni
11.7. Conclusioni
L’analisi del corpus di parlato degli insegnanti di italiano L2 che è stata condotta fornisce
alcuni interessanti spunti di riflessione. Innanzi tutto è possibile affermare che il parla-
to degli insegnanti è complessivamente adeguato dal punto di vista lessicale al livello di
competenza linguistico-comunicativa degli apprendenti di livello basico. La gran parte del-
le parole utilizzate (95%) rientra infatti nel VdB, facilitando in tal modo la comprensione
dell’input, e l’uso dei tempi verbali si limita in modo quasi esclusivo, anche per il genere
prevalentemente espositivo della comunicazione da parte dell’insegnante, al presente in-
9 Dagli esempi del lessico peculiare, la valutazione sembra sempre essere fornita in termini molto positivi, probabilmente
al fine di incoraggiare il processo di apprendimento della lingua.
128
Parte III - Capitolo 11
In conclusione, si può affermare che gli insegnanti producono con il loro parlato un input
comprensibile che potrà facilitare lo sviluppo delle competenze, ma si concentrano an-
che molto sugli aspetti formali della lezione e meno sui contenuti che potrebbero mag-
giormente interessare gli apprendenti immigrati adulti. Ovviamente tale ipotesi andreb-
be verificata con un’analisi di tipo longitudinale, prolungata nel tempo, ma il fatto che le
macroaree significative per gli immigrati adulti risultino nel complesso poco presenti nel
parlato di insegnanti che operano in sedi differenti, suggerisce in ogni caso la necessità di
prestare maggiore attenzione ai più immediati bisogni linguistico-comunicativi di questo
gruppo di apprendenti.
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Insegnare il lessico 129
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130
Parte III - Capitolo 12
12.1. Introduzione
Per gli studenti internazionali in mobilità una delle questioni più spinose ed attuali è quella
dello sviluppo della competenza linguistico-comunicativa in italiano L2 per lo studio e in
particolare la questione dello sviluppo della competenza lessicale necessaria allo studio
in un percorso universitario. Tali questioni ovviamente coinvolgono anche chi è chiamato
a favorire e sostenere il loro percorso di apprendimento linguistico in contesto formale
sia nella progettazione di percorsi formativi che nella prassi didattica. La recente pubbli-
cazione di specifici studi sull’apprendimento dell’italiano L2 per lo studio nelle università
(Mezzadri 2016; Fratter, Jafrancesco, Fragai 2017) e lo stesso convegno DILLE tenutosi a
Venezia mettono in luce come il tema sia di cogente attualità e coinvolga sia l’apprendente
sia chi si occupa di insegnamento, produzione di materiali didattici, verifica e valutazione.
Il processo di evoluzione lessicale per studenti in mobilità internazionale a livello univer-
sitario vede, infatti, coinvolti due aspetti particolari del lessico, ovvero la conoscenza da
un lato del lessico tecnico-scientifico del settore di interesse e d’altro canto di quello che
è stato definito il lessico della conoscenza1. Come sostiene Ferreri (2005) il lessico della
conoscenza (LC) dell’italiano costituisce un insieme di parole utilizzate trasversalmente
negli ambiti disciplinari che richiama il vocabolario accademico di origine anglosassone. Si
tratta dunque di un lessico utile per muoversi nello spazio linguistico interno a un percorso
di studio in contesto universitario, in cui la sola conoscenza del lessico settoriale può non
essere sufficiente per gestire i contesti e le situazioni comunicative, oltre che i tipi e i ge-
neri testuali, tipici dell’ambito universitario, come ad esempio sostenere un esame scritto
o orale, seguire una lezione, studiare un testo universitario, dispense o appunti, prendere
appunti, scrivere una tesina o la tesi.
L’obiettivo del presente contributo è dunque quello di proporre una riflessione sul pro-
cesso di sviluppo lessicale per studenti in mobilità internazionale a livello universitario,
1 Quella lessicale è una delle dimensioni che meglio individuano gli usi linguistici di ambito specialistico. Tuttavia, non è que-
sta la sede per approfondire tali temi, pertanto sulle caratteristiche dei linguaggi delle discipline e sulle differenti denomi-
nazioni attribuite ai linguaggi di settori di esperienza e di studio per i quali è richiesta una competenza specialistica riman-
diamo a Balboni (2000), Berruto (1993), Cortelazzo (1990), Dardano (1994), Desideri (2011), Gotti (1991), Gualdo, Telve
(2011), Lavinio (2004), Sobrero (1993). Accogliamo tuttavia la proposta del GRADIT di De Mauro (1999), ripresa da Vedovel-
li e Casini (2016, 31), che a fronte delle numerose proposte come microlingua, lingua speciale, lingua specialistica, linguag-
gi speciali, usi tecnico-specialistici di lingua, sottocodici, ritengono preferibile utilizzare l’espressione usi linguistici in ambiti
tecnico-scientifici, a sottolineare il fatto che è l’uso in rapporto a particolari attività, settori, specializzazioni, tecnologie e
scienze, che fa sì che si possa parlare di lessico tecnico-scientifico e si possa differenziarlo dall’uso comune non tecnico.
132
Parte III - Capitolo 12
vo come il vocabolario accademico sia poco noto agli studenti, e comunque meno noto
rispetto al lessico tecnico-scientifico sia per l’inglese (Anderson 1980; Cohen et al. 1988)
che per l’italiano (Gallina 2014; Spina, in corso di stampa). Infine il vocabolario accademi-
co costituisce un tipo di lessico il cui apprendimento un docente di L2 può agevolmente
facilitare tramite una proposta didattica ad hoc3. Sono inoltre molti gli studi che mettono
in relazione la conoscenza del vocabolario accademico con le abilità di lettura accademica
e il successo accademico (Cohen et al. 1988; Nagy, Townsend 2012; Tonwsend et al. 2012;
ma si veda anche la sintesi di Gardner e Davies 2014)
La tradizione anglosassone ha prodotto numerose liste di parole appartenenti al voca-
bolario accademico la cui utilità è molteplice, essendo esse utili non solo per stabilire gli
obiettivi di apprendimento, valutare la competenza lessicale e analizzare la ricchezza e la
complessità dei testi, ma anche per creare o modificare i materiali didattici, progettare
nuovi strumenti per l’apprendimento, determinare le componenti lessicali del curriculum
e rispondere ai bisogni linguistici di chi studia tramite la L2 in un formale percorso accade-
mico e più generalmente educativo.
Nation (2001, 188, 192-3) propone una ricostruzione dell’evoluzione delle liste di voca-
bolario accademico per l’inglese, cui rimandiamo per un approfondimento, limitandoci
nel presente contributo a ricordare che la prima lista che ha avuto la capacità di imporsi
all’attenzione di insegnanti e apprendenti è quella elaborata nel 1984 sulla base di 800 fa-
miglie di parole da Xu e Nation, ovvero la University Word List (UWL) che ha selezionato le
unità lessicali sulla base della loro frequenza in testi accademici, rilevando una copertura
del 8,5%. All’UWL ha fatto seguito nel 1998 la lista di Coxhead, Academic Word List (AWL),
estratta da un corpus di 3.500.000 occorrenze di testi di arte, commercio, legge e scienze
e fondata su 570 famiglie di parole. Nel 2014, infine, Gardner e Davies hanno elaborato la
New Academic Vocabulary List (AVL), composta di 300 lemmi estratti da testi di humani-
ties, educazione, storia, scienze sociali, filosofia, religione, psicologia, legge, scienze politi-
che, scienze e tecnologia, medicina e salute, commercio e finanza.
Per quanto concerne l’italiano, abbiamo già visto nel primo paragrafo come il lessico del-
la conoscenza dell’italiano, proposto da Ferreri (2005), costituisce un insieme di parole
trasversali agli ambiti disciplinari, che si ispira all’Academic Word List di Coxhead (2000).
Mentre l’AWL è pensata appositamente per studenti non anglofoni che vogliono accedere
alle università, il LC è rivolto innanzitutto a madrelingua. Tuttavia, esso può essere di gran-
de utilità anche nel caso di studenti universitari non italofoni, perché costituisce quella
parte di lessico che permette di comprendere testi monografici universitari e inoltre di
innescare meccanismi virtuosi di autoapprendimento. Si tratta, infatti, secondo Ferreri, di
una tappa del percorso di sviluppo lessicale che parte nella scuola e continua all’università
e che quindi può riguardare sia i nativi che i non-nativi. Queste sono dunque le ragioni per
le quali abbiamo deciso di mettere a confronto gli studenti in mobilità internazionale con
il LC, proprio per il suo essere una componente fondamentale nel percorso di sviluppo
lessicale di chi è inserito in un percorso di formazione in contesto formale e che pertanto
ha dei bisogni linguistici espliciti.
3 Rimandiamo a Nagy e Townsend (2012) per una panoramica di alcuni interventi per l’apprendimento del vocabolario
accademico per l’inglese L2.
4 Per un approfondimento sulla valutazione del lessico rimandiamo a Read (2000, 2004) e a Schmitt (2010).
134
Parte III - Capitolo 12
Riconoscimento
Test integrato
Test discreto
Contesto
Quantità
Qualità
Uso
1. cloze selettivo X X X X
2. completam. di frasi X X X X
3. matching UL/definizione X X X
4. matching collocazioni X X X
5. dare la definizione X X X
6. scrivere una frase X X X X
tab. 1. Tratti pertinenti delle prove del test lessicale
Come si evince dalla tabella 1, le prove che costituiscono il test si propongono di misura-
re aspetti diversi della competenza lessicale, focalizzando l’attenzione di volta in volta su
tratti differenti nel tentativo di restituire una quadro il più completo e sfaccettato possibile
dello stadio della competenza.
Per ciò che concerne il punteggio, il test prevede un totale di 60 item e 80 punti così di-
stribuiti:
• Prova 1, 10 item - 10 punti;
• Prova 2, 10 item - 10 punti;
• Prova 3, 12 item - 12 punti;
• Prova 4, 8 item - 8 punti;
• Prova 5, 10 item - 10 punti (1 pt solo se ci sono esempi e non definizioni);
• Prova 6, 10 item - 20 punti (1 pt se la frase ha poco contesto; sono tolti 0,5 pt se c’è un
errore morfosintattico nella parola target).
Per ogni risposta omessa non viene attribuito alcun punto. Il punteggio minimo per con-
siderare sufficiente l’esito del test è 40 punti. Per la definizione dei criteri di valutazione
delle prove di produzione abbiamo fatto riferimento al Quadro Comune Europeo (2001,
112) e a Read (2004, 176), cui rimandiamo per un approfondimento.
136
Parte III - Capitolo 12
12.4. Il campione
Vediamo dunque come si compone il campione al quale abbiamo somministrato il test
nella sua fase sperimentale. Abbiamo innanzitutto selezionato studenti coinvolti in pro-
grammi di scambio, programmi Erasmus o Marco Polo/Turandot il cui livello non fosse
inferiore al livello B2, livello che rappresenta la soglia minima per iscriversi in molte facoltà
italiane, ma che soprattutto costituisce, secondo il Quadro Comune Europeo, il livello a
partire dal quale è possibile affrontare i linguaggi settoriali e il discorso accademico.
Il campione si compone di 46 informanti che al momento della rilevazione erano inseriti
nei corsi di lingua e cultura italiana del Centro Linguistico dell’Università per Stranieri di
Siena nei seguenti livelli:
• B2, 22 studenti presenti in Italia per un periodo variabile da 2 a 11 anni, ad eccezione di
un informante arrivato da una settimana, iscritti nelle facoltà di Lingue, Lingua e cultura
italiana, Economia e con le seguenti lingue di origine, cinese (10 informanti), giappone-
se (4), coreano (3), francese (1), inglese (1), spagnolo (1), tedesco (1), vietnamita (1);
• C1, 21 studenti presenti in Italia per un periodo massimo di 5 anni, iscritti nelle facoltà
di Lingue, Managament, Italian Studies e con le seguenti lingue di origine, cinese (11),
coreano (1), armeno (1), giapponese (1), greco (1), inglese (1), olandese (1), russo (1),
ucraino (1), vietnamita (1);
• C2, 3 studenti presenti in Italia per un periodo da 1 mese a 7 anni, iscritti nelle facoltà di
sociologia o linguistica, con le seguenti lingue di origine, spagnolo, giapponese, cinese.
Tutti parlano almeno un’altra L2 oltre all’italiano, prevalentemente l’inglese.
