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La sostanza linguistica:

I suoni (e le lettere)

Guillermo Carrascón
Dipartimento di Studi Umanistici · Università di Torino
Dispense del corso di Lingua e traduzione spagnola
Premessa

Quando parliamo, come quando realizziamo tante altre azioni complesse ma che eseguiamo
quasi meccanicamente, come camminare, masticare o suonare uno strumento musicale,
compiamo, senza controllo consapevole, una serie di movimenti di grande precisione ad
altissima velocità. Se ci si ferma un momento ad analizzare il processo fisiologico dell’attività
di parlare, c’è di che rimanere impressionati nel comprendere l’enorme esattezza e rapidità con
cui la lingua si sposta, a volte di pochi millimetri, per andare ad appoggiarsi, a sfiorare, ad
avvicinarsi a posti ben determinati nei denti o nel palato in modo da produrre proprio i rumori
adeguati ai nostri desideri espressivi e non altri, mentre contemporaneamente le pliche
vocaliche, che si trovano all’interno dell’epiglottide, si aprono e chiudono con la stessa velocità
e precisione. Questa abilità che la maggior parte degli esseri umani possiede, basata su un tipo
di memoria muscolare, non intellettuale, non consapevole, è certamente il risultato di una
predisposizione fisiologica e genetica, ma richiede un apprendistato, cioè: un lungo periodo di
allenamento continuo. Basti pensare che i bambini cominciano ad esercitare l’apparato
fonatorio poco dopo la loro nascita e in tanti casi non acquisiscono la perfetta padronanza delle
articolazioni della propria lingua materna fino ai sei o sette anni.
Un siffatto allenamento, che si basa, come quello destinato a sviluppare qualunque altra abilità
psicomotoria, su una continua esercitazione di tipo ginnastico, cioè fisico, è un tipico caso di
quelli nei quali, sebbene non si può dire che la funzione crei l’organo, è molto chiaro che essa
lo trasformi e lo adatti alle proprie specifiche caratteristiche. Il che vuol dire anche che ogni
lingua materna, in funzione dei propri suoni, configura un insieme di muscoli per adattarli ai
propri bisogni articolatori, allo stesso modo che un particolare sport ci dona una configurazione
fisica precisa, ragione per la quale è possibile parlare di un fisico da corridore, oppure da
tennista, oppure da nuotatore. La nostra cavità orale, con i muscoli che la muovono, la nostra
lingua e gli altri organi articolatori –e come parziale conseguenza anche la nostra faccia con le
sue espressioni e gesti caratteristici1– acquistano nei primi anni di vita, insieme alla capacità di
articolare correttamente i suoni della nostra lingua materna, una configurazione fisiologica che
si può dire “da italiano”, “da spagnolo”, “da inglese” e così via.
Imparare un’altra lingua vuol dire anche, quindi, fare un tentativo, sovente malriuscito, per
imporre ai propri organi articolatori, per così dire anchilosati nei consueti movimenti della
lingua materna, una serie di abiti motori nuovi, diversi e a volte più difficili da imparare proprio
perché molto vicini a quelli già fatti propri, dai quali sono solo leggermente diversi, ma pur
sempre diversi. Si tratta di addestrare il nostro apparato fonatorio in maniera che, “da solo”,
senza il nostro intervento consapevole –come esso fa in lingua materna– si prenda cura degli
aspetti materiali del linguaggio, pronuncia, intonazione, per così lasciarci liberi di pensare a
quello che richiede un maggior controllo cosciente da parte nostra: il contenuto. Questo lavoro
che affidiamo alla nostra competenza articolatoria è un compito impegnativo. Per fare un
esempio, sarebbe come cercare di insegnare a giocare a ping-pong a una persona che avesse
trascorso la sua vita giocando a tennis otto ore al giorno. O viceversa. E questo senza tener
conto del fatto che quanto è stato fin qua detto in relazione alla produzione dei suoni, e quindi
all’articolazione, alla pronuncia e al parlato, si potrebbe ripetere, mutatis mutandis, per la
ricezione, per la percezione e per la decodificazione dei suoni e quindi per l’ascolto e per la
comprensione acustica auricolare della lingua straniera.
In questa prospettiva è utile rendersi conto, qualora ci si avvicini ad una nuova lingua, di quali
siano i nuovi suoni e i correlati movimenti articolatori nuovi, come si modifichino quelli già
conosciuti (perché esistenti nella propria lingua materna) e, in generale, quali differenze

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La maggior parte dei gesti facciali, le espressioni, i modi di ridere, numerosi suoni e rumori non articolati sono
elementi comunicativi pragmatici, paralinguistici, codificati culturalmente e diversi per ogni lingua.
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intercorrano tra la propria lingua e quella da acquisire, anche sul piano fisico, acustico-
articolatorio, della sostanza linguistica (che è il suono linguistico). Quando si ha la possibilità
di frequentare un corso, delle ripetizioni o semplicemente la conversazione di parlanti della
nuova lingua, è probabilmente una buona strategia –poco applicata, però, da chi impara da
adulto– avvicinarsi ai suoni, per così dire, a orecchio nudo: cercare di individuare i suoni della
nuova lingua senza ricorrere ad una domanda tanto spontanea negli adulti come è: “come si
scrive?”. Infatti la lettera scritta, rappresentazione, per ognuno di noi, dei suoni della propria
lingua, può introdurre delle interferenze fuorvianti in quanto è molto saldamente associata ai
suoni “nostrani” e ci può portare ad identificare tra di loro, con frequenza erroneamente o
almeno con notevole imprecisione, dei suoni che nella lingua materna e in quella da acquisire
sono diversi ma si scrivono allo stesso modo. È il caso palese, nella nostra fattispecie, della
lettera <z>, che in italiano (le affricate [ts, dz], come in azione e zanzara) e in spagnolo (la
interdentale fricativa sorda [θ] come in zarza, cioè rovo) rappresenta suoni vicini ma diversi.
Inoltre gli esseri umani sembrano essere dotati di una spiccata capacità di riprodurre “a orec-
chio” suoni mai articolati in precedenza senza la conoscenza precisa dei necessari meccanismi
articolatori, per cui sembrerebbe consigliabile rimandare leggermente l’acquisizione della
scrittura della nuova lingua fino al momento in cui si possiede una capacità accettabile di
percepire a orecchio e di produrre i nuovi suoni. Certamente, tuttavia, un cenno alla topografia
della cavità orale –che si trova in qualsiasi manuale di fonetica oppure di introduzione alla
linguistica– e ai movimenti di produzione del suono articolato linguistico può senz’altro
giovare al discente –soprattutto a quello adulto che non è in condizioni di apprendere la serie
di suoni della nuova lingua attraverso un processo d’immersione– in questo processo di
acquisizione della fonetica della nuova lingua.
Nonostante le precedenti indicazioni, per comodità e agevolezza della nostra esposizione –
questa è a fin dei conti una trattazione scritta, non un corso orale– abbiamo cominciato il
percorso dal confronto schematizzato tra le convenzioni grafiche dell’italiano e dello spagnolo,
con i relativi valori fonetici di ogni lettera rappresentati secondo le convenzioni dell’AFI,
Alfabeto Fonetico Internazionale, in maniera che quando poi si tratterà il sistema fonetico-
fonologico dello spagnolo si possa già capire e leggere sia il normale alfabeto spagnolo, sia
l’alfabeto fonetico usato per indicare i suoni delle lettere. A partire dall’ingannevole quasi-
identità dei nostri alfabeti, verranno introdotti minimi cenni alle differenze sia di valore fonico
delle lettere sia di modalità articolatoria dei suoni di entrambe le lingue, onde permettere sin
dall’inizio una lettura corretta dello spagnolo. A continuazione si approfondiranno certi aspetti
della fonetica articolatoria, reputati di particolare rilevanza per agevolare gli italofoni verso
una migliore pronuncia dello spagnolo.
D’altronde, come è già stato detto, la grande estensione geografica del mondo ispanofono fa sì
che non si possa parlare di uno spagnolo standard bensì di numerose modalità regionali (non
solo quelle spagnole, bensì le numerose varietà dell’America), tutte ugualmente accettabili o
corrette. Un grande numero di fattori differenziali tra queste varietà –e per l’appunto forse i
più cospicui– si colloca, infatti, sul piano della fonetica (con delle implicazioni fonologiche
non trascurabili) per cui non sembra realistico omettere in questa sede un cenno alle più ovvie
differenze di “accento”, ossia di pronuncia, tra i due grandi blocchi in cui si può dividere lo
spagnolo: quello cosiddetto meridionale (che comprende l’America Latina, dal Río Grande
alla Tierra del Fuego, ivi inclusi i Caraibi ispanofoni e le popolose comunità ispaniche degli
Stati Uniti, ma anche le Isole Canarie e, nella Penisola Iberica, le regioni dell’Andalusia, e per
certi versi, dell’Estremadura, della Castiglia la Nueva, anche detta Castilla La Mancha, e del
Levante) e quello settentrionale, ridotto alla metà Nord della Spagna. Evidenzieremo quindi
sistematicamente queste divergenze fonetiche e metteremo in rilievo i casi in cui, negli esempi,
esistano pronunce differenti, segnando con l’indicazione “SpM” la pronuncia meridionale e
con “SpS” quella settentrionale.

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Nella seguente tabella si mettono a confronto, in maniera sinottica, i valori di entrambi gli
alfabeti con il valore fonetico delle lettere spagnole secondo l’AFI. La descrizione e il
confronto verranno approfonditi nelle sezioni successive. I casi di coincidenza, più o meno la
metà, tra i due sistemi, italiano e spagnolo, sono stati indicati con il colore azzurro di sfondo
per le relative righe. Il segno di identità = indica la coincidenza in rappresentazione grafica
dello stesso suono nelle due lingue, mentre quello dell’insieme vuoto Ø si usa per sottolineare
l’assenza di una lettera o di un suono spagnolo in italiano. Nella colonna centrale, gli allofoni
di uno stesso fonema si rappresentano separati da virgole, i fonemi diversi separati dallo /,
sempre con i simboli del Alfabeto Fonetico Internazionale. I grafemi rossi rappresentano suoni
esclusivi dello spagnolo.

Gli alfabeti a confronto


Nella tabella successiva si fornisce un confronto sinottico dei due sistemi grafici:

Lettera spagnola Suono AFI Lettera italiana Lettera spagnola Suono AFI Lettera italiana
a (a) a =a n (ene) n =n
b (be / be alta) b, β b, Ø ñ (eñe) ɲ gn
c (ce [‘θe]) k/θ c, ch, q / Ø o (o) o =o
ch (che [‘tʃe]) tʃ c(i) p (pe) p =p
d (de) d, ð = d, Ø qu (cu) k ch
e (e) e =e r (erre) ɾ, r r
f (efe) f =f s (ese) [ese] s s-, -ss-
g (ge [‘xe]) g, ɣ / x g, Ø / Ø t (te) t =t
h (ache) - =h u (u) u, w =u
i (i) i, j =i v (uve / be baja) b, β, v Ø, =v
j (jota [‘xota]) x Ø w (uve doble) b, β, v w
k (ca) k (k, ch) Ø x (equis [‘ekis]) ks =x
l (ele) l =l y (i griega) i/ʝ y/Ø
ll (elle [‘eʎe]) ʎ, ʝ gl(i) z (ceta) θ z
m (eme) m =m

1.1 I suoni dello spagnolo

Nel loro sviluppo dal latino, lo spagnolo e l’italiano hanno mantenuto invariati certi foni
ereditati dalla lingua originale, mentre per motivi di sostrato o adstrato (contatto con altre
lingue) e di fonosintassi (“contagi” articolatori tra suoni contigui o vicini) altri suoni del latino
hanno subito maggiori variazioni. Nei foni del primo tipo, quelli invariati, le due lingue fonda-
mentalmente coincidono, mentre là dove sono subentrati cambiamenti articolatori, i risultati in
entrambe le lingue sono spesso divergenti.
In linea di massima si può parlare di una grande differenza articolatoria tra l’italiano e lo
spagnolo, fondamentale nell’asseto fonetico di entrambe le lingue, che consiste nella diversa
quantità di energia impiegata nei movimenti (soprattutto della lingua e della mandibola)
necessari per l’articolazione del suono. L’italiano applica all’articolazione una quantità di
energia molto più grande di quella adoperata dallo spagnolo, e di conseguenza, persino nei casi
di apparente omofonia, tutte le articolazioni italiane sono più tese delle relative spagnole, che
sono più rilassate. Da questa divergenza derivano anche altre diversità come la maggior
ampiezza tonale –quasi doppia– della prosodia e dell’intonazione italiana nei confronti di
quella spagnola, oppure la maggiore rilevanza nel sistema italiano della durata
dell’articolazione, parametro che nel sistema spagnolo è irrilevante; la conseguenza più
cospicua di questa durata dell’articolazione è l’inesistenza in spagnolo del valor fonologico

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che le consonanti “lunghe”, doppie o geminate hanno in italiano. In spagnolo l’articolazione


del suono si può allungare per motivi enfatici o espressivi ma non esistono i foni lunghi con
valore fonologico –cioè, con la capacità di distinguere due lessemi attraverso la sola
opposizione di un fono corto di fronte a quello stesso suono lungo, come in capello ~ cappello,
dell’italiano.
Come in italiano, i fonemi dello spagnolo si dividono in vocali e consonanti, ma il sistema
spagnolo appare subito più “povero” o semplice in quanto non ci sono fonemi approssimanti
(o semiconsonantici) e sia le vocali sia le consonanti si presentano in numero minore.

