RINFORZO
STRUTTURALE
CON MATERIALI COMPOSITI
LE FIBRE DI CARBONIO E I NUOVI MATERIALI COMPOSITI
FRP (Fiber Reinforced Polymers), SRP (Steel Reinforced Polymers),
FRG (Fiber Reinforced Grout), SRG (Steel Reinforced Grout)
SCELTA, PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE
CD-ROM INCLUSO
FOGLI DI CALCOLO PER IL PREDIMENSIONAMENTO DI UN RINFORZO STRUTTURALE
Domenico Brigante
RINFORZO STRUTTURALE CON MATERIALI COMPOSITI
ISBN 13 978-88-8207-461-6
EAN 9 788882 074616
Manuali, 117
Prima edizione, febbraio 2012
Brigante, Domenico
Rinforzo strutturale con materiali compositi / Domenico Brigante.
– Palermo : Grafill, 2012.
(Manuali ; 117)
ISBN 978-88-8207-461-6
1. Strutture edilizie – Consolidamento.
624.17 CDD-22 SBN Pal0240065
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2012
presso Officine Tipografiche Aiello & Provenzano S.r.l. Via del Cavaliere, 93 – 90011 Bagheria (PA)
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e marchi citati sono generalmente depositati o registrati dalle rispettive case produttrici.
A Giusi e Francesco
5
sommario
Prefazione .................................................................................................................... p. 11
7. caraTTerizzazione e moniToraggio
dei sisTemi aPPLicaTi ........................................................................................ ˝ 104
7.1. Introduzione...................................................................................................... ˝ 104
7.2. I materiali......................................................................................................... ˝ 104
7.2.1. Laminati pultrusi .................................................................................... ˝ 105
7.2.2. Laminati prodotti in situ......................................................................... ˝ 106
7.2.3. controlli di produzione .......................................................................... ˝ 106
7.3. Prove sperimentali .......................................................................................... ˝ 106
7.4. Il collaudo delle opere ..................................................................................... ˝ 107
7.4.1. Prove semi-distruttive ............................................................................ ˝ 108
7.4.2. Prova di strappo normale ....................................................................... ˝ 108
7.4.3. Prova di strappo a taglio ....................................................................... ˝ 108
7.4.4. Prove non distruttive .............................................................................. ˝ 108
7.4.5. Prove di tipo acustico stimolato............................................................. ˝ 108
7.4.6. Prove ultrasoniche ad alta frequenza ..................................................... ˝ 109
7.4.7. Prove termografiche ............................................................................... ˝ 109
7.4.8. Prove in emissione acustica ................................................................... ˝ 109
7.4.9. Prove a collasso su elementi, travi e pilastri rinforzati.......................... ˝ 109
7.5. Gli operatori per l’esecuzione delle prove ...................................................... ˝ 109
Prefazione
con grande piacere ho avuto conoscenza della realizzazione dell’opera “Rinforzo strutturale
con materiali compositi” messa a punto da Domenico Brigante, che dimostra come non sempre gli
insegnamenti rivolti ai propri studenti durante gli studi universitari vengono poi nel tempo trascu-
rati o abbandonati. Viceversa, nel caso di Brigante, la pubblicazione del testo afferma invece la va-
lidità e l’importanza di trasmettere conoscenze tecniche e scientifiche nel tentativo di realizzare
una continuità nel tempo dello sviluppo di avvenimenti innovativi, come nel caso specifico dei Ma-
teriali compositi, al fine di produrre miglioramenti nella vita sociale e tecnica di ogni giorno.
Il testo infatti riguarda argomenti strettamente legati alle applicazioni dei compositi nelle costru-
zioni civili e di architettura, settore che riguarda da vicino tutti noi, e che dopo anni di tentenna-
mento è ora decisamente interessato alle enormi potenzialità dei compositi.
Di particolare rilevanza e a differenza con altri minori testi tecnici che affrontano problematiche
costruttive, il testo si sofferma lungamente nella descrizione delle caratteristiche delle tecnologie
adoperate per la realizzazione di manufatti o per interventi di ripristino strutturale in monumenti par-
ticolari o in semplici strutture comuni.
Questo aspetto, infatti, è di particolare importanza nell’uso dei Materiali compositi a differen-
za dell’uso di materiali più tradizionali, in quanto le proprietà finali ottenibili dal manufatto o dal-
l’intervento sono in questo caso fortemente dipendenti dal modo stesso con cui si applica il mate-
riale, che può efficacemente essere progettato e distribuito secondo le migliori e più efficienti mo-
dalità, prevedibili dal progettista solo con una accurata e profonda conoscenza delle tecnologie di
applicazione. ciò vale indifferentemente per l’uso dei compositi su strutture in legno, come in ac-
ciaio, e in calcestruzzo, e le diverse modalità vengono infatti descritte con dovizia nel testo.
Gli esempi riportati e le descrizioni di modalità di collaudo e monitoraggio degli interventi
completano il testo, che diviene così un valido strumento per il Progettista ma anche per l’utiliz-
zatore finale.
caPItoLo 1
i maTeriaLi comPosiTi
oggi l’enfasi è posta sullo sviluppo di più moderni compositi con matrici a base i malte e ma-
trici ibride con malta e resina epossidica per le applicazioni ad alta temperatura. si hanno innume-
revoli applicazioni: tubi interrati, container, barche, veicoli di terra, strutture aeronautiche e spazia-
li, applicazioni nell’edilizia civile, componenti per automobili, attrezzi sportivi, prodotti biomedici
e moltissimi altri prodotti progettati per avere alte prestazioni meccaniche e/o stabilità dimensiona-
le nei diversi ambienti accoppiati e bassi pesi.
Le proprietà di un composito dipendono dalle proprietà dei costituenti, dalla geometria e distri-
buzione delle fasi. uno dei parametri più importanti è il volume (o il peso) della frazione di rinfor-
zo o il rapporto di volume delle fibre. La distribuzione del rinforzo determina le caratteristiche del
sistema. Meno è uniforme il rinforzo, più è eterogeneo il materiale e più alta è la probabilità di rot-
tura nelle aree più deboli. La geometria e l’orientamento del rinforzo, invece, influiscono sull’ani-
sotropia del sistema.
Le fasi del composito hanno ruoli differenti che dipendono dal tipo e dalla messa in opera del com-
posito. nel caso di compositi con prestazioni basse o medie, il rinforzo, usualmente fibre corte o
particelle, dà un certo irrigidimento ma rinforza solo localmente il materiale. La matrice d’altra par-
te, è il costituente principale per reggere i carichi e definisce le proprietà meccaniche del materiale.
nel caso di compositi ad alte prestazioni strutturali, il rinforzo è normalmente costituito da fi-
bra continua e forma lo scheletro del materiale, determinando la rigidezza e la resistenza nella di-
rezione della fibra. La fase matrice procura la protezione, il sostegno per le fibre ed il trasferimen-
1. I MateRIaLI coMPosItI 15
to degli sforzi locali da una fibra all’altra. L’interfase, anche se di piccola dimensione, può giocare
un ruolo importante nel controllo del meccanismo di rottura, nella resistenza alla frattura e, soprat-
tutto, nel comportamento sforzi/deformazioni del materiale.
t 1.3. Le fibre
come accennato, grazie alle loro dimensioni limitate, le fibre presentano una perfezione strut-
turale fuori del comune; questa caratteristica, unita alle proprietà intrinseche dei materiali costituti-
vi, assicura ad esse:
– resistenza meccanica elevata;
– modulo elastico molto alto;
– peso specifico molto basso;
– comportamento elastico lineare fino alla rottura.
Le fibre più importanti per uso in compositi possono essere di vetro, carbonio, organiche e mi-
nerali. esse si trovano nei compositi o sotto forma di fibre continue disposte parallelamente in un
piano, o sotto forma di fibre tagliate e disposte in un piano con orientazione casuale (Mat) o, infi-
ne, possono essere tessute secondo una configurazione trama-ordito e disposte in un piano.
Le elevate proprietà meccaniche delle fibre di carbonio derivano dalla particolare struttura cri-
stallina della grafite. Quanto più la struttura cristallina è elevata, tanto più il materiale possiede ca-
ratteristiche elevate.
16 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
un cristallo di grafite ha una struttura composta da strati sovrapposti di piani costituiti da atomi
di carbonio. I legami fra gli stessi atomi dello stesso piano sono forti (legami covalenti) mentre quel-
li fra atomi di piani differenti sono relativamente deboli (legami Van der Waals): è evidente come i
cristalli siano strutture fortemente anisotrope e sarà compito del processo di fabbricazione disporre
la struttura cristallina nella direzione voluta.
naturalmente ciò non è facile: praticamente non si riesce mai ad ottenere cristalli perfetti e
precisione nell’orientamento, per cui le caratteristiche meccaniche risultanti saranno più basse di
quelle teoriche.
Le fibre di carbonio sono ottenute grafitizzando in atmosfera inerte, a oltre 2.000 °c, delle fibre
organiche tessili di rayon o poliacrilonitrile (Pan). Le fibre di partenza prendono il nome di pre-
cursori. Durante il processo di grafitizzazione le fibre sono sottoposte a trazione, quanto maggiore
è lo sforzo di trazione esercitato, tanto più alto risulta il modulo di Young del prodotto.
D’altra parte l’aumento del modulo viene bilanciato da una diminuzione di resistenza. esistono
così in commercio sia fibre di carbonio ad alto modulo, penalizzate nella resistenza, sia a basso
modulo e alta resistenza. I due tipi sono detti rispettivamente c1 e c3 o, con terminologia anglo-
sassone, HM («High Modulus», cioè alto modulo) e Hs («High Strength», cioè alta resistenza a tra-
zione) o anche in italiano HR.
Rispetto alle fibre di vetro, quelle di carbonio presentano tre vantaggi sostanziali:
– un modulo elastico molto alto;
– una massa volumica bassa;
– un coefficiente di dilatazione termica molto basso.
esse perciò stanno soppiantando le fibre di vetro in tutti quei campi in cui sono richieste, oltre
a un basso peso, un’alta rigidità (strutture aeronautiche, attrezzi sportivi ecc.) o una notevole stabi-
lità dimensionale al variare della temperatura (dispositivi ottici, radar ecc.).
I costi di produzione delle fibre di carbonio sono notevolmente più elevati rispetto alle fibre di
vetro ma la loro forte diffusione è giustificata dalle elevate proprietà meccaniche.
un altro tipo di fibra di vetro è ottenuto con vetro ad alto contenuto di alcali: essa ha una buo-
na resistenza chimica ma presenta proprietà elettriche modeste, vetro c. altri tipi di vetro sono il
vetro D, con ottime caratteristiche elettriche, e quello L, che per il suo contenuto in piombo, realiz-
za una buona protezione alle radiazioni e può essere usato come traccia per il controllo ai raggi x
dell’allineamento delle fibre.
In tabella è riportato, a seconda dell’impiego, il tipo di vetro più idoneo.
tutti i vetri hanno un rapporto resistenza su peso molto alto, sebbene le fibre di vetro siano fra
le fibre inorganiche sintetiche a densità più alta.
Il vetro mantiene le sue proprietà meccaniche, fino al 50% delle sue capacità di resistenza, ad
una temperatura di 375 °c, e fino al 25% a 538 °c.
I vantaggi delle fibre di vetro, in particolare della fibra “e” rispetto ad altri materiali, sono:
– Rapporto tra alta resistenza alla trazione ed alta resistenza al peso: a parità di peso, la fibra
di vetro è due volte più resistente di un filo d’acciaio.
– Stabilità dimensionale: il vetro non si accorcerà o non si allungherà in relazione alle varia-
zioni atmosferiche. Le fibre di vetro mostrano un allungamento massimo del 3% a rottura.
– Alta resistenza al calore: le fibre di vetro si comportano bene in applicazioni dove devono
essere tollerate alte temperature. esse hanno ancora il 50% della resistenza a trazione, alla
temperatura di 340 °c.
– Basso assorbimento di umidità: il vetro è un materiale acellulare per cui l’umidità non può
penetrare nella superficie dei filamenti.
– Notevoli proprietà elettriche: il vetro possiede una bassa costante dielettrica e delle buone ca-
pacità isolanti.
– Alta resistenza alla fiamma: il vetro non brucia oppure brucia senza dar luogo a fiamma.
Risultato di quanto sopra esposto, è un prodotto in cui sono combinate diverse proprietà fisiche,
che non possono essere ottenute con fibre organiche. La resistenza delle fibre di vetro dipende dal-
le condizioni di formazione, come pure dal sistema di rivestimento impiegato per trattare la super-
ficie della fibra di vetro.
La fase di copertura ha un significativo effetto sulla resistenza delle fibre di vetro e sulle loro
proprietà di superficie. L’effetto del trattamento chimico di superficie ha dimostrato di migliorare
la resistenza delle fibre di vetro fino al 20%.
18 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
Il sistema di copertura (trattamento chimico) consiste in un rivestimento organico che viene ap-
plicato alle fibre di vetro immediatamente sotto il rivestimento isolante e prima che i filamenti sia-
no tirati insieme a formare un unico capo. I rivestimenti, sono applicati allo scopo di proteggere le
fibre di vetro durante il successivo processo di lavorazione e per ottenere un optimum di compati-
bilità con le resine da rinforzare. Gli ingredienti impiegati nella copertura delle fibre dipendono
dalle specifiche applicazioni: essi sono brevettati e classificati in una o più categorie.
Gli agenti accoppianti, come il loro nome suggerisce, hanno la funzione principale di accoppia-
re le fibre di vetro alla matrice oppure ad altri ingredienti di copertura, i quali a loro volta interagi-
scono con la matrice.
Quando tra le fibre di vetro e la matrice si è formato un legame chimico, i compositi in vetro
rinforzati divengono un materiale molto resistente impiegabile in campo ingegneristico, come con-
seguenza di un efficiente trasferimento di sollecitazioni da una matrice relativamente debole a fibre
di vetro molto resistenti.
Per facilitare il processo di lavorazione e di composizione sono necessari i lubrificanti: le fibre
di vetro essendo materiale fragile sono facilmente abrase quando vengono a contatto con altri ma-
teriali, compreso lo stesso vetro. Durante il processo di lavorazione si determina una rottura dei fi-
lamenti, che dà luogo a lanugine di vetro che si disperde nell’aria. un’adeguata selezione dei lubri-
ficanti può ridurre tale fenomeno.
Il processo di fabbricazione delle fibre di vetro ha inizio con il pesare con cura i componenti del
vetro per poi miscelarli in una massa omogenea di composizione predefinita. Il tutto viene posto in
un forno ed esposto a temperatura sufficiente (1.400 °c circa) a convertire i carbonati e la sabbia in
ossidi liquidi, i quali devono possedere una sufficiente viscosità e flusso per produrre un’adeguata
omogeneità. Il vetro fuso viene poi raffreddato a temperature più basse (1.100 °c) in modo da ren-
derlo idoneo alle successive fasi lavorative: per produrre vetri con minimi difetti e di alta qualità,
sono indispensabili condizioni operative ottimali e forni correttamente progettati.
La massa fusa di vetro d’alta qualità è poi tirata attraverso dei fori praticati in una piastra di pla-
tino, e ridotta a fibre di diametro voluto. La piastra riscaldata elettricamente, è dotata d’ugelli che
variano in genere da 200 a 4.000. Immediatamente al di sotto della piastra viene applicato ai fila-
menti una copertura o rivestimento organico.
I filamenti possono essere raccolti in vario numero in fasci mediante un pettine o un ceppo di
raccolta. ad esempio quando viene impiegata una piastra con 400 ugelli ed un ceppo di raccolta
con fessure a due vie si produrranno due fasci di 200 filamenti ciascuna, che verranno poi avvolti
su un pettine. Il risultato finale sarà la formazione di una matassa. Per evitare che i fasci non giac-
ciano paralleli gli uni agli altri e possano essere dipanati senza difficoltà, viene utilizzata una linea
trasversale o spirale onde imprimere un movimento a zig-zag dei capi appena essi si avvicinano al-
la superficie dell’argano.
I pacchi che vengono realizzati sono posti nel forno per rimuovere l’acqua e assicurare la coper-
tura della superficie del vetro. successivamente essi vengono messi in una rastrelliera e riuniti in
fasci a formare gomitoli.
1.7.1. Produzione
La produzione è simile ad altre fibre sintetiche: polimerizzazione, estrusione, stiramento. Il po-
limero viene sciolto in un liquido ed estruso ad una temperatura di circa 200 °c mentre evapora il
20 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
solvente. L’estrusione può avvenire soltanto dalla soluzione in quanto il punto di fusione della fibra
è molto più alto della temperatura di decomposizione. Il prodotto di questa fase ha soltanto circa il
15% della resistenza e il 2% della rigidità della fibra finale. Il polimero ha una struttura a bastonci-
ni con poco orientamento rispetto all’asse longitudinale della fibra. si ottiene una cristallizzazione
e l’orientamento della struttura stirando la fibra a 300-400 °c.
nonostante l’aramide appartenga alla famiglia dei poliammide, l’adesione della matrice (resi-
na) risulta molto più difficile che non sul Pa 6 (nylon). Per migliorare il comportamento la fibra vie-
ne trattato con preparati di finissaggio. ciononostante la resistenza a compressione raggiunge sola-
mente il 25% di quella a trazione.
nel corso degli anni, questo tipo di fibra sintetica ha ricevuto miglioramenti notevoli in termini di
resistenza meccanica. fin dall’inizio essa si dimostrò promettente, con una resistenza di oltre 2 volte ri-
spetto all’acciaio, a parità di massa. Questo era un risultato notevole per i tempi, e ben presto compar-
vero materiali leggeri per giubbotti di protezione individuale dei soldati in Vietnam e per i velivoli.
con il tempo si è arrivati a prodotti ancora più resistenti, che offrono un rapporto di almeno 5:1
sull’acciaio. Queste prestazioni sono riferite alla resistenza meccanica, ma non al logorio né tanto
meno alla temperatura: non esistono ingranaggi in kevlar, o parti di motore in tal materiale. Inoltre,
la resistenza alla penetrazione, quando usato per protezione, è valida contro i proiettili, meno con-
tro le baionette e i coltelli (per quanto la cosa possa sorprendere) cosicché i giubbotti attuali utiliz-
zano inserti con pannelli di titanio per coprire tutte le minacce. La combinazione kevlar-leghe leg-
gere alluminio o titanio che siano, è presente anche a bordo di molte macchine volanti, specie do-
ve il peso sia da limitarsi al massimo. Per cui fibre sintetiche come il kevlar, il meno famoso no-
mex, fibre di carbonio, leghe leggere di alluminio, magnesio e titanio sono le principali utilizzate
per gli elicotteri moderni.
I principali vantaggi delle fibre aramidiche sono: alta tenacità, buona inerzia chimica ed elettro-
magnetica, basso peso specifico, elevata resistenza e modulo elastico.
t 1.11. Le matrici
nonostante l’alto valore della resistenza e del modulo elastico, le fibre non avrebbero importan-
za se non fosse possibile dare al pezzo da progettare una forma stabile. a questa funzione provve-
de la matrice che, inglobando le fibre, assume nello stesso tempo il compito di dare la forma al pez-
zo e proteggere le fibre stesse dall’ambiente esterno. come già detto si distinguono matrici plasti-
che, metalliche e ceramiche.
una volta raffreddate riacquistano tutte le loro proprietà e quindi presentano il vantaggio di poter es-
sere rimodellate anche dopo la polimerizzazione. Il diverso comportamento è dovuto alla struttura
delle molecole polimeriche e precisamente alla distribuzione spaziale dei monomeri di diverso tipo
ed al grado di cristallinità. L’applicazione dei termoplastici è ostacolata dalle basse temperature di
esercizio e quindi vengono utilizzati per ottenere in maniera semplice e veloce geometrie anche com-
plesse, mentre i termoindurenti possono essere impiegati in un vasto range di temperature.
sebbene sia opinione di molti che il futuro riservi un ruolo di primo piano ai compositi a matri-
ce termoplastica, molto lavoro dovrà essere fatto prima che quest’ultimi trovino un impiego esten-
sivo in campo strutturale. Le matrici plastiche (resine) di tipo termoindurente più importanti sono
le poliestere, epossidiche, fenoliche e siliconiche.
