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Revue belge de philologie et

d'histoire

I geniali rimaneggiamenti dell'episodio omerico di Circe in Apollonio


Rodio e Plutarco
Emmanuel Hatzantonis

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Hatzantonis Emmanuel. I geniali rimaneggiamenti dell'episodio omerico di Circe in Apollonio Rodio e Plutarco. In: Revue belge
de philologie et d'histoire, tome 54, fasc. 1, 1976. Antiquite — Oudheid. pp. 5-24;

doi : https://doi.org/10.3406/rbph.1976.3074

https://www.persee.fr/doc/rbph_0035-0818_1976_num_54_1_3074

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I GENIALI RIMANEGGIAMENTI
DELL'EPISODIO OMERICO
DI CIRCE IN APOLLONIO RODIO E PLUTARCO

B. Paetz ('), nel suo recente e ampio studio délie varie rielaborazioni del
mito di Circe da Omero a Calderón, ne esamina alcune di valore letterario
secondario se non addirittura insignificante (2), mentre non si soffierma su
due fra le più insigni, quelle di Apollonio Rodio e di Plutarco (3). Benché
non sia da escludere ehe la prima sia stata scartata in quanto nelle
Argonautiche la materia narrata è anteriore all'argomento ddVOdissea, il
fatto ehe ancor una volta nel ricostruire la fortuna di questo motivo
letterario il trattamento apolloniano non vi figuri adombra la poca stima in cui
continua ad essere tenuta Topera malgrado vi siano stati diversi interventi
critici intesi ad una intelligenza e valutazione più profonda e più equilibrata
del poema (4). Nel caso del dialogo plutarchesco Grillo non vi sarebbe nem-

(1) B. Paetz, Kirke und Odysseus. Überlieferung und Deutung von Homer bis Calderón,
Berlin, 1970.
(2) Dedica, ad esempio, mezza pagina a Igino, ehe parla di Circe in più di una délie sue
Fabulae (CXXV, CXXVII, CLVI, e CXCIX), ma senza la minima inventività. Dal testo at-
tuale, ehe pare abbia subito manipolazioni considerevoli, si deduce ehe l'autore non ha fatto
altro ehe prosificare e compendiare i luoghi pertinenti a Circe dell' Odissea, della Telegonia,
dell' Enéide, e delle Metamorfosi. Si veda la recente ricerca di C. Desmedt, Fabulae Igini, in
Revue belge de philologie et d'histoire, XLVI11 (1970), pp. 26-35.
(3) Qualche accenno alle Argonautiche non manca, ma uno, scarno e breve, si riferisce
semplicemente alla discendenza solare di Circe (p. 11), mentre gli altri sono meri rinvii.
Plutarco, invece, è menzionato solo una volta (p. 17), relativamente all'antidoto μώλυ dato
da Ermete ad Odisseo. Ai trattamenti dei due scrittori e al loro valore mitopoetico il Paetz
non fa il menomo accenno.
(4) Fra i primi e più notevoli, è doveroso ricordare quelli di H. Frankel, il noto e
benemerito studioso ehe da un cinquantennio rivolge ad Apollonio il suo sorvegliatissimo e
giudiziosissimo lavoro critico-esegetico. Ci preme, inoltre, menzionare i contributi di P.
6 E. HATZANTONIS

meno questa atténuante, dato ehe vi appaiono entrambi Circe e Odisseo, e


quindi non esula dai limiti temporali o tematici della ricerca del Paetz. È le-
gittimo quindi sospettare ehe Timportanza del dialogo del Cheronese gli sia
sfuggita. Non lo censuriamo, pero, consapevoli come siamo della impos-
sibilità di essere completamente esaustivi in tale tipo di richerche o di
allestimenti di repertori tematici. Desideriamo soltanto colmare queste due
lacune lasciate dal suo studio in una zona del motivo la cui conoscenza ei
sembra imprescindibile sia a chi voglia fare una semplice ricognizione sia a
chi ambisca intraprendere una indagine approfondita del suo graduale
rinnovamento e arricchimento. Infatti, oltre ad essere Ie innovazioni e Ie
aggiunte più notevoli del mito originario omerico della letteratura greco-
alesandrina e fra le più important! di tutta l'antichità, constituiscono anche
prova lampante dell'inventività dei loro autori. Infine, benché entrambe ab-
biano contribuito al rifiorire del mito omerico, ad una di esse ha arriso una
fortuna insolita e plurisecolare, non solo per l'elevato indice di diffusione
ma anche perché è andata ad orbitare in uno dei più fertili strati di feconda-
zione del pensiero umanistico, rinascimentale e illuministico.
Critici ed esegeti delle Argonautiche hanno sempre insistito sul come e su
quanto il loro autore abbia seguito da vicino Y Iliade e YOdissea, onde
Omero è stato ripetutamente e giustamente designato la πηγή xai αρχή del
Rodiota (5). Tale dipendenza tematica e formale è innegabile. Ma occorre

Händel, dalle cui proposte hanno spesso preso Ie mosse molte recenti rivalutazioni. Fra
queste, segnaliamo come degne della più generosa attenzione, A. Hurst, Apollonios de
Rhodes: manière et cohérence (Bibliotheca Heluetica Romana VIII), Rome, 1967, G.
La wall, Apollonius' Argonautica .· Jason as Anti-Hero, in Yale Classical Studies, XIX
(1966), pp. 119-169, e D. Ν. Levin, Apollonius' Argonautica Re-Examined (parte I : The
Neglected First and Second Books), Lugduni Batavorum, 1971, a cui rimandiamo anche per
ulteriori indicazioni bibliografiche.
(5) «The influence of Homer, penetrating into every department of Greek literature, is
inevitably more direct and more obvious in the field of epic, and it is everywhere and
undeniably evident in the Argonautica», dimostra suasivamente J. F. Carspecken, in
Apollonius Rhodius and the Homeric Epic, in Yale Classical Studies, XIII (1952), pp. 33-
143, con un esame serrato di tre aspetti comuni ad entrambi i poeti : «one highly self-
conscious epic device, the catalogue ; one particular and limited element of poetic technique,
the extended simile ; and one more general, intellectually informing concept, that of the
hero» (pp. 37-38). Fra la folta selva di scritti su tale argomento, ci preme ricordare almeno
K. Meuli, Odyssee und Argonautica, Berlin, 1921, P. Händel, Beobachtungen zur epischen
Technik des Apollonios Rhodios (Zetemata VII), München, 1954 (partie, il prezioso «Ex-
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pur tener presente la facoltà inventiva di Apollonio, benché resti sempre


vero ehe la sua fantasia non inarca al volo le sue potenti ali se non pren-
dendo lo slancio da motivi forti o da semplici suggerimenti dei poemi
omerici. Forse a questo suo constante rifarsi a Omero si deve la decisione
apolloniana di trattare di Circe quando, a giudicare da quanto ei è per-
venuto, nella tradizione argonautica a lui précédente (6) mancava qualsiasi
riferimento alla incantatrice. Circe non appare, ad esempio, nemmeno nella
IVe Pitica di Pindaro, l'ode con cui la Ieggenda, cosi antica come la stessa
razza ellenica, si présenta per la prima volta sotto forma di narrazione
compléta acquistando cosi quella dignità letteraria ehe da tempo Ie spettava.
L'intento e la natura della composizione — l'elogio di Arcesilao, re di
Cirene, l'auriga vincitore degli agoni del 462 — avevano probabilmente
reso Pindaro eclettico in relazione al ricco materiale della plurisecolare
Ieggenda. Ragioni tecniche o, per dirla con Dante, «lo fren de Parte»,
l'avevano indotto a non andar per le lunghe, omettendo non solo particolari
periferici ma anche molti dei motivi consacrati dalla tradizione. L'ode, in-
fatti, scevra com'è di qualsiasi elemento marginale, risulta una délie più
lunghe del poeta (7).

