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Alle origini dellontologia nietzschiana : sulle tracce di Roger Boscovich.

Tiziana Andina

1.Spunti per un percorso teorico. Negli ultimi ventanni il problema dellesegesi dei testi nietzschiani andato organizzandosi (specie in ambiente continentale) attorno ad un nucleo teorico ben preciso, che si pu individuare nel rapporto tra Nietzsche e le sue interpretazioni ; tanto che, in maniera senzaltro eccessiva, la filosofia di Nietzsche stata spesso appiattita sulle sue interpretazioni, vittima, non del tutto innocente, di quel processo di dileguamento del dato (inteso, nello specifico, come il percorso oggettivo del pensiero nietzschiano) innescato, in qualche misura, proprio da alcuni presupposti della filosofia di Nietzsche. Un po come dire che le letture, tra laltro numerosissime, che si sono susseguite dagli anni della cosiddetta Nietzsche-Renaissance, non hanno solo contribuito a spiegare aspetti oscuri e complicati del percorso teorico nietzschiano, ma, molto pi frequentemente, si sono presentate come interpretazioni radicali, che hanno utilizzato il pensiero di Nietzsche come una sorta di immenso serbatoio da cui poter pescare praticamente ogni cosa. certo che in questo, come in altri casi, landamento del tutto particolare dello stile di Nietzsche ha contribuito in modo decisivo al verificarsi di tali forzature ; tanto che, per certi versi, si pu sostenere che sia stato Nietzsche stesso a costruirsi il proprio destino filosofico. Daltro canto per, si ha anche limpressione che al filosofo tedesco sia stata almeno in parte rubata la scena, allorch lo si ridotto a comparsa allinterno di una costruzione filosofica non pi sua. Com noto, linterpretazione heideggeriana, che a partire dagli anni sessanta si imposta, nel bene e nel male, in maniera pressoch dominante, ha contribuito in modo decisivo a fare di Nietzsche uno dei momenti nodali della nostra recente storia filosofica. Nel bene e nel male dicevamo, perch la lettura di Heidegger ha senzaltro avuto meriti notevolissimi - in primis, come stato rilevato da pi parti, lintroduzione a tutti gli effetti di Nietzsche nellolimpo della storia della filosofia1 ; meriti che tuttavia non devono portare a trascurare lo specifico taglio ermeneutico imposto da Heidegger. In breve, il Nietzsche di Heidegger appunto il Nietzsche di Heidegger2, ovvero quel Nietzsche che Heidegger si costruito per raccontare la propria storia, finendo per inquadrarlo in una vicenda filosofica che, in larga parte, non gli appartiene. La posizione di Heidegger nota. Nietzsche rappresenterebbe il momento culminante di un percorso della metafisica intrinsecamente violento, in cui il senso dellessere stato sistematicamente misconosciuto e occultato a tutto vantaggio dellente. Nonostante tutto la diversit di Nietzsche rispetto agli altri pensatori metafisici sarebbe comunque sostanziale : la filosofia di Nietzsche la fine della metafisica in quanto ritorna allinizio del pensiero greco, a suo modo lo ripete e chiude cos lanello formato dal corso del domandare dellente in quanto tale nel suo insieme3. Questa appartenenza di Nietzsche alla casa della metafisica fa s che la sua filosofia rappresenti un semplice transito verso unepoca postmetafisica, ovvero verso quelloltre che, secondo Heidegger, sostanzia la nostra post-modernit filosofica. Fin qui la forzatura di Heidegger evidente, ma non pare irreparabile, n tanto singolare : la storia della filosofia stata infatti piegata a forzature interpretative anche pi marcate di quella heideggeriana - il sistema di Hegel solo lesempio pi clamoroso. Invece, il presupposto heideggeriano che ha sicuramente determinato in un senso molto preciso le interpretazioni posteriori, agendo in maniera pi subdola perch meno clamorosamente evidente, piuttosto un altro, e cio lidea assolutamente generale di Heidegger sulla scienza che, trasposta al caso di Nietzsche, funziona da premessa teorica. Ad esempio a proposito dellEterno Ritorno :
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M. Heidegger, Nietzsche, Pfullingen, 1961 ; trad. it. e cura di F. Volpi, Nietzsche, Milano, 1994 : p. 23. Cfr. in merito B. Babich, Nietzsches Philosophy of Science, New York, 1994 : p. 36. 3 M. Heidegger, Nietzsche, cit. : p. 385.

Domandiamoci : questa dimostrazione in generale scientifica, a prescindere completamente dalla sua pertinenza e bont ? Che cosa vi in essa di scientifico ? Risposta : assolutamente niente. Di che cosa si parla nella dimostrazione stessa e nella serie di definizioni dellessenza del mondo che le stata premessa ? Di forza, finitezza, infinit, uguaglianza, ritorno, divenire, spazio, tempo, caos, necessit. Tutto ci non ha niente a che fare con la scienza della natura. [] la scienza della natura fa necessariamente uso di una determinata idea di forza, di movimento, di spazio e di tempo, poich essa, finch rimane scienza della natura e non compie improvvisamente il passaggio alla filosofia, non pu domandare tutto ci. Che a ogni scienza in quanto tale [] rimangano inaccessibili i propri concetti fondamentali e ci che essi concepiscono, sta in relazione con il fatto che nessuna scienza pu mai asserire qualcosa di s con i propri mezzi scientifici4.

Heidegger utilizza dunque una della premesse generali della sua filosofia - la scienza non pensa e, nellapplicarla a Nietzsche, esclude che il filosofo pi avanzato (ancorch sempre metafisico) della nostra modernit, possa averci qualcosa a che fare. La presunta superiorit teorica della filosofia rispetto alla scienza impedisce che Nietzsche possa aver rivolto la propria attenzione ai metodi ed ai risultati dellindagine scientifica. Nello stesso periodo, altre letture anticipano o ricalcano, pure con varianti importanti, la posizione heideggeriana. Ad esempio, la monografia di Walter Kaufmann, che in qualche misura forma il termine medio che ha consentito lavvicinamento del mondo anglo-americano a Nietzsche5, si colloca pi o meno sulla stessa linea. Nonostante affermazioni come questa : Nietzsche riteneva non soltanto che la sua dottrina fosse un punto di incontro di scienza e filosofia ; egli pensava anche di essere riuscito a creare una sintesi delle filosofie di Eraclito e di Parmenide delle immagini dinamiche e statiche del mondo, dellessere e del divenire6, limpianto generale del lavoro di Kaufmann propende chiaramente verso lidea di un Nietzsche neo-umanista, filosofo dellesistenza nel senso pi classico del termine. Il primo punto che ci sembra utile evidenziare a livello di storia delle interpretazioni, questo : a partire da Heidegger e Kaufmann - dunque in ambiti culturali differenti, ma, come vedremo, riconducibili, almeno negli anni cinquanta-sessanta, ad una matrice teorica comune - sono prevalse linee interpretative riduzioniste, a discapito di problematizzazioni pi organiche (e, dunque, anche meglio fondate storicamente) - la monografia di Alwin Mittasch forse lesempio migliore7. Si ha in fondo limpressione che, dagli anni cinquanta fino alla seconda met degli anni sessanta, in ambiente anglo-americano, e dagli anni sessanta, con poche eccezioni, a tuttoggi, in ambito continentale, sia stata raccontata di Nietzsche una storia parziale, e cio quella che si rif alle tematiche che in senso generale possiamo definire etico-morali ; mentre quasi sempre mancata la contestualizzazione e lanalisi della parte positiva della filosofia di Nietzsche, che ha a che fare pi o meno direttamente con problematiche epistemologiche e pi complessivamente ontologiche. Insomma, per lo pi non si tenuto conto di un aspetto fondamentale del pensiero di Nietzsche cosa che particolarmente evidente nel caso dellattenzione che egli rivolse alle scienze della natura del suo tempo ; mentre, si sono spesso liquidate le sue ricerche sul senso e sulla funzione della verit, risolvendole completamente nel rifiuto, un po triviale, della verit come adaequatio, e nellassunzione di un prospettivismo a cui, come minimo, si pu imputare, con buona pace della logica, di risolversi in una schiacciante contraddizione performativa. In particolar modo, gli interpreti europei concedono volentieri a Nietzsche la critica al cristianesimo, qualche osservazione socio-politica e di critica della cultura, mentre, paradossalmente, lo privano del suo reale spessore
Ivi : p. 310. Su questo tema mi permetto di rimandare al mio Nietzsche e i suoi interpreti americani (1945-1970). I, in Cultura e Scuola 135-136, 1995 : pp. 222-233. 6 W. Kaufmann, Nietzsche, Philosopher, Psychologist, Antichrist, Princeton, 1950 ; trad. it. di R. Vigevani, Nietzsche. Filosofo, psicologo, anticristo, Firenze, 1974 : p. 347. 7 A. Mittasch, Nietzsche als Naturphilosoph, Stuttgart, 1952.
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filosofico, trascurando (o leggendo superficialmente) gli assunti di critica della conoscenza, e, soprattutto, il suo tentativo di costruire unidea della sostanza, del soggetto e, in proiezione, delluniverso (dunque una metafisica) ben precisi. Questo atteggiamento, dicevamo, si sviluppato parallelamente sia nella tradizione filosofica continentale che in quella anglo-americana (anzi, a rigore, il Nietzsche di Kaufmann precede cronologicamente quello di Heidegger), tuttavia si consolidato diventando prevalente solo nelle letture europee. Tale stato di cose ha probabilmente ragioni complesse, che solo marginalmente sono riconducibili a problematiche specificatamente nietzschiane, ma che invece investono per lo pi questioni generali, riconducibili allo strutturarsi metodologico della filosofia nel ventesimo secolo, e, nello specifico, al rapporto tra Naturwissenschaften e Geisteswissenschaften. Il fatto cio che programmaticamente, pi o meno a partire dalla teorizzazione diltheyana del rapporto tra scienze della natura e scienze dello spirito, la filosofia continentale abbia preso a distinguersi tanto nelloggetto di ricerca, quanto nella metodologia, dalle scienze naturali, prescrivendosi obiettivi in qualche misura minimali (non si pu dire nulla di vero sulla realt, tuttal pi la si pu interpretare - il che equivale a ridescriverla), chiamandosi fuori in questo modo da qualsiasi intenzionalit denotativa, ha fatto s che chiunque fosse detto o considerato filosofo non potesse aver nulla a che fare con tematiche o problematiche di origine scientifico-epistemologica. In fondo, che Kaufmann fosse dorigine e di formazione tedesca non affatto un caso ; cos come non un caso che le prime (in senso cronologico) letture americane su Nietzsche, ancora fortemente riconducibili ad una matrice continentale, siano state elaborate da autori che, per formazione e studi, si richiamavano fortemente allidealismo e, pi in genere, allimpianto culturale tedesco8. E, analogamente, non un caso che siano stati proprio gli interpreti anglo-americani a discostarsi per primi da questo modo di procedere, spostando il baricentro delle letture nietzschiane dagli interessi etici ad altri pi complessivamente epistemologici. Le ragioni di questa scelta, ovviamente, sono ancora una volta squisitamente teoriche, e si possono ricondurre solo in parte a questioni interne allermeneutica nietzschiana. A questo proposito, la stagione analitica americana ha avuto pi di un merito e, soprattutto nel caso di Nietzsche, ha dato lavvio ad un approccio interpretativo che, almeno nelle linee generali, crediamo non potr pi essere stravolto. In pratica, gli autori analitici hanno sottolineato la necessit di ricondurre il discorso di Nietzsche alla centralit dellargomentare filosofico tradizionale, mostrando entro quali termini la sua riflessione si inquadri in quella ormai ampia e consolidata della tradizione, e, nel contempo, in che misura la innovi. Questa linea di lettura mentre evita di seguire Nietzsche sulla strada delleccessiva semplificazione, si sforza di ricostruire i nodi tematici della sua riflessione secondo una prospettiva insieme teorica e storica. proprio linquadramento storico, per altro largamente sottovalutato dalla critica continentale, a giocare un ruolo fondamentale nella vicenda nietzschiana ; nel senso che, piuttosto paradossalmente, fatta eccezione per le radici schopenhaueriane del pensiero di Nietzsche (su cui si insistito, per altro correttamente, da pi parti), manca quasi del tutto un inquadramento storico corretto, che investa quelle tematiche sette-ottocentesche su cui, di fatto, si impernia la sua riflessione - il che un po come dire che manca una comprensione esauriente e sufficientemente articolata delle fonti nietzschiane. Per la verit, questa situazione va almeno in parte imputata allo stesso Nietzsche, abilissimo nel dissimulare i propri riferimenti teorici, e dunque nel riconoscere soltanto in parte i propri debiti nei confronti degli autori da cui ha attinto in misura pi massiccia - per fare un esempio, baster ricordare il caso del rapporto NietzscheLange, quasi del tutto sottovalutato fino al fondamentale lavoro di Georg Stack9, che ha saputo
8 Sono significativi in questo senso gli studi di W. M. Salter, Nietzsche the Thinker, New York, 1917, di C. Brinton, Nietzsche, New York, 1941, e di F. A. Lea, The Tragic Philosopher, New York, 1957. 9 Stack completa questo suo lavoro di ricostruzione delle fonti nietzschiane aggiungendo, alla monografia che concerne il rapporto Nietzsche-Lange (G. Stack, Lange and Nietzsche, Berlin-New York, 1983), quella, altrettanto completa ed organica sulla presenza di tematiche emersoniane in Nietzsche (Nietzsche and Emerson: An Elective Affinity, Athens, 1992).