Ampliamento (da Capra, Carrascón, Fondamenti di fonologia e di morfologia dello spagnolo,


Torino, Celid, 2000)
I meccanismi fisici e neuronali del linguaggio sono estremamente precisi e sofisticati, nonostante
l’automatismo con il quale noi parlanti li mettiamo in uso in ogni momento. Di essi si occupano
diverse discipline, a seconda del punto di vista dal quale essi vengono studiati, dalla psicologia alla
neurologia alla linguistica. Il nostro campo d’interesse [...] è limitato alla sola linguistica. In
particolare, all’interno di questa disciplina, lo studio dei suoni del linguaggio umano è affidato a due
sue sottodiscipline, fonetica e fonologia (o fonematica). Esse differiscono in quanto alla prospettiva
con cui si guarda al fenomeno lingua.
La fonetica è lo studio dei suoni dal punto di vista fisico e fisiologico. Si occupa della sostanza
dell'espressione; in altre parole, studia gli elementi fonici in sé, si chiede come sono articolati i suoni
dagli appositi organi fonatori, qual è la loro costituzione e che effetti acustici producono. Per questo
motivo, essa viene ulteriormente suddivisa in fonetica articolatoria, che si concentra sui suoni del
linguaggio in base a come essi sono articolati, e in fonetica sperimentale, che si occupa invece delle
qualità fisiche e materiali dei suoni, dal punto di vista acustico e percettivo –e si può, pertanto,
suddividere in fonetica acustica e in fonetica uditiva (o percettiva, o uditivo-percetttiva). L’unità
minima del suono linguistico (cioè l'elemento di articolazione minimo indivisibile dell’atto di parole)
è chiamato fono ed è grossomodo assimilabile alla lettera dell'alfabeto che lo rappresenta. Siccome,
in realtà, i suoni di qualsiasi lingua sono ben più numerosi delle lettere dell’alfabeto, per la notazione
fonetica scientifica vengono utilizzati dei grafemi che altro non sono se non quelli, modificati, del
nostro alfabeto (e alcuni di quello greco), e che costituiscono gli alfabeti fonetici. La rappresentazione
dei foni mediante i grafemi fonetici è tradizionalmente messa tra parentesi quadrate [ ]. Per la rappre-
sentazione dei fonemi si usano i grafemi degli alfabeti fonetici messi tra sbarre / /.
La fonologia studia invece i fatti fonici dal punto di vista della funzione che essi compiono nella
lingua; si concentra cioè solo su quei fenomeni relativi al suono linguistico che hanno valore
significativo, tralasciando quelli privi di significato. Usando di nuovo le categorie di Hjelmslev,
possiamo dire che il suo campo d’indagine è la forma dell'espressione. L'unità minima di suono con
funzione significativa è chiamata fonema e si definisce per opposizione. Due foni sono considerati
realizzazioni di fonemi diversi se permettono di distinguere due parole identiche nel resto dei loro
componenti; questa capacità differenziale costituisce il modo di significare o “significato” del
fonema. Ad esempio, in spagnolo sappiamo che la r è diversa dalla rr, a parte altre considerazioni
articolatorie (si veda G. Carrascón, “Erre que erre. Observaciones de fonética contrastiva sobre las
vibrantes del español y del italiano”, Artifara 3 (2003), online) perché –pur essendo lo spagnolo una
lingua in cui la quantità (durata) consonantica non è rilevante– possiamo riconoscere come diverse
(e con diverso significato) le parole pero e perro (“ma” e “cane”); oppure moro e morro (“moro” e
“muso”); caro e carro (“costoso” e “carro”). La stessa r si può opporre ad altri foni, con analoghi
risultati: abbiamo, così, le coppie cara / cava, cara / caca, cara / cada, cara / caga, cara / caja,
cara / cala, cara / calla, cara / cama, cara / cana, cara / caña, cara / capa, cara / casa, cara / cata,
cara / caza. Invece sapiamo che, nonstante in spagnolo ci sia una s “dolce” (sonora), simile a quella
italiana di “rosa” (ad esempio nelle parole “isla”, “pasmo”) accanto a quella “aspra” (la s sorda di
“sono” in italiano o di “casa” e “rosa” in spagnolo), non possiamo parlare di due fonemi diversi
semplicemente perché non esistono due parole identiche in tutti i loro elementi fonici e diverse solo

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perché ciascuna ha un tipo diverso di s. Inutile, quindi, dire che ogni lingua seleziona in modo
autonomo ciò che è funzionale dal punto di vista fonologico (per esempio, i cinesi, come è noto,
faticano a distinguere le nostre l e r, dato che per loro questi due foni non sono che varianti di un
unico fonema): è quindi possibile studiare questa disciplina da un punto di vista contrastivo,
mettendo cioè due lingue a confronto, quali ad esempio italiano e spagnolo.
L'apparato articolatorio
La stragrande maggioranza delle lingue associa l’emissione di suoni articolati in linguaggio con
l’espirazione, cioè l’espulsione di una quantità limitata di aria. L’aria che, spinta dal diaframma,
fuoriesce dai polmoni, ha dunque un ruolo insostituibile nella produzione linguistica; il ritmo respi-
ratorio risulta leggermente alterato durante la fonazione (ovvero, la produzione ed emissione della
voce umana): la fase di inspirazione dell’aria si produce in maniera più rapida ed intensa, mentre
l’espirazione, al contrario, avviene più lentamente. I muscoli del torace espellono l’aria dai polmoni;
essa passa attraverso la trachea e poi continua il suo percorso nella laringe. All'interno della laringe
–che possiamo immaginare come un tubo con un diametro regolabile che nell'uomo è solitamente di
un terzo maggiore che nella donna– si trovano le corde vocali, così chiamate in conseguenza di un
antico errore anatomico, seppure l'idea di “corda” sia un’efficace metafora per descrivere la loro
funzione. Più che corde, esse sono delle pieghe, quattro per la precisione, simmetricamente disposte,
in direzione antero-posteriore. Le due pieghe superiori sono dette “false corde vocali” e non hanno
un ruolo insostituibile nella fonazione; quelle inferiori sono invece importantissime.
La laringe è provvista anche di quattro placche cartilaginose, denominate tiroide, cricoide, epiglottide
ed aritenoide: la tiroide è quella che forma il cosiddetto “pomo d’Adamo”, alla cui altezza sono
collocate le corde vocali. È qui che il flusso d'aria egressivo inizia a configurarsi come voce. La
contrazione dei muscoli della laringe sposta le corde vocali in modo che esse vadano ad occupare lo
spazio della cavità laringea e, unendosi, la chiudano. Solo il flusso d'aria in uscita che, spinto dai
polmoni verso l'alto, è convogliato nella laringe, sarà in grado di aprire, con la sua stessa pressione,
le corde vocali; esse, vibrando, produrranno dei suoni, diversi a seconda della loro tensione e della
loro totale, parziale o nulla vibrazione2. Il punto in cui le corde vocali si chiudono nella laringe forma
la glottide; mentre essa resta aperta durante la respirazione, nella fonazione presenta diversi gradi di
chiusura e di apertura, in successione rapidissima, che regolano e dosano il passaggio dell'aria e la
produzione della voce.
Anche la parte superiore della laringe, la faringe e poi, più in su, la bocca e le cavità nasali hanno un
ruolo nella produzione della voce, giacché funzionano come “cassa di risonanza” e contribuiscono a
determinare altezza, intensità e timbro della voce. La parte superiore della faringe può essere messa
in comunicazione con le cavità nasali; ciò avviene se la parte estrema del palato (quella più interna,
per intenderci), detta velo, da cui pende l’ugola, lascia aperto il canale. Se, al contrario, il velo si
sposta all’indietro, provoca la chiusura che impedisce il transito alla cavità nasale. Tutta l'aria verrà,
in questo caso, convogliata nella sola cavità boccale (o orale), dotata a sua volta di organi mobili e
fissi determinanti nella fonazione. I primi, detti anche organi attivi, sono la lingua (a sua volta divisa
in tre “settori”: radice, dorso e apice) e le labbra; i secondi, noti anche come passivi, sono i denti e il
palato (anch’esso diviso in zone, a partire dagli alveoli, contigui ai denti), che forniscono diversi
punti d’appoggio agli organi mobili. La posizione assunta da tali organi durante la fonazione è quella
che determina l’articolazione dei suoni del linguaggio.
L’articolazione del suono linguistico
Un flusso d’aria, se dopo aver superato le corde vocali non incontra sul suo cammino nessun ostacolo,
genererà una vocale, mentre per produrre una consonante dovrà trovare davanti a sé un ostacolo che
impedisca la sua libera fuoriuscita. Il tipo di ostacolo, il luogo in cui esso si produce, nonché la
presenza o assenza di vibrazione delle corde vocali, determinano la consonante. Un’altra differenza
tra vocali e consonanti si basa sui muscoli che entrano in azione per produrle: per le prime, muscoli

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Le corde vocali, poi, vibrano in modo diverso a seconda delle persone: la loro vibrazione è più completa nelle
voci gravi, mentre in quelle acute (o “di testa”) vibrano solo i loro bordi. La diversità tra le voci umane dipende
poi anche da altri fattori, come la lunghezza e lo spessore delle corde stesse e le dimensioni della laringe.

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elevatori, per le seconde, muscoli depressori. Se articoliamo una vocale, i muscoli depressori solle-
vano la mandibola e abbassano la lingua; il movimento contrario (abbassamento della mandibola ed
elevazione della lingua verso il palato) avviene nel caso dell'articolazione consonantica. Da tale si-
tuazione derivano conseguenze interessanti: se il nucleo sillabico è debole (quando è privo di ac-
cento) la consonante si realizza con una maggior apertura dell'apparato articolatorio; quanta più
energia si adopera per articolare una consonante, più essa risulta chiusa; al contrario, quanta più
energia si impiega per pronunciare una vocale, tanto più aperta essa risulterà. Un altro aspetto
rilevante a questo proposito è la percettibilità del suono, ovvero la sua caratteristica di essere
percepito dall’orecchio umano. Esso percepisce più facilmente i suoni prodotti con una maggior
apertura degli organi articolatori; i meno percepibili sono, al contrario, quelli più chiusi. Le vocali si
percepiscono più facilmente delle consonanti, ma una [a] si percepisce meglio di una [i], mentre una
[l] si percepisce meglio di una [x], a parità di condizioni acustiche.
Per quanto concerne la quantità (la quarta variabile di un suono), non pare superfluo definirla in
linguistica come il tempo necessario alla produzione di un determinato suono. Se da una parte essa
può variare in rapporto all’intensità e al tono, è diversa anche da un suono all'altro, essendo la durata
reale di un certo suono in un rapporto di proporzione reciproca con gli altri suoni: chi parla molto
velocemente articolerà in poco tempo ogni singolo suono, ma alcuni di essi saranno articolati più
velocemente, altri più lentamente. In generale, la differenza di durata tra consonanti è inferiore ri-
spetto a quella tra vocali. Se pensiamo che la quantità vocalica, in alcune lingue, ha valore fonologico
(cioè, influisce sul significato), ne capiamo il motivo; tutte le vocali sono inoltre prolungabili, mentre
non tutte le consonanti, per ragioni intrinseche, lo sono.
Le “doppie” dell'italiano si possono considerare alla stregua di consonanti lunghe. Le cosiddette
geminate hanno un'articolazione più intensa delle corrispondenti semplici, il che comporta una durata
superiore. In spagnolo, nel quale la quantità non ha valore fonologico, le consonanti lunghe pra-
ticamente non esistono (con l'unica eccezione di -nn- in pochi casi, solitamente dovuti a motivi
morfologici di composizione di parole; casi che nella pronuncia rilassata colloquiale si realizzano
comunque con un fono più breve di quello corrispondente a -nn- in italiano). Questa mancanza di
consonanti doppie è la causa dello scempiamento caratteristico della pronuncia degli spagnoli che
parlano l’italiano.
Per definire e isolare i diversi fonemi di una lingua si parte dallo studio della fonetica acustica e
articolatoria. Si fa cioè riferimento alle caratteristiche del suono descritte in precedenza e alle mo-
dalità dell'articolazione che vedremo qui di seguito, nelle quali si distinguono, sia in spagnolo, sia in
italiano, i seguenti aspetti: il modo di articolazione, il luogo di articolazione, la cassa di risonanza e
l'intervento delle corde vocali (che determina quello che si può chiamare grado di articolazione). Gli
ultimi due aspetti menzionati determinano caratteristiche dei foni, quali nasalità, oralità e sonorità o
sordità che sono già stati considerati dal punto di vista acustico.
Modo di articolazione
Il modo di articolazione dipende dalla configurazione che gli organi articolatori conferiscono al
canale di passaggio dell'aria e soprattutto dal fatto che ci sia o no un ostacolo, maggiore o minore, a
codesto passaggio. Tale ostacolo è solitamente costituito dall’appoggio di un organo mobile su uno
fisso. Secondo il grado e le modalità di apertura o chiusura del canale, si possono distinguere i
seguenti modi di articolazione:
A. modi statici, senza cambiamento o fissi:
a. articolazione occlusiva: quando si produce un contatto completo fra un qualsiasi organo attivo e
uno passivo, mentre l’ugola si sposta all'indietro per chiudere le coane (ossia i canali che mettono
in comunicazione la cavità orale con quella nasale), e così si chiude totalmente e momen-
taneamente il passaggio dell'aria. Immediatamente dopo, il canale orale si apre lasciando uscire
in un piccolo scoppio l’aria trattenuta. Il rumore prodotto in questo modo è quello che
riconosciamo come fono. Sono occlusivi in spagnolo e in italiano: [p, b, t, d, k, g], come in paso,
tomo, casa o queso (formaggio); beso (bacio), dedo (dito) e gato o guiño (occhiolino). Si noti
che i foni spagnoli in oggetto contenuti nelle ultime quattro parole, [b, d, g], si producono solo in