curs», pp. 1 19-131). Qualche utile spunto si riscontra anche nella recente tesi di laurea (non
pubblicata) di J. W. Shumaker, Homeric Transformations in the Argonautica of Apollonius
of Rhodes, Diss., Univ. of Pennsylvania, 1969.
(6) La Ieggenda argonautica era già ben nota ai tempi omerici. Ce lo attesta eminente-
mente il riferimento dell' Odissea, XII, 70-72 alla πασιμέλουσα Argo. Vi sono anche altri ac-
cenni sia nell' Iliade (VII, 467-469 ; XXI, 40-41) ehe nell' Odissea (X, 135-137 ; XI, 254-
259). L'articolo di A. Boselli, II mito degli Argonauti nella poesia greca prima di Apollonio
Rodio, in Rivista di storia antica, VIII (1904), pp. 512-518 ; IX, pp. 130-144, 278-295 e
393-412, risulta ancora utile corne rassegna degli scrittori ehe ne trattarono, ma si rac-
comanda quello recente di G. C. Garcia, El Argonauta Jasôn y Medea .· Analisis de un mito
y su tradicion literaria, in Habis, II (1971), pp. 84-107. Sulla conoscenza e l'uso del
materiale argonautico da parte di Omero, già affermata da Strabone (partie, in Geogr., I, ii,
10 e 40), si veda R. Roux, Le problème des Argonautes, Paris, 1949 (partie, il cap. «La
tradition argonautique», pp. 13-81).
(7) «Un arrazzo dipinto di scene meravigliose», la défini va G. Perrotta, Storia della
letteratura greca, Milano, 1947s, vol. II, p. 16. E cosi la giudica anche R. W. Burton, ehe
in Pindar's Pythian Odes, Oxford, 1962, le dedica due capitoli (X e XI, pp. 135-173), con-
statando ehe «the story is told in a series of vivid scenes, with 'time-cuts' and omissions of
link passages» (p. 153), e trovandola «in length and scope ... unique among Pindar's
works» (p. 173).
ö E. HATZANTONIS

Queste limitazioni non esistevano invece per Apollinio, ehe concepi ed


attuo un poema epico di grandi proporzioni — Tunico superstite del periodo
ehe intercorre fra i poemi omerici e l'epos virgiliano — unendo insieme
tutto cio ehe i poeti e i prosatori antecedent! avevano narrato al riguardo, e
arricchendolo con nuovi episodi, alcuni inventati di sana pianta, fra cui ap-
punto quello ehe coinvolge Circe.
Nelle Argonautiche, il primo riferimento a Circe si deve a Eeta, fratello
della maga e padre di Medea, quando rimprovera i figli di Calchiope e di
Frisso di aver intrapreso, malgrado Ie sue parole monitorie, il viaggio a Or-
chimene, la cui lunghezza e pericolosità furono notate da lui stesso:

XjSelv γάρ ποτέ πατρός εν αρμασιν Ήελίοω


δινεύσας, δτ' έμεΐο χασι,γνήτην εχόμιζεν
Κίρχην έσπερίης εϊσω χθονός, εχ δ' ίκόμεσθα
άκτην ηπείρου Τυρσηνίδος, ενθ' επ νΰν περ
ναιετάει, μάλα πολλόν απόπροθι Κολχίδος αϊης
(Arg., Ill, 309-313) (8).

È questa una menzione breve e, a prima lettura, di scarsa importanza. Ep-


pure, essa ha il suo valore di precisazione geografica e forma un antécédente
necessario per il susseguente incontro fra zia e nipote. La precisazione
geografica (9) erudita a due fasi ci testimonia ancor una volta la consueta ten-
denza apolloniana a conciliare Ie apparenti contraddizioni riscontrate nella
lettura dei suoi favoriti poeti antichi, sebbene questa volta non ei riesca. Si
sa infatti ehe Ia local izzazione contraddittoria della dimora di Circe risale ai
tempi più remoti. Vi sono infatti scrittori ehe la collocano in una Eea
orientale, mentre altri la mettono in occidente, nel mar Tirreno. La testimonianza
di Omero avvalora la prima tesi. I versi ddVOdissea, è pur vero, non
parlano esplicitamente di una Eea nel Mar Nero, ma la ripetuta istanza sulla

(8) Per Ie citazioni seguiamo Tedizione Apollonii Rhodii Argonautica a c. di H. Frankel,


Oxford, 1961. Preziosissimo sussidio risulta anche il suo Noten zu den Argonautika
(München, 1968).
(9) Per quel ehe concerne la geografia délie Argonautiche, l'opéra più autorevole rimane
ancora quella di E. Delage, La géographie dans les Argonautiques d'Apollonios de Rhodes,
Paris, 1930 (pp. 239-241 trattano della ubicazione di Eea). Per le fonti da cui attinse
Apollonio si veda l'articolo di L. Pearson, Apollonius of Rhodes and the Old Geographers,
in AIP, LIX (1938), pp. 443-459.
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discendenza solare di Circe, la ben sottolineata parentela con Eeta, di cui


appunto Circe sarebbe αύτοκασιγνήτη e la designazione di isola,
δθι τ' Ήοΰς ήριγενείης
οικία και χοροί είσι και άντολα,ί Ήελίοω (Od., XII, 3-4),

militano a favore dell' ubicazione pontica. Tuttavia i fautori di una Eea


occidentale potevano rifarsi ad un' altra vetusta e autorevole attestazione,
alia Teogonia esiodea, in cui si legge :

Κίρκη δ', Ήελίου θυγάτηρ Ύπεριονίδαο,


γείνατ' Όδυσσήος ταλασίφρονος εν φιλότητι
"Αγριον ήδε Λατΐνον άμύμονά τε κρατερόν τε ·
[Τηλέγονον δε έτικτε δια χρυσην Άφροδίτην ']
οϊ δή τοι μάλα τήλε μυχω νήσων ίεράων
πασιν Τυρσηνοΐσιν αγακλειτοϊσιν ανασσον
(Theog., 1011-1016).