correttamente ricostruire il peso della Geschichte des Materialismus nelleconomia complessiva del pensiero nietzschiano. Quel che pi stupisce, che nel caso di Lange, non siamo di fronte ad un autore secondario : qualora si ripercorra la Storia del Materialismo avendo presente la struttura complessiva del discorso nietzschiano, si troveranno analogie talmente profonde tra i due autori da far concludere che, spesso, Nietzsche non avrebbe fatto altro che approfondire in direzioni specifiche il discorso di Lange10. Se dunque, per tanto tempo, stata possibile una svista interpretativa cos rilevante (la monografia di Stack del 1983), evidente che misconoscimenti analoghi, o addirittura pi consistenti, potrebbero essere toccati per autori che magari hanno agito pi in profondit (ma non per questo con minor peso) dello stesso Lange. Per riequilibrare lanalisi del discorso su Nietzsche, perci essenziale riandare al suo percorso formativo e focalizzare lattenzione sulle sue principali letture. Intanto va notato che nel periodo successivo alle dimissioni da Basilea linteresse di Nietzsche per problematiche in senso largo scientifiche si concretizza in unenorme quantit di letture specifiche. Ma gi nel lasso di tempo che va dal novembre del 1870 al novembre del 1874, come testimoniato sia da Schlechta-Anders che da Janz11, lattenzione di Nietzsche per la scienza si va articolando in maniera sempre pi precisa e mirata. Negli anni che vanno dal 1880 al 1882 Nietzsche aveva gi letto Zeller e Fischer, dopodich prende a dedicarsi a Otto Liebmann (1840-1912) ordinando il suo Kant e gli epigoni (1865) e Analisi e realt (1876)12- il tentativo teorico di Liebmann (che interessa Nietzsche cos profondamente) consiste nelleliminare dalla propria visione critica il concetto di cosa in s. Sempre nello stesso periodo si fa inviare da Overbeck uno scritto del darwiniano Otto Caspari, Lipotesi di Thompson (1876) e di Adolf Fick. Comincia a conoscere il monismo grazie al testo di G. Vogt, La forza. Una concezione realmonista del mondo. Sempre nello stesso periodo rilegge anche African Spir, Pensiero e realt. Richiede ancora a Overbeck le riviste Philosophische Monatshefte e Kosmos ; nella prima si andava svolgendo il dibattito tra neo-kantiani, hegeliani e materialisti, mentre, lobiettivo teorico di Kosmos era elaborare una visione materialista del mondo sulla base della teoria della evoluzione proposta da Darwin. Nel 1881 si avvicina alla Meccanica del calore (1867) di Robert Mayer : una volta stabilito - pi o meno contemporaneamente a Helmholtz, ma indipendentemente da lui - il principio di conservazione della materia, Mayer vi aggiunge quello della conservazione dellenergia, e afferma che lenergia modificabile solo qualitativamente, ma dal punto di vista della quantit indistruttibile13. La quantit di letture scientifiche, nonch il livello delle opere scelte, dunque ragguardevole, nelle sue letture prevalgono le opere scientifiche e quelle di filosofia positivista : Robert Mayer, Dhring, Spir, Boscovich e poi lo Spinoza di Kuno Fischer14. a dir poco ovvio che una applicazione cos sistematicamente attenta alla produzione scientifica del periodo (e non solo a questa) non possa essere casuale15. Pertanto, verr naturale seguire APer una visione complessiva del rapporto Nietzsche Lange si rimanda, oltre che a Stack, a : J. Salaquarda, Nietzsche e Lange, in G. Campioni A. Venturelli (a c. di), La biblioteca ideale di Nietzsche, Napoli, 1992 : pp. 19-43 (apparso per la prima volta nelle Nietzsche Studien VII, 1978 : pp. 236-260), C. Crawford, The Beginnings of Nietzsches Theory of Language, Berlin-New York, 1988, cap. VI : pp. 67-69, K. J. Ansell-Pearson, The Question of F. A. Langes Influence on Nietzsche : A Critique of Recent Research from the Standtpoint of the Dionysian, in Nietzsche Studien XVII, 1988 : pp. 539-554, A. Negri, Nietzsche. La scienza sul Vesuvio, Roma-Bari, 1994 : pp. 47-66, P. Poellner, Nietzsche and Metaphysics, Oxford, 1995 : p. 139 e sgg. 11 K. Schlechta - A. Anders, Nietzsche. Von der verborgenen Anfngen seines Philosophierens, Stuttgart, 1962 : pp. 261 e sgg. e C. P. Janz, Friedrich Nietzsche. Eine Biographie,. 3 voll., Munchen-Wien, 1978 ; trad. it. a cura di M. Carpitella, Vita di Nietzsche, Roma-Bari, 1980, vol. I : pp. 520 e sgg. e vol. II : pp. 70-73. 12 C. P. Janz, Friedrich Nietzsche, cit., vol. I : pp. 70-71. 13 Cit. in C. P. Janz, op. cit., vol. II : p. 63. 14 Ivi : p. 206. 15 Per la lista completa delle letture scientifiche nietzschiane si rimanda a M. Oehler, Nietzsches Bibliothek, XIV Jahresgabe der Gesellschaft der Freunde des Nietzsche-Archivs, Weimar, 1942 : pp. 24-27 ; e per un approfondimento delle fonti scientifico-cosmologiche si pu vedere P. DIorio, Cosmologie de leternel retour, in Nietzsche Studien XXIV, 1995 : pp. 62-123, soprattutto le pp. 103-105.
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listair Moles allorch si domanda per quale motivo, se esistono delle reali convergenze tra la speculazione nietzschiana ed il pensiero scientifico del diciannovesimo e del ventesimo secolo, sono rimaste cos a lungo inosservate16 Alla motivazione che abbiamo fin qui segnalato (ossia, il forte condizionamento heideggeriano che ha segnato con decisione le letture posteriori), lautore americano ne aggiunge altre due : da un lato, una incomprensione a volte profonda, da parte degli interpreti, delle riflessioni nietzschiane che dalla ricerca sulla materia arrivano fino allabbozzo cosmologico delleterno ritorno - incomprensioni che per lo pi finiscono per limitare Nietzsche, attribuendogli i pregiudizi e gli errori dei suoi critici; dallaltro, il ritenere che le idee nietzschiane appartengano in blocco ad una fisica ottocentesca (peraltro assolutamente corrente nel periodo in cui lavorava lautore tedesco) oramai largamente superata17. A questi tre motivi se ne pu forse aggiungere un quarto, che riguarda tanto la ragione di questo stato di cose, quanto la causa di quello che si avvia ad essere il suo superamento. Ci riferiamo alla situazione di sostanziale frattura che nel mondo filosofico continentale si andata radicalizzando fino ad istituzionalizzarsi, tra le scienze storiche e quelle sperimentali ; tanto che non un caso che proprio gli americani abbiano riaperto il discorso su Nietzsche - soprattutto a livello di metodologia e di indagine delle fonti - forti di quella che noi un po generalmente definiamo esperienza analitica. Non un caso, dicevamo, perch senza voler qui entrare allinterno della sfera dei problemi di un discorso filosofico di tipo analitico, comunque un fatto che la maggior attenzione alla lettera dei testi interpretati, oltre che ai requisiti epistemologici dellindagine filosofica tradizionale, abbiano evitato, almeno in parte, gli inconveniente delle interpretazioni radicali, portando ad una maggiore contestualizzazione del discorso nietzschiano, e, cosa non meno rilevante, ad un atteggiamento interpretativo basato sulla costruzione ; vale a dire sulla volont di seguire e, se il caso, di ricostruire, il filo conduttore che lega lepistemologia nietzschiana (come giustamente stato osservato18, ancora cos permeata di neokantismo) con le idee correlate della sostanzialit - e dunque della soggettivit - dello spazio, del tempo e dellorganizzazione complessiva della realt19. Con questo non si vuole concludere che lesigenza critica (nella fattispecie di critica della morale) sia assente dal discorso nietzschiano ; piuttosto, la si vuole ricondurre ad una funzione propulsiva rispetto ad interessi che si fanno via via pi complessi, e che sanciscono il passaggio da una speculazione in primo luogo criticodecostruttiva (genealogia della morale dominante), ad unaltra essenzialmente ricostruttiva e positiva, che (per comodit) possiamo chiamare ontologia della potenza, servendoci di una formula che sottintende una precisa presa di posizione da parte di Nietzsche proprio riguardo alla filosofia della natura ed ai pi classici concetti metafisici.

A. Moles, Nietzsches Philosophy of Nature and Cosmology, New York, 1990 : p. 13. Ibidem. 18 la tesi fondamentale di M. Clark, Nietzsche On Truth And Philosophy, Cambridge, 1990 e, pi recentemente di M. Ferraris, Ontologia, in M. Ferraris (a c. di), Nietzsche, Roma-Bari, in corso di pubblicazione. 19 I testi e gli articoli degli autori americani che soprattutto a partire dalla seconda met degli anni sessanta ad oggi hanno seguito, in maniera pi o meno riuscita, questa direzione sono davvero molti. Qui, oltre ai gi citati lavori di Stack e di Moles, ci limitiamo a segnalare quelli che a nostro giudizio sono pi rilevanti, rimandando per una bibliografia pi completa al mio Il volto americano di Nietzsche. La ricezione di Nietzsche in America dal 1945 al 1996, Napoli, in corso di pubblicazione : G. A. Morgan, What Nietzsche Means, New York, 1965 (1a ed. 1945), J. Stambaugh, Nietzsche's Thought of Eternal Return, Baltimore-London, 1972, J. H. Combee, Nietzsche as Cosmologist : The Idea of the Eternal Recurrence as a Cosmological Docrtrine and Some Aspects of Its Relations to the Doctrine of the Will to Power, in Interpretation IV, 1974 : pp. 38-47, J. Wilcox, Truth and Value in Nietzsche, Ann Arbor, 1975, R. H. Grimm, Nietzsches Theory of Knowledge, Berlin-New York, 1977, B. Magnus, Nietzsches Existential Imperative, BloomingtonLondon, 1978, M. C. Sterling, Recent Discussions of Eternal Recurrence: Some Critical Comments, in Nietzsche Studien VI, 1977 : pp. 261-291, K. Ansell-Pearson, The Question of F. A. Langes Influence on Nietzsche : A Critique of Recent Research from the Standtpoint of the Dionysian, in Nietzsche Studien XVII, 1988 : pp. 539-554, C. Crawford, The Beginnings of Nietzsches Theory of Language, Berlin-New York, 1988, M. Warren, Nietzsche and Political Thought, Massachusetts, 1988, S. Houlgate, Kant, Nietzsche and the Thing in Itself, in Nietzsche Studien XXII, 1993 : pp. 115-157, B. Babich, Nietzsche's Philosophy of Science, New York, 1994, P. Poellner, Nietzsche and Metaphysics, cit.
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Per tutti questi motivi, una delle tendenze che stanno emergendo con maggiore chiarezza allinterno della critica nietzschiana (prevalentemente in quella doltre oceano, ma non solo), consiste proprio nella volont di riandare alle fonti di Nietzsche, ricostruendo con pazienza le basi teoriche che il filosofo tedesco ha preso a prestito dalla filosofia e dalle scienze sette-ottocentesche. In questa prospettiva, crediamo si inserisca bene (essendo uno dei tasselli fondamentali di un discorso che, come abbiamo cercato di anticipare, per altro assai vasto e complesso) uno studio sui rapporti tra Nietzsche e Boscovich, o, meglio, su ci che Nietzsche prese a prestito dalla fisica boscovichiana, a supporto tanto della propria idea di sostanza, quanto della propria cosmologia. Quel che si vuole suggerire che la teorizzazione di Roger Boscovich ha di fatto fornito a Nietzsche i presupposti su cui costruire la filosofia della potenza, ricollegandosi, attraverso lopera dello scienziato dalmata, alla tradizione di Newton e di Leibniz, e con essa al mondo filosoficoscientifico della seconda met del seicento e degli inizi del settecento.

2. Boscovich, l oltre di Newton e di Leibniz. Roger Boscovich nasce a Dubrovnick nel 1711 da madre italiana. Rimane nella citt natale fino a quattordici anni ; nel 1725 si sposta a Roma dove compie gli studi allinterno della Compagnia di Ges, fino a diventare professore di matematica nel Collegio Romano. Vi rimane trentatr anni, salvo una breve interruzione nel 1733 quando si reca a Fermo per motivi di salute ; inoltre, tra il 1750 e il 1752 si occupa della misurazione dellarco di meridiano tra Roma e Rimini, e nel 1756 viene inviato a Lucca come esperto idrologico. Nel 1757 si stabilisce a Vienna come rappresentante del Governo di Lucca. In questo periodo comincia a staccarsi dalla sua base. Dal 1758 lo troviamo continuamente in viaggio : Parigi, Oxford, Greenwich, Cambridge ; e, ancora, Olanda, Germania, Turchia, Polonia e, da ultimo, nel 1763 ritorna a Roma oramai completamente indipendente dal Collegio Romano20. Nel 1764 passa allUniversit di Pavia : vi rimane per cinque anni, con tre interruzioni ancora per motivi di salute, nel 1765 si reca a Viterbo, nel 1768 a Parigi e a Bruxelles. Sempre nel 1768 chiamato allOsservatorio di Brera dove si ferma fino al 1773, anno in cui per una serie di vicende abbandona Milano per tornare a Parigi e fermarsi nove anni. Dopo aver trascorso alcuni mesi in Toscana e nel Veneto, e aver compiuto un lungo viaggio a Roma e Milano, nell85 si ritira a Monza. costretto a tornare ancora una volta a Milano nell87 per ragioni di cura e qui si spegne il 13 febbraio dello stesso anno. Come si vede da questi rapidi cenni biografici, la vita di Boscovich fu pressoch divisa in due ; a un periodo romano di studio e di lavoro fin verso i cinquantanni, ne segu un altro, anchesso abbastanza lungo, di intensi viaggi e continui spostamenti. Lungo tutto larco della sua vita, Boscovich continu comunque gli studi con grande vivacit e spiccatissimo senso dinnovazione. Il suo profilo scientifico quello tipico di uno studioso del diciottesimo secolo : non solo uomo di scienza, ma anche colto letterato e per di pi abile politico, capace di svolgere unintensa opera diplomatica nelle pi importanti corti europee. Allinterno di questa attivit complessa e assai varia, sono centrali gli interessi tecnico-scientifici : si occup di problemi di ingegneria (il pi noto quello relativo alla Cupola di San Pietro), di questioni idrologiche (la bonifica delle Paludi Pontine), di problemi di ottica pratica (specialmente del calcolo e della costruzione degli obiettivi acromatici), di misurazioni topografiche e geodetiche (ad esempio il calcolo dellarco di meridiano tra Roma e Rimini), e soprattutto di questioni scientifiche, con particolare riguardo alla struttura della materia in riferimento allatomistica, alla meccanica celeste e allosservazione astronomica21. Il nucleo centrale dei suoi interessi si estendeva perci a comprendere un gruppo di scienze che vanno dalla matematica allottica, da questa allastronomia (ivi comprese le questioni riguardanti la natura della luce), fino alla struttura della materia. Va subito precisato che lattivit scientifica di
Cfr. V. Ronchi, R. Boscovich e il suo tempo, in Atti del Convegno internazionale del 2500 anniversario della nascita di R. G. Boscovich e del 2000 anniversario della fondazione dellOsservatorio di Brera, Milano, 1963 : p. 12. 21 Ivi : p. 13.
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Boscovich da leggersi allinterno dellenorme processo di trasformazione impresso alla fisica moderna da Newton ; quando infatti il fisico inglese mor, Boscovich aveva quindici anni (1726), era appena giunto a Roma, e qui le ricerche newtoniane gli vennero presentate dai suoi maestri come le maggiori scoperte scientifiche di tutti i tempi. Cos, ovviamente, gi in giovent Boscovich divenne un newtoniano convinto ; il che tuttavia non signific un appiattimento delle sue posizioni sul newtonianesimo imperante, piuttosto, da newtoniano, egli cerc di superare i limiti di due teorie dinamiche contrapposte in senso frontale : quella di Newton appunto e quella leibniziana. Ma facciamo un passo indietro. Abbiamo detto che lepoca in cui lavora il matematico dalmata quella immediatamente successiva allimportante polemica tra Newton e Leibniz (e alla successiva, sostanziale, affermazione di Newton), che, com noto, ha le sue radici nella disputa sulla paternit del calcolo infinitesimale22, per estendersi poi alla serrata critica da parte del filosofo tedesco dellidea newtoniana di azione a distanza. Qui tralasceremo le questioni intorno al calcolo infinitesimale che sono marginali rispetto ai nostri interessi, per soffermarci sui problemi aperti dalla gravitazione universale e dellattrazione a distanza. I testi di riferimento obbligatorio a questo proposito sono due : Philosophi Naturalis Principia Mathematica (1687) e lOpticks (1704). Cominciamo dai Principia. Si tratta di un lavoro complesso - soprattutto la prima edizione - in cui il fisico inglese elabora la sua idea della gravitazione attraverso unopposizione dialettica alla teoria cartesiana dei vortici, ovvero, tramite lesclusione dalla meccanica, come lo stesso autore sottolinea nella Prefazione23, tanto delle forme sostanziali, quanto delle qualit occulte. La sezione intitolata Definitiones consta di otto definizioni e di uno Scholium, e insieme agli assiomi forma la parte teorica fondamentale della costruzione newtoniana. Nella prima definizione Newton sostiene che la misura della quantit della materia deriva insieme da densit e grandezza, e ci a prescindere dal mezzo - ossia dalletere. Per quantit di materia, continua Newton, si intende il corpo o massa, che ci permette di conoscere il peso dei corpi24. La seconda definizione riguarda la quantit di movimento : il movimento totale la somma dei movimenti di ognuna delle parti che formano la materia. La terza definizione concerne invece linerzia ; si tratta di una forza che risiede nella materia25, una capacit di resistenza sempre proporzionale alla materia dei corpi. Linerzia si esercita ogni volta che si vuol cambiare la posizione di un corpo ; la si pu quindi considerare da due differenti angolazioni : come resistenza alla forza contro il cambiamento di posizione, e come impulso di fronte allostacolo che oppone resistenza. Su questa linea, movimento e quiete sono sempre relativi, ovvero, i corpi non sono mai in quiete (o, allopposto, in movimento) in senso assoluto. Nella quarta definizione Newton si riferisce alla forza impressa, cio allazione in grado di cambiare lo stato di movimento rettilineo o di quiete di un corpo, notando che una volta esaurita questa forza, nel corpo non rimane altro che la forza di inerzia. La forza impressa pu avere tre differenti origini : vale a dire lurto, la pressione o la forza centripeta. La quinta definizione circoscrive la forza centripeta : la forza per effetto della quale i corpi sono attratti, o sono spinti, o comunque tendono verso qualche punto come verso il centro26. Possiamo annoverare tra le forze di questo tipo la gravit, la forza magnetica e la forza che in ogni momento fa s che i pianeti non compiano un moto rettilineo, ma procedano secondo unorbita circolare. Le definizioni sesta e settima tracciano unanalogia tra forza centripeta e forza magnetica ; la forza di gravit viene fatta dipendere dalla distanza, e, soprattutto, Newton ritiene che essa sia la stessa a parit di distanza. Ne deriva che, prescindendo dallaria, laccelerazione di tutti i corpi che cadono, leggeri o pesanti che
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Per maggiori ragguagli sul tema si rimanda a I. T. More, Isaac Newton. A Biography, New York, 1962 : pp. 565-

