E GENIUS LOCI
del Genius Loci sinteticamente riconducibili da un lato alla visione tradizionale
(di cui in particolare alla religione romana e – più in generale – alla speculazione
filosofica); dall’altro, all’idea moderna / contemporanea del Genius Loci quale
elemento connesso alla valorizzazione della specificità dei territori ricchi di storia
e di identità culturale; dall’altro ancora, al Genius Loci come elemento primario
di conoscenza e di azione per la prefigurazione di scenari di innovazione e
trasformazione degli attuali paradigmi di declinazione delle politiche del diritto e
delle programmazioni attuative elaborate in ambito nazionale e comunitario.
ISBN 978-88-5756-521-7
MIMESIS
Mimesis Edizioni
Ermeneutica
www.mimesisedizioni.it
N. 2
Direttore della Collana: Silvio Bolognini (Università eCampus; Direttore CE.DI.S. – Centro studi e
ricerche sulle politiche del diritto e sviluppo del sistema produttivo e dei servizi – Università eCampus).
Comitato Tecnico Editoriale: Matteo Andolfo, Enrico Bocciolesi, Alessandro Bolognini, Massimiliano Bo-
navoglia, Mario Ciampi, Daniela Gulino, Federica Lautizi, Sergio Luppi, Cosimo Micali, Sonia Michelacci,
Barbara Piozzini, Marina Simeone, Luca Siniscalco, Attilio Cristiano Vaccaro Belluscio.
Comitato Scientifico: Alessandro Antonietti (Università Cattolica di Milano), Paolo Becchi (Università di
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Canal y Morell (École des Hautes Ètudes en Sciences Sociales – Parigi), Flavio Caroli (Politecnico di
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PROSPETTIVA PONTE
E GENIUS LOCI
Materiali per una ricerca
A cura di
Silvio Bolognini
MIMESIS
Il volume è stato realizzato con il contributo della Fondazione PRIMATO.
Collana: Ermeneutica, n. 2
Isbn: 9788857565217
Introduzione
Silvio Bolognini 11
La resilienza degli ecosistemi organizzativi: armonia tra identità, pluralismo e Genius loci
Sabrina Bonomi183
Da Zenevredo a Bogotà, via Milano/Roma. I luoghi della vita e dell’opera di Carlo Dossi
Francesca Caputo225
La non replicabilità del Genius loci : dall’offshoring al reshoring delle imprese italiane
nei distretti industriali
Francesca Faggioni389
Leonardo e la Visione
Pier Enrico Gallenga, Luigi Capasso, Rolando Bellini 403
Genius loci
Girolamo Lo Verso453
Dal mito classico al nomos della terra: Genius loci , diritto, localizzazione
Sergio Guido Luppi487
La casa, la piazza, il ponte.
Tre immagini architettoniche come metafore dell’individuo
Franco Maiullari511
La scoperta del Genius loci attraverso lo sguardo degli artisti del Grand Tour –
il macrocosmo
Marco Marinacci 549
Il ponte come deittico: la cornice ambientale del Genius loci – il mediocosmo
Marco Marinacci557
Genius loci e scrittura: il segno grafico come espressione di precise scelte culturali
Martina Pantarotto679
Daimon, genius, Genius loci . Legame indissolubile nella tradizione classica fra
anima/corpo, terra e sacro. Generazione, esistenza e valorizzazione di una identità
Marina Simeone777
“Nullus enim locus sine Genio”: Prolegomeni in tema di “funzione sociale”della proprietà,
“beni comuni “ e tutela del Genius loci
Attilio Cristiano Vaccaro Belluscio861
La gestione delle conoscenze in ambito aziendale e gli effetti prodotti dal Made in Italy
Luigi Zingone927
Autori 965
GENIUS LOCI: IL POSTO DELLA DIFFERENZA
NELL’EDUCAZIONE PER TUTTI
Sílvia Ester Orrú*
Nell’antica Roma, si pensava che ogni essere indipendente, disponesse di uno spirito guar-
diano. Uno spirito che conferiva vita alle persone e ai luoghi, e che faceva loro compagnia dalla
nascita fino al giorno finale. Persino gli dei possedevano i propri genii. Questo stesso spirito af-
fermava anche la natura e l’essenza delle persone e dei luoghi. Questo è il concetto di genius loci.
