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Boccaccio riscritto, tra perbenismo e provocazione

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10 novembre 2022

Classici della letteratura italiana in salsa pop

di Trifone Gargano

La fortuna pop del Decameron di Giovanni Boccaccio, in termini di ri-scritture e di re-


invenzioni, iniziò piuttosto presto, se è vero, com’è vero, che una prima testimonianza del
successo pop dell’opera di Boccaccio, è ravvisabile già nel Trecentonovelle di Franco
Sacchetti, scritto con molta probabilità tra il 1392 e il 1400, anno di morte dello scrittore. Nel
proemio alla sua raccolta di novelle, infatti, Sacchetti dichiarava l’intenzione di assumere il
Decameron di Boccaccio come modello (e si poneva, ovviamente, in gara con esso).
Dunque, un destino pop immediato, quello del Decameron di Giovanni Boccaccio, anche se
contraddittorio, visto che, già nel Cinquecento, il solo Boccaccio delle cornici (non certo
quello delle novelle) veniva indicato da Pietro Bembo (1470-1547), nelle Prose della volgar
lingua (1525), come modello di scrittura, da imitare (individuando, invece, per la poesia nel
Canzoniere di Francesco Petrarca l’altro modello di scrittura); e visto che, nel contempo,
Giovanni Boccaccio entrava immediatamente, proprio per il Decameron, nell’Indice dei libri
proibiti (Index librorum prohibitorum), celeberrimo elenco di opere la cui lettura era vietata,
redatto dalla Chiesa cattolica nel 1559, per volontà di papa Paolo IV. Come ulteriore
testimonianza dell’immediato e larghissimo successo pop del Decameron, sempre
relativamente al XVI secolo, cito Pietro Aretino (1492-1556), scrittore e poligrafo, che, in due
sue opere a impianto dialogico, ma con molte novelle inserite nel tessuto narrativo, e cioè il

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Ragionamento della Nanna e della Pippa, e il Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa
sua figliuola, rispettivamente del 1534 e del 1536, esplicitamente citava Giovanni Boccaccio
e il Decameron, assunto a modello narrativo (non soltanto da imitare, ma anche da
superare), indipendentemente dal suggerimento “alto” di Pietro Bembo.

Infine, cito pure, sempre a testimonianza della fortuna pop del Decameron di Boccaccio, già
nei primi secoli della letteratura italiana, Lucilio Minerbi, romano di nascita ma attivo a
Venezia, che pubblicò un Vocabulario dell’opera di Boccaccio, organizzato in ordine
alfabetico, e collocandolo in apertura all’edizione del 1535 del Decameron, a uso dei lettori.

Il Dante di Boccaccio…

Per il ri-uso pop odierno del Decameron, e, più in generale, di Giovanni Boccaccio, partirei
dall’ultima opera uscita nelle sale cinematografiche, che rilancia il mito (e la fortuna) dello
scrittore di Certaldo, e cioè il film di Pupi Avati, Dante (2022). Com’è noto, il film è stato
ricavato da Pupi Avati da un suo stesso precedente romanzo, L’alta fantasia, edito per i tipi
Solferino, a Milano, nel 2021, con un sottotitolo molto esplicativo, e cioè «Il viaggio di
Boccaccio alla scoperta di Dante». Romanzo e film ricostruiscono, tra storia e fantasia, la
missione che effettivamente compì Giovanni Boccaccio, nel 1350, per conto dei Capitani
della Compagnia fiorentina dell’Orsanmichele, con l’incarico di consegnare alla figlia di
Dante Alighieri, suor Beatrice, a Ravenna, una somma, pari a 10 fiorini d’oro, a titolo di
risarcimento (morale, ancorché tardivo), per l’ingiusta condanna e l’altrettanto ingiusto esilio,
patiti dal padre. È pure noto a tutti che Giovanni Boccaccio dedicò a Dante Alighieri un
Trattatello in laude, scritto, probabilmente, tra il 1351 e il 1365, ricco di notizie, sulla vita di
Dante, comprendente una orgogliosa giustificazione per l’utilizzo del volgare, da parte di
Dante, in quanto scelta forte e innovativa, nella scrittura del poema, ma anche ricco di
informazioni, che oggi definiremmo autentiche fake-news, sulla vita del poeta e sulla stessa
storia del poema. Boccaccio scrisse pure le Esposizioni sopra la Comedia, nei suoi ultimi
anni di vita; tenne pubbliche letture su alcuni canti dell’Inferno dantesco, fino al canto XVII,
per conto del Comune di Firenze, presso l’Abbazia fiorentina di Santa Maria, dalle parti del
Bargello, interrotte bruscamente per l’aggravarsi della sua condizione di salute.