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23 I. Newton, Philosophi Naturalis Principia Mathematica, London, 1687 ; trad. it. e c. di A. Pala, Principi matematici della filosofia naturale, Torino, 1965 : p. 55. 24 Ivi : pp. 92-93. 25 Ivi : p. 93. 26 Ivi : p. 95.

siano, la stessa27. Infine, nellultima definizione, Newton sostiene che la forza di gravit aumenta proporzionalmente con il peso del corpo28. Nel lungo e complesso scolio con cui Newton termina le otto definizioni viene esposta la teoria dello spazio e del tempo assoluti. Gli assiomi o leggi del movimento si compongono di tre leggi, sei corollari ed una nota29. La prima legge enuncia il principio di inerzia - i proiettili tendono a preservare da loro stessi i movimenti, ma la resistenza dellaria li rallenta e la gravit li spinge verso il basso. Nel caso in cui un corpo che ruota intorno ad un altro descriva aree proporzionali ai tempi, la forza che muove il primo corpo la risultante della forza che tende al secondo e della sua accelerazione. La terza enuncia il principio di azione e reazione - ogni corpo che agisce su di un altro subisce, a sua volta, unazione da questultimo. Com noto, il primo libro diviso in quattordici sezioni ; di queste, le pi importanti sono le prime tre in cui Newton fornisce i fondamenti del metodo matematico usato nel proseguo del suo lavoro. Nella seconda sezione del primo libro il fisico inglese studia come si ottengono le forze centripete30 : ci insegna che le aree descritte nei movimenti curvilinei dei corpi attorno ad un centro immobile sono sullo stesso piano e proporzionali ai tempi impiegati per percorrerle ; e che la forza centripeta tende di necessit al centro. Nel caso in cui un corpo che ruota intorno ad un altro descriva aree proporzionali ai tempi, la forza che muove il primo corpo la risultante della forza che tende al secondo e della sua accelerazione. Veniamo allo scolio di p. 161 : poich il descrivere uniformemente le aree indice di un centro al quale tende quella forza dalla quale un corpo massimamente affetto, e per effetto della quale viene deviato dal moto rettilineo ed trattenuto nella sua orbita, perch non considerare nel seguito questa descrizione uniforme delle aree come indice di un centro, intorno al quale si effettua ogni moto circolare negli spazi liberi ?. Dal momento che questo sembra essere il caso dei corpi celesti - come del resto hanno notato anche Hooke, Wren e Halley - bisogna fare attenzione alla forza centripeta che decresce in misura doppia del quadrato della distanza dal centro. Inoltre, analogamente a quanto fatto da Huygens nel suo De Horollogio oscillatorio, Newton paragona la forza di gravit alle forze centripete dei corpi che girano. Dalle considerazioni fin qui svolte - ci dice Newton al termine dellundicesima sezione - si arriva a dedurre lesistenza di una analogia tra le forze centripete e i corpi verso cui tali forze si dirigono31 ; perci, prosegue il fisico inglese, verosimile pensare che le forze dipendano dalla natura e dalla qualit dei corpi. Se ne deduce, che lattrazione tra corpi si calcola assegnando forze ad ognuna delle parti e, successivamente, sommandole tutte. Il contenuto del secondo libro del tutto differente, ma non meno interessante : lo scienziato inglese considera i fluidi, in un percorso che va dallidrostatica fino alla propagazione delle onde in un mezzo fluido. La nona sezione di questo secondo libro dedicata al moto circolare dei fluidi, ed estremamente importante giacch in questambito Newton discute (e confuta) la teoria dei vortici nellaccezione cartesiana e leibniziana : i vortici infatti - la posizione del fisico inglese non seguirebbero le leggi del moto circolare dei fluidi. La seconda parte di uno degli scolii32 mostra come Newton abbia cercato le propriet dei vortici per verificare la possibilit di utilizzarli per spiegare i fenomeni celesti. Losservazione dimostra come i periodi dei pianeti che girano attorno a Giove sono una volta e mezzo la loro distanza dal centro di Giove ; la stessa regola vale per i pianeti che girano attorno al Sole. Se tutti questi pianeti fossero trasportati dai vortici dovrebbero obbedire, nel loro movimento rotatorio, alla medesima legge. Invece, i tempi di rotazione delle particelle nei vortici corrispondono al quadrato della loro distanza dal centro di rotazione. Tale distanza diminuisce dal quadrato a una volta e mezzo se la materia del vortice si fa pi fluida proporzionalmente al nostro allontanamento dal centro, oppure se la resistenza del fluido aumenta in
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Ivi : p. 98. Ivi : p. 99. 29 Ivi : pp. 113-136. 30 Ivi : pp. 155-174. 31 Ivi : p. 339. 32 Ivi : pp. 588-590.

misura maggiore della velocit del corpo che si muove al suo interno. Ma entrambe le possibilit sono inconciliabili con la tesi sostenuta da Newton. Per cui lipotesi dei vortici urta totalmente contro i fenomeni astronomici, e conduce non tanto a spiegare quanto a oscurare i moti celesti33. LOttica, gi pronta dal 1675, tratta unaltra questione di assoluto interesse per la fisica del diciassettesimo secolo, e, almeno in parte, anche per la nostra : la natura della radiazione. La questione xx34 enuncia le difficolt che si presentano qualora si consideri la luce come una pressione, o un moto propagato attraverso un mezzo fluido ; Newton studia la resistenza dei fluidi, che deriva in parte dalla forza di attrazione delle diverse parti del mezzo e, in parte, dalla forza di gravit. La questione xxiii sostiene che le particelle dei corpi possiedono certe virt (o forze) grazie alle quali agiscono a distanza, non solo sui raggi di luce, ma anche le une sulle altre, dando origine cos alla maggior parte dei fenomeni naturali. Tale azione (di alcuni corpi su altri) si produce per gravit, per magnetismo o per elettricit. Qui - e la cosa significativa - Newton non esamina le cause di questa forza : essa pu essere prodotta da impulsi o da elementi per lo pi sconosciuti. Per spiegare il fenomeno della coesione i fisici hanno elaborato varie ipotesi : le pi importanti (quelle degli atomi uncinati e quelle secondo cui le particelle dei corpi si fissano tra loro in stato di quiete) sono tuttavia insostenibili o poco esplicative. Lipotesi maggiormente plausibile sembra essere allora unattrazione tra particelle, che si verificherebbe nel contatto immediato a causa di una forza (estremamente grande) che a breve distanza provoca precise variazioni chimiche, mentre, a distanze elevate, non comporterebbe effetto alcuno. Daltra parte, continua Newton, tutti i corpi (compresi i raggi di luce) sembrano composti di particelle solide, dato che un certo numero di propriet non sembra trovare altra spiegazione convincente. Sulla linea delle considerazioni che abbiamo cercato di ricostruire almeno sommariamente, Newton deduce le due propriet fondamentali delle materie semplici : la solidit e limpenetrabilit, entrambe suffragate dallesperienza. Le particelle pi piccole, ipotizza Newton, entrano in contatto spinte da forti attrazioni, dando origine a particelle pi grandi che, a loro volta, si uniscono con forza attrattiva minore, formando particelle ancora pi grandi, e cos via, fino ad arrivare alle particelle in assoluto pi grandi. Queste ultime sono soggette alle trasformazioni chimiche e danno luogo ai corpi sensibili. Inoltre, Newton passa a dimostrare che l dove terminano le forze attrattive ne nascono di repulsive : ragion per cui a questo punto il fisico inglese in grado di spiegare sia il mondo macroscopico che quello microscopico. In base a queste considerazioni, Dio avrebbe creato la materia in modo che le sue particelle primordiali siano fisse, solide, impenetrabili, inerti e mobili ; dal che deriverebbe anche la solidit assoluta di questi corpi primitivi rispetto a quella dei loro composti. Lidea che la materia abbia una struttura atomica segue di poco alla rinascita dei ragionamenti infinitesimali, allo sviluppo del metodo di esaustione e agli infinitesimi di Cavalieri : in questo senso, quando la fisica cominci a pensare la materia come una parte dello spazio o addirittura come coincidente con lo spazio, il trasferimento teorico dei ragionamenti infinitesimali alla materia non present, in linea di massima, difficolt rilevanti, diversamente da quanto accadde nel caso della verifica sperimentale. La scienza di questo periodo pertanto si presenta come un complesso costituito dalla illegittima mescolanza di linguaggi dissimili ; ma da questa situazione che comincia ad affiorare [] lidea che una teoria astratta come la matematica pu diventare lo schema interpretativo della materia35. Il motivo per cui negli ambienti scientifici del primo seicento si cominci a far ricorso alla teoria corpuscolare (o atomica) della materia sono sostanzialmente due : da un lato la necessit di una maggiore adeguatezza metodologica nelle ricerche fisiche, dallaltro lurgenza di elaborare una spiegazione per il fenomeno della coesione. In questambito, la teoria atomica di origine filosofica provvedeva ad inquadrare il problema in merito alla materia e al moIvi : p. 593. I. Newton, Opticks : or A Trataise of the Reflexions, Refractions, Inflexions, and Colours of Light. Also two Treatises of the Species and Magnitudine of Curvilinear Figures, London, 1704 ; trad. it. a c. di A. Pala, Scritti di Ottica di Isaac Newton, Torino, 1978 : pp. 561-562. 35 A. Pala, Isaac Newton, Torino, 1969 : p. 203.
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vimento. Con gli infinitesimali, si prospettava la possibilit di allargare alla fisica (dunque, alla materia) linfinita divisibilit matematica, anche se proprio la materia finiva per porre abbastanza immediatamente il problema del limite - in altri termini, era naturale domandarsi come un corpo finito potesse essere diviso allinfinito, oppure in quale momento cessasse la divisibilit fisica per iniziare quella matematica ecc. Pur essendo nellaria, lo svincolamento della divisibilit metamerica da quella fisica non era stato teorizzato, motivo per cui, ancora durante i primi decenni del seicento, la nozione di atomo non poteva essere trattata come un postulato : in questo senso, sia i filosofi che gli scienziati si trovarono a dover fare i conti con lidea dellesistenza attuale degli atomi. Essi presupponevano che con la risoluzione di un corpo negli atomi costituenti, questi ultimi si comportassero come lo stesso corpo e godessero delle medesime propriet36. Perci, anche considerando gli atomi alla stregua di presupposti teorici esatti, essi restavano pur sempre dei presupposti ; con la logica conseguenza che n la fisica gassendista, n quella cartesiana potevano pretendere un carattere matematico, nel duplice senso che non si impegnavano a trattare matematicamente gli atomi, e che, ovviamente, tralasciavano di fornirne lelaborazione scientifica. Quindi, almeno in questa fase, gli scienziati si sono trovati ad aver a che fare con modelli immaginifici per nulla sottoponibili a verifica sperimentale37. Ora, lo scritto che fece scuola nellambito del corpuscolarismo inglese senzaltro lopera di R. Boyle The Origins of Forms and Qualities, according to the Corpuscolar Philosophy, edita nel 1666. Boyle vi traccia la sua filosofia della materia : Dio ha impresso alla materia il movimento in diverse direzioni ed in quantit differenti, perci, materia e movimento sarebbero le qualit primarie di tutte le cose38. Allinizio, la materia (dotata di moto) probabilmente era divisa in particelle di diversa grandezza, forma e movimento. Per quanto, almeno in via teorica, divisibili allinfinito, a causa delle dimensioni ridotte e della solidit, queste particelle risultano, di fatto, indivisibili39. In questottica, la natura di un qualsiasi composto dipende dalla grandezza e dalla forma delle parti componenti, oltre che dalla grandezza e dalla forma degli spazi tra le particelle, e dal moto delle parti in un dato momento. Come si vede, la scienza pre-newtoniana si serviva di nozioni appartenenti a linguaggi e ambiti differenti - su tutti quello fisico-matematico - come i concetti di punto geometrico, di forza e di corpuscolo, che, ovviamente, nella pratica finivano per intrecciarsi in maniera confusa. Tre sono i punti fondamentali (di natura sia teorica che pratica) su cui Newton si basa per inficiare tanto la nozione di atomo, quanto quella di corpuscolo : 1) limpossibilit di provare lesistenza dellatomo 2) linutilizzabilit - per definizione - dellatomo per spiegare sia la materia infinitamente piccola, che le masse planetarie 3) inoltre, il fatto che la tradizione filosoficoscientifica non lo avesse mai considerato un centro di forza. Nonostante questi inconvenienti il fisico inglese era comunque persuaso che non si dovesse rinunciare in via definitiva allidea di una forza applicata ad un punto, o, allinverso, allidea di un punto capace di esercitare una forza :
Ivi : p. 207. Lacuna questa ben sottolineata da C. Maclaurin : gli infinitesimi e gli infinitamente piccoli sono passati dalla geometria alla fisica, e con s hanno portato loscurit e la perplessit che non poteva non accompagnarli. Alcuni hanno ammesso la divisione attuale come anche la divisibilit della materia allinfinito. I fluidi sono stati considerati come composti di particelle infinitamente piccole, e questa divisione la si supposta continuata allinfinito. Per spiegare i fenomeni della natura si sono immaginati vortici di una infinit di gradi, o per lo meno di un numero indefinito, ad imitazione degli indefinitamente pi piccoli nella geometria ; per modo che quando un ordine pi elevato insufficiente, o include difficolt insormontabili, si fatto ricorso ad un ordine inferiore per conservare il sistema privilegiato. Si supposto che la natura durante le sue operazioni avanzasse con passi infinitamente piccoli. Si sono respinti i corpi perfettamente duri e lantico sistema degli atomi stato trattato come unimmaginazione, in quanto nelle loro azioni e collisioni essi sarebbero passati di colpo dal movimento al riposo, o dal riposo al movimento contro questa legge. Cos la dottrina dellinfinito ha dominato nelle nostre speculazioni di geometria e di fisica. Queste supposizioni, che da principio furono proposte con diffidenza, come molto utili per scoprire nuovi teoremi in geometria con una grande facilit, e che furono sopportate solo per giungere a questo fine, si sono estese fino al punto di avvilupparsi di idee astratte, che ottengono di imbarazzare la geometria e le scienze che ne dipendono (cit. in A. Pala, Isaac Newton, nota 1 : pp. 207-208). 38 R. Boyle, The Origins of Forms and Qualities (according to the Corpuscolar Philosophy), London, 1666, in T. Birch (a c. di), Works of the Hounourable Robert Boyle, 6 voll., London, 1772, vol. III : p. 15. 39 Ivi : p. 29.
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loperazione effettuata da Newton si pu cos schematizzare : assunto il punto geometrico dei matematici e dotatolo della materialit propria al corpuscolo o allatomo dei fisici, egli gli conferisce la propriet di subire e di esercitare una forza ; ossia, dalla matematica Newton passer alla meccanica razionale e da questa alla fisica40. Pertanto, il fisico inglese fin per delegare alla meccanica razionale il compito di operare una mediazione tra matematica e fisica ; la nozione di corpuscolo che deriva da questa sintesi non indicher pi solamente una quantit infinitesima di materia, ma anche le masse dei pianeti e del Sole, interpretate come concentrate in un solo punto che emana energia - in breve, la dinamica newtoniana scaturisce dalla sintesi tra punto geometrico, forza e materia. Poich la meccanica razionale era per Newton la scienza delle forze e dei moti, e poich le forze, secondo la sua impostazione, potevano essere studiate solamente nella loro applicazione a qualcosa, materializzando il punto geometrico, il fisico inglese veniva ad ottenere il concetto sintetico di massa puntiforme, a cui connetteva la nozione di vuoto (tradizionalmente legata allidea di atomo) utilissima per applicarvi le teorie sullattrazione a distanza. Questa, in estrema sintesi, la situazione della ricerca newtoniana al momento della morte dello studioso inglese. In un primo momento non pare che Boscovich abbia avanzato riserve particolari sulla teoria corpuscolare della radiazione, dato che le sue pubblicazioni, almeno stando al materiale in nostro possesso, riguardano principalmente argomenti di natura matematica e ricerche astronomiche. Tuttavia, gi in una dissertazione tenuta al Collegio Romano nel 1747, De viribus vivis, sono evidenti gli interessi di Boscovich per i problemi della meccanica ; mentre lanno seguente (1748) pubblica una dissertazione, tenuta al Seminario Romano dei Gesuiti, in cui affronta direttamente la teoria corpuscolare della luce (De lumine). Nel 1758 esce Theoria Philosophi Naturalis, lopera pi importante - su cui torneremo pi diffusamente tra breve - in cui Boscovich piuttosto che criticare in singoli punti la teoria newtoniana, propone un modello alternativo, che secondo le sue intenzioni, dovrebbe poter superare le numerose difficolt lasciate aperte dallimpostazione del fisico inglese. Come abbiamo gi anticipato, per spiegare la natura della radiazione Newton si serve della teoria corpuscolare, tentando di ricondurre la rifrazione dei raggi, nel passaggio attraverso una superficie di separazione fra due corpi di struttura diversa, alla teoria dellattrazione fra corpi. Il principale obiettivo newtoniano non era tanto spiegare la rifrazione (di cui per altro allepoca si sapeva ben poco), quanto piuttosto dar ragione della variazione della rifrazione, vale a dire della dispersione della radiazione, dopo aver ammesso che i corpuscoli soggetti a tale fenomeno avevano massa diversa, e che quindi, subendo lazione del corpo rifrangente, erano deviati in maniera non uniforme. Tuttavia, la costruzione newtoniana non era completamente esauriente ; tanto per fare un esempio, la spiegazione di Newton della rifrazione come effetto dellattrazione della massa del corpo rifrangente su quello dei corpuscoli della radiazione, porta almeno a tre conseguenze importanti : a) la velocit di propagazione dei corpuscoli deve aumentare proporzionalmente alla densit del corpo rifrangente b) la velocit deve essere legata alla densit del corpo stesso, inoltre c) la variazione di rifrazione (dispersione) dipende, a parit di densit del corpo rifrangente, solamente dalla diversit della massa dei corpuscoli, ovvero, pi in generale, il rapporto fra rifrangenza e dispersione deve essere uguale per tutte le sostanze. Newton non prende atto di queste conseguenze che, di fatto, avrebbero richiesto un ripensamento dei presupposti teorici di alcune parti del suo discorso : accetta la maggior velocit dei corpuscoli nei corpi pi densi, riconosce che per certe categorie di corpi la rifrazione pi alta che per certe altre a parit di densit, ma non arriva fino a trarre per intero le conseguenze di queste osservazioni. La difficolt principale consisteva perci nello spiegare quella serie di fenomeni che oggi vanno sotto il nome di interferenza, diffrazione e polarizzazione. Comunque, anche senza arrivare allo specifico di questi fenomeni, ve ne era uno che da solo, per semplicit e notoriet, bastava a suggerire un ripensamento generale della teoria newtoniana : la riflessione sulle superfici trasparenti. Allorch un fascio di radiazione incide sopra una superficie trasparente (ad esempio, acqua o vetro), viene riflesso se40