Sono questi i versi ehe, per le ragioni ehe abbiamo addotte altrove (l0), non
solo conferiscono a Circe la dimora in Occidente, ma le attribuiscono
inoltre, come eonseguenza del suo eonvivere con Odisseo, una prole ehe via
via diventerà sempre più numerosa.
La deferenza verso questi due eccelsi poeti non consentiva facilmente ehe
una tradizione prendesse il sopravvento sull' altra in modo da venire
esclusivamente e incontestabilmente accettata. Era da aspettarsi pero ehe
fra gli scrittori alessandrini, portati, com'è ben noto, alia concordanza dei
loro auctores, ci fossero coloro ehe si aeeingessero ad appianare quelle ehe
per loro erano indesiderabili e forse inammissibili contraddizioni. Alcuni si
sbizzarrirono proponendo o escogitando cervellotiche soluzioni. Una tes-
timonianza significativa si riscontra nella Biblioteca Historica di Diodoro
Siculo. II mitografo, dopo aver dato gli antecedenti genealogici di Circe,
riferisce ehe essa ben presto supero nell' arte magica e nella preparazione
dei filtri la stessa madre, Ecate, e ehe, data in matrimonio al re dei Sarmati,
dopo non molto avveleno il marito succedendogli al trono. Ma da regina
perpetro molti misfatti e atti crudeli contro i sudditi,

(10) E. Hatzantonis, Le amare fortune di Circe nella letteratura latina, in Latomus,


XXX (1971), pp. 3-22, a cui rimandiamo anche per le indicazioni bibliografiche sul-
1'argomento.
10 E. HATZANTONIS

διόπερ έκπεσοϋσαν της βασιλείας κατά μέν τινας


των μνθογράφων φυγεϊν επί τον ώχεανόν, και
νήσον ερημον καταλαβομένην ενταύθα μετά των
συμφυγουσών γυναικών καθιδρυθήναι, κατά δέ
τινας των 'ιστορικών εχλιποΰσαν τον Πόντον
κατοικησαι της Ιταλίας άκρωτήριον το μέχρι
τοΰ νΰν άπ' εκείνης Κίρκαιον όνομαζόμενον
{Bibl. Hist., IV, 45).

Apollonio, almeno in questo caso, raffrena la sua pur istintiva facondia e


inventività, limitando a uno scarno riferimento indiretto il trasloco di Circe,
e astenendosi dall' offrire una qualsiasi ragione per il trasferimento. Pieno
sfogo alla sua fantasia, invece, dà nel libro in cui canta il ritorno di Giasone
e compagni dalla Colchide, ed in cui interviene di persona Circe.
L'intervento di Circe è motivato dal Γ uccisione di Apsirto, mandato dal
padre Eeta ad inseguire gli Argonauti, e trucidato a tradimento quando li
raggiunge a Istros, all' imboccatura del Danubio. Delitto atroce sia perché
perpetrato nel tempio consacrato ad Artemide sia perché commesso con la
partecipazione della sorella Medea. Ne risulta la forte indignazione di Zeus
e il suo decreto ehe gli Argonauti non troveranno sollievo dai mali fin
quando Circe non li avrà purificati dall' efferato delitto. Affrettandosi ad
esaudire il comandamento dell' Olimpico, essi riprendono il viaggio, en-
trano nell' Eridano, passano il Rodano e, entrando nelle acque tirrene, ap-
prodano Αίαίης λιμένα κυτόν (Arg., IV, 661). Ben presto s'imbattono in
una donna ehe si lava la testa con l'onda marina. È questo un atto
espiatorio inteso ad allontanare gli effetti di questo orribile sogno avuto la
notte anteriore :

αϊματί οι θάλαμοι τε και ερκεα πάντα δόμοιο


μύρεσθαι δόκεον, φλοξ δ' αθρόα φάρμακ' εδαπτεν
θέλγ'
οισι πάρος ξείνους άνέρας όστις ικοιτο ·
δ'
την αύτη φονίω σβέσεν αιματι πορφύρουσαν,
χερσίν άφυσσαμένη, λήξεν δ' ολοοϊο φόβοιο
(Arg., IV, 665-669).

Al seguito della donna gli Argonauti vedono animali insoliti, mostri dalle
membra eterogenee, corne se la natura primitiva avesse preso alla rinfusa
varie parti del corpo umano e animale e le avesse messe assieme capric-
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 1 1

ciosamente. Alla vista di queste orripilanti bestie e Κίρκης εις τε φυήν εις τ'
όμματα παπταίνοντες, si rendono conto di essere in presenza della sorella di
Eeta. Circe li invita a seguirla, ma Giasone li dissuade. Soltanto lui e Medea
Ie vanno dietro.
Entrati nella sua magione, Circe li invita a sedersi su splendidi sedili, ma
essi senza far motto si dirigono verso il focolare presso il quale si ac-
comodano, tenendo gli occhi costantemente abbassati. Medea tiene la testa
fra le mani, mentre Giasone ha la sua grande spada piantata nel suolo.
Circe non tarda ad indovinare di avere davanti a se dei supplieanti, colpevo-
li di qualche orrendo misfatto. Da strumento di Zeus ehe perdona ai crimi-
nali pentiti, essa si prépara a compiere le cerimonie per la purificazione ehe
viene minutamente descritta. Terminato il cerimoniale, Circe fa sedere i
supplieanti su tersi sedili, mentre lei stessa πέλας ΐζεν ένωπαδίς. Sentendosi
assillata ancor una volta dal sogno avuto la notte prima e dal sospetto ehe la
giovane le fosse parente (il sospetto le era nato quando, fissando Medea, ne
notô lo splendore degli occhi — caratteristica questa di tutti i discendenti di
Elios), li interroga sulle ragioni del loro viaggio e della loro visita. Medea
allora le manifesta tutto, meno l'assassinio del fratello. Circe, comunque, lo
indovina e con parole ehe indicano la sua sincera indignazione riprende
severamente la nipote. Anzi ordina a Giasone e Medea di abbandonare im-
mediatamente il suo palazzo, pur assicurandoli ehe essa non tentera di
nuoeere loro perché supplieanti, ma ancor di più per le ragioni di parentela.
Angosciata e impaurita, Medea viene soccorsa da Giasone, ehe

χειρός έπισχόμενος μεγάρων εξήγε θύραζε


δείματί παλλομένην, hïnov δ' από δώματα Κίρκης
(Arg., IV, 751-752).

Ε con la partenza dei due dalla dimora di Circe, termina l'episodio in cui
appare ed opera di persona Circe.
Dalla nostra saltuaria sinopsi dei versi apolloniani in cui agisce da
protagonista Circe risulta alquanto evidente ehe le reminiscenze omeriche
non vi mancano. Anzi, dato lo ζήλος con cui il poeta segue il suo modello,
riallacciando contenutisticamente e formalmente la sua epopea a quella
omericaC1), ci meraviglieremmo se la Circe délie Argonautiche fosse

(II) Benché non attinente al nostro argomento, ci piace accennare al bell' articoletto di
L. E. Rossi, La fine alessandrina dell' Odissea e lo ζήλος di Apollonio Rodio, in Rivista di
12 E. HATZANTONIS

esente di tutte quelle caratteristiche con cui neWOdissea l'aveva dotata il


suo primo creatore. Dal loro raffronto, ehe non ambisce ad essere esaustivo
anche perché non vogliamo rifare la strada già fatta da altri e particolar-
mente da Moeli, Roux e Fränkel (12) appare pero non solo la dipendenza ma
anche l'inventività del Rodiota. Ci limiteremo infatti ad alcuni aspetti esem-
plificativi délie due figurazioni, sottolineandone Ie somiglianze e Ie diver-
genze piu salienti.
Nell' Odissea Circe viene raffigurata con due caratteristiche ehe pre-

dominano su tutte Ie altre, sigillandone Ia personalità e determinandone il


suo operare. La prima è quella della magia. È pur vero ehe fin dal primo
avvio Omero la chiama δεινή θεάς αύ^εσσα {Od., Χ, 136) e ehe simili ap-
pellativi ricorrono lungo tutto l'episodio (n). Ma questi epiteti non sono ehe
formalistici, e difatti Circe di dea terrestre non ritiene ehe il potere magico.
È questo tratto ehe viene messo alla ribalta fin dalla sua presentazione
iniziale. Esso è suggerito prima dall' elemento ambientale. La descrizione
paesistica è tutta improntata di un senso magico e misterioso, accentuato
poi da certe apparizioni inusitate, ad esempio quella del cervo sulla cui
straordinaria grandezza insiste il poeta. Α1Γ arcano e meraviglioso subentra
il pauroso e sospetto, quando il manipolo dei ventidue ulissidi capitanati da
Euriloco e mandati in ricognizione da Odisseo s'imbatte in animali
d'aspetto e contegno insoliti. Ma l'indizio e la prova più manifest! del potere
magico di Circe, αύτοκασιγνήτη όλοόφρονος Αίήταο (Od., X, 137), sono dati
dalla metamorfosi ehe essa opera sugli Achei, testimoniata cosi da Euriloco,
l'unico del manipolo ad aver ricusato l'invito di Circe ad entrare nella sua
magione:

εϊσεν, δ' είσαγαγοΰσα κατά κλισμούς τε θρόνους τε,


εν δέ σφιν τνρόν τε και αλφιτα και μέλι χλωρον
οϊνω Πραμνείω εκύκα · άνέμισγε δέ airco

ßlologia e di istruzione classica, XCVI (1968), pp. 151-163, ehe rivela «una nuova
singolare simmetria costruttiva nella composizione delle Argonautiche» e valuta il debito
omerico di Apollonio anche nella comice strutturale del poema.
(12) Fra questi mérita particolare attenzione, malgrado la sua brevità, il raffronto dei
versi relativi a Circe nell' Odissea e nelle Argonautiche di P. Händel, Beobachtungen..., cit.,
pp. 119-121.
(13) Fra i tanti altri riferimenti in Od., X e XII, vi è anche uno esplicito alla sua im-
mortalità, quando viene chiamata αθάνατη Κίρκη (Od., XII, 312).
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 13

φάρμαχα λύγρ', ίνα πάγχυ λαθοίατο πατρίδος αΐης.


αύτάρ έπεί δώχέν τε xai εχπιον, αύτίχ' έπειτα
ράβδω πεπληγυϊα χατά συφεοϊσιν εέργνυ.
οι δε συών μεν έχον χεφαλάς φωνήν τε τρίχας τε
xai δέμας, αύτάρ νους ην εμπεδος, ώς το πάρος περ.
ώς οι μεν χλαίοντες έέρχατο, τοίσι δε Κίρχη
πάρ ρ' αχυλον βάλανόν τε βάλεν χαρπόν τε χρανείης
εδμεναι, οία σύες χαμαιευνάδες αίεν εδουσιν
{Od., Χ, 233-243).

È una metamorfosi raccapricciante. Ma nella loro nuova veste suina, gli


Ulissidi mantengono intatta quella ehe è la migliore qualité umana, il loro
νους. Difatti, anche le precedent! metamorfosi effettuate dalla maga —
tenendo presente pero ehe è un' ipotesi dato ehe non vi è accenno esplicito
nel testo omerico — non hanno nulla di grottesco o di mostruoso, in
quanto si tratta sempre di lupi, leoni, ed altri animali di forma ben nota. Il
loro comportamento, inoltre, è molto pacifico, anzi, specifica il poeta, ad-
dirittura amichevole (u). 11 corteo délie bestie ehe seguono la Circe di
Apollonio, al contrario, è veramente inusitato e grottesco, e solo perché in-
verosimile ed inconcepibile non è ributtante. Ecco corne viene descritto il
corteo ferino :

θήρες δ', où θήρεσσιν έοιχότες ώμ·ηστχ\σιν


ουδέ μεν ούδ' ανδρεσσιν όμον δέμας, άλλο δ' απ' άλλων
συμμιγέες γενεών, χίον αθρόοι, ήύτε μήλα
έχ σταθμών αλις εΐσιν όπηδεύοντα νομήι.
τοίους xai προτέρους εξ ιλύος εβλάστησεν
χθων αύτη μιχτοϊσιν άρηρεμένους μελέεσσιν,
οϋπω δίφαλέω μάλ' ύπ' ηέρι πιληθεϊσα
ουδέ πω αζαλέοιο βολαϊς τόσον ηελίοίο
ίχμάδας αίνυμένου · τα δ' επί στίχας ήγαγεν αιών
συγχρίνας. τώς οΐγε φυήν άίδηλοι εποντο,
ήρωας δ' ελε θάμβος απείριτον ... (Arg., IV, 672-682).

(14) C. Segal nel suo acuto studio «Circean Temptations : Homer, Vergil, Ovid», TAPA,
XCIX (1968), pp. 419-442, nota ehe «their friendliness enhances the seductive danger of
their mistress and dramatizes the easy allurement of her service. It is, in fact, just this
unnatural tameness which is so unnerving...» (p. 433).
14 E. HATZANTONIS

Si è sospinti cosi a dar ragione a quelli ehe opinano ehe non siamo più alla
presenza di animali, ma di fiere antidiluviane ehe hanno membra eterogenee
e ehe fanno pensare ai mostri della fantascienza. Quale sia stata la ragione
ehe ha spinto Apollonio a tale ibridismo, modificando e esagerando il
précédente omerico, non si puo affermare con argomenti inoppugnabili. Da
poeta del suo tempo e di Alessandria, Apollonio forse ha voluto stupire il
lettore intensificando gli effetti del potere metamorfico di Circe (I5). Non è
neanche da escludere ehe egli abbia voluto far sfoggio della sua dottrina
sul!' origine primitiva degli esseri animali (16). Molto più sottili e persuasive
sono le osservazioni di Hurst, ehe, vedendo una correlazione o inter-
dipendenza fra questi mostri e il fratricidio di Apsirto, annota ehe «Ie
caractère monstrueux des créatures qui rodent dans le domaine de Circé
s'explique ... par leur origine ... Apsyrtos sera finalement enfoui dans la
terre alors que c'est de la terre que jaillissent les monstres décrits chez
Circé» (17).
Il secondo aspetto saliente della figurazione omerica di Circe è quello di
donna amante. Da donna perfida e maga malefica, con una significativa
gradazione da noi rilevata altrove (18), diventa donna premurosa e amante
zelante. II mutamento si inizia quando attesta l'inefficacia del suo filtro e
délie sue arti ammaliatrici in presenza di Odisseo ammaestrato da Ermete e
in possesso del μώλυ, l'antidoto ai suoi farmaci. Dapprima essa si sbigot-
tisce. Quasi è riluttante a credere a quel ehe vede con i propri occhi, e le sue
prime parole manifestano stupore e perplessità. Ma poi le torna in mente la
lontana e quasi obliata profezia e la situazione le si fa chiara, corne eviden-
ziano le sue parole d'apostrofe all'unico uomo ehe résiste ai suoi farmaci :
η σΰ γ' 'Οδυσσεύς εσσι πολύτροπος, δν τέ μοι αίεί
φάσκεν ελεύσεσθαι χρυσόρραπις άργεϊφόντης
εκ Τροίης ανιόντα 0ofj συν νηί μελαίνρ {Od., Χ, 330-332).