Non è stato possibile individuare un campione più ampio per il livello C2 poiché al momen-
to della rilevazione il gruppo di livello C2 era piuttosto ridotto numericamente.
Una volta somministrato il test abbiamo analizzato i dati secondo diverse linee di analisi,
ovvero confrontando i risultati nel loro complesso in base al livello di competenza lingui-
stico-comunicativa, poi facendo un confronto prova per prova tra i vari livelli e infine in
base alla L1 degli informanti. Vedremo nei prossimi paragrafi quali sono stati, dunque, i
risultati in sintesi.
Il grafico 1 offre un’immagine immediata di come gli apprendenti si collochino nelle varie
fasce di punteggio a seconda del loro livello di competenza. Dal grafico emerge chiara-
mente come gli informanti dei tre livelli si posizionino in fasce di punteggio diverse, basse
per ciò che concerne il livello B2, medio-basse per il livello C1 e molto elevate, salvo un
caso, per il livello C2.
138
Parte III - Capitolo 12
hanno creato delle difficoltà in tutti i livelli di competenza, mentre altri item sono risultati di
più facile individuazione. Tuttavia, è interessante notare come nel livello C1 nessuno abbia
ottenuto il punteggio minimo della prova (5/10), come risulta dalla tabella 3, che presenta
il punteggio medio per livello, il punteggio massimo e punteggio minimo ottenuto da un
informante per ogni livello, e quanti candidati hanno ottenuto almeno 5 punti su 10.
B2 C1 C2
Punteggio medio 3,45 4,43 6
Punteggio massimo 8 7 9
Punteggio minimo 0 1 3
> 5/10 pt 6/22 0/21 2/3
tab. 3. Risultati della prova 1 - Cloze selettivo
La prova 2, il completamento di frasi con scelta multipla, ha evidenziato, così come nella
prima prova, come alcuni item siano difficoltosi per tutti gli informanti, come ad esempio
‘protocollo’, e inoltre ha fornito dei risultati molti simili alla prova 1 nel loro andamento,
con uno scarto maggiore tra i livelli B2 e C1 da un lato e il livello C2 dall’altro lato.
Nella prova 3, il matching tra un’unità lessicale e la sua definizione sul modello del Voca-
bulary Level Test, i risultati hanno messo in luce un progressivo aumento del punteggio al
crescere del livello, anche se lo scarto tra i primi due livelli e il livello C2 non è così marcato
come nelle altre prove.
La prova 4, il matching sulle collocazioni, mira a osservare le scelte sul piano sintagmatico
fatte dagli apprendenti ed è costruita come segue:
campo - di indagine
- di analisi
- di studio
- di ricerca
Il task era di individuare all’interno di un insieme di parole date quale tra esse potesse essere
abbinata alle quattro opzioni di collocazione date, in questo caso la parola da selezionare era
‘campo’. In questa prova i risultati sono generalmente in linea con quelli già descritti per le
altre prove, ma va segnalato che molti apprendenti del livello C1 hanno ottenuto punteggi
sufficienti e nel livello C2 tutti hanno superato la prova. Pare dunque di poter ricavare da tali
esiti che la capacità di riconoscimento delle collocazioni del lessico accademico sia buona, o
quantomeno sufficiente, a partire dal livello C1, per quanto tale risultato vada verificato con
un campione ben più ampio di quello della presente sperimentazione.
Nelle prove di produzione 5 e 6, rispettivamente di scrittura della definizione e di produ-
zione di una frase a partire da un’unità lessicale data, si evidenza nuovamente uno scarto
notevole tra i livelli B2 e C1 rispetto al C2, soprattutto nella prova 5. Dare una definizione è
stata, infatti, un’attività che ha creato non poche difficoltà agli apprendenti, basti pensare
che solo 1 e 6 informanti rispettivamente di B2 e C1 hanno ottenuto il punteggio minimo.
Ci sembra interessante proporre alcuni esempi delle definizioni di alcune unità lessicali
che sono state date nella prova 5, per evidenziare la capacità creativa insita nel processo
140
Parte III - Capitolo 12
12.8. Conclusioni
Quali sono dunque le linee di tendenza che possiamo delineare sullo stato di conoscenza
del LC del campione sperimentale cui abbiamo sottoposto il test e quali le conseguenze sul
piano didattico? Innanzitutto da questa prima sperimentazione abbiamo verificato come
le maggiori difficoltà a tutti i livelli si hanno nella produzione scritta, in cui è richiesto di
fare un uso appropriato di unità lessicali del lessico accademico. Tra le attività in cui invece
gli esiti sono stati buoni a tutti i livelli di competenza vi è l’abbinamento tra unità lessicale
e definizione, che dal punto di vista del testing ha però il limite di consentire solo una
valutazione quantitativa e non qualitativa delle conoscenze lessicali. Le maggiori difficol-
tà, inoltre, riguardano gli studenti con L1 orientali, soprattutto nelle prove di produzione
scritta. Infine, rileviamo come fino al livello C1 i risultati del test siano piuttosto negativi,
evidenziando quindi delle carenze sia a livello B2 che C1, nonostante su un piano teorico
siano livelli per i quali già è prevista la capacità di gestire il lessico accademico.
Tali risultati ci portano a suggerire che per gli studenti internazionali in mobilità sia necessario
un lavoro specifico per lo sviluppo del LC in fase ricettiva, ma anche e soprattutto produttiva,
tenendo conto inoltre di tutte le dimensioni della competenza lessicale. La frequenza del LC
nei testi accademici rende, infatti, opportuno uno studio esplicito di questa porzione del les-
sico. D’altro canto, il fatto che le parole del lessico accademico siano trasversali alle varie di-
scipline fa sì che nessun docente disciplinare focalizzi l’attenzione su di esse, per cui rischiano
di rimanere al di fuori dei processi di apprendimento, per lo meno nei momenti di riflessione
esplicita e di reimpiego per lo sviluppo della competenza lessicale. Questo ci induce a sug-
gerire che è necessario per il docente di L2 proporre dei momenti di riflessione e di lavoro
esplicito per facilitare il processo di apprendimento del lessico accademico. Anche il docen-
te senza una specializzazione settoriale può infatti aiutare l’apprendente a sviluppare il LC.
Come sottolineano Townsend et al. (2012, 500), la conoscenza del lessico accademico rap-
presenta solo la punta dell’iceberg della complessiva competenza linguistico-comunica-
tiva riferita al contesto accademico. Essendo la dimensione lessicale in stretto rapporto
anche con altre dimensioni linguistiche all’interno di un testo accademico, la sola cono-
scenza della definizione di una parola del vocabolario accademico non è sufficiente per
garantire la comprensione di un testo di tipo accademico. Per poter davvero comprendere
e utilizzare una parola del vocabolario accademico è, infatti, necessario c‑onoscerne gli
usi in quei particolari contesti che si rifanno alla dimensione formale dell’apprendimento,
e inoltre è opportuno conoscere gli usi in una specifica disciplina, poiché il significato di
un’unità lessicale del vocabolario accademico può assumere delle sfumature differenti a
seconda del settore disciplinare (Hyland, Tse 2007).
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Gardner D., Davies M., 2014, «A New Academic Vocabulary List», in Applied Linguistics, n. 3,
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142
Parte III - Capitolo 12
scita consapevole di una adeguata competenza relativa alla comprensione e all’uso delle
espressioni idiomatiche.
Idioms are one of the most difficult aspects il L2 acquisition due to the fact that they are conven-
tionalized expression peculiar to language community and they are usually frozen in form and
often unpredictable in meaning – that is, their meaning cannot always be derived from the literal
meanings of the components involved (Liu 2008, pp. XIII).
Nell’economia di questo contributo non è possibile analizzare i diversi approcci che la let-
teratura sull’argomento ha prodotto (cfr ad esempio Hockett 1958; Malkiel 1959; Katz e
Postal 1963; Chafe 1968; Weinrich 1969; Fraser 1970; Makkai 1972; Stressler 1982), ma
risulta evidente che nel corso del tempo sono stati proposti diversi modelli di classifica-
zione degli idioms. È possibile, tuttavia, fornire una definizione che me riassume i tratti
fondamentali e che risulta peraltro funzionale ai nostri fini glottodidattica. Per espressione
idiomatica si intende una locuzione polilessicale il cui significato non deriva dalla somma
dei significati dei suoi componenti e la cui struttura possiede un certo grado di flessibilità
o cristallizzazione.
146
Parte III - Capitolo 13
13.2.2. Appropriatezza
Si tratta di selezionare la lista di idioms sulla base del contesto e degli interlocutori. Mol-
te espressioni idiomatiche possono appartenere ad un linguaggio colloquiale, volgare
o slang. È dunque importante che gli allievi conoscano in quale contesto comunicativo
sia possibile utilizzare una determinata espressione. Essa infatti può appartenere ad un
uso colloquiale, informale, familiare, popolare ecc., e dunque potrebbe essere corretta
dal punto di vista della coerenza e della coesione testuale, ma non esserlo dal punto di
vista del contesto in cui avviene lo scambio comunicativo e dello status dei parlanti che
vi partecipano.
La riflessione sulla appropriatezza richiede dunque attenzione agli aspetti socio-prag-
matici relativi all’uso delle espressioni idiomatiche. L’utilizzo di determinati idioms deve
prevedere la consapevolezza metalinguistica relativa alla varietà della lingua utilizzata da
13.2.3. Difficoltà
La facilità di apprendimento delle espressioni idiomatiche è spesso in funzione della com-
plessità che tali espressioni presentano al loro interno da un punto di vista linguistico. I
gradi di difficoltà riguardano prevalentemente il livello di trasparenza, di densità lessicale
e, sotto il profilo interlinguistico, di similarità o corrispondenza. Il grado di trasparenza è
strettamente legato al grado di opacità semantica. Fare il passo più lungo della gamba è
semplice da interpretare e da comprendere grazie ad un grado di composizionalità che lo
rende molto più trasparente di essere in gamba. Quest’ultima espressione, infatti, viola
completamente il principio di composizionalità e non si presta a nessuna interpretazione
possibile se non se ne conosce a priori il significato idiomatico.
In alcuni casi, tuttavia, anche in presenza di un corretto livello di composizionalità l’inter-
pretazione di un idiom può risultare pressoché impossibile. Ad esempio andare a sentir
cantare i grilli nel significato di morire è una espressione corretta da un punto di vista sin-
tattico, ma se non se ne conosce il significato che la comunità linguistica vi attribuisce è di
difficile interpretazione malgrado l’alto grado di trasparenza.
La densità lessicale riguarda invece la complessità dei lemmi che compongono l’espres-
sione idiomatica. L’espressione Menare il can per l’aia presenta, ad esempio, il verbo me-
nare e il termine aia che sono molto poco frequenti nell’italiano standard. La similarità
o corrispondenza riguarda la possibilità che una determinata espressione possieda una
traduzione simile o corrispondente nella lingua madre degli allievi.
Rompere il ghiaccio, romper el hielo, break the ice oppure avoir la tête dans le nuages e
avere la testa tra le nuvole. sono perfettamente corrispondenti (Cardona 2004). Nel caso
della corrispondenza letterale l’espressione idiomatica potrà essere appresa molto facil-
mente. A volte vi può essere una corrispondenza parziale to leg it, darsela a gambe. In
alcuni casi però la corrispondenza si può trasformare in un falso amico, come nel caso di
tenir la jambe à quelqu’un (attaccare un bottone) che non corrisponde infatti a to pull sb’s
leg (prenere in giro).
