2-2 $UWtFXORV
81/(7725($17,&2'(//$5(38%%/,&$
180(1,2',$3$0($*
MAURO BONAZZI
I.
Come è stato a più riprese sottolineato, una delle caratteristiche costanti del
pensiero greco si trova nella tendenza a sviluppare le proprie dottrine sulla base
di coppie di principi contrapposti.1 È una convinzione che ritroviamo già nelle
pagine di Aristotele, quando osservava che WXWWL i suoi predecessori, quasi che la
verità stessa li avesse costretti, sostenevano che gli elementi e ciò che essi chia-
mavano principi fossero i contrari.2
Per quanto forse eccessiva nella pretesa di valere universalmente, l’afferma-
zione aristotelica sottolinea un tema essenziale del pensiero di Platone, che aveva
sfruttato in diversi modi e con differenti intenti questo principio di polarità. Ne è
esempio l’antitesi che distingue la realtà in ciò che è da ciò che diviene, il mondo
dell’essere dal mondo del divenire, una distinzione che trova nel discorso intro-
duttivo del 7LPHR una presentazione esplicita e celebre tanto ai giorni nostri
quanto nell’antichità.3 Ma proprio nel 7LPHR, accanto a questa antitesi fondamen-
tale, si può leggere di una tripartizione dei principi ultimi che costituiscono la
realtà: non più solo il modello e la copia, ma anche un terzo elemento, un de-
miurgo divino responsabile della trasmissione di ordine e artefice della creazione
dell’universo sensibile.
Uno dei compiti fondamentali del platonismo, in particolare della prima età
imperiale, quando più profondamente fu sentita l’autorità del 7LPHR, consistette
proprio nel tentativo di chiarire le problematiche relazioni tra questi tre principi.
In generale, per quanto sia rischioso riprodurre classificazioni troppo rigide, un
* Versioni precedenti di questo lavoro sono state presentate nelle università di Pavia e di Roma
‘La Sapienza’: ringrazio i partecipanti per suggerimenti e obiezioni. Sono inoltre riconoscente a Fer-
nanda Caizzi, Riccardo Chiaradonna, Pierluigi Donini, Alessandro Linguiti, Stefano Martinelli Tem-
pesta, Franco Trabattoni e Marco Zambon per aver discusso e commentato la redazione finale del
saggio.
1
Per quanto limitate in particolare alla filosofia presocratica, sono ancora fondamentali le ricer-
che di G.E.R. Lloyd, 3RODULW\ DQG $QDORJ\ 7ZR W\SHV RI DUJXPHQWDWLRQ LQ HDUO\ *UHHN WKRXJKW,
Bristol 19923.
2
3K\V 188b27-30; cfr. anche 0HWDSK1087a29-31.
3
7LP 27d5-28a1; in generale, cfr. H. Thesleff, 6WXGLHV LQ 3ODWR¶V WZROHYHO PRGHO, Helsinki
1999. La centralità e l’importanza di questo passo erano ben note anche a Numenio, come si ricava
dal fr. 7 des Places (cfr. anche frr. 2, 23 e 3, 1); cfr. M. Baltes, 'HU 3ODWRQLVPXV LQ GHU $QWLNH, IV:
'LH SKLORVRSKLVFKH /HKUH GHV 3ODWRQLVPXV (LQLJH JUXQGOHJHQGH $[LRPH 3ODWRQLVFKH 3K\VLN LP
primo tentativo di soluzione fu quello che individuava nel demiurgo il dio creato-
re del cosmo, e nelle idee i suoi pensieri.4
Questa costruzione aveva l’indubbio merito di favorire una lettura teologica
della filosofia platonica con il dio in posizione preminente, in piena sintonia con
la profonda religiosità che caratterizza la prima età imperiale e che avrebbe con-
dotto alla gestazione di una vera e propria teologia platonica.5 Tuttavia, da un
punto di vista più filosofico, una simile interpretazione non risultava pienamente
soddisfacente, e non solo perché andava contro la lettera del 7LPHR, che difficil-
mente vede il demiurgo al di sopra di tutto.6
Ancora più gravemente, essa tendeva a confondere i due principi più impor-
tanti, il dio e le idee. La tesi delle idee come pensieri di dio limitava l’autonomia
delle prime, riproducendo di fatto un dualismo di principi, mentre il primo princi-
pio divino, in conseguenza di questo legame così stretto con il mondo eidetico,
paradigma intelligibile ma non privo di una consistenza ontologica, rischiava di
sfumare in una molteplicità di principi.7
4
Cfr. ad es. Phil. Alex.'HRSLIPXQG 19; Aët. SODF I 3, 21 e 10, 3; Sen.(S 65, 7; Alcin.'L
GDVF , p. 163, 14-15 e 30-31; Hippol.5HI I 19, 2. Tra i filosofi meglio conosciuti questa interpreta-
zione è attestata nei frammenti di Attico, (ad es. frr. 9, 35-45; 19; 34 d. P.), cfr. M. Baltes, “Zur Phi-
losophie des Platonikers Attikos”, in H. D. Blume – F. Mann (ed.), 3ODWRQLVPXV XQG &KULVWHQWXP
)HVWVFKULIW IU + '|UULH, Münster 1983, pp. 39-47; M. Zambon, 3RSUK\UHHWOHPR\HQSODWRQLVPH,
Paris 2002, pp. 151-161. In discussione è invece la posizione di Plutarco, cfr. Ch. Schoppe, 3OX
WDUFKV,QWHUSUHWDWLRQGHU,GHHQOHKUH3ODWRQV, Münster-Hamburg 1994 con le persuasive riserve di F.