Schulz1 (1981), importante architetto e teorico del settore, apprende questo concetto e spie-
ga che l’architettura materializza le (in)dispensabilità dell’essere umano, in modo che questi
possa abitare e costruire lacci relazionali con il luogo e, di conseguenza, radice esistenziale.
In questo senso, la connessione della persona con il suo luogo di abitazione genera sentimenti
di appartenenza che comportano la costruzione della sua identità, visto che sono i luoghi dove
trascorrono gli eventi più marcanti. I luoghi si costituiscono come punti di partenza, scalo e
arrivo, innumerevoli volte, non definiti o definitivi nel corso della vita, ma ognuno, porta con
sè, la sua intensità di impressioni sul soggetto. I luoghi sono colmi di sensi e significati costruiti
nella storia e dalla cultura dell’umanità, ma che per ogni soggetto, a partire dalle sue esperienze
vissute e singolarità, sono anche risignificati.
La presenza singolare del genius loci risulta in evento, movimento e autonomia. Tuttavia,
secondo Schulz (1981), la struttura di un luogo non presume una condizione immutabile, pe-
renne o infinita. Al contrario, i luoghi sono passibili di trasformazioni mentre il genius loci non
si trova condizionato a traslocare o sparire.
In un movimento di appropriazione dell’idea di genius loci qui presente, indaghiamo: qual è
il posto della differenza nell’educazione per tutti?
Innanzitutto bisogna comprendere qual è il senso della differenza a cui ci riferiamo. E per
ottenere questa comprensione è necessario creare un movimento che ci forzi a pensare in modo
differente alla differenza. Pensare alla differenza esige che non abbiamo risposte assolute e
pronte, forgiate in regimi di verità che sono costruiti nella storia e tramandati nella cultura, dato
che tali regimi ci imprigionano e colonizzano il nostro pensiero. I regimi di verità creano verità
che servono per il controlo sociale per mezzo di strategie di manutenzione del potere e, così, so-
La posizione del povero, del barbone, del negro, della donna, del contadino, dell’operaio,
dell’indio in questo pensare. Penso alla mentalitá materialista del possesso dele cose, alla disatten-
zione per la decenza, alla fissazione del piacere, alla mancanza di rispetto per le cose dello spirito,
considerate di minore o di nessun valore. Immagino il rinforzo di questo pensare in molti momenti
dell’esperienza scolastica in cui l’indio continua sminuito. Registro l’onnipotenza delle sue libertà,
esenti da qualunque limite, libertà che diventano licenziosità, deridendo tutto e tutti. Immagino
l’importanza del vivere facile nella scala dei loro valori in cui l’etica maggiore, quella che sorregge
le relazioni nel quotidiano delle persone sarà stata quasi del tutto inesistente. Al suo posto, l’etica
del mercato, del guadagno. Le persone che valgono per quello che guadagnano in denaro al mese.
L’attaccamento all’altro, il rispetto per il più debole, la riverenza per la vita non solo umana, ma
vegetale e animale, la cura per le cose, il gusto della bellezza, la valorizzazione dei sentimenti, tutto
ciò ridotto a nessuna o quasi nessuna importanza. Se niente di ciò, a mio giudizio, diminuisce la
S.E. Orrú - Genius Loci: Il posto della Differenza nell’educazione per Tutti 669
responsabilità di questi agenti della crudeltà, il fatto in sè di questa ulteriore tragica trasgressione
dell’etica ci avverte di quanto sia urgente che assumiamo il dovere di lottare per i principi etici
più fondamentali come il rispetto alla vita degli esseri umani, alla vita degli altri animali, alla vita
degli uccelli, alla vita dei fiumi e delle foreste. Non credo all’animosità tra uomini e donne, tra gli
esseri umani, se non diventiamo capaci di amare il mondo. L’ecologia conquista un’importanza
fondamentale in questa fine di secolo. Essa deve essere presente in qualunque pratica educativa di
carattere radicale, critico o liberatore. Non è possibile rifare questo paese, democratizzarlo, uma-
nizzarlo, farlo diventare serio, con adolescenti che giocano a uccidere la gente, offendendo la vita,
distruggendo il sogno, impossibilitando l’amore. Se l’educazione da sola non trasforma la società,
neppure senza di essa la società cambia (FREIRE, 2000, p. 65).
