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Per Amica Sophia Lettera allAmica Sophia,

G. Ferraro

Cara Amica, qualche giorno fa sono stato invitato a scrivere un testo sulle esigenze e le regole che possano disciplinare la pratica della filosofia nella scuola dellobbligo, a partire da quella Primaria. Non ci riesco. La forma espressiva non mai indifferente. Ogni testo ha un suo genere. Apre ad una questione di genere che come tale immediatamente una questione di relazione tra differenze e parzialit. Provare a fare linventario delle cose da dire, e che si debbono dire, mi diventa difficile senza perdere nelle parole i volti, i gesti, le esperienze incontrate e vissute. Preferisco allora lespressione epistolare, seppure nella veste elettronica delle news letters. Ne accetto i rischi, nel tentativo di far valere una relazione di corrispondenza. Ecco sono gi dentro largomento di cui voglio parlare, a te, a quanti ti sono intorno e ti sostengono. Parlo di persona, cerco nella parola, per quanto scritta, e perci deposta e depositata, il senso che le si addice di rivolgimento. Una voce. Tra tante altre. Sono anni che pratico la filosofia con i bambini, con gli adolescenti, andando sui luoghi di confine di una citt inquieta. Non ho mai pensato di adattare la filosofia ad unet o ad una situazione. Ho seguito unaltra strada, chiedendomi quali condizioni dettassero alla filosofia stessa quelle et e quelle situazioni ovvero quale parola i luoghi disciplinari reclamano per un rivolgimento che li renda preda di violenza e devianza. Il mio problema capire quali modificazioni comporta in seno alla filosofia la pratica con i bambini. Mi chiedo poi se sia possibile attingere da quella pratica qualcosa che riguardi lo statuto stesso della filosofia e pertanto la sua disciplina. Cerco di chiedere a me stesso, cosa sia, e come, fare filosofia nella scuola primaria e tra gli adolescenti, senza scadere in un adattamento e una semplificazione. Una questione di statuto, di percorsi, di metodo. Indubbiamente. Un problema dinsegnabilit, per una trasmissione di sapere, anche nellimmagine del saper fare, che ne chiarisca la possibilit in modo che altri e altrove possano provare la stessa esperienza o almeno qualcosa di analogo. Mi sono chiesto di una insegnabilit non pi fondata sulla riproducibilit e la ripetizione, quanto piuttosto espressione di una restituzione, per un fare sapere insieme, per un incontro di molteplicit fuori della strada di un percorso sempre uguale. Quando al College de France si posero il problema dellinsegnamento della filosofia fu redatto un documento manifesto che si richiamava a come Difendere la filosofia. Non era certo una difesa dellesistente, consegnato alle accademie, ma un tentativo di riportare la disciplina alla sua applicazione nelle accademie perch si discutesse anche in quei luoghi del suo rigore e del suo insegnamento. Quando si riflette sulle esigenze di modificazione o quando si annunciano nuovi canoni e statuti occorre sempre stare in una posizione di tutela, occorre sempre assumere una difesa di resistenza per ci che sintende come proprio di una disciplina. E del tutto evidente che la pratica della filosofia nella scuola dellobbligo rientra allinterno di unesigenza sociale diffusa. La filosofia un bisogno che aspetta ogni volta di diventare un diritto, quello per ognuno di chiedersi del senso delle proprie azioni e relazioni, dei progetti di vita e professione. Unesigenza di senso per un mondo sempre pi incerto ed esposto a conflitti estremi proprio quanto pi si cerca di affermare azioni di solidariet e di condivisione per unappartenenza comune capace di comprendere in una citt/mondo culture e costumi differenti. Lesigenza che sta al fondo di ripensare la relazione educativa, di l dai contenuti specifici. Lesigenza di una pedagogia delle relazioni che incontri la filosofia delleducazione posta di fronte ad uno snodo, quello della continuit formativa. Non c dubbio che la cosiddetta formazione continua, fatta valere come esigenza di informatizzazione e rimodellamento continuo del proprio sapere, comporta una frantumazione della continuit formativa. Il problema come stare tra unesigenza e unaltra. Il problema come indicare una continuit non lineare e un comune di appartenenze molteplici, per unidentit aperta alle differenze.