In alcuni casi è possibile che l’espressione idiomatica possieda sia un significato idioma-
tico che metaforico. Ad esempio prendere la porta o rompere il ghiaccio possono essere
usate in italiano nella loro accezione letterale. È possibile che tale caratteristica sia di aiuto
per l’apprendimento di entrambi i significati. Infine, un tipo particolare di forme idiomati-
che proviene da citazioni o accadimenti storici (es., una vittoria di Pirro, piantare in asso,
portare il soccorso di Pisa, ecc.,). In questo caso non solo non esiste alcun livello di cor-
rispondenza intralinguistica, ma il significato è totalmente opaco perché non vi è alcuna
possibilità di rappresentazione concettuale della forma idiomatica. Nella selezione degli
idioms da insegnare sarebbe dunque opportuno che il docente tenesse in considerazione
una serie di elementi che possono essere sintetizzati nella seguente tabella:
148
Parte III - Capitolo 13
13.3. Conclusioni
Lo sviluppo della competenza lessicale è certamente una delle sfide più importanti nel
percorso di apprendimento di una lingua straniera. Riconoscere, comprendere e usare in
modo corretto il lessico della lingua target è una condizione fondamentale per raggiungere
un buon livello di fluency e di sviluppo delle abilità ricettive e produttive. Conoscere le
parole di una lingua straniera non è un cammino semplice. Come osserva Nation (1990)
ciò implica conoscere la forma, la posizione, la funzione e il significato di un determinato
item lessicale. In altri termini gli aspetti morfosintattici (forma e posizione) si devono
integrare con gli aspetti socio-pragmatici e di uso (funzione e significato). Solo in questo
modo si può accedere attraverso la lingua alla comprensione della cultura che quella lingua
rappresenta. Tuttavia lo sviluppo della competenza lessicale non potrebbe essere completa
se non tenesse in conto il linguaggio figurato, le metafore e gli idioms che caratterizzano gli
aspetti pragmatici sociolinguistici e di uso che si producono all’interno di una determinata
comunità linguistica. Il linguaggio figurato rappresenta dunque una chiave importante per
accedere ad una dimensione culturale imprescindibile allo studio di una lingua. Inoltre, in
accordo con i principi del Lexical Approach proposto da Lewis (1990; 1997) molta parte
della lingua è costituita da prefabricated chunks, da blocchi di parole che costituiscono
delle unità lessicali singole e che come tali vanno apprese. Sinclair (1987) osserva come la
lingua sia governata da due principi il «open choice principle» e il «idiom choice principle».
Nel primo caso gli enunciati si costruiscono all’interno dei limiti imposti dalla sintassi
che regola quella determinata lingua. Il secondo principio invece indica come l’individuo
costruisce l’enunciato non solo sulla base dei vincoli sintattici, ma soprattutto attraverso
la combinazione di semi-precostructed phrases (cfr Liu 2008), che vengono assunte come
singole unità lessicali. Lo sviluppo della competenza lessicale si basa sull’interazione di
entrambi i principi. Rinunciare nei percorsi didattici a sviluppare la consapevolezza sugli
aspetti idiomatici e figurati del linguaggio significa rinunciare ad uno dei principi su cui si
fonda la possibilità di apprendere e produrre lingua.
Riferimenti bibliografici
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letterale e significato figurato”, in Giornale Italiano di Psicologia, n. 3, pp. 413-437.
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Hillsdale, N.J., Erlbaum.
150
Parte III - Capitolo 14
14.1. Introduzione
In questo contributo si intendono presentare alcune riflessioni relative alla didattica del
lessico in contesti di apprendimento guidati di Italiano L2. In particolare, si farà riferimento
al pubblico di immigrati adulti che è stato il target di un più ampio lavoro di ricerca1 sulle
modalità di insegnamento del lessico messe in atto dai docenti (La Grassa, in stampa; La
Grassa, Troncarelli, Villarini 2016) sulla base di un corpus di lezioni che supera il totale di
27 ore, nonché delle attività lessicali presenti nei manuali maggiormente utilizzati con
loro2 (Villarini 2011, 2013); la ricerca non è stata priva di ricadute applicative e ha consen-
tito anche di elaborare proposte per l’elaborazione di un sillabo lessicale a loro rivolto (La
Grassa 2014).
Le riflessioni di questo articolo sono invece di natura meno quantitativa rispetto a quelle
presenti nei contributi appena citati e, in linea anche con i principi della cosiddetta folk
linguistic (Santipolo 2012) che considera gli insegnanti non solo come attori decisionali
di primo piano nei processi di apprendimento/insegnamento, ma anche come testimoni
«specializzati» dei fatti linguistici, si basano sulla percezione dei docenti che operano con
immigrati adulti e che è stata rilevata mediante la somministrazione di un questionario.
Oltre all’opinione dei docenti è stata sono state prese in considerazione le scelte teoriche
e metodologiche adottate da quanti hanno elaborato sillabi di italiano L2, sempre relati-
vamente ai criteri che contribuiscono a definire la competenza lessicale. Ne emerge un
quadro in cui, come in parte ci si attendeva, lo sviluppo della competenza lessicale assume
una posizione di primo piano; contestualmente le numerose sfaccettature che definiscono
il lessico e il ruolo rilevante assunto dai fattori contestuali nella sua selezione e presenta-
zione all’interno di corsi di lingua, specialmente rivolti a immigrati adulti, rendono le scelte
dei docenti di non facile realizzazione; i materiali didattici, sebbene rappresentino un aiuto
da cui non si può prescindere, mostrano tuttavia alcuni limiti e non possono risolvere tutte
le questioni inerenti alla didattica del lessico.
1 Si tratta del progetto PRIN “La competenza lessicale nell’interazione docente/apprendenti in contesti guidati di appren-
dimento dell’italiano L2”. Chi scrive ha collaborato ai lavori dell’unità di ricerca dell’Università per Stranieri di Siena coor-
dinata da Andrea Villarini.
2 La raccolta e l’analisi dei manuali ha generato L.A.I.C.O (Lessico per Apprendere l’Italiano. Corpus di Occorrenze) che con
oltre 300.000 occorrenze è oggi il corpus più ampio formato da manuali per la didattica dell’italiano L2.
3 Per una presentazione delle principali ricerche che vanno in questa direzione si rimanda a Mondra, Wiersma (2004).
4 Il peso del VdB nei testi non accademici orali e scritti è fortemente preponderante: si parla di una percentuale superiore
al 90% (Ferreri 2005). È ovvio, quindi, che il VdB debba rappresentare il nucleo forte del lessico da presentare, anche agli
apprendenti immigrati adulti. L’indicazione ci sembra confermata anche da uno studio di area anglosassone che, sebbene
affermi che l’uso del vocabolario di base sembra essere mediamente inferiore rispetto a quello che la letteratura riporta,
rileva che questo viene usato nell’interazione orale in contesti professionali, di grande interesse per gli apprendenti qui
presi in esame, più che in altri contesti di comunicazione (Adolphs, Schimdt 2004).
152
Parte III - Capitolo 14
semantico: conoscere una parola, per molti, vuol dire sapere il principale significato che
essa assume nei più comuni contesti in cui viene utilizzata. La definizione, tuttavia, risulta
incompleta perché non prende in considerazione numerosi altri aspetti5. Facendo riferi-
mento a un modello molto potente per la descrizione della competenza lessicale (Nation
2001), si può affermare che conoscere adeguatamente una parola significa prendere in
considerazione aspetti legati alla sua “forma”, al suo “significato”, al suo “uso.” L’asse ver-
ticale della conoscenza di una parola (la profondità) si riferisce pertanto al fatto di saperla
scrivere e pronunciare correttamente; conoscerne le caratteristiche grammaticali e i com-
portamenti di natura morfologica e sintattica che esse implicano; saperla comprendere e
saperla riutilizzare adeguatamente in vari contesti (uso ricettivo e produttivo) conoscendo
le principali relazioni che essa intrattiene con altre parole (sinonimia, antonimia, ipero-
nimia ecc.) e tenendo presente anche le sue caratteristiche collocazionali ovvero, sem-
plificando, le parole con cui frequentemente si accompagna6. Nella elaborazione di una
proposta per lo sviluppo della competenza lessicale, elaborata dal docente o presente
nei materiali didattici, “ampiezza” e “profondità” dovrebbero trovare un bilanciamento
armonico tenendo conto delle caratteristiche e dei bisogni degli apprendenti e cercando
di evitare di considerare eccessivamente o esclusivamente l’uno o l’altro criterio.
5 La complessità degli aspetti coinvolti nella definizione di “parola” rende estremamente difficile la realizzazione di prove
che riescano a verificare adeguatamente il livello di competenza lessicale. I classici test di autovalutazione mostrano
evidenti limiti: chiedere a un apprendente se conosce o non conosce determinate parole non può essere ritenuta una
prova soddisfacente né sul piano quantitativo (considerato che il patrimonio lessicale di un parlante adulto è quantificato
nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia di parole, non sembra rappresentativo un test che prenda in considerazione
qualche decina di parole al massimo), né sul piano qualitativo (per indagare adeguatamente la profondità della compe-
tenza, i test risultano come minimo poco economici). Per una approfondita riflessione sul testing lessicale si rimanda a
Read (2000); una proposta innovativa rispetto ai test classici viene avanzata da Meara (2009).
6 Per un approfondimento sulle caratteristiche collocazionali delle parole rimandiamo, tra gli altri, a Jezek (2005) e Lo
Cascio (2007). Per alcune considerazioni con riferimento alla didattica dell’italiano L2 si rimanda a Cardona (2004) e La
Grassa (2011).
7 In fasi successive dell’indagine questo dato sull’importanza che i docenti attribuiscono allo sviluppo delle competenze
lessicali è stato confermato anche dal numero di parole sulle quali essi si focalizzano durante ogni lezione. Il numero è
significativo perché, facendo una media, in ogni lezione verrebbero presentate in maniera esplicita oltre 46 parole per un
totale di circa 828 parole oggetto di attenzione nell’intero corpus di registrazioni.
L’aspetto considerato di gran lunga più importante è la capacità di saper usare la parola
in contesto, indicata da 18 insegnanti come prima scelta e solo da 3 come ultima, emerge
chiaramente, pertanto, che i docenti considerano la lingua come strumento di comunica-
zione e dichiarano di attribuire agli aspetti pragmatici una grande importanza8. A conside-
razioni simili porta la lettura del dato relativo all’importanza attribuita a sapere pronun-
ciare correttamente le parole da mettere in relazione con l’importanza di sapere scrivere
correttamente che ha valori positivi meno accentuati, sebbene, quindi, in entrambi i casi
questi aspetti vengono considerati importanti (soltanto una indicazione come ultima scel-
ta per entrambe le opzioni), è chiara la prevalenza attribuita all’oralità rispetto alla scrittu-
ra nella comunicazione quotidiana (8 indicazioni per la pronuncia contro 3 indicazioni per
la scrittura come prima scelta). Oltre al ruolo più rilevante dell’oralità dal punto di vista
8 Ci si aspetterebbe, quindi, una notevole attenzione al riutilizzo in contesti significativi delle parole introdotte. Tuttavia,
analizzando le lezioni dei docenti è emerso che spesso le pratiche didattiche adottate sono poco coerenti con questa
percezione.
154
Parte III - Capitolo 14
comunicativo, si tenga presente che molti immigrati che frequentano i corsi di italiano L2
possono avere un sistema di scrittura diverso da quello latino e, di conseguenza, l’abilità
di poter scrivere correttamente le parole potrà richiedere un tempo più lungo rispetto a
quello necessario ad altri gruppi di apprendenti. Si consideri, infine, che il pubblico di im-
migrati adulti che frequenta corsi di italiano nelle sedi presso cui è stata svolta l’indagine
(CTP e associazioni no profit) può avere un profilo socioculturale estremamente eteroge-
neo, è possibile infatti trovare nella stessa classe studenti che hanno una Laurea o addi-
rittura un titolo superiore, insieme ad altri non alfabetizzati in lingua madre. È evidente
che in questi contesti il peso dell’oralità, anche nel processo di apprendimento del lessico,
deve essere, almeno all’inizio, più rilevante del ruolo della scrittura.
Il ruolo svolto dagli aspetti collocazionali nel processo di apprendimento di una parola
si attesta, più di altre opzioni, su livelli medi (2 indicazioni come prima scelta e 1 come
ultima).
Per due opzioni, invece, si rileva un atteggiamento opposto rispetto all’opinione espressa
sulle altre, si tratta di conoscere i vari significati della parola (6 indicazioni come ultima
scelta e 2 come prima) e conoscere la categoria grammaticale (7 indicazioni come ultima
scelta e 1 come prima). Se ne può ragionevolmente dedurre che non viene attribuita par-
ticolare importanza né ad alcune proprietà di tipo semantico, probabilmente percepite
come non strettamente necessarie nella comunicazione di base (le varie accezioni, gli usi
connotativi, ecc.), né alla riflessione esplicita sui tratti morfologici e sui comportamenti
sintattici che caratterizzano le parole. Tenuto conto anche del pubblico di riferimento, è
comprensibile l’importanza solo relativa attribuita a questi aspetti; importanza che, tutta-
via, dovrebbe aumentare man mano che cresce il livello di competenza generale (Diadori,
Palermo, Troncarelli 2015).