Ferrari,“La teoria delle idee in Plutarco”, (OHQFKRV 17 (1996) 121-142. Una riproposizione di questa
tesi nel dibattito moderno si deve a E. D. Perl, “The Demiurge and the Forms: a return to the ancient
interpretation of Plato’s 7LPDHXV”, $QFLHQW 3KLORVRSK\ 18 (1998) 81-92; cfr. anche J. Halfwassen,
“Der Demiurg: seine Stellung in der Philosophie Platons und seine Deutung im antiken Platonis-
mus”, in A. Neschke-Hentschke (ed.), /Hµ7LPpH¶GH3ODWRQ&RQWULEXWLRQVjO¶KLVWRLUHGHVDUpFHS
WLRQ, Leuven 2000, pp. 39-62.
5
Un esempio concreto dell’importanza del momento religioso si riscontra in particolare nell’at-
tenzione che viene prestata alla questione della provvidenza nell’interpretazione del 7LPHR, cfr. Plut.
'H,VHW2V 371E, 'HGHIRUDF426E e 436D; Attic. fr. 4 d. P.; Taur. fr. 26 Gioè; Sever. T 8 Gioè.
355-357; 410-412.
6
Cfr. M. Frede, “Numenius”, in $15: II 36.2 (1987) 1061-1062.
7
Ad ulteriore conferma della vivacità intellettuale tipica di questo periodo va osservato che i
platonici si mostrarono ben consapevoli delle difficoltà, cercando soluzioni soddisfacenti: tra le altre
è stato di recente sottolineato l’acume di cui diede prova il primo maestro di Porfirio, l’ateniese Lon-
gino, che, richiamandosi alla teoria stoica dei OHNWD, cercò di distinguere tra l’atto di pensiero del dio
e il contenuto di quel pensiero, ribadendo in tal modo la semplicità del dio e contemporaneamente
anche la sussistenza extramentale delle idee, cfr. fr. 18 Brisson – Patillon, con il commento di M.
Frede, “La teoria de las ideas de Longinos”, 0pWKH[LV 3 (1990) 92-95; M. Bonazzi, “Plotino e la tra-
dizione pitagorica”, $FPH 53 (2000) 59-60; I. Männlein-Robert, /RQJLQ 3KLORORJH XQG 3KLORVRSK
(LQH,QWHUSUHWDWLRQGHUHUKDOWHQHQ=HXJQLVVH, Leipzig 2001, pp. 536-547.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 3
II.
Se pure interessante, questa dottrina non manca però di sollevare a sua volta
problemi e difficoltà, visto che restavano da chiarire le relazioni che intercorre-
vano tra questo primo principio assolutamente semplice e il secondo principio, e
quelle tra il secondo e il terzo. E soprattutto, quali testi platonici legittimavano
una simile ricostruzione del suo pensiero?
In un contesto come quello della prima età imperiale, dove la filosofia si ri-
solve essenzialmente nell’esegesi di testi autorevoli, questo genere di problemi è
il primo a dover essere affrontato: anche nel frammento 17 appena citato è facile
constatare che Numenio, a puntuale conferma dell’importanza del ‘principio di
8
Nel caso di Numenio, il condizionale in riferimento alle idee è d’obbligo, dato lo scarso nume-
ro di notizie che si possono ricavare dai frammenti superstiti (ma cfr. fr. 18, 10). Del resto, come mi
comunica P. L. Donini SHUOLWW, non si può escludere che questo silenzio non dipenda tanto (o soltan-
to) dallo scarso numero di testimonianze che si sono conservate fino a noi, quanto da effettive diffi-
coltà che Numenio avrebbe incontrato nel trattare le idee. Si tratta ovviamente di una questione che
necessita di un trattamento specifico.
4 0DXUR%RQD]]L
autorità’, non parla a proprio nome ma come esegeta di Platone (HMSHLGK K>G HLR-
3ODYWZQl. 1).9
Ma in quali passi dei dialoghi si legge una presa di posizione analoga a quella
che Numenio attribuiva a Platone? Pur riconoscendo che mancano paralleli esatti,
Éduard des Places nella sua edizione dei frammenti rinvia a 7LPHR 28c;10 più in
generale, l’importanza di questo dialogo si ricava anche dall’accenno al demiur-
go (GKPLRXUJRYQ, l. 2).