(15) Nota giustamente II Segal, art. cit., p. 429, ehe la Circe di Apollonio, «though still
an essentially positive figure, is more closely in touch than Homer's with the ominous,
horrific side of magic».
(16) H. Dh la Ville de Mirmont, Apollonius de Rhodes et Virgile, Paris, 1894,
pp. 17-18.
(17) A. Hurst, op. cit., p. 116.
(18) E. Hatzantonis, La resa omerica della femminilità di Circe, in L'Antiquité
Classique, XLIII (1974), pp. 38-56.
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 15

E a sigillo del nuovo stato di cose essa lo invita ad avere relazioni amiche-
voli con lei e ad andare a letto insieme :

αλλ' αγε δη κολεω μεν äop θέο, νωι δ' έπειτα


εύνής ημέτερης έπίβείομεν, δφρα μιγέντε
εύ\φ και φάότητί πεποίθομεν άλλήλοίσίν (Od., Χ, 333-335).

Malgrado il suo egoismo iniziale, i suoi sentimenti si raffinano e si inten-


sificano, diventando veri affetti. Per gratificare Odisseo, ehe, malgrado il
copioso banchetto allestitogli dalle sue ninfe-ancelle, lei vede ancora afflitto,
restituisce la forma umana ai suoi compagni da lei precedentemente
tramutati in suini. Inoltre, è lei ehe gli suggerisce di far venire al suo
palazzo anche gli altri membri dell' equipaggio da lui lasciati a guardia della
nave, e al loro arrivo li invita a rifocillarsi :
αλλ' αγετ' εσθίετε βρώμην και πίνετε οΐνον,
εις δ κεν αυτις θυμόν ενί στήθεσσί λάβητε,
οίον δτε πρώτιστον ελείπετε πατρίδα γαϊαν
τρηχείης Ιθάκης {Od., Χ, 460-463).

Ε quando, dopo un anno di vita agiata presso Circe, Odisseo informa Circe
della sua decisione di partire, essa, da donna innamorata ben memore dei
moti d'animo e del piacere sensuale sentiti accanto all' unico uomo
destinatole dal fato, si prodiga con solerzia e delicatezza ad istruirlo sul da
fare e a provverderlo con tutto l'occorrente affinchè il viaggio di ritorno ad
Itaca gli risulti meno pericoloso ed arduo.
Nelle Argonautiche manca completamente questo aspetto importante. E
non poteva essere altrimenti, non tanto perché la spedizione degli Argonauti
precede la guerra troiana e il nostos degli Achei, secondo anche l'esplicita
attestazione dei poemi omerici (19), quanto perché Apollonio, zeloso lettore
e profondo conoscitore dell' Odissea, sapeva ehe Circe non sarebbe stata
l'amante ehe di Odisseo, l'unico mortale ehe per voler del fato l'avrebbe
sottomessa. Ma se viene privata di questa componente cosi rilevante, per
compenso le si conferisce una nuova qualità o autorità, di cui nella relazione

(19) Od., XII, 55-72, brano ehe per R. Roux «nous a pour ainsi dire dévoilé le secret de
son aspiration argonautique» (op cit., p. 22).
16 E. HATZANTONIS

omerica non si riscontra nemmeno il piu lieve suggerimento. Apollonio


accorda a Circe il potere di purificazione o espiazione, apparentemente
delegatole dallo stesso Zeus. E nei riti, Ie libazioni, Ie preghiere, in ogni suo
atto relativo a questa sua nuova facoltà essa si dimostra peritissima, come
rivelano appunto questi versi :

πρώτα μεν άτρέπτοιο λυτήριον ήγε φόνοιο


τειναμένη καθύπερθε συός τέχος, ης ετι μαζοί
πλήμυρον λοχίης εκ νηδύος, αϊματι χείρας
τέγγεν, έπιτμήγουσα δέρην · αυτις δε και άλλοις
μειλισσεν χύτλοισι Καθάρσιον άγκαλέουσα
Ζήνα παλαμναίων τιμήορον ίκεσίβσι.
και τα μεν αθρόα πάντα δόμων εκ λύματ' ενεικαν
νηιάδες πρόπολοι, ταί οι πόρσυνον έκαστα ·
ή δ' εϊσω πελανους μείλικτρά τε νηφαλίχισιν
επ'
καϊεν εύχωλχ\αι παρέστιος, δφρα χόλοιο
σμερδαλέας παύαειεν Ερινύας ήδε και αυτός
εύμειδής τε πέλοιτο και ήπιος άμφοτέροισιν,
εϊτ' οΰν όθνείω μεμιασμένοι αϊματι χείρας
εϊτε και εμφύλω προσκηδέες άντιόωεν (Arg., IV, 704-717).

Ci si perdoni la lunga citazione, stimata confacente e indispensabile per


esemplificare la concreta e particolareggiata descrizione del cerimoniale
purificatore ehe Apollonio non poteva aver tratto dall' Odissea (20). Difatti,
l'uso di farsi purificare di un omicidio sembra essere posteriore ail' epoca
omerica. In ogni caso, nell' Odissea i riti eseguiti da Circe prima e dopo la
metamorfosi degli Achei, non sono né precisati né dettagliati {Od., X, 233-
242 e 391-396). Gli ammaestramenti ehe essa dà a Odisseo in procinto di
iniziare il viaggio nell' Ade e i riti ehe gli prescrive per attrarre lo spirito di
Tiresia non si possono certo relazionare a quelli délia Circe apolloniana (2I).
E a questa innovazione si ricollega anche il sogno pauroso avuto da Circe.

(20) H. de la Ville de Mirmont, op. cit., p. 122.


(21) Nelle Argonautiche taie parte toccherà invece al vecchio Fineo. Per il Levin, ehe ha
un ottimo capitolo (IX, pp. 150-168) sull' indovino, l'orazione profetica di Fineo «is
strongly reminiscent not only of Circe's advice giving to Odysseus ... but also of the recital
of future travels of Io transmitted to that heroine» dal Prometeo di Eschilo (op. cit., p. 160).
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 17

Le è stato mandato da Zeus per prevenirla e rivelarle la prossima venuta


degli omicidi. Costituisce quindi un'aggiunta necessaria ed ha una funzione
legittima di antécédente (22). Inoltre, corne ben dice Hurst riprendendo le
osservazioni di Handel, «le rêve fait allusion aux futurs événements que
contient YOdyssée. Allusion à la poésie homérique que le poète hellénistique
se permet pour la délectation de son lecteur instruit, sans doute, mais aussi
allusion à l'avenir sombre qui attend Circé, et qui sera contrebalancé par les
sombres prédictions que Circé a faites à Médée dans son discours
final» (23). E gli effetti ehe la visione notturna le ha eausato sono nuovi e dif-
ficilmente conciliabili con i tratti délia Circe omerica, ehe aveva paura
solamente délia spada di Odisseo (Od., X, 322-324).
Da quanto siamo venuti dicendo risulta ehe la Circe di Apollonio non è
una pedissequa imitazione di quella omerica. E non ne è neppure una defor-
mazione, corne è stata purtroppo sbrigativamente e erroneamente ritenuta.
Essa, è vero, conserva le linee essenziali délia Circe omerica, ma le si at-
tribuiscono sentiment! e comportamenti alieni dalla figura femminile del-
YOdissea ed in armonia con il temperamento poetico dell' Alessandrino. A
quelli già menzionati, potremmo aggiungere anche il sentimento di sdegno
con cui viene dotata e ehe lei manifesta quando rimprovera la nipote
colpevole. Taie è infatti la sua indignazione da non permettere a Medea di
inginocchiarsi dinanzi a lei per chiederle il perdono. Cosi l'episodio circesco
délie Argonautiche si chiude con la figura di una Circe ehe ritorna alla sua
solitudine sdegnata ed adirata, mentre quello del Γ Odissea viene a termine
con una Circe rassegnata alla perdita dell' uomo ehe le aveva fatto sentire
gli affetti dell' anima e i fremiti délia carne. Infine, la trattazione apollonia-
na, al pari di quella omerica, è eminentemente episodica e non palesa
nessun intento allegorico, malgrado la forte tendenza didattico-moraleg-
giante ehe imperava allora negli ambienti ellenistici (24). In questa corrente