Le matrici termoindurenti normalmente usate nel campo dei compositi, si presentano, prima
della messa in opera, sotto forma di liquido più o meno viscoso. In tali condizioni esse non hanno
ancora subito reticolazione, affinché quest’ultima inizi si aggiungono al polimero degli opportuni
agenti che sono detti catalizzatori nel caso di matrici poliestere, induritori o indurenti negli altri ca-
si. Il tempo occorrente per la reticolazione può essere regolato mediante l’aggiunta di acceleranti o
inibitori. a parità di composto tale tempo è però nettamente influenzato dalla temperatura, diminuen-
do al crescere di essa.
agendo opportunamente sulla quantità e sul tipo di catalizzatori, induritori, acceleranti ed inibitori,
si possono ottenere a seconda delle necessità matrici con tempi di polimerizzazione molto brevi (pochi
minuti) anche a temperatura ambiente o viceversa molto lunghi (diverse ore) ad alta temperatura.
Il tipo di matrice ha scarsa influenza sulle proprietà meccaniche e statiche del composito nella
direzione delle fibre. La matrice è però il componente a diretto contatto con l’ambiente in cui il com-
posito deve lavorare e ne determina pertanto:
– la resistenza alla corrosione;
– la resistenza al calore;
– la resistenza all’abrasione.
In tutte le applicazioni (contenitori di liquidi corrosivi o di prodotti alimentari, parti automobi-
listiche, ecc.) in cui queste proprietà sono richieste, assume una grande importanza la ricerca del giu-
sto tipo di resina.
Di seguito si riportano le proprietà delle principali matrici termoindurenti.
dilizia. Il rischio legato all’attività più conosciuto nell’industria di trasformazione delle resine po-
liestere è l’esposizione allo stirene.
In queste applicazioni sono impiegate prevalentemente in unione con fibre di vetro. tale espo-
sizione avviene principalmente attraverso l’inalazione di vapori di stirene. Poiché lo stirene è una
sostanza che produce effetti neurotossici, devono essere prese misure di protezione per minimizza-
re il livello di esposizione.
nelle tecnologie a stampo aperto come la laminazione manuale, il taglio e spruzzo ed il fila-
ment winding, la concentrazione di stirene può superare facilmente la concentrazione massima per-
messa. Quando la ventilazione sul posto di lavoro risulta insufficiente (ciò può essere misurato uti-
lizzando gli opportuni strumenti oggi disponibili), dovranno allora essere utilizzati i dispositivi di
protezione per le vie respiratorie.
strutture da rinforzare. Le malte possono essere inoltre miscelate con resine epossidiche o altre ti-
pologie di resine sintetiche a seconda che sia prioritario garantire il mantenimento della massima
traspirabilità del supporto come nel caso di supporti murari, o garantire alte prestazioni meccaniche
e di adesione al supporto, come nel caso di rinforzi di strutture in cLs.
caPItoLo 2
Processi di fabbricazione
3. Filament winding;
4. Pultrusione;
5. Vacuum Infusion (RIft);
7. Produzione in autoclave.
da produrre. L’indurimento della resina viene ottenuto inserendo il componente in forno od auto-
clave. I fattori fondamentali che governano questa tecnologia produttiva e che influiscono in ma-
niera determinante per l’ottenimento delle caratteristiche del prodotto composito finale sono:
a) il tipo di avvolgimento;
b) il tipo di impregnazione;
c) il tipo di mandrino;
d) il tipo di macchina;
e) il tipo di processo di polimerizzazione.
2.3.1. L’avvolgimento
fondamentale è l’angolo di avvolgimento, definito come l’angolo compreso tra la direzione dei
filamenti e la tangente al meridiano del mandrino. Le fibre vengono avvolte sul mandrino, ruotan-
te intorno al suo asse con una determinata velocità angolare, mediante l’ausilio di un braccio mec-
canico, dotato di un occhiello di deposizione, che si muove ad una precisa velocità su di un asse pa-
rallelo a quello del mandrino. Il rapporto fra la velocità angolare del mandrino e quella del braccio
determina, istante per istante, l’angolo di avvolgimento, che può quindi essere variato a piacimen-
to agendo su questi due parametri.
2.3.2. L’impregnazione
Vengono utilizzate due metodologie di avvolgimento, quello bagnato e quello secco. nel primo
metodo l’impregnazione viene effettuata sul filamento appena prima di essere avvolto sul mandri-
no attraverso il passaggio in una vaschetta contenente la resina; ciò impone una velocità di lavora-
zione non troppo elevata per garantire l’adeguata impregnazione del filamento. Il secondo metodo
è invece quello che fa uso di prepreg, ossia di filamenti preimpregnati di resina già sottoposta a
parziale polimerizzazione (in questo caso il processo prende il nome di wrapping). In questo caso
si ha la possibilità di raggiungere una velocità di produzione più elevata, non più limitata da pro-
blemi di bagnabilità delle fibre.
L’utilizzo dei prepreg, pur generando un maggior costo iniziale, garantisce l’ottenimento di pro-
dotti di elevata qualità. Inoltre con i prepreg possono essere utilizzati tutti i tipi di resine, compre-
se quelle aventi una viscosità tale da non poter essere utilizzate per l’impregnazione diretta dei fi-
lamenti in fase di avvolgimento.
2.3.3. Il mandrino
tale componente è fondamentale per l’ottenimento della giusta geometria del pezzo. esso può
essere metallico (acciaio o alluminio), plastico o anche in gesso, e può essere fisso e amovibile. nel
caso il mandrino è fisso esso rimane all’interno del pezzo divenendo parte integrante di esso, men-
tre nel caso invece in cui esso debba essere rimosso, ciò sarà possibile estraendolo, se la forma del
pezzo lo consente, oppure sciogliendolo se realizzato in materiale adatto per questa eventualità.
Il mandrino, comunque sia fatto, deve essere in grado di sopportare la compressione esercitata
su di esso dalla tensione con cui il filamento è avvolto sul mandrino (parametro anch’esso molto
importante per il raggiungimento di un prodotto di elevata qualità).
28 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
2.3.4. Le macchine
Possono essere di due tipi:
– ad asse orizzontale, utilizzata per la realizzazione di avvolgimenti elicoidali;
– ad asse verticale, utilizzata per la realizzazione di avvolgimenti polari e preferita per pezzi
di grandi dimensioni.
tale macchina oltre alla funzione di avvolgimento, deve essere dotata di un altro braccio che rea-
lizza la pulizia del pezzo prima di poter realizzare il confinamento.
t 2.4. Pultrusione
Il significato del termine pultrusione è estremamente chiaro se si pensa allo schema tecnologi-
co di base del processo. Intatti, mentre l’estrusione dell’alluminio o dei termoplastici si realizza
mediante un’azione di spinta sul materiale per costringerlo a passare attraverso lo stampo, nel caso
dei plastici rinforzati, la stessa forma può essere ottenuta esercitando una forza di tiro (pull) sulle
fibre costringendole a passare, dopo essere state bagnate con la resina, nello stampo. Quindi, l’a-
zione di spinta tipica dell’estrusione viene sostituita dall’azione di tiro (pull), da cui il termine pul-
trusion, diventando in italiano pultrusione.
La tecnologia della pultrusione è caratterizzata dalla continuità della produzione; quando il si-
stema è dotato di una sega automatica di tipo “volante”, la produzione avviene con un intervento
2. PRocessI DI faBBRIcazIone 29
umano minimo, ridotto all’avvio e alla verifica di eventuali interruzioni nell’alimentazione del rinfor-
zo nonché del livello della resina nella vaschetta d’impregnazione. La tecnologia sta trovando solo
di recente applicazioni industriali significative, ma in realtà la prima applicazione si è avuta attor-
no al 1948 e il primo brevetto risale al 1951. l primi manufatti prodotti mediante pultrusione erano
tondini a elevata finitura, i quali ancora oggi rappresentano il tipo di produzione più diffusa.
L’elevata resistenza a trazione e l’elevata percentuale di rinforzo ottenibile, combinata ad altre
importanti proprietà come isolamento elettrico, resistenza alla corrosione e basso peso, hanno am-
pliato il ventaglio dei prodotti pultrusi ad applicazioni come canalette portachiavi, barre per isola-
tori, stramazzi per impianti di trattamento liquami, passerelle, piattaforme e parapetti, scale, tubi
per sezionatori e fusibili, barriere autostradali, antenne per cB, travi strutturali e tante altre ancora.
Il processo richiede un rinforzo fibroso, essenzialmente continuo, e una resina a bassa viscosità, ge-
neralmente un termoindurente liquido.
Il rinforzo di gran lunga più usato è il roving di vetro; solo recentemente, e per ragioni di costi
limitatamente a casi particolari, sono stati impiegati rinforzi in carburo e fibre aramidiche. Questi
stessi rinforzi vengono anche impiegati in compositi ibridi con il vetro.
Lo schema di base del processo è:
a) alimentazione del rinforzo;
b) impregnazione;
c) preformatura;
d) formatura e polimerizzazione;
e) tiro;
f) taglio;
g) postformatura.
Molti produttori preferiscono tirare il filo di vetro dall’interno della bobina piuttosto che dall’e-
sterno, al fine di dare un andamento leggermente elicoidale; comunque, quest’effetto è minimo.
L’estremità finale di una bobina può essere legata a quella iniziale della successiva dando conti-
nuità all’alimentazione. I fili di vetro vengono tenuti separati facendoli passare attraverso opportu-
ne guide del tipo ad anello, generalmente di materiale ceramico o metallico con riporto in cromo,
per realizzare una ridotta azione abrasiva sul filo stesso e aumentare la durata della guida. non so-
no rari i casi di rastrelliere in vetroresina, prodotte anche assemblando elementi pultrusi.
Insieme al roving viene usato il mat, in forma di nastri di varia larghezza avvolti in rotoli lun-
ghi intorno ai 90-100 metri. I rotoli di mat vengono forniti in larghezze standard, che molto spesso
non rispondono adeguatamente alle necessità del produttore.
Per questo motivo, molte aziende preferiscono ordinare i rotoli nella larghezza ordinaria di for-
nitura, evitando anche il prezzo aggiuntivo che si paga per il taglio, e provvedere esse stesse all’o-
perazione. nel taglio si tiene conto anche del ritiro che il materiale subirà.
Roving e mat costituiscono i rinforzi più largamente impiegati nella fabbricazione di sezioni
piane o con pareti sottili. Molto frequente è il caso di produttori che realizzano sandwich combi-
nando uno strato di roving fra due di mat. Il mat è caratterizzato da una resistenza insufficiente a
passare attraverso il bagno di resina senza l’azione di supporto della resistenza del roving.
Il problema, particolarmente pesante in passato, tende oggi a esser meno sentito. L’estremità fina-
le di un rotolo di mat può essere cucita a quella iniziale del rotolo successivo, operazione che viene
compiuta a mano. ogni rotolo, alla velocità media di pultrusione, dura da 1 a 3 ore; pertanto, se si usa-
no molti rotoli contemporaneamente, l’operazione di cucitura può essere tanto frequente da risultare
onerosa. Il mat deve essere maneggiato con più attenzione e guidato con più cura rispetto al roving.
2.4.2. Impregnazione
Le resine per pultrusione sono, nella generalità dei casi, poliesteri insaturi, ma non mancano esem-
pi di applicazioni di epossidiche e siliconiche per applicazioni speciali e limitate. Le matrici a base di
poliesteri sono costituite da esteri tra acidi insaturi e glicoli, disciolti in un monomero polimerizzabi-
le (stirene) capace di consentire la formazione di un reticolo tridimensionale per polimerizzazione.
Le resine epossidiche vengono impiegate quando è richiesto l’impiego di rinforzi in carbonio.
L’uso di una matrice poliestere con questo tipo di rinforzo darebbe luogo, infatti, a un composito
con proprietà meccaniche decisamente inferiori. In particolare, risulterebbero penalizzate la resi-
stenza a fatica e al taglio. un ulteriore problema, da non sottovalutare, si riferisce alla volatilità del-
lo stirene; sarebbe pertanto preferibile l’impiego di monomeri o di compositi a bassa volatilità. nel-
la gamma dei poliesteri impiegati, assumono rilievo particolare le formulazioni cosiddette low pro-
file, le quali contengono resine acriliche, allo scopo di ridurre, l’effetto di ritiro. Le epossidiche
complessivamente più adatte al processo di pultrusione sono i diglicileteri del bisfenolo a (DGeBa).
Il livello di riempitivi, quando presenti, può arrivare a un massimo del 20% circa. I tipi più usa-
ti sono carbonati di calcio, antimonio triossido, allumina triidrata, ecc... La quantità dei riempitivi
è limitata dalla viscosità della resina: a livelli troppo elevati di riempitivi, possono esserci problemi
nell’impregnazione del roving. spesso la resina viene addizionata con pigmenti al fine di ottenere
un prodotto finito opportunamente colorato e/o con una migliore resistenza ai raggi ultravioletti. Le
vaschette di impregnazione hanno larghezza variabile e lunghezza generalmente compresa fra poco
meno di 1 metro fino a circa 2. Il percorso del rinforzo nella vaschetta viene guidato attraverso un
2. PRocessI DI faBBRIcazIone 31
certo numero di rulli, che inducono a un percorso a zig-zag nei riguardi della profondità. In alcuni
casi, si fanno passare i fili fra coppie di rulli che schiacciano il filo stesso aprendolo e facilitando
una migliore penetrazione della resina fra le fibre. nel caso generale di più lamine, le coppie di la-
mine devono essere impregnate separatamente e in parallelo e accoppiate dopo l’impregnazione. Il
volume di resina nella vaschetta viene tenuto al livello minimo compatibile con la buona riuscita
dell’operazione e periodicamente rabboccato.
In tal modo, si cerca di evitare consumi eccessivi di resina e il rischio di polimerizzazioni prema-
ture, possibili anche per l’effetto massa. La viscosità della resina viene mantenuta, mediamente, fra i
200 e i 1.200 centipoise. In qualche caso, per aumentare la viscosità e migliorare la capacità di bagna-
re le fibre, si riscalda la vaschetta, ma ciò comporta una riduzione del tempo di lavoro della resina.
esistono alternative al sistema d’impregnazione descritto; per esempio, una società tedesca ha
brevettato, nel 1971, un sistema per l’impregnazione mediante iniezione della resina, a pressione di
6 atm, attraverso la trafila. Questo sistema è stato applicato per la produzione di tubi di medie ca-
ratteristiche meccaniche, pigmentati e con strato di gel-coat.
2.4.3. Preformatura
La formatura del profilo pultruso è, nei casi più frequenti, difficile o impossibile da ottenere in
una sola operazione, ma va realizzata gradualmente, portando il rinforzo impregnato ad assumere
la forma finale passando per forme intermedie. Lo scopo delle attrezzature di preformatura è, appun-
to, di favorire una graduale formatura, favorendo, nello stesso tempo, un migliore allineamento del-
le fibre e un recupero della resina in eccesso. Queste attrezzature, anche se non sono indispensabi-
li per tutti i profili, costituiscono in ogni caso un utilissimo accorgimento per il miglioramento del-
la qualità della produzione.
Le attrezzature di preformatura non devono essere necessariamente complicate, anzi, nei casi più
comuni ci si può limitare a piastre opportunamente disposte e al passaggio attraverso asole di for-
ma adeguata. nella quasi totalità dei casi le guide di preformatura vengono realizzate in proprio,
impiegando materiali plastici o metalli teneri. In qualche caso l’ugello di preformatura ha la stessa
forma della trafila principale, ma con dimensioni maggiorate del 5-10%.
dal tipo di resina da impiegare. La lunghezza aumenta, quando devono essere prodotte sezioni mol-
to sottili oppure si devono realizzare cadenze di produzione elevate. naturalmente, a parità di com-
plessità, il costo della trafila aumenta proporzionalmente alla sua lunghezza.
È vantaggioso progettare lo stampo con l’ingresso e l’uscita perfettamente intercambiabili, in
modo da girarlo allorquando nella zona d’ingresso, che è la parte maggiormente sottoposta ad usu-
ra, sono stati superati i limiti di tolleranza. La trafila deve essere disposta perfettamente parallela al
proprio asse ed allineata con i sistemi di pre e post-formatura. La zona d’ingresso deve possedere
una rastrematura di circa 7-10°, destinata all’eliminazione della resina in eccesso. Questo accorgi-
mento diventa meno importante quando è stato realizzato un sistema di preformatura dotato di ef-
ficace dispositivo di asportazione dell’eccesso di resina.
La deposizione dello strato di cromo può arrivare a raddoppiare la durata di uno stampo. come
valore generale si può dire che una filiera deve poter produrre mediamente fra 20.000 e 30.000 me-
tri di pultruso prima di essere cromato nuovamente. comunque questa operazione non può essere
condotta un numero indefinito di volte, dal momento che viene intaccato il substrato metallico del-
la filiera vera e propria. La levigatezza dello stampo è critica, soprattutto nelle zone dove la resina
ha gelificato, ma non ha ancora raggiunto la durezza finale.
se la resina viene rigata da irregolarità sulla superficie dello stampo, ne risulterà non solo una
finitura superficiale del manufatto più o meno carente, ma la resina asportata può essere inglobata
in altre zone superficiali del pultruso o intasare lo stampo stesso. Qualche volta si ricorre ad una
pultrusione intermittente, allo scopo di realizzare una polimerizzazione uniforme contemporanea-
mente per tutta la lunghezza dello stampo. In questo caso, la parte iniziale della trafila deve essere
raffreddata per evitare che gelifichi la resina all’esterno dello stampo e in prossimità di questo.
Le trafile sono realizzate comunemente in due parti separate secondo un piano orizzontale pa-
rallelo alla direzione di pultrusione. nel caso delle sezioni più semplici, per tondini, si ricorre a stam-
pi monoblocco, ottenuti forando e levigando il foro, che può essere cromato con tecniche speciali.
La finitura superficiale del manufatto risente positivamente dell’assenza della linea di giunzione pre-
sente negli stampi in più parti.
nella progettazione della trafila bisogna tener ben presenti i problemi relativi all’espansione ter-
mica del materiale in fase di polimerizzazione e al successivo ritiro. tanto per chiarire le idee, si
può dire che, per un materiale composito in resina epossidica e rinforzo di carbonio, mediamente
le dimensioni dello stampo vengono maggiorate, per il tratto in cui è richiesto, di circa il 2%. In
questo modo le dilatazioni termiche del materiale non portano all’instaurarsi di pericolose solleci-
tazioni di taglio.
all’interno della filiera ha luogo la fase più delicata di tutto il processo: la polimerizzazione. Da
essa dipendono in gran misura sia la qualità del prodotto finale, sia la cadenza di produzione com-
plessiva. La fase deve essere condotta in modo tale da essere sicuri che la storia tempo-temperatu-
ra della matrice consenta un adeguato livello di polimerizzazione, prima che il materiale venga af-
ferrato dal sistema di tiro. Inoltre, è necessario controllare che il rinforzo bagnato, nel suo passag-
gio attraverso la filiera, non determini sollecitazioni di taglio all’interfaccia con la parete metallica
di entità superiore alle sue capacità di resistenza in quello stadio.
Il riscaldamento del materiale nella filiera avviene, nella generalità delle applicazioni, per condu-
zione attraverso la filiera. Questa è a sua volta riscaldata mediante piastre esterne o resistenze elet-
triche poste al suo interno. Quest’ultima soluzione è naturalmente più costosa della precedente. altri
metodi di riscaldamento, meno frequenti, fanno uso di sistemi radianti o a circolazione di olio caldo.