Ma, per quanto centrale, il 7LPHR non solo non costituisce il testo di riferi-
mento per questa dottrina, ma addirittura è causa di ulteriori difficoltà. Se è vero
che Numenio ritrova la tripartizione dei tre principi in alcuni passaggi decisivi
del dialogo, non meno vero è che questa interpretazione avviene a prezzo di pe-
santi forzature della lettera del testo: ben difficilmente il celebre passo di 39e si
presta a una simile lettura (fr. 22), e già agli antichi non era sfuggita la surrettizia
divisione tra ‘padre’ e ‘creatore’ nell’altrettanto celebre passo di 28c e l’ingiusti-
ficata inversione dei due termini che Numenio sembra aver tacitamente adottato
(fr. 21).11 Come ha osservato Matthias Baltes, questa dottrina non può essere ri-
cavata GDOO¶LQWHUQR del 7LPHR: questo dialogo, per usare le parole del compianto
studioso tedesco, non può costituire un $XVJDQJVSXQNW, ma rappresenta al più
una ZLOONRPPHQH %HVWlWLJXQJ, la conferma apprezzata di una tesi che trovava
fondamento altrove.12
Il problema è dunque trovare i punti di riferimento che servirono a Numenio.
Un testo certamente importante è costituito dallaVHFRQGDOHWWHUD platonica, dove
si distinguono tre diversi ordini della realtà (312e).13 Considerata autentica senza
9
Il che non era sfuggito neppure a Eusebio di Cesarea, la nostra fonte più importante, che pre-
senta Numenio come WKQWRX
3ODYWZQRGLDYQRLDQGLHUPKQHXYZQ(3( XI 21, 6).
10
É. Des Places, 1XPpQLXV)UDJPHQWV, Paris 1973, p. 111 nota 1. Un parallelo esatto, come os-
serva l’editore francese (LYL, nota 7, cfr. anche J. Dillon, 7KH 0LGGOH 3ODWRQLVWV, London 19962, p.
363; M. Zambon, 3RUSK\UH HWOH0R\HQSODWRQLVPH, cit., p. 63), si trova negli 2UDFROL&DOGDLFL (fr.
7), ma le relazioni tra questo testo e Numenio restano ancora poco chiare; cfr. ora, sul fr. 7 degli
2UDFROL, il bilancio di A. Linguiti, “Motivi di teologia negativa negli 2UDFROL&DOGDLFL”, in F. Calabi
(ed.), $UUKHWRV 7KHRV /¶LQHIIDELOLWj GHO SULPR SULQFLSLR QHO PHGLR SODWRQLVPR, Pisa 2002, pp. 107-
108.
11
Cfr. ad es. J. Whittaker, “$55+726 .$, $.$7$120$6726”, in H. D. Blume – F.
Mann (ed.), 3ODWRQLVPXV XQG &KULVWHQWXP, cit., pp. 304-305. Per ulteriori attestazioni di questa in-
versione, cfr. Iust. ,,$SRO 10, 6; Clem. Alex. 3URWU VI 68, 1; 6WURP V 12, 78, 1; interessante è an-
che Plut. 3ODW TXDHVW II 1, 100e, che non opera però una distinzione tra un dio padre e un dio de-
miurgo.
12
M. Baltes, “Numenius von Apamea und der platonische 7LPDLRV”, 9&K 29 (1975) 258 (ora in
Id., ',$12+0$7$ .OHLQH 6FKULIWHQ ]XU 3ODWR XQG ]XP 3ODWRQLVPXV, Stuttgart-Leipzig 1999, pp.
19-20).
13
Così M. Baltes, “Numenius”, cit., 265; J. Dillon, 7KH 0LGGOH 3ODWRQLVWV, London 19962, p.
367, il quale osserva che nello scritto SHUL WK
WZ
Q ’$NDGKPDL!NZ
QSUR3ODYWZQDGLDVWDYVHZ
una tripartizione in tre divinità è attribuita anche a Socrate (fr. 24, 51); cfr. anche M. Frede, “Nume-
nius”, cit., 1055-1056; L. Brisson, “The Platonic background in the $SRFDO\SVH RI =RVWULDQXV. Nu-
menius and /HWWHU ,, attributed to Plato”, in J. J. Cleary (ed.), 7UDGLWLRQV RI 3ODWRQLVP (VVD\V LQ
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 5
Una lettura attenta dei testi platonici deve evitare di confondere WRDMJDTRYQdi
5HVS 508-509 con l’DMJDTR GKPLRXUJRY di 7LP 29e1:16 l’interpretazione di
Numenio è il risultato di una corretta esegesi che trova conferme e chiarimenti
nel confronto tra i dialoghi secondo la regola del 3ODYWZQDHM[ 3ODYWZQRVD
IKQLY]HLQ.
