Nietzsche
Introduzione alla comprensione del suo filosofare
A cura di Luigi Rustichelli
MURSIA
Titolo originale dell’opera: Nietzsche. Einführung in das Verständnis seines Philosophierens
Traduzione dal tedesco di Luigi Rustichelli
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INTRODUZIONE
Bisogna imparare a comprendere Nietzsche: è questo il presupposto metodologico dell'ampio
studio di Jaspers del 1936. Ciò significa, innanzitutto e in via preliminare, che, prima ancora di
un'esposizione della filosofia di Nietzsche, cioè degli esiti speculativi del suo pensiero, bisogna non
solo riflettere ma anche partecipare intimamente al suo filosofare, ossia al peculiare modo di
procedere del suo pensiero che, come Jaspers sottolinea ripetutamente, è sempre in continuo «
movimento » ("Bewegung!; in tal senso si spiega il sottotitolo del libro, che intende appunto essere
un'introduzione alla comprensione del filosofare nietzschiano.
È questa una problematica che coinvolge i principali nodi, da una parte, del pensiero di Nietzsche,
e dall’altra, della stessa filosofia di Jaspers, 1 a cominciare dal concetto di Aneignung
(assimilazione, appropriazione), a cui tale problematica, per molti aspetti, può essere ricondotta:
una piena ed autentica comprensione del « nuovo filosofare » di Nietzsche non può che essere, ad
un tempo, un’appropriazione intesa anche come rielaborazione personale del suo pensiero. Si
tratta del concetto, elaborato dallo stesso Nietzsche, dell’assimilazione del pensiero dei grandi
filosofi del passato, che non consiste in una sua mera ripresa o contemplazione, ma - come già i
Greci ben sapevano e ci insegnano - deve essere una sua « incorporazione », cioè appunto una
costruttiva appropriazione, in grado di servire e « vivificare » il presente, la nostra vita e il nostro
pensiero.2
Bisogna dunque procedere ad una assimilazione del pensiero di Nietzsche, anzi, piu precisamente,
dell’insieme delle sue Denkerfahrungen; già il concetto stesso di assimilazione, ulteriormente
rafforzato da questa sot-
lolineatura con l’espressione « esperienze di pensiero », ci indica qual è, secondo Jaspers, il punto
di partenza, ovvero il presupposto imprescindibile per una corretta comprensione di Nietzsche.
Poiché il suo filosofare non è una fredda ed astratta riflessione meramente speculativa, bensì
un’esperienza vissuta, se vogliamo veramente comprendere Nietzsche dobbiamo pensare e sentire
insieme a lui, provare noi stessi quella « passione » da cui egli era animato. In altri termini, è
necessario seguire simpateticamente Nietzsche nella sua idea di fondo dell’indissolubile unità di
vita e conoscenza, secondo cui ogni filosofia deve essere ad un tempo « pensata e vissuta », deve
cioè essere, riprendendo la sua nota formulazione, una « filosofia sperimentale ».3
Per Jaspers, ciò significa che bisogna stabilire uno stretto « rapporto » con Nietzsche, « entrare in
comunicazione » e procedere insieme a lui nel continuo movimento della sua vita e del suo
pensiero: non semplicemente « contemplare », ma com-prendere, prender parte direttamente a tale
movimento. È per questo che Jaspers tiene innanzitutto presente la stessa « autocomprensione » di
Nietzsche, cioè il modo in cui ha retrospettivamente inteso e vissuto il proprio cammino
speculativo: gli scritti autobiografici, sia quelli giovanili sia le sue ultime opere, cosi come i
numerosi luoghi e frammenti in cui, con spirito autocritico, egli ha interpretato a ritroso le varie
fasi del suo pensiero, e soprattutto le tarde prefazioni che ha scritto per le sue opere precedenti
costituiscono un accesso essenziale al suo filosofare. Non si tratta infatti di una semplice «
autoriflessione » o « autosservazione », ma della « formidabile capacità » che Nietzsche
ha mostrato nel comprendere il proprio pensiero, sempre sulla base della propria esperienza
vissuta, indicandoci la peculiare unità del suo movimento.4
Ne consegue l’impostazione di fondo che contraddistingue lo studio dì Jaspers (a differenza di altre
interpretazioni, come ad esempio quella di
Heidegger), che può essere riassunta nella seguente esigenza: « I pensieri di Nietzsche debbono
essere inseriti in un solo grande processo, che è al contempo sistematico e biografico »; proprio la
consapevolezza dell'unità di vita e conoscenza implica che il « contenuto filosofico »