2. PRocessI DI faBBRIcazIone 33
In ogni caso, per assicurare l’uniformità e la ripetibilità delle proprietà in tutti i punti del manu-
fatto e per ogni turno di lavoro, il controllo della temperatura, che mediamente è compresa tra i 150
e i 170 °c, deve essere realizzato con tolleranze massime di 1 °c.
La velocità di polimerizzazione può essere aumentata attuando un preriscaldamento dielettrico del
materiale a seguire immediatamente la fase d’impregnazione. In tali sistemi, il dispositivo a microon-
de inizia la reticolazione, con un riscaldamento che procede dall’interno della massa di resina e fibre
verso l’esterno, mentre il sistema di riscaldamento successivo, generalmente di tipo elettrico, com-
pleta l’indurimento, con un riscaldamento che stavolta va dall’esterno verso l’interno della massa. Il
risultato è una grande uniformità di proprietà e una maggiore velocità di produzione. Le radio-fre-
quenze impiegate vanno normalmente da 45 a 500 Mhz. Per certe matrici termoindurenti è possibi-
le impiegare microonde della banda di frequenza comprese fra 950 e 5.200 Mhz. Per le resine epos-
sidiche si usano frequenze nel campo 1.000-2.000 Mhz; per quelle poliestere nel campo 40-70 Mhz.
2.4.5. Postformatura
I dispositivi di postformatura hanno lo scopo di assicurare il corretto allineamento della sezione
del prodotto in uscita dalla trafila, compensando eventuali tensioni laterali che potrebbero determi-
nare curvature del profilato. Queste attrezzature sono costituite essenzialmente da coppie di puleg-
ge o rulli, montati perpendicolarmente fra loro e regolabili in larghezza. L’allineamento di questi
dispositivi con la trafila e con le attrezzature di preformatura è essenziale per il raggiungimento di
un elevato livello qualitativo della produzione. In alcuni casi estremi può essere richiesto l’allinea-
mento mediante raggi laser.
na fa partire il segnale di assenso per la sega. Per tolleranze molto strette, bisogna ricorrere a siste-
mi più sofisticati o a operazioni fuori linea.
2.4.7. Controlli
La frequenza e l’accuratezza dei controlli è dettata dalle specifiche e dalle dimensioni del pro-
dotto nonché dalla potenzialità dell’impianto.
nei casi più comuni, i controlli effettuati sono i seguenti:
– viscosità e tempo di gel della resina nella vaschetta di impregnazione; periodicamente va con-
trollato il livello;
– temperatura della resina all’ingresso dello stampo;
– temperatura in almeno tre punti equidistanti della sua lunghezza;
– temperatura all’uscita dello stampo;
– velocità di avanzamento.
nell’ambito dell’ingegneria civile i prodotti pultrusi di maggiore impiego solo le lamine e i pro-
filati a t o a c.
Gli stampi per le tecnologie di tipo infusion pur essendo uguali a quelli utilizzati per l’RtM non
necessitano di nervature o di altri elementi per essere rinforzati perché le pressioni di iniezione so-
no comunque basse.
È importante, infine, ricordare che tra lo stampo e la pompa per il vuoto andrà installato un ser-
batoio di raccolta della resina in eccesso proveniente dallo stampo per evitare che questa possa di-
sturbare il funzionamento della pompa.
I sacchi utilizzati nel RIft sono essenzialmente di quattro tipi: in nylon, in polypropilene, in
gomma siliconica ed in polyetilene a bassa densità. Le proprietà in base alle quali si giudicano i va-
ri tipi sono la rigidità, la resistenza ai solventi e la resistenza ai picchi esotermici delle resine.
Il distributore necessita di manutenzione dopo ogni ciclo di polimerizzazione della resina do-
vendo essere ripulito per riutilizzarlo e quindi di relativi costi aggiuntivi.
2. PRocessI DI faBBRIcazIone 37
caPItoLo 3
mento e monitoraggio. talvolta è necessario applicare rivestimenti protettivi contro l’erosione, i dan-
neggiamenti di superficie e le fulminazioni.
I materiali convenzionali, di solito metalli, sono soggetti alla corrosione in ambiente aggressi-
vo. Difetti e incrinature possono formarsi nell’uso e possono crescere e propagarsi fino a cedimen-
ti catastrofici. anche se il rilevamento di questi difetti può essere più facile al contrario non è faci-
le poi riparare i materiali convenzionali.
I principali vantaggi dell’utilizzo dei materiali compositi sono i seguenti:
I materiali compositi possono essere più resistenti e – specialmente nel caso dei compositi a fi-
bra di carbonio – più rigidi dei materiali da costruzione tradizionali. conseguentemente, quando
per uno specifico progetto, il peso della struttura diventa rilevante, i compositi possono risultare mol-
to attrattivi grazie alla loro minore densità. La resistenza specifica (resistenza/densità) dei compo-
siti può assumere valori fino a quattro volte superiori rispetto a quelli esibiti dai materiali tradizio-
nali; il loro modulo di elasticità normale specifico (modulo/densità) fino al doppio. ciò significa che,
a parità di rigidezza, una struttura di materiale composito può arrivare a pesare circa la metà di un’al-
tra realizzata con un materiale da costruzione tradizionale. La natura delle fasi che costituiscono il
composito contribuisce in maniera determinante alla formazione delle proprietà finali del materia-
le. tuttavia, per ottenere un composito ad elevata resistenza meccanica, non è sufficiente utilizzare
fibre “resistenti”: è anche indispensabile garantire una buona adesione tra la matrice ed il rinforzo.
L’adesione viene di solito promossa mediante l’impiego di un terzo componente, che, applicato in
strato molto sottile sulla superficie delle fibre, la rende compatibile con la matrice organica. Le fi-
bre più usate per la produzione di materiali compositi sono quelle di vetro, di carbonio e le fibre
aramidiche. La particolare geometria filiforme, ancorché molto versatile per la realizzazione dei com-
positi, conferisce a tali materiali caratteristiche di rigidezza e di resistenza molto più elevate di
quelle possedute dagli stessi materiali quando siano utilizzati in configurazione tridimensionale:
ciò è dovuto alla minore densità di difetti che tipicamente compete alla configurazione monodi-
mensionale rispetto a quest’ultima.
nonostante i numerosi vantaggi sopra evidenziati, un aspetto importante da non trascurare nel-
la progettazione del rinforzo di un elemento strutturale è la valutazione delle alternative possibili e
praticabili. La circostanza che un particolare tipo di intervento possa essere portato a termine con
l’utilizzo di materiali fibrorinforzati non è, in generale, condizione sufficiente a garantire che esso
rappresenti la migliore soluzione possibile, vanno quindi analizzati accuratamente vantaggi e svan-
taggi di tali applicazioni in relazione allo stato di fatto della struttura, alle altre tipologie di rinforzi
realizzabili ed ad un’accurata analisi tecnico-economica.
3. sceLta DeL sIsteMa coMPosIto 41
lici selezionati, ottenuta per cottura di materie prime a bassa temperatura (< 900 °c) al fine di ga-
rantirne la piena compatibilità con le strutture da rinforzare. Le malte possono essere inoltre misce-
late con resine epossidiche o altre tipologie di resine sintetiche a seconda che sia prioritario garanti-
re il mantenimento della massima traspirabilità del supporto come nel caso di supporti murari, o ga-
rantire alte prestazioni meccaniche e di adesione al supporto, come nel caso di rinforzi di strutture
in cLs. nei materiali compositi fRG solitamente la fase fibrosa è costituita da reti bilanciate (tra-
ma e ordito si equivalgono) termosaldate ad esempio con filamenti di poliestere, tali reti presentano
solitamente una maglia minima di otto millimetri per garantire il passaggio della malta di impregna-
zione da una parte all’altra del tessuto. nel caso di tessuti fRG spesso non si riesce a parlare di ve-
ra e propria impregnazione della fibre ma più precisamente le fibre vengono in gran parte inglobate
nella matrice, ciò determina quindi una minore distribuzione di carico rispetto al caso degli fRP e
richiede quindi un passo della maglia non troppo ridotto per evitare fenomeni di distacco dal sup-
porto per delaminazione. I principali vantaggi dell’utilizzo degli fRG sono la maggiore resistenza
alle alte temperature che non è vincolata alla temperatura di transizione vetrosa delle resine epossi-
diche che costituiscono la matrice degli fRP e sRP e la maggiore traspirabilità del supporto.
raggiungere con il sistema di rinforzo scelto. La tecnica di rinforzo fRP mediante utilizzo di fibre
ad alta resistenza impregnate in una matrice polimerica presenta diversi fattori che possono influen-
zare il corretto funzionamento del sistema. Infatti, le resine epossidiche utilizzate per questa funzio-
ne (di tipo bicomponente) obbligano le maestranze di cantiere ad alcune precauzioni di fondamen-
tale importanza per la buona riuscita dell’intervento di rinforzo. Molte delle problematiche presen-
ti nei sistemi fRP sono superabili con l’utilizzo di sistemi sRG o sRP ma gli fRP risultano comun-
que i sistemi che garantiscono le maggiori caratteristiche meccaniche e di aderenza al supporto.
particolarmente sentito nella stesura della mano di Primer, che viene applicata prima dell’applica-
zione vera e propria del rinforzo composito (matrice più fibra). Il Primer, che ha funzione di ponte
chimico di aggrappo fra la struttura e il rinforzo composito, è costituito da una resina epossidica bi-
componente particolarmente fluida, in grado di penetrare in profondità attraverso i capillari della
superficie. La presenza di acqua all’interno dei medesimi capillari impedisce la penetrazione della
resina, nonché il suo indurimento.
miche, all’usura e alle alte temperature (fino a 140 °c). trattando il sistema composito con questi
prodotti si crea un rivestimento a film continuo, antiacido e impermeabilizzante.
t 3.16. radiotrasparenza
Importante caratteristica dei sistemi compositi è l’elevata radiotrasparenza in particolar modo per
i sistemi compositi tipo GfRP.
La radio trasparenza delle strutture realizzate in GfRP risulta notevolmente vantaggiosa nella
realizzazione di strutture caratterizzate dalla presenza di antenne radio, nelle zone aeroportuali e
dovunque possano sussistere interferenze con apparecchiature elettroniche di trasmissione. struttu-
re radiotrasparenti possono essere realizzate sia armando elementi in calcestruzzo con barre in GfRP
sia realizzando strutture integralmente costituite da profili pultrusi in GfRP.
47
caPItoLo 4
gno 2009, n. 3779; ulteriori chiarimenti e dettagli relativi alle tipologie di intervento ammesse a fi-
nanziamento sono riportate negli Indirizzi pubblicati il 17 luglio 2009.
Il testo e gli schemi riportati in questo documento vogliono costituire un supporto al tecnico che
debba affrontare il delicato problema del rafforzamento locale antisismico di elementi strutturali e
non strutturali a seguito del terremoto del 6 aprile 2009.
Queste linee guida presentano possibili soluzioni per l’esecuzione di interventi ricadenti nelle se-
guenti categorie:
1) riparazione di elementi non strutturali danneggiati;
2) riparazione locale di elementi strutturali;
3) interventi su tamponature e paramenti esterni non danneggiati volti a prevenire crolli perico-
losi per l’incolumità delle persone;
4) interventi di rafforzamento locale di singole parti e/o elementi di strutture in cemento arma-
to e muratura, ai sensi dell’articolo 8.4.3 del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 e della
relativa circolare n. 617 del 2 febbraio 2009.
Le tipologie di intervento proposte e dettagliate in queste linee guida possono, naturalmente, adot-
tarsi anche negli interventi sugli edifici molto danneggiati. In tal caso, gli interventi di rafforzamen-
to locale di singole parti o di elementi strutturali andranno concepiti e valutati in un approccio pro-
gettuale complessivo di miglioramento sismico, così come previsto nell’o.P.c.M. n. 3790 del 9 lu-
glio 2009 e nei relativi indirizzi del commissario delegato.
L’impostazione di queste linee guida è congruente con la natura degli interventi previsti
nell’o.P.c.M. 6 giugno 2009, n. 3779. La ripetitività di alcuni meccanismi di collasso, poco consi-
derata nelle normative passate, richiede interventi mirati innanzitutto a eliminare quelle carenze
originarie della progettazione (o “non progettazione” nel caso di edifici in muratura più vecchi) de-
gli anni passati, che comunque pregiudicano e vanificano qualsiasi analisi strutturale accurata che
non ne tenesse conto. ci si riferisce, ad esempio, alle debolezze dei nodi trave-pilastro esterni nei
telai in c.a., piuttosto che alla fragilità e allo scarso collegamento delle tamponature e delle parti-
zioni in laterizio rispetto all’ossatura in c.a., oppure alla debolezza dei collegamenti delle pareti
portanti nelle strutture in muratura, che facilitano l’innesco di meccanismi di ribaltamento.
In queste linee guida oltre agli interventi sulle parti strutturali, sia di riparazione che di raffor-
zamento locale ai fini delle azioni sismiche e dei carichi di servizio, si esaminano anche quegli in-
terventi sulle parti non strutturali, in particolare tamponature e tramezzature, che, per il loro peso e
la loro posizione, possono determinare un pericolo non secondario per l’incolumità delle persone,
anche nel caso in cui la struttura non subisca danni significativi.
nella scelta degli interventi di rafforzamento locale non si può, comunque, prescindere da un’a-
nalisi qualitativa complessiva delle caratteristiche delle parti strutturali e delle parti non strutturali
pericolose e del danneggiamento presente, per impostare un progetto di riparazione e rafforzamen-
to locale volto ad eliminare o ridurre drasticamente le debolezze e le carenze che possano compro-
mettere un corretto comportamento d’insieme della struttura. L’analisi quantitativa, in tal caso, è fi-
nalizzata unicamente a definire l’incremento di resistenza o duttilità locale conseguita con l’inter-
vento. ovviamente, quando gli interventi di riparazione e rafforzamento locale realizzano un com-
plessivo intervento di miglioramento sismico, così come è codificato nelle norme tecniche per le
costruzioni e come è previsto dall’ordinanza del Presidente del consiglio dei Ministri 9 luglio 2009,
n. 3790, per gli edifici fortemente danneggiati, l’analisi quantitativa deve essere effettuata sull’in-
tera struttura, per determinarne i livelli di sicurezza globale mediante calcoli strutturali.
50 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
Dall’analisi qualitativa delle carenze deve derivare un’attenta definizione concettuale degli in-
terventi locali da effettuare, cui deve seguire la scelta della tecnologia più idonea, scelta che può
derivare da aspetti sia economici che realizzativi, con riferimento alle caratteristiche geometriche
degli elementi su cui occorre intervenire e di interazione con altri elementi costruttivi. È però im-
portante che il progettista riesca sempre a diagnosticare quali possano essere le cause di debolezza
delle singole parti e individui o adatti alla situazione l’intervento e la tecnologia più idonea ad eli-
minarle o ridurle drasticamente.
In pratica il progettista deve tener conto che gli interventi di rafforzamento locale, pur non ri-
chiedendo l’analisi quantitativa della sicurezza globale dell’opera, dovranno realizzare un miglio-
ramento del comportamento sismico della struttura in c.a. attraverso:
– la riduzione del rischio d’innesco di meccanismi fragili, quali:
– rottura dei nodi trave-pilastro dovuta alle azioni trasmesse direttamente dalle travi e dai
pilastri convergenti nel nodo stesso, che tipicamente avviene per una prevalente solleci-
tazione tagliante nel pannello di nodo;
– rottura del collegamento nodo-pilastro inferiore per scorrimento in corrispondenza della
ripresa di getto o per taglio all’estremità superiore del pilastro determinata dalla compo-
nente tagliante della forza di puntone equivalente trasmessa dal pannello di tampona-
mento della maglia strutturale;
– rottura per taglio alle estremità delle travi;
– rottura per taglio dei cosiddetti pilastri corti, tipicamente presenti nelle scale o determi-
nati dalla presenza di finestrature a nastro con muratura di tamponamento robusta;
– l’incremento della duttilità delle estremità dei pilastri, nelle quali normalmente si concentra-
no forti richieste di duttilità.
L’aggiunta di un rinforzo su di una struttura esistente modifica lo stato tensionale del supporto
sul quale viene applicato; per questo motivo l’intervento deve, in ogni caso, essere perfettamente
controllato dal progettista.
Per tali ragioni la progettazione deve essere accompagnata da una accurata indagine sia sulla qua-
lità dei materiali impiegati, sia sulle caratteristiche del supporto sul quale si deve operare.
si ricorda che nella parte generale del D.M. 9 gennaio 1996 al punto 5, è scritto: «nella proget-
tazione si possono adottare metodi di verifica e regole di dimensionamento diverse da quelli conte-
nuti nelle presenti norme tecniche, purché fondati su ipotesi teoriche e risultati sperimentali scien-
tificamente comprovati, purché sia comprovata una sicurezza non inferiore a quella qui prescritta».
nel D.M. 16 giugno 1996 al punto c.9.3.2. “Provvedimenti tecnici di adeguamento o di miglio-
ramenti intesi ad aumentare la resistenza strutturale”, secondo capoverso, si legge: «Possono usar-
si anche tecniche di intervento non ivi esplicitamente menzionate, purché risultino, sulla base di ade-
guata documentazione, di eguale efficacia».
nello stesso Decreto, al punto c.9.4. “collaudo degli interventi di adeguamento” si legge: «Il
collaudo, da eseguirsi in corso d’opera, deve tendere ad accertare che la realizzazione degli inter-
venti sia avvenuta conformemente alle prescrizioni progettuali. Il collaudo deve essere basato sulle
risultanze di saggi e di prove sia in situ che su campioni, in laboratorio».
sostanzialmente, quindi, in Italia è ammessa, almeno in linea di principio, la libera progettazio-
ne, purché sia fondata su basi scientificamente corrette e sia corredata da verifiche sperimentali.
L’approccio della “progettazione assistita dalla sperimentazione” (design by testing) è la forma
più appropriata per la progettazione d’interventi di rinforzo, dove i parametri in gioco sono molte-
4. noRMatIVa PeR IL RInfoRzo DI stRuttuRe esIstentI 51
plici ed il modello di calcolo non può essere costruito senza tenere in considerazione la particolare
struttura su cui si interviene.
Questa situazione si rende ancor più necessaria qualora s’impieghino materiali anisotropi come
i tessuti in fRP, cioè materiali che presentano elevate prestazioni meccaniche nella direzione delle
fibre, ma prestazioni mediocri nelle altre direzioni di carico.
t 4.4. Linee guida dell’assemblea generale del consiglio superiore dei LL.PP.
L’assemblea Generale del consiglio superiore dei Lavori Pubblici ha approvato, nella riunione
del 24 luglio 2009, le Linee Guida per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Collaudo di Interventi
di Rinforzo di Strutture di cemento armato, cemento armato precompresso e murarie mediante FRP.
tali Linee Guida sono diventate pertanto parte integrante delle attuali norme tecniche per le co-
struzioni (D.M. 14 gennaio 2008) dando chiare indicazioni a progettisti e direttori dei lavori per
l’utilizzo dei materiali fibrorinforzati negli interventi di rinforzo delle strutture esistenti.
Le linee guida si affiancano alle già note Linee Guida cnR Dt200 relative ai rinforzi esterni con
fRP che erano già richiamate nelle norme tecniche per le costruzioni nel cap. 8.6 e nel cap. 12
con riferimento ai materiali non tradizionali per interventi su strutture esistenti.
scopo di queste Linee Guida è fornire, in armonia con le norme attualmente vigenti, principi e
regole per la progettazione, l’esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamento strutturale
mediante l’utilizzo di compositi fibrorinforzati.