In opposizione alle teorie del platonismo ateniese,17 il primo principio viene
dunque distinto dal demiurgo e identificato con l’idea del bene. Lo stesso titolo
KRQRXU RI -RKQ 'LOORQ , Aldershot-Brookfield 1999, pp. 179-187. Giustamente M. Zambon, 3RU
SK\UH , cit., p. 222 ricorda anche la /HWWHUD9,, dove si accenna a WRQWZ
QSDYQWZQTHRQK-JHPRYQDe
a WRX
WHK-JHPRYQRNDLDLMWLYRXSDWHYUD(323d).
14
Oltre al saggio appena citato di Brisson, cfr. anche P. T. Keyser, “Orreries, the date of [Plato]
/HWWHU II, and Eudorus of Alexandria”, $*3K 80 (1998) 241-267, il cui tentativo di attribuire la pa-
ternità della lettera a Eudoro di Alessandria o a un suo allievo, per quanto interessante, rischia di
costituire un ulteriore esempio di quel “pan-eudorism” che J. Rist aveva stigmatizzato recensendo
“Scepticism or Platonism? The philosophy of the Fourth Academy”, di H. Tarrant (cfr. 3KRHQL[ 40
[1986] 468).
15
Sulle problematiche categorie storiografiche di ‘medioplatonismo’, ‘platonismo pitagorizzan-
te’ e ‘neopitagorismo’, cfr. ora B. Centrone, “Cosa significa essere pitagorico in età imperiale. Per
una riconsiderazione della categoria storiografica del neopitagorismo”, in A. Brancacci (cur.), /DIL
ORVRILDLQHWjLPSHULDOH/HVFXROHHOHWUDGL]LRQLILORVRILFKH, Napoli 2000, pp. 137-168.
16
Cfr. anche frr. 16, 14-15 e 19, 8-13
17
In particolare Attico e Longino, cfr. VXSUDnote 4 e 7.
6 0DXUR%RQD]]L
III.
Una delle testimonianze più vivacemente discusse dalla critica moderna è si-
curamente il fr. 21, dal commentario al 7LPHRdi Proclo, dove il neoplatonico cri-
tica Numenio per l’impiego di uno stile enfatico (SURVWUDJZGZ
Q) che ha prodot-
to una confusione inammissibile nella determinazione della natura del Bene e
della sua funzione causale. In sintesi, Numenio avrebbe celebrato tre dei, che
vengono indicati come padre (SDWHYUD), produttore (SRLKWKYQ) e prodotto (SRLYK
PD): dato il contesto esegetico in cui compare la testimonianza, il riferimento al
7LPHR appare scontato, e il problema risiederebbe allora nell’ingiustificata divi-
sione e inversione del padre e del creatore di 28c3-5. Ma questo riferimento al
7LPHR sembra riguardare più Proclo che Numenio, il quale invece – per ammis-
sione dello stesso Proclo – ricorre ad altri termini:
“è meglio esprimersi così che come invece si esprime quello con uno stile tra-
gico: avo, prole, discendenza (SDYSSRQH>JJRQRQDMSRYJRQRQ).” (fr. 21, 5-8)
18
E’ nota l’affermazione di H. Dörrie secondo cui nessun medioplatonico avrebbe notato l’im-
portanza di questa sezione della 5HSXEEOLFD (“Die Frage nach dem Tranzendentem im Mittelplato-
nismus”, in /HVVRXUFHVGH3ORWLQ, Entretiens sur l’antiquité classique, V, Vandœuvres-Genève 1960,
pp. 229-230); ma cfr. ora le ricerche di J. Whittaker, “(3(.(,1$128.$,2868$6”, 9&K 23
(1969) 91-104, e di M. Baltes, “Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond being?”, in M.
Joyal (ed.), 6WXGLHVLQ3ODWRDQGWKH3ODWRQLFWUDGLWLRQ(VVD\VSUHVHQWHGWR-RKQ:KLWWDNHU, Hamp-
shire 1997, pp. 12-23.
19
Sulla problematicità di queste categorie storiografiche, cfr. P. L. Donini, “Medioplatonismo e
filosofi medioplatonici. Una raccolta di studi”, (OHQFKRV 11 (1990) 79-93, e l’$IWHUZRUGV di J. Dillon
alla seconda edizione del suo 7KH0LGGOH3ODWRQLVWV, London 19962, pp. 422-452.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 7
“Sù, benedetti amici, lasciamo stare per il momento che cosa sia mai il bene
in sé: mi sembra una cosa troppo alta, rispetto al fondamento di cui disponiamo,
perché possiamo raggiungere ora il concetto che ne ho io. Invece voglio dire, se
ne siete contenti pure voi, quello che sembra la prole del bene, cui molto somi-
glia (H>NJRQRYWHWRX
DMJDTRX
NDLR-PRLRYWDWRHMNHLYQZ).” (5HVS 506d8-e5)25
20
'HU8UVSUXQJGHU*HLVWPHWDSK\VLN , Amsterdam 1964, p. 70.