… e il Boccaccio di Pupi Avati

Il film di Pupi Avati, dunque, Dante, e il suo romanzo, L’alta fantasia, dal quale il regista
stesso ha tratto la sceneggiatura, sono da intendere come testimonianze pop relative a
Giovanni Boccaccio (e non a Dante). Sempre per il cinema, ispirato più o meno direttamente
al Decameron, va citato, nella gran massa delle pellicole realizzate, specie in Italia, nella
seconda metà del XX secolo, almeno, Maraviglioso Boccaccio, dei fratelli Paolo e Vittorio
Taviani, uscito nelle sale nel 2015, che propone allo spettatore una scelta di cinque novelle,
tratte dal Decameron. Scelta molto diversa, questa dei fratelli Taviani, rispetto a quella
operata da Pier Paolo Pasolini, nel 1971, per il suo film Decameron, realizzato come primo
episodio della così detta Trilogia della vita (che vide, nel 1972, l’uscita del film I racconti di

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Canterbury, e nel 1974 Il fiore delle Mille e una notte). Nel caso del film di Pasolini, le novelle
furono dieci (l’episodio intermezzo sull’allievo di Giotto, interpretato dallo stesso Pasolini, era
diviso in due momenti), con la sola coincidenza, rispetto alla scelta delle novelle fatta dai
fratelli Taviani, per la novella 2 della IX giornata, quella relativa alla badessa e alle brache del
prete.

Boccacciano e boccaccesco

Ad ogni modo, resta contraddittoria, proprio perché oscillante tra divieto perbenista e
ostentazione provocatoria, la presenza, pur larga, specie a partire dagli inizi del Novecento,
del Decameron, nelle ri-scritture pop contemporanee, con particolare riferimento al teatro
(leggero) e al cinema. Di differente qualità, infatti, le trasposizioni che si son date, tra
caricatura (anche becera e plebea), trasposizioni, contaminazioni, adattamenti,
attualizzazioni, storpiature comico-ludiche, trasgressioni erotiche, e così via. Nel lessico
comune, per esempio, a seguito di tutto questo fiorire, nel corso del Novecento, di ri-scritture
pop, l’aggettivo boccaccesco, è stato percepito, nell’immaginario collettivo, come sinonimo di
licenzioso, scurrile, salace, ed è stato, quindi, sostituito, in sede scientifica, dal più neutro
boccacciano, proprio per sganciare dalla precedente voce la figura e, soprattutto, l’opera, di
Giovanni Boccaccio. La gran mole di trasposizioni e rifacimenti cinematografici, che rinviano,
o che, genericamente, si rifanno al Decameron, sono, in termini di quantità, secondi soltanto
alla Bibbia.

Martin Mystère a Certaldo

Una curiosa incursione fumettistica nel mondo di Giovanni Boccaccio, che mi piace
segnalare, è l’albo n. 148 del fumetto «Martin Mystère», intitolato Decameron!, uscito nel
mese di luglio del 1994, che narrava di un misterioso manoscritto inedito di Boccaccio, che,
quindi, costringeva il protagonista, il detective dell’impossibile Martin Mystère, appunto, a
recarsi a Certaldo, per indagare, su improbabili congegni, che permetterebbero di volare, e
su di un favoloso tesoro nascosto. Nessun fumetto della Disney è dedicato al Decameron
(stando alla mia ricognizione). Come pure, in sede di monumentalizzazione dell’autore, a
dimostrazione della scarsa (se non nulla) forza, o suggestione, come dire, educativa, di
Giovanni Boccaccio, se si esclude la toponomastica, che, in vero, risulta piuttosto diffusa, di
borgo in borgo e di città in città, il suo nome è quasi del tutto assente, ad esempio, nelle
denominazioni di scuole, o di istituti scolastici. È attestata, infatti, una sola intitolazione, a
Firenze, per una scuola elementare, a lui dedicata. Per il resto, assolutamente nulla, in
nessuna contrada della nazionale italiana. A fronte, invece, delle circa quattrocento scuole,
d’ogni ordine e grado, intitolate a Dante Alighieri; e delle sessanta scuole intitolate a
Francesco Petrarca. Tanto per limitarci, sotto questo profilo, della presenza simbolica, cioè,
attraverso le intitolazioni di edifici pubblici scolastici, alle tre corone della nostra patria
letteraria. Giovanni Boccaccio, quindi, non gode di questa monumentalizzazione, perché,
evidentemente, viene percepito (ancora) come autore scandaloso, da non indicare, quanto
meno nelle intitolazioni di scuole.

