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MAURO BONAZZI

I.

Come è stato a più riprese sottolineato, una delle caratteristiche costanti del
pensiero greco si trova nella tendenza a sviluppare le proprie dottrine sulla base
di coppie di principi contrapposti.1 È una convinzione che ritroviamo già nelle
pagine di Aristotele, quando osservava che WXWWL i suoi predecessori, quasi che la
verità stessa li avesse costretti, sostenevano che gli elementi e ciò che essi chia-
mavano principi fossero i contrari.2
Per quanto forse eccessiva nella pretesa di valere universalmente, l’afferma-
zione aristotelica sottolinea un tema essenziale del pensiero di Platone, che aveva
sfruttato in diversi modi e con differenti intenti questo principio di polarità. Ne è
esempio l’antitesi che distingue la realtà in ciò che è da ciò che diviene, il mondo
dell’essere dal mondo del divenire, una distinzione che trova nel discorso intro-
duttivo del 7LPHR una presentazione esplicita e celebre tanto ai giorni nostri
quanto nell’antichità.3 Ma proprio nel 7LPHR, accanto a questa antitesi fondamen-
tale, si può leggere di una tripartizione dei principi ultimi che costituiscono la
realtà: non più solo il modello e la copia, ma anche un terzo elemento, un de-
miurgo divino responsabile della trasmissione di ordine e artefice della creazione
dell’universo sensibile.
Uno dei compiti fondamentali del platonismo, in particolare della prima età
imperiale, quando più profondamente fu sentita l’autorità del 7LPHR, consistette
proprio nel tentativo di chiarire le problematiche relazioni tra questi tre principi.
In generale, per quanto sia rischioso riprodurre classificazioni troppo rigide, un

* Versioni precedenti di questo lavoro sono state presentate nelle università di Pavia e di Roma
‘La Sapienza’: ringrazio i partecipanti per suggerimenti e obiezioni. Sono inoltre riconoscente a Fer-
nanda Caizzi, Riccardo Chiaradonna, Pierluigi Donini, Alessandro Linguiti, Stefano Martinelli Tem-
pesta, Franco Trabattoni e Marco Zambon per aver discusso e commentato la redazione finale del
saggio.
1
Per quanto limitate in particolare alla filosofia presocratica, sono ancora fondamentali le ricer-
che di G.E.R. Lloyd, 3RODULW\ DQG $QDORJ\ 7ZR W\SHV RI DUJXPHQWDWLRQ LQ HDUO\ *UHHN WKRXJKW,
Bristol 19923.
2
3K\V 188b27-30; cfr. anche 0HWDSK1087a29-31.

3
7LP 27d5-28a1; in generale, cfr. H. Thesleff, 6WXGLHV LQ 3ODWR¶V WZROHYHO PRGHO, Helsinki

1999. La centralità e l’importanza di questo passo erano ben note anche a Numenio, come si ricava
dal fr. 7 des Places (cfr. anche frr. 2, 23 e 3, 1); cfr. M. Baltes, 'HU 3ODWRQLVPXV LQ GHU $QWLNH, IV:
'LH SKLORVRSKLVFKH /HKUH GHV 3ODWRQLVPXV (LQLJH JUXQGOHJHQGH $[LRPH 3ODWRQLVFKH 3K\VLN LP

DQWLNHQ9HUVWlQGQLV , Stuttgart-Bad Cannstatt 1996, pp. 256-266.


2 0DXUR%RQD]]L


primo tentativo di soluzione fu quello che individuava nel demiurgo il dio creato-
re del cosmo, e nelle idee i suoi pensieri.4
Questa costruzione aveva l’indubbio merito di favorire una lettura teologica
della filosofia platonica con il dio in posizione preminente, in piena sintonia con
la profonda religiosità che caratterizza la prima età imperiale e che avrebbe con-
dotto alla gestazione di una vera e propria teologia platonica.5 Tuttavia, da un
punto di vista più filosofico, una simile interpretazione non risultava pienamente
soddisfacente, e non solo perché andava contro la lettera del 7LPHR, che difficil-
mente vede il demiurgo al di sopra di tutto.6
Ancora più gravemente, essa tendeva a confondere i due principi più impor-
tanti, il dio e le idee. La tesi delle idee come pensieri di dio limitava l’autonomia
delle prime, riproducendo di fatto un dualismo di principi, mentre il primo princi-
pio divino, in conseguenza di questo legame così stretto con il mondo eidetico,
paradigma intelligibile ma non privo di una consistenza ontologica, rischiava di
sfumare in una molteplicità di principi.7

4
Cfr. ad es. Phil. Alex.'HRSLIPXQG 19; Aët. SODF I 3, 21 e 10, 3; Sen.(S 65, 7; Alcin.'L
GDVF , p. 163, 14-15 e 30-31; Hippol.5HI I 19, 2. Tra i filosofi meglio conosciuti questa interpreta-
zione è attestata nei frammenti di Attico, (ad es. frr. 9, 35-45; 19; 34 d. P.), cfr. M. Baltes, “Zur Phi-
losophie des Platonikers Attikos”, in H. D. Blume – F. Mann (ed.), 3ODWRQLVPXV XQG &KULVWHQWXP
)HVWVFKULIW IU + '|UULH, Münster 1983, pp. 39-47; M. Zambon, 3RSUK\UHHWOHPR\HQSODWRQLVPH,

Paris 2002, pp. 151-161. In discussione è invece la posizione di Plutarco, cfr. Ch. Schoppe, 3OX
WDUFKV,QWHUSUHWDWLRQGHU,GHHQOHKUH3ODWRQV, Münster-Hamburg 1994 con le persuasive riserve di F.

Ferrari,“La teoria delle idee in Plutarco”, (OHQFKRV 17 (1996) 121-142. Una riproposizione di questa
tesi nel dibattito moderno si deve a E. D. Perl, “The Demiurge and the Forms: a return to the ancient
interpretation of Plato’s 7LPDHXV”, $QFLHQW 3KLORVRSK\ 18 (1998) 81-92; cfr. anche J. Halfwassen,
“Der Demiurg: seine Stellung in der Philosophie Platons und seine Deutung im antiken Platonis-
mus”, in A. Neschke-Hentschke (ed.), /Hµ7LPpH¶GH3ODWRQ&RQWULEXWLRQVjO¶KLVWRLUHGHVDUpFHS
WLRQ, Leuven 2000, pp. 39-62.

5
Un esempio concreto dell’importanza del momento religioso si riscontra in particolare nell’at-
tenzione che viene prestata alla questione della provvidenza nell’interpretazione del 7LPHR, cfr. Plut.
'H,VHW2V 371E, 'HGHIRUDF426E e 436D; Attic. fr. 4 d. P.; Taur. fr. 26 Gioè; Sever. T 8 Gioè.

Tra i moderni, cfr. F. Trabattoni, “Il frammento 4 di Attico”, 5LYLVWDGLVWRULDGHOODILORVRILD (1987)


421-438; F. Ferrari, “3URYQRLD platonica e QRYKVLQRKYVHZaristotelica: Plutarco e l’impossibilità di
una sintesi”, in A. Pérez Jiménez – J. García López – R. M. Aguilar (ed.), 3OXWDUFR3ODWyQ\$ULVWy
WHOHV, Madrid 1999, pp. 63-77; A. Gioè, )LORVRILPHGLRSODWRQLFLGHO,,VHFRORG&, Napoli 2002, pp.