21
Numenio è il primo autore ad essere introdotto e discusso da Proclo nella sezione del suo
commentario dedicata all’indagine del demiurgo, di cosa è e di quale posizione occupi nella realtà
(,Q7LP, I, p. 303, 24-27); cfr. anche 73 V 13, con il commento di J. Dillon, “The role of the Dem-
iurge in the 3ODWRQLF WKHRORJ\”, in A.Ph. Segonds – C. Steel (ed.), 3URFOXV HW OD WKpRORJLH SODWRQL
FLHQQH$FWHVGX&ROORTXH,QWHUQDWLRQDOGH/RXYDLQPDLHQO¶KRQQHXUGH+'6DIIUH\
23
Così anche A. Festugière nella sua traduzione del commentario procliano: “il faut ou écrire
H>NJRQRQ (FL Leemans, p. 88, coll. 7LP 50d4) ou entendre H>JJRQRQ comme H>NJRQRQ (LSJ, s.v., 2)”
(3URFOXV &RPPHQWDLUH VXU OH 7LPpH, trad. et notes par A. J. F., vol. II, Paris 1967, p. 157 nota 47).
E’ molto significativo che questa alternanza compaia anche nel caso della 5HSXEEOLFD platonica
(364e4), un testo la cui importanza verrà subito evidenziata.
24
Il termine compare anche in 7LP 50d4, ma in un contesto diverso e meno pertinente.
25
Lo stesso termine torna anche nella battuta successiva di Socrate, a 507a2-3, insieme a WRYNR
26
5HVS 506e6-7: “sù, disse, parla! salderai un’altra volta il tuo debito con il racconto del padre
(WRX
SDWURWKQGLKYJKVLQ)”; a parlare è Glaucone. M. Vegetti (a cura di), 3ODWRQH/D5HSXE
EOLFD, vol. V: OLEUL9,9,,, Napoli 2003, p. 85 nota 123, osserva molto acutamente che sarebbe “sug-
gestivo pensare che questa GLHJHVLV “del padre” alluda al mito del 7LPHR, dove il demiurgo è appunto
chiamato SDWHU NDL SRLHWHV”. Successivamente egli scarta una simile possibilità notando che il de-
miurgo rappresenta uno stadio inferiore al paradigma eidetico. Ma questo ragionamento non vale nel
caso di Numenio, che distingueva tra SDWHU (il primo principio)e SRLHWHV(il demiurgo): nella sua ot-
tica il collegamento tra i due dialoghi funziona.
8 0DXUR%RQD]]L
2) Nel passo appena citato anche il sole è in qualche misura prole del bene
(WRQWRX
DMJDTRX
H>NJRQRQ, 508b12-13): e allo stesso modo si trova anche una
sua identificazione con il demiurgo: il sole figura come WRQWZ
Q DLMVTKYVHZQGK
PLRXUJRYQ, che HMGKPLRXYUJKVHQ la possibilità di vedere e di essere visti (5HVS
507c6-8). Inoltre, anche THRY è riferito al sole:29 in sintesi, il sole appare come
THR GKPLRXUJRY che dà JHYQHVL al mondo sensibile.30
27
Da non sottovalutare è anche la reticenza con cui Socrate rifiuta di esporre le sue idee sul be-
ne, che ricorda quella di Timeo (7LP 48c). Altrove Socrate dirà, come difendendosi, di non avere al-
tro che opinioni (5HVS 517b7-8; 533a3-4), affermando persino di essere stato costretto a parlare
(509c3-4): per Numenio queste affermazioni potevano servire a conferma della tesi di un insegna-
mento che doveva restare in qualche misura segreto (cfr. fr. 24, 51-56, e fr. 23 da uno scritto SHUL
WZ
QSDUD 3ODYWZQDDMSRUUKYWZQ); tra i lettori moderni cfr. Th. A. Szlezák, 3ODWRQXQGGLH6FKULIW
OLFKNHLWGHU3KLORVRSKLH, Berlin-New York 1985, pp. 303-312. In quest’ottica l’invocazione ad Apol-
28
5HVS 509b8-10.
29
5HVS508a4; 508a9.
30
Cfr. ad es. 5HVS 509b2-4: “dirai, credo, che agli oggetti visibili il sole conferisce non solo la
facoltà di essere visti, ma anche la generazione, la crescita e il nutrimento (WKQJHYQHVLQNDLDX>[KQ
NDLWURIKYQ), pur senza essere esso stesso generazione”.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 9
nerate, derivano dal bene l’RXVLD e l’HLQDL: “puoi dire dunque che anche gli og-
getti conoscibili non solo ricevono dal bene la proprietà di essere conosciuti, ma
ne ottengono ancora l’essere e la sostanza (WR HL?QDLY WHNDL WKQRXMVLYDQX-S¨HM
NHLYQRXDXMWRL
SURVHL
QDL) (5HVS. 509b7-8)”.31
a:b=c:d.33
a:b=b:c.35
31
Cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, IV, cit., p. 325.