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Sembra che voglia complicarmi io stesso sulle cose che voglio scriverti. Se cos vorr dire che le cose sono a tal punto intricate e non facili. Eppure tutte i punti in questioni arrivano sempre a concentrarsi sulla formazione e, meglio sulla relazione educativa. I bambini ne sono allinizio. Si comincia da loro. Come riferirci e quale funzione pu avere la filosofia con i bambini? Non gi la sua esigenza per la scuola dellobbligo un esplicito rimando, e una ricerca di relazione, a questioni cha appaiono assai pi complesse? Questanno a scuola, allinizio degli incontri, ho presentato la filosofia come un viaggio dentro di noi. Ho chiesto che cosa ci fosse dentro di noi. Un bambino ha risposto immediato: nervi, ossa, sangue, piastrine, cellule ha continuato senza fermarsi. Informato su tutto. Un corpo informatizzato. Bambini che dispongono di un livello di informazione da Encarta e con un livello di conflittualit e di competitivit esasperato. Una bambina ha risposto il S, poi unaltra la mente. La ricerca proseguita su materiale e immateriale, su visibile e invisibile Gli incontri sono poi proseguiti per un cammino accidentato, seguendo piuttosto lesigenze che venivano in evidenza, piuttosto che su un cammino di argomenti e di letture preparato. La ricerca avanzata sullAscolto. Su cosa significa, e come, Ascoltare. Poi, la grandezza: che cosa grande e cosa uguale. Poi lAmico. Poi in quel circolo di voci che cominciavano a corrispondersi, attendendosi, si disse del sentimento che suscita linfinito. Spandimento ha detto un bambino, facendo uso di un neologismo che non risultava da una parola composta, ma dalla composizione di pi sentimenti. Lultimo incontro stato assediato dalla difficolt di interrompere qualcosa che volevano che non finisse. Parlammo della fine e dellincontrarsi di nuovo. Walter Kohan ha indicato tre rischi cui esposta la pratica della filosofia con i bambini: la semplificazione, il romanticismo, il mercantamento. Li condivido. Ci sono tutti. Il problema non come evitarli, ma come allontanarsene. Bisogna fare uscire la pratica della filosofia con i bambini dallo stato di minorit. Liberarla dalle preoccupazioni di scadimento che spesso vengono da uninterpretazione scaduta della sua disciplina, ma liberarla anche dal riduzionismo didattico cui puo essere esposta. La filosofia nella scuola dellobbligo non pu essere considerata come una materia dinsegnamento accanto alle altre. La sua pratica deve poter attraversare tutti gli insegnamenti. Una vecchia storia, evidentemente. Non penso perci alla filosofia come regina delle discipline. Ci mancherebbe. Il punto un altro. Riguarda la relazione insegnante. I contenuti le vengono dietro. In questione sono gli atteggiamenti. Una relazione molteplice. Singolare. Duale. Comunitaria. In essa si affollano tutti i disagi e i riscatti della scuola. Intorno ad essa si aggira anche tutta la violenza che attraversa la scuola, non solo nei luoghi cosiddetti a rischio. La violenza pu essere assorbita da quella relazione, esserne alimentata o spenta o rivolta in passione. Intendo la violenza non solo del gesto di vandalismo. C la violenza dello sguardo. Quella che si addensa dentro. Il disagio di insegnare. Linsoddisfazione. La difficolt di stare al passo con gli altri. La violenza oscilla da un capo allaltro della relazione. Possiamo affermare, senza ingenuit, che anche la violenza fuori della scuola passa per la relazione insegnante, passa per e dalla scuola, facendo sintomo di un disagio dellagire scolastico ed esprimendo unesigenza che investe le forme delleducazione. Ne ha parlato Livio Rossetti richiamandosi alla violenza sessuale tra i giovani. Una violenza di genere e perci dentro la relazione e la differenza. Una violenza contro la persona e non certo contro una parte o un riduzione simbolica di un maschera. Bisogna fare tanti passi avanti su queste storie. Livio si riferiva alla pratica filosofica nella scuola non certo come risoluzione di quei casi di violenza. Credo si riferisse alla filosofia come esigenza di una forma di relazione disciplinare mite, dialogica, capace di educare. La violenza il sentimento lasciato vuoto. Non il sentimento lasciato puro che Leopardi riferiva alla noia. Un sentimento lasciato vuoto. Una passione che sinnerva su