355-357; 410-412.
6
Cfr. M. Frede, “Numenius”, in $15: II 36.2 (1987) 1061-1062.
7
Ad ulteriore conferma della vivacità intellettuale tipica di questo periodo va osservato che i
platonici si mostrarono ben consapevoli delle difficoltà, cercando soluzioni soddisfacenti: tra le altre
è stato di recente sottolineato l’acume di cui diede prova il primo maestro di Porfirio, l’ateniese Lon-
gino, che, richiamandosi alla teoria stoica dei OHNWD, cercò di distinguere tra l’atto di pensiero del dio
e il contenuto di quel pensiero, ribadendo in tal modo la semplicità del dio e contemporaneamente
anche la sussistenza extramentale delle idee, cfr. fr. 18 Brisson – Patillon, con il commento di M.
Frede, “La teoria de las ideas de Longinos”, 0pWKH[LV 3 (1990) 92-95; M. Bonazzi, “Plotino e la tra-
dizione pitagorica”, $FPH 53 (2000) 59-60; I. Männlein-Robert, /RQJLQ 3KLORORJH XQG 3KLORVRSK
(LQH,QWHUSUHWDWLRQGHUHUKDOWHQHQ=HXJQLVVH, Leipzig 2001, pp. 536-547.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 3


Una soluzione a queste difficoltà è offerta da una diversa interpretazione,


d’ispirazione pitagorizzante, che, per salvaguardare la semplicità del primo prin-
cipio, poneva l’esistenza di un dio ancora superiore al demiurgo di cui si leggeva
nel 7LPHR. Numenio è il rappresentante meglio conosciuto di questa strategia ese-
getica:

“Poiché Platone sapeva che presso gli uomini il demiurgo (WRQ  GKLRXU
JRYQ) soltanto è conosciuto, mentre il primo intelletto (WRQSUZ
WRQQRX
Q), che
porta il nome di essere in sé (DXMWRYQ), rimane completamente ignorato presso di
loro, per questa ragione si sarebbe espresso all'incirca nei seguenti termini: ‘o uo-
mini, colui che voi congetturate come l’intelletto non è primo, ma ve ne è un altro
prima di questo, anteriore e più divino (SUHVEXYWHURNDL THLRYWHUR)’.” (fr. 17
des Places)

Sulla base di questa prima e fondamentale distinzione si dava così la possibi-


lità di costituire una tripartizione tra il dio/primo principio, il livello intelligibile
delle idee e il demiurgo, superando gli ostacoli contro cui si incagliava l’interpre-
tazione tradizionale delle idee come pensieri del dio/demiurgo: da un lato si rius-
civa a conseguire una più specifica caratterizzazione del primo principio nei ter-
mini di una sua maggiore semplicità e unità, mentre dall’altro si sarebbe potuta
ottenere una collocazione più precisa per le idee, che avrebbero occupato un li-
vello intelligibile autonomo e loro proprio.8 Nel pieno rispetto del dettato del 7L
PHR.

II.

Se pure interessante, questa dottrina non manca però di sollevare a sua volta
problemi e difficoltà, visto che restavano da chiarire le relazioni che intercorre-
vano tra questo primo principio assolutamente semplice e il secondo principio, e
quelle tra il secondo e il terzo. E soprattutto, quali testi platonici legittimavano
una simile ricostruzione del suo pensiero?
In un contesto come quello della prima età imperiale, dove la filosofia si ri-
solve essenzialmente nell’esegesi di testi autorevoli, questo genere di problemi è
il primo a dover essere affrontato: anche nel frammento 17 appena citato è facile
constatare che Numenio, a puntuale conferma dell’importanza del ‘principio di

8
Nel caso di Numenio, il condizionale in riferimento alle idee è d’obbligo, dato lo scarso nume-
ro di notizie che si possono ricavare dai frammenti superstiti (ma cfr. fr. 18, 10). Del resto, come mi
comunica P. L. Donini SHUOLWW, non si può escludere che questo silenzio non dipenda tanto (o soltan-
to) dallo scarso numero di testimonianze che si sono conservate fino a noi, quanto da effettive diffi-
coltà che Numenio avrebbe incontrato nel trattare le idee. Si tratta ovviamente di una questione che
necessita di un trattamento specifico.
4 0DXUR%RQD]]L


autorità’, non parla a proprio nome ma come esegeta di Platone (HMSHLGK K>G HLR-
3ODYWZQl. 1).9
Ma in quali passi dei dialoghi si legge una presa di posizione analoga a quella
che Numenio attribuiva a Platone? Pur riconoscendo che mancano paralleli esatti,
Éduard des Places nella sua edizione dei frammenti rinvia a 7LPHR 28c;10 più in
generale, l’importanza di questo dialogo si ricava anche dall’accenno al demiur-
go (GKPLRXUJRYQ, l. 2).
Ma, per quanto centrale, il 7LPHR non solo non costituisce il testo di riferi-
mento per questa dottrina, ma addirittura è causa di ulteriori difficoltà. Se è vero
che Numenio ritrova la tripartizione dei tre principi in alcuni passaggi decisivi
del dialogo, non meno vero è che questa interpretazione avviene a prezzo di pe-
santi forzature della lettera del testo: ben difficilmente il celebre passo di 39e si
presta a una simile lettura (fr. 22), e già agli antichi non era sfuggita la surrettizia
divisione tra ‘padre’ e ‘creatore’ nell’altrettanto celebre passo di 28c e l’ingiusti-
ficata inversione dei due termini che Numenio sembra aver tacitamente adottato
(fr. 21).11 Come ha osservato Matthias Baltes, questa dottrina non può essere ri-
cavata GDOO¶LQWHUQR del 7LPHR: questo dialogo, per usare le parole del compianto
studioso tedesco, non può costituire un $XVJDQJVSXQNW, ma rappresenta al più
una ZLOONRPPHQH %HVWlWLJXQJ, la conferma apprezzata di una tesi che trovava
fondamento altrove.12
Il problema è dunque trovare i punti di riferimento che servirono a Numenio.
Un testo certamente importante è costituito dallaVHFRQGDOHWWHUD platonica, dove
si distinguono tre diversi ordini della realtà (312e).13 Considerata autentica senza

9
Il che non era sfuggito neppure a Eusebio di Cesarea, la nostra fonte più importante, che pre-
senta Numenio come WKQWRX
3ODYWZQRGLDYQRLDQGLHUPKQHXYZQ(3( XI 21, 6).
10
É. Des Places, 1XPpQLXV)UDJPHQWV, Paris 1973, p. 111 nota 1. Un parallelo esatto, come os-
serva l’editore francese (LYL, nota 7, cfr. anche J. Dillon, 7KH 0LGGOH 3ODWRQLVWV, London 19962, p.
363; M. Zambon, 3RUSK\UH HWOH0R\HQSODWRQLVPH, cit., p. 63), si trova negli 2UDFROL&DOGDLFL (fr.
7), ma le relazioni tra questo testo e Numenio restano ancora poco chiare; cfr. ora, sul fr. 7 degli
2UDFROL, il bilancio di A. Linguiti, “Motivi di teologia negativa negli 2UDFROL&DOGDLFL”, in F. Calabi