32
M. Vegetti, Megiston Mathema. “L’idea del “buono” e le sue funzioni”, in M. Vegetti, 3ODWR
QH/D5HSXEEOLFD, cit., p. 269; H. Dörrie, “)RUPXODDQDORJLDHan exploration of a theme in Hellen-
istic and Imperial Platonism”, in H.J. Blumenthal – R. A. Markus (ed.), 1HRSODWRQLVP DQG HDUO\
&KULVWLDQWKRXJKW(VVD\VLQKRQRXURI$+$UPVWURQJ, London 1981, p. 35.
33
Cfr. il passo appena citato di 5HVS 508b12-c2: bene : QRXV = sole : realtà sensibile.
34
Cfr. fr. 52, 5-14 con il commento di M. Baltes, 'LH:HOWHQWVWHKXQJGHV3ODWRQLVFKHQ7LPDLRV
QDFKGHQDQWLNHQ,QWHUSUHWHQ, vol. I, Leiden 1976, pp. 68-69.
35
In questo contesto non è senza importanza osservare che questa proporzione è presente espres-
samente nella 5HSXEEOLFD anche nel decimo libro: idea del letto : letto del falegname = letto del fale-
gname : letto dipinto (596a-e), cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, IV, cit., p. 323 nota 7.
Anche qui ritornano GHPLRXUJRV e GHPLRXUJHLQ per caratterizzare l’artigiano che produce il letto
(596b9-10, 12): “questo medesimo operaio non solo è capace di fare ogni sorta di mobili, ma anche
tutti i prodotti della terra, e crea tutti gli esseri viventi e per di più se stesso; e poi crea terra, cielo,
dei e tutto il mondo celeste e sotterraneo dell’Ade”.
10 0DXUR%RQD]]L
36
Cfr. il già citato passo di 5HVS 509b2-4, dove il sole è causa di JHYQHVL.
37
Cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, vol. V: GLHSKLORVRSKLVFKH/HKUHGHV3ODWRQLV
PXV3ODWRQLVFKH3K\VLNLPDQWLNHQ9HUVWlQGQLV, Stuttgart-Bad Cannstatt 1998, p. 267: “Denn wie
IV.
Il confronto con l’analogia del sole serve, almeno in parte, a scagionare Nu-
menio da accuse che gli sono state mosse, tanto nell’antichità quanto ai giorni
nostri, di scarsa coerenza concettuale e di ambiguità nell’uso dei termini.40 In
particolare, il problema riguarda il primo principio, che a una lettura d’insieme
dei frammenti sembra davvero rappresentare il caso esemplare delle ambivalenze
di Numenio.
Da un lato infatti esso viene celebrato come anteriore (SUHVEXYWHUR, fr. 17,
7; cfr. 16, 3: SUHVEXYWHURQDL>WLRQ), più divino (THLRYWHUR, fr. 17, 8), semplice
(D-SORX
, fr. 11, 12; cfr. fr. 11, 13: PKY SRWHGLDLYUHWR), uno (H^Q, fr. 19, 13),
sospeso sopra l’essere (HMSRFRXYPHQR HMSL WK
RXMVLYD, fr. 2, 16);41 dall’altro
invece viene caratterizzato come demiurgo (GKPLRXUJRY, fr. 16, 9), movimento
(NLYQKVL, fr. 15, 9-10), ed essere in sé (DXMWRRYQ, fr. 17, 4) connaturato all’essere
(VXYPIXWRWK
RXMVLYD, fr. 16, 10, cfr. anche fr. 15, 9). Anche i riferimenti alla sua
attività razionale, intesa ora come QRX
(frr. 16, 3; 17, 3-4 e 7) ora come
IURYQKVL (fr. 16, 3), non sono molto chiari.42
39
Risulta dunque evidente che Proclo, quando discute dei tre dei nel fr. 21, non tocca il proble-
ma della ulteriore divisione del secondo dio in base alle sue due diverse attività (contemplazione/in-
telletto; creazione/demiurgo); piuttosto, tracce di questa suddivisione si trovano in un’altra parte del
suo commentario, corrispondente al fr. 22 dell’edizione di des Places; una breve discussione del pro-
blema è in M. Frede, “Numenius”, cit., 1068-1069, che tenta però di difendere la testimonianza pro-
cliana; contro, e più correttamente, cfr. A. Festugière, /D UpYpODWLRQ G¶+HUPqV 7ULVPpJLVWH, cit., p.