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Romanzi

In ambito romanzesco, tra i progetti letterari più recenti, in tema di re-invenzione e di ri-
scrittura pop del Decameron, segnalo i seguenti titoli:

- L’allegra brigata, del 2020, curato da Emanuele Trevi, Neri Pozza Editore, con sette
scrittrici e tre scrittori, che, in condizione di pandemia da Covid-19, provano a trovare
consolazione nel rifugio virtuale della scrittura; per dieci giorni, infatti, attraverso un
collegamento digitale, via computer, ispirandosi ai temi delle giornate del Decameron, i dieci
scrittori si raccontano storie, a turno, all’interno di un locus amoenus virtuale (digitale); il
risultato è confluito, appunto, in un’antologia che potrei definire Decameron 2.0;

- Nuovo Decameron, del 2021, per i tipi HarperCollins, con il concorso di dieci scrittrici e
scrittori contemporanei, che si sono cimentati con la ri-scrittura del capolavoro di Boccaccio;
l’esperimento letterario che ne è nato, dettato dalla triste cornice della pandemia da Covid-
19, che ha costretto, a livello globale, tutti a restare chiusi in casa, per confinamento, è stato
quello di sostituirsi, con piena libertà inventiva, ai dieci narratori medievali, oscillando tra
fedeltà e tradimento, rispetto al testo del Decameron; ma anche con re-invenzioni
linguistiche, con capovolgimenti, con adattamenti al contemporaneo, e così via;

- Decameron project, del 2021, NN Editore, anch’esso legato alla situazione di reclusione
forzata dovuta alla pandemia da Covid-19, con ventinove autori selezionati dagli editor del
«New York Times Magazine», che hanno dato vita a racconti e a testimonianze di un tempo
straordinario, quello, appunto, della reclusione forzata, annoverando firme prestigiose, di
grandi autori, come, per esempio, tra gli altri, quella di Margareth Atwood, ovvero, quella del
nostrano Paolo Giordano;

- Boccaccio noir, di Sergio Conca Bonizzoni, del 2022, Leone Editore, è una re-invenzione in
chiave noir del capolavoro di Boccaccio, con l’allegra brigata che, in questo gioco letterario,
immaginato da Conca Bonizzoni, autore non nuovo a simili esperimenti creativi, è chiamata
a fare i conti con un qualcosa di macabro e di oscuro, che serpeggia tra di loro, e che proprio
la situazione paradossale della peste, con la forzata convivenza, avrebbe contribuito a far
emergere.

Bibliografia di riferimento

Nella vastissima bibliografia scientifica boccaccesca, specie intorno al Decameron, mi limito


a segnalare, proprio perché coerente con la mia particolare prospettiva di lettura pop dei
Classici italiani, che sto provando a proporre, in questi miei interventi, il saggio di Marco
Bardini, Boccaccio pop. Usi, riusi e abusi del Decameron nella contemporaneità, ETS, Pisa
2021, per l’analiticità e per la vastità della ricerca, e per il taglio anche irriverente (e arguto)
della sua scrittura.

La serie Classici della letteratura italiana in salsa pop è curata e scritta da Trifone Gargano .

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Qui l’elenco degli articoli già pubblicati:

Dante, cento selfie dall’aldilà

Immagine: Screenshot dal film Maraviglioso Boccaccio (2015), di Paolo e Vittorio Taviani

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