(ed.), $UUKHWRV 7KHRV /¶LQHIIDELOLWj GHO SULPR SULQFLSLR QHO PHGLR SODWRQLVPR, Pisa 2002, pp. 107-
108.
11
Cfr. ad es. J. Whittaker, “$55+726 .$, $.$7$120$6726”, in H. D. Blume – F.
Mann (ed.), 3ODWRQLVPXV XQG &KULVWHQWXP, cit., pp. 304-305. Per ulteriori attestazioni di questa in-
versione, cfr. Iust. ,,$SRO 10, 6; Clem. Alex. 3URWU VI 68, 1; 6WURP V 12, 78, 1; interessante è an-
che Plut. 3ODW TXDHVW II 1, 100e, che non opera però una distinzione tra un dio padre e un dio de-
miurgo.
12
M. Baltes, “Numenius von Apamea und der platonische 7LPDLRV”, 9&K 29 (1975) 258 (ora in
Id., ',$12+0$7$ .OHLQH 6FKULIWHQ ]XU 3ODWR XQG ]XP 3ODWRQLVPXV, Stuttgart-Leipzig 1999, pp.
19-20).
13
Così M. Baltes, “Numenius”, cit., 265; J. Dillon, 7KH 0LGGOH 3ODWRQLVWV, London 19962, p.
367, il quale osserva che nello scritto SHUL WK
WZ
Q ’$NDGKPDL!NZ
QSUR3ODYWZQDGLDVWDYVHZ
una tripartizione in tre divinità è attribuita anche a Socrate (fr. 24, 51); cfr. anche M. Frede, “Nume-
nius”, cit., 1055-1056; L. Brisson, “The Platonic background in the $SRFDO\SVH RI =RVWULDQXV. Nu-
menius and /HWWHU ,, attributed to Plato”, in J. J. Cleary (ed.), 7UDGLWLRQV RI 3ODWRQLVP (VVD\V LQ
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 5


incertezze nell’antichità,14 essa rappresenta un testo cardinale per quella corrente


pitagorizzante del platonismo di cui Numenio si riteneva parte.15 Ma anche in
questo caso, e nonostante la sua importanza, resta da chiedersi fino a che punto
un passo così succinto potesse stimolare la formulazione di una teoria tanto ela-
borata. Non diversamente dal 7LPHR, anche la ,,OHWWHUD sembra valere più come
ZLOONRPPHQH%HVWlWLJXQJ che come $XVJDQJVSXQNW.
Un altro dialogo preso in considerazione è la 5HSXEEOLFD, un testo espressa-
mente citato da Numenio a integrazione della dottrina del 7LPHR:

“queste dottrine che stavano in tali termini, Platone le ha esposte diversamen-


te a seconda delle circostanze: in particolare ha attribuito il senso corrente della
parola DMJDTRY al demiurgo, scrivendo nel 7LPHR: ‘era buono’; ma nella 5HSXE
EOLFD ha chiamato il bene ‘idea del bene’, visto che il bene è l’idea del demiurgo
che a noi è apparso buono per partecipazione del primo e unico (HMQ GHWK
 3ROL
WHLYD WR DMJDTRQHL?SHQ-DJDTRX
 LMGHYDQMZ-GK WRX
 GKPLRXUJRX
 LMGHYDQRX?VDQ
WRDMJDTRYQR^VWLSHYIDQWDLK-PL
QDMJDTR PHWRXVLYDWRX
SUZYWRXWHNDLPRY
QRX). Come gli uomini sono detti tali per l’impronta ricevuta dall’idea di uomo, e
i buoi per quella di bue, così, e verosimilmente, se il demiurgo è buono per parte-
cipazione al primo bene, sarà l’idea del Bene il primo QRXV, poiché è il bene in sé
(RX^WZNDL HLMNRYWZR- GKPLRXUJR HL>SHUHMVWL PHWRXVLYD WRX
 SUZYWRXDMJD
TRX
DMJDTRDMJDTRX
LMGHYD D@Q HL>KR-SUZ
WRQRX
Z@QDXMWRDYJDTRQ).” (fr. 20)

Una lettura attenta dei testi platonici deve evitare di confondere WRDMJDTRYQdi
5HVS 508-509 con l’DMJDTR GKPLRXUJRY di 7LP 29e1:16 l’interpretazione di
Numenio è il risultato di una corretta esegesi che trova conferme e chiarimenti
nel confronto tra i dialoghi secondo la regola del 3ODYWZQDHM[ 3ODYWZQRVD
IKQLY]HLQ.
In opposizione alle teorie del platonismo ateniese,17 il primo principio viene
dunque distinto dal demiurgo e identificato con l’idea del bene. Lo stesso titolo

KRQRXU RI -RKQ 'LOORQ , Aldershot-Brookfield 1999, pp. 179-187. Giustamente M. Zambon, 3RU
SK\UH , cit., p. 222 ricorda anche la /HWWHUD9,, dove si accenna a WRQWZ
QSDYQWZQTHRQK-JHPRYQDe
a WRX
WHK-JHPRYQRNDLDLMWLYRXSDWHYUD(323d).
14
Oltre al saggio appena citato di Brisson, cfr. anche P. T. Keyser, “Orreries, the date of [Plato]
/HWWHU II, and Eudorus of Alexandria”, $*3K 80 (1998) 241-267, il cui tentativo di attribuire la pa-

ternità della lettera a Eudoro di Alessandria o a un suo allievo, per quanto interessante, rischia di
costituire un ulteriore esempio di quel “pan-eudorism” che J. Rist aveva stigmatizzato recensendo
“Scepticism or Platonism? The philosophy of the Fourth Academy”, di H. Tarrant (cfr. 3KRHQL[ 40
[1986] 468).
15
Sulle problematiche categorie storiografiche di ‘medioplatonismo’, ‘platonismo pitagorizzan-
te’ e ‘neopitagorismo’, cfr. ora B. Centrone, “Cosa significa essere pitagorico in età imperiale. Per
una riconsiderazione della categoria storiografica del neopitagorismo”, in A. Brancacci (cur.), /DIL
ORVRILDLQHWjLPSHULDOH/HVFXROHHOHWUDGL]LRQLILORVRILFKH, Napoli 2000, pp. 137-168.