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posizione iniziale assoluta, cioè dopo una pausa, oppure se preceduti da determinati altri foni (che
si vedranno dopo). In caso contrario, i foni rappresentati da questi grafemi non sono occlusivi, ma
fricativi: quelli rappresentati nel paragrafo successivo con i grafemi greci [β, ð, ].
b. articolazione fricativa: il canale si restringe fino a lasciar passare l’aria soltanto da una fessura
stretta per l’avvicinamento di due organi che non arrivano a mettersi in contatto, ma riducono in
grande misura lo spazio atto al passaggio dell’aria. Sono fricativi: [β, ð, , x, f, θ, s, z, ʝ], come in
cabo, nave, dedo, cuadro, agua, caja (scatola, cassa), fácil, peces (pesci), azúcar (zucchero), casa,
desde, yo. In italiano sono fricativi [f, v, s, z, ʃ], come in fatto, vino, sotto, casa, sciame.
c. articolazione nasale: rimane aperto solo il canale nasale, mentre l’orale si chiude come nell’ar-
ticolazione occlusiva. Sono nasali, in spagnolo e in italiano: [m, n, ɲ]. Esempi: madre, pena, leña
e legna.
d. articolazione laterale: la lingua si solleva fino a toccare gli alveoli, i denti o il palato; si produce
così un’occlusione nella parte centrale del canale orale, ma contemporaneamente l’aria discorre
lateralmente, attorno, per così dire, alla lingua. Sono laterali, in spagnolo e in italiano: [l, ʎ], come
in pala, calle (sp.), aglio (it.).
e. articolazione vocalica: il canale rimane sostanzialmente aperto al passaggio dell’aria anche se
l’ampiezza di questa apertura può variare. Le diverse dimensioni della cavità orale, secondo la
posizione più alta o più bassa della lingua e della mandibola, determinano il timbro del suono,
che serve a distinguere tra i diversi foni così prodotti. Per l'articolazione dei foni corrispondenti
ai fonemi /o, u/, detti labializzati, anche le labbra hanno una funzione rilevante. I cinque fonemi
vocalici dello spagnolo, /a, e, i, o, u/ raggruppano diversi foni che si producono con diverse
sfumature di apertura e timbro in funzione del contesto fonetico. I fonemi vocalici dell'italiano
sono sette: /a, , e, i, , o, u/; i due fonemi italiani /, ɔ/ esistono anche in spagnolo ma sono solo
foni, cioé non hanno entità fonologica diversa di /e, o/, o detto in termini semplici, non servono a
distinguere due parole che abbiano come unica differenza la presenza di [e], per esempio, in una
e di [] nell'altra, al contrario di quanto succede in italiano.
B. modi dinamici, variabili o mobili:
a. articolazione affricata: si produce nel canale vocale un contatto tra due organi che chiude mo-
mentaneamente il passaggio dell’aria, ma questo contatto si risolve senza transizione brusca in un
restringimento. Chiusura e strettoia si producono nello stesso luogo e tra gli stessi organi e il
tempo impiegato per tutto il movimento chiusura-riapertura stretta è lo stesso dell’occlusione
nell'articolazione occlusiva. Sono affricate: [tʃ, ʤ]. Esempi: coche (automobile), ¡yo! (io);
quest'ultimo fono si produce in posizione iniziale assoluta e con pronuncia enfatica o preceduto
da [n] o [l]. Altrimenti è sostituito dal suo allofono fricativo [ʝ]. In italiano sono affricate: [ʦ, ʣ,
tʃ, ʤ], come in giudizio, zona, cielo, agio.
b. articolazione vibrante: sotto questa denominazione si includono tradizionalmente due forme
molto diverse di articolazione. In particolare, in spagnolo, nel quale non esistono le consonanti
geminate, si considera di solito che i fonemi vibranti siano due: [ɾ, r] monovibrante e plurivi-
brante, come in caro, tarde, carro, rosa. Quella che si suole chiamare vibrante semplice o mono-
vibrante in realtà non è vibrante: chiamata in inglese tap o flap, si produce con un veloce colpetto
dell’apice della lingua sugli alveoli o il prepalato (si può denominare battente e in sp. percussiva);
mentre la polivibrante o vibrante multipla (o semplicemente vibrante) si articola con un veloce
movimento vibratorio dell’apice della lingua rilassato che viene mosso dalla pressione della
corrente d’aria che si fa passare da uno strettissimo canale fatto con il corpo della lingua e il
palato. In spagnolo il grafema r singolo in posizione iniziale di parola (o interna dopo l, n o s)
rappresenta sempre il fono [r], cioè è vibrante; così Roma si pronuncia sempre ['roma], Enrique
suona [en'rike] e alrededores (dintorni), [alreðe'ðoɾes]. In italiano, alla vibrante [r] si aggiunge la
geminata [r:], che ha una realizzazione plurivibrante (o polivibrante)3 e che come tutte le geminate

3
L’esistenza della monovibrante italiana è affermata da F. Ferrero et al., Nozioni di fonetica, cit., p. 139, ma altri
non la considerano: ad esempio G. Berruto nel suo Corso elementare di lnguistica generale, cit., p. 37, dice: "la
[r] italiana è plurivibrante; esiste anche una corrispondente monovibrante notata [ɾ], come in spagnolo 'toro',
inglese americano 'matter'". Si veda in proposito il già citato G. Carrascón, «Erre que erre...».

8
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

italiane è prolungata, quindi è più lunga di [r] in spagnolo. Così non c’è una perfetta correlazione
tra i foni spagnoli e quelli italiani: mentre [ɾ] in posizione intervocalica potrebbe essere sostan-
zialmente uguale nelle due lingue, sicché la parola “caro” suona nello stesso modo in spagnolo e
in italiano (almeno in buona parte delle varietà settentrionali), la comune percezione che [r] sia
più “forte” in spagnolo non è esatta. In realtà quest’impressione è causata dal fatto che il fonema
[ɾ] in posizione iniziale o dietro n, r, e l non esiste in spagnolo per cui tante parole comuni alle
due lingue che cominciano con il grafema r, o lo contengono nelle menzionate posizioni, vanno
pronunciate in spagnolo con una [r], vibrante e quindi “più forte”, al posto della [ɾ] monovibrante
delle pronunce italiane standard. Invece la maggiore lunghezza della [rː] italiana giustifica il fatto
che tanti italiani che imparano lo spagnolo confondano la [r] intervocalica in questa lingua, più
breve della loro [rː] intervocalica, con una [ɾ] e così, per esempio in esercizi di dettato, trascrivano
le parole spagnole “marrano” o “corral” come “marano” e “coral”4.
c. articolazione semiconsonantica (approssimante): la lingua parte da una posizione di quasi
chiusura, simile a quella dell'articolazione fricativa, e si muove per aprire il canale fino a una
posizione corrispondente all'articolazione vocalica. Sono semiconsonanti (in italiano e in
spagnolo): [j, w]. Esempi: pie (piede), juez (giudice), piazza, sangue.
d. articolazione semivocalica (approssimante): consiste proprio nel movimento opposto a quello
precedente: la lingua parte da una posizione corrispondente alla articolazione vocalica e si muove
per chiudere il canale fino alla posizione di un'articolazione fricativa. Sono semivocali (italiano e
spagnolo): [i, u], come in aire (aria), Europa, poi.
Cassa di risonanza
Nell'articolazione del suono, come s'è già visto, l'aria può discorrere attraverso la cavità orale, attra-
verso quella nasale, oppure attraverso tutte e due contemporaneamente.
a. Nel primo caso, che è anche il più frequente, l'uvula si sposta all'indietro chiudendo la
comunicazione tra le due cavità e l'aria che arriva dalla laringe esce attraverso la bocca in modo
che lì si produce tutta la modulazione del suono: abbiamo così i foni orali, che, in spagnolo, si
danno con tutti i precedenti modi di articolazione, eccetto quello nasale (vedi sopra).
b. Nel secondo caso, l'uvula rimane rilassata e la comunicazione tra bocca e naso resta aperta, ma
tuttavia la cavità orale si chiude per via della posizione di un qualche organo articolatorio, in
maniera che l'aria scorra soltanto attraverso il naso: così si generano i foni nasali. Una loro
caratteristica acustica è quella di essere i più vicini ai foni vocalici tra le consonanti, presentando
anche, rispetto a queste, una struttura formantica meglio definita.
c. Nel terzo caso, con l'uvula rilassata e il canale orale aperto in maggior o minor misura, il flusso
d'aria si divide e passa contemporaneamente attraverso i due canali, nasale e orale, per originare
un fono nasalizzato. La cosa più frequente è che questi siano vocalici, semivocalici o
semiconsonantici, ma anche i foni laterali possono essere nasalizzati. Il tratto "nasalizzato" non
origina, comunque, un'opposizione fonologica pertinente in spagnolo né in italiano, cioè, non ci
sono coppie di fonemi la cui unica differenza risieda nell' essere nasalizzato l'uno e non
nasalizzato l'altro.
Combinando le due classificazioni precedenti, e perciò prendendo in considerazione tutte le vie
possibili, si può determinare una gradazione di articolazioni rispetto al grado di chiusura maggiore o
minore che trova il flusso d'aria fonogenica nel suo percorso:
+ chiuso Consonantica:
Occlusiva orale;
Affricata orale;
Vibrante orale;
Fricativa orale;
Intermedia:
Nasale;

4
Cfr: J.M. Saussol, Glotodidáctica del español con especial referencia a italófonos, Padova, Liviana ed., 1978,
pp. 35-36.

9
Guillermo Carrascón

Approssimante;
Semiconsonantica;
Semivocalica;
Laterale orale o nasalizzata;
Vocalica:
chiusa;
media;
+ aperto aperta.

Luogo di articolazione
Il luogo di articolazione fa riferimento alla zona della cavità orale nella quale gli organi si avvicinano
o si mettono in contatto per articolare il suono, e, nel caso delle articolazioni vocaliche, alla posizione
relativa della lingua all'interno della suddetta cavità. Per distinguere i diversi luoghi di articolazione,
il palato si può dividere in quattro zone, dai denti verso la gola: la zona alveolare (che prende nome
dagli alveoli, le piccole prominenze carnose che si trovano sulla radice dei denti, nel loro lato
interno), quella prepalatale, mediopalatale, e postpalatale (anche detta velare giacché corrisponde
al velo del palato). Anche sulla lingua si possono distinguere la punta o apice, la parte centrale o
dorso, e la zona che scende verso la gola o radice, che interviene, ad esempio, nella produzione della
j spagnola, fono [x], in parole come Juan (Giovanni) e jugar (giocare), o nell’articolazione del fono
[ʀ] (scritto r o rr) del francese. Gli altri luoghi del condotto orale rilevanti nell'articolazione fonetica
sono, come abbiamo detto, le labbra e i denti. A seconda di quali siano le parti interessate alla modula-
zione del suono, cioè, usando come discrimine il luogo di articolazione, si può stabilire la seguente
classificazione dei foni:
consonanti
anteriori:
a. bilabiali: le due labbra si avvicinano o si chiudono: [p, b, β, m]. In italiano non esiste la
[β].
b. labiodentali: i denti dell’arcata superiore si avvicinano al labbro inferiore o si appoggiano
su di esso: [f, ɱ]. In italiano bisogna aggiungere anche [v].
medie: l'organo mobile è sempre la lingua, per cui si fa di solito riferimento soltanto al punto
di appoggio fisso dove essa tocca (articolazione occlusiva) o al quale si avvicina
(articolazione fricativa); ciò nonostante, si possono usare i nomi delle diverse zone della
lingua a mo’ di prefissi per descrivere con più precisione certe articolazioni un po’ partico-
lari:
c. interdentali: la lingua –comunemente solo l’apice– si situa tra i denti superiori e gli
inferiori: [θ, ð]. In italiano standard non esistono foni interdentali.
d. dentali: la lingua si avvicina o si appoggia sul lato interno dei denti superiori; per
descrivere certi foni si deve specificare la zona della lingua che interviene
nell'articolazione, come nel caso del fono dorsodentale (ad esempio, l’inglese that) o di
quello apicodentale (l'inglese dean). In spagnolo sono dentali: [t, d]. In italiano sono
dentali anche [ʦ, ʣ].
e. alveolari: la lingua (apice o certe volte dorso, come nel caso precedente) si accosta agli
alveoli: [s, z, n, ɾ, r, l].
f. palatali: l’apice o il dorso della lingua si approssima al palato; si possono distinguere
così vari tipi: apicoprepalatali; apicomediopalatali o, semplicemente, apicopalatali;
dorsoprepalatali e dorsomediopalatali o dorsopalatali. Sono palatali: [ʧ, ʝ, ʤ, ʎ, ɲ]. In
italiano bisogna aggiungere [ʃ], ma togliere [ʝ].
posteriori:
g. velari: l’occlusione o fricazione si produce tra la radice della lingua e il velo del palato:
[k, g, , ŋ, x]; in italiano non esistono [, x].