Un’ultima indicazione che si ritiene significativa riguarda il ruolo dei manuali didattici. No-
nostante la varietà di attività presente nei manuali (Villarini 2011), accade spesso che più
che seguire pedissequamente il percorso da essi suggerito, i docenti considerino il mate-
riale didattico solo come input a partire dal quale ampliare e sviluppare la competenza
lessicale. Per capire i motivi di questa scelta possono essere utili alcune risposte fornite a
questo proposito al questionario che è stato somministrato agli insegnanti. In generale, ai
fini dello sviluppo della competenza lessicale, i materiali didattici vengono giudicati abba-
stanza utili da oltre la metà dei rispondenti (15 su 28), mentre 10 insegnanti li giudicano
molto utili. Analizzando le motivazioni che sono state fornite per questa risposta, emerge
però una opinione più eterogenea, prevalentemente una visione del libro di testo o come
punto di partenza per un successivo lavoro sul lessico (è un punto di partenza da integrare
con altro materiale; le dispense (o fotocopie, o “materiale grigio”) sono un buon punto
di partenza, il fatto di partire da un testo scritto costituisce uno spunto interessante, da
ampliare successivamente a voce; perché in genere costituiscono l’input iniziale ecc.) o
come uno strumento utile per il rinforzo e il fissaggio (per la loro consultazione e riutilizzo;
perché avere un libro di riferimento o fotocopie aiuta gli studenti a ricordare e rivedere il
lessico già affrontato ecc.). Non mancano, infine, le opinioni più esplicitamente critiche
che mettono in evidenza l’incompletezza della proposta presente nei materiali didattici
con riferimento allo sviluppo della competenza lessicale per il pubblico di apprendenti
immigrati adulti (nei libri che uso non ci sono esercizi specifici sul lessico, in genere cerco
9 Il ruolo dei materiali didattici utilizzati in classe verrà invece analizzato nei prossimi paragrafi.
10 Si tratta di un approccio orientato all’azione che enfatizza l’uso della lingua come strumento di comunicazione. Anche sul
piano lessicale, le risposte dei docenti da noi intervistati che indicano nell’abilità dell’uso delle parole in contesto l’aspet-
to più importante nel processo di conoscenza della parola, sembra rivelare la condivisa importanza di questo approccio.
11 Si ritiene che chi si occuperà di selezionare il lessico dovrà farlo in modo che esso risulti coerente con i domini e le si-
tuazioni d’uso di interesse per il gruppo destinatario e all’interno dei quali sono indicati ambienti, istituzioni, persone,
oggetti, eventi, azioni e testi con cui l’apprendente potrà entrare in contatto nello svolgimento di compiti. Queste liste
156
Parte III - Capitolo 14
È interessante anche vedere in che modo strumenti che provano a declinare in proposte
operative le indicazioni del QCER, come i più comuni sillabi di italiano L2 al momento di-
sponibili, affrontino la questione della competenza lessicale.
Se si prende in considerazione il lavoro a cura di Spinelli e Parizzi (2010), si nota che il cri-
terio adottato è prevalentemente quantitativo. Gli autori forniscono delle liste di parole
(di classe aperta e di classe chiusa) divise per livello e dichiarano di fare riferimento al VdB
che, come si è detto, risulta ancora un imprescindibile punto di partenza12 nella selezione
del lessico da insegnare anche ad apprendenti di italiano L2. Il lessico individuato all’inter-
no del VdB è stato poi integrato grazie a corpora ricavati da esami scritti e orali sostenuti
da studenti non italofoni per il conseguimento della certificazione della conoscenza della
lingua italiana CELI, rilasciata dall’Università per Stranieri di Perugia. Le liste lessicali tratte
da questi corpora sono successivamente state emendate da errori e da occorrenze par-
ticolarmente ripetute e non riconducibili a un uso normale13. Nel CD ROM consultabile,
per ciascuna parola è fornita l’indicazione del dominio, della situazione comunicativa di
riferimento e dell’area semantica di appartenenza rendendo in questo modo evidente il
rapporto tra il lessico proposto e il suo contesto d’uso.
Ben diversa è la scelta operata nel sillabo di Lo Duca (2006). L’autrice, a partire dalla con-
statazione della eterogeneità cronologica e delle fonti che caratterizza i corpora di lingua
italiana ad oggi più diffusi, afferma che i tentativi di selezione lessicale rischiano di risul-
tare poco omogenei e in parte arbitrari. La difficoltà risulta ancora più evidente quando
si cerca di raccordare i criteri di selezione del lessico con i criteri di complessità morfo-
sintattica14. La scelta operata da Lo Duca è pertanto quella di non fornire liste di parole –
poiché, a suo avviso, la loro selezione è troppo legata fattori contingenti –, ma di indicare
soltanto aree semantiche di riferimento che, ovviamente, saranno coerenti con i contesti
di comunicazione in cui agiscono gli apprendenti universitari in scambio a cui è rivolto il
lavoro. Grande importanza, inoltre, viene attribuita agli aspetti della morfologia lessicale,
presentati tenendo conto dei livelli di competenza, visti come strumento per lo sviluppo
della competenza lessicale e considerati fondamentali per «[...] formare una sensibilità
lessicale, attenta a cogliere il rapporto tra forma e significato e le direzioni del cambiamen-
to di questo rapporto, puntando da una parte sulle regolarità della lingua, dall’altra sulla
capacità di elaborazione mentale del discente» (Lo Duca 2006, p. 74).
Nel Sillabo curato da Benucci (2007), rivolto agli studenti che frequentano i corsi di italiano
L2 presso il Centro Linguistico dell’Università per Stranieri di Siena, il lessico è esplicitamen-
te trattato come il primo punto di criticità. In linea con le scelte operate dal precedente
sillabo realizzato dai docenti dell’Università per Stranieri di Siena (AA.VV. 1995), Benucci
riconosce il peso fondamentale del VdB principalmente per i livelli elementari di compe-
aperte proposte dal QCER potrebbero fornire indicazioni utili, sebbene generiche, per le aree semantiche di riferimento
da trattare in contesto guidato.
12 La presenza del VdB viene presa in esame anche nell’elaborazione delle prove di certificazione (cfr. Barni et al. 2009).
Si segnala, inoltre, che il VdB rappresenta l’unica fonte della parte lessicale del primo sillabo elaborato dai docenti
dell’Università per Stranieri di Siena (AA.VV. 1995) che propone liste di parole divise per aree semantiche e per livello di
competenza degli apprendenti.
13 È il caso, per esempio, di parole presenti nella consegna del compito e subito riutilizzate e ripetute più volte dallo stu-
dente.
14 L’autrice fa l’esempio del verbo succedere, inserito in alcuni sillabi al livello A1, che presenta una complessità morfosin-
tattica difficilmente gestibile a livello elementare di competenza.
15 Si segnala, a questo proposito, il lavoro a cura di Benucci (2015), sui sillabi rivolti ad apprendenti con diversi profili
professionali di livello B2. In questo caso la scelta è stata quella di indicare il lessico tecnico specialistico diviso per aree
semantiche e rilevato sulla base di indagini linguistiche sui testi che questi apprendenti dovranno gestire e su analisi di
interazioni nei vari contesti lavorativi considerati.
158
Parte III - Capitolo 14
con quello qualitativo, scegliendo le modalità più adeguate per lavorare sui rapporti di
senso tra le parole, sui loro pattern sintattici, sulle regole di formazione e di derivazione16,
sulle loro proprietà collocazionali.
Un compito difficile17 che richiede competenze teoriche adeguate e impiego di tempo
per la pianificazione di percorsi efficaci; condizione, quest’ultima, comprensibilmente non
scontata in contesti di insegnamento a immigrati adulti in cui la maggior parte dei docenti
opera come volontario (Grosso 2013).
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dell’italiano L2”, in SILTA, n. 2, 2016.
16 Come è già stato segnalato, il sillabo a cura di Lo Duca attribuisce particolare attenzione a questo aspetto qualitativo
del lessico.
17 Accanto alla comprensibile priorità attribuita agli aspetti relativi al significato delle parole, la difficoltà a prendere ade-
guatamente in considerazione altri aspetti qualitativi nello sviluppo della competenza lessicale, del resto, emerge anche
dalle risposte fornite dagli stessi docenti che sono state presentate nel par. 2.1.
160
Parte III - Capitolo 15
15.1. Introduzione
Questo saggio focalizza l’attenzione sull’acquisizione del lessico tramite l’utilizzo dei nuovi
media; questi svolgono un ruolo sempre più importante nella nostra vita, e quindi la pro-
prietà, e l’uso dei media cresce costantemente. Stando al cosiddetto “JIM-Studie” l’81,5%
dei giovani possiede un iPod o un mp3-player e il 96,0% ha un proprio cellulare (cfr. mpfs
2011, p.6)1. L’80,0% degli adolescenti utilizza il telefonino ogni giorno, il 65,0% fa un uso
quotidiano di Internet e il 64,0% ascolta la musica (.mp3) quotidianamente (cfr. ibid., p.13).
Il progetto (cfr. Unterrainer 2012a, 2012b) presentato vuole approfittare dell’uso di que-
sti mezzi da parte degli studenti sfruttandoli per l’apprendimento della lingua. Seguendo
Balboni (2008, p.105) “il lessico infatti rappresenta uno dei più sentiti problemi nell’ac-
quisizione di una lingua straniera.” Lewis (1993; 1997) ha suggerito con il suo “approccio
lessicale”, “[…] a well-balanced learning programme will, in the early stages, place great
emphasis on receptive skills, in particular, listening.” (Lewis 1993, p.8) e per questo motivo
il mio progetto si focalizza sull’ascolto usando dei podcast audio. È proprio l’ascolto che
è stato trascurato nella ricerca precedente sull’acquisizione del lessico, “We have little
idea of how vocabulary is learned from listening, how many repetitions it requires, […]”
(Schmitt 2010, p.38) e “Vocabulary learning from listening has received much less atten-
tion than learning through reading […]” (Read 2000, p.47). Prima di presentare lo studio
svolto, il lessico e i media digitali (insieme al mobile learning) vengono situati nell’insegna-
mento delle lingue straniere.
1 Dal 1998 in Germania viene eseguito lo studio JIM da Medienpädagogischer Forschungsverbund Südwest (mpfs) in cui
giovani da 12 a 19 anni vengono intervistati telefonicamente sui media (cfr. mpfs 2011: 3).
Stephen Krashen (1981) va ancora oltre, postulando che il linguaggio può essere solo ac-
quisito e non studiato formalmente; ciò avviene leggendo e ascoltando la lingua autentica.
Ricercatori come Ellis, Laufer e Nation contraddicono questa teoria per quanto riguarda
il lessico, perché secondo loro l’apprendimento del lessico avviene in modo intenzionale
(“deliberate learning”) come per esempio mediante cartellini (cfr. Elgort 2011, pp. 367-
368). Imparare con cartellini è un atto consapevole, “because the learner is aware that the
main goal of the activity is to learn the target words (Hulstijn, 2003).” (ibid., p. 371)
2 Spiegazione: Il termine “Zuhalteverfahren“ viene usato per denominare una tecnica usata per studiare i vocaboli copren-
do o la parola dell’L1 o quella dell’L2 e richiamando la parola corrispondente.
3 Traduzione: “monotono, noioso e spiacevole”.
162
Parte III - Capitolo 15
Dopo gli anni Ottanta l’apprendimento del lessico in generale è divenuto oggetto di studio
(cfr. Nation 2011, p. 529), negli anni Novanta è diventato una “booming area in linguistic
research and language teaching practice” (Read 2000, p. 251), ma tuttavia l’apprendimen-
to del lessico italiano è un campo di ricerca abbastanza trascurato, almeno dal 2000, “A
number of studies in this category have sought to trace the acquisition or development of
features of the Italian language, mostly its morphosyntax. In fact, there has been very little
interest in the acquisition of Italian VOCABULARY since the year 2000.” (Macaro 2010, p.
130) Secondo Macaro (2010, p. 148) non esiste quasi nessuna ricerca sull’apprendimento
del lessico italiano, soprattutto in confronto ad altre lingue straniere.
4 Traduzione: “un file multimediale incorporato in una struttura di dati predefinita in modo che questo file - con l’ausilio
di software appropriato - possa essere scaricato automatizzatamente dall‘Internet e trasferito [p.e.] su un lettore MP3.“
164
Parte III - Capitolo 15
5 A tal merito vorrei ringraziare la casa editrice Hueber, l’ufficio di Vienna in particolar modo, per la fornitura di una copia
gratuita.