16
Cfr. anche frr. 16, 14-15 e 19, 8-13
17
In particolare Attico e Longino, cfr. VXSUDnote 4 e 7.
6 0DXUR%RQD]]L


dell’opera di Numenio, SHUL WDMJDTRX


, costituisce una chiara indicazione del-
l’importanza della 5HSXEEOLFD in generale, e dei libri centrali in particolare.
Ma, nonostante questa citazione esplicita, il testo della 5HSXEEOLFD non sem-
bra aver goduto di grande attenzione presso la critica moderna.18 Al contrario, a
me pare invece di poter sottolineare che la analogia del sole alla fine del VI libro
abbia profondamente influenzato il pensiero di Numenio. In questo senso, il filo-
sofo di Apamea è un testimone dello spostamento di attenzione dal 7LPHRad altri
dialoghi che caratterizza il passaggio dal medio- al neo-platonismo.19 E soprattut-
to, una volta ricondotta nelle sue coordinate, l’esegesi numeniana permetterà di
mostrare una volta di più che il platonismo imperiale non si risolve in una colle-
zione di citazioni, ma segue i ragionamenti e le argomentazioni dei testi che pren-
de a riferimento.

III.

Una delle testimonianze più vivacemente discusse dalla critica moderna è si-
curamente il fr. 21, dal commentario al 7LPHRdi Proclo, dove il neoplatonico cri-
tica Numenio per l’impiego di uno stile enfatico (SURVWUDJZGZ
Q) che ha prodot-
to una confusione inammissibile nella determinazione della natura del Bene e
della sua funzione causale. In sintesi, Numenio avrebbe celebrato tre dei, che
vengono indicati come padre (SDWHYUD), produttore (SRLKWKYQ) e prodotto (SRLYK
PD): dato il contesto esegetico in cui compare la testimonianza, il riferimento al
7LPHR appare scontato, e il problema risiederebbe allora nell’ingiustificata divi-
sione e inversione del padre e del creatore di 28c3-5. Ma questo riferimento al
7LPHR sembra riguardare più Proclo che Numenio, il quale invece – per ammis-
sione dello stesso Proclo – ricorre ad altri termini:

“è meglio esprimersi così che come invece si esprime quello con uno stile tra-
gico: avo, prole, discendenza (SDYSSRQH>JJRQRQDMSRYJRQRQ).” (fr. 21, 5-8)

18
E’ nota l’affermazione di H. Dörrie secondo cui nessun medioplatonico avrebbe notato l’im-
portanza di questa sezione della 5HSXEEOLFD (“Die Frage nach dem Tranzendentem im Mittelplato-
nismus”, in /HVVRXUFHVGH3ORWLQ, Entretiens sur l’antiquité classique, V, Vandœuvres-Genève 1960,
pp. 229-230); ma cfr. ora le ricerche di J. Whittaker, “(3(.(,1$128.$,2868$6”, 9&K 23
(1969) 91-104, e di M. Baltes, “Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond being?”, in M.
Joyal (ed.), 6WXGLHVLQ3ODWRDQGWKH3ODWRQLFWUDGLWLRQ(VVD\VSUHVHQWHGWR-RKQ:KLWWDNHU, Hamp-
shire 1997, pp. 12-23.
19
Sulla problematicità di queste categorie storiografiche, cfr. P. L. Donini, “Medioplatonismo e
filosofi medioplatonici. Una raccolta di studi”, (OHQFKRV 11 (1990) 79-93, e l’$IWHUZRUGV di J. Dillon
alla seconda edizione del suo 7KH0LGGOH3ODWRQLVWV, London 19962, pp. 422-452.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 7


Secondo Hans Krämer, nella “SDYSSR – H>JJRQR Relation” sembra che si


alluda a un processo di derivazione originario (“ursprünglicher Hervorgang”),
che tuttavia non sarebbe più ricostruibile.20 Ma forse le cose non stanno così: dei
tre termini usati da Numenio, particolarmente degno di nota è il secondo,21 che,
come ha congetturato il primo editore di Numenio E. A. Leemans contro la lezio-
ne dei codici procliani, potrebbe essere letto come H>NJRQRQe non come H>JJR
QRQ;22 del resto, la sequenza rende chiaro che il termine va inteso nel senso di
‘prole’, secondo un uso ampiamente attestato:23 in entrambi i casi dunque, sia che
si accolga la congettura sia che si conservi la lezione dei manoscritti, un passo di
riferimento più che probabile è costituito da un luogo decisivo del sesto libro del-
la 5HSXEEOLFD, all’inizio della sezione dedicata alla analogia del sole:24

“Sù, benedetti amici, lasciamo stare per il momento che cosa sia mai il bene
in sé: mi sembra una cosa troppo alta, rispetto al fondamento di cui disponiamo,
perché possiamo raggiungere ora il concetto che ne ho io. Invece voglio dire, se
ne siete contenti pure voi, quello che sembra la prole del bene, cui molto somi-
glia (H>NJRQRYWHWRX
DMJDTRX
NDLR-PRLRYWDWRHMNHLYQZ).” (5HVS 506d8-e5)25

Secondo questa affermazione ci sarebbe un secondo livello di principi che è


H>NJRQR del primo livello, del bene, che viene subito dopo indicato come pa-
dre.26 E l’interesse di questo passo non si limita a questa sola occorrenza: altret-

20
'HU8UVSUXQJGHU*HLVWPHWDSK\VLN , Amsterdam 1964, p. 70.
21
Numenio è il primo autore ad essere introdotto e discusso da Proclo nella sezione del suo
commentario dedicata all’indagine del demiurgo, di cosa è e di quale posizione occupi nella realtà
(,Q7LP, I, p. 303, 24-27); cfr. anche 73 V 13, con il commento di J. Dillon, “The role of the Dem-
iurge in the 3ODWRQLF WKHRORJ\”, in A.Ph. Segonds – C. Steel (ed.), 3URFOXV HW OD WKpRORJLH SODWRQL
FLHQQH$FWHVGX&ROORTXH,QWHUQDWLRQDOGH/RXYDLQ PDL HQO¶KRQQHXUGH+'6DIIUH\

HW/*:HVWHULQN , Leuven-Paris 2000, pp. 339-349.


22
E.A. Leemans, 6WXGLH RYHU GHQ :LMVJHHU 1XPHQLXV YDQ $SDPHD PHW 8LWJDYH GHU )UDJPHQ
WHQ, Bruxelles 1937, p. 88.

23
Così anche A. Festugière nella sua traduzione del commentario procliano: “il faut ou écrire
H>NJRQRQ (FL Leemans, p. 88, coll. 7LP 50d4) ou entendre H>JJRQRQ comme H>NJRQRQ (LSJ, s.v., 2)”
(3URFOXV &RPPHQWDLUH VXU OH 7LPpH, trad. et notes par A. J. F., vol. II, Paris 1967, p. 157 nota 47).
E’ molto significativo che questa alternanza compaia anche nel caso della 5HSXEEOLFD platonica
(364e4), un testo la cui importanza verrà subito evidenziata.
24
Il termine compare anche in 7LP 50d4, ma in un contesto diverso e meno pertinente.
25
Lo stesso termine torna anche nella battuta successiva di Socrate, a 507a2-3, insieme a WRYNR
26
5HVS 506e6-7: “sù, disse, parla! salderai un’altra volta il tuo debito con il racconto del padre