dell'esperienza nietzschiana risieda indissolubilmente « tanto nella vita quanto nel pensiero di
Nietzsche ». Per una corretta comprensione del filosofare di Nietzsche non si può assolutamente
prescindere da uno studio della sua vita, che è dunque fondamentale per cogliere il « movimento »
del suo pensiero, cioè il suo sviluppo temporale (pp. 31-32). Tralasciare questo aspetto significa
precludersi la possibilità stessa di una completa comprensione del suo pensiero. Ma ciò non è
sufficiente; bisogna procedere anche a delle connessioni sistematiche, cioè seguire
sistematicamente, senza tralasciare nulla, tutta l'evoluzione della filosofia di Nietzsche, cercando di
collegare i vari pensieri. Non è certo un compito facile; anzi, comporta un’aporia di fondo:
procedere a delle connessioni sistematiche significa infatti prescindere dal momento della stesura
dei suoi singoli pensieri. Jaspers, che è ben consapevole di tale difficoltà, procede con cautela su
questo punto centrale dell'interpretazione di Nietzsche.
Come è noto, Nietzsche era contro la forma del sistema filosofico, della « costruzione sistematica
»; egli si mostra sprezzante nei confronti della « volontà di sistema », in cui vede « una mancanza
d’onestà », « una specie di impostura », ed afferma: « Non sono abbastanza limitato per un sistema
- e nemmeno per il mio sistema ». 5 Conseguentemente, come osserva Jaspers, « in Nietzsche si
presenta un nuovo modo di filosofare, che non diventa un sistema di pensiero compiutamente
elaborato [...]. Egli è come un eterno punto di partenza »; ed è per questo che ha « coscientemente
eletto l’aforisma a forma ». Ciononostante, Nietzsche « pensa al tutto », e vi è pur sempre nel
movimento del suo pensiero una « unità interna ». Per cui si può dire che il suo filosofare non è né
sistematico, né aforistico (pp. 402, 339, 407 e 23).
Per esprimere questo aspetto che riguarda il principale nodo strutturale del pensiero di Nietzsche,
e dunque le modalità della sua comprensione, Jaspers riprende una metafora che lo stesso
Nietzsche utilizza in diverse occasioni, parlando della propria opera come di un edificio in corso di
costruzione. Scrive Jaspers: « È come se si facesse saltare in aria il fianco di una montagna, per
costruirvi un edificio; le pietre, più o meno sbozzate, fanno pensare ad un tutto, ma l'edificio non è
ancora stato costruito. Il fatto che dell'opera in via di costruzione vi siano per ora solo cumuli di
macerie non impedisce che la sua struttura sia comunque ben presente a colui che sa come
costruire; davanti a lui stanno numerosi frammenti che si possono combinare in diversi modi ». Da
una parte, le pietre « possono essere riconosciute soltanto se sono poste in relazione
all'idea globale della costruzione », ma d’altra parte la stessa costruzione « non può
essere determinata con certezza ed in modo univoco; sembra piuttosto che vi siano varie possibilità
di costruzione ». Ne consegue che, per una corretta comprensione ed esposizione del pensiero di
Nietzsche, non si tratta di procedere ad una « ricostruzione archeologica », perché ciò
significherebbe fargli violenza; bisogna invece sempre « contemplare ad un tempo sia la possibilità
di una costruzione sistematica del suo pensiero, sia quella del suo crollo » (pp. 23 e 24). Dunque,
fuor di metafora, ciò che Nietzsche ha scritto deve sempre esser colto e compreso non solo nel
contesto in cui fu scritto (cioè nel suo sviluppo temporale), ma anche nel « contesto del tutto »
(cioè nell'insieme del suo sviluppo complessivo e sistematico). 6
È bene precisare che Jaspers non considera affatto come un limite questo aspetto del pensiero di
Nietzsche: il fatto che esso non si risolva in un sistema compiuto, ma sia « un’opera in corso di
costruzione » è semmai l’intima novità e, come vedremo, il grande insegnamento del
filosofare nietzschiano. Si tratta sempre, insomma, del movimento del suo pensiero che - come
osserva efficacemente Jaspers, riprendendo anche in questo contesto termini e concetti consueti
della propria filosofia — è senza terreno, rifiuta ogni « solido » terreno, ed ha invece la sua
peculiarità appunto nella forma dell’essere-in-movimento, dell'essere-in-cammino. nel suo
pensiero che è vita, Nietzsche sperimenta tutte le possibilità, e dunque esso « non può fermarsi in
alcun luogo », « non è nulla di definitivo » (cfr. pp. 350-351).