(22) Abbondano i sogni sia nell' Iliade ehe nell' Odissea, e talora essi anticipano al dor-
miente la volontà degli dei (ad es., //., XXIV, 677-689 ; Od., VI, 20-47). G. Paduano, nel
suo recentissimo Studi su Apollonio Rodio, Roma, 1972, annota ehe «il cupo e splendido
sogno di sangue di Circe ... è Tunica maniera in cui puo venire alla luce l'atto censurato per
eccellenza, il fratricidio» (p. 232, n. 58).
(23) A. Hurst, op. cit., pp. 116-120. Cfr anche H. Fränkel, Noten, cit., p. 520.
(24) Fra i tanti studi suH'argomento ci limitiamo a segnalare F. Buffiere, Les mythes
d'Homère et la pensée grecque, Paris, 1956.
18 E. HATZANTONIS

etico-didascalica si inserisce invece il dialogo plutarchesco Gril/o o Che gli


animali bruti usano la ragione (25). Ed appunto da questo aspetto scaturisce
la sua importanza nonché la sua fortuna nelle lettere dell' Europa rinasci-
mentale.
Il dialogo è ambientato sull' isola di Circe. Infatti Odisseo sul punto di
salpare da Eea, chiede alla maga di restituire ai Greci ehe vi sono fra il suo
corteo di animali Ia pristina forma umana (26). L'incantatrice consente, ma a
condizione ehe egli accerti prima se essi non preferiscono ritenere lo stato
ferino. Invita quindi l'incredulo Odisseo a discorrere con loro e a cimentarsi
con la sua proverbiale eloquenza di persuaderli a cambiar forma. E per
agevolarlo, gli indica Grillo, uno dei tanti animali ex-uomini, ehe agendo da
portavoce, ικανός ϊσται και διδούς και λαμβάνων ύπερ πάντων λόγον. Ed essa
si terra in disparte, μη και παρά γνώμην έμοί δοκγι χαριζόμενος διαλέγεσθαι
(986 Β).
L'itacense, dopo aver espresso la sua sincera ma un po' altera com-
passione per l'aspetto suino datogli da Circe, gli palesa la promessa délia
maga di restituire la forma umana ai Greci ehe gradiscono riaverla.
Bruscamente Grillo l'interrompe, facendogli sapere che essi non abban-
doneranno mai né il loro stato attuale né Circe, a cui devono tanto, per
riprendere la figura d'uomo, το πάντων φάοποτμότατον ζωον. Odisseo
stupito attribuisce tale risposta agli effetti nocivi dei farmaci circei. Il suo
interlocutore prosegue a dire che conosce ambedue i generi di vita e che, se
Odisseo vuole discuterli, non gli sarà difficile provare la superiorità délia
vita animale. Odisseo si dichiara più che disposto. S'intavola, cosi, la
discussione.
Grillo confuta tutti gli argomenti odisseici a favore dello stato umano con
viva eloquenza, argute controbattute, e lunghi ragionamenti. Arguisce vigo-
rosamente, ad esempio, che le virtù di cui gli uomini, da presuntuosi, credo-

(25) Γρύλλος è il titolo più spesso riscontrato, probabilmente a cause délia lunghezza del-
l'altro, Περί τοϋ τά αλόγα λόγω χρήσΟαι, e dell'importanza che il protagonista omonimo ha
nel dialogo. Per le citazioni, seguiamo l'edizione teubneriana Plutarchi Chaeronensis Moralia
a c. di G. N. Bernardakis, Leipzig, 1895, vol. VI.
(26) C. Gérard, il cui De la morale de Plutarque, Paris, 1874, rimane ancora utilissimo
malgrado gli anni che sono intercorsi, afferma stranamente che «Circe, blessée des procédés
du trop fidèle époux de Pénélope, lui a refusé net de rendre à ses matelots leur forme
première», benché nel testo non si riscontri nemmeno una parola che possa suggerire una
taie ipotesi.
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 19

no di avere il monopolio, sono comuni anche agli animali. Accetta la


ποτ'
proposta di Odisseo di palesargli τίνος αρετής . . . μετέστί τοις θηρίοις e,
prendendo in esame le virtù cardinali, dimostra ehe anche gli esseri bruti
non solo possiedono Fortezza, Temperanza, e Prudenza, ma ehe την των
θηρίων φυχήν εύφυεστέραν είναι προς γένεσίν άρετης και τελειοτέραν (987 Β).
Alcune délie sue osservazioni lasciano allibito e persino ammutolito il
sagace ed eloquento Odisseo. Dopo aver definito la fortezza umana come
prudente viltà ed il coraggio corne un timoré riflesso, l'apostrofa cosi :

ει προς άνδρείαν οϊεσθε βελτίους εϊναι των θηρίων, τι ποθ' υμών οι


ποιηταί τους κράτιστα τοΐς πολεμίους μαχόμενους «λυκόφρονας» και
«θυμολέοντας» και «συϊ είκέλους άλκήν» προσαγορεύουσιν, αλλ' ου λέοντα
τις αυτών «άνθρωπόθυμον» ου σϋν «άνδρί εικελον άλκήν» προσαγορεύει ;
(988D).

Similmente apodittico è anche il modo con cui redarguisce gli uomini per la
loro poca temperanza, particolarmente per la loro smoderata sensualité e per
le loro depravate pratiche sessuali, mentre ciö non si avvera fra gli animali
perché
μικράν έχει και ασθενή τιμήν ή ηδονή ... το δ' όλον ή φύσις
(990D).

Inoltre, Grillo sottolinea debitamente ehe lui parla per esperienza diretta di
entrambi i generi di vita. Da uomo, anche lui era convinto délie parole dei
sofisti ehe all' infuori degli uomini tutte le altre creature sarebbero prive di
intelletto e ragione, ma subito dopo la sua tramutazione gli si rivelo 1'errore.
E quando Odisseo, un po' sarcasticamente gli chiede se nella sua nuova
forma egli sia dunque informato ehe anche la pecora e l'asino sono esseri
razionali, Grillo pacatamente risponde ehe nessun animale è sprovvisto di
ragione ma ehe la possiedono in vari gradi, com'è il caso anche fra gli
uomini, ribadendo :
δ'
εννόησον δτι τάς ένίων άβελτερίας και βλακείας έλέγχουσιν ετέρων
πανουργίαι και δριμύτητες, όταν άλώπεκι και λύκω και μελίττη παρα-
βάλης δνον και πρόβατον · ώσπερ ει σαυτώ τον Πολύφημον ή τω πάππω
σου τω Αύτολύκω τον Κορίνθιον εκείνον "Ομηρον (99 2D).