(WRX
 SDWURWKQGLKYJKVLQ)”; a parlare è Glaucone. M. Vegetti (a cura di), 3ODWRQH/D5HSXE
EOLFD, vol. V: OLEUL9,9,,, Napoli 2003, p. 85 nota 123, osserva molto acutamente che sarebbe “sug-

gestivo pensare che questa GLHJHVLV “del padre” alluda al mito del 7LPHR, dove il demiurgo è appunto
chiamato SDWHU NDL SRLHWHV”. Successivamente egli scarta una simile possibilità notando che il de-
miurgo rappresenta uno stadio inferiore al paradigma eidetico. Ma questo ragionamento non vale nel
caso di Numenio, che distingueva tra SDWHU (il primo principio)e SRLHWHV(il demiurgo): nella sua ot-
tica il collegamento tra i due dialoghi funziona.
8 0DXUR%RQD]]L


tanto significativo è il senso complessivo dell’affermazione che sostiene l’impos-


sibilità di una conoscenza del primo principio, in modo analogo al fr. 17, che
questo primo principio caratterizzava come SUHVEXWHURV NDLWKHLRWHURV.27 Il riferi-
mento alla 5HSXEEOLFDè evidente.28
Ma l’importanza di questa parte del dialogo platonico per Numenio non di-
pende soltanto da questi pur significativi riscontri terminologici: al contrario, e a
prescindere dalle interpretazioni dei moderni, nelle pagine di Platone si trova una
più precisa caratterizzazione di tutta la struttura metafisica di Numenio:

1) Se il primo principio corrisponde al bene, nel corso della discussione tra


Socrate e i suoi interlocutori si ricava anche l’indicazione di un secondo principio
che si caratterizza come intelletto e oggetto intelligibile: “puoi dunque dire, feci
io, che io chiamo il sole prole del bene, generato dal bene a propria immagine.
Ciò che nel mondo intelligibile (HMQ WZ
QRKWZ
 WRYSZ) il bene è rispetto all’intel-
letto e agli oggetti intelligibili (QRX
Q NDL WD QRXYPHQD), nel mondo visibile è il
sole rispetto alla vista e agli altri oggetti visibili” (5HVS508b12-c2).

2) Nel passo appena citato anche il sole è in qualche misura prole del bene
(WRQWRX
 DMJDTRX
 H>NJRQRQ, 508b12-13): e allo stesso modo si trova anche una
sua identificazione con il demiurgo: il sole figura come WRQWZ
Q DLMVTKYVHZQGK
PLRXUJRYQ, che HMGKPLRXYUJKVHQ la possibilità di vedere e di essere visti (5HVS
507c6-8). Inoltre, anche THRY è riferito al sole:29 in sintesi, il sole appare come
THR GKPLRXUJRY che dà JHYQHVL al mondo sensibile.30

3) E spingendosi oltre si ritrova infine un accostamento tra il QRXV-intelletto e


il sole-demiurgo nel senso che, come il sole è prole del bene (5HVS 508b12-c2,
cfr. VXSUD), così in qualche modo lo sono anche le idee, le quali, per quanto inge-

27
Da non sottovalutare è anche la reticenza con cui Socrate rifiuta di esporre le sue idee sul be-
ne, che ricorda quella di Timeo (7LP 48c). Altrove Socrate dirà, come difendendosi, di non avere al-
tro che opinioni (5HVS 517b7-8; 533a3-4), affermando persino di essere stato costretto a parlare
(509c3-4): per Numenio queste affermazioni potevano servire a conferma della tesi di un insegna-
mento che doveva restare in qualche misura segreto (cfr. fr. 24, 51-56, e fr. 23 da uno scritto SHUL
WZ
QSDUD 3ODYWZQDDMSRUUKYWZQ); tra i lettori moderni cfr. Th. A. Szlezák, 3ODWRQXQGGLH6FKULIW
OLFKNHLWGHU3KLORVRSKLH, Berlin-New York 1985, pp. 303-312. In quest’ottica l’invocazione ad Apol-

lo e la lode di Glaucone dell’K\SHUEROH demonica di Socrate (509c1-2), nonché l’invito socratico a


tacere e a non parlare del bene (509a9-10), potevano confermare l’impressione che un’aura di reli-
giosità pervadesse queste pagine, cfr. C. Schefer, 3ODWRQ XQG $SROORQ 9RP /RJRV ]UXFN ]XP 0\
WKRV, Sankt Augustin 1996, pp. 185-194; F. Calabi, “Il sole e la sua luce”, in M. Vegetti (ed.), 3ODWR

QH/D5HSXEEOLFD, cit., pp. 336-337.

28
5HVS 509b8-10.

29
5HVS508a4; 508a9.

30
Cfr. ad es. 5HVS 509b2-4: “dirai, credo, che agli oggetti visibili il sole conferisce non solo la
facoltà di essere visti, ma anche la generazione, la crescita e il nutrimento (WKQJHYQHVLQNDLDX>[KQ
NDLWURIKYQ), pur senza essere esso stesso generazione”.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 9


nerate, derivano dal bene l’RXVLD e l’HLQDL: “puoi dire dunque che anche gli og-
getti conoscibili non solo ricevono dal bene la proprietà di essere conosciuti, ma
ne ottengono ancora l’essere e la sostanza (WR HL?QDLY WHNDL WKQRXMVLYDQX-S¨HM
NHLYQRXDXMWRL
SURVHL
QDL) (5HVS. 509b7-8)”.31

Il risultato che deriva da queste considerazioni evidenzia la netta separazione


di Numenio rispetto alla lettura dei moderni: per noi la generazione del sole è
‘metaforica’ non essendo possibile concepire la derivazione diretta di un oggetto
empirico da un ente noetico.32
L’analogia è dunque del tipo:

a:b=c:d.33

Per Numenio invece il piano intelligibile viene a fondare il piano sensibile


(tanto più che per lui la creazione è nel tempo34).
L’analogia è dunque del tipo:

a:b=b:c.35

O meglio, trattandosi di due piani ontologici separati:

WRDMJDTRYQ (a): QRX


 (b)
(piano intelligibile)
=
demiurgo/sole (b): cosmo sensibile (c)
(piano sensibile)

31
Cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, IV, cit., p. 325.
32
M. Vegetti, Megiston Mathema. “L’idea del “buono” e le sue funzioni”, in M. Vegetti, 3ODWR
QH/D5HSXEEOLFD, cit., p. 269; H. Dörrie, “)RUPXODDQDORJLDHan exploration of a theme in Hellen-

istic and Imperial Platonism”, in H.J. Blumenthal – R. A. Markus (ed.), 1HRSODWRQLVP DQG HDUO\
&KULVWLDQWKRXJKW(VVD\VLQKRQRXURI$+$UPVWURQJ, London 1981, p. 35.

33
Cfr. il passo appena citato di 5HVS 508b12-c2: bene : QRXV = sole : realtà sensibile.
34
Cfr. fr. 52, 5-14 con il commento di M. Baltes, 'LH:HOWHQWVWHKXQJGHV3ODWRQLVFKHQ7LPDLRV
QDFKGHQDQWLNHQ,QWHUSUHWHQ, vol. I, Leiden 1976, pp. 68-69.