Ciò significa che le unità imparate variano da secondi a minuti. Inoltre sono più frequenti i
dispositivi portatili (come smartphone, tablet PC, ...) che rappresentano i mezzi adatti per
il microlearning (cfr. ibid.).
Nel 2006 Theo Hug – in collaborazione con i Research Studios Austria – ha sviluppato
con “KnowledgePulse®” un esempio per incorporare il microlearning nella vita quotidia-
na. Quest’applicazione fornisce competenze linguistiche di base; a intervalli determinati
– secondo il principio push – appaiono domande sulla grammatica e sul vocabolario a cui
occorre dare una risposta (cfr. Hug/Friesen 2007, p. 26).
Nei paesi germanofoni il termine “mobiles Lernen” abbraccia soprattutto “Lernen mit mo-
bilen Endgeräten und Softwareanwendungen“8 (Hug 2010, p. 195) ed è usato come sino-
nimo di “M-learning” e “mobile learning” (ibid.). In altre parole, il termine “is frequently
used to refer to the use of handheld technologies enabling the learner to be ‘on the move’,
providing anytime anywhere access for learning.“ (Price 2007, pp. 33-34) Ciò significa che
mediante i podcast gli studenti possono studiare il lessico italiano quasi ovunque, in qual-
siasi momento.
Un esempio di microlearning nell’ambito dell’apprendimento della lingua inglese è il “Flo-
cabulary”. Sul sito web www.flocabulary.com vengono presentati dei vocaboli in forma rap
secondo aree tematiche e livelli diversi.
A fare il primo passo in direzione di un mobile learning nella classe d’italiano sono stati per
esempio Kennedy e Levy (2008) inviando degli SMS con i contenuti della lezione d’italiano
(grammatica, lessico) agli studenti di un’università australiana. Kennedy e Levy (2008, p.
322) riassumono così i risultati dello studio effettuato
“Overall, the post-trial survey showed that the vast majority of the students had found the
experience a positive one. While 84% said they had enjoyed receiving the messages, most
had also found them useful, as they agreed that the messages had helped consolidate
6 Traduzione: “varie attività di apprendimento informale nel contesto di applicazioni di software sociale, l’apprendimento
incidentale con dei media digitali, l’apprendimento meccanico con oggetti di apprendimento, delle applicazioni di mes-
saggini, ecc.”.
7 Traduzione: “imparare con micro-content”.
8 Traduzione: “imparare con dispositivi portatili e applicazioni di software”.
166
Parte III - Capitolo 15
their vocabulary (87.3%), extend their vocabulary (82.5%), and develop their interest in
Italian vocabulary (80.7%), while a smaller majority felt the messages had helped consoli-
date their knowledge of grammar (78.6%).”
Sebbene Kennedy e Levy constatino un successo nell’apprendimento dell’italiano, in parti-
colare nel vocabolario, grazie agli SMS inviati, va criticato il fatto che lo studio è stato con-
dotto solo con un gruppo sperimentale e solo per un periodo di sette settimane. Inoltre,
invece di un test lessicale, hanno usato soltanto un questionario per verificare il progresso
e perciò i risultati devono essere considerati da questo punto di vista.
Per l’apprendimento del lessico inglese ci sono più studi, come per esempio quello di Hase-
gawa et al. (2008) in Giappone. Nell’ambito di “SIGMA” (Special-Interested-Group Material
Accumulator) dieci studenti hanno creato del materiale didattico proprio per studiare l’ingle-
se mediante immagini e video (ibid., p. 158). Gli studenti tendevano a memorizzare meglio
le parole (audio) visuali. Ma le limitazioni di questo studio sono tra l’altro il numero ridotto di
partecipanti (10) e di parole da memorizzare (20). Gli studi di Joseph et al. (2005) e Thornton/
House (2005) costituiscono altri due esempi di mobile learning nell’insegnamento dell’inglese.
Dopo aver presentato il ruolo dei media nella classe di lingue mi dedicherò, in questa
sezione, alla presentazione dello studio effettuato cominciando dall’impostazione del pro-
getto di ricerca.
168
Parte III - Capitolo 15
Entrambi i gruppi valutano il loro successo nello studio dei vocaboli in modo uguale,
perché circa un terzo degli studenti pensa di poter migliorare le proprie conoscenze in
quest’ambito.
La cosiddetta “Zuhaltemethode” gode di enorme popolarità presso gli studenti, 17 di 22
studenti (77,3%) dello gruppo sperimentale studiano i vocaboli leggendoli nel libro di te-
sto, coprendo p.e. le parole italiane e ripetendole ad alta voce. Poi l’uso delle liste bilingui
è più diffuso presso gli studenti del gruppo sperimentale, 13 di 22 studenti (59,1%) le usa-
no, mentre solo due di otto studenti (25,0%) del gruppo di controllo.
Le tecnologie nuove (come Skype, Chat, …) non vengono quasi mai usate per comunicare
con persone di madrelingua italiana nel tempo libero, sei di otto studenti (75,0%) del grup-
po di controllo e 19 di 22 studenti (86,4%) del gruppo sperimentale negano l’uso di queste
tecnologie. Ma neanche le tecnologie tradizionali, per quanto riguardano giornali, riviste,
libri, film, ... italiani, sono più popolari, sei di otto studenti (75,0%) del gruppo di controllo
e 19 di 22 studenti (86,4%) non le usano.
15.6. Discussione
Prima di tutto va detto che la metà degli studenti del gruppo sperimentale ha creato i po-
dcast audio, il resto invece no. Le cause di ciò sono molteplici, ma principalmente vanno
ricercate nella mancanza di tempo degli studenti e nella bassa responsabilità soggettiva in
quanto non hanno ricevuto nessun voto per il progetto. È per questo che va menzionato
che la metà degli studenti ha completato i podcast nel loro tempo libero e, quindi, li ha
ritenuti utili. Però risulta abbastanza chiaro che gli studenti preferiscano le tecnologie tra-
dizionali per studiare dei vocaboli.
Inoltre, a causa della difficoltà di trovare un insegnante d’italiano disposto a partecipare
insieme ai suoi alunni a questo progetto, non è stato possibile eseguire lo studio come
170
Parte III - Capitolo 15
previsto. Siccome due insegnanti hanno preso parte, gli stili d’insegnamento e due scuole
diverse sono entrati in gioco. Si tratta di variabili intervenienti che non potevano essere
evitate, ma dall’osservazione in classe emerge che in entrambi i gruppi l’insegnamento
della grammatica ha un’importanza maggiore rispetto all’acquisizione del lessico.
Un altro punto da considerare è la differenza dei gruppi per quanto riguarda il lessico.
Come già accennato, gli studenti del gruppo di controllo hanno raggiunto i risultati migliori
nella VKS all’inizio del semestre, ma alla fine del semestre il gruppo sperimentale è stato
in grado di compensare ciò, perché i risultati dei due gruppi si sono riavvicinati a causa di
un maggiore sviluppo del gruppo sperimentale sebbene i motivi alla base possano essere
molteplici. Nondimeno i risultati della VKS devono essere considerati in modo critico.
Per un prossimo studio (cfr. Hirzinger-Unterrainer 2014) saranno utilizzati più test ad ogni
raccolta dei dati (cfr. Nation, Webb 2011, p. 125) e diversi tipi di media (podcast, wiki,
weblog). Scegliendo fra le tecnologie varie, permette agli studenti di scegliere il mezzo più
adatto (o i mezzi più adatti) al loro stile di apprendimento. Ciò “help learners identify their
own preferred styles and strategies” (Nunan 2003, p. 200) e in tal modo gli consente di
fare un altro passo verso l’autonomia.
Inoltre, il processo soggettivo di apprendimento degli studenti sarà focalizzato utilizzando
metodi di ricerca qualitativa (intervista, diario d’apprendimento, ...). Inoltre verrà cam-
biata anche la struttura della ricerca confrontando due gruppi di livello diverso (p.e. 2° e
3° anno d’insegnamento d’italiano). Entrambi i gruppi useranno i media menzionati co-
minciando per esempio con i podcast video per un mese, poi con i podcast audio etc. In
tal modo si potranno confrontare i vari media e riflettere sui vantaggi grazie all’uso di un
diario d’apprendimento.
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172
Parte III - Capitolo 15
16.1. Introduzione
Muovendo da una sintesi delle riflessioni elaborate negli ultimi decenni a proposito dei
punti di forza e debolezza del docente nativo (DN) e non nativo (DNN) di lingua stranie-
ra, il presente saggio intende ricondurre il discorso al settore specifico dell’insegnamento
dell’italiano L2. Per tale motivo, saranno presentati i risultati di una indagine condotta su
lezioni videoregistrate tenute da 12 DN e 12 DNN di italiano come lingua straniera, più in
dettaglio sul lessico da loro adottato. Obiettivo di tale indagine, effettuata sulla base di 10
criteri di analisi contenuti in una griglia di osservazione, è rilevare quante e quali sono le
strategie di trasparenza più utilizzate dal DN e DNN di italiano L2 (in termini ad esempio di
ripetizioni, riformulazioni, sinonimi, codici non verbali), qual è la frequenza con cui ricorro-
no alla L1 degli apprendenti, e infine quali sono le differenze riscontrabili nell’adeguamen-
to del loro parlato alle competenze linguistiche dei destinatari cui si rivolgono.
1 Il contributo è stato progettato congiuntamente dai due autori. Nello specifico, i paragrafi 16.1, 16.2, 16.2.1 e 16.3.2 sono
da attribuirsi a Giuseppe Caruso; i paragrafi 16.3, 16.3.1 e 16.4 a Elena Monami.
174
Parte III - Capitolo 16
alla sproporzione fra il numero di parlanti nativi inglesi e quello di apprendenti della lin-
gua inglese. Come è noto, quest’ultima è la lingua straniera più studiata al mondo, non
stupisce, quindi, che i DN siano in netta minoranza rispetto all’enorme numero di DNN,
chiamati a fronteggiare una domanda sempre più crescente di persone intenzionate a
imparare l’inglese come lingua straniera.
Al fine di individuare al meglio punti di forza e debolezza del DN e DNN di inglese, le ri-
cerche più recenti e rappresentative del settore (Arva - Medgyes 2000; Lee 2000; Davies
2003; Benke - Medgyes; Llurda 2004; Medgyes 2005; Canagarajah 2007; Gurkan - Yuksel
2012; Walkinshaw - Oanh 2014) hanno adottato una metodologia di indagine in linea di
massima comune, che ha previsto, 1) l’osservazione di videolezioni girate in classi di ingle-
se e tenute rispettivamente da DN e DNN (grazie a cui reperire informazioni sul setting,
sugli aspetti non solo verbali del docente, sui comportamenti dei discenti); 2) l’analisi di
informazioni inserite dal docente in una scheda informativa (attraverso cui delineare il suo
percorso professionale e inquadrare le metodologie didattiche adottate durante alcune
fasi dell’azione didattica, quali la spiegazione della grammatica, la correzione gli errori, la
progettazione dei materiali, ecc.); 3) l’esame di dati raccolti da un questionario sommi-
nistrato agli apprendenti (tramite cui rilevare il loro profilo sociolinguistico e raccogliere
valutazioni sul docente sulla base di parametri specifici, quali vocabulary, fluency, pronun-
ciation, grammar teaching, language and cultural teaching strategies).
Tali analisi hanno permesso di porre in luce i principali punti di forza e debolezza del DN e
DNN di lingua inglese, riconducibili in particolare alle metodologie adoperate e all’efficacia
didattica e riportati in modo sintetico a seguire.
Relativamente ai punti di forza del DN, c’è da dire innanzitutto come la sua oralità sia con-
notata da una fluenza certamente più spiccata rispetto a quella del DNN. Con specifico
riferimento al parlato, esso è caratterizzato da una pronuncia naturale e in linea di massima
accurata, da una buona correttezza morfologica, dalla combinazione della lingua con co-
dici non verbali (tipici della cultura della L2), da un ampio bagaglio lessicale, arricchito da
macchie di colore terminologiche tratte dalle microlingue, dalle varietà regionali, dai gerghi
o dalle varietà giovanili. A tali fattori, si aggiungano una buona flessibilità nel cambiare ar-
gomento senza apparenti problemi (specialmente quando gli apprendenti appaiono stan-
chi o demotivati) e un’ottima conoscenza del sistema culturale di riferimento. Soprattutto
quest’ultimo elemento consente al DN di adattarsi al contesto in cui opera con scelte prag-
matiche adeguate e corrispondenti agli usi della società contemporanea. Infine, il suo stile
di insegna- mento risulta nella maggior parte dei casi più tendente all’informalità.