A. Pala, Isaac Newton, cit. : p. 210

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condo una percentuale di circa il 5%, mentre la restante parte (pi o meno il restante 95%) penetra nella stessa sostanza. Lobiezione fondamentale che stata mossa a Newton allora questa : come possibile che di tante particelle, tutte uguali, incidenti sullo stesso corpo, nelle stesse condizioni, una parte venga attratta nel corpo, con velocit accresciuta, mentre unaltra, seppure piccola, venga respinta nel primo mezzo, senza una sostanziale variazione di velocit ? Problemi come questo e come quelli (analoghi) aperti dal comportamento dello spato dIslanda, non potevano non suggerire la necessit di un ripensamento sostanziale dei presupposti della fisica newtoniana. Boscovich, avverte chiaramente le difficolt interne al modello del fisico inglese, perci cerca di operare in modo da modificarne almeno in parte la base teorica : una volta riconosciuto che le propagazioni ondulatorie delle radiazioni non possono seguire linee rette, non restava al matematico dalmata che accettare la teoria corpuscolare ; tuttavia, questultima doveva essere profondamente perfezionata dal momento che, come abbiamo avuto modo di sottolineare, anche in Newton restava problematica. Il che, in sostanza, ha portato Boscovich a rivedere le idee newtoniane circa la struttura della materia e le leggi dellinterazione fra le particelle submicroscopiche. a questo punto che entra in gioco la concezione della materia e, pi in generale, la dinamica leibniziana41. Come si sa, Leibniz elabora la propria dinamica in cosciente opposizione con Cartesio ; questultimo, in sintesi, riteneva che lessenza della materia fosse lestensione, che la quantit di movimento presente nelluniverso fosse costante e che la forza fosse proporzionale alla quantit di movimento. Leibniz, dal canto suo, dimostr che lessenza della materia non pu essere lestensione, che la quantit totale del movimento non costante, ma che (e questo Descartes non lo sapeva) la quantit di movimento in una direzione data costante42. Inoltre, il filosofo tedesco riteneva che il concetto di forza fosse indispensabile per definire la sostanza : allinizio, appena riuscii a liberarmi del giogo di Aristotele, caddi nelle teorie del vuoto e degli atomi [] Ma dopo lunghe meditazioni mi ricredetti e mi accorsi che impossibile trovare i principi di una effettiva unit della materia in s stessa e in ci che passivo [] dunque per trovare queste unit reali, fui costretto a ricorrere ad un punto reale ed animato, per cos dire, o ad un Atomo di sostanza che deve includere qualcosa di formale o attivo, per farne un essere completo43. La caratteristica fondamentale della sostanza semplice44 non sarebbe perci lestensione, ma, pi verosimilmente, la forza e, nello specifico, la resistenza che, in quanto tale, originaria rispetto allestensione45 : lessenza dei corpi deve essere posta non nellestensione e nelle sue modificazioni, cio nel movimento e nella figura (che implicano qualcosa di immaginario, al pari del calore e di altre qualit sensibili), ma nella sola potenza di agire e di resistere, che percepiamo, non gi con limmaginazione, ma con lintelletto46. La resistenza, dal canto suo, implica altre due propriet distinte, limpenetrabilit e

In questo senso significativa la posizione di G. Gale, Leibniz Dynamical Metaphysics and the Origins of the vis viva Controversy, in Systematics XI, 1973 : pp. 184-207. 42 B. Russell, The Philosohy of Leibniz, London, 1900 ; trad. it. di E. Bona Cucco, Esposizione critica della filosofia di Leibniz, Milano, 1971 : p. 137. 43 G. W. Leibniz, Systme nouveau de la nature et de la comunication des substances, aussi bien que de lunion quil y a entre lme et le corps, in Journal des Savans 27 giugno e 14 luglio 1695 ; trad. it. a cura di D. O. Bianca, Nuovo sistema della natura e della comunicazione delle sostanze e dellunione tra lanima e il corpo, in Scritti filosofici 2 voll., Torino, 1967, vol. I : p. 190. 44 Per una discussione generale della sostanza leibniziana si rimanda tra gli altri a B. Mates, The Philosophy of Leibniz, New York, 1986 : pp. 189-208 e A. Delc, La metamorfosi della sostanza in Leibniz, Milano, 1994, soprattutto il cap. III. 45 G. W. Leibniz, De ipsa natura, sive de vi insita actionibus creaturarum pro Dynamicis suis confirmandis illustrandisque, in Acta Eruditorum settembre 1698 ; trad. it. a c. di D. O. Bianca, Sulla natura in s stessa, ovvero sulla forza insita e sulle azioni delle creature come conferma e chiarimento della mia dinamica, in Scritti filosofici, cit., vol. I : pp. 240-241. 46 G. W. Leibniz, Specimen inventorum de admirandis naturae generalis arcanis, in Opera Ommnia, nunc primum collecta, in classes distributa, prefationibus et indicibus exornata, Geneve, 1768 ; trad. it. a c. di D. O. Bianca, Prospetto delle scoperte sui mirabili segreti della natura, in Scritti filosofici, cit., vol. I : p. 254.

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linerzia47. In ogni corpo esiste una duplice forma di potenza (t dunamik n) : una passiva e laltra attiva. In questo senso chiaro come Leibniz cerchi di individuare la sostanza proprio a partire dalla forza : egli ripone la sostanzialit delle sostanze nella loro caratteristica continuit dazione, ovvero : soltanto ci che agisce ininterrottamente merita di essere chiamato sostanza. [] Conferendo la forza a tutti gli esseri, e individuando in generale lessere a partire dalla forza, Leibniz vorrebbe poterla predicare di tutte le sostanze, corporee e incorporee, spirituali e materiali48. La forza passiva la materia o massa, mentre la forza attiva d luogo alla forma ( ntelceian). La resistenza non impedisce solo i mutamenti senza causa, ma, pi complessivamente, si configura come linclinazione a conservare lo stato in atto e a resistere alla causa del mutamento. Avendo poi respinto con decisione la gravitazione newtoniana, Leibniz ritiene che lunica forza di interazione dinamica sia lurto, affermando insieme a molti moderni, che lazione a distanza deve essere spiegata attraverso un fluido che penetra tutto. In generale, seguendo Russell, possiamo concludere che esistono tre tipi di teorie dinamiche49 : 1) la teoria degli atomi estesi e duri, per la quale lidea dellurto assolutamente appropriata, 2) la teoria del pieno, che postula un fluido che pervade tutto - al cui servizio hanno lavorato tanto la dottrina moderna delletere, quanto le teorie dellelettricit 3) ed infine la teoria dei centri inestesi di forza e della loro azione a distanza. Il problema principale di Leibniz probabilmente stato quello di non aver colto appieno queste differenze, e dunque di non aver optato con chiarezza per nessuna di queste tre posizioni :
lidea che lurto sia il fenomeno fondamentale della dinamica lo avrebbe dovuto condurre alla teoria degli atomi estesi, propugnata da Gassendi e [] da Huygens. La fede nel pieno e in un etere fluido lo avrebbe dovuto portare alla seconda teoria ed allo studio del movimento fluido. La teoria relazionale dello spazio, con tutta la dottrina delle monadi, lo avrebbe dovuto condurre, come condusse Boscovich, Kant e Lotze, alla teoria dei centri inestesi di forza. [] La vera dinamica leibniziana non quella di Leibniz, ma quella di Boscovich. Questa teoria non che lo sviluppo della dinamica di Newton, secondo la quale tutta la materia consiste in punti materiali, ed ogni azione unazione a distanza. Questi punti materiali sono inestesi come le monadi, [] e per conservare loro lindipendenza reciproca sufficiente pensare lattrazione o la repulsione provenienti dalla percezione di una monade da parte di unaltra monade50.

Gli assiomi (negativi) di partenza che determinano la struttura della dinamica leibniziana sono pertanto tre : il rifiuto di atomi, vuoto e azione a distanza. Contro gli atomi estesi Leibniz prende posizione nelle corrispondenza con Huygens. In breve : dato che lestensione ripetizione, latomo esteso dovrebbe essere fatto di parti ; il che non permette evidentemente una soluzione metafisica della composizione della materia. Se poi si vogliono mantenere le leggi del movimento, latomo dovrebbe essere anche perfettamente elastico, cosa impossibile dato che, al contempo, dovrebbe anche risultare duro e privo di fluidi. E ancora - obietta Leibniz - si viola il principio di continuit (infatti, poich ogni mutamento naturale avviene per gradi, qualcosa muta o qualcosa permane ; di conseguenza bisogna che nella sostanza semplice vi sia una pluralit di affezioni e di rapporti, bench non vi siano parti51) qualora si supponga che durezza ed indivisibilit sorgano allimprovviso allorch si raggiunge un certo stadio del processo di divisione. Per ci che riguarda il vuoto, Leibniz utilizza soprattutto largomento della perfezione metafisica : concorda cio sul fatto che, almeno in linea di principio, il vuoto ammissibile, tuttavia anche dellidea che ovunque vi posto Dio pu creare della materia, e visto che, in via di principio, pi esistenza c, me47

G. W. Leibniz, Intorno alla materia, percezione e lanima delle bestie, trad. it. a c. di D. O. Bianca, in Scritti filosofici, cit., vol. II : p. 723. 48 A. Delc, op. cit. : p. 83. 49 B. Russell, op. cit. : p. 157. 50 Ivi : pp. 158-159. 51 G. W. Leibniz, Monadologie, Wien, 1847 ; trad. it. a c. di D. O. Bianca, I principi delle filosofia o Monadologia, in Scritti filosofici, cit., vol. I : p. 284.