35
In questo contesto non è senza importanza osservare che questa proporzione è presente espres-
samente nella 5HSXEEOLFD anche nel decimo libro: idea del letto : letto del falegname = letto del fale-
gname : letto dipinto (596a-e), cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, IV, cit., p. 323 nota 7.
Anche qui ritornano GHPLRXUJRV e GHPLRXUJHLQ per caratterizzare l’artigiano che produce il letto
(596b9-10, 12): “questo medesimo operaio non solo è capace di fare ogni sorta di mobili, ma anche
tutti i prodotti della terra, e crea tutti gli esseri viventi e per di più se stesso; e poi crea terra, cielo,
dei e tutto il mondo celeste e sotterraneo dell’Ade”.
10 0DXUR%RQD]]L


Questa analogia si trova riflessa nel fr. 16 di Numenio:

“se l’essenza e l’idea sono l’intelligibile e di ciò si è convenuto che l’intelletto


è anteriore (SUHVEXYWHUR) e causa, risulterà che questo solo è il bene. E infatti,
se il dio demiurgo è causa della generazione,36 sarà sufficiente che il bene sia
principio dell’essenza (HLM R- PHQ GKPLRXUJR THRYHMVWLQJHQHYVHZDMUNHL
 WR
DMJDTRQ RXMVLYDHL?QDLDMUFKY). In modo analogo, ciò che è nei confronti di questo
il dio demiurgo – ne è l’imitatore –, è la generazione rispetto all’essenza – ne è
infatti forma intelligibile e imitazione. Se dunque il demiurgo della generazione è
buono, il demiurgo dell’essenza sarà il bene in sé (DXMWRDYJDTRQ), connaturato al-
l’essenza. Infatti il secondo dio, essendo doppio, produce la sua propria immagi-
ne e il cosmo, essendo demiurgo e poi totalmente contemplatore (R- JDUGHXYWH
URGLWWRZ@QDXMWRSRLHL
 WKYQWHLMGHYDQH-DXWRX
 NDL WRQNRYVPRQGKPLRXU
JRZ>QH>SHLWDTHZUKWLNRR^OZ).” (fr. 16, 1-12)

Per quanto eccentrica possa sembrare, questa lettura ricava di conseguenza


dalla analogia del sole non solo l’esistenza del bene come primo principio, ma
anche l’indicazione di un altro livello di principi, dipendente dal primo (che è
principio dell’RXMVLYD),37 e che si sdoppia ulteriormente: dunque un principio che
in un certo senso è uno (fr. 11, 13) ma che si duplica in conseguenza delle sue di-
verse funzioni, essendo ora idea (LMGHYD) ora demiurgo creatore del cosmo (fr. 16,
10-12).38 In fondo si trova il cosmo, il bel cosmo, reso bello per la sua partecipa-

36
Cfr. il già citato passo di 5HVS 509b2-4, dove il sole è causa di JHYQHVL.
37
Cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH, vol. V: GLHSKLORVRSKLVFKH/HKUHGHV3ODWRQLV
PXV3ODWRQLVFKH3K\VLN LPDQWLNHQ9HUVWlQGQLV , Stuttgart-Bad Cannstatt 1998, p. 267: “Denn wie

diese [VFLO K- LMGHYD WRX‹ DMJDTRX


] den Ideen Sein und Erkanntwerden verleiht, so verleiht der erste
Gott des Numenios den Ideen ihr Sein (RXMVLYD) und mit dem Sein offenbar auch das Erkanntwerden;
denn die Ideen sind ja identisch mit dem QRKWRYQ, sie sind also Gegenstand der Vernuftserkenntnis”.
In questo senso si comprende anche la distinzione tra SDWHU e SRLHWHV del 7LPHR: NDL JDURX>WHGK
PLRXUJHL
Q HMVWL FUHZQ WRQ SUZ
WRQ NDL WRX
 GKPLRXUJRX
QWR GH THRX
 FUK HL?QDL QRPLY]HVTDL
SDWHYUDWRQSUZ
WRQTHRYQ (fr. 12, 1-3).
38
Significativamente, mentre il primo dio è solo SHUL WD QRKWDY, il secondo è SHUL WD QRKWD
NDLDLMVTKWDY, fr. 15, 4-5; si veda anche fr. 11, 14-20. Cfr. M. Baltes, 'HU3ODWRQLVPXVLQGHU$QWLNH,
V, cit. pp. 267-268; M. Frede, “Numenius”, cit., 1057-1058. Per quanto riguarda il terzo dio è molto
interessante un confronto con il mitraismo: nell’interpretazione ‘realista’ di 5HSXEEOLFD VI il sole
viene infatti a configurarsi come la manifestazione visibile del dio creatore. Il sole è il dio demiurgo
(cfr. 509b2-4 citato VXSUD): nel fr. 12, 14-15 il dio demiurgo (WRQGKPLRXUJLNRQTHRYQ) è detto KMJH
PRQRHL
QGLD RXMUDQRX
 LMRYQWD (cfr. anche 3KGU. 246e5 in riferimento a Zeus). Oltre che per la teolo-
gia astrale in generale, questa caratterizzazione potrebbe appunto riflettere un interesse più specifico
per il mitraismo, come si ricava dal 'HDQWURdi Porfirio (cfr. 6, p. 8, 17-19: Mitra, il dio sole, è detto
R- SDYQWZQ SRLKWK NDL SDWKYU): “l’expression suggère que Numénius voyait dans Hélios au mois
une imagine du démiurge, sinon le démiurge lui-même”: R. Turcan, 0LWKUDV3ODWRQLFXV5HFKHUFKHV
VXUO¶+HOOpQLVDWLRQSKLORVRSKLTXHGH0LWKUD, Leiden 1975, pp. 77-82: 79; ma cfr. anche la recensio-

ne di J. Dillon, “The Platonising of Mithra”, -RXUQDORI0LWKUDLF6WXGLHV 2 (1977) 80-82 (ora in Id.,


7KH*ROGHQ&KDLQ6WXGLHVLQWKHGHYHORSPHQWRI3ODWRQLVPDQG&KULVWLDQLW\, London 1990).
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 11


zione al bello (R- NDOR NRYVPRNHNDOOZSLVPHYQRPHWRXVLYD WRX


 NDORX
; fr.
16, 16-17).39

IV.