10
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

vocali
Anche qui si distinguono più posizioni della lingua, dall’anteriorità alla posteriorità. Nel si-
stema spagnolo ci sono tre luoghi pertinenti d’articolazione vocalica, con la lingua in
posizione anteriore: [j, i, e]; centrale: [a]; o posteriore: [o, u, w].
Grado di articolazione
Esso è indipendente dalla posizione degli organi articolatori, giacché dipende esclusivamente
dalla vibrazione delle corde vocali. Ci sono quindi due gradi rilevanti alla descrizione articolatoria
dei foni:
a. sonoro, quando le corde vocali, chiudendo la glottide, vengono fatte vibrare dalla colonna d'aria:
oltre a vocali, semivocali e semiconsonanti, anche [b, β, d, ð, g, , l, ʎ, m, ɱ, n, ɲ, ŋ, ʝ, ʤ ɾ, r, z];
e in italiano [ʣ, v]
b. sordo, quando le corde vocali, separate, permettono il passaggio dell'aria senza vibrare. Sono
sorde [p, t, k, f, θ, ʧ, s, x]; e in italiano [ʃ, ʦ]

1.1.1 Fonemi vocalici

Lo spagnolo conta solo, in posizione sia atona che tonica, cinque fonemi vocalici (nei confronti
delle sette vocali toniche dell’italiano standard di base fiorentina). Le vocali dello spagnolo si
rappresentano nel seguente “triangolo vocalico”, al quale abbiamo accostato, per facilitare il
confronto, il relativo schema vocalico dell’italiano:

Anteriori Posteriori Anteriori Centrale Posteriori


Centrale Alte
(palatali) (velari) i u
Alte Medio-alte
i u e o
(chiuse)
Medio-
Medie e o basse
ɛ ɔ
Bassa
a
Bassa
a Sistema vocalico italiano
(aperta)
Sistema vocalico spagnolo

Dal punto di vista della pronuncia è importante tener conto del fatto che, contrariamente all’i-
taliano, lo spagnolo non conosce il fenomeno dell’allungamento della vocale tonica in sillaba
aperta. La durata della vocale in spagnolo è sostanzialmente la stessa in ogni posizione e di-
pende solo dall’enfasi, dallo stile del parlato e da fattori dialettali.

Note
Anche se è difficile fare delle affermazioni in questo senso –per il fatto che le differenze
regionali, soprattutto tra le diverse modalità dell’italiano, ma anche tra quelle dello spa-
gnolo, passano sovente dall’apertura vocalica– è possibile rilevare le seguenti osservazioni
contrastive tra i due sistemi vocalici:
 In spagnolo il grado di apertura delle vocali medie non ha alcuna rilevanza fonologica,
mentre sì la possiede in italiano (per quanto il rendimento fonologico e la vigenza delle
opposizioni /e/ ~ /ɛ/, /o/ ~ /ɔ/ si siano ridotti nell’uso);
 La vocale media anteriore /e/ dello spagnolo corrisponde a la vocale [e] del Alfabeto
Fonetico Internazionale (www.ipachart.com) mentre la posteriore /o/ (anche se continueremo
a rappresentarla come [o], corrisponde alla aperta [ɔ];
 Dalle osservazioni dei fonetisti (Quilis 1999: 163; Ferrero et al. 1979: 122 e ss.) sembra
possibile affermare che il fonema /a/ spagnolo è leggermente più chiuso e più posteriore

11
Guillermo Carrascón

(quindi più vicino alle articolazioni [ɐ] o [ɑ]) del suo correlato italiano; le diverse varianti
dei fonemi /i/ e /u/ spagnoli si collocano, per così dire, tra le realizzazioni più chiuse dei
loro omofoni italiani; d’altronde una maggior chiusura dei fonemi vocalici si può con-
siderare la conseguenza logica della minore tensione articolatoria dello spagnolo nei
confronti dell’italiano;
 Come si vedrà anche per le consonanti, la durata delle vocali non è rilevante in spagnolo.
Di conseguenza, tutte le vocali, toniche o atone che siano, hanno pressappoco la stessa
lunghezza, contrariamente a quello che succede nella pronuncia italiana nella quale, di
norma, si allungano le vocali toniche, interne alla parola e seguite da consonante semplice.
In ogni caso la ortoepia dello spagnolo è materia più fonetica che fonologica, la cui
acquisizione richiede una pratica diretta con dei periodi di “immersione” linguistica e con
degli insegnanti qualificati.

1.1.2 Dittonghi e trittonghi e gruppi vocalici

In spagnolo come in italiano si è soliti chiamare ‘deboli’ le vocali chiuse /i/ e /u/ e ‘forti’ le
altre, /a/, /e/ e /o/. I dittonghi sono la coincidenza in un unico nucleo sillabico, di norma
all’interno di una parola, di una vocale forte e una debole atona, o viceversa, una debole atona
e una forte, oppure delle due vocali deboli.

I possibili dittonghi sono quattordici, segnalati nei seguenti esempi:


aire (aria), historia, peine (pettine), pie (piede), heroico, idioma, causa, agua, reunión, rueda
(ruota), estadounidense, alícuota, altruismo, ciudad.
 Si noti che il dittongo “-ou-”, caratteristico del gagliego o galiziano, in castigliano si trova
solo nel punto di unione dei due costituenti di alcune parole composte (come nell’esempio
proposto) oppure in prestiti.

Dittonghi mobili
I due dittonghi “-ie-” e “-ue-”, che si possono considerare alla stregua dei dittonghi mobili
italiani “-ie-” e “-uo-”, con i quali condividono l’origine, alternano, per motivi etimologici, con
le vocali “e” e “o” nelle radici di numerose famiglie di parole a seconda che la sillaba in cui si
trova il dittongo mobile, o la relativa vocale, sia tonica o atona: così in “pie ~ pedestre ~
pedestal”, “hielo ~ helado”, “muerte ~ mortal” o “fuerza ~ forzudo”. Questa alternanza è, come
si vedrà più avanti, alla base di un tipo frequente di particolarità della coniugazione del verbo
spagnolo, non di rado considerata una “irregolarità”, anche se non lo è.

Note
All’interno di un dittongo la vocale debole atona (o le vocali deboli atone dei trittonghi) si
presenta con una realizzazione diversa, chiamata approssimante, più chiusa di quella con cui
si produce quando occupa da sola il nucleo sillabico. In fonetica queste realizzazioni si
rappresentano con i simboli [j], realizzazione (o allofono) approssimante di /i/, e [w],
realizzazione (o allofono) approssimante di /u/. Mentre in spagnolo questi foni approssimanti
si considerano dei semplici allofoni dei relativi fonemi vocalici (in fatti non c’è nessuna
differenza tra le due possibili pronunce di parole come austriaco [aws.ˈtɾja.ko], anche
pronunciato austríaco [aws.ˈtri.a.ko], o periodo [pe.ˈɾjo.do], anche pronunciato período
[pe.ˈɾi.o.do] (per gli accenti sulle “i” nelle forme sdrucciole vedi 1.2.4), in italiano gli
approssimanti /j/ e /w/ sono generalmente considerati veri e propri fonemi (Schmid
1999:139).

La maggior parte dei trittonghi comuni in spagnolo appaiono nelle forme verbali di seconda
persona plurale del presente dell’indicativo o del congiuntivo, come nei seguenti esempi:
propiciáis (propiziate), vendimiéis (vendemmiate, cong.), atestiguáis (testimoniate),

12
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

averigüéis (accertiate, cong). Altri ancora si trovano nelle onomatopee miau e guau, con le
quali si imitano i versi del gatto e del cane, in parole composte come semiautomático o in
termini di origine grecolatina come tuáutem, hioides (un osso vicino alla mandibola).

1.1.3. Fonemi consonantici


Lo spagnolo presenta anche un sistema consonantico più semplice di quello italiano, giacché
si trovano in esso al massimo (nel sistema fonologico più complesso, cioè il settentrionale)
diciannove fonemi al posto dei ventitré italiani. Inoltre, in spagnolo non esistono i fonemi doppi
o geminati dell’italiano, le consonanti sono sempre semplici, incluso nei diversi casi di grafie
doppie. Ciò nonostante lo spagnolo possiede alcuni fonemi sconosciuti all’italiano seppur,
come si vedrà, essi siano meno di quelli italiani che non esistono in spagnolo. Una rappre-
sentazione atta a mettere in risalto la relativa simmetria di questo sistema consonantico è quella
che si può costruire sulla base delle indicazioni di Alarcos (1999: 31), e che usando i simboli
dell’Alfabeto Fonetico Internazionale, così appare:

Bilabiale Labiodentale Dentale Alveolare Palatale Velare


Occlusivi sordi p t Affricato ʧ k
Sonori b d ʝ g
Interdentale
Fricativi sordi f θ s x
Nasali So m n ɲ
Laterali no l ʎ
ri battente vibrante
Interrotti ɾ r
Sistema consonantico dello spagnolo

Per facilitare il confronto si riproduce qui il sistema consonantico più generalmente accetto per
l’italiano (Graffi e Scalise 2002: 79; Schmid 1999:133):

Bilabiale Labiodent. Dentale Alveolare Palatale Velare


Occlusive p b t d k g
Affricate ʦ ʣ ʧ ʤ
Fricative f v s z ʃ
Nasali m n ɲ
Laterali l ʎ
Vibrante r
Approssimanti j w
Sistema consonantico dell’italiano (Nelle caselle dove appaiono due simboli quello a destra è sonoro, quello a
sinistra è sordo; dove ce n’è uno solo, centrato, è sempre sonoro, ma se è a sinistra è sordo).

Dal confronto tra questi due schemi possiamo subito evincere l’esistenza di tre gruppi in spa-
gnolo, più ancora altri due nel sistema italiano, gruppi che abbiamo evidenziato con i diversi
sfondi: a) il più numeroso, integrato dagli undici elementi /p, t, ʧ, k, f, m, n, ɲ, l, ʎ, r/, raggruppa
i fonemi che coincidono nella loro definizione articolatoria nelle due lingue, ai quali bisogna
aggiungere il fonema spagnolo /ɾ/ per le ragioni che poi si indicheranno; b) in secondo luogo
appaiono i cinque fonemi /b, d, ʝ, g, s/ dello spagnolo che divergono in maggior misura dai loro
più prossimi correlati italiani; c) a continuazione i due fonemi spagnoli /θ, x/ che non esistono
addirittura nell’italiano. Sul quadro italiano rimangono i fonemi affricati /ʦ, ʣ/, che non
esistono in spagnolo, e un gruppo di fonemi che in spagnolo si presentano solo come allofoni

13
Guillermo Carrascón

di altri: /ʤ, v, z, j, w/. Questi due gruppi di fonemi italiani non verranno, ovviamente, da noi
presi in considerazione in questa sede.
Nella tabella successiva abbiamo seguito l’ordine che scaturisce da questa classificazione
contrastiva per esporre le principali caratteristiche dei fonemi consonantici spagnoli.

In essa come in quella successiva, relativa alla scrittura, faremo uso delle abituali convenzione grafiche
per la notazione fonologica e fonetica; in particolare: i fonemi e le trascrizioni fonologiche si scrivono
tra sbarre / / mentre gli eventuali allofoni significativi dal punto di vista didattico, nonché le trascrizioni
fonetiche, rappresentati con i segni grafici dell’Alfabeto Fonetico Internazionale, tra parentesi quadre [
]. Le lettere maiuscole M e R nelle trascrizioni fonologiche rappresentano rispettivamente gli
arcifonemi nasale e vibrante; il primo, neutralizzazione dei tratti distintivi tra [m] e [n], il secondo
neutralizzazione dei tratti distintivi tra [r] e [ɾ]. Là dove l’inesistenza in italiano lo renderà necessario,
forniremo anche una breve descrizione dell’articolazione di foni e allofoni. Infine le parentesi angolari
< > si useranno per rappresentare le lettere in quanto tali, cioè la normale scrittura di entrambe le lingue;
i simboli C e V indicano rispettivamente una consonante e una vocale qualsiasi; con # si segnano i
confini di parola e il trattino inferiore _ davanti o dietro a una lettera indica una serie di lettere che con
essa formano una parola: “_s#” rappresenta, ad esempio, tutte le parole che finiscono in “s”; “#l_”, tutte
le parole che cominciano con “l”. Infine nella prima colonna della prima tabella si è usato il rosso per
indicare le lettere i cui valori fonetici non coincidono, o non sempre coincidono, con l’italiano.