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glio , non si vede perch dovrebbe esistere il vuoto. Questo dal punto di vista teologico. Le sue argomentazioni logiche contro il vuoto in genere si basano su di una idea abbastanza debole, secondo la quale dal momento che non esisterebbe una ragione sufficiente a determinare la proporzione tra vuoto e spazio, il vuoto di fatto non pu esistere. Il rifiuto dellazione a distanza si fonda per lo pi su una serie di pregiudizi52, accompagnati dallidea che la teoria newtoniana sia di fatto un evidente ritorno alle cause occulte : io non posso che lodare questa piet modesta del nostro celebre autore [Locke ; N.d.A.] il quale riconosce che Dio pu fare al di l di ci che possiamo comprendere [] ; sebbene non vorrei che fossimo obbligati a ricorrere ai miracoli nel corso ordinario della natura e ad ammettere forze ed operazioni per noi assolutamente inesplicabili. In caso contrario, in favore di ci che Dio potrebbe fare, si darebbe troppa libert ai cattivi filosofi e ammettendo queste virt centripete o le attrazioni immediate da lontano, senza poterle rendere intelligibili, non vedo che cosa potrebbe ancora impedire ai nostri scolastici di dire che tutto avviene semplicemente per mezzo delle loro facolt e di affermare lesistenza delle loro specie intenzionali che dagli oggetti vengono a noi, riuscendo perfino a entrare nelle nostre anime53. Questa, a grandi linee, la situazione della fisica al tempo di Boscovich ; due impostazioni - teoricamente e metodologicamente - differenti che si confrontano e si scontrano : quella oramai quasi interamente sperimentale di Newton, e la leibniziana, ancora fortemente legata a presupposti largamente metafisici. La genialit di Boscovich fu proprio nella capacit di mediare, allorch corresse Newton con Leibniz (riprendendo lidea leibniziana - che per altro veniva a dirimere tutta una serie di contraddizioni immanenti allatomistica classica che in Newton erano rimaste irrisolte della monade come punto inesteso) e Leibniz con Newton (di fatto Boscovich accetta lidea dellazione a distanza, anche se, come vedremo, alcuni tra i suoi meriti pi significativi furono proprio in un profondo ripensamento dellazione a distanza nella formulazione newtoniana). Ma veniamo a trattare pi nei dettagli la teoria boscovichiana. Boscovich lavor a lungo ad una legge generale da sostituire alla legge dattrazione newtoniana convinto, come ci riferisce Angelo Fabroni, che nihil in physica melius unquam inventum fuisse54. Enunciata per la prima volta in una dissertazione del 1745 (De viribus vivis), ripubblicata due anni dopo nei Commentarii dellAccademia di Bologna, Boscovich la riespose senza grosse variazioni nel De lumine (1748), nel De continuitatis lege (1754), nel De lege virium in natura existentium (1755), nel De divisibilitate meteri & principiis corporum (1757), fino ad arrivare allesposizione pi sistematica (e definitiva) - corredata anche da tutte le applicazioni meccaniche e fisiche - cos come la troviamo nella Theoria Philosophi Naturalis, edita nel 175855. significativo che lo scritto boscovichiano, accolto in un primo tempo con grande interesse, abbia finito negli anni - come del resto nota lautore stesso - per venire quasi del tutto dimenticato56 :
52 Su questo punto cfr. B. Russell, op. cit. : p. 161 e A. Perez De Laborda, Leibniz e Newton, Milano, 1986 : pp. 173-183. 53 G. W. Leibniz, Nouveaux essais sur lentendement humain, Paris, 1886 ; trad. it. a c. di D. O. Bianca, Nuovi saggi sullintelletto umano e saggi preparatori, in Scritti filosofici, cit., vol. II : pp. 181-182. 54 A. Frabonio, Vit Italorum doctrins excellentium qui sculi XVII et XVIII floruerunt, vol. XIV, Pisa, MDCCCXXXIX : p. 281. 55 Nel 1763 usc a Venezia la pi corretta terza edizione ; qui seguiremo ledizione inglese del testo veneziano : A Theory of Natural Philosophy, Cambridge-London, 1966. 56 Che dopo linteresse iniziale gli studi di Boscovich siano stati largamente sottovalutati un fatto indiscutibile ; il che tuttavia non deve stupire pi di tanto dato che nemmeno Boscovich era riuscito a superare tutta quella serie di difficolt (tipiche per altro delle teorie dinamiche) che fino ad allora avevano consentito al meccanicismo di imporsi. Il problema principale concerneva soprattutto la struttura della materia (cfr. M. Capek, The Philosophical Impact of Contemporary Physics, New Jersey , 1961 : pp. 94 e sg.) : in primo luogo infatti il meccanicismo era libero dalle difficolt tipiche dellazione a distanza - il termine azione (almeno nel suo significato originario) esprime infatti un rapporto dinamico e successivo (lazione si dispiega nello spazio e nel tempo, avanzando con una velocit finita da un luogo ad un altro), il che ovviamente incompatibile con lidea di unazione istantanea che si serve di una velocit infinita (il tutto fu confermato dal fatto che tanto il suono, quanto la luce e le onde elettromagnetiche viaggiano con una velocit finita). Ma non basta. Se seguiamo la spiegazione cinetico-corpuscolare, ogni nuova quantit di moto dovrebbe essere semplicemente la trasformazione di una quantit di movimento equivalente e preesistente in forme molecolari ignote. Allinverso per il

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quasi dopo trentanni dalla sua prima pubblicazione quel mio generale sistema, ancora tanto poco conosciuto in Europa, e tanto poco seguitato massime fuori dalle scuole dellOrdine mio. Il contatto immediato, e la totale continuit che in esso si tolgono a corpi contro linveterata comune presunzione e de Filosofi e del Volgo, linestensione degli elementi tra loro distanti, e dispersi per un infinito vano, che a prima vista compongono una disparata messe di polvere, un apparente, bench semplicemente apparente necessit di sublime Geometria, che si richiede a svolgerlo, sono per me le cagioni del suo giacere quasi sepolto57.

Boscovich per primo colse tutte le difficolt del suo sistema : leliminazione dellazione per contatto, laccettazione della monade inestesa e del vuoto, lutilizzo in maniera massiccia di dimostrazioni geometriche, capaci di prescindere interamente dal calcolo. La Theoria si articola a partire da due assunzioni che funzionano da postulati : a) il principio di continuit cos come stato formulato da Leibniz (Boscovich era solito sostenere che nulla avviene per saltum) e b) lassioma dellimpenetrabilit, che equivale a dire che due (o pi) punti materiali non possono occupare lo stesso punto dello spazio nello stesso A C E tempo58. La conseguenza immediatamente evidente di questo assioma che non pu mai esistere di fatto un qualsiasi contatto effettivo o matematico tra due punti materiali. Per farci unidea di ci che intende Boscovich possiamo considerare due quadrati, ABCD e CDEF, con due punti (matematicamente) in contatto sul lato CD. I B D F segmenti AB ed EF sono uguali a CD ; con la conseguenza che i punti che abbiamo supposto essere contigui debbono essere anche Figura 1 coincidenti. Cosa che ovviamente non concorda con lassioma dellimpenetrabilit, e che porta alla logica conseguenza che i punti devono essere separati da uno spazio finito, non importa quanto piccolo, ma mai riducibile a zero. Questo intervallo non avr n un minimo, n - tenendo conto dellinfinit dello spazio - un massimo. Inoltre, si suppone che ogni punto materiale sia esattamente uguale ad ogni altro ; ciascuno possiede una propensione (determinatio) a mantenersi in uno stato di moto uniforme, ovvero a

movimento che si esaurisce : questo, altro non sarebbe che unulteriore ridistribuzione di energia a particelle subatomiche. Il problema a cui il dinamismo non riesce a dare una risposta esauriente pressappoco questo : qual lo stato dellenergia nellintervallo tra la sua emissione e il suo assorbimento ? Sono possibili solo due alternative, o lenergia emessa si mantiene nella forma di energia cinetica delletere e delle particelle (si tratta della spiegazione accettata dal meccanicismo), oppure acquista, almeno per un certo lasso di tempo, una nuova forma non riconducibile al movimento. Accettando la prima alternativa il meccanicismo ha dalla sua una certa semplicit e concretezza logica, mentre le teorie dinamiche si muovono nella direzione di ulteriori complicazioni, aggiungendo al dualismo materia/forza, quello energia cinetica/potenziale. La terza difficolt non meno seria : Boscovich considera le particelle atomiche, che secondo la tradizione sono piccolissime, ma pur sempre estese, come punti inestesi dotati di forza. In questi termini, lobiezione pi evidente pressappoco questa : i punti materiali boscovichiani pur essendo considerati come semplici centri di forza possono comunque muoversi nello spazio ; ora, il problema di definire come un punto matematico che si muove rispetto agli altri punti dello spazio non si differenzi nei successivi mutamenti temporali che intervengono nei suoi spostamenti. In pratica, per risolvere contraddizioni di questo genere non si pu prescindere dallassociare lestensione al punto di forza. 57 R. Boscovich, Lettere del P. Boscovich pubblicate per le nozze Olivieri-Balbi, Venezia, MDCCCXI : p. 31. 58 Clerk Maxwell ha sostenuto che laccettazione da parte di Boscovich di questo assunto sia interamente frutto di un pregiudizio, in realt il matematico dalmata argomenta le ragioni teoriche di questa sua posizione nellart. 361 p. 134 : dal fatto che il numero dei punti di posizione in uno spazio continuo pu essere indefinitamente infinito, mentre il numero dei punti materiali probabilmente finito, ne derivo il seguente principio ; nessun punto materiale infatti pu mai occupare una posizione puntuale che nello stesso istante occupata da un punto materiale, od unaltra che precedentemente stata occupata da un qualsiasi altro punto materiale. Sostenendo che il numero dei punti materiali finito, mentre il numero dei punti locali costituisce uninfinit tridimensionale, Boscovich ne deduce che infinitamente improbabile - alias impossibile - che due punti materiali, senza lazione di una intelligenza consapevole, possano mai incontrarsi, e cos trovarsi nello stesso posto allo stesso momento.

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mantenere il proprio stato iniziale, fintantoch non subentri un fattore esterno a modificarne le condizioni. Boscovich ha cos elaborato unidea dellinerzia simile a quella newtoniana, ma che, diversamente da ci che troviamo in Newton, non in relazione con la massa. Dunque, nella costruzione boscovichiana abbiamo a che fare con una vis duplice, che si esercita sempre tra due punti inestesi : quel che appare considerevole che la magnitudine di questa forza dipende solamente dalla distanza tra i punti, mentre prescinde completamente dalla massa. Boscovich perci presuppone dei punti immateriali sul modello della monade leibniziana, accompagnati da una forza (ritorna la centralit della forza cos come presente nella dinamica di Leibniz), che varia al variare della distanza tra i punti inestesi59. La forza chiamata in causa da Boscovich , a differenza di quella newtoniana, duplice : non si tratta infatti solo di una forza attrattiva sul modello di quella della gravitazione universale, ma anche - ed una delle pi concrete differenze rispetto a Newton - di una forza repulsiva : lidea introdotta in una maniera tale che, dove termina lattrazione, l, con una variazione della distanza, comincia la forza repulsiva60. Va ancora precisato che il termine vis comprendeva, ai tempi di Boscovich, una serie di accezioni ampie e molto differenti : abbiamo la vis viva (quella che oggi chiameremmo energia), la vis mortua (lantitesi della vis viva, cos come era intesa anche da Leibniz), la vis acceleratrix (laccelerazione), la vis motrix (lesatto equivalente della nostra idea di forza, dato che si intende variare con la massa), ecc Le forze di cui parla Boscovich sono per lo pi assimilabili alle accelerazioni, ovvero alla tendenza che hanno due punti ad avvicinarsi o a distanziarsi a seconda della variazione della distanza reciproca. Cos, per quanto la teoria di Boscovich sia simile a quella di Newton nel postulare una accelerazione della velocit relativa tra due punti inestesi - accelerazione che dipende dalla loro distanza relativa -, tuttavia ne differisce profondamente trattandosi di una teoria esclusivamente cinematica. I punti materiali boscovichiani sono infatti, per definizione, senza parti, ovvero senza volume ; il che come dire che non hanno massa e che non possono esercitare alcuna forza, almeno cos come tradizionalmente la si intende. Lidea newtoniana della massa viene perci sostituita da qualcosa di totalmente differente ; diventa un semplice numero senza dimensione, cosicch la massa di un corpo data semplicemente dal numero di punti che lo compongono. Ognuno di questi punti sufficientemente vicino, ed esercita sugli altri approssimativamente la medesima accelerazione. Supponiamo perci di avere due piccoli corpi A e B, posti ad una distanza s luno dallaltro (si postuli inoltre che la distanza tra i punti sia molto piccola se raffrontata con quella dei corpi cui appartengono). Se i punti che compongono A e B sono rispettivamente a e b, e f la mutua accelerazione tra due punti posti ad una distanza s, allora ciascun punto di A imprimer a ciascun punto di B una accelerazione f. Conseguentemente, il corpo A imprimer a ciascun punto del corpo B, e perci allintero corpo B, una accelerazione uguale ad af. Similmente il corpo B provocher sul corpo A una uguale accelerazione bf. Se poi prendiamo un terzo corpo C, posto ad una distanza s tra A e B, il corpo A conferir a C una accelerazione uguale ad af, e il corpo B provocher rispetto a C una accelerazione bf ; mentre, di rimando, laccelerazione data da C sar cf. Dal che segue che tutti i corpi hanno una velocit di caduta egualmente accelerata, se si prescinde dalla loro resistenza allaria. Inoltre, nel sistema boscovichiano, ogni singola parte (punto inesteso) indissolubilmente legata ad ogni altra, cosicch qualsiasi variazione si abbia su di un atomo, questa comporter un effetto su tutti gli altri, ingenerando una sorta di reazione a catena. In sintesi la curva di Boscovich - che riporteremo tra breve - si struttura come un grafico che esprime degli intervalli di accelerazione ; il che significa che converr intenderla non tanto come lespressione di un sistema cosmico fatto di centri di forza, ma, pi opportunamente, come la raffigurazione di una realt chiusa e panenergetica, in cui ogni punto inesteso pu essere percepito solo nella sua relazione con tutti gli altri. Vediamo ora gli art. 7-11 che sono probabilmente i momenti nodali della Theoria :

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R. Boscovich, Theoria Philosophi Naturalis, cit., art. 2 : p. 19. Ibidem.

