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Buddismo e Società

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2015 | novembre/dicembre

L’insegnamento del Budda riguarda la


vittoria
Seconda parte: La rivoluzione umana
(seconda puntata)

brani scelti di scritti di Daisaku Ikeda

Il Buddismo di Nichiren sottolinea l’importanza della vittoria. Perché? Su che cosa dobbiamo
vincere? Quali sono i presupposti per condurre una vita vittoriosa? I brani scelti contenuti in
questo capitolo – il nono della serie “La saggezza per creare la pace e la felicità” – offrono le
risposte del presidente Ikeda a queste domande.
Desiderando incoraggiare un membro della SGI statunitense deluso di non vedere i risultati
sperati nonostante gli sforzi incondizionati sia nel lavoro che nelle attività della SGI, il
presidente Ikeda disse: «Non preoccuparti! I momenti in cui soffri e lotti incondizionatamente
recitando, facendo azioni, lavorando duramente, sono le più grandi opportunità per compiere
la tua rivoluzione umana e progredire nel cambiamento del tuo karma. Non devi essere
ansioso o impaziente. Ora è il momento di creare con perseveranza le cause di una sicura
vittoria futura, di gettare i semi che poi porteranno frutti. Quando si effettua una attività di
rimboschimento può succedere che dei semi vengano portati via dagli uccelli. Se ciò accade
bisogna piantarne ancora. Alcuni germogli appena spuntati possono venire danneggiati dalle
intemperie. Anche in questo caso bisogna piantarne di nuovi. Continuando a gettare semi, si
formerà alla fine una grande foresta. Questo processo incarna un principio buddista. La
mattina segue sempre alla notte. Avere fede in una nuova alba è lo spirito del Buddismo di
Nichiren. L’importante è non smettere, non darsi per vinti, continuare sempre a compiere
azioni positive. Fino a quando continuerai a provare, sarai in grado di progredire. Il fatto che ti
stai sfidando è di per sé vittoria. Vincere vuol dire non soccombere alla sconfitta».
Nel corso della nostra rivoluzione umana inevitabilmente sorgeranno ostacoli e difficoltà. Il
presidente Ikeda ci rassicura dicendoci che se li affrontiamo direttamente e ci sfidiamo senza
paura, la nostra Buddità innata, fonte della vittoria nella vita, brillerà luminosa.

Una lotta con noi stessi

La rivoluzione umana è una lotta costante che intraprendiamo con noi stessi e con le funzioni
demoniache che cercano di ostacolare la nostra fede. Il principio secondo cui il Buddismo
riguarda la vittoria è un’esortazione a vincere su noi stessi, sui nostri limiti e le nostre tendenze
negative.