Ebbene, se la spaventosa naturalizzazione della violenza già si fa così abituale tra noi, è si-
curo che qualcosa di molto fuorviante si è soffermato sulla nostra cultura sulla percezione e la
comprensione dei sensi e del posto della differenza nella razza umana.
Tuttavia, Gilles Deleuze, filosofo francese, ci fornisce rivelante contribuzione a un altro in-
tendimento riguardo alla differenza: “vogliamo pensare alla differenza in se stessa e alla rela-
zione del differente con il differente, indipendentemente dalle forme di rappresentazione che
le conducono allo stesso e le fanno passare dal negativo” (1988, p. 8). In questa prospettiva,
la differenza non è il differente, il diverso, l’anormalità, l’opposizione a ciò che sembra essere
uguale. La differenza non è parametro di comparazione o di contrapposizione fra normali e
anormali, ricchi e poveri, uomini e donne, americani e sudamericani, nativi e stranieri, residenti
e nomadi, sani e malati, bianchi e negri, cristiani e atei. La differenza non è rappresentazione
sociale, molto meno parametro per emarginazione e barbarie contro gruppi minoritari.
Sotto questa lente, in un altro esempio, la differenza particolarizzata e tipificata in indi-
vidui per mezzo della diagnosi medica, è azione escludente, visto che la differenza, come
categoria non ha condizioni per rappresentare la persona in tutta la sua complessità, così
come la diagnosi medica non definisce chi è l’apprendista. Nonostante un determinato insie-
me di sintomi o una condizione genetica di cromosomi possa ripetersi innumerevoli volte, le
persone non si ripetono, sono uniche. Ossia, l’autismo, la sindrome di Down, la sordità, la
cecità, la sordo-cecità, possono ripetersi nel loro evento, ma le persone non si ripetono, esse
portano in se stesse diverse e distinte singolarità che le rendono esseri singolari, poiché esse
si distinguono sempre nella loro differenza.
In questa concezione, la differenza non è un tratto che restringe le persone a una determinata
caratteristica o a un certo raggruppamento in categorie, come il gruppo dei disabili, degli spe-
ciali, di quelli che hanno difficoltà di apprendimento, di quelli che non sono normali, degli inca-
paci o di quelli che non imparano. Tuttavia la differenza è intesa essere una qualità propria della
specie umana. La differenza è presente in tutti gli esseri umani, senza distinzioni, in modo che
non siamo uguali, bensì tutti siamo ugualmente differenti! Perciò, la differenza non è soltanto
di coloro che deviano dal modello standard stabilito nella nostra società di base egemonica, ma
la differenza è di tutti, essendo la principale, se non unica, legittima identitá dell’Essere umano.
Questo perché tutte le altre identità possono venire a essere costruite a partire dal coinvolgi-
mento e (ri)conoscimento nei movimenti sociali di lotta per i diritti. Tuttavia, la differenza ci
rappresenta da sempre, prima di stare in grembo, prima di venire al mondo.
Dov’è, perciò, il posto della differenza? Il posto della differenza è in ognuno di noi. Essa
abita in tutti noi, essa costituisce ognuno in maniera unica. Così, la differenza, secondo Deleuze
(1988) è, allo stesso tempo, “singolare, multipla e plurale”, mai potendo essere ristretta a una
categoria di individui ou asservendo a politiche maggiori per l’apartheid di persone o collettivi.
670 Prospettiva Ponte e Genius Loci
Tale e quale allo spirito del luogo, il genius, che non cambia, non abbandona e non si perde dal
luogo, così pure è la differenza che non si separa da noi, nè può essere estirpata da noi stessi o
dagli altri. Sebbene la differenza sia respinta dal proprio soggetto o maltrattata dai maggioritari,
essa permane con la sua presenza inespellibile.
La presenza del ‘genius Differenza’ nell’essere umano, ci conduce alla comprensione che
non ci sono identità fisse o prestabilite che possano giustificare l’apartheid, l’umiliazione, l’op-
pressione, la segregazione, l’esclusione, la persecuzione, il carcere o la morte di altri esseri
umani per le loro differenze, siano esse fisiche, cognitive, di credo, naturalezza, genere, sesso,
razza, etnia o qualunque altro elemento costituitivo della soggettività umana.