Il confronto con l’analogia del sole serve, almeno in parte, a scagionare Nu-
menio da accuse che gli sono state mosse, tanto nell’antichità quanto ai giorni
nostri, di scarsa coerenza concettuale e di ambiguità nell’uso dei termini.40 In
particolare, il problema riguarda il primo principio, che a una lettura d’insieme
dei frammenti sembra davvero rappresentare il caso esemplare delle ambivalenze
di Numenio.
Da un lato infatti esso viene celebrato come anteriore (SUHVEXYWHUR, fr. 17,
7; cfr. 16, 3: SUHVEXYWHURQDL>WLRQ), più divino (THLRYWHUR, fr. 17, 8), semplice
(D-SORX
, fr. 11, 12; cfr. fr. 11, 13: PKY SRWHGLDLYUHWR), uno (H^Q, fr. 19, 13),
sospeso sopra l’essere (HMSRFRXYPHQR HMSL WK
 RXMVLYD, fr. 2, 16);41 dall’altro
invece viene caratterizzato come demiurgo (GKPLRXUJRY, fr. 16, 9), movimento
(NLYQKVL, fr. 15, 9-10), ed essere in sé (DXMWRRYQ, fr. 17, 4) connaturato all’essere
(VXYPIXWRWK
RXMVLYD, fr. 16, 10, cfr. anche fr. 15, 9). Anche i riferimenti alla sua
attività razionale, intesa ora come QRX
 (frr. 16, 3; 17, 3-4 e 7) ora come
IURYQKVL (fr. 16, 3), non sono molto chiari.42

39
Risulta dunque evidente che Proclo, quando discute dei tre dei nel fr. 21, non tocca il proble-
ma della ulteriore divisione del secondo dio in base alle sue due diverse attività (contemplazione/in-
telletto; creazione/demiurgo); piuttosto, tracce di questa suddivisione si trovano in un’altra parte del
suo commentario, corrispondente al fr. 22 dell’edizione di des Places; una breve discussione del pro-
blema è in M. Frede, “Numenius”, cit., 1068-1069, che tenta però di difendere la testimonianza pro-
cliana; contro, e più correttamente, cfr. A. Festugière, /D UpYpODWLRQ G¶+HUPqV 7ULVPpJLVWH, cit., p.
123; J. Dillon, 7KH0LGGOH3ODWRQLVWV, cit., p. 367. (QSDVVDQW, questa sezione della 5HSXEEOLFD gius-
tifica anche l’importanza dell’altrimenti ellittico passo della seconda lettera, che indicava il primo
principio come EDVLOHXY (312e1): la stessa metafora politica torna anche nella 5HSXEEOLFD (509d2;
cfr. anche 517c4, 597e7) per indicare la collocazione del bene rispetto alle idee, che figura dunque
come sovrano rispetto ai sudditi, uomo ma superiore e in parte diverso (soprattutto in età imperiale).
Così Numenio può distinguere tra il SUZ
WRTHRY, il EDVLOHXY che non partecipa alla creazione del
cosmo e il THRGKPLRXUJRY, che ne è invece l’artefice (fr. 12, 12-14).
40
Oltre a Proclo nel fr. 21 già citato, cfr. anche Amelio e Longino DSPorph. 9LW3ORW 17, 16-44
e 20, 74; Tra i moderni, cfr. H. Ch. Puech, “Numénius d’Apamée et les théologies orientales au se-
cond siècle”, in Id., (Q TXrWH GH OD JQRVH, vol. I, Paris 1978, p. 65 (precedentemente apparso nei
0pODQJHV%LGH], Bruxelles 1934); E. R. Dodds, “Numenius and Ammonius”, in /HVVRXUFHVGH3OR

WLQ, Entretiens sur l’antiquité classique, V, Vandœuvres-Genève 1960, p. 16; J. H. Waszink, “Por-

phyrios und Numenius”, in 3RUSK\UH, Entretiens sur l’antiquité classique, XII, 1966, pp. 42-43; J.
Whittaker, “(3(.(,1$ 128 .$, 2868$6”, cit., p. 94 e nota 2; M. Zambon, 3RUSK\UH HW OH
0R\HQSODWRQLVPH, cit., pp. 172-173.

41
Cfr. A. Festugière, /DUpYpODWLRQG¶+HUPqV7ULVPpJLVWH, vol. IV: /H'LHXLQFRQQXHWODJQRVH,
Paris 19543, p. 129 nota 11: “HMSRFHL
VTDLse dit pour marquer la transcendence”.
42
Per questi due termini, oltre che per NLQHVLV, M. Frede, “Numenius”, cit., 1063, rinvia molto
opportunamente a 6RSK 248e6-249a2.
12 0DXUR%RQD]]L


Ma queste oscillazioni riflettono in realtà il problematico statuto del bene del-


la 5HSXEEOLFD, che se da un lato appare come assiologicamente superiore (PHL]RY
QZ WLPKWHYRQ, 509a3-4) e soprattutto non come oujsiva, ma come HMSHYNHLQD
WK
RXMVLYDSUHVEHLYDNDLGXQDYPHLX-SHUHYFZQ(508b9-10), dall’altro viene det-
to il più luminoso tra ciò che è (WRX
 R>QWRIDYQRWDWRQ, 518c9), il più felice tra
ciò che è (WRHXMGDLPRQHYVWDWRQWRX
R>QWR, 526e3), il migliore tra gli esseri (WR
D>ULVWRQ HMQ WRL
 RX?VL, 532c5), ultimo tra ciò che si conosce (HMQ WZ
 JQZVWZ

WHOHXWDLYD, 517b5) e massimo oggetto di conoscenza (PHYJLVWRQPDYTKPD, 504d
2, e4-5, 505a2).
Si tratta di difficoltà ben note agli studiosi moderni di Platone,43 che anche
Numenio affronta consapevolmente: l’accusa di essere ‘indeciso’ o ‘incoerente’
non è fondata.44 Separando il piano divino da quello umano ma non rinunciando
a tenere uniti i gradi della realtà, egli elabora un modello in cui la causa possiede
in modo eminente, diverso e migliore ciò di cui è causa:45

“tutti quei doni che, una volta donati, provenendo dal donatore passano al ri-
cevente (schiavi, ricchezze, metallo cesellato o monete), tutti questi sono doni
mortali e umani; divini sono invece quelli che, trasmessi da lì in alto e giunti qui
in basso, di lì non si sono allontanati e però sono qui e avvantaggiano l’uno ma
non danneggiano l’altro (lo avvantaggiano in più con il ricordo di ciò che sapeva)
(WD GH THL
DY HMVWLQRL_D PHWDGRTHYQWDHMQTHYQGHHMNHL
TLJHJHQKPHYQDH>QTHQWH
RXMN DMSHOKYOXTH NDL NDMNHL
TL JHQRYPHQD WRQ PHQ Z>QKVH WRQ G’ RXMN H>EOD\H
NDL SURVZYQKVHWK
 SHUL Z_QHMSLYVWDWRDMQDPQKYVHL). Questo bel dono è la bella
scienza, di cui si avvantaggia il ricevente, ma di cui non è privato il donatore…
La ragione di questo fatto non ha niente di umano.” (fr. 14, 1-11, 16-17)

In quanto causa, il bene possiede ciò che è nel causato e quindi non è trascen-
dente, ma ha una sua specificità che si connota assiologicamente come superiori-
tà: ecco perché il primo principio in quanto causa di intelligibilità deve preserva-
re una forma di intelligibilità ed essere dunque un intelletto (SUZ
WR QRX
), in

43
Negli ultimi anni particolarmente influente è risultata l’interpretazione di Matthias Baltes, tesa
a negare la trascendenza dell’idea del bene (“Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond
being?”, cit.), cfr. ad es. F. Ferrari, “La causalità del bene nella 5HSXEEOLFDdi Platone”, (OHQFKRV 22
(2001) 5-37; L. Brisson, “L’approche traditionelle de Platon par H.F. Cherniss”, in G. Reale – S.
Scolnicov (ed.), 1HZ,PDJHVRI3ODWR'LDORJXHVRQWKH,GHDRIWKH*RRG, Sankt Augustin 2002, pp.
85-97; M. Vegetti, Megiston Mathema. “L’idea del “buono” e le sue funzioni”, cit., pp. 253-286;
FRQWUD, cfr. ora R. Ferber, “L’idea del bene è o non è trascendente?”, in M. Bonazzi – F. Trabattoni

(ed.), 3ODWRQHHODWUDGL]LRQHSODWRQLFD6WXGLGLILORVRILDDQWLFD, Milano 2003, pp. 127-149.