Il mio maestro, il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, era solito dire: «Fede è la
lotta di una persona e dell’umanità contro i propri limiti. Fede è la battaglia della natura del
Budda contro la natura demoniaca della vita. In ciò sta il significato dell’affermazione “il
Buddismo riguarda la vittoria”».
È normale che ci siano momenti di stallo. Proprio allora dobbiamo recitare Daimoku e agire
con determinazione ancora maggiore. In questo modo raggiungeremo un più elevato stato
vitale e saremo in grado di avanzare nuovamente. La ripetizione continua di questo processo è
il cuore della nostra pratica buddista.
È determinante il fatto di vincere o perdere in questa lotta con noi stessi, con l’immobilismo e
con le funzioni demoniache della vita. Coloro che trascurano di lottare con forte
determinazione contro le proprie debolezze interiori, considerando la vita come un gioco, sono
già sconfitti. Un tale autocompiacimento caratterizza la sconfitta.
Nichiren Daishonin afferma: «La legge del Budda riguarda principalmente la vittoria o la
sconfitta, mentre la legge del re si basa su ricompensa o punizione. Per questa ragione un
Budda ha il titolo di “eroe del mondo”, mentre un re viene chiamato “colui che governa a suo
arbitrio”» (L’eroe del mondo, RSND, 1, 741).
Ricompense e punizioni sono relative per natura. Per esempio, si può prendere un voto basso o
alto a un esame, o ricevere riconoscimenti di vario genere e grado. Ma la vittoria e la sconfitta
sono assolute: si vince o si perde, non c’è una soluzione intermedia. Il Budda è colui che vince.
L’eroe del mondo, uno dei titoli del Budda, è un campione che non ha rivali nel mondo umano,
nella società.
Nelle scritture buddiste troviamo molti altri nomi per il Budda: “vincitore in battaglia”, “guida
vittoriosa”, “forza vittoriosa”, “essere superiore”, “vittorioso sulle altre bandiere”, “colui che
eroicamente sottomette le forze demoniache” e “colui che annienta le forze demoniache
attraverso i dieci poteri1”.2
In altre parole, il Budda è la guida che trionfa nella lotta contro le funzioni demoniache. La
vittoria dimostra il potere del Buddismo, il potere della fede. Riferendosi alla battaglia contro le
forze demoniache, Nichiren Daishonin scrive: «Il re demone del sesto cielo3 ha mobilitato i suoi
dieci eserciti e, nel mare delle sofferenze di nascita e morte, è in guerra con il devoto del Sutra
del Loto per impedirgli di prendere possesso di questa terra impura in cui vivono santi e
persone comuni,4 e strappargliela del tutto. Sono più di vent’anni ormai che mi trovo in questa
situazione e ho dato inizio alla grande battaglia e, nemmeno una volta, ho pensato di ritirarmi»
(La grande battaglia, RSND, 2, 438).
I dieci eserciti si riferiscono ai vari tipi di desideri terreni o impulsi illusori. Nel Trattato sulla
grande perfezione della saggezza5 li troviamo così elencati: avidità (essere attaccati ai cinque
desideri6 e come risultato trascurare la pratica buddista); scoraggiamento (essere depressi e
senza entusiasmo); fame e sete (essere assaliti da questi desideri); amore dei piaceri
(decadimento che risulta dal desiderio o dall’attaccamento. Include il desiderio sessuale, la
dipendenza da sostanze come l’alcool o altre forme di ricerca di piacere); sonnolenza e apatia
(non significa che non si debba dormire, si riferisce soprattutto all’atteggiamento di
rilassamento e di indolenza nella vita. Comprende anche il tipo di vita in cui non si fa nessuno
sforzo energico e vigoroso per migliorarsi, ma si cerca soltanto di percorrere la via più
semplice); paura (soccombere alle proprie paure e diventare codardi); dubbio e rimpianto (le
funzioni demoniache che cercano di sviare i praticanti facendo insorgere in loro il dubbio o il
rimpianto riguardo al sentiero che stanno seguendo); rabbia (permettere che la pratica venga
ostacolata da pensieri collerici); fama, fortuna e falsa gloria (permettere che la preoccupazione
per i benefici materiali e per la propria reputazione faccia deviare dal sentiero per conseguire
la Buddità); arroganza e disprezzo (pensare di essere superiori agli altri e quindi deriderli).
Per inciso quest’ultima caratteristica, l’arroganza, è stata una costante di tutti coloro che finora
hanno abbandonato la pratica e attaccato la Soka Gakkai. In realtà si sono lasciati sconfiggere
da tutti e dieci gli eserciti del re dei demoni, si sono fatti prendere prigionieri e sono finiti nelle
loro file.
Qual è l’arma per distruggere questi dieci eserciti? Non è altro che la spada affilata della fede.
Questo è il motivo per cui chi si assume la responsabilità di kosen-rufu prima di qualsiasi altra
cosa deve essere coraggioso e avere una forte fede. Altrimenti, per quanto possa sembrare una
persona eccezionale e pienamente realizzata, non vincerà nella battaglia fondamentale
dell’esistenza, quella contro le forze demoniache.
Una persona è forte se la sua fede è forte.
Il brano del Gosho citato precedentemente ci rivela che nell’universo – che il Buddismo chiama
“il mare delle sofferenze di nascita e morte” – si sta combattendo una grande battaglia tra il
Budda e le forze demoniache. L’intero universo è il palcoscenico di una lotta colossale tra le
forze costruttive e quelle distruttive, tra l’energia che porta all’ordine e all’armonia e le
correnti turbolente che spingono verso il disordine e il caos, tra il potere della compassione che
unisce e il potere dell’odio che separa, tra la vita e la morte, la luce e l’oscurità, la felicità e
l’infelicità, l’avanzamento e l’arretramento, il sollevarsi e il cadere, la libertà e la costrizione, la
speranza e la disperazione, la forza che sostiene la vita e l’impulso a uccidere.
Chiediamoci dunque: seguiamo la Legge che conduce alla felicità o restiamo schiavi del re
demone che cerca di oscurare il mondo rendendoci infelici? È vitale seguire la Legge che
conduce all’eterna felicità e costruire un regno di gioia indistruttibile e duratura. Questa è la
nostra missione come praticanti del Buddismo di Nichiren.
(Da un discorso di Daisaku Ikeda tenuto a Tokyo il 26 giugno 1990 in occasione di una riunione
dei responsabili della Divisione giovani uomini)

La lotta interiore di Shakyamuni

Nel romanzo La nuova rivoluzione umana il presidente Ikeda descrive Shakyamuni che si
risveglia all’eternità della vita sotto l’albero di pipal, dopo aver capito che le pratiche austere non
possono condurre all’Illuminazione. Il suo risveglio è la rappresentazione della vittoria
sull’oscurità fondamentale, o ignoranza, cioè sull’operato delle funzioni demoniache interiori, la
suprema forma di vittoria buddista.