Quando la differenza viene negata e rifulge sentimenti e atti di violenza e negazione dell’al-
tro, si lacera la natura della nostra umanità i cui pilastri si sostentano sull’azione conscia del-
la generosità, solidarietà, benevolenza, rispetto, accettazione del prossimo e, di conseguenza,
amore, così nota nell’opera e lascito dell’educatore brasiliano Paolo Freire che affermò: “io
sono un intellettuale che non ha paura di essere amoroso, io amo la gente e amo il mondo. E è
perché amo le persone e amo il mondo che litigo affinché la giustizia sociale si instauri prima
della carità” (FREIRE, 2007, p. 1).
Il ‘genius Differenza’ richiede una capacità e abilità permanenti di guardare attentamente a
noi stessi e ai sistemi sociali che abbiamo creato, sviluppato e alimentato nel corso della storia
dell’umanità. Guardare non nel senso della contemplazione, ma presi dallo spirito del pensiero
critico che ci infastidisce, imbarazza e ci desta a reinventare i nostri modi di essere e di stare nel
mondo, con il mondo e con gli altri.
La differenza che in noi abita e che ci costituisce come specie umana, destabilizza le giu-
stificazioni ultraconservatrici per il soggiogamento di altri esseri umani alle imprese sinistre
di un sistema globale fondato sul capitalismo, sul colonialismo e sul patriarcato, e queste, per
quanto le riguarda, dilatatrici di dispositivi che servono come meccanismi di esclusione molte
volte inosservati e sconosciuti dalle loro vittime, ma impiegati per mezzo del biopotere e della
biopolitica (FOUCAULT, 2008).
In questo modo, una volta compresa la Differenza come un genius occupante e costituente
di tutti gli esseri umani, spetta a noi indurre il nostro pensare al fine di prendere posizione
completamente contraria a tutte le forme di oppressione, violenza e esclusione sociali, basate
sulla differenza. A tal fine, si rende urgente e impellente conoscere e comprendere l’estensio-
ne della forza disposta nei meccanismi prodotti per l’esclusione sociale, così come riguardo
alle disuguaglianze e svantaggi storici e sociali che essi (ri)producono. È altresì necessario
ripudiare l’ambizione colossale portata dalla cultura imperiosa della redditività smisurata,
dalla cultura della confisca coloniale e dal potere patriarcale che ci hanno coinvolto e plasma-
to secondo il conservatorismo delle loro basi e che, ancora oggi, in abiti distinti, perdura. Re-
sistere all’odio e alla fatale indifferenza rispetto alle condizioni di vita di altri esseri umani,
indifferenza come prodotto di naturalizzazione dei problemi sociali e di un processo acuto di
desumanizzazione, è soltanto possibile attraverso la costituzione di un pensiero critico e del
rompimento con tutte le forme di appoggio alle oppressioni ai meno favoriti, di conseguenza,
rottura con il permissivismo e l’omissione sociale. In questo senso, in tempi cupi, l’ amor
mundi è atto rivoluzionario.
Per me è imprescindibile l’affettività e l’amore. Io ho del resto, ricevuto molte critiche, so-
prattutto dall’America Latina, perché parlo molto d’amore e l’amore secondo queste critiche è
un concetto borghese.
S.E. Orrú - Genius Loci: Il posto della Differenza nell’educazione per Tutti 671
Innanzitutto io non ammetterei che sono stati i borghesi a inventare l’amore. Essi possono essere
detentori della proprietà delle fabbriche, ma non dell’amore. L’amore è una dimensione dell’essere
vivo e che a livello di esser umano raggiunge una trascendenza spettacolare. È in questo senso che
dico che la rivoluzione è un atto di amore (FREIRE, 1978, p. 11).
Tuttavia, ci serve la prova di una possibile coniugazione fra il ‘genius Differenza’ e l’amore
come fonte di socializzazione umana. Mentre il ‘genius Differenza’ sta in tutti gli esseri umani
e li costituisce in maniera singolare, l’amore, dal suo canto, comporta una scelta individuale.
Ci è utile sottolineare che questa connotazione di amore non si riferisce a sentimenti romantici
o di affetto alle persone prossime come figli, genitori o fratelli, molto meno a animi triviali
provenienti da commozioni o costernazioni emerse dal sensazionalismo. Senza dubbio, riguar-
da l’amore che trabocca dalla condizione umana, amore che si compromette ad occuparsi del
mondo, chiaramente, occuparsi delle libertà, dei diritti, della dignità umana. È molto più che
desiderare che l’altro stia bene, ma impegnarsi affinché l’altro stia bene.