44
Cfr. VXSUD, nota 40.
45
Sul tipo di causalità elaborato da Numenio, cfr. E. R. Dodds, “Numenius”, cit., p. 23; cfr. an-
che J. Hankinson, &DXVH DQG H[SODQDWLRQ LQ DQFLHQW *UHHN WKRXJKW, Oxford 1998, p. 407: “Nume-
nius’ metaphysical fundamental concern is to keep open the lines of communication between his
levels of reality, presumably since it would otherwise be impossible to explain how the higher forms
could have any effect at all at the lower levels”.
8Q OHWWRUHDQWLFRGHOODRepubblica 1XPHQLRGL$SDPHD 13


quanto causa ultima della creazione deve in qualche modo essere GKPLRXUJRY, e
in quanto causa dell’essere figura come essere per eccellenza (DXMWRRYQ).46 Queste
oscillazioni rispecchiano le difficoltà che erano rimaste irrisolte o non completa-
mente spiegate in Platone: il caso di Numenio esemplifica bene le difficoltà di
una lettura della 5HSXEEOLFD orientata in senso metafisico e teologico.47
Se in tal modo Numenio può essere assolto dall’accusa di fare confusione e di
essere impreciso, rimane forse vera l’osservazione di Longino, che rilevava in
Plotino, rispetto al filosofo di Apamea, maggior rigore concettuale:48 partendo in-
fatti dallo stesso passo della 5HSXEEOLFD (in particolare in riferimento al significa-
to di DMJDTRHLGHY, 5HVS 509a3), Plotino avrebbe infatti elaborato un diverso mo-
dello di causalità che ambiva a salvare l’assoluta semplicità, senza qualità e senza
predicati, del primo principio: RXMN DMQDYJNK R^ WL GLYGZVL WRX
WR H>FHLQ.49 O,
ancora più esplicitamente, WR GH DL>WLRQRXM WDXMWRQWZ
 DLMWLDWZ
WR GH DL>WLRQ
SDYQWZQRXMGHYQHMVWLQHMNHLYQZQ.50
In realtà, come è stato osservato, neppure Plotino è del tutto esente dalle os-
cillazioni che caratterizzano la metafisica di Numenio,51 ma almeno gli appare
meglio definita la natura del problema e le difficoltà da risolvere. E soprattutto
diventa chiaro, in un contesto in cui la filosofia si caratterizza come esegesi di
testi autorevoli, come le difficoltà che Numenio aveva incontrato nel suo tenta-
tivo di leggere insieme 7LPHR e 5HSXEEOLFD, potessero essere spiegate solo con il

46
Altrove, sulla scorta di 7LP. 41e, Numenio potrà caratterizzare il primo principio come seme,
VSHYUPD (fr. 13, 4). La posizione di Numenio viene a coincidere di fatto con quella del già citato
Matthias Baltes: “the idea of the Good can only grant what it possesses more. Or, more precisely, it
can only grant that which it LV itself. Being the cause of truth it LV truth, and at the same time it is
DERYHthat (sort of) truth which it confers upon the objects, namely the truth which it is recognized in

the process of cognition” (“Is the Idea of the Good in Plato’s Republic beyond being?”, cit., pp. 9-
10); cfr. anche F. Ferrari, 'LRLGHHHPDWHULD/DVWUXWWXUDGHOFRVPRLQ3OXWDUFRGL&KHURQHD, Na-
poli 1995, p. 255.
47
Non a caso le accuse di Proclo nel fr. 21 riguardavano proprio il fatto che Numenio aveva
connumerato e coordinato (VXQDULTPHL
, VX]HXYJQXVTDL) il bene alle altre cause.
48
Porph. 9LW3ORW 20, 68-76.
49
VI 7, 17, 3-4. Più in generale, l’importanza della 5HSXEEOLFD si avverte in gran parte di VI 7, e
soprattutto nei capitoli 15-23, dove la riflessione sull’alterità dell’Uno si fonda su 5HVS 508-509:
DMJDTRHLGHY può essere solo la seconda ipostasi, che è appunto ‘buona’ per opera del primo bene (WR
DMJDTRYQ), cfr. P. Hadot, 3ORWLQ7UDLWp9,, Paris 1987, pp. 256-294; Th. A. Szlezák, 3ODWRQXQG
$ULVWRWHOHVLQGHU1XVOHKUH3ORWLQV, Basel-Stuttgart 1979, pp. 151-154; fondamentali in proposito ri-

mangono i due lavori di C. D’Ancona Costa, “$025)21.$,$1(,'(21. Causalité des formes


et causalité de l’Un chez Plotin”, 5HYXH GH SKLORVRSKLH DQFLHQQH X (1992) 71-113 e “Plotinus and
later Platonic philosophers on the causality of the First Pricnciple”, in L. P. Gerson, 7KH&DPEULGJH
FRPSDQLRQWR3ORWLQXV, Cambridge 1996, pp. 356-385; più in generale cfr: anche D. O’Meara, 3ORWL

QXV$QLQWURGXFWLRQWRWKHEnneads, Oxford 1993, pp. 44-49, 60-65.

50
VI 9, 6, 54-55.
51
Cfr. i passi raccolti da A. Linguiti, “Commentarium in Platonis 3DUPHQLGHP”, in &3) III, Fi-
renze 1995, pp. 157-159, 187-188; cfr. anche K. Corrigan, “Amelius, Plotinus and Porphyry on
Being, Intellect and the One. A reappraisal”, in $15: II 36.2 (1987) 986.
14 0DXUR%RQD]]L


ricorso a un altro dialogo, il 3DUPHQLGH: ed è in questo senso, al di là delle pole-


miche tendenziose di plagio, che la filosofia di Plotino segna un punto di rottura
sostanziale nella tradizione che aveva preso le mosse da Platone.52

8QLYHUVLWjGHJOL6WXGLGL0LODQR


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La lettura di Plotino si fonda sui medesimi presupposti e intenti che hanno spinto recentemen-
te Rafael Ferber a riporre la tesi della trascendenza dell’idea del bene, cfr. “L’idea del bene è o non è
trascendente?”, cit., pp. 136-137 (sul problema del significato filosofico di DMJDTRHLGHY); 136 e 142-
144 (sulla necessità di considerare l’idea del bene anche alla luce del 3DUPHQLGH). Per una ricostru-
zione più dettagliata dell’interpretazione di Plotino e dei successivi neoplatonici, cfr. anche M. Ab-
bate, “Il Bene nell’interpretazione di Plotino e di Proclo”, in M. Vegetti (ed.), 3ODWRQH/D5HSXEEOL
FD, cit., pp. 625-678.

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