Ε il savio porco aggiunge di non credere ehe vi sia tanta differenza fra un
essere bruto e un altro in materia di ragione, intelligenza e memoria quanta
20 E. HATZANTONIS

fra uomo e uomo. Infine, a Odisseo ehe ammonisce Grillo quanto sia peri-
coloso concedere l'uso della ragione a chi non ha conoscenza degli dei,
Grillo chiede maliziosamente :

Εΐτά σε μη φώμεν, ώ 'Οδυσσεϋ, σοφον ούτως δντα χαί περιττόν Σίσυφου


γεγονέναί ; (99 2Ε).

Con questa domanda-apostrofe termina Tinterloquire del savio suino e di


Odisseo. A causa di questa fine improvvisa del dialogo (27), forse mutilo o
incompleto, non è facile asserire con certezza quale scopo ultimo si fosse
proposto Plutarco nello scriverlo. Comunque, cosi com'è, esso si inserisce
nella tradizione didattico-moraleggiante ehe accompagne) i poemi omerici, e
particolarmente le avventure di Odisseo, fin dalla più remota antichità.
Com'è ben risaputo, essi furono setacciati dai loro primissimi esegeti corne
anche dai filosofi e dai pensatori alla ricerca del recondito messaggio morale
e délie velate verità edificanti ehe credevano avesse voluto tramandare ai
posteri il loro pœta. Anche all' episodio di Circe toccarono in sorte
molteplici interpretazioni allegoriche (28). La loro diversità dériva dai multi-
formi processi analitici usati corne tecnica per estrarre le nozioni metafisiche
o moraleggianti ehe più si accordavano con quelle dei loro portavoce. Una
tendenza generale, tuttavia, si nota : quella di denigrare Circe e i compagni
di Odisseo capitanati da Euriloco, Circe, in linea di massima, finisce col
perdere una délie due qualità più distintive dotatele da Omero. Diminuis-
ce costantemente l'elemento della sua femminilità ed in ultimo sparisce
totalmente quell' aureola poëtica di donna amante sottomessa al suo destino
con cui Omero l'aveva cinta. In compenso, il suo potere magico acquista
nuova e sempre più crescente enfasi negativa, ed in primo piano sono messe
la sua perfidia e crudeltà, ehe nell' Odissea erano aspetti iniziali e transitori
del suo agire. Similmente, gli sfortunati Achei tramutati in porci servirono

(27) L'improvvisa fine del dialogo sembra militare a favore di coloro ehe opinano ehe sia
rimasto incompleto o ci sia giunto mutilo. Cfr quanto su ciô scrivono i curatori dei Moralia
dell'edizione Loeb, Cambridge, 1957, nella nota conclusiva (pp. 532-533).
(28) Si veda in proposito il cap. IX della parte IV («La roue des réincarnations. Le
mythe de Circe») di F. Buffiere, op. cit., pp. 500-520. Cfr anche le brevi ma suggestive
osservazioni di W. B. Stanford, The Ulysses Theme, A Study in the Adaptability of a
Traditional Hero, Oxford, 19632, p. 46 e passim.
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 21

da esemplare illustrazione delta morale ehe si volle ricavare dall' intero


episodio. In ignobili porci essi meritavano di essere tramutati perché da
porci si erano abbandonati ai loro ciechi instinti sensuali, benché nel testo
omerico non vi fosse nessuna indicazione esplicita o allusiva. In Grillo, in-
vece, almeno nello stato in cui ci è pervenuto, viene capovolto quest' atteg-
giamento tradizionale degli allegoristi, malgrado l'évidente veste filosofica
del dialogo, Anzi, non sarebbe avventato sostenere ehe il Cheronese
rifacendosi ai cinici (29) l'avesse scritto per intervenire nella polemica contro
gli stoici ehe, al quesito allora in Voga se gli animali fossero dotati di
ragione, rispondevano con un netto diniego. Vi è infatti un altro dialogo,
Dell'accortezza degli animali (30), di proporzioni più vaste e di respiro
filosofico più solido, in cui per bocca di Autobulo, I'interlocutore principale,
Plutarco cerca di demolire la posizione stoica, ma senza le paradossali
pretese di Grillo sulla supériorité degli animali. Ivi, con più eque ed
equanimi argomentazioni sostiene ehe gli animali sono dotati di ragione, ma
di qualità diversa secondo la loro natura, ed inferiore di un grado a quella
dell'uomo. Comunque non è l'aspetto filosofico o la validità dei princi-
pi metafisici ehe ci intéressa, quanto l'uso allegorico ehe Plutarco fa del-
1'episodio di Circe. Fra i molti rimaneggiamenti dell' antichità a cui lo
stimolo allegorico ha dato spinta, il dialogo plutarchesco occupa il posto più
eminente. Plutarco è quindi da mettere in capo alla lista di quei pochi
scrittori ehe con la loro inventività hanno dato nuova veste all' episodio
omerico, arricchendolo e rianimandolo. E l'importanza dell' applieazione
originale plutarchesca si accentua ancor di più qualora si consideri la grande
fortuna ehe incontrö in autori di età e indole disparate. Basti ricordare, fra
gli scrittori italiani del Rinascimento ehe si rifecero al modello plutarchesco,
Niccolo Machiavelli e Giambattista Celli, due fra le personality più etero-
genee del Cinquecento italiano per formazione, professions e finalità
letteraria.
Nell'ultimo capitolo dell' Asino d'oro (31), un poemetto allegorico in ter-

(29) I tentativi di inserire il dialogo nella tradizione menippea non hanno riscontrato
l'unanimità fra gli studiosi del Cheronese. Si vedano le sennate osservazioni a questo
proposito di R. H. Barrow, Plutarch and his Times, Bloomington, 1967, pp. 116-117.
(30) Πότερα των ζώων φρονιμώτερα, τα χερσαία η τα ένυδρα, éd. cit., vol. VI, pp. 11-81.
(31) II titolo e l'intenzione satirica del poemetto fanno pensare all' opera di Apuleio.
Difatti il M. si rifa alle Metamorfosi apuleiane, come anche alle Naturalis Historia di Plinio
22 E. HATZANTONIS

zine dantesche venato di autobiografismo e con palese intento di satireg-


giare il «mondo ... guasto» in cui Machiavelli vive, c'imbattiamo in un
suino a cui è offerte la pristina forma umana toltagli da Circe. Ma il
«fangoso animale» déclina dicendo :

Viver con voi io non voglio e rifiuto,


E veggo ben ehe tu se' in quello errore
Che me più tempo ancor ebbe tenuto.
Tanto v'inganna il proprio vostro amore
Che altro ben non credete che sia
Fuor de l'umana essenza e del valore (cap. VIII, 28-33) (").