Le Linee Guida trattano i seguenti argomenti:
– concetti basilari del rinforzo con fRP e problematiche speciali;
– Rinforzo di strutture di c.a. e di c.a.p.;
– Rinforzo di strutture murarie;
– Materiali.
sono inoltre fornite specifiche indicazioni concernenti le costruzioni in zona sismica, in linea con
i più recenti orientamenti recepiti nella normativa nazionale ed in quelle internazionali.
Questo documento di circa 70 pagine recepisce e aggiorna i contenuti del documento tecnico
cnR-Dt200/2004 e ne rafforza il valore legislativo. come ben noto il Documento tecnico cnR-
Dt200/2004 è già citato come riferimento nelle ntc 2008 per quanto riguarda le problematiche di
progetto e controllo di interventi di rinforzo mediante materiali compositi fibro-rinforzati (cfRP).
Il documento approvato dal consiglio superiore dei Lavori Pubblici oltre a ribadire concetti basi-
lari nel progetto del rinforzo, definisce anche delle novità importanti.
tra le più rilevanti vi è l’introduzione dell’obbligatorietà dei controlli di accettazione dei mate-
riali. I prelievi e la preparazione dei provini devono essere svolti sotto la supervisione del Diretto-
re dei Lavori che, successivamente, potrà consegnare i provini ad un laboratorio abilitato ai sensi
dell’articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 per l’effettuazio-
ne di prove sperimentali e relativa certificazione.
I materiali compositi utilizzati per le applicazioni di rinforzo strutturale devono essere:
– identificabili per poter risalire univocamente al produttore;
– qualificati e controllati secondo procedure ben definite ed applicabili al processo di produ-
zione in fabbrica e verificati regolarmente da un ente terzo di ispezione;
– accettati dal Direttore dei lavori dopo verifica della documentazione e prove di accettazione;
– collaudati.
52
caPItoLo 5
rinforzo di sTruTTure
in c.a. e c.a.P.
t 5.1. simbologia
Prima di iniziare ad analizzare le modalità di verifica degli interventi di consolidamento con ma-
teriali compositi e le relative formule è necessario introdurre la simbologia che verrà utilizzata in que-
sto testo e che coincide con quella utilizzata nelle normative tecniche alle quali si fa riferimento.
Di seguito si riporta il significato dei principali simboli utilizzati:
notazioni generali
(.)c valore della grandezza (.) riferita al calcestruzzo
(.)cc valore della grandezza (.) riferita al calcestruzzo confinato
(.)d valore di progetto (o di calcolo) della grandezza (.)
(.)f valore della grandezza (.) riferita al composito fibrorinforzato
(.)k valore caratteristico della grandezza (.)
(.)mc valore della grandezza (.) riferita alla muratura confinata
(.)R valore della grandezza (.) vista come resistenza
(.)s valore della grandezza (.) riferita all’acciaio
(.)S valore della grandezza (.) vista come sollecitazione
t 5.2. introduzione
tra le più note e consolidate applicazione dei sistemi di consolidamento con materiali composi-
ti nell’ambito dell’edilizia vi è sicuramente l’applicazione di questi materiali per il consolidamento
strutturale di strutture in c.a. e c.a.p. preesistenti.
Il consolidamento di queste strutture può risultare necessario per numerose motivazioni che
vanno dall’adeguamento di strutture preesistenti a nuovi carichi di esercizio o alle nuove normati-
ve tecniche, o possono ritenersi necessari a seguito di danneggiamento degli elementi strutturali a
seguito di fenomeni di ossidazione delle armature o altro tipo di danni accidentali. Il rinforzo di
una struttura in c.a. può interessare tutti gli elementi che la costituiscono come travi, pilastri, setti e
impalcati e il consolidamento dei singoli elementi strutturali può essere necessario a seguito di sol-
lecitazioni flessionali, a taglio, a sforzo normale o miste.
come evidenziato nel capitolo precedente, numerose sono le normative tecniche di riferimento
per questa tipologia di applicazioni e di seguito vengono riportati e analizzati i passaggi fondamen-
tali di queste normative facendo particolare riferimento alle Linee Guida del Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici.
Le applicazioni di tipo a sono quelle relative ai sistemi completi di rinforzo di cui sono certifi-
cati sia i materiali che il sistema completo applicato ad un substrato definito, mentre le applicazio-
ni di tipo B sono relative a sistemi in cui sono certificati solo i materiali.
Il progettista può scegliere quale tipologia di applicazione utilizzare in fase progettuale e sarà poi
compito del direttore dei lavori verificare che la tipologia di applicazione in cantiere coincida con
quella richiesta.
I produttori e/o i fornitori che sono in grado di proporre sistemi completi di rinforzo (insieme di
fibre, resine, preformati o preimpregnati, adesivi ed altri componenti), possono fornire, oltre alle
caratteristiche meccaniche e fisiche dei singoli componenti, anche le caratteristiche meccaniche del
56 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
sistema completo indicando il tipo di substrato utilizzato a cui si fa riferimento. tali valori devono
essere supportati da validazioni sperimentali effettuate in laboratorio o in situ (prove su strutture in
scala reale) e documentate da dettagliati rapporti di prova.
Per gli stati limite di esercizio, si suggerisce di attribuire un valore unitario a tutti i coefficienti
parziali dei materiali e dei prodotti di composito fibrorinforzato, ad eccezione di casi specificamen-
te indicati.
l’interfaccia calcestruzzo-fRP. La prima valutazione risulta necessaria per la verifica allo sLu, la
seconda per la verifica dello stato tensionale in esercizio.
Il valore ultimo della forza sopportabile dal rinforzo di fRP, prima che subentri la delaminazio-
ne, dipende, a parità di tutte le altre condizioni, dalla lunghezza lb, della zona incollata. tale valore
cresce con lb fino ad attingere un massimo corrispondente ad una ben definita lunghezza le che vie-
ne definita lunghezza ottimale di ancoraggio e corrisponde quindi alla lunghezza minima di quest’ul-
timo che assicura la trasmissione del massimo sforzo di aderenza.
La le può essere calcolata mediante la formula seguente:
Ef ⋅ t f
le = [lunghezza in mm] (5.1)
2 ⋅ fctm
essendo:
Ef il modulo di elasticità normale nella direzione della forza;
tf lo spessore del composito fibrorinforzato;
fctm la resistenza media a trazione del calcestruzzo costituente il supporto.
nel caso di delaminazione di estremità (modalità 1) la resistenza allo stato limite ultimo va de-
terminata come segue. Per il calcolo della tensione di progetto del rinforzo ffdd, nell’ipotesi di dela-
minazione che coinvolga i primi strati di calcestruzzo e per lunghezze di ancoraggio maggiori o ugua-
li a quella ottimale, si può utilizzare la formula seguente:
essendo:
γf,d il coefficiente parziale indicato in tabella 5.1;
γc il coefficiente parziale del calcestruzzo;
fck la resistenza caratteristica del calcestruzzo;
kb un fattore di tipo geometrico il cui valore è determinabile con la formula seguente:
bf
2−
kb = b ≥ 1 [lunghezza in mm] (5.3)
bf
1+
400
essendo:
b larghezza della trave rinforzata;
bf la larghezza del rinforzo,
nell’ipotesi che bf / b ≥ 0.33 (per bf / b < 0.33 si adotta il valore di kb corrispondente a bf / b = 0.33).
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 59
nel caso di lunghezze di ancoraggio, lb, minori di quella ottimale, le, la tensione di progetto de-
ve essere opportunamente ridotta in accordo con la relazione:
le ( )
f fdd, rid = f fdd ⋅ lb ⋅ 2 − lb
le
(5.4)
nel caso di delaminazione intermedia (modalità 2) la resistenza allo stato limite ultimo va de-
terminata come segue. Per prevenire il meccanismo di delaminazione secondo la modalità 2, si può
verificare che la variazione di tensione nel rinforzo di fRP tra due fessure consecutive non superi
un opportuno valore limite. Quest’ultimo dipende, in generale, dalle caratteristiche del legame di
aderenza, dalla distanza tra le fessure e dal livello di tensione σf nel rinforzo.
In alternativa, è possibile ricorrere ad una procedura semplificata consistente nel verificare che
allo sLu la tensione nel composito fibrorinforzato non ecceda un valore massimo ffdd,2, fornito dal-
la seguente relazione:
f fdd,2 = kcr ⋅ f fdd (5.5)
nella quale, in mancanza di dati specifici, il coefficiente kcr può essere assunto pari a 3.0.
Il corrispondente valore della deformazione di progetto del composito fibrorinforzato εfdd, vale:
f fdd ,2
ε fdd = (5.6)
Ef
Per la verifica delle tensioni di interfaccia allo stato limite di esercizio è possibile notare che le
concentrazioni tensionali (tangenziali e normali) che si creano in una trave rinforzata con materiali
compositi, all’interfaccia tra calcestruzzo e rinforzo sono localizzate in corrispondenza di fessure
trasversali presenti nel calcestruzzo, soprattutto alle estremità del rinforzo. tali concentrazioni pos-
sono provocare la fessurazione dell’interfaccia innescando il distacco tra i due materiali.
È opportuno che, in condizioni di esercizio, ciò non accada, soprattutto in presenza di cicli di
carico e cicli di gelo/disgelo. La competente verifica può essere eseguita mediante un calcolo delle
tensioni di interfaccia utilizzando modelli elastici lineari.
si deve controllare che, all’interfaccia adesivo-calcestruzzo, per la combinazione di carico ca-
ratteristica (rara) o frequente, la tensione tangenziale “equivalente” τb,e, appresso definita, sia infe-
riore alla resistenza di adesione tra il rinforzo ed il substrato di calcestruzzo fbd:
lo che si verifica in presenza di asse di sollecitazione coincidente con un asse di simmetria della se-
zione trasversale dell’elemento rinforzato.
Il rinforzo a flessione con materiali compositi può essere eseguito applicando una o più lamine,
ovvero uno o più strati di tessuto, al lembo teso dell’elemento da rinforzare.
L’analisi allo sLu delle sezioni di c.a. rinforzate con fRP si basa sulle seguenti ipotesi:
1) conservazione della planeità delle sezioni rette fino a rottura, in modo che il diagramma del-
le deformazioni normali sia lineare;
2) perfetta aderenza tra i materiali componenti (acciaio-calcestruzzo, fRP-calcestruzzo);
3) incapacità del calcestruzzo di resistere a sforzi di trazione;
4) legami costitutivi del calcestruzzo e dell’acciaio conformi alla normativa vigente;
5) legame costitutivo del composito fibrorinforzato elastico lineare fino a rottura.
un intervento di rinforzo con fRP risulta efficace per sezioni a debole armatura (acciaio teso sner-
vato allo sLu: dilatazione dell’acciaio εs maggiore o uguale del valore di progetto della deformazio-
ne di snervamento εyd); le regole appresso riportate si riferiscono esclusivamente a tale situazione.
si ipotizza che la rottura per flessione si manifesti quando si verifica una delle seguenti condizioni:
1) raggiungimento della massima deformazione plastica nel calcestruzzo compresso, εcu, come
definita dalla normativa vigente;
2) raggiungimento di una deformazione massima nel rinforzo di fRP, εfd, calcolata come:
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 61
ε
ε fd = min ηa ⋅ fk ⋅ ε fdd (5.9)
γf
dove εfk è la deformazione caratteristica a rottura del rinforzo, γf e ηa sono i coefficienti definiti ri-
spettivamente nelle relative tabelle, εfdd è la deformazione massima per delaminazione intermedia.
Poiché generalmente il rinforzo di fRP viene applicato su una struttura già sollecitata, si deve
tenere conto dello stato di deformazione della struttura all’atto del rinforzo. nell’ipotesi che il rinfor-
zo di fRP sia applicato su un elemento soggetto ad una sollecitazione preesistente, cui corrisponda
un momento applicato Mo si deve procedere alla valutazione dello stato deformativo iniziale quan-
do Mo sia maggiore del momento di fessurazione. In caso contrario, lo stato deformativo iniziale può
essere di norma trascurato.
Il calcolo viene eseguito nell’ipotesi di comportamento elastico lineare dei due materiali costi-
tuenti la trave e, in particolare, di incapacità del calcestruzzo a sopportare sforzi di trazione.
Le deformazioni significative sono quella al lembo compresso εco, e quella al lembo teso εo, do-
ve viene applicato il rinforzo di fRP. esse possono essere ricavate in base alla linearità del dia-
gramma delle deformazioni normali sulla sezione retta, in funzione delle caratteristiche meccani-
che e geometriche della sezione reagente.
anche per la verifica della resistenza di progetto a flessione dell’elemento rinforzato con fRP
in presenza di forza assiale (pressoflessione), valgono i principi introdotti nei paragrafi precedenti,
portando tuttavia in conto la dipendenza del momento resistente di progetto della sezione rinforza-
ta MRd, dallo sforzo normale sollecitante di progetto NSd.
L’attivazione dell’azione del rinforzo in corrispondenza delle zone nodali deve essere assicura-
ta attraverso l’adozione di soluzioni costruttive che verranno successivamente analizzate. Inoltre, le
fibre longitudinali impiegate per il rinforzo a pressoflessione devono essere adeguatamente confi-
nate al fine di evitare il distacco delle stesse e l’espulsione del materiale di supporto.
anche per quanto riguarda il collasso per delaminazione di estremità riportiamo di seguito quan-
to prescritto nelle “Linee guida per la Progettazione, l’esecuzione ed il collaudo di Interventi di
Rinforzo di strutture di c.a., c.a.p. e murarie mediante fRP” del consiglio superiore dei Lavori
Pubblici. La delaminazione di estremità dipende da una serie di fattori quali l’ubicazione della zo-
na di formazione delle fessure e la tipologia di queste ultime (fessure taglianti e/o flessionali), la pre-
senza di irregolarità sulla superficie di applicazione del rinforzo, la concentrazione di tensioni nel-
le zone di ancoraggio.
nel caso di elementi inflessi di c.a., una volta che sia stata individuata la sezione a partire dalla
quale è necessario il rinforzo di fRP per incrementarne il momento resistente, la sua distanza, a*,
dall’appoggio deve essere tale da scongiurare il fenomeno di delaminazione di estremità. a tal fine
la distanza a* deve essere maggiore o uguale della lunghezza di ancoraggio necessaria perché il
rinforzo di fRP possa sopportare la tensione normale di progetto senza provocare il collasso del-
l’interfaccia.
Possono verificarsi due evenienze a seconda che la distanza a* sia maggiore o uguale alla lun-
ghezza ottimale di ancoraggio le, ovvero minore.
nel primo caso, la tensione di progetto nel rinforzo di fRP in corrispondenza della sezione a di-
stanza a* dall’appoggio non può superare il valore fornito dall’espressione (5.2); nel secondo caso
il suddetto valore deve essere opportunamente penalizzato nel rispetto della relazione (5.4), essen-
do la lunghezza disponibile per l’ancoraggio al massimo pari ad a*.
62 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
Qualora l’ancoraggio sia realizzato in una zona soggetta a prevalenti sollecitazioni taglianti, che
possono quindi indurre fessure inclinate, la forza di trazione mobilitata nel composito, alla distan-
za a* deve essere calcolata dopo aver operato un’opportuna traslazione del diagramma del momen-
to flettente, di entità a1. tale traslazione deve avvenire nel verso che dà luogo ad un aumento del
valore assoluto del momento flettente.
sul piano operativo, generalmente, la forza di ancoraggio può essere valutata incrementando il
momento di calcolo sollecitante della seguente quantità:
M = VSd · a1 (5.10)
nente, devono soddisfare la limitazione σf ≤ η · ffk, essendo ffk la tensione caratteristica di rottura del
rinforzo ed η il fattore di conversione, i cui valori sono suggeriti nelle relative tabelle. Le tensioni nel
calcestruzzo e nell’acciaio vanno limitate in accordo con quanto prescritto dalla normativa vigente.
La verifica delle frecce deve essere effettuata tenendo in considerazione che le deformazioni
esibite dalle strutture rinforzate con fRP devono rispettare le limitazioni imposte dalla normativa
vigente. Il modello adottato deve simulare il comportamento reale della struttura con un livello di
accuratezza adeguato agli obiettivi del calcolo. In particolare, si deve tenere conto dell’eventuale
presenza della fessurazione per gli effetti da essa prodotti sulla deformazione del corrente teso e di
quello compresso.
La verifica dell’apertura delle fessure deve essere effettuate tenendo in considerazione che per
proteggere l’armatura metallica interna e garantire la funzionalità degli elementi, occorre prevede-
re opportune limitazioni sui valori dell’apertura delle fessure in condizioni di esercizio. I limiti di
fessurazione delle strutture rinforzate con fRP devono soddisfare le prescrizioni contenute dalla nor-
mativa vigente.
β = 90°
Il rinforzo può essere disposto attorno alla sezione con disposizione ad u e in avvolgimento co-
me indicato nell’immagine successiva.
ad u in avvolgimento
a differenza delle indicazioni introdotte dal documento tecnico del cnR, le Linee Guida del con-
siglio superiore dei Lavori Pubblici non consentono la realizzazione di un rinforzo a taglio realiz-
zato mediante disposizione unicamente laterale dei rinforzi dato l’elevato rischio di innesco di fe-
nomeni di delaminazione.
ε fk
ε fd = min ηa ⋅ ⋅ ε fdd (5.11)
γ f
essendo:
VRd,s il contributo dell’armatura trasversale di acciaio, da valutarsi in accordo con la normati-
va vigente ponendo l’angolo di inclinazione delle fessure da taglio rispetto all’asse del-
l’elemento θ, pari a 45°;
VRd,f è il contributo del rinforzo di fRP, da valutarsi come indicato nel seguito;
VRd,c è la resistenza della biella compressa di calcestruzzo, da valutarsi in accordo con la nor-
mativa vigente.
nel caso di disposizione ad u o in avvolgimento su una sezione rettangolare, il contributo del rinfor-
zo di fRP VRd,f, può essere valutato in base al meccanismo a traliccio di Moersch e risulta pari a:
wf
VRd , f = 1 ⋅ 0.9 ⋅ d ⋅ f fed ⋅ 2 ⋅ t f ⋅ ( cot θ + cot β ) ⋅ (5.12)
γ Rd pf
essendo:
γRd il coefficiente parziale reperibile dalla relativa tabella;
d l’altezza utile della sezione;
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 65
w
f
p'
h d hw
f
c
bw tf pf
p
f
figura 5.4. Elementi distintivi di un rinforzo a taglio sotto forma di strisce
(Linee Guida del consiglio superiore dei Lavori Pubblici)
Per il calcolo della resistenza efficace di progetto nel caso di disposizione ad u, si può utilizza-
re la relazione:
le ⋅ sin β
f fed = f fdd ⋅ 1 − 1 ⋅ (5.13)
3 min {0.9 ⋅ d, hw }
essendo:
ffdd la resistenza di progetto alla delaminazione;
le la lunghezza minima di ancoraggio;
β l’angolo di inclinazione delle fibre rispetto all’asse longitudinale dell’elemento;
d l’altezza utile della sezione;
hw l’altezza dell’anima della trave.