Shakyamuni stava continuando la meditazione sotto l’albero di pipal. A quel punto, secondo le
scritture buddiste, i demoni cercarono di indurlo in tentazione. I mezzi che utilizzarono per
distrarlo variano secondo le diverse versioni, ma è interessante notare la sottigliezza e
l’ingegnosità dei sotterfugi.
In un caso per esempio, uno di questi demoni tentò di sviare Shakyamuni sussurrandogli
gentilmente in un orecchio: «Guarda come ti sei ridotto, come sei pallido. Sei sul punto di
morire. Se continui così sarà un miracolo se resterai in vita». Dopo avergli fatto notare il
pericolo che correva, lo esortò a continuare a vivere e poi cercò di persuaderlo dicendogli che
se avesse seguito i principi del Brahmanesimo avrebbe accumulato grandi benefici senza dover
patire tali stenti. In queste condizioni, affermò il demone, i suoi sforzi per conseguire
l’Illuminazione erano privi di senso.
Le parole del demone sembrano dare voce all’intensa lotta che avveniva nell’intimo di
Shakyamuni. Fu assalito dal dubbio, che scosse la sua pace interiore mettendo in subbuglio la
sua mente. L’estrema debolezza del corpo che aveva esaurito ogni energia fece emergere in lui
il terrore della morte. Il suo tormento interiore doveva essere arrivato all’apice poiché sapeva
di non essere ancora riuscito a ottenere nulla dalle severe austerità alle quali si era sottoposto.
E se anche quest’ultimo tentativo si fosse rivelato vano?
Era assalito dai desideri terreni, tormentato dalla fame e dal sonno, in preda alla paura e al
dubbio.
I demoni rappresentano i desideri terreni e le illusioni che cercano di turbare la mente di chi
cerca la strada verso l’Illuminazione. A volte si presentano sotto forma di attaccamenti ai
desideri terreni o di bisogni fisici, come la fame e il sonno. Altre volte sconvolgono la mente
assumendo la forma dell’ansia, della paura e del dubbio.
Quando ci si lascia fuorviare da tali funzioni demoniache si trova sempre una giustificazione
plausibile per il fallimento, e ci si convince che sia perfettamente naturale e ragionevole.
Ai tempi di Shakyamuni, per esempio, nessuno aveva ancora raggiunto l’Illuminazione; poteva
quindi apparirgli perfettamente ragionevole che la meditazione intrapresa sotto l’albero di
pipal si sarebbe potuta rivelare inutile.
Più spesso di quanto non sembri le funzioni demoniache inducono la gente ad appigliarsi a una
qualche logica che giustifichi le proprie debolezze e i cedimenti all’emotività. Nichiren metteva
in guardia i suoi discepoli dicendo: «Il demone veglierà su di lui come un genitore7» (Le azioni
del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 684).
Tuttavia Shakyamuni, spazzando via tutti i pensieri negativi che affollavano la sua mente,
riconobbe le funzioni demoniache per quello che erano e richiamò in sé una potente energia:
«Demoni! – gridò in cuor suo – Potete sconfiggere un codardo, ma chi ha coraggio trionferà. Io
continuerò a lottare. Piuttosto che vivere da sconfitto preferisco morire in battaglia!».
Così la sua mente riacquistò uno stato di tranquillità. La quieta coltre della notte lo avvolse,
mentre miriadi di stelle brillavano di un puro, cristallino splendore.
Dopo aver trionfato sugli attacchi delle forze demoniache, Shakyamuni si ritrovò rinnovato e
rinvigorito, lo spirito limpido e chiaro come un cielo senza nubi. Si risvegliò quindi alla natura
eterna della vita che abbraccia passato, presente e futuro.
In quel momento tutti i dubbi e i timori che costituivano da sempre un pesante substrato nella
profondità della sua vita svanirono. Era giunto infine alle profonde, inattaccabili radici della
sua esistenza. Sentì che l’oscurità dell’illusione si diradava nella luce brillante della saggezza
che ora illuminava la sua vita. Aveva aperto dentro di sé una condizione vitale che gli dava una
limpida visione capace di spaziare in tutte le direzioni, come se avesse raggiunto la sommità di
una vetta altissima.
Per un certo tempo Shakyamuni rimase ad assaporare la gioia del suo risveglio alla Legge – la
legge fondamentale della vita universale – ma presto si trovò davanti a un nuovo angoscioso
dilemma: avrebbe dovuto rivelare questa Legge ai suoi simili o rimanersene in silenzio? Seduto
all’ombra dell’albero di pipal, fu dilaniato per diversi giorni da questo interrogativo.
Nessuno aveva mai udito, né tanto meno esposto, una dottrina di tale profondità. Un enorme
divario separava il mondo reale dallo splendido regno che Shakyamuni aveva scoperto
all’interno del suo essere.
La gente viveva tra i tormenti, nel timore della malattia, della vecchiaia e della morte; gli esseri
umani lottavano uno contro l’altro consumati dalla fiamma del desiderio. Tutto ciò era dovuto
all’ignoranza della Legge della vita. Eppure, anche se avesse insegnato la Legge per offrire a
tutti una via di salvezza, era possibile che nessuno sarebbe riuscito a comprenderla.
Shakyamuni si sentiva completamente solo. Era la solitudine del vero illuminato, propria di
coloro che hanno raggiunto la comprensione di un qualche profondo principio o verità di cui
nessun altro è consapevole.
Secondo una leggenda, a questo punto i demoni ripresero a tormentare Shakyamuni. E ancora
una volta questo episodio può essere interpretato come una lotta contro le funzioni negative
presenti nella sua stessa vita, che ora tentavano di dissuaderlo dall’insegnare la Legge al
prossimo.
Shakyamuni non riusciva ad arginare il vortice di dubbi e incertezze rispetto al diffondere o
meno la Legge e continuò a essere tormentato sul da farsi.
Le funzioni negative, quindi, continuarono a ossessionarlo anche dopo essere diventato un
Budda, una pur minima crepa nel suo cuore provocava il loro assalto.
Il Budda non è un essere sovrumano. Chi ha raggiunto questo stato continua a provare dolore,
ad avere problemi ed è comunque soggetto alla malattia e alle tentazioni delle forze
demoniache. Per questa ragione il Budda è una persona coraggiosa e tenace, capace di agire
incessantemente per lottare contro le funzioni negative.
Senza sforzi continui per avanzare e migliorarsi, la fede può essere distrutta in un baleno, a
prescindere da quanto si è giunti in alto.
Secondo uno dei testi buddisti, a questo punto di fronte a Shakyamuni apparve il dio Brahma.8
Shakyamuni era indeciso e il dio lo supplicò di diffondere la Legge tra le persone. Questo
episodio simboleggia la potente determinazione che sgorgò dalla vita di Shakyamuni e lo
spinse a proseguire il cammino intrapreso e a portare a termine la sua missione.
Decise di andare avanti: «Chi vuole imparare mi ascolterà di sicuro. E anche chi è ancora
impuro capirà. Andrò tra la gente che si dibatte nell’illusione e nell’ignoranza!».
Una volta presa questa decisione sentì sorgere in sé un nuovo flusso di energia. In quel
momento un grande leone si alzò per la felicità dell’umanità.
(Adattato dal capitolo “Il Budda” tratto da La nuova rivoluzione umana, vol. 3, pubblicata in
giapponese nel novembre 1998. Cfr. ed. italiana La nuova rivoluzione umana, Esperia, vol. 3)