Una scarsa o nulla conoscenza della L1 degli studenti, che porta delle volte il DN a non
capire quando questi parlano nella loro lingua, rientra di certo fra i suoi punti di debolez-
za. A tale distanza linguistica si somma quella culturale, che impedisce talvolta al DN di
comprendere a pieno tradizioni, stereotipi e tabù da lui/lei percepiti come lontani o, nel
peggiore dei casi, inaccettabili. Da un punto di vista prettamente didattico, il DN mostra in
alcuni casi un certo margine di superficialità nella preparazione della lezione e di improv-
visazione nella gestione della classe, essendo consapevole che il suo essere madrelingua
gli consente in qualche modo di cavarsela nelle diverse circostanze che gli si presentano.
Fra i punti di forza del DNN di lingua inglese rientra, al contrario, una maggiore accuratezza
nella progettazione dell’incontro, giustificata probabilmente da una relativa “insicurezza”
176
Parte III - Capitolo 16
blici a cui rivolgersi. Chi oggi insegna in Italia la nostra lingua a stranieri può farlo, infatti,
a immigrati, richiedenti asilo, studenti coinvolti in pro- grammi di mobilità accademica,
professionisti del settore, ecc.
Le possibilità di insegnare italiano L2 non mancano neanche a coloro che si trovano all’e-
stero, chiamati sempre più spesso ad affiancare o sostituire i DNN locali, sia nelle univer-
sità sia nelle scuole di ogni grado e genere. La diffusione “a macchia di leopardo” dell’ita-
liano fuori i nostri confini (De Mauro et. al. 2002; Trifone - Giovanardi 2012) ha interessato
non pochi paesi e non solo quelli europei, nei quali è cresciuta smisuratamente negli ultimi
decenni la richiesta di imparare l’italiano, con conseguente domanda di corsi di formazio-
ne accademica per DN e DNN.
Nonostante tali cambiamenti, il dibattito sui punti di forza e debolezza del DN e DNN ha
solo marginalmente toccato il settore dell’insegnamento dell’italiano L2 (Bettoni 2006;
Bosisio 2010; Diadori 2018). Ciò che però emerge maggiormente dagli studi condotti dal-
la letteratura di settore che si è interessata dell’argomento, è che parlare di insegnante
“migliore” o “peggiore” non consente certamente di inquadrare la questione, sarebbe
forse più opportuno soffermarsi a riflettere in che termini il docente risulti «più o meno
adeguato ai destinatari» (Diadori 2018, p. 4). Tale cambio di prospettiva consentirebbe di
superare la rigida opposizione che vede contrapposti il DN operante con studenti di altre
lingue e il DNN operante con studenti con cui condivide la madrelingua, e al contempo di
spostare il focus del dibattito anche su altri aspetti.
La capacità del docente, sia esso nativo o non nativo, di adeguarsi al contesto educativo
di riferimento è strettamente dipendente dai recenti cambiamenti storico-sociali cui si è
fatto cenno nelle righe precedenti. Che il DNN abbia in comune con i suoi apprendenti la
stessa lingua madre non rappresenta infatti più una certezza, come invece accadeva in
passato, e ciò perché i recenti flussi migratori, che hanno interessato tanto l’Europa quan-
to altre parti del mondo, generano ormai classi plurilingui e pluriculturali.
Parallelamente, tali cambiamenti hanno fatto perdere al parlante nativo la sua “univoci-
tà”, se si considera ad esempio il numero sempre più elevato di soggetti che crescono con
genitori di lingue diverse (sviluppando fenomeni di bilinguismo precoce), che conseguono
studi universitari fuori dal proprio paese o che si sono trasferiti all’estero ormai da tempo.
Inoltre, il concetto di “univocità” non riguarda i fenomeni connessi solo alla lingua ma an-
che quelli associati alla cultura di origine, che può rischiare di perdersi se il soggetto non
intrattiene forme di contatto con il proprio Paese (tramite mass media o connazionali) che
gli consentono di restare al passo con le evoluzioni culturali.
Oltre a quanto esposto finora, è necessario rimarcare un ulteriore aspetto messo in evi-
denza da alcuni contributi italiani che hanno trattato la questione (Diadori 2018). Le ri-
flessioni elaborate a partire dagli anni ’90 attorno alla figura dei DN e DNN hanno posto
in luce i loro punti di forza e debolezza in termini di metodologia ed efficacia didattica,
trascurando altri fattori legati alle caratteristiche personali del docente, fra cui l’età, la
personalità, la cultura, la formazione ed esperienza didattica. Indipendentemente se na-
tivo o non nativo, un docente può essere un neolaureato con un incarico temporaneo o
un adulto incardinato presso un ente formativo, può essere empatico e garantire un clima
sereno in classe o introverso e adottare uno stile di insegnamento più formale, può risul-
tare in possesso di un elevato grado di scolarizzazione o dedicarsi all’insegnamento come
178
Parte III - Capitolo 16
omogeneo che mettesse in risalto il tipo di lessico utilizzato dai DN vs quello dei DNN.
Come funzioni comunicative, abbiamo ritenuto significativo focalizzare la nostra attenzio-
ne sulle categorie relative alle strategie di trasparenza. A tal fine abbiamo quindi preso in
considerazione i parametri riportati di seguito:
• Sottocorpus,
12 videolezioni di italiano a stranieri, tenute da DN; 12 videolezioni di italiano a stra-
nieri, tenute da DNN; durata, da 10 a 20 minuti per ciascuna sequenza; profilo di
apprendenti, adulti (età dai 18 in avanti); livelli di competenza in riferimento al QCER.
• Per le classi con DN,
2 videolezioni di liv. A1, 2 di liv. A2, 2 di liv. B1, 2 di liv. B2, 2 di liv. C1, 2 di liv C2.
• Per le classi di DNN,
3 videolezioni di liv. A1, 3 di liv. A2, 3 di liv. B1, 2 di liv. B2, 1 di liv. C1. Non è stato pos-
sibile rilevare dati in classi di livello C2 all’estero in cui insegnassero DNN.
• Profilo DN (rilevato attraverso scheda informativa),
fascia di età, 28-55 anni,
formazione specifica in area glottodidattica, 6 su 12,
esperienza di insegnamento in classi di italiano L2, min. 3 – max. 25 anni.
• Profilo DNN (rilevato attraverso scheda informativa),
fascia di età, 25-60 anni,
formazione specifica in area glottodidattica, 3 su 12,
esperienza di insegnamento in classi di italiano L2, min. 1 – max. 30 anni,
livello di competenza linguistico-comunicativa (autodichiarata in conformità ai livelli
del QCER), min. B1 – max. C2.
• Modulo di partenza, strategie di trasparenza.
Per quanto riguarda l’analisi, dopo aver visionato il filmato e la relativa trascrizione ab-
biamo proceduto cercando di inquadrare le caratteristiche del lessico adottato dal DN e
DNN seguendo i parametri già individuati da precedenti modelli scientifici di riferimento in
questo ambito di studi (Diadori et al. 2007, 2008; Diadori 2015; Grassi 2007; Villarini 2011;
La Grassa 2016; Troncarelli 2016) e su cui abbiamo realizzato una stessa grigia di analisi
per i DN (cfr. Appendice 1) e i DNN (cfr. Appendice 2). Dopo una prima sperimentazione
su alcune sequenze abbiamo dunque ritenuto valido il modello che proponiamo qui di
seguito, con i criteri di analisi suddivisi in 10 categorie,
1. ripetizioni (nella stessa frase)
2. riformulazioni (parafrasi o esplicitazioni)
3. interiezioni improprie
4. sinonimi/antonimi
5. iponimi/iperonimi
6. ricorso a LM o LP
7. coniazione di nuove parole
8. correttezza morfologica – assenza (A) o incertezza (I)
9. lessico + CNV
10. CNV in sostituzione di lessico
180
Parte III - Capitolo 16
Il sesto parametro relativo all’uso di una lingua diversa dall’italiano nel teacher talk e dun-
que il ricorso alla lingua madre (LM) degli studenti o a una lingua ponte (LP – solitamente
l’inglese o il francese) vede la presenza, in soli due contesti didattici, di parole in francese.
In entrambi i casi sono classi di livello A1 in cui gli studenti sono alfabetizzati anche in
francese, si tratta infatti di corsi per immigrati nordafricani (tunisini, marocchini e algerini)
e i docenti che conoscono la stessa lingua, vi fanno ricorso, sporadicamente, per chiarire il
significato di alcune parole e concetti chiave.
Il parametro 7, relativo alla coniazione di nuove parole, nel caso del parlato dei DN rimane,
“fortunatamente”, vuoto.
Nella colonna del parametro della correttezza morfologica (parametro 8) abbiamo riscon-
trato un unico caso di assenza di accordo soggetto + verbo “C’è due situazioni” in cui pre-
sumibilmente il docente si è rifatto a un uso colloquiale della lingua o si è trattato di un
cambiamento di prospettiva nella formulazione del suo discorso, alla situazione di parten-
za se n’è aggiunta una seconda che è venuta fuori repentinamente. Come ci aspettavamo
anche prima dello spoglio dei dati, i parametri 9 e 10, relativi all’uso di comunicazione non
verbale, registrano un alto numero di occorrenze. Si inseriscono in tale definizione tutte
le mosse di mimica facciale, i gesti del corpo, della testa, gli applausi e, oltre a ciò, anche
grafia e disegni alla lavagna.
Nella presente indagine abbiamo ritenuto opportuno analizzare sia quando si realizzano
come occorrenze sia quando avvengono nelle loro occorrenze di parlato + CNV (parame-
tro 9) sia in modo autonomo (parametro 10). Abbiamo riscontrato che la comunicazione
verbale in parallelo a quella non verbale è meno frequente dell’altra perché registra 17
occorrenze in tutto il corpus analizzato, mentre la CNV disgiunta dal parlato vede 20 occor-
renze di cui, però, è bene sottolineare che 11 su 17 sono rappresentate dal gesto del dito
indice del docente che punta la mano verso la lavagna. Alcuni gesti significativi che abbia-
mo riscontrato nei vari contesti didattici sono inseriti tra i gesti convenzionali della lingua
italiana come nel caso delle quantità e dei deittici spaziali, l’elenco dei nomi dei mesi + dita
della mano; le dita per indicare il numero 6; il dito puntato verso l’ascoltatore per indicare
“tuo”. Nel nostro corpus se ne trovano anche altri più “creativi” ma comunque di chiaro
intento esplicativo come “Sfogliare” + gesto delle mani sulle pagine di un libro o un giorna-
le”; “braccia incrociate” per spiegare “pigro”; “Pressappoco” + movimento mani oscillanti.
4 Le percentuali sono state calcolate in base al numero di parole del docente nella LM degli studenti rispetto al numero
totale di parole pronunciate dal docente durante l’intera sequenza analizzata.
182
Parte III - Capitolo 16
Il settimo parametro, anch’esso in parte atteso in riferimento ai DNN, è incentrato sulla co-
niazione di nuove parole, fattore che interessa 5 docenti su 12. Alcune di tali parole appaio-
no frutto dell’influenza della lingua madre del docente (es. “Muscolatore” – inglese; “Han-
no cambriolato” – francese), altre invece della sua “fantasia” o comunque del suo tentativo
di avvicinarsi, per quanto possibile, con la parola pronunciata a quella originaria italiana (es.
“Ingiallazione” > ingiallimento, “Gigantamento” > aumento gigantesco). Ad ogni modo, le
parole coniate (che non suscitano perplessità da parte degli studenti, nemmeno di quelli di
livello B1) sono probabilmente sintomatiche di una competenza non molto avanzata della
nostra lingua da parte dei DNN presi in esame dalla presente indagine.
Quest’ultima ipotesi troverebbe peraltro conferma nei dati ottenuti in relazione all’ottavo
parametro, che rivela come 10 DNN su 12 producano errori di natura morfologica. Più in
dettaglio, 8 DNN commettono rispettivamente 8 errori in termini di “assenza di correttezza
morfologica” (es. “Rimpianto è parola nuovo”), 2 DNN compiono in totale 3 errori in ter-
mini invece di “incertezza di correttezza morfologica” (es. “Saltate una rega” > saltate una
riga). A proposito di tali errori, si fa presente come essi non siano seguiti in alcun caso né
da reazioni da parte dei discenti, né da autocorrezioni estemporanee da parte dei docenti
che li hanno compiuti.