Per il calcolo della resistenza efficace di progetto nel caso di disposizione in avvolgimento su
una sezione rettangolare, si può utilizzare la relazione:
le ⋅ sin β 1 le ⋅ sin β
f fed = f fdd ⋅ 1 − 1 ⋅ + (φR ⋅ f fd − f fdd ) ⋅ 1 − (5.14)
6 min {0.9 ⋅ d, hw } 2 min {0.9 ⋅ d , hw }
essendo:
rc il raggio di curvatura dell’arrotondamento dello spigolo della sezione attorno a cui è av-
volto il rinforzo;
bw la larghezza dell’anima della sezione.
nella progettazione di un rinforzo con materiali compositi di pilastri sollecitati da sforzo nor-
male centrato o con piccola eccentricità è necessario dimensionare il rinforzo in materiale compo-
sito in modo che il valore di progetto dell’azione assiale agente Nsd (da valutarsi, per le diverse
combinazioni di carico previste, come prescritte dalla normativa vigente), ed il valore di progetto
della resistenza dell’elemento confinato NRcc,d, soddisfino la disequazione:
essendo:
gRd il coefficiente parziale (assunto pari a 1.10);
Ac l’area della sezione trasversale dell’elemento;
fccd la resistenza di calcolo del calcestruzzo confinato;
As l’area di calcolo dell’armatura metallica eventualmente presente (quest’ultima valutata
come previsto dalla normativa vigente);
fyd la resistenza di calcolo dell’armatura metallica eventualmente presente (quest’ultima va-
lutata come previsto dalla normativa vigente).
come indicato dalle norme, il valore di fccd può essere calcolato con la seguente relazione:
2
fccd f 3
= 1 + 2 ,6 ⋅ l , eff (5.18)
fcd fcd
essendo:
fcd la resistenza di progetto del calcestruzzo non confinato, da valutarsi come prescritto nel-
la normativa vigente;
fl,eff la pressione efficace di confinamento, tenendo conto che la resistenza di un elemento con-
finato con fRP dipende soltanto da un’aliquota della pressione di confinamento, fl eser-
citata dal sistema, detta appunto pressione efficace di confinamento.
La pressione efficace dipende dalla forma della sezione e delle modalità di intervento ed è for-
nita dalla relazione:
fl,eff = Keff × fl (5.19)
dove keff è un coefficiente di efficienza (£ 1), definibile come il rapporto tra il Vc,eff di calcestruzzo
efficacemente confinato ed il volume Vc dell’elemento in calcestruzzo, depurato da quello delle ar-
mature longitudinali (generalmente trascurabile).
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 69
fl = 1 ρ f Ef ε fd , rid (5.20)
2
essendo:
rf la percentuale geometrica di rinforzo, dipendente dalla forma della sezione (circolare o
rettangolare) e dalle modalità di applicazione del confinamento lungo l’elemento (fascia-
tura continua o discontinua);
Ef il modulo di elasticità normale del materiale in direzione delle fibre;
Efd,rid un’opportuna deformazione ridotta di calcolo del composito fibro-rinforzato valutata a
partire dalla deformazione caratteristica a rottura della fasciatura di fRP, efk, tendendo
conto opportunamente di fattori ambientali.
keff = kH × kV × ka (5.21)
Le Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici forniscono le espressioni per il cal-
colo dei vari coefficienti. si nota che il confinamento dà luogo ad un’efficienza massima in presen-
za di sezioni circolari (per cui kH = l) confinate con un sistema di tipo continuo (kV = I). In tal caso
il coefficiente di efficienza keff = 1.
Le norme forniscono le espressioni dei parametri che intervengono nelle precedenti relazioni spe-
cificandole tanto per il caso di sezioni circolari quanto per sezioni quadrate e rettangolari dove l’ef-
fetto del confinamento produce incrementi solo marginali della resistenza a compressione a causa
essenzialmente dell’“effetto arco” che si manifesta all’interno della sezione e che dipende dal rag-
gio di arrotondamento degli spigoli rc.
La percentuale geometrica di rinforzo rf, da impiegare nella valutazione della pressione effica-
ce di confinamento è in tal caso fornita dalla relazione:
4 ⋅ t f ⋅ bf
ρf = (5.22)
D ⋅ pf
dove tf e bf sono, rispettivamente, lo spessore e l’altezza della generica striscia di fRP, pf è il passo
delle strisce e D è il diametro della sezione circolare.
nel caso di fasciatura continua l’espressione della percentuale ρf si specializza in 4 · tf/D.
Per le sezioni circolari, il coefficiente di efficienza orizzontale kH, è pari ad 1.0.
Per il calcolo della percentuale geometrica di rinforzo, ρf, da impiegare nella valutazione della
pressione efficace di confinamento le norme forniscono la seguente relazione:
2 ⋅ t f ⋅ ( b + h )⋅ bf
ρf = (5.23)
b ⋅ h ⋅ pf
essendo:
tf lo spessore della generica striscia di fRP;
bf l’altezza della generica striscia di fRP;
pf il passo delle strisce;
bed le dimensioni trasversali della sezione rettangolare.
nel caso di fasciatura continua l’espressione di rf fornita nella (5.23) si specializza in:
2 · tf · (b + d)/(b · d) (5.24)
a causa dell’“effetto arco” che si manifesta all’interno della sezione, l’area di calcestruzzo ef-
fettivamente confinata risulta essere solo un’aliquota di quella complessiva; tale effetto è funzione
del raggio di arrotondamento degli spigoli, rc.
nel caso di sezioni rettangolari, per tener conto dell’effetto arco che si attiva nella sezione tra-
sversale, il coefficiente di efficienza orizzontale, kH, vale:
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 71
'2 '2
kH = 1 − b + h (5.25)
3 ⋅ Ag
fl, eff
ecu = 0,0035 + 0,015 ⋅ (5.26)
fcd
dove la pressione efficace fl,eff è calcolata assumendo una deformazione ridotta di calcolo data da:
ε fk
ε fd,rid = ηa ⋅ ≤ 0.6 ⋅ ε fk (5.27)
γf
Dunque si prescrive che gli interventi di rafforzamento locale nei telai in c.a. devono innanzi-
tutto riguardare nodi e pilastri perimetrali, con priorità per quelli d’angolo.
si fa notare inoltre che le tamponature e le tramezzature robuste possono collaborare positiva-
mente alla resistenza al sisma dell’edificio. esse, però, possono risultare dannose a causa della con-
centrazione della spinta in sommità del pilastro, dovuta all’effetto puntone, ed anche pericolose in
caso di rottura, crollo o ribaltamento. Gli effetti dannosi o l’inefficace collaborazione di tampona-
ture e tramezzature sono essenzialmente determinati dalla scarsa o assente connessione dei pannel-
li murari con la cornice strutturale, particolarmente lungo il bordo superiore ed i bordi laterali, a cau-
sa delle tipiche modalità esecutive dei pannelli murari, successivamente al completamento della strut-
tura in c.a. La mancanza di collegamento lungo il bordo superiore impedisce il trasferimento della
forza resistente della tamponatura lungo la trave superiore, rendendo inevitabile la concentrazione
di sforzi taglianti all’estremità superiore dei pilastri.
La realizzazione di efficaci collegamenti dei pannelli di tamponatura alla cornice strutturale
consegue il triplice obiettivo di prevenirne il crollo rovinoso fuori del piano, migliorarne la colla-
borazione con la struttura in c.a., limitare o eliminare gli sfavorevoli effetti locali.
I nodi trave pilastro che evidenziano una maggiore criticità sono quelli non confinati, che sono
tipicamente posti sul perimetro della struttura, o all’angolo (nodo d’angolo), ovvero in facciata (no-
do intermedio).
nell’ambito delle possibili tecniche che il progettista può scegliere per il rafforzamento locale
dei nodi non confinati, ci si limita qui ad analizzare possibili soluzioni basate su placcatura e fa-
sciatura con materiali compositi. Il proporzionamento dei rinforzi esterni di seguito descritti può
essere condotto ai sensi delle nuove norme tecniche (D.M. 14 gennaio 2008) e della relativa cir-
colare n. 617 del 2 febbraio 2009. Per i materiali compositi, il progettista può riferirsi alle Istruzio-
ni cnR-Dt 200/04 ed alle Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
In entrambi i casi, al fine di garantire comunque un buon comportamento d’insieme del sistema
nodo-travi-pilastri, e garantire un significativo incremento della duttilità a tale sistema, e dunque al-
la struttura nel suo insieme, gli interventi proposti conseguono anche un incremento della resistenza
a taglio delle travi e dei pilastri nelle loro parti terminali convergenti nel nodo ed un confinamento
delle estremità dei pilastri, dove si concentrano le massime richieste di duttilità in pressoflessione.
5.8.1. Criteri per il progetto del rafforzamento locale di nodi non confinati
nella bozza di “Linee guida per la riparazione e il rafforzamento di elementi strutturali, tam-
ponature e partizioni” redatte dal Dipartimento Protezione civile e dal consorzio ReLuIs nell’a-
gosto 2009 vengono proposte diverse tipologie d’intervento per migliorare le prestazioni del nodo
trave-pilastro che riportiamo di seguito.
1] Incremento della capacità del pannello di nodo e della porzione di sommità del pilastro ri-
spetto all’azione di taglio esercitata dalla tamponatura
L’azione di taglio esercitata dalla tamponatura può determinare danni significativi al nodo che,
in funzione anche delle originarie modalità di realizzazione e della sezione di ripresa di getto, può
presentare una fessura diagonale sul pannello di nodo (figura 5.6-a) ovvero una lesione pseudo-oriz-
zontale in corrispondenza della sezione di attacco pilastro pannello di nodo (figura 5.6-b), o anco-
ra la rottura per lesione diagonale alla testa del pilastro (linea in tratteggio della figura 5.6-b).
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 73
a) b)
figura 5.6. Meccanismo di crisi del nodo trave-pilastro dovuto all’azione di taglio della tamponatura:
a) lesione diagonale nel pannello; b) lesione pseudo-orizzontale all’attacco pilastro-pannello di nodo
e/o diagonale nel pilastro in prossimità dell’attacco al nodo (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
Per determinare la forza che corrisponde all’attivazione di tale meccanismo si può fare riferimen-
to, in maniera semplificata, al cosiddetto modello di “puntone equivalente” basato sulla formazio-
ne di bielle (puntoni equivalenti) accoppiate all’interno dell’ossatura strutturale secondo le due dia-
gonali; si assume che esse siano alternativamente efficaci in funzione della direzione dell’azione si-
smica, essendo attive solo quelle compresse. sulla base delle indicazioni fornite dalla circolare 10
aprile 1997, n. 65 e di una consolidata letteratura scientifica, la larghezza del puntone equivalente,
w, può essere assunta pari al 10% della lunghezza della biella stessa l2 + h2, il suo spessore, t, è pa-
ri allo spessore della muratura.
L’azione orizzontale, H0, che corrisponde alla crisi della tamponatura (rottura diagonale per tra-
zione ovvero rottura per schiacciamento locale degli spigoli) rappresenta la massima azione addi-
zionale che può gravare sul pilastro e può essere calcolata come:
fvko ⋅ l ⋅ t fk E
H 0 = min ; 0.8 ⋅ ⋅ cos2 θ ⋅ 4 c ⋅ I ⋅ h ⋅ t 3 (5.28)
0.6 ⋅ φ φ Em
essendo:
φ un fattore di riduzione delle tensioni da porre pari ad 1 per verifiche agli stati limite;
fvko la resistenza caratteristica a taglio della muratura in assenza di tensioni normali (tabella
11.10.VII del D.M. 14 gennaio 2008);
fk la resistenza caratteristica a compressione della muratura (tabelle 11.10.V e 11.10.VI
del D.M. 14 gennaio 2008);
θ = arctg (h/l) l’angolo della diagonale del pannello rispetto all’orizzontale;
Ec il modulo di elasticità di calcestruzzo;
Em = 1000 · fk il modulo di elasticità della muratura;
I il momento di inerzia della sezione trasversale del pilastro rispetto all’asse ortogonale al
piano della tamponatura (in caso di pilastri di diversa sezione si assume il valore medio
dei due momenti di inerzia).
ai fini dell’applicazione della procedura descritta si raccomanda di verificare che siano soddi-
sfatte le ipotesi discusse al punto 1 dell’allegato 2 della circolare 10 aprile 1997, n. 65.
Per conferire al nodo una maggiore capacità resistente nei confronti del meccanismo descritto,
si propone, nel caso di utilizzo di materiali compositi, di realizzare un rinforzo esterno con tessuti
metallici inclinati come indicato nelle figure seguenti.
Il proporzionamento di tale rinforzo può essere eseguito ipotizzando di affidare ad esso l’intera
forza, H0, precedentemente definita.
a) b)
figura 5.8. Fasce diagonali con tessuto metallico unidirezionale su nodo d’angolo: a) nodo con due travi
emergenti; b) nodo con una trave emergente ed una a spessore (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 75
a) b)
figura 5.9. Fascia ad L di tessuto quadriassiale in fibra di carbonio poste all’intersezione delle travi
con il pilastro di un nodo d’angolo: a) nodo con due travi emergenti; b) nodo con una trave emergen-
te ed una trave a spessore (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
a) b)
figura 5.10. Fasce diagonali con tessuto metallico unidirezionale su nodo intermedio: a) vista ester-
na; b) vista interna (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
76 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
a) b)
figura 5.11. Tessuto quadriassiale bilanciato in fibra di carbonio posto in corrispondenza del pannel-
lo di nodo su nodo d’angolo: a) nodo con due travi emergenti; b) nodo con una trave emergente ed
una a spessore (N.B. Il tessuto quadriassiale va disposto anche sulla faccia interna della trave emer-
gente, non visibile nello schema (b)) (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
a) b)
figura 5.12. Confinamento di pilastri di un nodo d’angolo: a) nodo con due travi emergenti; b) nodo
con una trave emergente ed una a spessore (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 77
figura 5.13. Confinamento di pilastri di un nodo intermedio e disposizione di tessuto quadri assiale
bilanciato in fibra di carbonio (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
a) b)
figura 5.14. Rinforzo a taglio con configurazione ad U delle estremità delle travi di un nodo d’ango-
lo: a) nodo con due travi emergenti; b) nodo con una trave emergente ed una a spessore (Linee Gui-
da Reluis – Protezione civile)
78 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
figura 5.15. Rinforzo a taglio con configurazione ad U delle estremità delle travi di un nodo interme-
dio (Linee Guida Reluis – Protezione civile)
La capacità deformativa ultima di una struttura è una misura della sua attitudine a sopportare
l’azione sismica. La capacità deformativa ultima di una struttura può essere saggiata utilizzando i
risultati di un’analisi statica non lineare.
La capacità deformativa ultima di una struttura dipende dalla capacità deformativa in campo
plastico dei singoli elementi resistenti (travi, pilastri e pareti).
La capacità deformativa di travi e di pilastri può essere misurata mediante la rotazione θ della
sezione di estremità rispetto alla congiungente di quest’ultima con la sezione di momento nullo (“ro-
tazione rispetto alla corda”) a distanza pari alla luce di taglio: LV = MV. tale rotazione è anche pa-
ri al rapporto tra lo spostamento relativo fra le due sezioni suddette e la luce di taglio.
Generalmente la capacità deformativa in campo plastico degli elementi è limitata dal comporta-
mento a rottura del calcestruzzo compresso.
L’intervento di confinamento con fRP su tali elementi (prevalentemente pilastri) determina un
aumento della deformazione ultima del calcestruzzo compresso, conferendo una maggiore dutti-
lità agli elementi.
L’applicazione del criterio della gerarchia delle resistenze comporta l’adozione di provvedimen-
ti atti ad impedire la formazione di tutte le potenziali cerniere plastiche nei pilastri. nelle situazio-
ni di “pilastro debole-trave forte”, usuali per strutture intelaiate progettate per soli carichi verticali,
le sezioni dei pilastri sono sottodimensionate e denunciano carenza di armatura longitudinale.
In questi casi è necessario incrementare la loro resistenza a pressoflessione con l’obiettivo di ri-
condurre la struttura intelaiata ad una situazione di “pilastro forte-trave debole”. L’attuazione del cri-
terio della gerarchia delle resistenze comporta un incremento della resistenza a flessione dei pilastri
e quindi un incremento del taglio agente in condizioni ultime. conseguentemente, è necessario ese-
guire opportune verifiche a taglio, incrementando eventualmente la resistenza nei confronti di tale
caratteristica allo scopo di evitare un collasso di tipo fragile.
nell’ambito della Bozza di Linee Guida redatte dal Dipartimento Protezione Civile e dal con-
sorzio ReLUIS, come sopra riportato, oltre agli interventi sulle parti strutturali, sia di riparazione
che di rafforzamento locale ai fini delle azioni sismiche e dei carichi di servizio, si esaminano an-
che quegli interventi sulle parti non strutturali, in particolare tamponature e tramezzature, che, per
il loro peso e la loro posizione, possono determinare un pericolo non secondario per l’incolumità
delle persone, anche nel caso in cui la struttura non subisca danni significativi.
nella scelta degli interventi di rafforzamento locale non si può, comunque, prescindere da
un’analisi qualitativa complessiva delle caratteristiche delle parti strutturali e delle parti non strut-
turali pericolose e del danneggiamento presente, per impostare un progetto di riparazione e raffor-
zamento locale volto ad eliminare o ridurre drasticamente le debolezze e le carenze che possano
compromettere un corretto comportamento d’insieme della struttura. L’analisi quantitativa, in tal
caso, è finalizzata unicamente a definire l’incremento di resistenza o duttilità locale conseguita
con l’intervento.
Dall’analisi qualitativa delle carenze deve derivare un’attenta definizione concettuale degli in-
terventi locali da effettuare, cui deve seguire la scelta della tecnologia più idonea, scelta che può
derivare da aspetti sia economici sia realizzativi, con riferimento alle caratteristiche geometriche
degli elementi su cui occorre intervenire e di interazione con altri elementi costruttivi. È però im-
portante che il progettista riesca sempre a diagnosticare quali possano essere le cause di debolezza
delle singole parti e individui o adatti alla situazione l’intervento e la tecnologia più idonea ad eli-
minarle o ridurle drasticamente.
5. RInfoRzo DI stRuttuRe In c.a. e c.a.P. 81
In pratica il progettista deve tener conto che gli interventi di rafforzamento locale, pur non ri-
chiedendo l’analisi quantitativa della sicurezza globale dell’opera, dovranno realizzare un miglio-
ramento del comportamento sismico della struttura in c.a. attraverso:
– la riduzione del rischio d’innesco di meccanismi fragili, quali:
– rottura dei nodi trave-pilastro dovuta alle azioni trasmesse direttamente dalle travi e dai
pilastri convergenti nel nodo stesso, che tipicamente avviene per una prevalente solleci-
tazione tagliante nel pannello di nodo;
– rottura del collegamento nodo-pilastro inferiore per scorrimento in corrispondenza della
ripresa di getto o per taglio all’estremità superiore del pilastro determinata dalla compo-
nente tagliante della forza di puntone equivalente trasmessa dal pannello di tampona-
mento della maglia strutturale;
– rottura per taglio alle estremità delle travi;
– rottura per taglio dei cosiddetti pilastri corti, tipicamente presenti nelle scale o determi-
nati dalla presenza di finestrature a nastro con muratura di tamponamento robusta;
– l’incremento della duttilità delle estremità dei pilastri, nelle quali normalmente si concentra-
no forti richieste di duttilità.
82
caPItoLo 6
rinforzo di sTruTTure
in muraTura
t 6.1. introduzione
Gran parte del patrimonio immobiliare italiano è costituito da strutture in muratura, che in mol-
ti casi risultano di interesse storico. Il rinforzo, il miglioramento o l’adeguamento sismico di tali
strutture è in molti casi realizzabile mediante l’utilizzo dei materiali compositi. tale rinforzo si ot-
tiene applicando agli elementi strutturali in muratura un materiale caratterizzato da un’elevata resi-
stenza a trazione, dotato di un’interfaccia tecnologicamente compatibile che, assicurando l’adesio-
ne ai singoli mattoni, sia in grado di ridurre le sollecitazioni di taglio nei letti di malta interstiziali,
conferendo al sistema un comportamento monolitico fino alla rottura.