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stessa perch ha perduto il desiderio. Lo confonde. Gli si ritorce contro. Lo violenta. La filosofia conosce il desiderio come sapere. La filosofia lunica espressione di sapere che porta un sentimento nella sua denominazione: sa portare la passione al grado del sentire di relazione. Ricongiunge. Fa vedere quel che manca in quel che c. Fa vedere linvisibile. Un punto deve essere del tutto chiaro perch la pratica della filosofia possa uscire dallo stato di minorit in cui viene ridotta sia dalle preoccupazioni accademiche sia dalle riduzioni didattiche. Bisogna evitare che si sezioni il suo percorso disciplinare in parti curriculare. Bisogna evitare, certo, che la filosofia con i bambini rientri nel mercato delle offerte formative. Credo sia ben altra lofferta cui pu mirare. Luso della filosofia avanzato dallesigenza sociale diffusa delle sue pratiche rischia di riportarla su un piano da cui sempre scivolata. Quello della produttivit. E tutta qui la questione. Si sempre parlato della filosofia come di una disciplina non produttiva o, addirittura, improduttiva. Occorre chiedersi da quale immagine di produttivit viene il giudizio, o laccusa, di inutilit, perch su quel piano che la si pu intendere come improduttiva. Quello cumulativo. Capitalizzante. Il piano dello scambio sorretto da un equivalente generale che ogni cosa scambiabile, secondo una riduzione di valore dove il tempo rimesso allesserci, non allessere, per dirla in una sola battuta. La produttivit dellattualit. Adesso la filosofia rischia di esserne assorbita. Anche qui, si tratta di unesigenza per lo stesso agire economico che per ritrovare il suo sviluppo non pu pi essere separato dalletica. Di l da tali macroconsiderazioni, c la relazione. La filosofia non produttiva, perch generativa. La relazione educativa generativa, non produttiva. Una relazione di genere e di generazioni. La scuola non potra mai essere per questo unagenzia informativa. La formazione educativa si compone di una differenza di genere e di una differenza di generazioni. Un uomo, una donna, di fronte bambini e bambine, adolescenti. Un giovane e un non pi giovane. La figura del dialogo filosofico questa. Uno passa allaltro il proprio tempo, la sua storia, gli anni di studi, il sentimento di anni, una memoria composta. Restituisce il proprio sapere. Si fa tutore di quel sapere. Lo regge. Lo trasmette. Lo rappresenta. Laltro ascolta, chiede, conserva, rifiuta, si infervora, si abbatte. Segue lo sguardo. Lo cerca. Lo vuole tutto per s, perch si parla allaltro guardandolo, perch i segni che si insegnano sono tracce del tempo che si d. Lascolto fatto di quegli sguardi e di quei toni. Insegnare difficile. Unagire improduttivo. Una relazione generativa. Si fa cresce e si cresce di nuovo. C una reciprocit nella relazione generativa per cui ci si riappassiona o si perdere lemozione del proprio agire scolastico. E facile perdersi. Rinunciare. Sono convinto che la pratica della relazione filosofica sia unesigenza anche di chi insegna alla ricerca di motivazioni o di domande che non sappiamo pi esprimere. Ne abbiamo i significati. Ci manca il senso. I sensi, voglio aggiungere. Nella relazione generativa non pi questione di facilitare, ma di sostenere. Qui sono polemico. Me la cavo con una battuta, ma vorrei insistervi con argomentazioni. La facilit del fare non la felicit delloperare. Meravigliarsi che anche i bambini pensano come gli adulti quasi unoffesa per i bambini che si accompagna alla preoccupazione di farli crescere produttivisticamente, per inferenze logiche combinate, per saper essere, interpretare il ruolo del pi bravo, per saper fare tante cose. Certo importante. Come importante sapersi, scoprirsi, accrescersi. In questione la qualit della relazione, se debba essere produttiva o generativa. La differenza sta in questo. Una differenza di genere. Non indifferente. La si comprende quando sinveste il piano pi esplicito della pratica filosofica che non mira alle certezza, ma alla verit. Un sapere che non accerta n si certifica per offerte di mercato. Un sapere di verit. Non di questa o quella verit. La verit come relazione. Come quella che si accompagna allamica/o che diciamo vera/o. Lamico/a che ci

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sostiene, che ci fa crescere, che ci rigenera. Non chi uguale a noi, ma chi ci rende uguali a noi stessi. La relazione di verit evidentemente una relazione di cura. Bisogna aver cura della filosofia e della sua pratica. Bisogna aver cura dei bambini. In conclusione riporto un testo che lascio anonimo. I bambini non fanno domande, chiedono. Si presentano al mondo con la vita. Sono al primo passo con il mondo, sulla soglia, dove il mondo incontra la vita e la vita apre al mondo. Domandare significa stabilire un dominio. Che sia un dominio su e di s o che sia un dominio su altro, in fondo la domanda sindirizza allacquisizione di una domus, in funzione di un dominum. Anche quando si pensi nella forma di un rimando continuo, di serie, come accade in quel gioco per cui facendo cadere una tessera su unaltra si disegna un percorso gi prima predisposto. Domanda di quando si sa gi e si vuole seguire un percorso che meglio permetta di possedere quel sapere. Chiedere diverso. Come pregare diverso. Chiedere rivolgersi a chi riconosciuto in grado di offrire. Al chiedere corrisponde loffrire. Al pregare corrisponde il sacrificare. Nel chiedere si manifesta uno stato di dipendenza, di bisogno, di desiderio. Le forme rituali del chiedere lo confermano. Nel pregare il bisogno necessit, la dipendenza sottomissione, il desiderio la costrizione del non poter fare altrimenti. I bambini vogliono sapere. Chiedono. Un gesto forse pi umile, certamente pi libero, senza scambi perch senza pregiudizi o impieghi, esposto alla relazione, allo stupore, allammirazione dellaltro/a e del mondo che pu offrire. Un gesto posto allinizio. Vogliono sapere, rendersi conto. Bisogna interrogarsi su quel loro gesto di parola, bisogna chiedere a se stessi, porsi tra s e loro per chiedere cosa rappresenti in quanto relazione. I bambini sono esigenti. Reclamano relazioni di verit.

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