E il savio porco s'accinge, come già in Grillo, ad elogiare lo stato ferino e a


dimostrare quanto siano superiori gli animali sugli uomini in prudenza,
temperanza, e fortezza. E sia nelle esemplificazioni che nelle argomentazioni
addotte dal suino il Machiavelli fa largo uso del dialogo di Plutarco.
Maggior uso ne fa il Gelli, il concittadino di Machiavelli che nell' eser-
cizio quotidiano del suo lavoro di calzaiolo trovo il tempo di formarsi una
solida e multiforme cultura e di scrivere due opère che ebbero grande suc-
cesso di pubblico, i Capricci del Bottaio ( 1 546- 1 548) e la Circe ( 1 549) (").
Quest' ultima è divisa in dieci dialoghi, i cui interlocutori sono Ulisse, Circe
e undici animali, che già furon Greci tramutati dalla maga. L'autore stesso
nella lettera dedicatoria a Cosimo de' Medici dichiara di aver seguito «le
orme del dottissimo Plutarco», e ogni critico e studioso dell' opera non ha
mancato di rilevare quanto egli debba al Grillo, specialmente in quei
dialoghi (VI, VII, e VIII) in cui si discutono le virtù cardinali. Ma non si tratta
affatto di imitazione pedissequa. Invece di un animale solo, corne nel Grillo
e Asîno d'oro, anche questo certamente ben noto al Gelli, in Circe abbiamo

(specie al libro II), e alla Divina Commedia di Dante. Ma l'idea di far parlare il suino in ter-
mini dotti o sofistici rimonta al Grillo di Plutarco, da cui dériva inoltre il soggetto del-
l'ultimo capitolo. Forse a cio si deve l'asserzione di uno studioso di Machiavelli del calibro
di P. Villari che «il titolo è preso da Apuleio e da Luciano, il soggetto dal dialogo di
Plutarco» CV. Machiavelli e i suoi tempi, Milano, 19 143, vol. III, p. 174), ripetuta anche da G.
Tofianin : «Di Apuleio e di Luciano non conserva qui se non il titolo ; la materia dériva dal
dialogo di Plutarco» (// Cinquecento, Milano, 1954s, p. 409).
(32) Citiamo dall' edizione Tutte le opère di Niccolô Machiavelli, a c. di F. Flora e C.
Cordiè, Milano, 1950, vol. II, pp. 751-781.
(33) Per la Circe ci valiamo dell'ed. Opère di G. B. Gelli, a c. di I. Sanesi, Torino, 1952.
I GENIALI RIMANEGGIAMENTI 23

ben undici animali diversi, scelti appositamente per illustrare una relazione
fra la loro condizione presente e l'indole e professione ehe avevano da
uomini. Inoltre, benché l'inquadratura generale e ambientale si rifaccia al
mondo fantastico greco, la trattazione gelliana ritrae la società dell'autore
stesso con i costumi, le virtù e i vizi di tutte le classi, dalla più povera alla
più altolocata. Più pronunciato è anche il tono satirico del Gelli ehe va dalla
leggera ironia — ad esempio quando la talpa dimostra quanto sia fallace il
credere alla félicita délia vita agreste esaltata dai tanti poeti bucolici — al
sarcasmo mordace — ad esempio, contro i medici ehe «guariscono ognuno
in cattedra, ma non già nel letto». Infine nella trattazione gelliana si riscon-
trano elementi ehe erano completamente assenti nel dialogo di Plutarco. In
Grillo non abbiamo nemmeno una vaga idea dell' ambiente (34), mentre il
Gelli fin dal principio dell' opera ci offre in iscorcio il panorama paesistico.
Ma il contributo maggiore e l'originalità più notevole consistono nella con-
clusione gelliana. Nei primi nove dialoghi mette all'aperto tutti i mali, i vizi,
e le perversità dell' uomo, ma nel decimo fa l'apoteosi dell'uomo e l'elefante
— ehe prima délia metamorfosi era il filosofo ateniese Aglafemo — accetta
la proposta di ridiventare uomo e si affretta a fuggire gli «scellerati liti» e a
ritornare a vivere libero e «secondo l'uso délia ragione». L'uomo trionfa
perché solo lui fra tutti gli esseri viventi possiede la Ragione e la Volontà.
Se l'uomo opera e vive seguendo il solo Senso, allora egli è per nécessita
inferiore e meno felice degli animali. Ma se esercita la Ragione e la Volontà,
allora egli, malgrado le sue prontamente ammesse inferiorità fisiche agli
animali, non solamente è superiore ad essi, ma è l'unico essere a
raggiungere la vera félicita e a farsi quasi Dio. Questa è appunto la mirabile
grandezza e eccellenza dell' uomo ehe dal grado infimo per «volontà libéra»
e per «intelletto» puö passare al grado divino. Conclusione questa ehe dif-
ferisce, si, da quella di Plutarco e ehe concorda pienamente col concetto
umanistico-rinascimentale délia dignità dell'uomo, filosoficamente enun-
ciato da Pico délia Mirandola più di mezzo secolo prima. Epilogo inoltre
ehe coronava i dialoghi felicemente e ehe contribuiva al singolare favore ehe

134) La constatazione, abbastanza ovvia nel Grillo, è valida anche per le altre opère del
Cheronese, come conferma F. Fuhrmann, la cui esplorazione di Les images de Plutarque,
Paris, 1964, lo porta a concludere ehe «Plutarque ignorait le 'sentiment de la nature',
contrairement à de nombreux écrivains grecs» (p. 60).
24 E. HATZANTONIS

questi incontrarono negli ambienti letterari italiani e d'oltralpe (35). Infine,


come il capovolgimento della posizione etico-didascalica da parte del
Cheronese infondeva nuova vita all'interpretazione allegorica tradizionale,
cosi la diversa — anzi, antitetica — conclusione gelliana riproponeva tem-
pestivamente il Grillo di Plutarco negli ambienti culturali di tutta FEuropa.
Ce lo testimoniano Ie tante opere ehe trattano di «animali parlanti», in
Italia e fuori d'Italia, e ehe si rifanno ai fortunati rimaneggiamenti di Gelli e
di Plutarco.

University of Oregon. Emmanuel Hatzantonis.

(35) La fortuna dei dialoghi gelliani ei è confermata anche dalla rapidità con cui vennero
tradotti. Ad esempio, la Circe ebbe traduzioni in francese, spagnolo, e inglese in meno di
dieci anni. La versione inglese (Circes of John Baptista Gello, Florentyne. Translated out of
Italian into English by Henry Iden) fu pubblicata a Londra nel 1557. Un rapido esame delle
versioni di opere italiane elencate da M. A. Scott nel suo Elisabelhan Translations from
Italian, Boston, 1916, rivela ehe cio era insolito, ed infatti le versioni del Cortegiano di
Castiglione, del Galateo del Della Casa e di altri dialoghi famosi del Rinascimento furono
molto più tardive. La versione francese di Denis Sauvage Seigneur du Parc (La Circé de M.
Giovan- Baptista Gello, Academic Florentin) apparve a Lione nel 1550 ed in meno di venti
anni ebbe sei edizioni. In mancanza di uno studio esaustivo sulla fortuna del Gelli, riman-
diamo ai pochi accenni reperibili in N. Tarantino, La Circe e i Capricci del Bottaio del
Gelli, in Studi di letteratura italiana, XIII (1923), pp. 1-56 (part. pp. 55-56), e al con-
tributo di E. N. Girardi, Giambattista Gelli, nella serie Letteratura italiana - I Minort,
Milano, vol. H, pp. 1111-1 132. Recentemente, A. Montù ha esaminato alcuni aspetti della
fortuna del Gelli in Francia in due articoli : «II contributo del Gelli alla diffusione del mito
di Circe in Francia», Studi francesi, XXXIX (1969), pp. 472-477 e«I traduttori francesi
del Gelli : Denis Sauvage e Claude de Kerquifinen», Revue des langues vivantes, XXXVIII
(1972), pp. 131-153.

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