Il danneggiamento della muratura dovuto ad azioni orizzontali, quali possono essere quelle pro-
dotte da eventi sismici o da dissesti lenti in atto, è, infatti, associato o al danneggiamento dei giun-
ti di malta o alla rottura dei conci murari. In particolare, esso si manifesta con fenomeni di scorri-
mento relativo dei blocchi rispetto all’interfaccia, previa decoesione.
numerosi sono ad oggi i possibili utilizzi dei materiali compositi per il consolidamento di ele-
menti strutturali in muratura, con numerose tecnologie e geometrie, dall’utilizzo di lamine e tessu-
ti in fRP o in sRP all’utilizzo dei sistemi con matrice a base di malta o anche mediante l’apposi-
zione sui supporti murari di reti apprettate in fRP. Per i rinforzi di strutture in muratura si è studia-
to sempre più l’utilizzo di sistemi con matrici diverse da quelle epossidiche come gli fRG o sRG
o in sostituzione si è proposto l’utilizzo di sistemi costituiti da reti in fRP inglobate in matrici co-
stituite da malte appositamente formulate.
Il rinforzo di strutture in muratura con fRP oltre a migliorare le caratteristiche meccaniche dei
singoli elementi strutturali, consente notevoli miglioramenti della struttura soggetta ad azioni si-
smiche e può essere vantaggiosamente utilizzato nel caso in cui le stesse non soddisfino i requisiti
di sicurezza previsti dalla normativa vigente nei confronti di uno o più stati limite.
La strategia d’intervento con fRP deve essere ispirata al principio di incrementare la resi-
stenza degli elementi sottodimensionati, con l’intento di conseguire contestualmente una mag-
giore regolarità strutturale e l’eliminazione di possibili modi di collasso locale di singole pareti
o elementi strutturali.
L’efficienza sismica dell’intervento progettato può essere stimata dall’incremento di spostamen-
to orizzontale a collasso derivante dall’applicazione del rinforzo.
È sempre necessario valutare se gli interventi di rinforzo, orientati ad aumentare la resistenza
laterale degli schemi strutturali, non determinino una diminuzione della duttilità generale che pos-
sa indurre una maggiore vulnerabilità sismica. a tale scopo, deve essere posta particolare attenzio-
ne agli interventi che tendono a solidarizzare i blocchi costituenti i piedritti verticali e agli interven-
ti orientati ad impedire la formazione di cerniere negli archi o nelle volte di collegamento.
sono in genere da preferirsi interventi orientati ad aumentare la duttilità delle cerniere sia nei
ritti che nelle volte. analogamente, nelle pareti di controvento degli edifici ordinari occorre orien-
6. RInfoRzo DI stRuttuRe In MuRatuRa 83
tare gli interventi ad un aumento della duttilità generale dello schema evitando che il collasso dei
ritti preceda quello delle fasce di piano.
Quando si applicano tessuti o lamine di fRP su superfici murarie, si deve tener presente la com-
pleta assenza di traspirabilità dei materiali compositi. Per tale motivo gli interventi di rinforzo strut-
turale eseguiti con tali materiali non devono, di norma, interessare estese superfici del paramento
murario al fine di preservare un’adeguata traspirabilità del sistema. Il problema della traspirabilità
dei supporti murari può essere invece risolto utilizzando materiali tipo sRG o fRG con matrici op-
portunamente formulate.
I principali interventi che possono essere realizzati su una struttura in muratura sono i seguenti:
– incremento della resistenza di pannelli, archi o volte;
– cerchiaggio di colonne allo scopo di incrementarne la resistenza a compressione e la duttilità;
– riduzione della spinta di strutture spingenti;
– trasformazioni di elementi non strutturali in elementi strutturali, mediante conferimento di ri-
gidezza e capacità resistente;
– rafforzamento ed irrigidimento strutture orizzontali non spingenti;
– incatenamento o fasciatura lateralmente dell’edificio all’altezza degli impalcati o della co-
pertura.
Di seguito si riportano le indicazioni presenti nelle Linee Guida dell’Assemblea Generale del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 24 luglio 2009 in relazione alle modalità di modella-
zione e verifica dei sistemi di rinforzo con materiali compositi su strutture in muratura. al fine di
determinare le azioni agenti sui singoli elementi strutturali della costruzione muraria si devono adot-
tare i metodi della scienza e della tecnica delle costruzioni in riferimento alle normative Vigenti.
La modellazione della struttura può essere condotta in campo elastico lineare ovvero attraverso com-
provati modelli non lineari in grado di simulare il comportamento anelastico e la limitata, se non
nulla, resistenza a trazione della muratura. tali analisi sono finalizzate alla valutazione di tutte le
componenti di sollecitazione necessarie ai fini delle successive verifiche. Il progetto degli interven-
ti di consolidamento deve basarsi su uno schema strutturale che rispecchi il comportamento dell’e-
dificio nelle condizioni di futuro esercizio.
se adeguatamente giustificate, possono essere utilizzate anche schematizzazioni semplificate, sin-
teticamente rappresentative del comportamento della struttura in esame. ad esempio, le sollecitazio-
ni nelle diverse membrature possono essere determinate adottando una distribuzione approssimata ma
equilibrata delle tensioni, anche prescindendo dalla congruenza, purché le eventuali tensioni di tra-
zione siano assorbite direttamente dal rinforzo di composito all’uopo dimensionato e solidarizzato.
È necessario porre particolare attenzione nell’uso di distribuzioni di tensioni approssimate, in quan-
to a causa delle eventuali rotture fragili che possono avvenire nel sistema muratura-fRP, uno stato
tensionale staticamente ammissibile potrebbe aver già indotto il collasso della struttura.
nel caso di strutture con parti regolari o ripetitive, è possibile individuare, all’interno della co-
struzione, schemi strutturali parziali, idonei per una valutazione più immediata del comportamento
globale della struttura rinforzata.
Parimenti, per effettuare le verifiche nei confronti di meccanismi di collasso locale, si possono
adottare modelli semplificati, purché il loro utilizzo sia correttamente motivato.
tensione-deformazione può variare in modo più che significativo da muratura a muratura in funzio-
ne della composizione della stessa, ovvero della tipologia e dell’aggregazione degli elementi resi-
stenti artificiali o naturali e della tipologia della malta di allettamento.
sottoposto a prove di carico monoassiali, il materiale muratura presenta un comportamento
fragile a trazione contraddistinto da valori della resistenza di gran lunga inferiori a quelli della re-
sistenza a compressione. un’ipotesi di lavoro largamente accettata è quella di considerare nulla
la resistenza a trazione della muratura; tale ipotesi è confortata, soprattutto per gli edifici esisten-
ti (antichi e monumentali), dall’aleatorietà della resistenza a trazione e dal suo progressivo deca-
dimento nel tempo.
I valori caratteristici delle resistenze sono così indicati:
fmk valore della resistenza a compressione verticale;
fhmk valore della resistenza a compressione orizzontale;
fvk valore della resistenza a taglio.
essi devono essere determinati mediante idonee prove sperimentali su campioni di muro, se-
condo le modalità definite dalla normativa vigente.
come valore orientativo della fhmk può assumersi il 50% della fmk.
I valori delle proprietà meccaniche di progetto della muratura sono calcolati dividendo i valori
caratteristici per un opportuno coefficiente parziale del materiale γm = γM, ed inoltre per un oppor-
tuno coefficiente parziale relativo al modello di resistenza γRd, come definiti, rispettivamente, nel-
la normativa vigente e nelle presenti Istruzioni.
nella maggior parte delle applicazioni ingegneristiche, il comportamento della muratura, per sta-
ti tensionali monoassiali, può essere schematizzato più semplicemente come di seguito specificato:
– trazione: resistenza nulla;
– compressione: comportamento lineare con coefficiente angolare pari al modulo di elasticità
normale secante della muratura fino alla resistenza di progetto fmd, cui compete il valore ε'm
della deformazione; tensione costante, pari ad fmd, per deformazioni comprese nell’interval-
lo ε'm ≤ ε ≤ εmu; tensione nulla per deformazioni maggiori di εmu.
In assenza di dati sperimentali la deformazione ultima di progetto da considerare per la muratu-
ra εmu, può essere assunta pari a 0.0035.
In alternativa, possono essere utilizzati legami costitutivi più completi, in grado di cogliere i di-
versi tipi di comportamento a compressione precedentemente descritti, purché tali legami siano
adeguatamente comprovati sulla base di idonee indagini sperimentali.
I materiali compositi fibrorinforzati sono caratterizzati da comportamento non isotropo. solle-
citati a trazione in un’assegnata direzione, ad esempio quella delle fibre, essi esibiscono una rispo-
sta linea-re fino alla tensione di rottura, il cui valore caratteristico è ffk. La massima deformazione
di progetto consentita al rinforzo di fRP è:
ε fk
ε fd = min ηa ⋅ , ε fdd (6.1)
γf
dove εfk è la deformazione caratteristica a rottura del composito fibrorinforzato e εfdd è la deforma-
zione massima nell’fRP all’atto della decoesione incipiente del rinforzo dalla muratura, fenomeno
descritto nel paragrafo successivo. I valori da attribuire al fattore di conversione a η ed al coeffi-
ciente parziale γm = γf sono indicati, rispettivamente, nella rispettive tabelle nel capitolo recedente.
86 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
come per le altre tipologie di supporto anche per il rinforzo con materiali compositi di elemen-
ti in muratura, le verifiche di sicurezza devono essere condotte agli stati limite.
Per quanto riguarda gli sLu si distinguono due possibili casi, in funzione del tipo di analisi strut-
turale effettuata. se si utilizzano modelli non lineari con impiego di legami costitutivi completi, si
deve verificare che il carico ultimo sopportabile dalla struttura non risulti minore del carico di pro-
getto. Quest’ultimo è valutato utilizzando le combinazioni di carico prescritte dalla normativa vi-
gente. Inoltre, si deve riporre particolare cura nel dimostrare che la soluzione utilizzata sia obietti-
va, ovvero che non dipenda dalla particolare discretizzazione adottata per il calcolo.
se la modellazione della struttura è condotta in campo elastico lineare ovvero per il tramite di
schemi semplificati adottando una distribuzione equilibrata delle tensioni, eventualmente prescinden-
do dalla congruenza, la verifica deve essere effettuata con riferimento alle sollecitazioni risultanti su
sezioni dei singoli elementi strutturali. In particolare, per elementi bidimensionali inflessi (piastre,
gusci) si deve fare riferimento alle sollecitazioni specifiche, valutate cioè per unità di lunghezza de-
gli stessi elementi. assumendo che, a seguito della deformazione, la generica sezione di ogni ele-
mento strutturale si conservi piana, la verifica viene effettuata assicurando che i tagli ed i momenti
sollecitanti di progetto siano minori dei corrispondenti valori resistenti di progetto. Questi ultimi van-
no valutati in funzione dello sforzo normale agente, tenendo conto del comportamento non lineare
dei materiali costituenti gli elementi strutturali, secondo il modello costitutivo semplificato.
Verifiche allo stato limite di danno devono essere eseguite nei casi previsti specificamente dal-
la normativa.
Le modalità di crisi dei materiali costituenti la struttura muraria rinforzata con materiali compo-
siti sono:
– fessurazione per trazione della muratura;
– schiacciamento della muratura;
– taglio-scorrimento della muratura;
– rottura del composito fibrorinforzato;
– delaminazione (o decoesione) del rinforzo di fRP dalla muratura.
nel paragrafo successivo sarà valutata quest’ultima modalità di crisi che come per il caso dei
rinforzi su strutture in c.a. rappresenta la problematica maggiore di questa tipologia di rinforzi.
siglio Superiore dei Lavori Pubblici. Il valore ultimo della forza sopportabile dal rinforzo di fRP,
prima che subentri la delaminazione, dipende, a parità di tutte le altre condizioni, dalla lunghezza, lb,
della zona incollata. tale valore cresce con lb fino ad attingere un massimo corrispondente ad una
ben definita lunghezza, le che viene definita lunghezza ottimale di ancoraggio e corrisponde quindi
alla lunghezza minima di quest’ultimo che assicura la trasmissione del massimo sforzo di aderenza.
La le, può essere calcolata mediante la formula seguente:
Ef ⋅ t f
le = [lunghezza in mm] (6.2)
2 ⋅ fmtm
essendo:
Ef il modulo di elasticità normale del composito fibrorinforzato nella direzione della forza f;
tf lo spessore del composito fibrorinforzato;
fmtm la resistenza media a trazione della muratura; in mancanza di dati diretti, si può assumere
fmtm = 0.10 fmk (in particolare, poiché la coesione tra fRP e muratura è generalmente as-
sicurata all’interfaccia tra i blocchi ed il rinforzo, il valore di fmtm da considerare nella for-
mula (6.2) è la resistenza media a trazione dei blocchi costituenti la muratura).
con riferimento ad una delaminazione che coinvolga i primi strati di muratura e per lunghezze
di ancoraggio maggiori o uguali a quella ottimale, la tensione di progetto nel rinforzo, ovvero il va-
lore della massima tensione alla quale il rinforzo può lavorare nella sezione terminale di ancorag-
gio una volta avvenuto il trasferimento degli sforzi dalla muratura al rinforzo di fRP – vale:
essendo γf,d il coefficiente parziale indicato nella relativa tabella e γM il coefficiente parziale della
muratura.
La massima deformazione di progetto, εfdd, che può essere consentita al rinforzo di fRP senza
che si manifestino problemi di decoesione ha per valore il rapporto tra la tensione di progetto, ffdd,
ed il modulo di elasticità normale del rinforzo, Ef.
nel caso di lunghezze di ancoraggio, lb, minori di quella ottimale, le, la tensione di progetto de-
ve essere opportunamente ridotta in accordo con la relazione:
lb l
f fdd,rid = f fdd ⋅ ⋅ 2 − b (6.4)
le le
Qualora il meccanismo di decoesione tra rinforzo e muratura avvenga per distacco di uno stra-
to superficiale del mattone o del blocco di pietra, ai fini dell’effettiva disponibilità delle lunghezze
lb e le, di cui sopra, si deve assumere che la lunghezza di ciascuno degli elementi costituenti la su-
perficie di aderenza (mattoni o blocchi di pietra) contribuisca al massimo per l’80% alla formazio-
ne delle suddette lunghezze.
88 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
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la superficie esterna del pannello. Il collasso per ribaltamento semplice può avvenire in presenza di
pareti non ammorsate ad altre ad esse ortogonali, né trattenute in sommità. un possibile intervento
di rinforzo con materiali compositi consiste nell’inserimento di uno o più elementi orizzontali, in-
collati alla sommità della parete in oggetto, risvoltati sulle pareti ortogonali di estremità (ove pos-
sibile) ed ancorati ad esse. un intervento che garantisca la completa eliminazione di questa proble-
matica può essere il cerchiaggio completo della struttura in muratura.
Nd
C
HC,d
Qd(s)
hs
Pd(s)
h
B Qd
Qd(i)
hi
Pd(i)
A
t
figura 6.2. Schema di calcolo per il meccanismo di collasso per flessione verticale
(Linee Guida consiglio superiore dei Lavori Pubblici)
90 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
La reazione esplicata dal vincolo in c può essere calcolata attraverso l’equazione di equilibrio
alla rotazione intorno alla cerniera in a:
H C,d =
( ) (
hi ⋅ 2 ⋅ Qd + Qd(S) + Qd(S) ⋅ ( 2 ⋅ h − hs ) − t ⋅ Nd + Pd(S) + Pd(i) ) (6.5)
2⋅h
La sezione muraria in B, dove viene applicato il composito fibrorinforzato per inibire la for-
mazione della cerniera, è soggetta ad uno sforzo normale e ad un momento flettente, rispettiva-
mente, pari a:
N Sd = N d + Pd(S) ,
hS
M Sd = HC,d ⋅ hs − Qd(S) ⋅ (6.6)
2
La verifica a flessione verticale consiste nel controllare che sia soddisfatta la relazione:
M Sd ≤ M Rd (6.7)
pf ≤ 3⋅ t + bf (6.8)
2
q = 2 ·t · fmd
h (6.9)
L2
dove L è la larghezza del pannello e f hmd è la resistenza di progetto a compressione della muratura
in direzione orizzontale.
Per un valore di q, superiore a quello restituito dalla formula sopra indicata, il pannello collas-
sa per rottura a compressione della muratura. In questo caso l’applicazione di rinforzi di fRP po-
trebbe indurre un effetto benefico.
con riferimento alla striscia di altezza unitaria collocata in sommità del pannello, la crisi so-
pravviene quando alle sollecitazioni di sforzo assiale e di momento flettente corrisponde un centro
di pressione esterno alla muratura.
6. RInfoRzo DI stRuttuRe In MuRatuRa 91
L’applicazione dei materiali compositi consente di contrastare tale meccanismo, conferendo ca-
pacità di resistenza a flessione alla striscia di altezza unitaria collocata in sommità del pannello, tra-
sformata in una trave di muratura rinforzata con fRP.
6.4.7. Taglio
nel caso di pannelli murari soggetti a sollecitazioni nel piano è possibile incrementare la resi-
stenza a taglio del pannello murario tramite la posa in opera di materiali compositi. L’incremento
della resistenza a taglio del pannello richiede che siano disposti sulla parete sia rinforzi capaci di
assorbire la trazione generata dalla flessione, sia rinforzi disposti nella direzione del taglio, atti a
generare il comportamento a traliccio.
In caso di assenza di rinforzi di fRP disposti per la pressoflessione, il rinforzo del pannello a ta-
glio può essere ottenuto applicando i rinforzi secondo le diagonali del pannello. Qualora sia garan-
tita la formazione del traliccio resistente, la resistenza di progetto a taglio della muratura rinforza-
ta, VRd, è calcolata come somma dei contributi della muratura, VRd,m, e del rinforzo di fRP, VRd,f,
fino al valore limite VRd,max che provoca la rottura delle bielle compresse del traliccio:
VRd = min{VRd,m +VRd,f,VRd,max} (6.10)
nel caso in cui il rinforzo a taglio sia disposto parallelamente ai corsi di malta, i contributi so-
pra definiti possono essere valutati come segue:
0.6 · d · A fw ⋅ f fd
VRd,f = 1 ⋅ (6.12)
γ Rd pf
essendo:
γRd il coefficiente parziale da assumersi pari a 1.20;
d la distanza tra il lembo compresso e il baricentro del rinforzo a flessione;
t lo spessore della parete;
fvd la resistenza di progetto a taglio della muratura pari a fvk/γM;
92 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
Afw l’area del rinforzo a taglio disposta in direzione parallela alla forza di taglio, con passo
pf misurato ortogonalmente alla direzione della forza di taglio;
ffd la resistenza di progetto del rinforzo di fRP, definita come il minimo tra la tensione di
rottura del composito e la tensione nel composito alla quale si ha la decoesione dalla mu-
ratura.
La massima resistenza a taglio del pannello murario, VRd,max, corrispondente allo stato limite di
compressione delle diagonali del traliccio vale:
h
VRd,max = 0.3· fmd ·t · d (6.13)
dove f hmd è la resistenza a compressione di progetto della muratura nella direzione dell’azione agen-
te, cioè parallela ai letti di malta.
nel caso di parete rinforzata con soli elementi longitudinali atti ad assorbire la trazione gene-
rata dalla flessione, l’incremento di resistenza a taglio prodotto dall’incremento della risultante
di compressione agente sulla muratura, può essere calcolato determinando il valore della resi-
stenza fvk associata alla compressione media, comprensiva di quella dovuta alla flessione, agen-
te sulla muratura.
Intervento di rinforzo Y4
Y1 Scala 1:50 Y2
X1
A A
X2
p f ≤ 3·t + b f (6.14)
dove t è lo spessore della volta e bf è la larghezza dei rinforzi adottati. Distanze maggiori sono am-
messe solo se adeguatamente giustificate.
94 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
Rinforzi longitudinali, quali strisce disposte lungo le generatrici, hanno un’efficacia ridotta li-
mitandosi ad esercitare un’azione di cucitura tra gli archi ideali formanti la volta a botte. tale azio-
ne è particolarmente importante in presenza di azioni orizzontali.