Vincere su noi stessi oggi

Facendo riferimento al principio della padronanza di sé così come formulato dal famoso
storico britannico Arnold Toynbee (1889-1975) nel corso del loro dialogo, il presidente Ikeda
spiega che le vittorie individuali su noi stessi costituiscono la base della rivoluzione umana che,
a sua volta, è la chiave per trasformare la società e, alla fine, la storia dell’umanità.
Un tema su cui Arnold Toynbee poneva particolare enfasi durante il nostro dialogo è la
padronanza di sé, in altre parole vincere su noi stessi. Questo significa andare oltre il piccolo io
dominato dall’egoismo e far emergere il grande io che opera per il bene di tutta l’umanità.
Toynbee, uno dei maggiori storici del ventesimo secolo, intuiva acutamente quanto il dominio
di sé fosse vitale per superare le crisi che l’umanità si trova a fronteggiare. Il suo concetto di
padronanza di sé è quello che noi della SGI chiamiamo rivoluzione umana.
Affermò: «La lotta per essere padroni di se stessi è il compito individuale di ogni essere
umano».9 La vittoria interiore di ogni individuo produrrà un progresso importante e positivo
della società e infine cambierà il corso della storia umana.
Qual è la chiave della vittoria nel ventunesimo secolo? Prima di tutto è migliorarsi, vincere su
se stessi oggi. Spero che vi ricordiate questo punto.
La fede è una fonte di forza infinita. La religione è il terreno su cui fiorisce la cultura. La Legge
mistica è fonte di felicità. La nostra pratica buddista ci dà la forza di vivere, crescere, vincere e
superare ogni tipo di karma.
Il Buddismo di Nichiren non usa gli esseri umani come un mezzo per raggiungere un fine, ma
insegna alle persone ad alzarsi con coraggio, a vincere su se stesse e a condividere la gioia con
gli altri. Questo è il sentiero della pratica buddista che noi della SGI stiamo percorrendo.
Il progresso scientifico è importante e naturalmente lo sono anche l’economia, la politica e
l’educazione. Ma la cosa più importante è la vita. Shakyamuni e Nichiren Daishonin ci hanno
insegnato che la trasformazione interiore è alla base di tutto.
Il Daishonin ha rivelato la Legge fondamentale che permea la vita e l’universo. Ha lasciato a
tutti un mezzo per condurre un’esistenza piena di compassione e per godere di pace e felicità.
La suprema Legge della vita e dell’universo è la Legge mistica e tutti voi che la sostenete siete i
tesori del mondo.
La legge buddista di causa ed effetto è rigorosa. Siate quindi certi che tutti coloro che si
dedicano alla Legge mistica saranno grandi leader che, esistenza dopo esistenza, godranno di
salute, benessere e bellezza e contribuiranno alla società conquistando lode e ammirazione,
conducendo una vita di piena realizzazione.
(Da un discorsodi Daisaku Ikeda tenuto a Hong Kong il 4 dicembre 2000 durante una riunione di
responsabili della SGI di Hong Kong e Macao)