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7. I primi elementi della materia, a mio giudizio, sono punti del tutto indivisibili ed inestesi ; sono dispersi nellimmenso spazio vuoto, tanto che due qualunque di essi distano tra loro un certo intervallo che pu essere aumentato o diminuito indefinitamente, ma non pu annullarsi completamente senza la loro compenetrazione ; con il che non ritengo affatto possibile la contiguit di due punti, ma penso fermamente che se la distanza di due punti materiali diventasse nulla, i due punti occuperebbero necessariamente lo stesso punto indivisibile dello spazio ordinario e si avrebbe una vera e propria compenetrazione. Perci, a mio giudizio, non il vuoto ad essere disseminato nella materia, ma la materia ad essere disseminata e sparsa nel vuoto. 8. Ammetto negli elementi della materia, esistenti isolati in Natura, la tendenza a perseverare nello stato di quiete o di moto rettilineo uniforme nel quale si trovano inizialmente ; se invece da qualche parte esistessero anche altri punti, ci dovrebbe essere una propensione naturale a sommare (secondo il noto e comune metodo di composizione delle forze e dei moti con la regola del parallelogramma) il moto precedente con quello determinato dalle forze che agiscono tra due punti ; forze che dipendono dalla distanza, e che variano con il variare della distanza. Nellaccennata tendenza consiste linerzia della materia. Per conto mio rinuncio a indagare (e se lo volessi non ho speranza di venirne a capo) se essa dipenda da una legge del Creatore Supremo o dalla natura stessa dei punti o da qualcosa che li riguarda. Penso esattamente la stessa cosa di quella legge della forza, che passo subito ad esporre. 9. Ritengo perci che due punti qualsiasi di materia a certe distanze sono sollecitati ad avvicinarsi, mentre, ad altre, sono spinti ad allontanarsi : chiamo nel primo caso questa sollecitazione forza attrattiva, nel secondo repulsiva. Col termine forza intendo esprimere non il modo di agire, ma solamente la sollecitazione stessa, qualunque sia la provenienza. La grandezza della forza poi cambia, se cambia la distanza, secondo una certa legge sicura, che pu essere espressa e rappresentata visivamente, attraverso una formula algebrica oppure attraverso una curva geometrica, cos come sono soliti fare i Matematici []. 10. Ora, la legge della forza pu venire espressa in questi termini : le forze, a distanze ridotte, sono repulsive e crescono in misura sempre maggiore con il diminuire progressivo della distanza, tanto che sono in grado di distruggere qualsiasi velocit, non importa quanto grande sia. Via via che aumenta la distanza, la forza repulsiva diminuisce di modo che, a una certa distanza molto piccola, la forza diventa nulla : poi, aumentando la distanza, le forze si mutano in attrattive, dapprima crescenti, poi decrescenti, poi nulle, per tornare repulsive, allo stesso modo crescenti, decrescenti, nulle, nuovamente attrattive, e tutto questo accade alternativamente a varie distanze, che tuttavia sono ancora molto esigue ; finch, pervenute a distanze maggiori, le forze cominciano ad essere attrattive e sensibilmente proporzionali agli inversi dei quadrati delle distanze, anche qualora le distanze aumentino allinfinito []. 11. Una legge di questo tipo a prima vista sembra molto complicata [] ; in realt, estremamente semplice [] e la si pu rappresentare, per esempio, attraverso una curva continua, od una formula algebrica []. Una curva come questa perfettamente adatta per una rappresentazione algebrica di questo tipo di legge, e non richiede una particolare conoscenza della geometria. sufficiente che ciascuno la osservi [] per comprendere la natura della forza. In una curva di questo tipo, quel segmento che i geometri chiamano ascissa [] rappresenta la distanza di due punti tra di loro ; e quella che chiamiamo ordinata [] rappresenta le forze. Quando la curva si trova da un lato dellasse, abbiamo a che fare con forze attrattive, mentre quando si trova dallaltro lato, le forze sono repulsive ; a seconda poi che la curva si avvicini o si allontani dallasse, le forze diminuiscono o crescono. Allorch la curva taglia lasse e passa da un lato allaltro, cambia di conseguenza anche la direzione dellordinata, e la forza da positiva diventa negativa, o vice versa. Mentre, quando un arco della curva si avvicina ad una qualche linea perpendicolare allasse [] in modo che anche se la si protrae allinfinito la curva non incontrer mai tale retta (questo arco definito asintotico dai geometri), allora anche la forza crescer indefinitamente61.

Ed ecco la curva cos come la costruisce Boscovich :


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R. Boscovich, Theoria Philosophi Naturalis, cit., art. 7-11 : pp. 20-23.

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Figura 2

Nella figura 2 abbiamo lasse C'AC che incontra nel punto A una retta AB perpendicolare ; i due rami di curva, posti dai lati diversi di AB, sono uguali. Di questi, la curva DEFGHIKLMNOPQRSTV forma larco DE che asintotico rispetto ad AB. Esaminiamo ora la curva nella direzione DE : il primo arco si avvicina allasse C'C fino ad incontrarlo in un punto E, dopodich prosegue riprendendo ad allontanarsi (questa volta in direzione opposta) dallasse delle ascisse raggiungendo una distanza massima F. A questo punto la curva cambia nuovamente direzione, riprendendo ad avvicinarsi allasse delle ascisse che incontra in un punto G, per poi allontanarsi nuovamente raggiungendo una distanza massima H, e cos via. La curva termina con larco TpsV nuovamente asintotico questa volta per rispetto allascissa C'C. Se poi da alcuni punti dellascissa come a, b, o d tracciamo delle perpendicolari che incontrano la curva come ag, br o dh, i segmenti dellascissa che ne risultano (Aa Ab e Ad) rappresentano la distanza reciproca di due punti ; mentre le perpendicolari ag, br e dh indicano la forza che alternativamente repulsiva o attrattiva a seconda della posizione dei punti rispetto allascissa C'C 62. In una curva di questo genere lordinata ag sar destinata a crescere proporzionalmente alla diminuzione dellascissa Aa ; mentre, al crescere dellascissa Aa (ad es. Ab), decrescer lordinata corrispondente (br). Lordinata diminuir in maniera sempre maggiore fino ad arrivare ad E, dove si annulla. A questo punto, ad un ulteriore crescita dellascissa (Ad), lordinata (dh) cambier di direzione aumentando fino ad arrivare ad F, dove prender nuovamente a diminuire (il), arrivando poi ad annullarsi in G, e cos via fino ai punti op e vs in cui la direzione rimane invariata e lordinata decresce approssimativamente secondo linverso del quadrato della distanza delle ascisse Ao e Av. Con una curva di questo genere rappresentiamo graficamente delle forze che inizialmente sono repulsive e crescono al diminuire della distanza, ma che, al crescere della distanza, in primo luogo diminuiscono, poi si esauriscono, in un terzo momento cambiano di direzione diventando attrattive, per poi tornare a diminuire, a esaurirsi e a cambiare di direzione, in un processo ciclico. Infine, ad una distanza comparativamente rilevante, tali forze diventano attrattive e proporzionali allinverso del quadrato della distanza. Come si vede, la teoria boscovichiana tiene conto del principio di continuit considerandolo una delle leggi fondamentali della natura - non possibile passare da una grandezza ad unaltra saltando tutte le unit intermedie63 -, inoltre ribadisce la validit del principio di impenetrabilit, secondo cui non possibile che due corpi nel medesimo momento occupino lo stesso spazio. Il ri62 63

Ivi, art. 12-13 : p. 23. Cfr. art. 18 e 32 : pp. 24 e 27.

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sultato pi rilevante raggiunto da Boscovich dunque quello dellesclusione dellazione per contatto : se le forze operano prescindendo dagli urti, lidea di Boscovich realmente rivoluzionaria rispetto a tutto latomismo precedente, e apre su di un modello teorico che per molti versi preannuncia quello di Faraday, ovvero il campo elettromagnetico. La concezione di Boscovich perci profondamente innovatrice rispetto alle pi tradizionali teorie corpuscolari, che per lo pi intendevano la materia composta da corpuscoli estesi - atomi o quantaltro - sparsi nello spazio e raggruppati, secondo modalit non ben definite, a formare i corpi. In breve, nellatomismo classico i corpi sono la sede dei fenomeni, mentre lo spazio piuttosto il recipiente (passivo) nel quale questi stessi corpi trovano la loro collocazione. Nellidea boscovichiana, invece, questi corpuscoli estesi spariscono e le cos dette propriet della materia risultano propriet di questi sistemi di forza, di queste atmosfere di forza, come dir Faraday con suggestiva espressione plastica64. Tanto per Boscovich, quanto per Faraday, lo spazio diventa la sede dei fenomeni, per entrambi cio lessenziale non sono le particelle materiali, ma i campi di forza che derivano dai centri - Faraday, nel caso specifico, ritiene che, nellambito dei fenomeni elettromagnetici, lessenziale non sia dato dalle cariche elettriche, ma dai campi interposti tra le cariche. E, del resto, stato lo stesso Faraday a sottolineare il grande contributo di Boscovich notando, in una conferenza tenuta al Royal Institution il 19 gennaio 1844, come gli atomi boscovichiani siano meri centri di forza o poteri, non particelle di materia dotate di forza. Perci, se nellordinaria teoria atomica chiamiamo a la particella di materia da cui emanano le forze e m i sistemi di forze che la circondano, nella costruzione di Boscovich a sparisce o da intendersi come un punto matematico ed m diventa unatmosfera di forza raggruppata attorno ad esso65. Boscovich configura e anticipa dunque abbastanza chiaramente il passaggio dalla materia alla forza.

3. Nietzsche lettore di Boscovich : sostanza e forza. Gi Karl Schlechta e Anni Anders nel loro lavoro su Nietzsche66 avevano sottolineato, seppure di passaggio, la profonda influenza che la fisica di Boscovich aveva esercitato sulla filosofia positiva di Nietzsche ; tuttavia, bisogna aspettare lo studio di George Stack67 perch il rapporto Nietzsche-Boscovich venga inquadrato nei giusti termini, e riportato a tutta quella serie di interessi scientifici che la lettura di Lange aveva senzaltro stimolato68. Abbiamo gi detto di come una delle fonti principali per levoluzione e lo sviluppo (in sintesi, per la costruzione) del pensiero nietzschiano sia stata la Geschichte des Materialismus di Albert Lange. Nietzsche stesso puntualizza le ragioni di questo suo interesse in una lettera :
Ci che egli [Schopenhauer ; N.d.A.] rappresenta per noi, lho capito con molta chiarezza soltanto di recente, grazie ad un altro scritto, eccellente nel suo genere e molto istruttivo : Storia del materialismo e critica del suo significato per il presente, di A. Lange, 1866. Siamo di fronte ad uno studioso di Kant e della natura profondamente illuminato. Le sue conclusioni sono riassunte nelle tre seguenti proposizioni : 1. il mondo dei sensi il prodotto della nostra organizzazione
M. Gliozzi, La costituzione della materia nella concezione di Boscovich e di Faraday, in Atti del Convegno internazionale del 2500 anniversario della nascita di R. G. Boscovich e del 2000 anniversario della fondazione dellOsservatorio di Brera, cit. : pp. 117-118. 65 Cfr. M. Faraday, A speculation touching Electric Conduction and the Nature of Matter, in The London Edinburgh, and Dublin Philosophical Magazine and Journal of Science, XXIV, 1844 : pp. 136-144. 66 K. Schlechta A. Anders, Nietzsche. Von der verborgenen Anfngen seines Philosophierens, Stuttgart, 1962 : pp. 127-140. 67 G. Stack, Lange and Nietzsche, cit. : pp. 7-8, 39-40, 174, e soprattutto, 224-261. 68 A riguardo cfr. anche J. Salaquarda, Nietzsche und Lange, in Nietzsche Studien VII, 1978 : pp. 236-253 ; trad. it. di F. Iurlano, Nietzsche e Lange, in G. Campioni e A. Venturelli (a c. di), La biblioteca ideale di Nietzsche, Napoli, 1992 : pp. 19-43 e ID., Der Standpunkt des Ideals bei Lange und Nietzsche, in Studi Tedeschi XXII, 1979 : pp. 142 e sgg.
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2. i nostri organi visibili (corporei) cos come tutte le altre parti del mondo dellapparenza, sono soltanto immagini di un oggetto sconosciuto 3. la nostra organizzazione vera e propria rimane quindi per noi sconosciuta, cos come gli oggetti reali al di fuori di noi. Noi abbiamo davanti, sempre ed unicamente, il prodotto di entrambi69.

Ed stato proprio grazie alla Geschichte, che Nietzsche arrivato alla Filosofia Naturale di Boscovich70 :
La storia ci insegna che la fisica moderna dovette essa pure fondarsi sulla teoria degli atomi [] La teoria chimica degli atomi, di Dalton, era da poco nata quando in ottica sorse la teoria, lungamente misconosciuta, delle ondulazioni [] Da allora, la teoria della luce divent sempre pi una meccanica delletere : quanto allidea di atomo, essa dovette di nuovo prestarsi a tutte le variazioni che apport il bisogno dei calcoli. La pi forte di queste variazioni - che in fondo non era se non lultima conseguenza della teoria trascendente della gravitazione - consisteva nel rifiutare agli atomi ogni specie di estensione. Sin dalla met del secolo XVIII, il gesuita Boscovich aveva avuto questidea. Egli trov nella teoria dellurto degli atomi certe contraddizioni, che non potevano sparire se non facendo provenire dalle forze repulsive gli effetti che ordinariamente si attribuiscono al rimbalzamento reciproco di molecole materiali ; e queste forze emanano da punti determinati nello spazio, ma privi di estensione. Questi punti sono considerati come le porzioni elementari della materia [] Nonostante lingegno con cui Boscovich espose questa teoria, essa non trov eco prima del secolo XIX ; essa fu adottata soprattutto dai fisici francesi che si sono occupati della meccanica degli atomi [] Quando gli atomi ebbero cessato, come in Gassendi e Boyle, di agire immediatamente gli uni sugli altri con la loro massa corporea, ma obbedirono alle forze di attrazione e repulsione [], latomo divent egli stesso un semplice agente di queste forze71.