123; J. Dillon, 7KH0LGGOH3ODWRQLVWV, cit., p. 367. (QSDVVDQW, questa sezione della 5HSXEEOLFD gius-
tifica anche l’importanza dell’altrimenti ellittico passo della seconda lettera, che indicava il primo
principio come EDVLOHXY (312e1): la stessa metafora politica torna anche nella 5HSXEEOLFD (509d2;
cfr. anche 517c4, 597e7) per indicare la collocazione del bene rispetto alle idee, che figura dunque
come sovrano rispetto ai sudditi, uomo ma superiore e in parte diverso (soprattutto in età imperiale).
Così Numenio può distinguere tra il SUZ
WRTHRY, il EDVLOHXY che non partecipa alla creazione del
cosmo e il THRGKPLRXUJRY, che ne è invece l’artefice (fr. 12, 12-14).
40
Oltre a Proclo nel fr. 21 già citato, cfr. anche Amelio e Longino DSPorph. 9LW3ORW 17, 16-44
e 20, 74; Tra i moderni, cfr. H. Ch. Puech, “Numénius d’Apamée et les théologies orientales au se-
cond siècle”, in Id., (Q TXrWH GH OD JQRVH, vol. I, Paris 1978, p. 65 (precedentemente apparso nei
0pODQJHV%LGH], Bruxelles 1934); E. R. Dodds, “Numenius and Ammonius”, in /HVVRXUFHVGH3OR
WLQ, Entretiens sur l’antiquité classique, V, Vandœuvres-Genève 1960, p. 16; J. H. Waszink, “Por-
phyrios und Numenius”, in 3RUSK\UH, Entretiens sur l’antiquité classique, XII, 1966, pp. 42-43; J.
Whittaker, “(3(.(,1$ 128 .$, 2868$6”, cit., p. 94 e nota 2; M. Zambon, 3RUSK\UH HW OH
0R\HQSODWRQLVPH, cit., pp. 172-173.
41
Cfr. A. Festugière, /DUpYpODWLRQG¶+HUPqV7ULVPpJLVWH, vol. IV: /H'LHXLQFRQQXHWODJQRVH,
Paris 19543, p. 129 nota 11: “HMSRFHL
VTDLse dit pour marquer la transcendence”.
42
Per questi due termini, oltre che per NLQHVLV, M. Frede, “Numenius”, cit., 1063, rinvia molto
opportunamente a 6RSK 248e6-249a2.
12 0DXUR%RQD]]L
“tutti quei doni che, una volta donati, provenendo dal donatore passano al ri-
cevente (schiavi, ricchezze, metallo cesellato o monete), tutti questi sono doni
mortali e umani; divini sono invece quelli che, trasmessi da lì in alto e giunti qui
in basso, di lì non si sono allontanati e però sono qui e avvantaggiano l’uno ma
non danneggiano l’altro (lo avvantaggiano in più con il ricordo di ciò che sapeva)
(WD GH THL
DY HMVWLQRL_D PHWDGRTHYQWDHMQTHYQGHHMNHL
TLJHJHQKPHYQDH>QTHQWH
RXMN DMSHOKYOXTH NDL NDMNHL
TL JHQRYPHQD WRQ PHQ Z>QKVH WRQ G’ RXMN H>EOD\H
NDL SURVZYQKVHWK
SHUL Z_QHMSLYVWDWRDMQDPQKYVHL). Questo bel dono è la bella
scienza, di cui si avvantaggia il ricevente, ma di cui non è privato il donatore…
La ragione di questo fatto non ha niente di umano.” (fr. 14, 1-11, 16-17)
In quanto causa, il bene possiede ciò che è nel causato e quindi non è trascen-
dente, ma ha una sua specificità che si connota assiologicamente come superiori-
tà: ecco perché il primo principio in quanto causa di intelligibilità deve preserva-
re una forma di intelligibilità ed essere dunque un intelletto (SUZ
WR QRX
), in
43
Negli ultimi anni particolarmente influente è risultata l’interpretazione di Matthias Baltes, tesa
a negare la trascendenza dell’idea del bene (“Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond
being?”, cit.), cfr. ad es. F. Ferrari, “La causalità del bene nella 5HSXEEOLFDdi Platone”, (OHQFKRV 22
(2001) 5-37; L. Brisson, “L’approche traditionelle de Platon par H.F. Cherniss”, in G. Reale – S.
Scolnicov (ed.), 1HZ,PDJHVRI3ODWR'LDORJXHVRQWKH,GHDRIWKH*RRG, Sankt Augustin 2002, pp.