Quanto emerge dall’analisi della griglia per ciò che concerne il nono parametro è decisa-
mente indicativo di come quasi tutti i DNN (10 su 12, per un totale di 28 casi) affianchino
alle loro parole codici non verbali, rappresentati nella quasi totalità delle videolezioni da ge-
sti. Questi ultimi sono usati con tre funzioni differenti, la prima, per rimarcare il significato
di quanto si sta dicendo, al fine di porlo maggiormente in risalto (es. “Contrario” + braccia
che si incrociano – per un totale di 11 casi); la seconda, per far comprendere meglio la mo-
dalità di scrittura (e, dunque, anche il significato) di singole parole che si stanno dicendo
(es. il docente scrive alla lavagna le parole e contemporaneamente le legge – per un totale
di 7 casi), la terza, per mettere in evidenza parti del discorso (es. il docente indica con il dito
parole già scritte alla lavagna – per un totale di 5 casi). Da segnalare, inoltre, il caso di 1
docente che integra il proprio linguaggio fornendo significati aggiuntivi, attraverso il ricorso
ad onomatopee, egli fa seguire a 7 nomi di animali da lui pronunciati i rispettivi versi, chie-
dendo poi alla classe di indovinare per ciascun suono emesso l’animale corrispondente.
Se il nono parametro punta a rilevare l’eventuale presenza di parole in combinazione a
codici non verbali, il decimo parametro mira invece a porre in luce se e quanti DNN usino
codici non verbali in sostituzione di parole. Con riferimento alla nostra indagine, 7 DNN su
12 (per un totale di 11 casi) ricorrono a tale espediente. Di questi 7, 4 DNN utilizzano gesti
esplicativi con l’obiettivo di testare il lessico della classe e al contempo stimolare una sua
partecipazione allo svolgimento dell’attività (4 casi). Tali gesti risultano immediatamente
comprensibili agli apprendenti di vari livelli di competenza, come si può dedurre dalle loro
risposte agli stimoli forniti (es. braccia all’indietro > risposta, “Passato”; gesto del collo
lungo > risposta “Giraffa”, braccia allargate e bocca gonfia > risposta, “Grasso”; gesto con
la mano per simulare la cornetta > risposta, “Telefonata”). In 2 casi 2 DNN rispondono con
un gesto a rispettive 2 domande poste dalla classe (pollice in alto per esprimere esattezza
e scuotimento della testa per indicare negazione). In ultimo, 1 DNN indica alcune parole
scritte alla lavagna, al fine di richiamarne l’attenzione e favorirne la lettura da parte della
classe, agevolando così lo svolgimento dell’esercizio proposto in quel momento.
184
Parte III - Capitolo 16
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DN 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
video n. 1 “Leggi”(2) “Abbiamo rappresentate bene (2) LM (1 “No”+ scuotimento testa dita per indicare il nume-
4 ragazze”• “Ci sono 4 perfetto (1) parola in (1) ro 6 (1)
ragazze”(1) francese)
video n. 3 “Eccole”(2) “Ripetere”• “Per non dire di bene (1) “Primo dialogo”+ dito; “Col-
nuovo”(1) esatto (1) leghiamo”+ braccio; “Gira
ottimo (1) pagina”+ mano (3)
video n. 4 “Dove?”(2) “A che ora?”• “Quando?”; “Ombrello”+ gesto mano; dito per indicare “No”
“Attivo”• “Fa tante cose”(2) “Insomma”+ gesto mano; (1)
“Salire e scendere”+ gesto
mano (3)
video n. 5 “In questo “Riferire”• “Lasciare un brava (2) “C’è 2 dito per indicare parole
caso”(2) messaggio per qualcuno” perfetto (1) situazioni, uno è...” scritte alla lavagna (11)
(1) bene (1) (1 A)
video n. 6 “Staccare la spina”• bene (3) “Vieni qui alla lavagna” + braccia incrociate per
“Riposare; “Praticare sport” dai (1) gesto mano (2) spiegare “pigro” (1)
Appendice
video n. 7 “Chi legge?” “Infanzia “• “Quando erava- wow (1) “Passato”+ braccia all’in-
(2) mo piccoli”(1) bravo (1) dietro (1)
video n. 9 “Cosa “Come vi sembra?” • bene (1) Scrive e legge 5 parole alla mani che girano per
diciamo?”(2) “È così?”(1) ok (1) lavagna (1) incentivare l’interaz. (3)
video n. 10 “Consolare”• “No dai, non bravo (1) “Eravate”+ braccio all’in- dito per indicare “tuo”
fare così. Tirati su”(1) bene (1) dietro (1) (1)
Insegnare il lessico
video n. 12 “Scrivi”(3) “Supplemento”•
“Spiega”(2) “Quota in più”(1)
Parte III - Capitolo 16
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DNN 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
video n. 1 bravo (2) LM “Ingiall “Faccio studentessa“ Legge + indica parole pollice in alto per
liv. A1 – inglese ottimo (1) inglese azione” (1) (1 A) alla lavagna (3) dire “Giusto!” (3)
perfetto (1) (95%)
video n. 2 bene (4) “L’abete è LM “Gigant “Che fai per Legge + indica parole indica parole alla
liv. A1 – bravo (2) una pianta“ spagnolo amento” (1) colazione?“ alla lavagna (2) lavagna (3)
spagnolo (1) (10%) (1 I)
video n. 3 “Ok?” (2) “Una cosa falsa è bene (3) “Musco “Andare nella “Abbraccio“ + gesto braccia all’indietro
liv. A1 – inglese dire una brava (2) latore” (1) spiaggia“ con due braccia (2) per indicare il
bugia“ (1) (1 A) passato (1)
video n. 4 “Fate così” “Tartaruga? È giusto (2) LM “Una femmina a chi Nomi animali + gesto del collo per
liv. A2 – turco (2) l’animale che va perfetto (2) turco piace“ (1 A) onomatopee per i rappresentare la
piano” (1) (40%) loro versi (5) giraffa (1)
video n. 5 bene (2) “Uccello“ • “Hanno Scrive + legge alla
liv. A2 – “Pollo“ (1) cambriolato” lavagna nomi di
neerlandese (1) animali (7)
video n. 6 “Leggi” bene (2) LM “Le nomi diversi“ (1 A) “Per me“ + mano al
liv. A2 – coreano (2) coreano petto (3)
(60%)
video n. 7 “Fai un “Rimpianto“ • “Per LM “Rimpianto è parola scuote testa per dire
liv. B1 – cinese esempio” esprimere occasioni cinese nuovo” “No” (1)
(2) mancate”(1) (50%) (1 A)
video n. 8 “Fare la corte“ bene (2) “Tu fai “Vi ricordate con chi “Contrario“ + incrocia muove dita per
liv. B1 – inglese • “Invitare a bravo (1) sognolin i?” lavori?“(1 A) braccia (1) indicare virgolette (1)
uscire”(1) (1)
video n. 9 “Cosa “Domestiche“ molto bene LM “Vieni qui“+ gesto allarga braccia e
liv. B1 – tedesco significa?” • “Della casa”(1) (1) tedesco mano ; “Aspetta“+ gonfia bocca per dire
(2) (35%) mano aperta (2) “grasso” (1)
video n. 10 “Capito?“ bene (2) LM “Vorrei che prendete“ “Pitturare“ + gesto
liv. B2 – (2) neerland (1 A) del pennello con
neerlandese ese mano; “Qui“ + dito in
(30%) basso (2)
video n. 11 LM “I diversi professioni“ “Scattare“ + gesto di gesto dita e mano
liv. B2 – turco turco (1 A) scattare una foto (1) per indicare
(25%) telefonata (1)
video n. 12 “La furberia“ • “Cerco d’accordo LM “Saltate una rega“ (2 I)
liv. C1 – di aggirare le regole“ (2) francese
francese (1) (10%)
Parte III - Capitolo 17
ci siamo chiesti se e quanto siano effettivamente comprensibili i testi che i bambini leggono
nella scuola primaria e su cosa si possano basare le difficoltà di lettura che incontrano. I
lavori di ricerca di Falaschi, Bigozzi e Limberti (2012) evidenziano come attraverso una co-
difica profonda relativa al significato e una codifica superficiale relativa alle proprietà fono-
logiche sia possibile stimolare i processi di costruzione del lessico per prevenire difficoltà
di apprendimento di lettura e scrittura e, in base a tali studi, abbiamo ipotizzato che po-
tenziando le attività didattiche mirate all’espansione lessicale si sarebbe potuto facilitare il
processo di comprensione dei testi e migliorare la fluidità nella lettura. Generalmente, però,
i libri di testo delle scuole primarie non sono particolarmente forniti di attività specifiche
sull’ampliamento e l’arricchimento lessicale, mentre sono più orientati a semplici attività di
comprensione dei testi, ad esempio, esercizi di vero/falso, scelta multipla, completamento.
La riflessione sulla lingua, spesso trattata in una sezione a parte, punta principalmente alla
morfo-sintassi e a rinforzare le competenze ortografiche, scorporando tale attività dal lega-
me intrinseco con il lessico e continuando, così, in qualche modo, a sostenere la visione della
lingua come di un sistema grammaticale provvisto di un lessico, piuttosto che di un insieme
di lessico grammaticalizzato come sostiene invece Lewis nel suo The Lexcal Approach (1993).
Ma, chiariamo, come specifica Cardona (2004), che l’approccio lessicale non crea una frat-
tura nei confronti dello studio della grammatica, si propone semplicemente come una
diversa prospettiva teorico-operativa che colloca il lessico al centro della metodologia di-
dattica. Il grande equivoco ancora presente nella scuola, dal nostro punto di vista, è che
mentre quando si parla di lingue straniere le attenzioni verso lo sviluppo delle competenze
lessicali sono già entrate nelle buone pratiche didattiche, quando si parla, invece, di italia-
1 Per approfondimenti consultare il sito invalsi.it alla voce Ricerche Internazionali\PIRLS 2016.
190
Parte III - Capitolo 17
Quindi, vale la pena sia di incrementare la profondità del lessico con attività di riflessione e
di uso della lingua, così da far sviluppare nel bambino la percezione fisica della profondità
di ogni parola, la capacità e la voglia di controllare e di migliorare la propria competenza
lessicale; sia di sostenere l’automaticità, riutilizzando i lessemi di più recente apprendi-
mento, a distanza di tempo in contesti diversi. Ovviamente il tutto perfettamente in sin-
tonia con gli obiettivi didattici rivolti agli alunni italofoni che non possono che trarne un
grande vantaggio.
17.2. Una scelta essenziale, agire sul testo o agire sul lettore?
Una volta che si vuole affrontare la comprensibilità di un testo, come punto di partenza
per un lavoro di arricchimento e ampliamento lessicale, ci si trova di fronte a due strade
metodologiche, agire sul testo e agire sul lettore. Per agire sul testo si possono seguire i
criteri di scrittura controllata secondo i quali il lessico deve essere caratterizzato da termini
‘facili’3.
Riportiamo di seguito i criteri che dovrebbero essere seguiti perché un testo sia di facile
lettura (Zambelli 2014, p. 331)
- lessico appartenente per lo più al vocabolario di base;
- lessico disciplinare specifico riconoscibile e spiegato
- linguaggio figurato limitato;
- periodi brevi;
- periodi di struttura lineare;
- assenza – o scarsità – di forme a incastro all’interno del periodo;
- subordinazione limitata;
- pronomi e riprese anaforiche in genere dalla referenza riconoscibile;
- poche nominalizzazioni e comunque trasparenti;
- connettivi consueti.
Mentre per agire sul lettore, si possono individuare tre piste di facilitazione
a. l’attivazione-costruzione delle conoscenze implicite, necessarie per capire il testo, ciò
che si può definire ‘enciclopedia’ del lettore;
b. la formazione di strategie di lettura, funzionali a compensare una competenza lingui-
stica ancora incompleta;
3 I criteri di scrittura controllata sono stati elaborati da Piemontese in Piemontese M.E., Capire e farsi capire. Teorie e
tecniche della scrittura controllata, Tecnodid, Napoli, 1996.
Infine, gli esercizi mirati allo sviluppo della padronanza lessicale possono riguardare l’ap-
prendimento a livello ricettivo di termini specifici come ad esempio riportato da Arici M.,
Cristofori S., Maniotti P. (2006, p. 41), “attività relative all’etimologia, alle definizioni, all’u-
so dei sinonimi e il riutilizzo corretto dei termini compresi attraverso attività di cloze, di
riscrittura di testi, di costruzione di testi.”