Va notato che Nietzsche tratta Boscovich sulla base dellAtomenlehre di Fechner, lopera che dovette essere il suo primo e naturale riferimento in sede di atomistica moderna72. Ma facciamo un passo indietro. Perch latomismo - prima filtrato attraverso Lange, poi pi direttamente con lAtomenlehre di Fechner e soprattutto con Boscovich - interessa tanto Nietzsche ? Dobbiamo ancora una volta riferirci alle sue posizioni in tema di atomo e di sostanza : e persino il vostro atomo signori meccanicisti e fisici, quanti errori, quanta rozza psicologia restano ancora nel vostro atomo !73. Dunque, uno dei presupposti della filosofia della natura nietzschiana la critica allatomismo ; il che, a ben guardare, poi il diretto fondamento della sua rielaborazione dellidea di sostanza. Latomismo discusso da Nietzsche parte integrante della fisica del suo tempo : secondo latomismo classico - come per altro si gi anticipato - la realt formata da una miriade di atomi piccolissimi, impenetrabili ed indistruttibili, la cui combinazione in grado di dare luogo alla totalit delle cose. Ma anche in questo caso, secondo un movimento che per Nietzsche abituale, avremmo a che fare con un errore di cui si dimenticata lorigine. Il problema, per quel che ritiene Nietzsche, in primo luogo linguistico : la grammatica, attraverso la struttura soggettopredicato, predispone a credere nellesistenza di atomi sostanziali, ovvero, sostanze piccolissime,

F. Nietzsche, Epistolario 1850-1869, vol. I, Milano, 1976 : agosto 1866, pp. 462-463. Cfr. inoltre : ID., Epistolario 1850-1869, cit. : lettera a Hermann Mushacke, novembre 1866, pp. 488-498 ; lettera a Carl von Gersdorff, febbraio 1868, p. 564. 70 G. Whitlock, Roger Boscovich, Benedict de Spinoza and Frederich Nietzsche. The Untold Story, in Nietzsche Studien XXV, 1996 : p. 202. 71 F. A. Lange, Geschichte des Materialismus und Kritik seiner Bedeutung in der Gegenwart, 2 voll., Leipzig, 1866 ; trad. it. di A. Treves, Storia del materialismo, 2 voll., Milano, 1932, vol. 2 : pp. 205-206. 72 A. Anders a sostenere che Nietzsche fu spinto alla lettura di Boscovich dal testo di T. Fechner ber die Physikalische und Philosophische Atomenlehre (1864). A sua volta, Fechner che esponeva una teoria simile a quella boscovichiana, era stato discusso nella Geschichte da Lange. (K. Schlechta A. Anders, Nietzsche, cit. : p. 128). 73 F. Nietzsche, Il Crepuscolo degli idoli, vol. VI, tomo III, Milano, 1970, . 3 : p. 87.

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da cui deriverebbe ogni attivit74 : pensare unattivit, a ogni attivit compete qualcuno che sia attivo, di conseguenza Pressappoco secondo uno schema analogo il pi antico atomismo cercava oltre alla forza che agisce, anche quel piccolo conglomerato di materia in cui essa risiede, da cui promana la sua azione, latomo75. La fede nellatomismo antica, e deriva da Parmenide che vide nella permanenza della sostanza una delle caratteristiche principali dellEssere ; dopo Parmenide poi, anche coloro che non accettarono la sua metafisica - ad esempio Democrito - mantennero inalterate le propriet primarie della sostanza, tanto che gli atomi democritei finirono per riprodurre su scala ridotta le caratteristiche della sostanza di Parmenide76. Un universo pluralistico come quello atomistico conserv cos limmutabilit e la staticit caratteristici della sostanza parmenidea, e ogni atomo venne considerato alla stregua di una unit indivisibile ed immutabile77. Lidea che Nietzsche sembra respingere con pi decisione che il mondo possa essere spiegato sulla base del movimento passivo degli atomi (meccanicismo), nel senso cio dellurto e della reazione tra le particelle. Soprattutto, Nietzsche critica il meccanicismo per quella che la sua incapacit di spiegare lazione a distanza - cosa chiaramente visibile almeno nel caso della forza di gravit : fra le interpretazioni del mondo che sono state finora tentate, sembra che quella meccanicista sia oggi vittoriosa [] Frattanto si pu notare, proprio negli spiriti eletti che militano in questo movimento, un presentimento, una inquietudine, come se la teoria avesse un buco, che potrebbe presto o tardi diventare la sua ultima trappola [] Spinta e urto, come tali non si possono spiegare, non ci si libera dellactio in distans - si perduta persino la fede nel poter spiegare, e si ammette con espressione immusonita che il descrivere e non lo spiegare, che linterpretazione dinamica del mondo, con la sua spiegazione dello spazio vuoto, del mucchietto di atomi, domineranno tra breve i fisici78. Le linee teoriche portanti del materialismo - che poi sono in relazione diretta con il meccanicismo - si possono ricondurre a cinque punti fondamentali : 1) la materia, che nella sua struttura assolutamente rigida e compatta, si muove nello spazio in stretto accordo con le leggi della meccanica 2) in natura tutte le differenze qualitative, sono riconducibili a differenziazioni che possono riguardare le configurazioni oppure il moto delle unit di base (atomi) e dei loro aggregati 3) tutti i cambiamenti qualitativi sono solamente il risultato esteriore del movimento degli atomi 4) ogni interazione tra questi corpuscoli dovuta esclusivamente ad un loro impatto diretto ; lazione a distanza va assolutamente rifiutata, 5) le variet qualitative, cos come le trasformazioni qualitative sono addizioni dovute alla mente che percepisce, perci non appartengono alla natura delle cose79. Evidentemente, le proposizioni appena riportate non sono indipendenti luna dallaltra : il punto cinque, che uno dei riferimenti essenziali del materialismo e che deriva dai filosofi del periodo classico, una conseguenza diretta dei punti due e tre - dal momento cio che sia il cambiamento che la diversit devono avere una qualche realt ontologica, e, nello stesso tempo, non dipendono dalla natura delloggetto, si deve concludere che sono in correlazione con le modalit operative delle mente umana. Ma nemmeno i punti due e tre sono indipendenti ; derivano piuttosto dallassunto secondo cui la materia omogenea e costante, mentre dalla sua immutabilit consegue il rifiuto per qualsiasi cambiamento che non sia una variazione di posizione. In sintesi, tutti e cinque i punti sono diretta conseguenza dellatomismo. Per quel che ci riguarda, una delle conseguenze essenziali a cui giunge il meccanicismo senza dubbio il rifiuto dellazione a distanza : qualsiasi interazione tra i corpi deve infatti essere riconducibile allazione diretta, ovvero, allimpatto e alla pressione meccanica delle particelle. Tale idea rimane pressoch invariata da Democrito a William Thompson e Heinrich Hertz ; nel senso che, se
Cfr. F. Nietzsche, Genealogia della morale, vol. VI, tomo II, Milano, 1968, . 13 : pp. 324-325 ; e ID., Umano, troppo umano I, vol. IV, tomo II, Milano, 1965, . 19 : pp. 29-30. 75 F. Nietzsche, Al di l del bene e del male, vol. VI, tomo II, Milano, 19682, . 17 : pp. 21-22. 76 F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, cit. : . 5 pp. 72-73. 77 A. Moles, Nietzsches Philosophy of Nature and Cosmology, cit. : p. 151. 78 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1884-1885, vol. VII, tomo III, Milano, 1975, . 7-36-[34] : p. 242. 79 M. Capek, The Philosophical Impact of Contemporary Physics, cit. : p. 79.
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vero che vennero progressivamente elaborati nuovi modelli di azione a distanza, tali modelli furono per sempre sviluppati su base rigorosamente meccanicista (in questo senso gli studi di Clerk Maxwell80 sono particolarmente significativi, soprattutto l dove si sottolinea come lassenza di contatto visibile non porti ad escludere la presenza di un etere particolarmente sottile ed impercettibile, che funga da intercapedine tra le particelle, e che quindi, in ultima analisi, non escluda il contatto diretto fra particelle). La difficolt di elaborare una spiegazione convincente dellazione a distanza per via meccanicista era gi ben chiara nei lavori di H. More e R. Boyle : mentre cio si operarono diversi tentativi per spiegare la gravit per via cinetica (ovvero attraverso un qualche tipo di fluido pervasivo o altre sostanze analoghe81), la difficolt principale rimane limpossibilit di dimostrare e verificare lesistenza delletere. Nonostante questa carenza evidente, nel periodo in cui Nietzsche lavora non era ancora stato elaborato alcun modello alternativo al meccanicismo ; il che equivale a dire che non era stata proposta alcuna teoria alternativa scientificamente accettabile. Ma non tutto. Lattacco di Nietzsche in realt pi articolato, dal momento che non si limita a discutere lazione a distanza, ma, pi nei dettagli, riflette sulla stessa dinamica dellurto cos come viene descritta dal meccanicismo : secondo quel che pensa Nietzsche, le nostre idee riguardo alle forze meccaniche, come quelle della pressione e dellurto, derivano dallesperienza della resistenza al tatto, espressa per in termini matematici82. In realt, infatti, il successo dellinterpretazione meccanicistica si misura sulla capacit di ridurre (o ricondurre) le forze ai numeri e, come conseguenza, di elaborare una serie di leggi matematiche in grado appunto di governare le forze stesse. Tuttavia, anche questo approccio non n esaustivo, n esauriente : qualora infatti si consideri seriamente il meccanicismo, la capacit di un corpo di agire sopra un altro, apparirebbe come un qualcosa di quasi miracoloso :
lo chiamiamo spiegazione, ma descrizione, quel che ci distingue dai gradi pi antichi della conoscenza e della scienza. Noi descriviamo meglio, ma spieghiamo tanto poco quanto tutti i nostri predecessori. [] La qualit, per esempio, in ogni divenire chimico, appare sia dopo che prima un miracolo ; allo stesso modo ogni propulsione : nessuno ha spiegato lurto [] Operiamo n pi n meno, con cose che non esistono, con linee, superfici, corpi, atomi, tempi divisibili, spazi divisibili : come potrebbe anche soltanto essere possibile una spiegazione, se di tutto noi facciamo per prima cosa una immagine, la nostra immagine ! sufficiente considerare la scienza come la pi fedele possibile umanizzazione delle cose ; impariamo a descrivere sempre pi esattamente noi stessi, descrivendo le cose e la loro successione83.

Ridurre tutte le forze allurto meccanico allora chiaramente insufficiente, e la gravitazione universale costituisce un chiaro esempio in tal senso, dal momento che non opera solo sullazione per contatto, ma ovunque, allinterno di un certo dominio. Sono proprio dubbi di questo genere che inducono Nietzsche - e prima di lui molti scienziati e filosofi, baster citare Boscovich appunto, ma anche Kant, J. S. Mill, Comte, Wundt, J. B. Stallo, E. Mach84 - alla conclusione che il rifiuto
J. C. Maxwell, Action at Distance, in Scientific Papers, Cambridge, 1890, vol. II : pp. 313-315 e ID., Ether, in Scientific Papers, cit. : pp. 763-775. 81 In merito cfr. E. A. Brutt, The Metaphysical Foundations of Modern Physical Sciences, New York, 1954 : p. 273 e M. Capek, The Philosophical Impact of Contemporary Physics, cit. : pp. 83-89. 82 A. Moles, Nietzsches Philosophy of Nature, cit. : p. 152. 83 F. Nietzsche, La gaia scienza, vol. V, tomo II, Milano, 1965, 112 : p. 122. Su questo tema Nietzsche si appoggia chiaramente a Boscovich : Secondo la mia opinione perci chiaro che il movimento prodotto da queste forze e che dipende dalla distanza non pi misterioso, involuto o di difficile comprensione di quello prodotto da un impulso diretto, cos come generalmente lo si intende ; nel primo caso limpenetrabilit a determinare il movimento, mentre, nel caso dellimpulso diretto, il movimento deve essere derivato o dalla natura del solido, o da qualche legge arbitraria elaborata dal fondatore delluniverso (R. Boscovich, Theoria Philosophi Naturalis, cit., art. 102 : p. 49). 84 I. Kant, Metaphysische Anfangsrnde der Naturwissenschaft, Riga, 1768, J. S. Mill, An Examination of Sir William Hamiltons Philosophy, New York, 1874, voll. II : pp. 242-264, J. B. Stallo, Concepts and Theories of Modern Physics, New York, 1885, p. 145, E. Mach, Die Principien der Wrmlehre, Leipzig, 1919, W. Wundt, Die physikalische Axiome und ihre Beziehungen zum allgemeinen Kausalprincip, Erlangen, 1866 : p. 32.
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dellazione a distanza sia un pregiudizio prodotto dai condizionamenti della nostra immaginazione. Da considerazioni di questo tipo, il filosofo tedesco condotto a spostare laccento dalla materia (atomo) alla forza85 ; e piuttosto che definire - sullesempio dei meccanicisti - la forza nei termini della massa, spiega la massa in ragione della forza. Il passaggio, come si vede, del tutto analogo a quello operato da Boscovich : gli atomi - lalternativa proposta da Nietzsche e, prima di lui, appunto da Boscovich - sarebbero solamente delle finzioni concettuali, effetti di semplificazioni, utilissimi in una prospettiva economica - il riferimento in questo caso certo Boscovich86, ma anche gli studi di E. Mach, che sicuramente Nietzsche conosceva, andavano nella medesima direzione87. Lintento principale del filosofo tedesco era perci mostrare come, tenendo presente il costruzionismo umano, possibile pensare alla forza in termini qualitativi, mentre lanalogo quantitativo rimarrebbe, per noi, pressoch inaccessibile. Da qui evidentemente la necessit del finzionismo atomico : attrarre e respingere, in un senso puramente meccanico, sono una perfetta finzione : una parola. Non possiamo pensare un attrarre senza unintenzione. La volont di impadronirsi di una cosa o di difendersi dalla sua forza e respingerla - questo che noi comprendiamo : sarebbe uninterpretazione di cui potremmo avere bisogno. Insomma, ci che psicologicamente costringe a credere nella causalit la non rappresentabilit di un accadere non determinato da intenzioni : col che nulla naturalmente detto sulla verit o falsit (sulla giustificazione di una tale credenza). Il credere nelle cause coincide con il credere in tlh88. Mentre cio Boyle e gli altri meccanicisti intendevano spiegare tutte le modificazioni della materia in termini di interazione - pressione ed impatto - tra gli atomi, Nietzsche, radicalizzando la posizione di Lange, non soltanto conclude che, dati per certi gli assunti della fisica newtoniana, queste posizioni sono obsolete, ma che limpianto teorico di Boscovich ci indica del tutto espressamente la necessit di rigettarle :
per quanto riguarda latomistica materialistica, essa appartiene alle teorie meglio confutate che siano mai esistite, e forse non c oggi in Europa, tra i dotti, nessuno cos indotto, da attribuirle ancora una seria importanza, salvo per comodit duso giornaliero e domestico [] - grazie soprattutto a quel polacco, Boscovich, che insieme al polacco Copernico stato fino ad oggi il pi grande ed il pi vittorioso avversario dellevidenza immediata. Infatti, mentre Copernico ci ha persuaso a credere, in opposizione a tutti i sensi, che la terra non immobile, Boscovich ci insegn a rinnegare la fede nellultima cosa della terra che stava immobile, la fede nella sostanza, nella materia, nellatomo come residuo terrestre, come piccola massa89. Quando penso alla mia genealogia filosofica mi associo [] con il movimento meccanicista (riduzione di tutte le questioni morali ed estetiche a questioni psicologiche, e di tutte quello psicologiche ad altre chimiche ; ed infine di tutte quelle chimiche alle meccaniche) - ma con la differenza che io non credo nella materia e considero Boscovich uno dei pi grandi momenti di svolta, in modo del tutto simile a Copernico90.