È anche necessário mettere in risalto che non si tratta di una scelta capricciosa, ma di quella
decorrente da ciò che ci ha obbligato a pensare aldilà delle falsità stabilite dai sistemi di control-
lo sociale per la manipolazione delle masse. Una scelta costituita a partire dal nostro processo di
consapevolezza e di costituzione di un pensiero critico riguardo alla condizione umana e dagli
abissali macchinari di esclusione prodotti e riprodotti nella società. È derivante, principalmente,
da un movimento cosciente su qual è il nostro ruolo nella società della quale facciamo parte, nel
mondo in cui viviamo e insieme alle persone con cui condividiamo questo stesso mondo, questa
Casa Comune a tutti noi, così come ci illumina Leonardo Boff.
Prendersi cura della Terra è prendersi cura della sua miglior produzione che siamo noi esseri uma-
ni, uomini e donne, specialmente i più vulnerabili. Prendersi cura della Terra è prendersi cura di ciò
che essa attraverso il nostro genio ha prodotto in culture così diverse, lingue così numerose, nell’ arte,
nella scienza, nella religione, nei beni culturali specialmente nella spiritualitá e religiosità per le quali
ci rendiamo conto della presenza della Suprema Realtà che sottende a tutti gli esseri e ci trasporta nel
palmo della sua mano. Prendersi cura della Terra è prendersi cura dei sogni che essa suscita in noi, dal
cui materiale nascono i santi, i saggi, gli artisti e le persone che si orientano seguendo la luce e tutto
672 Prospettiva Ponte e Genius Loci
ciò che di sacro e amoroso è emerso nella storia. Prendersi cura della Terra è, insomma, prendersi
cura del Sacro che arde in noi e che ci convince che è meglio abbracciare l’altro che respingerlo e
che la vita vale più di tutte le ricchezze di questo mondo. Quindi essa sarà di fatto la Casa Comune
dell’Essere (BOFF, 2015).
Mentre il genius del luogo (la Differenza) non retrocede e non si smarrisce dall’umano,
l’amore, a sua volta, può essere soppresso, spento, ignorato. Mantenerlo vivo in noi in tem-
pi in cui la banalizzazione del male e le manifestazioni di odio alle differenze esultano, è
divergere insorgendo, in modo che il fatto stesso di continuare ad esistere già è in se stesso,
un modo di resistere al male.
Educazione è la forma nominalizzata del verbo educare. [ ...] Educare,in latino era um verbo che ave-
va il senso di “creare (una creatura), nutrire, fare crescere. Etimologicamente, potremmo affermare
che educazione, dal verbo educare, significa “portare alla luce l’idea” o filosoficamente fare passare
la creatura dalla potenza all’atto, dalla vitualità alla realtà (MARTINS, 2005, p. 33).
Questo vocabolo, era giá usato dai greci. Nella lingua degli elleni, il vocabolo skholê, significava
‘riposo, pausa, svago, tempo libero; studio; occupazione di un uomo con l’ozio, libero dal lavoro ser-
vile, che esercita professione liberale, cioè, occupazione volontaria di chi, essendo libero, non è obbli-
gato a; scuola, luogo di studio’; per commenti dal punto di vista semantico (MARTINS, 2005, p. 35).
Educazione, perciò, si lega all’idea di creare e nutrire come anche di rivelare all’apprendista
cosa altro esiste aldilà di se stesso. Mentre la parola ‘scuola’ è accompagnata dalla nozione di
libertà. Una libertà che abbraccia la comprensione de essere un Essere libero. In questo cammi-
no etimologico, sarebbe possibile considerare che una generazione che si preoccupa e si dedica
ad educare i suoi bambini, la sua gente, rafforzata nella scienza della libertá, è una generazione
che si adopera per lo sviluppo permanente della capacità di inter-relazionarsi con gli altri che
stanno al mondo in un pensiero e azione liberatori. In questa prospettiva di educare svelando
e annunciando all’apprendista ciò che esiste e si trova aldilà del suo microcontesto, avvistare
e comprendere l’altro nella sua complessità in maniera affabile e premurosa, (ri)conoscendolo
come suo prossimo, si costituisce responsabilità e compromesso tenace.