Per quanto ci riguarda, ci siamo orientati all’azione sul lettore, in quanto il contesto in cui
abbiamo operato non necessitava dell’utilizzo di testi semplificati o a scrittura controllata.
4 Per approfondimenti si veda Arici M., Cristofori S., Maniotti P., 2006.
192
Parte III - Capitolo 17
5 Una chiara sintesi del modello didattico si trova in Caon 2006: 142.
6 Tratto da Quarzo G., Dove sono le parole?, Emme Edizioni, Trieste, 1997.
7 Fattori N., Montini M.R., Il super Paper libro 2, Cetem, Milano, 2017, pp. 94-95.
8 L’indice Gulpease è una delle cinque formule realizzate nel 1988 nell’ambito delle ricerche del GULP (Gruppo Universitario
Linguistico Pedagogico) presso il Seminario di Scienze dell’Educazione dell’Università di Roma, con la supervisione
di Maria Corda Costa e Tullio De Mauro e in collaborazione con l’IBM Italia. La rilevazione dei dati utilizzati nella
costruzione dell’Indice Gulpease è stata effettuata nell’ambito di un seminario intercattedra, svolto tra il 1986 e il 1987
dalle cattedre di Filosofia del linguaggio e di Pedagogia dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma La Sapienza. Per
approfondimenti Lucisano, Piemontese, 1988.
9 ˂https://invalsi-areaprove.cineca.it/index.php?get=static&pag=esempi_prove_grado_2˃.
194
Parte III - Capitolo 17
Mentre girava il foglio, i bambini non impegnati in questa attività svolgevano il primo eser-
cizio di comprensione della prova nazionale, si veda figura 1:
Via via che i bambini finivano l’esercizio di comprensione, erano invitati a colorarne i dise-
gni. Il colore avrebbe fatto da cartina tornasole per verificare la comprensione delle parole
proposte dall’esercizio. Il disegno che è risultato più problematico da colorare è stato quel-
lo del fienile, perché rappresentava una parola sconosciuta a molti, infatti, è stato confuso
per il disegno di una fattoria.
tab. 3.
Come si può notare quattro alunni stranieri su cinque (alunni con asterisco) hanno avuto
quattro ricorrenze su cinque parole. L’alunno con cinque ricorrenze, invece, è italofono,
ma BES (colonna color giallo). L’alunna straniera con meno ricorrenze è originaria della
Moldavia.
Si è proceduto, quindi, all’analisi del testo attraverso le domande guida, “Dove? Chi?
Quando? Che cosa succede?”, applicando, in questo modo, quanto suggerito nel paragra-
fo 2 (Arici M., Cristofori S., Maniotti P. 2006, p. 41) e non volendo quindi utilizzare subito
la spiegazione diretta di ogni parola sconosciuta. Ciò che ci ha motivato a questa scelta
strategica è stata la convinzione di dover stimolare negli alunni delle procedure cognitive
che potessero rafforzare in loro l’autonomia.
Le risposte sono state raccolte nella tabella 4:
CHI? DOVE? QUANDO? CHE COSA SUCCEDE?
Uomini e donne Casa solitaria Pomeriggio Uomini e donne nei
Gatto bianco pezzato Campagna di novembre campi per la semina
di nero Giorno di sole caldo (manca il verbo)
Campi
Gatto sonnecchiava
Muretto del pozzo
Fienile
tab. 4.
196
Parte III - Capitolo 17
Gli alunni hanno trovato strano il fatto che ci fosse un’azione, in realtà, non espressa da un
verbo, ma attraverso la cosiddetta nominalizzazione
Uomini e donne nei campi per la semina.
La nominalizzazione è indicata in letteratura come un ostacolo nella comprensione del
testo, infatti, in merito alla semplificazione dei testi, viene richiesto di trasformare le no-
minalizzazioni in frasi SVO (Zambelli 2014, p. 333).
Dopo l’analisi del testo, si è chiesto agli alunni se le parole sconosciute fossero rimaste tali o
se qualcuno ne avesse intuito il significato. Gli alunni hanno risposto che avevano compreso
meglio che cosa facesse il gatto, quindi, per la parola sonnecchiava hanno trovato il sino-
nimo dormiva. L’altra parola compresa è stata semina, perché avendo loro inserito la frase
nella colonna del che cosa succede, avevano intuito che si trattava, in realtà, dell’azione del
seminare, ovvero, come descritto da un alunno italofono, del mettere i semini nella terra.
Infine, avevano anche compreso il senso di solitaria, ovvero, che stava da sola. Quindi, ri-
manevano da comprendere le parole pezzato e fienile. Così, per guidare alla comprensione
di queste due parole, si è usato nuovamente il metodo induttivo, si veda la tabella 5:
tab. 5.
Quindi, è stato chiesto alla classe se fosse intuibile il significato grazie al collegamento con
le parole individuate. 11 alunni su 15 non conoscevano la parola fieno, tutti gli stranieri
inclusi. La cosa non ci ha stupito dato che gli alunni della classe coinvolta vivono in un
contesto cittadino. Gli unici che conoscevano la parola in questione, avevano avuto espe-
rienza di montagna e avevano visto fare e raccogliere il fieno.
L’illustrazione proposta dall’esercizio di comprensione del testo (cfr. figura 1), non aveva
aiutato molto sia perché era in bianco e nero, sia perché il disegno del fienile era facilmen-
te confondibile con l’immagine di una fattoria, parola a più alta frequenza10, come di fatto
si è dimostrato.
A tal proposito, teniamo a sottolineare il fatto che se un bambino nel suo campo di espe-
rienza non ha mai avuto modo di conoscere un determinato oggetto, ambiente, animale o
persona, quindi non ha mai avuto modo di legare ad una certa immagine, significativa per
lui, la parola che le dà il nome, gli risulterà molto difficile poter riconoscere quell’oggetto,
ambiente, animale o persona. L’accoppiamento lingua-immagine può funzionare solo se
10 Come riportato nel DIB, dizionario di base della lingua italiana, p. 507 (De Mauro, Moroni 2000).
11 Lewis, M., The lexical approach: The State of ELT and a Way Forward, England: LTP, Hove, 1993.
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tilizzare non solo le tecniche ma anche le parole stesse in attività diverse, quindi appli-
cando il transfer e la rielaborazione creativa secondo lo schema progettuale dell’UDS.
Gli alunni sono stati suddivisi in 5 gruppi con obiettivi e modalità di lavoro diversi, si veda
la tabella 6:
I gruppi sono stati differenziati sulla base di quanto osservato in tutte le lezioni preceden-
ti, capacità di fare inferenze, conoscenza approfondita del lessico, capacità di spiegare il
significato delle parole, conoscenza delle categorie grammaticali, conoscenza più o meno
approfondita di alcuni domini lessicali; memoria lessicale, abilità sociali. Dal punto di vista
linguistico, gli alunni stranieri che si erano dimostrati più deboli, sono stati messi nel grup-
po 1 e hanno lavorato sul testo delle prove INVALSI appena svolte, ma trascritto in forma
anonima. Al gruppo 2 sono state fornite, invece, le parole che nelle lezioni precedenti
erano state individuate come parole difficili o sconosciute, per verificare la permanenza
in memoria.
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Seguendo alcuni spunti strutturali del cooperative learning, i materiali forniti sono stati
preparati perché fossero necessariamente condivisi, si veda la Figura 2:
Alla fine ogni gruppo ha esposto alla classe il risultato del proprio lavoro e ad ogni alunno
è stato chiesto di esternare delle considerazioni su come si è trovato a lavorare in gruppo,
un aspetto positivo e uno negativo, aggiungendo anche un’autovalutazione sul proprio
operato.
Si è proceduto, quindi, con ulteriori attività di differenziazione e stratificazione ma que-
sta volta in modo individuale e lasciando agli alunni più margini di decisione autonoma.
Quest’ultima attività è stata considerata un’attività di verifica per valutare l’effettiva acqui-
sizione del lessico sul quale si era lavorato, si veda la figura 3. Il compito diversificato era
disponibile con gli stessi esercizi per tutti, ma ognuno poteva decidere da quale iniziare e
con quale proseguire; la stratificazione, invece, è avvenuta in base alle scelte dei bambini
stessi che, messi di fronte a diverse parole, potevano decidere liberamente su quali con-
durre il compito, le parole a gruppi o singole erano sparse sulla cattedra e un alunno alla
volta poteva venire a scegliere quelle che voleva. Inoltre, una volta selezionate le parole,
ogni alunno poteva ulteriormente stratificare il compito scegliendo da solo quali parole
utilizzare, tra quelle a sua disposizione, per ogni consegna data. In questo modo si è voluto
lasciare ai bambini la possibilità di decidere come e cosa fare sulla base della loro persona-
le percezione della difficoltà. Questa è la figura 3:
I gruppi di parole messi a disposizione dei bambini erano stati creati in modo da offrire
già una prima stratificazione di difficoltà, tenendo in considerazione il tipo di compito
richiesto si è cercato di non banalizzare troppo l’attività, ma nemmeno renderla inaccessi-
bile, per esempio con parole le cui rime da trovare fossero troppo difficili. Di fatto tutti gli
alunni sono stati in grado di svolgere gli esercizi senza difficoltà eccessive, dimostrando di
ricordare il significato di tutte le parole che erano state scoperte durante il percorso fatto.
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Le parole con asterisco sono parole che hanno avuto più occorrenze. Quelle con il punto
di domanda, sono quelle la cui forma non permette di comprendere, in realtà, che parole
fossero. Ciò che ha consolidato in noi l’efficacia del lavoro svolto è stato constatare che
alcune parole con più occorrenze fossero le prime parole su cui ci eravamo soffermati
all’inizio del percorso, quindi ben due mesi prima!
Altro aspetto tanto interessante quanto sorprendente, l’inclusione tra le parole salvate
della parola “aggettivo/i”. Ecco che allora, lavorare sul lessico, seguendo il Lessical Ap-
proach, non è affatto creare una frattura con la grammatica, anzi, può diventare una via
molto efficace per rafforzare le abilità metalinguistiche nei bambini, fornendo uno sfondo
di senso al lavoro di analisi più formale.
Il risultato più incoraggiante sono state le diciotto parole salvate dall’alunna cinese, nor-
malmente molto timida e silenziosa durante le attività in plenaria, ma che attraverso lo
sviluppo di questa UDS ha saputo non solo conquistarsi via via un ruolo più consapevole
e attivo, ma anche acquisire una maggiore sicurezza e padronanza relativamente alla sua
capacità di esprimersi.
Ha anche stimolato una maggiore attenzione alle parole usate nella vita quotidiana.
Per quanto riguarda gli alunni stranieri, la bambina cinese ha iniziato a saper spiegare il
significato delle parole e a volerlo fare pubblicamente molto più di quanto non lo facesse
prima, suoi sono stati gli interventi riportati qui di seguito, “artificiale vuol dire presempio
le cose fatti dall’uomo; sussultare per esempio quando un piatto cade e si rompe e una
persona si spaventa”.
Poi vi sono stati anche dei confronti di tipo culturale, la parola contorno. L’alunna cinese
ci ha raccontato che in Cina non esiste l’idea del contorno, perché il cibo si mangia come
piatto unico. Pertanto, non è da trascurare mai quanto di culturale possa essere connotato
nella parola che non viene compresa, come sostiene Baddeley (1990, p. 360), “i concetti
sono modi per categorizzare il mondo, per capirlo e per comunicare con gli altri”, e come
ribadisce Cardona (2001, p. 115), “il significato di un concetto è in relazione all’uso che di
esso ne facciamo, si determina in base allo scopo per cui lo richiamiamo alla nostra mente.
È in base a quest’ultimo che gli attributi semantici specifici si organizzano”.
Per quanto ci riguarda, il percorso è stato sicuramente molto arricchente dal punto di vista
metodologico, utile per le osservazioni sui processi coinvolti nell’approccio al lessico da
parte dei bambini, stimolante anche come auto-valutazione rispetto al proprio operato
relativamente soprattutto ai tempi di gestione delle diverse attività, il rischio dispersione
è sempre in agguato.
Si è consolidata la convinzione che lavorare sull’arricchimento lessicale e lo sviluppo di
strategie di comprensione di pari passo con lo sviluppo di una maggiore consapevolezza
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