Abbiamo gi detto di come Boscovich motivasse il rifiuto dellazione per contatto tra due corpi rigidi (ad esempio due sfere) attraverso il ricorso alla legge di continuit : consideriamo due sfere a e b che si muovono rispettivamente alla velocit di sei e dodici, con uguale direzione, e supponiamo che la sfera pi veloce (b) sia collocata dietro, ed a una certa distanza, rispetto ad a, che pi lenta. Se nel momento dellimpatto si verificasse un contatto diretto tra le due sfere, a dovrebbe cambiare la sua velocit, ovvero acquistare accelerazione, istantaneamente ed in modo discontinuo - in breve, la velocit delle sfere passerebbe per luna da 12 a 9, e, per laltra, da 6 a 9, senza passaSu questo punto cfr. anche P. Poellner, Nietzsche and Metaphysics, cit. : p. 47. R. Boscovich, Theoria Philosophi Naturalis, cit., art. 7-9 : pp. 20-21. 87 Cfr. E. Mach, Die Principien der Wrmlehre, cit. Sul finzionismo nietzschiano si rimanda ad A. Negri, Nietzsche. La scienza del Vesuvio, Roma-Bari, 1994 e ID., Nietzsche e/o linnocenza del divenire, Napoli, 1984 : pp. 75-86. 88 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1885-1886, vol. VIII, tomo I, Milano, 1975, . 8-2-[83] : p. 91. 89 F. Nietzsche, Al di l del bene e del male, cit. : . 12 : p. 17. 90 F. Nietzsche, Werke, Bd. XIV, Leipzig, 1904, . 215 : p. 353.
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re progressivamente attraverso i gradi di velocit intermedia 11 e 7, 10 e 9, 9 e 8 e cos via. Tuttavia un tale cambiamento repentino viola la legge di continuit, che oltre a trovare valide conferme empiriche, ha anche una vasta applicazione in ambito fisico - infatti nella fisica newtoniana qualora venga ammesso un cambiamento istantaneo e discontinuo nella velocit, la forza richiesta per provocare questa alterazione dovrebbe essere infinita91. Il cambiamento trova allora ragione nellassunzione di una forza repulsiva che agisce a breve distanza tra i due corpi ; tale forza cresce asintoticamente al diminuire della distanza, tanto che per una distanza infinitesimale il valore della forza si avvicina allinfinito, escludendo di fatto la possibilit di un contatto tra i centri di forza. Per i grandi spazi, la legge di gravitazione newtoniana permane invece (approssimativamente) valida, con laccortezza di postulare, ad una certa distanza, il cambiamento della forza che, da attrattiva, diventa repulsiva. La conseguenza che Boscovich ne trae del tutto chiara : dal momento che il valore della forza repulsiva tra due corpi si approssima allinfinito con il decrescere della loro distanza, la materia che forma i corpi non pu essere n composita n continua, ma deve essere perfettamente semplice. In caso contrario, si dovrebbe assumere che la forza repulsiva mentre non opera tra gli elementi (atomi) della materia, di fatto agirebbe sui composti formati da questi stessi elementi ; cosa che, con tutta evidenza, contraddice il principio di omogeneit92. Se perci gli elementi primi della materia per principio devono essere semplici ed indivisibili, come conseguenza saranno anche inestesi93 : perci, le conclusioni a cui arriva Boscovich sono riassumibili nellidea del punto fisico inesteso come costituente ultimo della materia. I punti boscovichiani si distinguono da quelli geometrici per il fatto di possedere come qualit essenziale linerzia, e per essere dotati di una forza che ha le caratteristiche dellaccelerazione. Boscovich assume che questi punti (e le loro forze) sono filosoficamente non problematici ; concede cio la nostra ignoranza sulla loro origine, tuttavia insiste sul fatto che le forze non sarebbero nulla di misterioso - il che equivale anche ad attribuire alla forza un carattere insieme reale ed originario, irriducibile ai fenomeni meccanici, che invece devono essere spiegati proprio sulla base della forza. Ed proprio questa presunta non problematicit della forza, cos come intesa nei termini della fisica boscovichiana, che per Nietzsche fa problema, dal momento che la forza pur sempre uno strumento di cui, generalmente, scienza e filosofia si servono per costruire (antropomorficamente) la realt. Mentre Boscovich non pretende mai di darci una descrizione ontologica della vis (attrattiva o repulsiva), ben sapendo che la descrizione ultima della realt non gli in alcun modo accessibile, Nietzsche pretende di risolvere il trascendentale boscovichiano attraverso una integrazione psicologica che ce lo renda rappresentabile : il vittorioso concetto di forza, con cui i nostri fisici hanno creato Dio e il mondo, abbisogna ancora di un completamento : gli si deve assegnare un mondo interno, che io chiamo volont di potenza, cio un insaziabile desiderio di manifestare potenza, come impulso creativo, eccetera. I fisici non riescono a liberare i loro princpi dellazione a distanza ; altrettanto poco sanno liberarsi da una forza che respinge (o che attrae). Non c niente da fare : bisogna intendere tutti i movimenti, tutti i fenomeni, tutte le leggi come meri sintomi di un accadere interno, e servirsi alla fine dellanalogia con luomo94. Quella che in Boscovich una ipotesi di lavoro (forza), in Nietzsche diventa un principio ontologico che, letto e trasposto nei termini del paradigma biologico, offre al filosofo tedesco almeno una duplice serie di vantaggi : in primo luogo per ci che concerne la critica al soggetto inteso in termini sostanzialistici (non esiste pi una sostanza cui inerisce, secondo il modello soggetto-predicato, la forza ; tutto ci che c appunto forza che, in quanto tale, gi sempre manifestazione) ; inoltre - e siamo al secondo livello - ci che secondo una fisica elementare coglibile in termini energetici, per essere compreso attraverso parametri logocentrici va rappresentato con lausilio di strutture cogni91 92

R. Boscovich, Theoria Philosophi Naturalis, cit., art. 18-20 : pp. 24-25. Ivi, art. 92 : p. 46, e 518-519 : p. 184. 93 Sulla costituzione fisica degli atomi si rimanda agli art. 86-98 : pp. 44-48. 94 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1885, Milano, vol. VII, tomo III, . 7-36-[31] : p. 241.

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tive antropomorfe : posto che nientaltro ci sia dato come reale, salvo il nostro mondo di bramosie e di passioni, e che non si possa discendere o salire ad alcunaltra realt, salvo appunto quella dei nostri istinti - il pensare, infatti, soltanto un rapportarsi reciproco degli istinti - non sarebbe allora permesso di fare il tentativo e di porre la questione se questo dato non basti a intendere, sulla base di quelli similari, anche il cosiddetto mondo meccanicistico (o materiale) ? Non gi - voglio dire - come unillusione, unapparenza una rappresentazione (nel senso di Berkeley e di Schopenhauer), bens come qualcosa di avente lo stesso grado di realt dei nostri affetti [] In definitiva la questione se mai effettivamente riconosciamo la volont come agente, se mai crediamo alla causalit del volere : se ci comportiamo in questo modo [] siamo costretti a fare il tentativo di porre ipoteticamente la causalit del volere come causalit esclusiva95. Riassumendo : attraverso Lange e Fechner, Nietzsche arriva alla fisica boscovichiana che di fatto gli fornisce quella serie di supporti scientifici indispensabili (almeno secondo una prospettiva metodologica) alla propria ontologia ; unontologia che, come si visto, Nietzsche cercava di giustificare avendo ben presente il panorama delle ricerche della fisica sette-ottocentesca. Tuttavia, rispetto alla provvisoriet concettuale della fisica del suo tempo, Nietzsche sceglie di muoversi secondo una prospettiva di conservazione del fenomeno, individuando nella potenza (forza, in termini fisici) la realt originaria. Ma ancora una volta la posizione nietzschiana non poi tanto eccentrica, ma segue invece abbastanza chiaramente le indicazioni di un altro neo-kantiano : Hermann von Helmoholtz. Per Helmholtz96 - almeno nella prima fase della sua riflessione - la forza un concetto metafisico che, in quanto tale, non deriva dallesperienza ; al contrario, costituisce una delle condizioni di possibilit dellesperienza ordinaria (quindi, una sorta di apriori in senso kantiano) 97. Su questa linea, fatta salva la realt della forza, Nietzsche riafferma la possibilit della costruzione antropomorfa : la forza certo esiste, ma il modo in cui ce la rendiamo conoscibile (dunque anche le teorie fisico-matematiche che servono a concettualizzare in senso logocentrico questa realt prima) il risultato evidente di una costruzione antropocentrica : dobbiamo quindi, per tenere in piedi teoreticamente il meccanicismo del mondo, aggiungere sempre una clausola che specifichi in che senso noi lo costruiamo con due finzioni : il concetto del moto (preso dal linguaggio dei sensi) e il concetto dellatomo unit (proveniente dalla nostra esperienza psichica) [] Il mondo meccanicistico viene immaginato cos come locchio e il tatto se lo possono esclusivamente raffigurare (come mosso), in modo da poterlo calcolare [] Fenomenica dunque : lingerenza del concetto di numero, del concetto di soggetto, del concetto di movimento : ci abbiamo ancora dentro il nostro occhio, la nostra psicologia. Se eliminiamo questi ingredienti, non restano delle cose, ma dei quanti dinamici : la cui essenza consiste nella loro relazione con tutti gli altri quanti, nel loro agire su di loro98. In fondo, la Volont di Potenza pu anche essere letta come un istinto creativo che opera secondo una direzione antropomorfa. Ma qui Nietzsche - come giustamente nota Stack99 - entra in un circolo vizioso : dopo aver cercato di mostrare che le verit umane sono fondamentalmente antropomorfiche, che la scienza si presenta come il pi grande tentativo di umanizzazione della natura, e che sia gli scienziati che i filosofi hanno per lo pi mancato di comprendere e di sottolineare questo fatto, il filosofo tedesco sembra rovesciare la propria prospettiva critica, traslando il linguaggio fisico-matematico di cui la scienza normalmente si serve, per arrivare ad elaborare la base concettuale (e logocentrica) di una forza inintenzionale intesa in termini chiaramente antropomorfi. Il che un po come dire che, di fatto, Nietzsche dimentica la provvisoriet tipica dellipotesi scientifica, per passare ad elaborare una posizione che sostituisce
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F. Nietzsche, Al di l del bene e del male, cit., . 36 : pp. 43-44. Sono interessanti in questo senso le differenze tra ledizione di ber die Erhalthung der Kraft del 1853 e la riedizione (con nuova nota introduttiva curata dallautore) del 1881. 97 M. Heidelberger, Force, Law and Experiment, in D. Caban (a c. di), Hermann von Helmholtz, Berkeley- Los Angeles, 1993 : p. 468. 98 F. Nietzsche, Frammenti Postumi 1888-1889, vol. VIII, tomo III, Milano, 1974, . 14-74-[79] : pp. 49-50. 99 G. J. Stack, Lange and Nietzsche, cit. : pp. 244-245.

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alluniversalizzazione fisico-matematica (che per sua natura tende a ridurre al minimo ogni elemento di costruzione soggettocentrica) lennesima proiezione antropomorfa. Questo ci sembra anche il rischio pi concreto cui va incontro lontologia nietzschiana : pur partendo cio dalla stessa provvisoriet dellindagine scientifica (che Nietzsche deriva dal concetto di rappresentazione in Schopenhauer e Lange), finisca poi per considerare la volont (pur sempre esito di un processo costruttivo e derivato) non tanto come il dato pi originario di cui disponiamo, ma, pi radicalmente, come il dato originario - insomma, la tentazione di risolvere positivamente il problema della cosa in s kantiana (cos come del resto aveva gi fatto Schopenhauer), sempre assolutamente presente. Il fatto che Nietzsche rifiuti latomo esteso del meccanicismo (con tutte le implicazione che, come abbiamo cercato fin qui di mostrare, questa scelta teorica comporta), per parlare di quanti di potenza, da un lato indica bene la sua volont di passare da un universo della sostanza ad uno dei rapporti inter-relazionali (le cose non sono realt stabili ed univoche, ma, in maniera forse pi complessa, i rapporti che le costituiscono e le rappresentazione che ne facciamo - il che, ovviamente, vale a ogni livello della scala biologica : sia cio che si faccia riferimento alla fisica delle molecole che a quella delle dinamiche inter-individuali) ; dallaltro segnala anche come il tentativo di passare dalla fisica alla filosofia, rimandi tanto al tema - centrale per Nietzsche - della rappresentazione, quanto allaltro elemento nodale del suo sistema, ovvero il problema della cosa in s : perci, se vero che nella misura in cui non esistono fatti ma solo interpretazioni, la cosa in s si dilegua assieme al suo corrispettivo teorico - il fatto appunto -, daltro canto anche vero che alla fine tutto si ri(con)duce al fatto, soltanto che non ha senso parlare dei fatti in ragione della loro realt ultima, ma semplicemente della costruzione derivata che ne facciamo. Linterpretazione dunque unattivit costruttiva e secondaria, nel senso che, generalmente, va a rielaborare i risultati di unestetica della percezione che le originaria : la percezione dei sensi avviene in noi inconsciamente ; tutto quello di cui diventiamo consapevoli sono gi percezioni elaborate100. Perci, secondo la linea di riflessione seguita da Nietzsche, tutto ci che arriviamo a conoscere gi in qualche modo frutto di rappresentazioni per lo pi semplificatorie. Pensiamo ad esempio alla scienza : il motivo per cui il filosofo tedesco sceglie di servirsi delle teorie dinamiche piuttosto che del meccanicismo e dellatomismo classici non ovviamente da ricercarsi in una maggiore adeguatezza del dinamismo, ma piuttosto nel fatto che le teorie dinamiche costruiscono la realt in modo meno semplificatorio. Se cio tutto ci che ci accessibile solamente unattivit derivata - la nostra rappresentazione - ovvio che bisognerebbe cercare di sviluppare modelli rappresentativi (e, in un secondo tempo, interpretativi) pi articolati, capaci di trattare con maggiore apertura la complessit dei fatti che rielaborano - di qui anche la ragione per cui il prospettivismo non mai riducibile al relativismo, mentre ha piuttosto a che fare con lo scetticismo -, fermo restando il fatto che non sar mai possibile arrivare alla realt ontologica (che pure Nietzsche non nega mai) delle cose : se io ho in me qualcosa di unitario, di certo ci non consiste nellio cosciente e nel sentire, volere, pensare, bens in qualche altra cosa : nella saggezza di tutto il mio organismo che conserva si appropria, elimina, sorveglia, e di cui il mio io cosciente non che uno strumento. Il sentire, il volere e il pensare mostrano sempre e solo fenomeni finali, le cui cause mi sono del tutto ignote ; il succedersi di questi fenomeni finali, come se luno seguisse dallaltro, probabilmente solo unillusione ; in verit le cause possono forse essere concatenate tra loro in modo tale, che le cause terminali mi facciano limpressione di una connessione logica e psicologica. Io nego che un fenomeno dello spirito dellanima sia causa diretta di un altro fenomeno dello spirito o dellanimo, sebbene cos sembri. Il vero mondo delle cause ci nascosto : esso indicibilmente pi complicato. Lintelletto e i sensi sono un apparato soprattutto semplificatorio. Il nostro falso, rimpicciolito, logicizzato mondo delle cause per altro quello in cui noi possiamo vivere. Intanto conosciamo, in quanto possiamo soddisfare i nostri bisogni.

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F. Nietzsche, Frammenti postumi 1884-1885, cit., . 7-34-[30] : p. 109.

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