Sfida e risposta

Citando la teoria formulata dallo storico Arnold Toynbee, secondo il quale la storia è un processo
di sfide e risposte, il presidente Ikeda afferma che la forza e la vitalità per affrontare le difficili
sfide della vita aprono la strada verso la vittoria sia sul piano sociale che su quello individuale.

Sin da quando ero giovane questo è stato il mio motto: «Maggiore è la resistenza incontrata
dalle onde, più impetuose diventano», in verità molto simile alla teoria della “sfida e risposta”
formulata da Arnold Toynbee. Lo storico sosteneva che una civiltà continua a svilupparsi
fintanto che le persone conservano l’energia e la vitalità necessarie a considerare come sfide
problemi e ostacoli di vario tipo e a rafforzarsi affrontandoli. Al contrario, una civiltà inizia il
suo declino quando le persone perdono l’energia e la vitalità per fronteggiare positivamente le
sfide.
Toynbee spiega questo punto citando un passo del Faust di Goethe nel quale Faust dice a
Mefistofele, la personificazione del diavolo, che rappresenta l’ostacolo che lui deve sfidare: «Se
mai io mi stenda soddisfatto sopra un letto di ignavia, che sia finita per me!».10 Nel momento in
cui cominciamo a pensare che non c’è bisogno di continuare a sforzarci, che possiamo
prendercela calma e rilassarci, e che non è necessario allargare il nostro campo d’azione né
sfidarci ulteriormente, da quel preciso istante comincia il nostro declino. Secondo Toynbee si
tratta di una regola costante della storia.
Questa regola vale sia per gli individui che per le organizzazioni. Non è importante quanto
siano grandi i problemi e gli ostacoli che ci assillano, ciò che conta è che sfidandoli e
trasformandoli a nostro vantaggio possiamo rafforzarci e svilupparci.
Nichiren Daishonin scrive: «Un fuoco non brucia forse più ardentemente quando vi si
aggiungono dei ceppi? […] Se non fosse per lo scorrere dei fiumi, il grande mare non
esisterebbe» (Una nave per attraversare il mare della sofferenza, RSND, 1, 29).11
Come evidenziano questi esempi, chi pratica la Legge mistica si rafforza e diventa più resiliente
davanti a qualsiasi ostacolo. Chi avanza con un’energia e una forza vitale così grandi vince
nella storia e nella vita. Ciò che conta è diventare forti e rendere forte la nostra organizzazione.
Il Daishonin cita le seguenti parole del Gran Maestro Miao-lo: «“Più forte è la fede, maggiore è
la protezione degli dei”12» (La supremazia della Legge, RSND, 1, 546). In un certo senso è un
ammonimento a non dipendere dagli altri.
Questo passo spiega che dovremmo smettere di essere indulgenti nei confronti di noi stessi e
pensare che qualcuno ci verrà in aiuto o prenderà le nostre difese: al contrario, dobbiamo
rafforzarci, perché solo così possiamo attivare le funzioni protettive dell’universo e vincere
nella vita.
(Adattato da un messaggio di Daisaku Ikeda inviato il 30 settembre 1997 in occasione di una
riunione di responsabili della Divisione donne della prefettura di Yamanashi)

Alzarsi con una fede basata su un voto

Nel romanzo La nuova rivoluzione umana il presidente Ikeda descrive una scena in cui Shin’ichi
Yamamoto, in visita per la prima volta in Brasile nell’ottobre 1960, partecipa a una riunione di
discussione e incoraggia calorosamente un contadino immigrato giapponese che stava
affrontando una dura lotta nel suo lavoro.