85-97; M. Vegetti, Megiston Mathema. “L’idea del “buono” e le sue funzioni”, cit., pp. 253-286;
FRQWUD, cfr. ora R. Ferber, “L’idea del bene è o non è trascendente?”, in M. Bonazzi – F. Trabattoni
quanto causa ultima della creazione deve in qualche modo essere GKPLRXUJRY, e
in quanto causa dell’essere figura come essere per eccellenza (DXMWRRYQ).46 Queste
oscillazioni rispecchiano le difficoltà che erano rimaste irrisolte o non completa-
mente spiegate in Platone: il caso di Numenio esemplifica bene le difficoltà di
una lettura della 5HSXEEOLFD orientata in senso metafisico e teologico.47
Se in tal modo Numenio può essere assolto dall’accusa di fare confusione e di
essere impreciso, rimane forse vera l’osservazione di Longino, che rilevava in
Plotino, rispetto al filosofo di Apamea, maggior rigore concettuale:48 partendo in-
fatti dallo stesso passo della 5HSXEEOLFD (in particolare in riferimento al significa-
to di DMJDTRHLGHY, 5HVS 509a3), Plotino avrebbe infatti elaborato un diverso mo-
dello di causalità che ambiva a salvare l’assoluta semplicità, senza qualità e senza
predicati, del primo principio: RXMN DMQDYJNK R^ WL GLYGZVL WRX
WR H>FHLQ.49 O,
ancora più esplicitamente, WR GH DL>WLRQRXM WDXMWRQWZ
DLMWLDWZ
WR GH DL>WLRQ
SDYQWZQRXMGHYQHMVWLQHMNHLYQZQ.50
In realtà, come è stato osservato, neppure Plotino è del tutto esente dalle os-
cillazioni che caratterizzano la metafisica di Numenio,51 ma almeno gli appare
meglio definita la natura del problema e le difficoltà da risolvere. E soprattutto
diventa chiaro, in un contesto in cui la filosofia si caratterizza come esegesi di
testi autorevoli, come le difficoltà che Numenio aveva incontrato nel suo tenta-
tivo di leggere insieme 7LPHR e 5HSXEEOLFD, potessero essere spiegate solo con il
46
Altrove, sulla scorta di 7LP. 41e, Numenio potrà caratterizzare il primo principio come seme,
VSHYUPD (fr. 13, 4). La posizione di Numenio viene a coincidere di fatto con quella del già citato
Matthias Baltes: “the idea of the Good can only grant what it possesses more. Or, more precisely, it
can only grant that which it LV itself. Being the cause of truth it LV truth, and at the same time it is
DERYHthat (sort of) truth which it confers upon the objects, namely the truth which it is recognized in
the process of cognition” (“Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond being?”, cit., pp. 9-
10); cfr. anche F. Ferrari, 'LRLGHHHPDWHULD/DVWUXWWXUDGHOFRVPRLQ3OXWDUFRGL&KHURQHD, Na-
poli 1995, p. 255.
47
Non a caso le accuse di Proclo nel fr. 21 riguardavano proprio il fatto che Numenio aveva
connumerato e coordinato (VXQDULTPHL
, VX]HXYJQXVTDL) il bene alle altre cause.
48
Porph. 9LW3ORW 20, 68-76.
49
VI 7, 17, 3-4. Più in generale, l’importanza della 5HSXEEOLFD si avverte in gran parte di VI 7, e
soprattutto nei capitoli 15-23, dove la riflessione sull’alterità dell’Uno si fonda su 5HVS 508-509:
DMJDTRHLGHY può essere solo la seconda ipostasi, che è appunto ‘buona’ per opera del primo bene (WR
DMJDTRYQ), cfr. P. Hadot, 3ORWLQ7UDLWp9,, Paris 1987, pp. 256-294; Th. A. Szlezák, 3ODWRQXQG
$ULVWRWHOHVLQGHU1XVOHKUH3ORWLQV, Basel-Stuttgart 1979, pp. 151-154; fondamentali in proposito ri-
50
VI 9, 6, 54-55.
51
Cfr. i passi raccolti da A. Linguiti, “Commentarium in Platonis 3DUPHQLGHP”, in &3) III, Fi-
renze 1995, pp. 157-159, 187-188; cfr. anche K. Corrigan, “Amelius, Plotinus and Porphyry on
Being, Intellect and the One. A reappraisal”, in $15: II 36.2 (1987) 986.
14 0DXUR%RQD]]L
8QLYHUVLWjGHJOL6WXGLGL0LODQR
52
La lettura di Plotino si fonda sui medesimi presupposti e intenti che hanno spinto recentemen-
te Rafael Ferber a riporre la tesi della trascendenza dell’idea del bene, cfr. “L’idea del bene è o non è
trascendente?”, cit., pp. 136-137 (sul problema del significato filosofico di DMJDTRHLGHY); 136 e 142-
144 (sulla necessità di considerare l’idea del bene anche alla luce del 3DUPHQLGH). Per una ricostru-
zione più dettagliata dell’interpretazione di Plotino e dei successivi neoplatonici, cfr. anche M. Ab-
bate, “Il Bene nell’interpretazione di Plotino e di Proclo”, in M. Vegetti (ed.), 3ODWRQH/D5HSXEEOL
FD, cit., pp. 625-678.