Questo movimento è innanzitutto un movimento di distruzione, ossia, sul piano logico formale, di
negazione. La negazione è la parte più viva del suo pensiero, più stimolante e « più vera » delle sue
stesse affermazioni. Jaspers rileva che la costante preoccupazione di Nietzsche è quella
di pervenire dalla negazione all’affermazione: infatti, già nell’atto stesso del negare è possibile
cogliere il movimento positivo dell’affermare. Più precisamente, il significato dell’incessante «
movimento » del penderò di Nietzsche - o, per usare la sua espressione, dei suoi continui «
superamenti » ed « autosuperamenti » - sta nel fatto che egli « non si abbandona definitivamente a
nulla di negativo e a nulla di positivo appartenente all'esperienza possibile, ma rischia semmai
tutte le posizioni, per dominarle tutte attraverso una negazione dialettica ». Jaspers definisce
questo modo di procedere come la dialettica reale di Nietzsche: ogni posizione, nel momento in cui
viene da lui negata, implica l’affermazione della posizione op-
posta, che a sua volta è destinata ad entrare nel perenne movimento del mettere in discussione; non
si tratta di un movimento dialettico in senso tradizionale (che abbraccia il tutto « in una rapida
visione d'insieme », sulla base di « una sintesi conosciuta a priori »), ma di un movimento
che perviene semmai ad « una sintesi esistenzialmente aperta »; in breve, in tale dialettica — in
cui Nietzsche non si limita a negare, e dunque « supera » il nichilismo — « il no è il cammino verso
il nuovo sì » (pp. 351, 350 e 352).
A ben vedere, il senso di questa dialettica di negazione ed affermazione, distruzione e costruzione,
si trova esplicitamente indicato in un significativo passo in cui Nietzsche riassume il suo concetto
di filosofìa sperimentale: « Una filosofia sperimentale come quella che io vivo, anticipa a mo‘ di
prova anche le possibilità del nichilismo sistematico, senza che sia perciò detto che essa si fermi a
un "no”, a una negazione, a una volontà di "no”. Essa vuole anzi giungere, attraverso un tale
cammino, al suo opposto — a un’affermazione dionisiaca del mondo così com'è, senza
detrarre, eccepire o trascegliere - vuole il circolo eterno ». 7 E si ritrova anche, sia pure solo
accennato, nella formula « magia dell’estremo », che esprime la sua volontà di passare da un
estremo all'altro, sondando tutte le possibilità e lasciandole vivere in tutta la ricchezza delle loro
determinazioni. Si tratta, in fondo, del processo stesso con cui l’uomo consegue la sua estrema
libertà, in quanto creatore e plasmatore di se stesso: l’uomo, « questo grande sperimentatore di se
stesso », che cosi crudelmente infierisce su di sé (poiché per creare è necessario distruggere, ed
egli sa che « nell’uomo creatura e creatore sono congiunti »), sperimenta dunque la « malattia »
come necessario viatico verso una superiore « salute », passando cioè dalla negazione della vita
alla sua entusiastica affermazione:
« Quel no che egli dice alla vita porta alla luce, come per magia, una moltitudine di più squisiti si;
proprio cosi, se si ferisce, questo maestro della distruzione, dell'autodistruzione - è poi la ferita
stessa che lo costringe a vivere ». 8
Ma non è così semplice cogliere questo movimento del pensiero nietzschiano e la sua intima «
dialettica »: il suo tratto fondamentale è infatti la contraddizione. Qui Jaspers non si limita
semplicemente a constatare l’evidente contraddittorietà di Nietzsche, per cui leggendo i suoi
scrìtti « non bisogna mai essere soddisfatti fino a quando non si è trovata anche la contraddizione
»; piu ancora, aggiunge Jaspers, per comprendere correttamente Nietzsche bisogna mettere in
pratica la logica del contraddittore, cioè « bisogna aver sempre presente la via opposta a quella
che la lettura dei suoi scritti sembrerebbe direttamente indicarci » (pp. 30 e 29).
La contraddittorietà o equivocità di Nietzsche non consegue solo dal fatto che quasi tutti i concetti
predominanti del suo pensiero (pessimismo,
nichilismo, scetticismo, ebbrezza, ecc.) hanno un duplice senso, sono « ambivalenti » (zweideutig,),
ma anche e soprattutto dalla sua affermazione che la realtà stessa è ambivalente ed enigmatica, e
non può essere univocamente determinata: non esistono fatti, ma solo molteplici interpretazioni di
questi fatti. Si può dunque dire che la contraddittorietà di Nietzsche deriva sostanzialmente dal suo
« immenso impulso alla veridicità » (p. 375). Jaspers riprende e sottolinea giustamente la
distinzione nietzschiana tra « verità » e « veridicità » (e si dovrebbe anche aggiungere il concetto
di « verosimiglianza »): per Nietzsche non esiste una « verità in sé », la verità è necessariamente «
ambigua », « equivoca », si dà solo nella molteplicità dei punti di vista, delle prospettive. È questa
la sua teoria del « prospettivismo ».9 attorno alla quale ruotano molti e complessi temi
della filosofia di Nietzsche. Jaspers - che anche in ciò può ritrovare diverse affinità con la sua
stessa filosofia - si sofferma, tra gli altri, su quello della « maschera », che è per Nietzsche una
profonda necessità: « Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera »; infatti, « non si
scrivono forse libri al preciso scopo di nascondere quel che si custodisce dentro di sé? [...] Ogni
filosofia è filosofia di proscenio [...]. Ogni filosofia nasconde anche una filosofia; ogni opinione è
anche un nascondiglio, ogni parola anche una maschera ».10
La maschera (così come il « simbolo » e il « canto », ed ogni forma di « comunicazione indiretta »
di cui Nietzsche si serve) esemplifica il processo di nascondimento-disvelamento dell’essere, ed
esprime il carattere necessariamente « equivoco » della verità. Indubbiamente, la filosofia di
Nietzsche è piu nascosta che manifesta; ma l'uso che egli fa della maschera non mira ad
ingannare; si tratta invece della « maschera che protegge per essere penetrabile solo dallo sguardo
autentico che coglie la verità» (p. 364).