Generalmente, si consiglia di disporre lungo le generatrici una quantità di rinforzo per unità di
area pari al 10% di quella disposta lungo la direttrice. La predetta percentuale deve essere innalza-
ta fino al 25% in zona sismica.
essendo:
gRd il coefficiente parziale (assunto pari a 1.10);
Am l’area della sezione trasversale dell’elemento confinato;
fccd la resistenza a compressione della muratura non confinata;
fmcd il valore di progetto della resistenza a compressione dell’elemento confinato.
come indicato dalle norme, il valore di fccd può essere calcolato con la seguente relazione:
Il valore del coefficiente di incremento della resistenza k’ può essere stabilito sulla base di risul-
tati sperimentali relativi a provini di muratura di caratteristiche analoghe a quelle considerate nel-
l’intervento di confinamento.
In alternativa è possibile assumere la seguente relazione:
gm
k' = (6.18)
1.000
Vc,eff
keff = (6.19)
Vm
in funzione del quale può essere definita la pressione efficace di confinamento. Il coefficiente di ef-
ficienza, keff, può essere espresso come prodotto di un coefficiente di efficienza orizzontale, kH, per
uno di efficienza verticale, kV:
L’efficacia dell’intervento di confinamento può essere altresì alterata dalla disposizione a spira-
le della fasciatura esterna. se αf è l’angolo di inclinazione delle fibre rispetto al piano della sezio-
ne trasversale dell’elemento, si introduce il seguente coefficiente kα:
ka = 1 (6.21)
1 + tg2 α f
figura 6.5. Confinamento di elementi di muratura per mezzo di tessuti, senza e con barre di FRP
(Linee Guida del consiglio superiore dei Lavori Pubblici)
nel caso di cucitura dell’elemento murario mediante barre di fRP, le barre disposte secondo
una direzione vanno sfalsate in altezza rispetto a quelle disposte nella direzione ortogonale. si può
ritenere che l’area di muratura effettivamente confinata risulti ridotta rispetto alla sezione comples-
siva per l’instaurarsi di un “effetto arco” tra le estremità dei tiranti disposti secondo le due direzio-
ni ortogonali prescelte.
cy
pb
h cx pb
figura 6.6. Zone di confinamento dei tiranti nella sezione trasversale e longitudinale
(Linee Guida del consiglio superiore dei Lavori Pubblici)
un primo esempio di tecnologia è costituito dal sistema di tensionamento per catene in fRP
studiato all’università di napoli – Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e della Produzione dal-
lo staff del Prof. I. crivelli Visconti, che mostriamo di seguito.
al fine di raggiungere gli scopi prefissati è necessario effettuare le operazioni che di seguito si
espongono. Per l’alloggio del sistema in oggetto è necessaria la realizzazione di un apposito scavo
all’interno dell’elemento che viene contenuto tra le piastre di distribuzione del carico e che risul-
terà, alla fine del processo, caratterizzato da uno stato tensionale di compressione. Lo scavo in og-
getto si può distinguere in due scavi principali: il primo all’interno dell’elemento su cui si opera nel
quale viene alloggiato il tubo contenente la barra in materiali composito, il secondo sulle facce ter-
minali esterne dell’elemento nel quale vengono alloggiate le piastre che servono per distribuire le
sollecitazioni che avvengono come reazione alla trazione imposta sulla barra in composito fibroso.
Il secondo scavo a cui si è fatto riferimento serve per far si che la geometria della superficie ester-
na originaria, possa essere ripristinata, tale scavo può anche non essere realizzato nel caso in cui
non si abbia interesse a ripristinare la geometria del manufatto originale. entrambi gli scavi posso-
no avere geometria comunque variabile e direttrice di scavo comunque variabile in funzione del
manufatto oggetto dell’intervento e dello stato tensionale che si vuole imporre allo stesso. In segui-
to alla realizzazione degli scavi di cui sopra si deve procedere alla posa in opera del sistema di ten-
sionamento che si analizza nei passaggi successivi. all’interno del primo scavo realizzato viene po-
sizionato un tubo forato (fig. 6.8, elemento 8) che servirà per l’alloggio delle fibre e per la succes-
6. RInfoRzo DI stRuttuRe In MuRatuRa 99
siva impregnazione delle stesse. Questo tubo può essere realizzato con geometria e materiale co-
munque variabile. L’assenza di tale tubo non inficia gli scopi prefissati dall’invenzione: la sua fun-
zione infatti in alcuni casi, ad esempio quando il materiale dell’elemento non è molto poroso, può
essere adempiuta dalla superficie dello stesso foro realizzato in precedenza che funge sia da allog-
gio per le fibre sia successivamente per la resina di impregnazione. alle due estremità del tubo o
comunque in prossimità delle due estremità del foro realizzato (nel caso in cui non viene utilizzato
il tubo) vengono posizionati due “manicotti” che serviranno come collegamento della barra in com-
posito al resto del sistema e per la successiva fase di tiro. tali “manicotti” possono essere forati e
caratterizzati dall’essere filettati sia sulla superficie interna sia sulla superficie esterna e tali filetta-
ture possono avere caratteristiche geometriche comunque variabili in funzione della forza di tiro
che si vuole imporre e del materiale sul quale viene imposto il tensionamento. La lunghezza di que-
sti elementi può essere comunque variabile in funzione della forza di tiro che si desidera applicare.
Bisogna quindi posizionare le due piastre (fig. 6.8, elementi 4/10) che garantiscono la distribuzio-
ne dei carichi che vengono determinati dal successivo tensionamento. Le piastre in oggetto posso-
no essere realizzate in materiale metallico, materiale composito o qualsiasi materiale che consenta
di garantire al pezzo le caratteristiche meccaniche necessarie alle successive fasi del tensionamen-
to. La geometria di tali piastre può essere comunque variabile in funzione delle caratteristiche geo-
metriche e meccaniche dell’elemento da rinforzare e in funzione della zona sulla quale si vuole di-
stribuire lo stato tensionale. L’assenza di una o entrambe le piastre non inficia gli scopi prefissati
dall’invenzione, ma la loro assenza non consente la corretta distribuzione dello stato tensionale che
risulta quindi localizzato. sulla superficie esterna dei due manicotti vengono quindi avvitati due
dadi aventi filettatura tale da consentire di essere avvitati sulla filettatura esterna dei manicotti. I
dadi possono avere geometria esterna variabile e lunghezza variabile in funzione del carico che si
intende applicare al tensionamento. all’interno del sistema così realizzato vengono quindi posizio-
nate le fibre che verranno successivamente fatte oggetto del tensionamento. successivamente alla
fase di posizionamento delle fibre è necessario effettuare un pretensionamento delle stesse che può
essere anche effettuato manualmente e serve ad effettuare l’allineamento delle fibre che diversamen-
te produrrebbero un composito con notevole riduzione delle caratteristiche meccaniche. una volta
effettuato il tensionamento delle fibre, mantenendo le stesse ancora in tiro si può procedere a posi-
zionare il sistema di impregnazione. L’impregnazione del sistema può essere realizzata sia con un
sistema di pompaggio di resina sia mediante un sistema di aspirazione di resina.
entrambi i sistemi sono caratterizzati da un punto di ingresso ed un punto di uscita della resina
che possono essere costituiti da due tubicini, posizionati in prossimità o all’interno dei fori dei ma-
nicotti. Dopo aver posizionato i tubicini di ingresso e uscita della resina è possibile iniziare le ope-
razioni di impregnazione, tali operazioni vengono effettuate mediante l’utilizzo di un compressore
o di una pompa, che consentono l’ingresso della resina e l’impregnazione delle fibre. nel caso in
cui invece di utilizzare fibre secche da impregnare vengono utilizzati profili prepolimerizzati, le ope-
razioni da eseguire sono le stesse tenendo presente che è comunque necessario effettuare il collega-
mento mediante incollaggio della barra ai manicotti. In questo caso non risulta necessaria la fase di
pretensionamento, e le fasi di incollaggio dei manicotti alla barra di composito possono essere ef-
fettuate in momenti diversi e anche con due sistemi separati di iniezione.
nel caso si utilizzino barre prepolimerizzate, al fine di migliorare il collegamento delle stesse
con i manicotti, è possibile utilizzare oltre alle tipiche barre lisce, barre aventi superficie esterna ca-
ratterizzata da geometria che ne determini l’aderenza migliorata. Dopo aver proceduto alle prece-
100 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
denti operazioni, e dopo aver atteso il tempo necessario alla polimerizzazione della resina utilizza-
ta, è quindi possibile iniziare le operazioni di tiro.
In alcuni casi prima di effettuare tali operazioni di tiro è possibile procedere con un’ulteriore ope-
razione che può garantire una maggiore funzionalità al sistema, tale operazione consiste nell’inie-
zione, all’interno dell’intercapedine presente tra il tubo di alloggio delle fibre e il foro precedente-
mente realizzato, di una malta da iniezione o di una resina che consentono il totale ripristino della
continuità del sistema eliminando tutti i possibili fenomeni di concentrazione di carichi che potreb-
bero inficiare il corretto funzionamento del sistema.
al fine di effettuare le operazioni di tiro, dopo aver eliminato tutti i sistemi di iniezione, è ne-
cessario utilizzare una opportuna chiave metallica (fig. 6.9, elemento 1). Dopo aver posizionato le
due chiavi in modo da bloccare sia il manicotto sia il dado si passa all’effettiva operazione di tiro,
tale operazione viene effettuata bloccando la chiave interna, anche mediante l’utilizzo di un ulterio-
re elemento che ne semplifichi il bloccaggio, e posizionando una chiave dinamometrica in uno de-
gli appoggi appositi presenti sulla chiave esterna. Dopo aver posizionato la chiave dinamometrica
si passa infine alla fase di tiro che verrà continuata fino al raggiungimento del valore di tiro deside-
rato che può essere determinato dai valori indicati dalla chiave.
B B
Per realizzare un sistema di tensionamento per compositi tipo sRG – sRP è possibile procede-
re come segue. Per prima cosa è necessario provvedere alla preparazione e completa pulizia delle
superfici di supporto con eliminazione totale di parti inconsistenti e di qualsiasi materiale che pos-
sa pregiudicare il buon aggrappo delle lavorazioni seguenti, e ove necessario allo smusso di even-
tuali angoli. Per interventi su supporti in calcestruzzo che si presentassero eccessivamente degrada-
ti con la presenza di ferri d’armatura a vista è necessario effettuare un primo intervento di ripristi-
no strutturale con apposito passivante e malta tissotropica su supporti in muratura molto irregolari,
realizzazione di piste di livellamento da effettuare con malte idrauliche appositamente formulate.
6. RInfoRzo DI stRuttuRe In MuRatuRa 101
Bloccare il sistema, stendere il tessuto sull’eventuale pista, procedere alla messa in tensione del
tessuto con apposita chiave dinamometrica e fissare l’altra estremità solidarizzando la doppia pia-
stra di ancoraggio al supporto.
Molto spesso l’ancoraggio viene realizzato successivamente alla fase di polimerizzazione me-
diante foratura del composito generando il taglio delle fibre che determina una riduzione delle pro-
prietà finali ed applicando il fiocco con una impregnazione di tipo manuale. al fine di evitare il ta-
glio delle fibre migliorando le caratteristiche meccaniche finali del sistema è opportuno effettuare
l’inserimento del trefolo in una cavità precedentemente realizzata mediante spostamento delle fi-
bre. In questo modo la fase di impregnazione può essere coincidente e questo metodo di realizza-
zione del sistema garantisce una maggiore continuità all’interfaccia foro-fiocco grazie alla contem-
poranea polimerizzazione dei due elementi fibrosi (tessuto e trefolo). Per la realizzazione dei trefo-
li è sconsigliato l’utilizzo di fibre di carbonio data la bassa resistenza a taglio mentre è consigliato
l’utilizzo di fibre aramidiche o fibre di acciaio. nel caso si utilizzino fiocchi in acciaio al carbonio
per ancorare rinforzi realizzati con tessuti in cfRP è sempre opportuno evitare il contatto diretto
tra acciaio e carbonio interponendo ad esempio tra i due uno strato di fibra di vetro.
ferisca ad applicazioni “per aderenza” (rinforzo a flessione o a taglio) o applicazioni “per contatto”
(confinamento passivo di colonne o pilastri di muratura). al fine di incrementare le caratteristiche
meccaniche del substrato è possibile intervenire preventivamente all’applicazione dei materiali com-
positi con un’opportuna primerizzazione realizzata con appositi prodotti.
La progettazione del tipo e del numero di prove da eseguire deve essere condotta, per ciascuna
applicazione, valutando:
– l’importanza funzionale e strategica che assume la costruzione durante gli eventi sismici, in
relazione alle conseguenze di un eventuale collasso;
– la sua valenza storica e culturale;
– la rilevanza strutturale dell’intervento, a seconda che riguardi elementi strutturali primari
(es. volte, cupole, colonne, archi, pareti) o secondari (es. piattabande, tiranti);
– l’estensione dell’intervento in rapporto alle dimensioni della struttura.
Il substrato della muratura può aver subito un deterioramento fisico-chimico, fisico-meccanico,
biologico o conseguente ad un impatto. In tal caso è fondamentale rimuovere interamente la mura-
tura deteriorata. una volta che il substrato deteriorato sia stato rimosso e siano stati adottati gli op-
portuni provvedimenti per bloccare i processi di degrado dei materiali, nonché tutti gli altri feno-
meni che siano causa di esso (ad esempio infiltrazioni d’acqua o presenza di micro vegetazione), si
può procedere alla ricostruzione delle parti rimosse mediante l’utilizzo di prodotti compatibili con
la muratura stessa. al ripristino delle parti di murature ammalorate è opportuno associare il livella-
mento di eventuali asperità superficiali superiori a 10 mm. Il livellamento può essere effettuato con
stucco epossidico compatibile per asperità comprese tra i 10 mm ed i 20 mm; oppure con malta fi-
brorinforzata per asperità superiori ai 20 mm. se l’elemento da rinforzare presenta fessure di am-
piezza superiore a 0.5 mm, è opportuno che queste ultime siano richiuse mediante iniezione prima
di applicare il rinforzo.
nel caso in cui si operi su una superficie di muratura che non necessiti di ripristino, ma che sia
di qualità scadente, è opportuno valutare la possibilità di applicare su di essa un consolidante prima
della stesura del primer.
È necessario assicurarsi che le parti degli elementi interessate dal rinforzo con composito siano
perfettamente pulite, rimuovendo da esse polveri, grassi, idrocarburi e tensioattivi.
In tutti i casi in cui il materiale composito di rinforzo debba essere applicato su spigoli, è neces-
sario procedere preventivamente all’arrotondamento di questi ultimi con un raggio di curvatura non
inferiore a 20 mm.
successivamente alla preparazione del substrato, in fase di posa in opera dei materiali compo-
siti è necessario tenere in considerazione che i rinforzi non vanno installati su substrati che pre-
sentino un grado di umidità superficiale maggiore del 10%: tale condizione potrebbe infatti im-
pedire la penetrazione del primer nei pori e generare bolle d’aria tali da compromettere l’aderen-
za ed il rinforzo, inoltre, non va installato se la temperatura ambiente e quella superficiale sono
molto basse, in quanto potrebbe essere pregiudicata la perfetta stagionatura delle resine e l’impre-
gnazione delle fibre. È sconsigliato installare il rinforzo se le suddette temperature non ricadono
nell’intervallo 10-35 °c. In ambienti a bassa temperatura, se la tempistica di cantiere non consen-
te di differire l’installazione, è opportuno riscaldare artificialmente le zone interessate dal rinfor-
zo. Parimenti, è sconsigliato installare il rinforzo nel caso in cui la superficie muraria sia esposta
a forte soleggiamento. Gli intervalli di temperatura per il corretto utilizzo delle resine devono es-
sere indicati sulle relative schede tecniche.
104
caPItoLo 7
caraTTerizzazione e moniToraggio
dei sisTemi aPPLicaTi
t 7.1. introduzione
nei capitoli precedenti si è concentrata l’attenzione principalmente sulle modalità di verifica e
progettazione degli interventi di rinforzo con materiali compositi evidenziando l’importanza di ac-
curate analisi preventive di caratterizzazione delle strutture oggetto di rinforzo.
al fine di garantire la realizzazione degli interventi realizzati a perfetta regola d’arte è necessa-
rio tenere in considerazione numerosi aspetti, legati alla fase di realizzazione delle opere, che an-
dremo ad analizzare nel seguito.
I sistemi di rinforzo strutturale con materiali compositi devono seguire scrupolose regole di cer-
tificazione e verifica che devono essere considerate a partire dalla fase di progetto fino al collaudo
delle opere. Il progettista, infatti, determina per primo la tipologia dei materiali che devono essere
utilizzati scegliendo tra un sistema di “tipologia a” o di “tipologia B” e questa scelta, come altre,
va garantita e verificata da tutte le figure tecnico-professionali che seguono la realizzazione delle
opere fino ad arrivare al collaudo delle stesse.
Le normative tecniche, a partire dal Dt 200-04 fanno riferimento a specifiche modalità di veri-
fica e certificazione dei materiali e della loro posa in opera ed in particolare le “Linee Guida del-
l’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici” introducono l’obbligatorietà dei
controlli di accettazione dei materiali, indicando che i prelievi e la preparazione dei provini devo-
no essere svolti sotto la supervisione del Direttore dei Lavori che, successivamente, potrà conse-
gnare i provini ad un laboratorio abilitato ai sensi dell’articolo 59 del D.P.R. n. 380/2001 per l’ef-
fettuazione di prove sperimentali e relativa certificazione. Le stesse Linee Guida chiariscono inol-
tre che per l’identificazione e la qualificazione dei compositi per il rinforzo strutturale non esiste ad
oggi una normativa europea armonizzata, che preveda anche la marcatura ce, ma è possibile fare
riferimento a specifiche tecniche di comprovata validità che garantiscano un livello di sicurezza equi-
valente a quello definito per i materiali tradizionali nel vigente decreto relativo alle norme tecni-
che per le costruzioni.
Di seguito andiamo ad analizzare ed a riportare le principali indicazioni presenti nelle attuali nor-
me tecniche in riferimento ai sistemi di verifica e certificazione da adottare nella realizzazione di
un intervento di rinforzo con materiali compositi.
t 7.2. i materiali
I materiali compositi utilizzati per le applicazioni di rinforzo strutturale devono essere:
– identificabili per poter risalire univocamente al produttore;
– qualificati e controllati secondo procedure di controllo ben definite ed applicabili al proces-
so di produzione in fabbrica e verificati regolarmente da un ente terzo di ispezione abilitato;
– accettati dal Direttore dei lavori dopo verifica della documentazione e prove di accettazione.
7. caRatteRIzzazIone e MonItoRaGGIo DeI sIsteMI aPPLIcatI 105
nella verifica delle specifiche tecniche dei materiali che vengono utilizzati in un intervento di
rinforzo si deve effettuare una prima distinzione tra i laminati pultrusi prodotti in stabilimento ed i
laminati prodotti in situ.
tali informazioni devono essere riportate nelle schede tecniche dei prodotti utilizzati, nelle qua-
li devono essere specificati i valori nominali ovvero una stima affidabile e sicura dei valori adotta-
bili dal progettista.
metodo di prova,
unità
Test Proprietà normativa Test
di misura
di riferimento
T1 Densità delle fibre rfib [g/cm3] astM D 792 facoltativo
Iso 1183-1
Massa del tessuto
T2 px [g/m2] Iso 3374 obbligatorio
per unità di area
T3 Densità della resina rm [g/cm3] Iso 1675 facoltativo
area equivalente Art [mm2/m]
T4 – facoltativo
spessore equivalente teq [mm]
T5 frazione in peso Iso 11667 facoltativo
delle fibre nel composito Pfib –
frazione in volume
delle fibre nel composito Vfib – Iso 1172
T6 Percentuale di vuoti nel composito VV – astM D2734 facoltativo
Modulo elastico del laminato Ef [Mpa]
Resistenza del laminato ff [Mpa]
Deformazione a rottura del laminato εf [%]
T7 Modulo elastico del laminato Iso 527-4,5 obbligatorio
riferita all’area delle fibre Efib [Mpa]
Resistenza del laminato
riferita all’area delle fibre Ffib [Mpa]
Deformazione a rottura delle fibre εfib [%]
nella versione più elementare, una prova di questo tipo può essere eseguita da un tecnico esper-
to percuotendo la superficie del composito con una bacchetta rigida e ascoltando la sonorità che
scaturisce dall’impatto.
