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Bisogna partire con il presupposto che a Sparta le donne, al contrario di quelle ateniesi, erano educate a stare all’aria

aperta. Anche se sposate non dovevano preoccuparsi né della casa, né dell’educazione dei figli. Erano libere di dedicarsi
al canto, alla danza e agli esercizi ginnici, cui erano addestrate fin da piccole, in quanto si pensava che così potessero
dare figli robusti alla patria. Quindi erano più libere (perché la famiglia quasi non esisteva e i bambini venivano educati
dalla polis, mentre i mariti dedicavano gran parte del loro tempo all’allenamento del corpo) e fin dalla tenera età
praticavano sport (ginnastica, corsa, lancio del disco e del giavellotto) e doveva fare gli stessi allenamenti ai quali erano
sottoposti gli uomini fino all’età di 16 anni, quando le due figure, maschile e femminile, prendevano direzioni diverse.
L’educazione atletica rendeva le donne più belle, più forti e più fiduciose in se stesse, quindi poco disposte a farsi
dominare dall’ uomo e più libere. Dalla situazione di Sparta possiamo dedurre che la distinzione più importante non era
tra uomini e donne, bensì tra Spartiati, cittadini a pieno titolo, e gli altri (esistevano infatti anche i Perieci, con diritti
civili, e gli Iloti, veri e propri schiavi). Per questo anche le ragazze erano destinatarie di un’educazione basata sugli stessi
valori e sulla stessa concezione del mondo maschile, un’educazione che le rendeva più dominanti che dominate. Ecco
allora che il ruolo della donna diveniva anch’esso ispirato a un grande amore: per la gloria, per un valore anche
individuale e per il prestigio della nazione. Condizione femminile ad Atene: l’uomo ateniese poteva avere tre donne:
moglie (per figli legittimi), concubina (per la cura del corpo) e l’etéra (per il piacere). La fedeltà quindi era un dovere solo
femminile. La moglie apparteneva a una famiglia amica e il suo matrimonio era già programmato dall’età di 6-7 anni. Il
matrimonio avveniva verso i 12-14 anni, e da allora la sua funzione era solamente quella di procreare. Se apparteneva a
una classe sociale elevata non doveva preoccuparsi dell’allevamento dei figli, a cui pensavano le schiave, ma poteva
vivere col marito al di fuori delle mura domestiche. Le mogli ateniesi non partecipavano in alcun modo alla vita sociale
del marito, non erano partecipi della cultura e non ricevevano praticamente nessun’educazione. La concubina era
spesso una straniera con la quale l’uomo viveva senza sposarla. I suoi doveri erano uguali a quelli della moglie. La
concubina, pur avendo posizione simile alla moglie, non godeva d’alcuna protezione. L’etera era una donna che si
concedeva all’uomo a pagamento. Esse erano colte, conoscevano la musica, il canto, la danza, accompagnavano l’uomo
nei luoghi ai quali non erano ammesse né mogli ne concubine. L’uomo poteva avere una quarta moglie la porne,
prostituta, che esercitava il suo mestiere nelle strade o nelle case di tolleranza e che era considerata al livello infimo
nella scala sociale. Le donne oltre a non avere alcun diritto politico, non avevano neanche diritto di ereditare il
patrimonio paterno che si trasmetteva solo ai discendenti maschi. Tutto quello che spettava a una donna era una dote
che al momento del matrimonio era consegnata al marito, il quale ne poteva disporre a piacimento, salvo restituirla al
suocero in caso di divorzio. Secondo il mio parere come diritti e condizioni stesse tra Atene e Sparta c’era una bella
differenza soprattutto dal semplice fatto anche, per esempio, del fatto che ad Atene non si potesse fare attività all’
aperto come che a Sparta. Comunque ai giorni nostri è cambiata molto la situazione ma soprattutto i diritti che ci sono
per le donne e trovo che sia tutto molto più equilibrato. Grazie per l’attenzione.

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