Uma nazione che si perfeziona nell’offrire e favorire alle prossime generazioni un’educa-
zione fondata sui principi della libertà in cui tutti hanno accesso alla conoscenza e ai valori più
nobili della civiltà per essere liberi, è progenitrice di diritti sociali e opportunitá di accesso al
S.E. Orrú - Genius Loci: Il posto della Differenza nell’educazione per Tutti 673
mondo del lavoro nei contesti sociali, economici, culurali e politici, avendo la dignità umana e
le libertà democratiche come parametro di fulcro della sua società. In questa prospettiva, l’edu-
cazione si costituisce come qualcosa di preziosissimo e liberatore, poiché attraverso di essa le
persone raggiungono i livelli più elevati dell’insegnamento non essendo schiavi dell’ignoranza,
si costituiscono esseri autonomi, comprendono quali sono i precetti totalitari che sostengono
un dominio caudillo, respingono l’assolutismo che origina i fascismi, restano attenti ai movi-
menti oppressori che legittimano preconcetti, discriminazioni e barbarie. E, particolarmente
importante, preservano la civiltà come asse preminente dell’atto di educare le persone affinché
diventino soggetti umanizzati, persone amorose che fanno tutta la differenza nella cura degli
altri esseri, umani o no, cura della nostra Casa Comune.
Da questo angolo, comprendere e accettare la differenza come costituente degli esseri umani,
è cruciale per la promozione di un’educazione liberatrice, un atto di educare che, per se stesso
già educa nella e per la libertà. Il posto della differenza nell’educazione liberatrice risiede in
ogni persona che costituisce il corpo sociale e che, a sua volta,costituisce anche comunità di
apprendimento dove l’educazione per tutti è intesa come diritto fondamentale e sociale.
Desiderare un mondo migliore per se stesso e per gli altri non è sufficiente affinché possiamo
vivere e convivere in questo possibile mondo migliore. L’ignoranza e le brutalitá commesse
nella nostra contemporaneità arrivano al punto di contrarre cuori che si vedono sfiduciati e con
paura del futuro. Eventi marcanti di genocidi, movimenti di conservatorismo politico e sociale,
manutenzione dei sistemi coloniali e patriarcali, creazione di lavori servili con stipendi così
miserabili da non permettere che le persone superino la linea di povertà, razzismo, misoginia,
settarismo, xenofobia, sfruttamento del lavoro infantile, pedofilia, dominio della ragione trami-
te l’instaurazione della paura, sono fatti pienamente evitabili la cui materializzazione avviene a
causa della scelta di chi le instiga e le pratica come forma di controllo sociale e manutenzione
del podere egemonico.
Sono azioni nocive al corpo sociale e perni dell’ampliamento degli abissi delle disuguaglian-
ze sociali, risultato di un processo esecrabile di disumanizzazione dove l’indifferenza rispetto
al benessere dell’altro, viene ad essere qualcosa di comune e naturale.
Tuttavia, alla luce dell’educazione come azione della libertà e a partire dal principio di
civiltá, vivacemente attacato al concetto di educazione, è possibile educare la generazione
presente e quella avvenire affinché siano protagonisti storici più amorosi e, pertanto, sog-
getti sociali migliori di quelli che abbiamo avuto fino ad allora. Un’educazione possibile,
ma che richiede che le proprie istituzioni educative facciano attenzione ai principi delle
legislazioni e politiche nazionali e internazionali che proteggono i diritti umani e sociali
(ONU, 1948). E, non soltanto questo, ma anche che (ri)creino possibiltà di (ri)esistenza
perenne del movimento di una educazione inclusiva.
All’evidenziare il movimento dell’educazione in una prospettiva inclusiva, non ci rife-
riamo, per esempio, a soltanto inserire all’interno della scuola l’individuo disabile. Bensì,
accogliere le persone nelle loro distinte e diverse singolarità, tutti i bambini, adolescenti, gio-
vani, adulti, o anziani, indipendentemente da sesso, genere, razza, etnia, religione, persone
che si trovano nella condizione di emigranti o rifugiati. Riguarda molto di più che tollerare
colui che differe da noi, ciononostante, accettarlo con le sue differenze. In questo senso,
comprendiamo, persino, che tollerare le differenze non è la stessa cosa che comprendere e
accettare le differenze. Tollerare, in portoghese, nella cultura brasiliana, è più relazionato a
sopportare, conformarsi, a sentirsi, persino, vittima per dovere sottomettersi a una situazio-
ne di transigenza. Comprendere con pienezza che la differenza è di tutti e non soltanto di
alcuni, trascende la fragilità di semplicemente tollerare l’altro con sofferenza o sforzo. Tale
674 Prospettiva Ponte e Genius Loci
convinzione eccede l’accettazione dell’altro. Io non soltanto tollero l’altro che è diverso da
me, ma lo (ri)conosco e accetto come persona. Lo comprendo come essere degno di rispetto
e considerazione, così come cittadino di diritti sociali.