Piuttosto agitato, si fece avanti un uomo sui quarant’anni. «Professione agricoltore!» esordì con
il fare di un militare che si presenta con il proprio grado. «La prego, non sia così teso» disse
Shin’ichi. «Non siamo nell’esercito. Siamo fra amici, in famiglia. Si metta a suo agio come se
fosse a casa sua».
I presenti sorrisero e un sorriso luminoso risplendette anche sul volto bruciato dal sole
dell’uomo, che proseguì raccontando di aver cominciato da poco a coltivare ortaggi con scarsi
risultati. Ora si trovava a dover far fronte a grossi debiti. Chiedeva cosa fare per superare
quella situazione.
«Per quale ragione il raccolto è stato scarso?» domandò Shin’ichi.
«Credo che in parte sia dovuto al tempo» rispose l’uomo.
«C’è stato qualche altro agricoltore che coltivando gli stessi ortaggi ha avuto un buon
raccolto?».
«Sì, qualcuno. Ma in generale è stata una cattiva annata un po’ per tutti».
«Ha avuto problemi con i fertilizzanti?».
«No, non mi pare…».
«Difficoltà durante la coltivazione?».
Silenzio.
«E il terreno, poi, era adatto per la varietà di ortaggi che stava cercando di far crescere?».
«Non saprei…».
L’uomo non fu in grado di rispondere in maniera soddisfacente a nessuna delle domande di
Shin’ichi. Era chiaro che aveva lavorato sodo la terra e aveva cercato di fare del suo meglio, ma
questo valeva anche per gli altri. Non aveva proprio idea di quanto fosse superficiale pensare
di aver fatto il possibile.
Shin’ichi prese a parlare in tono più incisivo: «Prima di tutto dovrebbe individuare con
precisione i motivi che hanno determinato la scarsità del suo raccolto, in modo da non ripetere
più gli stessi errori in futuro. Per esempio, potrebbe parlare con gli agricoltori che hanno avuto
buoni risultati e prendere nota dei loro consigli.
Inoltre sarebbe importante adottare provvedimenti adeguati affinché il danno non si ripeta. Le
persone che svolgono seriamente la loro attività studiano i problemi di continuo e sfruttano
tutto il proprio ingegno per risolverli. Se non farà altrettanto, non riuscirà a ottenere alcun
risultato.
Si sbaglia di grosso se pensa che soltanto perché sta praticando il Buddismo i suoi campi
diverranno produttivi spontaneamente, senza alcuno sforzo da parte sua. Il Buddismo è un
insegnamento fondato sulla ragione più assoluta. Perciò la forza della nostra fede deve
manifestarsi nello studio dei problemi, nell’esercizio del nostro ingegno e in un impegno
maggiore di quello di chiunque altro. Recitare Nam-myoho-renge-kyo sinceramente è la
sorgente dell’energia necessaria ad affrontare le sfide. Alla base del suo Daimoku inoltre deve
esserci un voto».
«Un voto?» chiese l’uomo perplesso.
«Per voto – continuò Shin’ichi – intendo fare una promessa solenne e pregare per realizzarla.
Alcuni pregano perché le cose piovano loro dal cielo senza dover fare il minimo sforzo. Ma una
religione che incoraggia un atteggiamento simile toglie potere alle persone. Nel Buddismo di
Nichiren Daishonin la preghiera consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo sulla base di un
voto. L’essenza di questo voto è la realizzazione di kosen-rufu.
In altre parole, significa pregare risolutamente con questa determinazione: “Io realizzerò
kosen-rufu in Brasile. Perciò decido di esprimere al massimo il mio potenziale e concretizzare
una splendida prova concreta del Buddismo nel mio lavoro”. Ecco come dovrebbe essere la
nostra preghiera.
È altresì importante stabilire ogni giorno obiettivi chiari e concreti e quindi, sfidando i propri
limiti, pregare per realizzarli uno dopo l’altro. Questa sincera determinazione fa emergere la
saggezza e la creatività che porteranno al successo. In breve, la vittoria nella vita si consegue
con la determinazione e la preghiera, con lo sforzo e la creatività. È fuorviante sognare di
arricchirsi velocemente sperando in un colpo di fortuna eccezionale o in un facile sistema per
far soldi. Questa non è fede, è pura fantasia.
Il lavoro ci consente di vivere e, fintanto che non riusciamo a vincere su questo aspetto della
nostra esistenza, non potremo dimostrare il principio secondo cui la fede si manifesta nella vita
quotidiana. Quindi, la prego, abbandoni questo stato di apatia e dedichi tutto se stesso al suo
lavoro con rinnovato impegno».
«Farò del mio meglio!» rispose l’uomo con gli occhi che brillavano di convinzione. Shin’ichi era
ben consapevole delle numerose difficoltà di questi immigrati contadini. Per riuscire in simili
circostanze avrebbero dovuto prima di tutto combattere contro le proprie debolezze, il vero
nemico che si annidava in loro.
Più grande è la difficoltà, più importante diventa decidere che quello è un momento decisivo
della vostra vita e continuare a sfidarsi. Proprio in questi frangenti si manifesta il benefico
potere del Gohonzon, poiché le avversità non sono altro che un’opportunità di provare la
grandezza del Buddismo.
(Adattato dal capitolo “Pionieri” del volume 1 de La nuova rivoluzione umana, pubblicato in
giapponese nel gennaio 1998. Cfr. ed. italiana La nuova rivoluzione umana, Esperia, vol. 1)
Vivere la vita più nobile come esseri umani