Fone- Let- Descrizione articolatoria Esempi Allofoni / Note fonetiche


ma tera
/p/ p Occlusivo bilabiale sordo pipa /ˈpipa/ In posizione finale di sillaba seguiti da conso-
/t/ t Occlusivo dentale sordo tanto /ˈtanto/ nante questi tre fonemi si articolano rilassati:
/k/ c, Occlusivo velare sordo coca /ˈkoka/; apto (atto, idoneo) [ˈapto]; atmósfera
qu, cuatro /ˈkwatɾo/ (atmosfera) [atˈmosfeɾa]; actor (attore) [akˈtor]
k quera /ˈkeɾa/ tarlo;
quimera /kiˈmeɾa/
/tʃ/ ch Affricato palatale sordo chicha /ˈʧiʧa/ ciccia In aree dello SpM si può trovare la
realizzazione [ʃ].
/f/ f Fricativo labiodentale sordo fofo /ˈfofo/ flaccido,
/m/ m Nasale bilabiale (sonoro) mamá /maˈma/
mamma
/n/ n Nasale alveolare (sonoro) nono /ˈnono/ Presenta gli stessi allofoni combinatori nelle
due lingue, giacché seguito da una consonante
acquista il suo luogo di articolazione: [m],
bilabiale prima di consonante bilabiale; [ɱ],
labiodentale, prima di c. labiodentale; [n̪],
dentale, prima di c. dentale; [nj] palatale, prima
di c. palatale; [ŋ] velare, prima di c. velare.
/ɲ/ ñ Nasale palatale (sonoro) ñu /ˈɲu/ gnu; In italiano standard è sempre lungo. In
niño /ˈniɲo/ bambino spagnolo non lo è.
/l/ l Laterale alveolare lelo /ˈlelo/ sciocco Allo stesso modo della /n/, prende facilmente il
(sonoro) luogo di articolazione dalla consonante succes-
siva, in particolare: [ l̺ ] dentale prima di /t, d,
ʧ/; [lj] palatale davanti a consonanti palatali.
/ʎ/ ll Laterale palatale (sonoro). velludillo In italiano standard è sempre lungo. In spagnolo, mai.
Presenta, oltre alla realiz- /veʎuˈdiʎo/ un tipo di Il fonema laterale palatale presenta, oltre alla sua
zazione [ʎ], gli allofoni de- velluto normale realizzazione [ʎ], un fascio di allofoni
lateralizzati [ʝ], [ʒ], [ʒ̊], [ʒː] facoltativi o dialettali fricativi palatali sonori che
vanno da [ʝ] a [ʒ], sono molto diffusi in quasi tutte le
zone dello SpM, e persino sempre di più nello SpS;
non hanno correlato in italiano standard. Le forme [ʒ],
[ʒ̊], [ʒː] sono frequenti nell’argentino del Río de la

14
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

Plata.
/ɾ/ r Battente (sovente chiamato moro /ˈmoɾo/; Il fonema interrotto semplice apicoalveolare è
mono-vibrante) caro /ˈkaɾo/; in spagnolo fonema diverso dal multiplo /r/, al
(sonoro) pera /ˈpeɾa/; quale si oppone solo in posizione intervocalica.
Nella pratica fonetica, questo fonema dello
spagnolo trova un correlato in italiano, poiché
è possibile in questa lingua pronunciare come
[ɾ] la r singola tra due vocali, come succede
negli esempi addotti. Essendo questo un
allofono facoltativo, per quanto diffuso, [ɾ] non
viene considerato come fonema indipendente
dai fonologi italiani mentre sì lo è, appunto, da
quelli spagnoli.
/r/ r, rr Polivibrante (sonoro) morro [ˈmoro]; Il fonema interrotto multiplo alveolare è molto
carro [ˈkaro]; simile nelle due lingue ma in spagnolo è più
perra [ˈpera] cagna breve e, come al solito, più rilassato. In posi-
Roma [ˈroma]; zione interna di parola, preceduta o seguita da
Enrique [enˈrike]; consonante (diversa da n, l, s) e in posizione
alrededor finale appare solo la grafia <r> (mai <rr>) con
[alredeˈdoɾ]; valore fonologico di arcifonema derivante dalla
Israel [iɹaˈel], neutralizzazione dell’opposizione tra /ɾ ~ r/.
[ihraˈel] Dal punto di vista fonetico la soluzione di
questi casi come [r] o [ɾ] dipende dalla si-
tuazione comunicativa e da fattori dialettali.
La trascrizione fonetica dei due primi esempi
in italiano sarebbe: [ˈmorːo], [ˈkarːo] con il
fono polivibrante lungo.
/b/ b, v Bilabiale sonoro un verbo Questo fonema è diverso dal suo correlato ita-
/ˈuMˈbeRbo/ liano in quanto possiede due allofoni combi-
[ˈumˈbeɾβo]; el natori: uno occlusivo [b], in pratica uguale
verbo /elˈbeRbo/ all’italiano, che pero è il meno frequente, giac-
[elˈβeɾβo]; ché si produce solo in posizione iniziale di di-
envidia /eMˈbidia/ scorso (dopo pausa) oppure dopo una conso-
[emˈbiðja]; bávaro nante nasale. L’altro allofono è il fono frica-
/ˈbabaɾo/ [ˈbaβaɾo] tivo/approssimante [β], variante lene dell’al-
bavarese tro, che si trova in tutte le altre posizioni, non
ha equivalente in italiano e, secondo Carrera
Díaz, si articola con le labbra socchiuse come
quando si soffia per spegnere un cerino.
D’altronde, come si può vedere, il fonema /b/ è
rappresentato in spagnolo da due grafie: <b> e
<v>; Infatti il suono [v], comune in italiano, in
spagnolo esiste solo come allofono libero o
facoltativo: solo in certe zone del Nord della
Spagna viene dato questo suono alla grafia <v>
/d/ d Dentale sonoro Dime /ˈdime/ [ˈdime] Come il precedente, presenta a) un allofono
Dimmi; falda /ˈfalda/ occlusivo [d], in pratica uguale al fonema
gonna; cuando italiano, che si produce in posizione iniziale
/ˈkuando/ [ˈkwando]; dopo pausa, oppure dopo le consonanti /l/, /n/;
codo /ˈkodo/ [ˈkoðo] mentre l’allofono più frequente è b) quello
gomito; el dado fricativo/approssimante [ð]; variante lene del-
[elˈdaðo] il dado; los l’altro che si trova in tutte le altre posizioni.
dados [lozˈðaðos] Non ha equivalente in italiano. Inoltre questo
allofono è articolato con così scarsa energia,
che non di rado, nel parlato familiare veloce,

15
Guillermo Carrascón

sparisce completamente, per cui è frequente


sentire, persino da persone colte, le forme
mascoline dei participi passati dei verbi della
prima coniugazione, che escono in –ado,
pronunciate senza esso: comprado [komˈpɾao];
adecuado [aðeˈkwao]. Nella pronuncia volgare
il fono cade anche in altri casi: Han venido
todos (Sono venuti tutti): [ˈambeˈnioˈtoːs]
/g/ g, Velare sonoro un guía [ˈuŋˈgia], Come i due precedenti si realizza in due
gu una guida (persona); varietà: a) un allofono velare occlusivo sonoro
lingüista [liŋˈgwista] [g] uguale alla realizzazione del fonema italia-
hago algo no, che si produce in posizione iniziale dopo
[ˈaɣoˈalɣo] faccio pausa, o dopo consonante nasale; e b) un
qualcosa; allofono velare fricativo/ approssimante sonoro
[ɣ], senza equivalente italiano, che appare in
tutte le altre posizioni ed è a volte di
articolazione così rilassata che diventa difficile
da percepire.
/ʝ/ y Palatale sonoro un yunque Anche se non esattamente uguale ai tre fonemi
[ˈunjˈʤuŋke] precedenti, non è difficile scorgere un
un’incudine; parallelismo tra /ʝ/ da una parte e /b/, /d/ e
el yerno [elˈʤeɾno] il /g/ dall’altra, in quanto anche il primo
genero, ma mi yerno presenta un allofono affricato [ʤ] –corri-
[miˈʝeɾno] il mio spondente a quelli occlusivi degli altri tre– che
genero; mayo [ˈmaʝo] appare dietro a /n/o /l/, e uno fricativo [ʝ] che
maggio. appare nelle altre posizioni. Come al solito si
tratta di un’articolazione simile a quella
italiana ma più rilassata, senza l’elemento
occlusivo. Inoltre /ʝ/ presenta numerose varietà
di realizzazione dialettale che si confondono
con gli allofoni facoltativi di /ʎ/ nelle zone
dello spagnolo meridionale in cui essi
appaiono.
/s/ s Fricativo alveolare sordo; 1) siracusano In spagnolo il fonema fricativo alveolare è
allofono combinatorio [siɾakuˈsano]; sordo; il suo allofono combinatorio sonorizzato
sonorizzato [z]; 2) astenia [z] si può produrre solo per contatto con una
nel nesso <sr> (come in [asˈtenja]SpS consonante sonora successiva, come in 3,
Israel, ma anche tra due [ahˈtenja]SpM particolarmente in casi di rilassamento estremo
parole diverse: los rojos) la 3) isla [ˈizla] isola della /s/ finale di parola (4). In vece un allofono
[s] può assimilarsi alla 4) las mesas prelaminodentale [s̻] (posizione intervocalica)
consonante successiva, [lazˈmesas]SpS è la realizzazione più diffusa nelle zone
scomparendo e producendo [lahˈmesah]SpM i ta- meridionali di seseo (defonologizzazione
una r fricativa [ɹ]. voli dell’opposizione /s ~ θ/). In queste zone dello
Allofoni dello SpM: 5) más mapas: spagnolo meridionale, nelle quali [s̻] è la
fricativo prelaminodentale [ˈmazˈmapas]SpS realizzazione in cui si confondono le grafie
[s̻] seguito da vocale; [ˈmahˈmapah]SpM più <ce, ci, za, zo, zu> e <se, si, sa, so, su>, la /s/
aspirato velare sordo [h] mappe in posizione finale di sillaba o parola si realizza
seguito da consonante. 6) Israel [iɹaˈel] come un’aspirazione velare o glottidale sorda
[h] leggermente più debole del suono dell’<h>
inglese (2, 5). Questa realizzazione si può con-
fondere con l’allofono dialettale di /x/ (<j, ge,
gi>) presente nelle stesse zone.
/θ/ c, z Fricativo interdentale sordo: cera [ˈθeɾa]SpS; Questo fonema possiede due allofoni
SpS: [θ] [ˈs̻eɾa]SpM facoltativi: il primo, la cui pronuncia, propria
SpM: si defonologizza la

16
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

opposizione /s ~ θ/, e la cirio [ˈθiɾjo]SpS; dello spagnolo settentrionale, non ha parallelo


realizzazione di /θ/ diventa [ˈs̻iɾjo]SpM; in italiano, si produce inserendo l’apice della
la stessa di /s/: [s̻] azuzar [aθuˈθaɾ]SpS; lingua tra le due arcate di incisivi, quella
[as̻uˈs̻ar]SpM istigare;superiore e quella inferiore; il secondo è [s̻]
zona [ˈθona]SpS; laminale dentoalveolare, simile al fonema /s/
[ˈs̻ona]SpM. italiano e uguale alla realizzazione del fonema
/s/ (<s>) nelle zone dello spagnolo meridionale
in cui appare questo allofono.
/x/ g, j Fricativo velare sordo: general [xeneˈɾal]SpS; Il fonema velare fricativo sordo non ha un
SpS: [x] [heneˈɾal]SpM; equivalente in italiano. Nello SpS presenta
SpM: [h] gitano [xiˈtano]SpS; un’articolazione tesa che si realizza alzando la
SpM
[hiˈtano] ; zona posteriore, postlaminare, della lingua e
Jesús [xeˈsus]SpS; avvicinandola molto al velo o al prevelo del
SpM
[heˈs̻uh] Gesù palato. Nello SpM si può realizzare come un’a-
ajimez [axiˈmeθ]SpS; spirazione che rappresentiamo con [h].
[ahiˈmes̻]SpM bifora
caja [ˈkaxa]SpS;
[ˈkaha]SpM cassa,
scatola

1.2 La scrittura dello spagnolo

Nella seguente tabella si dà, per così dire, la prospettiva inversa a quella dello schema
precedente, procedendo dalla grafia verso il suono, per approfondire il confronto iniziale. Con
lo sfondo giallo si indicano ora i casi in cui ad uno stesso segno grafico corrispondono valori
diversi in spagnolo e in italiano.