E inoltre, educare avendo la libertà e la civiltà come principi fondamentali e le differenze
come valore umano, implica anche il comprendere che, se le persone sono diverse, esse possie-
dono anche capacità, intelligenze e interessi diversi, pertanto, apprendono in maniera differen-
te. In modo che la scuola e/o l’università, questo spazio di condivisione di sapere e di creare,
nutrire e rafforzare l’apprendimento dell’essere libero, deve essere questo luogo di accoglienza
e cura del ‘genius Differenza’ con intenso impegno e competenza.
In questa logica, si rende necessario un ripensare su come le istituzioni di insegnamento
sono state organizzate. Se innalziamo la differenza a valore umano e concepiamo l’edu-
cazione come un diritto di tutte le persone, senza eccezione, nella stessa sintonia, urge
reinventare le forme di insegnamento. Caso contrario, si ha una contraddizione in relazione
a ciò che si desidera e che si difende, ossia, un’educazione liberatrice, perciò democratica
e inclusiva. In altre parole; non è possibile educarsi alla libertà e essere coerenti col pa-
radigma inclusivo se perpetuiamo un modello di insegnamento omogeneo in tutta la sua
estensione, basato su uno standard medio di rendimento per tutti gli alunni. È necessario
che ogni differenza sia potenziata, così come ogni cultura venga valorizzata.
A tal fine, il posto della differenza nell’educazione per tutti si ottiene a partire dalla (re)
invenzione della propria inclusione a partire dalla (ri)creazione di nuove metodologie di
insegnamento, dove il sapere possa essere condiviso da tutti, in modo che sia compreso
che tutti gli apprendisti hanno qualcosa da imparare nella stessa misura in cui tutti hanno
qualcosa da insegnare. Valorizzare un’educazione interculturale e potenziare le possibilità
di apprendimento di ognuno si traduce anche nell’investire in metodologie che valorizzino
gli assi di interesse di tutti gli alunni, in modo che non siano sopravvalutate soltanto alcune
forme di conoscenza a scapito di altre, ma che tutte le forme di conoscenza siano (ri)cono-
sciute come rilevanti alla formazione umana.
È offrire a tutti gli apprendisti la possibilità di partecipazione alla pianificazione del pro-
prio apprendimento, così come alla costruzione delle norme sociali e autonomia nelle proprie
azioni realizzatrici avendo l’insegnante come un mentore che li orienterà nel processo di
apprendimento, ma che allo stesso tempo non lo determinerà o impedirà, un professore CON
l’apprendista e non un professore per l’alunno. È possibilitare all’apprendista di scegliere ciò
che desidera imparare, valorizzare i suoi interessi che grosso modo sono relazionati alle sue
abilità da essere sempre più sviluppate, invece che smorzate dalle pratiche contenutistiche
predeterminate dall’insegnamento omogeneo. È dare sfogo agli spazi di apprendimento dove
sia possibile tessere conoscenza in rete in mezzo a pilastri esclusivi, cooperativi e solidari,
invece che a quelli competitivi e selettivi. È promuovere la possibilità dell’apprendimento
in comune, gli uni imparando CON gli altri, il più expert in un tema aiutando il suo collega
a comprendere meglio all’interno del suo proprio ritmo e possibilità. È favorire l’imparare
a imparare ognuno alla sua maneira, considerando la sua intelligenza, la sua capacità, la sua
abilità, le sue possibilità di apprendimento per la costruzione di concetti e produzione della
conoscenza scientifica e così, poter dire a tutti quanto ha imparato. È capire che l’educazione
e l’apprendimento avvengono in qualsiasi luogo e ad ogni istante, quindi l’aula non è l’unico
luogo di privilegio affinché si realizzi questo processo. In questa prospettiva, il centro del
processo di apprendimento non è il professore e nemmeno l’alunno, al contrario, il centro
del processo di apprendere sono le relazioni sociali tra i professori e i loro apprendisti, gli
apprendisti e i loro professori, i compagni tra di loro.