Nel Buddismo la vittoria non dipende dalla fama e dagli onori ma dal tipo di valore creato e da
quanto abbiamo contribuito alla felicità e al benessere degli altri.

Da giovane mi rimase impresso nel cuore un famoso detto del filosofo greco Eraclito: «Tutto
scorre». Tutti i fenomeni dell’universo, senza eccezione, cambiano continuamente. Ci sono fin
troppi esempi di persone che, salite alle vette della gloria, alla fine dei loro giorni sprofondano
in veri e propri abissi.
Nichiren Daishonin afferma: «A volte rinasciamo come esseri umani, diventiamo sovrani di
vari paesi, alti ministri, nobili di corte e ci riteniamo incomparabilmente felici. Così ci
accontentiamo di questi piccoli guadagni e ne siamo estremamente lieti. Ma il Budda ha
insegnato che queste realizzazioni non sono che una semplice prosperità acquisita in sogno,
una gioia immaginaria, e che dovremmo semplicemente accettare e sostenere il Sutra del Loto
e diventare rapidamente Budda» (Sovrano, maestro e genitore, RSND, 2, 36).
Per quanto coloro che detengono il potere possano pensare di essere grandi, siano essi ministri,
deputati o gente famosa, dal punto di vista del Buddismo la loro prosperità non è che un sogno,
la loro gioia soltanto un’illusione.
La vita è breve. È un peccato sprecarla rincorrendo le illusioni, cercando di ottenere glorie
effimere o soffrire invidiando coloro che hanno raggiunto tali posizioni di prestigio.
Qual è dunque il modo di vivere più nobile e significativo? Il Dashonin afferma che sforzarsi di
conseguire la Buddità è il sentiero verso la felicità eterna ed è di per sé la suprema forma di
esistenza. In altre parole, quello che conta è far risplendere la nostra vita in quanto entità della
Legge mistica.
Sebbene possano condurre una vita ordinaria, i veri vincitori sono coloro che si sforzano
seriamente nella pratica buddista, si dedicano con sincerità a kosen-rufu e vivono in accordo
con l’eterna Legge mistica.
Kosen-rufu è un’eterna lotta. Quelli che sono dediti a questa causa assaporeranno una grande
gioia per tutta l’eternità. Questa è la promessa del Daishonin. Desidero quindi affermare
nuovamente che i membri della SGI sono gli eroi del mondo, persone di insuperabile umanità.
In un famoso passo il Daishonin scrive: «È raro nascere esseri umani. Il numero di coloro che
sono dotati di un corpo umano è piccolo come la quantità di terra che può stare su un’unghia. E
mantenere in vita un corpo umano è difficile come per la rugiada restare sull’erba. Ma è più
importante vivere un solo giorno con onore piuttosto che vivere sino a centoventi anni e
morire in disgrazia» (I tre tipi di tesori, RSND, 1, 755).
Vivere a lungo non significa necessariamente vivere bene. L’importante è ciò che ci si lascia
dietro, il valore che si crea, quante persone si aiutano a diventare felici.
Quindi, dedicare la vita a kosen-rufu è il più nobile modo di vivere e il più grande contributo
che si possa dare alla società, poiché conduce noi e gli altri alla felicità. Buddismo e società,
fede e vita quotidiana sono inseparabili.
Per questo il Daishonin ci esorta a crearci una buona reputazione in quanto devoti del Sutra
del Loto e della causa di kosen-rufu, e a non lasciarci dietro rimpianti di alcun genere, consci di
avere fatto tutto il possibile nel poco tempo che abbiamo in questa vita.
Se intendete intraprendere una sfida, fatelo con un atteggiamento brillante e positivo,
altrimenti non vi divertirete. Quando vi sforzerete di vostra iniziativa e perseguirete i vostri
obiettivi gioiosamente, vi sentirete scoppiare di felicità ed energia. L’importante è sfidarsi con
gioia, perché chi avanza con gioia accumula fortuna. Il Buddismo riguarda la vittoria; è una
continua lotta. Chi combatte gioiosamente alla fine risulta vincitore. Chi basa la propria vita
sulla fede nella Legge mistica e recita Nam-myoho-renge-kyo alla fine trionfa di sicuro.
(Da un discorso di Daisaku Ikeda tenuto a Tokyo il 24 marzo 1993 in
occasione di una riunione di responsabili di territorio)