1.2.1 Alfabeto spagnolo Alfabeto italiano


1a /a/ [a] a /a/ [a]
2 b be /b/ [b] [] b /b/ [b]
3 c ce [ˈθe] c
fonema 1 /k/ [k] grafie: <ca, co, cu, cC,…> fonema velare occlusivo sordo f. 1 /k/ [k]
uguale al “f. 1” italiano, davanti a consonante o vocale /a,
o, u/. (Le sillabe [ke, ki] si scrivono in spagnolo <que, qui>,
con una u diacritica muta; vedi infra: 20)
fonema 2 /θ/ [θ]SpS grafie: <ce, ci>: davanti a le vocali /e, i/, <c> rappresenta f. 2 /ʧ/ [ʧ]
/s/ [s] SpM nello SpS, il fonema fricativo dentale sordo [θe, θi]
(rappresentato da “z” nelle sillabe <za, zo, zu> [θa, θo,
θu]). Nello SpM il fonema fricativo dentale sordo non
esiste e le stesse grafie <za, ce, ci, zo, zu> si leggono [s̻a,
s̻e, s̻i, s̻o, s̻u] (vedere sopra).
4 ch che /ʧ/ [ʧ] <cha, che, chi, cho chu> in pratica molto simile al fonema digram /k/ [k]
2 di <c(i)> italiano in <cia, ce, ci, cio, ciu> (anche se meno ma ch prima di
teso).
/e, i/
c(i) /ʧ/ [ʧ]
5 d de /d/ [d] [ð] d /d/ [d]
6e /e/ [e] e /e/ [e]
/ɛ/ [ɛ]
7 f efe /f/ [f] f /f/ [f]

17
Guillermo Carrascón

8 g ge [ˈxe] g
fonema 1 /g/ grafie: <ga, gue, gui, go, gu, gl, gr> Le sillabe [ge], [gi] f. 1 /g/ [g]
[g] [ɣ] (scritte in taliano <ghe, ghi>) si scrivono in spagnolo <gue,
gui> con una “u” muta in funzione diacritica equivalente
all’“h” italiana. Per scrivere in spagnolo le sillabe [gwe] e
[gwi] (italiano: <gue, gui>) bisogna usare la dieresi ¨ sulla
u per indicare che la vocale va letta: <güe, güi>.
fonema 2 /x/ [x],[h] grafie: <ge, gi>. f. 2 /ʤ/ [ʤ]

9 h hache [ˈaʧe] In spagnolo come in italiano “h” è una lettera muta, non h
rappresenta nessun suono.
10 i /i/ [i], [j] i /i/ [i]
/j/ [j]
11 j jota /x/ [x],[h] Fonema velare fricativo sordo senza parallelo in italiano, j /i/ [i];
[ˈxota] rappresentato da “j” [xa, xe, xi, xo, xu], <ja, je, ji, jo, ju>. Attualmente
Si noti che [xe, xi] ammette la grafia <ge, gi> (vedi sopra) in prestiti
oppure <je, ji>, per cui bisogna sapere a memoria quale è con i valori
la lettera giusta in ogni parola. fonologici e
fonetici della
lingua
originale.
12 k ca /k/ [k] Si usa solo in kilo (chilo), nel prefisso kilo- preposto a delle k /k/ [k]
unità di misura e in pochi stranierismi: krausismo (sistema
filosofico derivante dalle teorie di Krause), kiwi (actinidia).
13 l ele /l/ [l] l /l/ [l]
14 ll elle /ʎ/ [ʎ]SpS grafie: <lla, lle, lli, llo, llu>. In italiano // è uno dei fonemi ll /ll/ [lː]
[ˈeʎe] SpM: /ʝ/ [ʝ], intrinsecamente lunghi. Nello SpM e in buona parte di
[ʤ] quello settentrionale si è compiuta la defonologizzazione
gl(i) /ʎʎ/ [ʎː]
della opposizione /ʎ ~ ʝ/ in favore delle realizzazioni
palatali fricative, non laterali (vedi sopra).
15 m /m/ [m] m /m/ [m]
eme
16 n ene /n/ Per gli allofoni in entrambe le lingue vedi sopra. n /n/
17 ñ eñe /ɲ/ [ɲ] Il fonema nasale palatale è diverso nella grafia, sp: <ñ>, gn /ɲɲ/ [ɲː]
[ˈeɲe] it.: <gn>. La sua articolazione, in spagnolo, è breve
mentre nell’italiano standard è uno dei fonemi
intrinsecamente lunghi.
18 o /o/ [o] o /o/ [o]
/ɔ/ [ɔ]
19 p pe /p/ [p] p /p/ [p]
20 q cu /k/ [k] Il digramma <qu> si usa in spagnolo per rappresentare il q /k/ [k] nei
fonema velare occlusivo sordo /k/ davanti alle vocali /e/ e nessi
/i/. In esso la <u> è un semplice segno diacritico e non [kwV]
rappresenta alcun suono: queso (formaggio) [ˈkeso],
quien (chi) [ˈkjen], quizá (forse) [kiˈθa]. I gruppi fonici
[kwV] si scrivono in spagnolo con <c>: cuaderno, cuatro,
cuervo, acuoso.
21 r erre r /r/ [r] [ɾ]
fonema 1 /ɾ/ [ɾ] Grafia <r> intervocalica.
il fono [ɾ] si trova anche in italiano: la parola “caro” suona
in spagnolo come in certe pronunce dell’italiano: [ˈkaɾo]
(vedi sopra).

18
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

fonema 2 /r/ [r] Grafia <r> in posizione iniziale di parola o dopo


consonanti <n, l, s>; grafia <rr> in posizione intervocalica
interna di parola.
22 s ese /s/ [s], [z], vedi sopra s /s/ [s]
[s̻], [h] /z/ [z]
23 t te /t/ [t] t /t/ [t]
24 u /u/ [u] u /u/ [u]
[w] /w/ [w]
25 v uve, /b/ [b] [β] La lettera <v> rappresenta in spagnolo lo stesso valore v /v/ [v]
be baja fonologico e fonetico di <b>. Il fonema labiodentale
fricativo sonoro /v/ dell’italiano no esiste in spagnolo, se
non come allofono facoltativo di /b/ con scarsa diffusione.
26 x /k/+/s/ La lettera <x> rappresenta due fonemi insieme. La sua x /k/+/s/
equis [ks] [s] realizzazione fonetica, soprattutto seguita da consonante, [ks]
[ˈekis] sovente si presenta con l’elemento occlusivo molto
rilassato fino alla totale scomparsa, quindi come [s]: in
extra pronunciato[ˈestɾa]
27 y y /i/ [i]
i griega /j/ [j]
fonema 1 /i/ [i] <y> rappresenta il fonema vocalico /i/ in posizione finale
[j] di parola (solitamente preceduta da vocale, ma nei prestiti
e in anglicismi come gli ipocoristici Tony, Mary sovente si
usa dopo consonante); in posizione interna seguita da
consonante si trova solo in pochi prestiti procedenti dalle
lingue amerindiane: ayllu (gruppo sociale aimara); si usa
anche nella congiunzione copulativa y (e): pan y vino (pane
e vino) [ˈpa.ni.ˈβi.no].
fonema 2 /ʝ/ [ʝ], [ʤ] Nelle altre posizioni, <y> rappresenta il fonema /ʝ/, che si
realizza in due allofoni, affricato palatale sonoro [ʤ],
realizzato dopo [n], [l], se in posizione iniziale dopo pausa
o per motivi enfatici, e fricativo palatale sonoro [ʝ] che si
dà negli altri casi.
28 z zeta (o /θ/ [θ] <z> è la lettera atta a rappresentare il fonema interdentale z /ts/ [ts]
ceta) fricativo sordo /θ/ davanti alle vocali <a, o, u>. /dz/ [dz]
In ampie zone dello spagnolo meridionale si è
defonologizzata l’opposizione /s ~ θ/ e di conseguenza le
grafie <z> (e la <c> in <ce, ci>) si pronunciano come [s̻],
come esposto per la c.

1.2.2 Riassunto
1. Lettere che rappresentano alternativamente due (o più) fonemi:
<c> /k/ in <ca, co, cu, cC>: casa, cosa, curioso, activo, acción, acne.
/θ/ in <ce, ci>: cera, acción [akˈθjon].

<g> /g/ in <ga, go, gu, güe [gwe], güi [gwi], gC5>: abrogar [aβɾoˈɣaɾ], egoísta [eɣoˈista],
igual [iˈɣwal], gusarapo [{g/ɣ}usaˈɾapo] (lombrico), pingüe [ˈpiŋgwe], lingüista
[liŋˈgwista], agnóstico [a{ɣ/x}ˈnostiko], dogma [ˈdo{ɣ/x}ma], Inglaterra [iŋglaˈtera],
[inɣlaˈtera], [iŋxlaˈtera];

5
Nella pronuncia popolare o “allegro” (per usare un termine musicale in uso tra i linguisti) si può produrre una
fricativizzazione che fa diventare la [g] = [x]: [‘doxma, inxla’tera]. Lo stesso fenomeno si presenta anche in
posizione intervocalica in alcune aree del galiziano ed è conosciuto come “geada” [xeˈaða].

19
Guillermo Carrascón

/x/ in <ge, gi>: general [xeneˈɾal], gimnasia [ximˈnasja] (ginnastica).

<r> /r/ in <#r_, nr, lr>: radio [ˈraðjo], Enrique [enˈrike], alrededor [alreðeˈðoɾ] (intorno)
// in <VrV>: ahora [aˈoɾa] (adesso, ora, ormai), caro [ˈkaɾo]
/R/ in <CrV, VrC, _r#>: brusco [ˈbrusko] o [ˈbɾusko], puerta [ˈpwerta] o [ˈpweɾta],
hacer [aˈθer] o [aˈθeɾ] (fare)

<y> /i/ in <_y#, #y#, yC>: soy [ˈsoj] ((io)sono), brandy [ˈbɾandi], ayllu [ˈajʎu] o [ˈajʝu], y
[i].
/ʝ/ in <yV>: [ʝ] in <C≠{l, n}yV> abyecto [aβˈʝekto] (abietto), mayo [ˈmaʝo], adyacente
[aðʝaˈθente]; [ʤ] in <{l, n}yV> inyectar [inʤekˈtaɾ], el yunque [elˈʤuŋke]

2. La lettera <x> rappresenta contemporaneamente due fonemi: /ks/: exagerar /eksaxeˈɾaR/


(esagerare).

3. Fonemi rappresentati da più lettere:


/b/, con i suoi due allofoni, si scrive <b> o <v>. Gli ispanofoni devono imparare da piccoli la
ortografia delle parole che contengono /b/. Alcune regole sono:
Si scrive <b>:
 negli infiniti di tutti i verbi che escono in –bir (tranne hervir (bollire), servir e vivir)
e i loro derivati: escribir (scrivere), concebir (concepire);
 nell’imperfetto del indicativo del verbo ir (andare) e dei verbi che finiscono in –ar:
iba (andavo/andava), cantaba (cantavo/cantava);
 davanti a <r, l> e dietro di <m>: cable (cavo, filo elettrico), abrir (aprire), ambición;
 nei sostantivi che finiscono in –bilidad (tranne movilidad (mobilità) e civilidad
(sociabilità): debilidad (debolezza), habilidad.

Si usa <v>:
 in tutti gli infiniti verbali che finiscono in –ver (eccetto beber, bere, caber, starci,
deber, dovere, haber, avere, saber, sapere, sorber, sorbire, e i loro derivati): volver
(tornare), revolver (agitare), mover (muovere), conmover;
 negli aggettivi che finiscono in –ave, -eve, -avo/a, -evo/a, -ivo/a: grave, leve,
bravo/a, nuevo/a, esquivo/a (schivo);
 dietro <n> e <b>: envidia, obvio, subvertir.
 nelle parole derivate con il prefisso ad-: advertir, adventicio

/x/ si scrive con <j> davanti a qualsiasi vocale e si può scrivere anche con <g> davanti a
<e, i>. Come per il fonema precedente esistono in alcuni casi delle regole per sapere quale sia
l’ortografia giusta:
Si usa <j>
 nelle sillabe [xe, xi] delle forme irregolari dei verbi che non hanno <g> ne <j>
nell’infinito verbale: decir (dire) → dije (dissi); traducir (tradurre) → traduje
(tradussi);
 nelle sillabe [xe, xi] delle parole derivate da altre che hanno <j> davanti a <a> o
<o>: paradoja → paradójico; reja → rejilla;
 nelle forme dei verbi i cui infiniti escono in –jear e nei loro sostantivi derivati:
canjear (scambiare, barattare), homenajear (omaggiare), gorjeo (gorgheggio);
 nei finali di parola in –aje (incluso garaje, it.: garage) ad eccezione delle parole
colage [koˈlaʒ], enálage (enallage) e hipálage (ipallage); in –eje ad eccezione di
protege del verbo proteger; in –ije, ad eccezione delle forme verbali dei verbi che

20
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

finiscono in –egir o –igir; in –oje, ad eccezione dei termini retorici di origine greca
e desinenza in –goge e delle forme verbali di coger (prendere) e i suoi derivati; in
–uje, ad eccezione di auge, cónyuge, e le forme verbali dei verbi che escono in –
ugir (ruge: ruggisce).
Si usa <g>
 nelle parole che cominciano con gen-, geo- e ges- (eccetto Jesús, Gesù, e i loro
derivati; oltre a jengibre, zenzero, e jenízaro, giannizzero): geografía, género
(genere), gesto;
 nelle sillabe [xe, xi], in tutte le forme dei verbi che finiscono in –ger e –gir tranne
tejer (tessere), crujir (scricchiolare) e i loro derivati: proteger → protege → protegí
(io protessi);
 in tutti i finali di parola in -gión, i suoi derivati, e quasi tutti quelli in –gio/a (eccetto
bujía, candela, lejía, candeggina, apoplejía, hemiplejia, paraplejia); nei sufissoidi
–logía e –gogía: religión, religioso, naufragio, plagio, teología, pedagogía

/θ/ si rappresenta con <c> davanti a /e, i/, e con <z> davanti alle altre vocali: zapato (scarpa),
zorro (volpe), azul (blu, azzurro), celo SpS [ˈθelo], SpM [ˈselo] (zelo; nastro adesivo, scotch),
pacífico SpS [paˈθifiko], SpM [paˈsifiko]. Nel nome della lettera <z>, in alcuni nomi propri e
in alcuni prestiti si usa anche <z> nella grafia di /θe/ e /θi/: Azerbaiyán, ázimo, azimut, eczema,
enzima, nazi, neozelandés, pizzicato, zebra, zénit, Zenón, zigzag, zinc, zipizape (confusione,
tafferuglio) sono i più comuni.
/k/ si scrive con <c> davanti alle consonanti e alle vocali /a, o, u/; con il digramma <qu>,
nel quale la “u” è muta, davanti a /e, i/: casa, cosa, curioso, queso [ˈkeso] (formaggio), química
[ˈkimika]. Si rappresenta con <k> in parole di origine straniera che hanno questa lettera.
 In alcuni latinismi spagnolizzati si è tenuta fino a poco fala grafia <q>: quórum
[ˈkworum], ma desso la Academia sugerisce la grafia cuórum (Ortografía, 2010,
http://www.rae.es/recursos/ortografia/ortografia-2010)
/i/ si rappresenta solitamente con <i> ma in posizione finale di parola è sostituita da <y>
quando è preceduta da vocale (buey, bue; rey, re) e in parole straniere (brandy, Mary) e
diminutivi (Tony, Emy). Si usa anche la i griega per scrivere la congiunzione copulativa y [i]
(e): pan y vino [ˈpaniˈβino].