S.E. Orrú - Genius Loci: Il posto della Differenza nell’educazione per Tutti 675
Esse devono imparare ad articolare i saperi, a conoscere domini che ricoprono le sfere di co-
noscenza, una tela di saperi che si collegano. Costruire insieme all’apprendista il suo percorso di
apprendimento tramite progetti che abbiano come radice i suoi assi di interesse: è rendere possibile
l’immersione dell’apprendista in ambito individuale e collettivo, il piacere di apprendere. Similmen-
te, è favorire lo scambio di esperienze, l’articolazione dei saperi, il confronto di idee, la curiosità; la
solidarietà fra i colleghi e lo sviluppo di diverse competenze. [ ...] Penso che gli assi di interesse siano
strade possibili per tutti gli apprendisti, in modo da portare agli spazi di apprendimento ciò che dà
gioia apprendere, che desta curiosità senza fine, che può essere infinitamente più utile per colui che
si costituisce apprendista e qui stanno l’alunno con il suo insegnante, entrambi apprendisti. Ritengo
che sia un’alternativa all’insegnamento massificato, postillato, ai contenuti imposti da una scuola che
ha bisogno di rivedere le sue pratiche, che ha bisogno di pensare alle esigenze dei suoi apprendisti
e rompere con le tradizioni dell’insegnamento fondate sulla ripetizione, sulla memorizzazione, sulla
competitività, sulla logica di mercato, sulla quantificazione di ciò che non può essere quantificato,
dato che il sapere e l’intelligenza non si quantificano (ORRÚ, 2016, p. 167, 12).
Valorizzare gli spazi e i momenti dell’apprendimento contrari alla proposta dominante, è ab-
bracciare il ‘genius Differenza’ insieme all’educazione per tutti. Un’educazione che si traduce
in liberatrice non soltanto per gli apprendisti, ma altrettanto per gli insegnanti che si liberano
dall’azione opprimente di controllare e rendere docili dei corpi, di sagomare e malleare alun-
ni all’interno della logica egemonica e omogenea presenti nel corpo sociale. Un’educazione
democratica che si costruisce a partire dal rispetto per le differenza di ognuno, a partire dalla
capacità di dare vita a un ascolto e una percezione sensibili rispetto all’altro, a cominciare
dall’atto consapevole di accogliere la voce dell’altro nei suoi propri constesti sociali, senza
nessuna pretesa imperiosa de aspirare a dare voce a quest’altro o essere suo portavoce, distante
da ogni forma di preconcetto e discriminazione. Questo perché la voce è dell’altro, la voce è
l’altro stesso. Nelle parole di Freire,
Non è difficile percepire come ci siano tante qualità che l’ascolto legittimo richiede dal suo sogget-
to. Qualità che pian piano si costruiscono nella pratica democratica di ascoltare. Deve far parte della
nostra formazione discutere quali sono queste qualità indispensabili, anche sapendo che esse devono
essere create da noi, nella nostra pratica, se la nostra opzione politico-pedagogica è democratica o pro-
gressista e se siamo coerenti con essa. È necessario che sappiamo che, senza certe qualità o virtù come
l’affettività, rispetto per gli altri, tolleranza, umiltà, piacere per la gioia, piacere per la vita, apertura al
nuovo, disponibilità al cambiamento, persistenza nella lotta, rifiuto del fatalismo, identificazione con
la speranza, apertura alla giustizia, non è possibile la pratica pedagogico-progressista che non si fa
soltanto con scienza e tecnica. Accettare e rispettare la differenza è una di queste virtù senza la quale
non può esserci l’ascolto. Se discrimino il bambino o la bambina povera, la bambina o il bambino
negro, il bambino indio, la bambina ricca; se discrimino la donna, la contadina, l’operaia, non posso
evidentemente ascoltarli e se non li ascolto, non posso parlare con loro, ma a loro, dall’alto in basso.
Soprattutto, mi proibisco di comprenderli. Se mi sento superiore al diverso, non importa chi sia, mi
676 Prospettiva Ponte e Genius Loci
rifiuto di ascoltarlo o ascoltarla. Il diverso non è l’altro che merita rispetto, è un questo o quello, di
trattabile o disprezzabile (FREIRE, 2002, p. 45).
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