Risultati più oggettivi possono essere ottenuti con sistemi automatizzati.
al fine di garantire una corretta posa in opera dei sistemi di rinforzo e di evitare problemati-
che relative alla non corretta creazione del composito o alla non perfetta aderenza dello stesso al
supporto è importante monitorare, durante l’intervento di rinforzo diversi fattori tra i quali la tem-
peratura del rinforzo, l’umidità dell’ambiente, l’andamento di spostamenti e deformazioni, la con-
tinuità e il livello di danneggiamento delle fibre e in ultimo la presenza di difetti e distacchi del-
l’applicazione.
111
caPItoLo 8
t 8.1. introduzione
nel presente capitolo vengono analizzate le modalità di posa in opera di alcuni dei principali si-
stemi di rinforzo con materiali compositi applicati sugli elementi strutturali di maggiore interesse.
Vengono di seguito analizzate le principali fasi di posa in opera dei materiali con le relative speci-
fiche tecniche facendo riferimento a voci di capitolato tradizionali.
nel caso in cui vengono realizzati rinforzi con materiali compositi realizzati in situ, le operazioni
di posa in opera sono indipendenti dalla tipologia di tessuto scelta, sia esso carbonio, aramide o altro.
Le grammatura e l’orditura dei tessuti può variare in funzione delle necessità progettuali ed in
funzione dell’offerta delle case produttrici, per evitare difficoltà di impregnazione in cantiere si
consiglia comunque l’utilizzo di tessuti aventi grammatura non superiore ai 600 g/m2, in caso sia-
no necessarie grammature superiori si deve ipotizzare l’utilizzo di più strati sovrapposti.
nel caso in cui vengono realizzati rinforzi con materiali compositi prodotti in stabilimento, le
operazioni di posa in opera sono indipendenti dalla geometria degli stessi. Le lamine pultruse sono
solitamente commercializzate con le geometrie indicate in tabella:
fettamente pulite ed asciutte ed aventi buone caratteristiche meccaniche, trattando i ferri di armatu-
ra con apposite vernici passivanti dopo aver eliminato la superficie di ossido presente e ripristinan-
do le condizioni meccanico-geometriche del calcestruzzo di supporto. Le lamine o i tessuti posti in
opera vengono solitamente posizionati a tutta lunghezza all’intradosso dei travetti al fine di soppe-
rire al deficit di momento resistente, considerando le zone terminali in cui questo risulta uguale o
maggiore del momento sollecitante quali zone di ancoraggio per la delaminazione.
scheda 8.1. Rinforzo di solai latero-cementizi con lamine pultruse di fibre di carbonio
meccanica. Le lamine o i tessuti posti in opera vengono solitamente posizionati a tutta lunghezza
all’intradosso delle travi al fine di sopperire al deficit di momento resistente, considerando le zone
terminali in cui questo risulta uguale o maggiore del momento sollecitante quali zone di ancorag-
gio per la delaminazione.
figura 8.3. Rinforzo di solaio con travi in acciaio con lamine in CFRP
8. MoDaLItÀ e tecnIcHe DI aPPLIcazIone 115
O LY T E X C A R B O 320UNIAX-HR O LY T E X C A R B O 320UNIAX-HR OLY T EX GLASS 320 UNI-AX HR OLY T EX GLASS 320 UNI-AX HR
O LY R O P E S T EEL12
T RAVE 60 60 60 60
20
60 60 60 60
figura 8.5. Cerchiaggio discontinuo figura 8.6. Pilastro rinforzato con CFRP
per flessione semplice di pilastro in c.a. e successiva applicazione di pannelli REI
che come evidenziato nei capitoli precedenti non può essere limitato alle facce laterali della trave
ma deve essere continuo quantomeno all’intradosso della stessa se non risulta possibile effettuare il
completo avvolgimento della trave.
β = 90°
figura 8.9. Trave rinforzata con FRP e successiva applicazione di pannelli REI
scheda 8.5. Rinforzo strutturale di travi in c.a. con lamine pultruse di fibre di carbonio
[segue]
8. MoDaLItÀ e tecnIcHe DI aPPLIcazIone 121
zi con rete elettrosaldata si aumenta notevolmente la durabilità dell’intervento per l’assenza di fe-
nomeni di ossidazione, non si creano le tradizionali contro-pareti in c.a. che determinano notevo-
li aumenti di peso sia locali sia in fondazione della struttura e aumento della rigidezza dei pannel-
li con probabile rottura a taglio degli stessi.
un altro notevole vantaggio dei rinforzi di muratura con fRP e dato dalla presenza degli stessi
su una superficie non superiore al 50% del totale consentendo così una sufficiente traspirabilità del-
le murature. La disposizione dei rinforzi sulle murature dipende dalle caratteristiche meccaniche che
si vogliono migliorare, può essere ad esempio disposto in direzione prevalentemente verticale per
il rinforzo a flessione a +/-45° per il taglio o a +/-90°.
Il rinforzo può essere realizzato su una sola faccia delle murature o su entrambe le facce, nel se-
condo caso si è soliti collegare le due facce del rinforzo con trefoli in fRP passanti all’interno del-
la muratura e collegati ad entrambe le facce del rinforzo.
SEZ 1-1
Scala 1:20
SEZ 2-2
Scala 1:20
SEZ 3-3
Scala 1:20
3 3
5 5
2 2
LEGENDA ANCORAGGI
STATO DI FATTO
Scala 1:20
2
1
3
11 4
10
5
9
6
8
7
7
8
6
9
5
1
10
11
[segue]
8. MoDaLItÀ e tecnIcHe DI aPPLIcazIone 125
scheda 8.9. Rinforzo strutturale di murature con tessuti monodirezionali di fibre di vetro
[segue]
126 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
rantita quando la curva delle pressioni, ovvero il poligono funicolare del carico permanente e acci-
dentale su di essa gravanti, passa all’interno del nocciolo centrale d’inerzia di ciascuna sezione “ca-
nale Qualora invece, la curva delle pressioni dovesse fuoriuscire dal predetto canale statico, a cau-
sa ad esempio i condizioni di carico, la sezione si parzializzerebbe con conseguente nascita di ten-
sioni di trazione. se la ci pressioni, già esterna alle linee di nocciolo, fuoriuscisse anche dalle linee
di intradosso o estradosso, ovvero dell’arco stesso, sopraggiungerebbe la crisi per formazione di
una cerniera, la presenza degli fRP impedisce la formazione di queste cerniere e quindi il collasso
della struttura, assorbendo gli sforzi di trazione presenti.
Intervento di rinforzo
Y1 Scala 1:50 Y3
C
X3
X4
D D
X5
è indubbiamente quello del rinforzo di elementi lignei prevalentemente inflessi, quali singole travi,
putrelle di solai o singoli elementi di sistemi strutturali più complessi, quali capriate e telai. Il rinfor-
zo può essere costituito da lamine o fogli di varia costituzione, applicati secondo criteri tali da con-
seguire vantaggi in termini di resistenza, di deformabilità oppure di duttilità. altro impiego è il rinfor-
zo di strutture per azioni nel piano, rinforzo delle unioni e di elementi prevalentemente compressi.
0 Dim 500x340 mm
210 105
0
0
649
6 105
2100
320
Dim 320x300
500
500
400
200
figura 8.15. Rinforzo a flessione di tirante per capriata in legno con FRP
caPItoLo 9
esemPi di aPPLicazione
L’opera rimase incompiuta per cui la sua attuale mole (oltre 100.000 metri quadri di superficie
utile) è solo una parte di quella che avrebbe dovuto essere una volta terminati i lavori.
Il progetto di rinforzo del Real albergo dei Poveri inizia nel 1998 con un progetto del Prof. Ing.
Renato sparacio che introduce l’utilizzo dei materiali compositi con fibre di vetro GfRP per il rinfor-
zo delle volte in muratura.
nei successivi lotti di lavoro, la progettazione è stata curata dall’RtP cRocI-RePeLLIn Rag-
gruppamento temporaneo di Professionisti, capigruppo il Prof. Ing. Giorgio croci e l’arch. Didier
Repellin che per il rinforzo delle volte e delle murature hanno fatto ampio uso dei materiali compo-
siti con fibre di aramide afRP come illustrato nelle fotografie che seguono.
9. eseMPI DI aPPLIcazIone 133
Lesioni
6.39
5.7
3.5
È da presupporre che il pilastro sia stato creato per rinforzare l’arco o perché si riteneva che lo
stesso potesse essere caricato da nuove strutture o perché lo stesso aveva dato segni di cedimento.
La totale assenza di segni di dissesti fa preferire la prima delle tesi anche perché l’arco sostiene un
136 RInfoRzo stRuttuRaLe con MateRIaLI coMPosItI
muro che direttamente vi grava e l’altro arco, normale al primo (che fu costruito presumibilmente
nella stessa epoca del pilastro) sostiene il muro trasversale che esiste al primo piano. La modestia
dei carichi a fronte dell’imponenza dei rafforzamenti fa presumere o un accesso di prudenza o la pre-
visione di successivi incrementi ponderali.
a prescindere dalle considerazioni esposte che porterebbero a considerare la possibilità della eli-
minazione del pilastro senza opere aggiuntive, si opererà nella convinzione che l’eliminazione di que-
Vista Frontale
Stato attuale Fase 1: messa in opera di barre longitudinali incassata nella muratura
35
35
85
85
10
-4.15 -4.15
Zona sottoposta interessata da scavi archeologici Zona sottoposta interessata da scavi archeologici
Fase 2: esecuzione di iniezioni armate con barre pultruse e con pilastro non demolito Fase 3: esecuzione di iniezioni armate con barre pultruse e con pilastro demolito
0.00 Tralicciatura con barre pultruse ed iniezioni in resina epossidica 0.00 Iniezioni di resina armate con barre pultruse
35
35
85
85
-4.15 -4.15
Particolare della disposizione Particolare dell'intradosso della volta Particolare dell'intradosso della volta Sezione trasversale sull'arco minore
della chiodature nella volta Scala 1 : 25 Scala 1 : 25 scala 1:25
Scala 1 : 25 3 Ø 10
Fori Ø 20 a quinconcio a sede di barre pultruse Ø 12 Fori Ø 20 a quinconcio a sede di barre pultruse Ø 12
30 30 30 30 30 30
2Ø8
15
15
20
20
50
°
20
20
45
20
20
75
75
75
75
30,4 30,4
20
20
20
20
70
30,4 30,4
45°
20
20
15
15
3 Ø 10
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45°
45°
sto montante che attualmente sostiene l’arco al suo centro comporterà un aumento delle sollecitazio-
ni nell’arco stesso e ciò rende indispensabile che si provveda al suo rafforzamento creando nel suo in-
terno un traliccio portante ideale costituito da elementi ad alta resistenza alla trazione collegati alla mas-
sa muraria che dovrà contenerli e da altri elementi aggiuntivi disposti nelle parti più sollecitate.
tale risultato può essere raggiunto inserendo nell’arco lungo il suo sviluppo una doppia serie di
tondi pultrusi in fibra di carbonio.
una delle serie viene inclinata rispetto alla direzione del raggio dell’arco in ciascuna sezione, di
45° in senso orario e l’altra sarà inclinata, sempre rispetto alla direzione del raggio, di 45° ma que-
sta volta in senso antiorario. In tal modo si determina una fascia resistente alle sollecitazioni di tra-
zione ubicata all’intradosso dell’arco la cui sezione ideale scaturisce dalla composizione della ri-
sultante dell’azione delle due barre.
Questa diffusa chiodatura viene estesa fino ad oltre l’estradosso dell’arco, e pertanto non solo as-
sicurerà il sicuro ancoraggio delle barre, ma aumenterà in modo considerevole la resistenza della
muratura superiore in quanto la stessa viene ad essere iniettata con materiali di pregio.
figura 9.10. Rinforzo a taglio e flessione travi in c.a. con tessuti in CFRP
figura 9.13. Monumento ai Martiri Napoletani con particolare della coda mancante
La struttura in oggetto si compone di 14 capriate lignee a nodo aperto, formate da puntoni (se-
zione di circa 320x300 mm), catena (400x300 mm), monaco (500x340 mm) e saettoni (dm medio
220 mm), poste ad interassi variabili di circa 5.90 m. Le falde di testata, di cui quella nord rimossa
con inevitabili trasformazioni e sacrifici dell’apparecchiatura di sostegno, sono sorrette da ulteriori
quattro travi inclinate. La piccola orditura è formata da morali e correntini lignei apparecchiati con
un pianellato in cotto. L’orditura principale è attestata – vale a dire, asciata e con spigoli smussati –
con una lavorazione poco accurata, soprattutto in corrispondenza dei puntoni; diversamente, cor-
renti e correntini risultano generalmente scorzati. Pur con alcune differenziazioni, anche le ferra-
menta di rinforzo delle connessioni si segnalano per la generalizzata uniformità di tipologie e lavo-
razioni. tra monaco e catena è una staffa ad u con
chiavarda; tra monaco e puntoni è un gattello ligneo
chiodato, in qualche caso, come nella I capriata da
nord, sostituito da una più recente staffa piatta in fer-
ro, chiodata ad intervalli regolari. Le saette, tra le
membrature sulle quali si è più intervenuto, si eviden-
ziano come partizioni storicamente soggette a ripetu-
ti dissesti ed, evidentemente, come pure per la picco-
la orditura, anche a qualche sostituzione. Le sezioni
a contatto col monaco apparivano, infatti, ampiamen-
te segnate da diffuse sconnessioni, mentre ripetute le- figura 9.16. Particolare del taglio
sioni ad andamento longitudinale caratterizzano la con fresa verticale
quasi totalità delle aste.
fessurazioni longitudinali, scaturite da un eccesso di sollecitazioni flessionali, ricorrevano pure
su alcuni correnti dell’orditura secondaria, particolarmente nella sezione compresa tra le capriate X
e XI, soprattutto sulla falda di levante. Macroscopici e ripetuti cedimenti differenziali dei monaci,
in qualche caso portati a filo della corda, ancora oggi ben visibili e largamente presenti, testimonia-
vano, inoltre, la vigenza di dissesti ormai stabilizzati di ben più antica origine, altresì contrastati da
elementi di rinforzo di diversa datazione. In particolare, considerando i provvedimenti di più recen-
te introduzione, si segnalano i presidi in acciaio disposti in mezzeria ad alcuni correnti, in qualche
caso, ancora oggi caratterizzati da un insufficiente tesatura ed, in corrispondenza della fronte set-
tentrionale della XI capriata, la vigenza di un sistema collaborante realizzato, in aderenza, con ti-
ranti connessi ad una coppia di profilati a c bullonati, con funzione di puntoni.
Il rinforzo dei correnti è stato eseguito realizzandovi incassi longitudinali, ottenuti con opportu-
na fresa verticale, trattamento con primer specifico, applicazione di stucco epossidico bicomponen-
te per la regolarizzazione delle superfici, inserimento di corde in fibra di carbonio fissate con ade-
sivo bicomponente epossidico e successiva stuccatura e riverniciatura delle superfici. Due catene so-
no state rinforzate, dall’intradosso, con chiodature puntuali, realizzate inserendo in appositi fori
eseguiti con trapano manuale barre in cfRP, inclinate di circa 45° sull’orizzontale, ancorate con
pasta di resina epossidica.
Per il consolidamento a compressione dei saettoni, si è proceduto al cerchiaggio con corde in
cfRP, posizionate all’interno di apposite tracce, successivamente stuccate e riverniciate. si è ga-
rantito così un aumento significativo della resistenza a compressione, contenendo le spinte radiali
fatte assorbire alle corde in cfRP, in questo modo, sollecitate a trazione. L’intervento ha interessa-
to i saettoni per un totale di 26 elementi, ciascuno di lunghezza 2,3 m. Identicamente su ognuno di
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essi, in corrispondenza della sezione intradossale di attacco al monaco, è stata inserita in appositi
fori una coppia di barre in cfRP. a completamento del lavoro, si sono predisposti poi alcuni esten-
simetri, in corrispondenza dei correnti e dei saettoni di più problematica riabilitazione, così da mo-
nitorare con continuità eventuali ulteriori assestamenti della struttura che, ad oggi, a circa tre anni
dall’esecuzione, non rivela comunque spostamenti di merito.
superato questo valore, che nelle specifiche tecniche dei maggiori gestori della telefonia varia
tra 1° e 1,5°, si verifica la perdita del segnale da parte degli apparati, con le ovvie conseguenze che
ne derivano. a queste circostanze si può giungere quando, in determinate condizioni, la struttura di
sostegno subisce delle oscillazioni non previste in fase progettuale.
I motivi per cui la struttura di sostegno, in determinate circostanze, può oscillare (vibrare) per
valori superiori a quelli ammissibili vanno ricercati, principalmente, nell’alterazione della configu-
razione iniziale della struttura. In particolare, essendo il livello tecnologico nell’ambito delle tele-
comunicazioni in continuo aggiornamento, c’è l’esigenza da parte degli operatori di variare gli ap-
parati sulla struttura di sostegno; ciò comporta, in molti casi, un aumento dei carichi sulla struttura,
che comporta una perdita di rigidezza della stessa; a questa perdita di rigidezza si attribuisce la cau-
sa dell’incremento delle oscillazioni che interessano la struttura.
escludendo la sostituzione dell’intera struttura, si deve ricorrere, di conseguenza, ad un interven-
to di consolidamento (o irrigidimento) della struttura. Di notevole interesse è l’intervento di irrigi-
dimento della struttura con materiali compositi date le loro elevate caratteristiche meccaniche, il bas-
so rapporto peso-resistenza, la resistenza alla corrosione e l’elevata durabilità.
nella progettazione del rinforzo di questa tipologia di strutture devono essere tenute in oppor-
tuna considerazione tutte le informazioni presenti in questo capitolo come l’interposizione di uno
strato di GfRP per separare l’elemento in acciaio da quello in cfRP.
Di notevole importanza per garantire l’elevata durabilità del sistema di rinforzo applicato è l’ap-
plicazione di uno strato protettivo sulla superficie esterna del rinforzo. È ad esempio possibile ef-
fettuare la verniciatura della superficie esterna del rinforzo con resina poliuretanica bicomponente
alifatica, che garantisce un’ottima resistenza ai raggi ultravioletti, agli agenti atmosferici, alle ag-
gressioni chimiche, al cloro, all’usura ed alle alte temperature.
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caPItoLo 10
guida aLL’insTaLLazione
e aLL’uso deL sofTware
2. Inserire i codici “a” e “b” riportati alla fine del volume e cliccare su [verifica codici].
3. compilare la maschera anagrafica inserendo un indirizzo di posta elettronica al quale Vi sarà
inviata in tempo reale la password utente.
10. GuIDa aLL’InstaLLazIone e aLL’uso DeL softWaRe 147
(n.b. In genere “D” identifica l’unità cD-RoM; verificare il nome della vostra unità cD-
RoM da “Gestione Risorse”).
c] cliccare sul pulsante [oK] per completare la procedura.
n.b. Per il corretto utilizzo del foglio di calcolo flessione frP occorre attivare le macro.
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S C H E D A D I R E G I S T R A Z I O N E D E L S O F T W A R E A L L E G AT O A L V O L U M E
RINFORZO STRUTTURALE CON MATERIALI COMPOSITI
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numerosi articoli e di tre importanti brevetti sull’argomento.
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