4. Lettere mute.
<h> non rappresenta alcun suono, come in italiano. A parte il suo uso diacritico nel digramma
<ch>, /tʃ/, appare, per motivi etimologici, nei seguenti casi:
 in posizione iniziale di quelle parole il cui etimo latino la aveva già, e che in italiano
la hanno persa: historia (storia), huésped (oste, ospite);
 oppure, per una particolare evoluzione fonetica dello spagnolo, in sostituzione di
una <f> latina che si è mantenuta in italiano: harina (farina), hambre (fame), hor-
miga (formica).
 Si usa a inizio di parola davanti al dittongo <ue> (procedente da una ŏ latina), come
conseguenza di un’antica abitudine mirata ad indicare la natura vocalica della lettera
“u” iniziale (la u e la v erano interscambiabili): huerto (orto), hueso (osso), huevo
(uovo). La convenzione grafica, proveniente dal francese, si è introdotta già nell’XI
secolo.
 Si scrivono anche con <h> iniziale le parole che cominciano con <hie-, hia-, hui->,
e quelle che iniziano con i prefissoidi greci hidr- (relativo all’acqua), higro-
(relativo all’umidità), hiper-, hipo-, hemi- (metà), hemo- (sangue), homo- (uguale),
hetero- (diverso): hiena, hiato, huir (fuggire), hidrología, higrométrico,

21
Guillermo Carrascón

hipermercado, hipocalórico, hemiciclo, hemostático, homófono, heterosexual.


<u> è muta nei gruppi: <gue, gui, que, qui>, [ge, gi, ke, ki] (italiano: <ghe, ghi, che, chi>).

5. Digrammi.
Le lettere <ch>, <ll>, <rr>, <qu> e <gu> (davanti a <e, i>) sono da considerare come lettere
singole in quanto ognuna di esse rappresenta un unico fonema. Non si possono pertanto
separare, e a fine riga il trattino di divisione di parola si collocherà davanti ad esse, scrivendo,
ad esempio: ca– cho (pezzo), ca– llo, ca– rro, da- guerrotipo, pe- queño (piccolo).
Al contrario, i digrammi italiani <gn>, <gl> e <sc>, quando si presentano nella grafia
spagnola, costituiscono nessi consonantici, cioè raggruppamenti di lettere che rappresentano
fonemi consonanti indipendenti e in particolare modo il primo e il terzo di essi si pronunciano
separatamente (anche se in SpM <sc> si confonde in [s]) e si staccano nella sillabazione: ig –
no – ran – te /ig.no.ˈɾan.te/, pis – ci – na /pis.ˈθi.na/.

1.2.3 Divisone sillabica delle parole


La struttura della sillaba spagnola è molto simile a quella italiana. Per sillabare correttamente
bisogna tener conto di poche regole:
1. Dove è possibile (e cioè dove non ci siano gruppi consonantici), la sillaba spagnola, come
quella italiana, finisce sempre in vocale. I dittonghi vanno ovviamente tenuti insieme, mentre
le vocali forti contigue si separano in sillabe diverse: pa – ta – ta, ca – ra – col (chiocciola), ca
– ba – lle – ro (cavaliere), bo – rra – cho (ubriaco), gua – po (bello, detto di persona), hie – rá
– ti – co, hé – ro – e, a – é – re – o (aereo, nei sensi aggettivi). Comunque a fine riga due vocali,
anche forti, non si possono mai separare: la parola teatro si può dividere soltanto dietro alla a,
tea- tro.
 In certi infiniti verbali che finiscono in –uar e in quelli in –uir queste vocali non
formano dittongo: con – ti – nu – ar, hu – ir.
 Ai fine del conteggio delle sillabe metriche, cioè, in poesia, è frequente, tuttavia, la
sinalefe; così nella frase Hasta ahora no ha venido (Fino adesso non è venuto) si
contano dieci sillabe grammaticali (/as.ta.a.ˈo.ɾa.ˈno.ˈa.be.ˈni.do/) ma solo otto
sillabe metriche ([as.ta.ˈo.ɾa.ˈnoa.βe.ˈni.ðo]). In generale si può affermare che la
metrica poetica segua, tranne alcuni casi di licenza poetica, la normale scansione
sillabica del discorso orale, che pratica abitualmente la sinalefe e la sineresi (unione
prosodica di due vocali forti in posizione interna di parola).

2. Quando invece ci sono gruppi consonantici:


 Di due consonanti intervocaliche, <_VCCV_>, si separano le consonanti (appartengono a
sillabe diverse), eccetto quando la seconda è una liquida, “r, l”; in questo caso vanno tutte e
due a inizio della seconda sillaba:
 <_VC – CV_>: am – nis – tí – a, per – bo – ra – to; ma se la doppia consonante è
/ks/ rappresentata da <x> non è possibile dividere la parola a fine riga in quel punto;
ciò nonostante, la divisione sillabica di, per esempio, examen, sarà /ek.ˈsa.men/.
Come si è detto sopra, i gruppi <gn> e <sc> sono considerati casi di questo tipo e
quindi vanno trattati come tali: ig – ní – fu – go [iɣ.ˈni.fu.ɣo] contrariamente
all’italiano “i – gni – fu – go” [i.ˈɲi.fu.go]; dis – cí – pu – lo [dis.ˈθi.pu.lo], a
differenza dell’italiano “di – sce – po – lo” [di.ˈʃe.po.lo];
 <_V – CrV_> o <_V – ClV_>: a – cla – rar, a – gra – rio. Se la sillaba precedente
la consonante liquida è un prefisso, la divisione sillabica si può fare dietro ad essa:
ad – la – te – re.

22
Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

 Nei gruppi di tre consonanti intervocaliche, <_VCCCV_>, la seconda sarà una “s”, e allora
si inserisce la divisione sillabica dietro di essa, oppure la terza è una liquida e allora il confine
sillabico ricade tra la prima e la seconda:
 <_VCs – CV_>: ins – tar, cons – ta – tar, ex – po – ner /eks.po.ˈneR/.
 <_VC – CrV_> o <_VC – ClV_>: ham – bre, ju – ris – pru – den – cia, in – clu –
ir (includere), al – miz – cle.

 I gruppi di quattro consonanti presentano per forza una “s” al secondo o terzo posto e si
separano sempre dietro a essa: gángs – ter, tungs – te – no, obs – tru – ir, im – pers – cru – ta
– ble, trans – plan – tar (trapiantare).
 È importante fare attenzione al fatto, che rimane ormai chiaro, che in spagnolo non
esiste la cosiddetta “s impura”, per cui nel separare i gruppi consonantici che
contengono una “s” questa rimarrà sempre in fondo alla prima sillaba: es – ta – ble
– cer (stabilire), pres – tar, Ca – rras – cón.

1.2.4 L’accento grafico


In spagnolo esiste un solo tipo di accento grafico, quello acuto ´, che nella maggior parte dei
casi sta ad indicare la struttura tonica della parola, cioè su quale vocale (e quindi su quale
sillaba) si trova l’accento prosodico o intonativo. Infatti, a seconda della presenza o assenza
della tilde accentuale e grazie a poche regole, è sempre possibile sapere quale sia la sillaba
tonica in una parola spagnola, sillaba che, ovviamente, quando appare l’accento scritto, è da
esso indicata. Quando invece non c’è la tilde accentuale e la parola è polisillaba, bisogna tener
conto della struttura grafica (o fonica, che è rispecchiata da quella grafica) della parola per
darle la giusta accentazione. Nei monosillabi, dove non può esserci dubbio, l’accento non si
scrive di norma, tranne nei casi, non poco frequenti, di coppie di monosillabi omofoni, distinti
come in italiano da un accento diacritico, che prenderemo in considerazione dopo aver esposto
le regole generali dell’accentazione.
Per la loro accentazione tonica o intonativa, le parole polisillabe dello spagnolo, come quelle
dell’italiano, si possono dividere in tre gruppi: ossitone o tronche (oxítonas o agudas) sono le
parole che ricevono l’accento tonico sull’ultima sillaba (17 % delle parole spagnole); le
parossitone o piane (paroxítonas o llanas), che sono le più numerose in spagnolo con un 80 %,
hanno l’accento sulla penultima sillaba; le proparossitone, sdrucciole e bisdrucciole
(proparoxítonas, esdrújulas e sobresdrújulas) –poco frequenti con solo un 3 %6–, sulla
terzultima e quartultima sillaba rispettivamente.
1. Indicazioni per la lettura delle parole senza accento grafico
In assenza dell’accento grafico, una parola non può essere che piana o tronca, in quanto sulle
proparossitone l’accento va sempre scritto; la parola senza accento grafico sarà piana se finisce
in vocale o con una delle due consonanti “n” o “s”; sarà invece tronca se finisce con una
qualsiasi consonante diversa da “n” o “s”, inclusa la “y”. Nella tabella successiva forniamo
una serie di esempi di questi tipi di parola, nei quali le sillabe toniche si segnalano in neretto.

Parole senza accento grafico


Piane (llanas) Tronche (agudas)
<_V#> <_n#> <_s#> <_C#> dove C  n, s
Le parole in questo In questo paradigma si In questo gruppo si Le consonanti più frequenti

6
Sono cifre arrotondate, tratte da quelle che offre Quilis (1999, pp. 402-403). Le percentuali si riferiscono ad un
corpus di 9.219 parole toniche polisillabe nel quale non si includevano gli avverbi in –mente. Per l’italiano questi
valori differiscono leggermente: arrotondando i numeri di Schmid (1999, p. 174) le frequenze sarebbero di 75 %
per le parossitone, 16 % per le ossitone e 9 % per le proparossitone.

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Guillermo Carrascón

gruppo sono le più trovano tutte le forme annoverano anche in posizione finale di parola
numerose. verbali di terza persona numerosi sostantivi e in spagnolo sono: d, j, l, n, r,
plurale. aggettivi in plurale e le s, z. Non appaiono mai ñ, q e
forme verbali di seconda v. Le altre sono poco
persona singolare. frequenti, in termini tecnici e
in prestiti o stranierismi
hombre (uomo) aborigen lunes (lunedì) ciudad (città)
codo (gomito) examen martes (martedì) verdad (verità, sing.)
agujero (buco) plancton jueves (giovedì) reloj (orologgio)
tarea (compito) aman viernes (venerdì) azul (blu e azzurro)
mesa (tavolo) amen (3ª p.p. pres. hombres (uomini) amor
escalera (scala) cong. verbo amar) verdades (verità, pl.) albornoz (accappatoio)
accidente amaron caracteres baobab islam
prueba amaban (caratteri) coñac autoestop
guitarra amaran (3ª p.p. pret. vienes, vengas, zarevich cenit
escalpelo cong. verbo amar) cantas, cantes, rosbif yogurt
pijama cacumen decides, decidas zigzag telefax
armario especimen amparas, ampares anorak robot

2. Regole per la scrittura dell’accento


Conseguenza di quanto detto sono le regole che indicano la corretta posizione degli accenti
nella scrittura delle parole polisillabe:
 a) Si scrive l’accento sulla vocale forte della sillaba tonica (ultima) delle parole tronche che
finiscono in vocale o in una delle consonanti “n” o “s”.
 b) Nelle parole piane, l’accento deve apparire scritto sulla vocale forte della sillaba tonica
delle parole che finiscono con una consonante diversa da “n” e “s”, inclusa la “y” (nonostante
il suo valore fonetico da vocale in posizione finale, a effetti grafici viene considerata
consonante).
 c) Tutte le parole sdrucciole portano l’accento grafico sulla vocale forte della loro sillaba
tonica.
Queste tre regole fondamentali si possono riassumere nella seguente tabella esemplificativa:

Parole polisillabe con accento grafico


Sdrucciole Piane Tronche
Tutte <_C#> dove C  n, <_V#> <_n#> <_s#>
s
ábaco, césped, erba, prato, acá, qua acción, azione además, inoltre
aéreo, huésped oste, ospite, allá, là algún, alcuno aguarrás, acqua-
Aristóteles, récord, Canadá, azafrán, zafferano,ragia
bárbaro, Múnich, Monaco di mamá, almacén magazzino Amadís, Amadigi
brújula,bussola Baviera) Panamá, botiquín, Andrés, Andrea
sándwich, papá, camión, anís, anice
catedrático, álef, sofá, capellán, autobús,
cetáceo, caníbal, acné, desdén, disprezzo barcelonés,
esdrújula, cárcel, café, flautín, cortés,
héroe, árbol, carné, tessera, hollín, fuliggine detrás, dietro
línea, chándal, tuta da gin- tupé, religión, entredós, credenza
miércoles, nastica amé7, amai, sartén, padella (mobile)
mercoledì fútbol, football, ahí, lì, zaguán, ingresso francés,
núcleo cónsul, allí, lì, Sono inoltre molto inglés,

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In –é esce la prima persona singolare del passato remoto dei verbi regolari della prima coniugazione.