Note

1) I dieci poteri di un Budda sono: distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è; conoscere la
causalità karmica che opera nelle vite degli esseri umani attraverso passato, presente e futuro;
conoscere tutti i livelli di concentrazione, emancipazione e meditazione; conoscere lo stato
vitale di tutte le persone; giudicare la comprensione di tutte le persone; discernere la
superiorità o l’inferiorità delle capacità di tutte le persone; conoscere gli effetti delle azioni di
tutte le persone; ricordare le vite passate; sapere quando una persona nascerà e morirà e in
quale regno rinascerà; sradicare le illusioni.
2) Questi appellativi si trovano nel Sutra Dharani Grande Maestà e in altri sutra.
3) Demone del sesto cielo: altrimenti detto re dei demoni o demone celeste, che risiede nel più
alto dei cieli del mondo del desiderio o sesto cielo. Viene anche chiamato “colui che gode
liberamente delle creazioni illusorie degli altri” poiché usa a suo piacimento i frutti degli sforzi
degli altri per il proprio piacere. Servito da innumerevoli demoni minori, ostacola la pratica
buddista e gode nel succhiare la forza vitale di altri esseri; è la manifestazione dell’oscurità
fondamentale inerente alla vita. Il re dei demoni è una personificazione della tendenza
negativa della vita a sottomettere a ogni costo gli altri alla propria volontà.
4) “Questa terra impura in cui vivono santi e persone comuni” si riferisce al mondo di saha,
dove i comuni mortali dei sei sentieri (i regni di inferno, spiriti affamati, animalità, asura,
umanità, esseri celesti) e i saggi dei quattro mondi nobili (gli ascoltatori della voce, i risvegliati
all’origine dipendente, i bodhisattva e i Budda) risiedono insieme. Uno dei quattro tipi di terre
descritte nella dottrina della scuola buddista di T’ien-t’ai.
5) Trattato sulla grande perfezione della saggezza: un commentario completo sul Sutra della
grande perfezione della saggezza, che la tradizione attribuisce a Nagarjuna. Oggi esiste soltanto
la versione cinese tradotta da Kumarajiva. L’opera spiega i concetti di saggezza e non-
sostanzialità, l’ideale del bodhisattva, le sei paramita ecc. Racchiude anche concetti che si
ritrovano nel Sutra del Loto e in altri sutra mahayana e, in generale, è considerata un’opera sul
pensiero mahayana di estrema importanza.
6) Cinque desideri: i desideri che nascono dal contatto dei cinque organi di senso (occhi,
orecchie, naso, lingua e corpo) con i loro rispettivi oggetti (colore e forma, suono, odore, gusto e
consistenza).
7) Citato da Miao-lo, Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”.
8) Brahma è un dio che si ritiene abiti nel primo dei quattro cieli di meditazione nel mondo
della forma sopra il monte Sumeru e che regni sul mondo di saha. Nella mitologia indiana era
considerato la personificazione del principio universale fondamentale e nel Buddismo fu
adottato come uno dei due maggiori dei tutelari, insieme con Shakra.
9) Arnold Toynbee e Daisaku Ikeda, Choose Life: A Dialogue, a cura di Richard L. Gage, I. B.
Tauris and Co., Ltd., London, 2007, p. 324; cfr. Dialoghi. L’uomo deve scegliere, Bompiani,
Milano, 1988, p. 343.
10) Johann Wolfgang von Goethe, Faust I & II, edito e tradotto da Stuart Atkins, Princeton UP,
Princeton, New Jersey, 1994, vol. 2, p. 44.
11) La citazione completa è la seguente: «Un fuoco non brucia forse più ardentemente quando
vi si aggiungono dei ceppi? Tutti i fiumi si riversano nel grande mare, ma il grande mare fa
rifluire indietro l’acqua dei fiumi? Le correnti delle difficoltà si riversano nel grande mare del
Sutra del Loto e si scagliano contro il suo devoto. Il fiume non viene respinto dal grande mare,
né il devoto biasima le avversità. Se non fosse per lo scorrere dei fiumi, il grande mare non
esisterebbe. Senza grandi difficoltà non esisterebbe il devoto del Sutra del Loto».
12) Miao-lo, Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”.

Pubblicato sul mensile Daibyakurenge di marzo 2015


(Traduzione di Francesca Fanciullacci)

sono previste altre puntate di questa serie che verranno pubblicate nei prossimi numeri

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