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Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

pretérito, quídam, aquí, qui, numerose (ca. 2300) Jesús, Gesù


régimen, ídem, así, così, le parole che finiscono marqués,
tándem, bebí 8, bevvi, in Moisés, Mosè
último,
álbum, guaraní, -ción equivalente del país, paese (nazio-
único, suffiso italiano
vademécum, rubí rubino), ne)
armónium, amó 9, amò,
-zione París, Parigi
cuórum, landó, Pentecostés,
azúcar, paletó, piamontés,
búnker, rondó, compo- repelús, ribrezzo
carácter sizione musicale,
flúor, bambú,
júnior, canesú,
básquet, pallacane- champú, shampoo,
stro, menú,
Tíbet, Moscú, Mosca,
clímax, Perú,
tórax, tabú,
yóquey, fantino, vermú,
alférez, sottotenente,
Cádiz, Cadice,
cáliz, calice,
pómez, pomice,
Túnez
Alle tre regole raccolte nella precedente tabella bisogna aggiungerne una quarta:
 d) Quando in un gruppo vocalico (Vedi 1.1.2) formato da una o più vocali deboli e una forte
l’accento tonico cade su una delle vocali deboli, esso va sempre scritto, per indicare che si
tratta di uno iato, cioè che la vocale debole tonica non forma dittongo con quella forte contigua,
bensì costituisce il nucleo di una sillaba diversa: día (giorno) /ˈdi.a/; comíais (mangiavate)
/ko.ˈmi.ais/; pinchaúvas (ladruncolo) /pin.tʃa.ˈu.bas/; ríe (ride) /ˈri.e/.
3. Accenti diacritici
Insieme agli accenti indicativi della prosodia fin qua esposti, esistono in spagnolo, come in
italiano, i cosiddetti accenti diacritici, che si usano su una delle due parole che si trovano in
coppia omofona – di solito su quella delle due parole che è effettivamente tonica nella normale
intonazione – in maniera da eliminare delle possibili ambiguità. Gli accenti diacritici si usano
con maggiore frequenza su monosillabi, costituendo delle eccezioni al principio secondo il
quale questo tipo di parole non va accentato. Indichiamo di seguito i casi più comuni di coppie
di parole omofone, con la relativa accentazione:

Parole toniche con accento grafico Parole atone senza accento grafico
aún, ancora: No ha hablado aún, Non ha ancora aun, persino: Aun los niños lo saben, Persino
parlato i bambini lo sanno

8
In –í escono le prime persone singolari del passato remoto dei verbi regolari della seconda e terza coniugazione.
9
In –ó escono le terze persone singolari del passato remoto dei verbi regolari.

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Guillermo Carrascón

cómo, come, cuál, quale, cuándo, quando, cuánto, como, come, cual, quale, cuando, quando,
quanto, dónde, dove, qué, che, quién, chi, con cuanto, donde, dove, que, che, quien, chi,
valore interrogativo o esclamativo, sostantivati o con altri valori (avverbi subordinanti di
come avverbi subordinanti relativi senza tempo, modo, luogo:
antecedente: Haz como te digo, Fai come ti dico
¿Cómo quieres el café?, Come vuoi il Ligero cual pluma, Leggero quale una
caffè? piuma
¡Cómo come!, Quanto mangia! Ven a buscarme cuando te llame,
No sé ni el cómo ni el cuándo Non so né il Vieni a prendermi quando ti chiamerò
come né il quando Cuando niño, lloraba Da bambino,
Dime cuál prefieres, Dimmi quale preferi- piangevo
sci Quiero que vengas, Voglio che tu
No sé cuándo, Non so quando. venga
¡Cuándo aprenderás! Quando imparerai! Habla con quien quieras, Parla con
No sé dónde va, Non so dove vada chi vuoi
¡Qué risa!, Che ridere! Aqui es donde yo nací, Qui è dove io
¿Quién es?, Chi è? sono nato
¿Por qué lo sabes?, Perché lo sai? Lo hago porque quiero, Lo faccio
¿Y tú qué sabes?, E tu cosa ne sai? perché voglio
Me dijeron cómo lo querían, Mi hanno Lo hicieron como se lo pedí, L’hanno
detto come lo volevano fatto come gliel’avevo chiesto
dé, dia, 3 pers. sing. pres. cong, verbo dar, dare de, di, da, preposizione
él, egli, pronome personale di soggetto el, il, articolo determinativo maschile
singolare
más, più, quantificatore, avverbio mas, ma, congiunzione avversativa
mí, me, pronome personale complemento di 1ª mi, mio/a, aggettivo possessivo di 1 per.
persona, termine di preposizione sing. determinante, (forma apocopata
preposta)
sé, so, 1 per. sing. pers. Indicativo, verbo saber se, si, pronome complemento clitico di
sii, imperativo 2 per. sing. verbo ser terza persona
sí, sì, avverbio affermativo si, se, congiunzione condizionale
sé, pronome riflessivo di 3 persona,
termine di preposizione
si, settima nota della scala musicale
tú, pronome personale di 2 pers., soggetto tu, tuo/a, aggettivo possessivo di 2 per.
sing. determinante, (forma apocopata
preposta)

Infine bisogna aggiungere in questo elenco: a) i deittici este, ese, aquel in funzione
pronominale, che si possono accentare per evitare una possibile confusione con un loro uso
aggettivale; e b) la congiunzione disgiuntiva o, che si può accentare quando appare scritta tra
cifre, per evitare di confonderla con lo 0: 54 ó 55. Questo accento diventa, però, innecessario
nella scrittura meccanizzata.

Nota
 Le parole in cui il nucleo della sillaba tonica è occupato da un dittongo o un trittongo (Vedi
1.1.2), seguono queste stesse regole di accentazione in maniera che, là dove indicato dalle
regole, l’accento si scrive sulla vocale forte del dittongo o trittongo in posizione nucleare di
sillaba tonica: in cacahué (arachide) /ka.ka.ˈue/, in cambiáis (cambiate) /kam.ˈbiais/, in
ambición /am.bi.ˈθion/, in Ynduráin /in.du.ˈɾain/ e in ventiséis /ben.ti.ˈseis/, si scrivono gli

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Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

accenti seguendo la regola a); in tráiler /ˈtRai.leR/ si compie b); e c) in miércoles


/ˈmieR.ko.les/.
 Esistono numerosi prestiti stranieri che non sono stati adattati alla grafia spagnola, e non
seguono quindi queste regole, insieme ad altri già “spagnolizzati” nei confronti
dell’accentazione, per cui scriviamo smoking (non smóking), parking (non párking) e
troviamo tippex (bianchetto) scritto con doppia consonante e senza accento, nonostante la
pronuncia piana /ˈti.peks/, insieme a pírex (pirófila, vetro resistente al caldo), clínex
(“kleenex”), líder (leader), párkinson o fútbol nei quali la grafia si è adattata, anche per quel
che riguarda l’accento, agli usi spagnoli.
 Le attuali regole di accentazione sono state introdotte dalla Real Academia de la Lengua
nel 1913. Quindi è possibile trovare nelle opere stampate prima di questa data usi diversi per
quanto riguarda gli accenti.

1.2.5 La punteggiatura

1. La differenza più palese tra lo spagnolo e l’italiano è già apparsa in alcuni degli esempi
precedenti; sono infatti caratteristici dello spagnolo:
 I punti di apertura di domanda ¿ e di esclamazione ¡, di uso obbligatorio per indicare il
punto della frase dove comincia l’intonazione speciale propria di questi modi
dell’enunciazione. Questo punto non necessariamente deve coincidere con l’inizio della frase:
Pero¿qué quieres? (Ma cosa vuoi?); Y tú, ¿qué dices? (E tu, cosa dici?); Pues ¡estupendo!
 La tilde ˜, che sovrapposta al grafema n rappresenta il fonema /ɲ/ nasale palatale. Nell’uso
antico, anche a stampa (fino al secolo XVII) si impiegava per indicare una nasale omessa e per
altre abbreviazioni: ad esempio tã si deve leggere tan e q con la tilde sopra era sovente
abbreviazione di que per motivi tipografici.
 La crema della dieresi ¨, che sulla u dei gruppi <güe, güi> indica che tale lettera va letta col
suo valore semiconsonantico [w].
2. Invece non è frequente in spagnolo l’apostrofo ‘ , in quanto il fenomeno dell’elisione
vocalica –che, anche se è considerato un tratto “volgare”, si può riscontrare non di rado nel
parlato– non viene solitamente rappresentato dalla scrittura. Tuttavia nelle opere letterarie si
può trovare l’apostrofo nello stile diretto che rappresenta il discorso dei personaggi, quando,
appunto, si vuole caratterizzare come volgare il loro parlato. Così, ad esempio, José María
Gabriel y Galán, che scrisse abbondante poesia nella modalità linguistica dell’Extremadura,
usava l’apostrofo –in maniera un po’ arbitraria– per indicare le elisioni proprie della pronuncia
volgare, tra le altre, in queste frasi: “¡A mí n’ámas me gusta…!” (A mí nada más me gusta…)
(A me piace solo…, A me non piace altro che…); “Pero ya s’ha muerto” (... ya se ha…) (Ma
è già morta).
3. Il punto e il punto e virgola si usano in maniera somigliante, eccetto il caso in cui il punto si
usa per segnare l’abbreviazione di una parola per eliminazione di lettere interne. Mentre in
italiano si usa mettere un punto in posizione media, per così dire, al posto delle lettere eliminate
–come in “Sig.ra” per “Signora” o “C.so” per “Corso”–, in spagnolo il punto si colloca sempre
alla fine. Così Avda. è l’abbreviazione di Avenida (Viale) e Excmo. Sr. si usa per abbreviare il
trattamento di Excelentísimo Señor che si dà ai ministri e ad altri dignitari.
4. Anche nell’uso dei due punti e della virgola si possono osservare piccole differenze:
 Dopo l’intestazione delle lettere, dove in italiano si usa la virgola in spagnolo si mettono i
due punti:
Muy Srs. Míos: Spett. Ditta,
Estimado Sr. López: Egregio Sig. Rossi,
Querido Juan: Caro Giovanni,

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Guillermo Carrascón

 Si usa la virgola in spagnolo, ma non in italiano, quando si scrive un indirizzo, tra il nome
della via e il numero civico (e a volte tra il numero civico e i dati relativi all’appartamento, che
in italiano solitamente si omettono):

Avda. de América, 14, 1º B C.so Nuova Italia 120

 Si mette la virgola in spagnolo tra i cognomi10 e il nome (o i nomi) di battesimo quando si


scrivono in quest’ordine, inverso al naturale:

Tastel Lacarra, Margarita


Aguado Palacios, José

 Non è infrequente in italiano trovare degli elenchi, delle enumerazioni o delle serie senza
virgole, nonostante nelle grammatiche si indichi il contrario (ad es.: Dardano e Trifone, 1997,
p. 624). In spagnolo questo è considerato un errore, più che una scelta stilistica.

...con l'aiuto di parole italiane inglesi e …con ayuda de palabras italianas,


francesi inglesas y francesas
…fin quando la vita di ogni giorno, il …hasta que la vida de todos los días, el
lavoro la famiglia gli amici, non li rias- trabajo, la familia, los amigos, no los
sorbe e li assimila: reabsorben y los asimilan
(L. Sciascia, L’antimonio)

5. Infine, per quanto riguarda le maiuscole e le minuscole coincide quasi esattamente nelle due
lingue, tranne:
 L’uso italiano della maiuscola per gli aggettivi nominalizzati che fanno riferimento ad una
popolazione, all’insieme degli abitanti di una città, ad una scuola o gruppo artistico o filosofico,
non trova corrispondenza in spagnolo, che scrive con minuscola anche queste parole:

Los etruscos no conocieron a los pitagóricos Gli Etruschi non conobbero i Pitagorici

 Non esiste in spagnolo (e sta scomparendo in italiano) l’abitudine di usare la maiuscola di


cortesia nelle parole che fanno riferimento diretto alla persona alla quale si scrive:

Agradeciéndole su interés, le saluda atentamente Nel ringraziarLa del Suo interessamento, Le


porgo distinti saluti

 Si usa invece in spagnolo, contrariamente a quello che si fa sovente in italiano, mettere in


maiuscolo ognuna delle lettere integranti una sigla:

Los DS se alejan de las posiciones de la CGIL I Ds si allontanano dalle posizioni della Cgil

Nota bene:
Non si deve (né in italiano né in spagnolo) usare la maiuscola per ogni parola del titolo di
un’opera letteraria, cinematografica o artistica in generale, mentre si fa così per i titoli di
periodici, riviste e giornali. L’uso delle maiuscole per ogni parola si sta estendendo per influenza

10
Com’è risaputo, gli spagnoli, i portoghesi e molti latinoamericani (a seconda dello stato di nascita) ricevono
legalmente due cognomi, il primo del padre e il primo della madre. Ai figli, i maschi trasmetteranno, a loro volta,
il loro primo cognome come primo cognome e le femmine, il loro primo cognome come secondo cognome.
Oggigiorno è in vigore, inoltre, una legge che permette anche modificare a scelta quest’ordine, dando ai propri
figli, in primo luogo, il primo cognome materno e in secondo il primo paterno.

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Fonética Contrastiva Italo-Spagnola

delle abitudini anglosassoni.


“Historia universal de la infamia” es una obra “Storia universale dell’infamia” è un’opera
de Borges di Borges
En el quiosco de periódicos sólo tenían “El All’edicola avevano solo “El País” e “El
País” y “El Faro de Vigo” Faro de Vigo”

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