Da tutte queste osservazioni risulta quanto sia difficile comprendere Nietzsche; ogni
interpretazione nettamente definita è, nel suo carattere unilaterale, decisamente scorretta; questo è
secondo Jaspers l'errore di fondo delle interpretazioni precedenti di Nietzsche. È invece
necessaria una lettura lenta, piena di cautele ed anche di riserve, non univoca, ma aperta alla
molteplicità delle possibili interpretazioni: « Senza questo aspetto dell’ineliminabile ambivalenza
ed equivocità, Nietzsche non rimarrebbe se stesso» (p. 373). In altri termini, riprendendo la
metafora dell’opera di Nietzsche come un edificio in corso di costruzione, poiché Nietzsche non ha
mai portato a termine questo edificio - e il suo filosofare è rimasto un costante progetto, un
incessante tentare e sperimentare -, una corretta esposizione del suo pensiero non può che limitarsi
a « cercare di ricostruire la struttura dell’edificio », con la costante consapevolezza che « essa non
si
mostrerà mai a nessuno nella sua completezza, in modo chiaro ed inequivocabile » (p. 24).
Se, alla luce di quel che si è detto, si vuole tentare una breve valutazione dello studio di Jaspers, si
possono fare le seguenti considerazioni (anche in questo caso ci limitiamo al principale nodo
strutturale della sua esposizione, senza entrare nel merito dei numerosi temi e aspetti specifici del
pensiero nietzschiano da lui affrontati).
Nell’« Introduzione » Jaspers sostiene che V« esposizione » (Darstellung,) del pensiero di un
filosofo « non deve diventare l’occasione, per chi espone, di formulare una sua propria filosofia »
(p. 33); sorge qui spontaneo il dubbio se Jaspers sia effettivamente rimasto fedele a questo
suo intento, o non abbia piuttosto interpretato la filosofia nietzschiana in modo piu vicino al
proprio pensiero che non a quello di Nietzsche stesso. Appare infatti evidente che la lettura di
Jaspers è condotta alla luce della sua propria filosofia, e non è esente da forzature, dalla
sottolineatura di certi aspetti della filosofia nietzschiana che più sono in sintonia con il suo
stesso pensiero, e dalla omissione di altri aspetti.
A tal proposito si potrebbe osservare che in uno studio che, pur volendo essere solo
un'introduzione, affronta comunque « i pensieri fondamentali di Nietzsche », appare discutibile il
fatto di trascurare completamente il pensiero estetico (Jaspers dedica solo poche righe al tema del
bello: p. 284): ci pare infatti indubbia la centralità del problema dell’arte nel quadro complessivo
del pensiero nietzschiano, dalla tesi giovanile - che si ripresenta anche negli anni successivi - della
« giustificazione estetica dell’esistenza », a quella tarda della « volontà di potenza come arte ».
Ma non è tanto questo il punto su cui conviene soffermarsi; cosi come non serve, sempre in questo
contesto, addentrarsi nella discussione sui rilievi critici all’impostazione di Jaspers, con
particolare riferimento al suo discorso sulle contraddizioni in Nietzsche, e all’effettiva possibilità
di ottemperare nello stesso tempo all’esigenza di considerare lo sviluppo temporale del suo
pensiero e di operare delle connessioni sistematiche che invece prescindono dal momento della
stesura dei suoi scritti. 11 Conviene piuttosto prendere in considerazione, in quanto esemplificativo
del modo di procedere di Jaspers, il punto di partenza e filo conduttore del suo studio: l'unità di
vita e pensiero in Nietzsche, cioè l’idea di una « filosofia sperimentale ».
Dal punto di vista metodologico, è vero che Jaspers espone, per così
dire oggettivamente, o, secondo il suo esplicito intento, in modo « documentato » questo tema
(anche in questo caso, egli lascia parlare Nietzsche, con ampie citazioni), evidenziando le sue
molteplici implicazioni; poi lo valuta alla luce di uno dei punti centrali del suo stesso pensiero, la
serietà dell’impegno esistenziale, preoccupandosi di mostrare che non è in contraddizione con
esso;12 e soprattutto ne fornisce un'interpretazione complessiva condizionata, o quantomeno
fortemente orientata dalla sua filosofia: cioè anche questo aspetto centrale del pensiero di
Nietzsche (cosi come i temi specifici su cui si sviluppa, soprattutto il « superuomo » e l’« eterno
ritorno »), esprimerebbe un suo costante anelito verso la trascendenza.13
A tal proposito si potrebbe obiettare che, se indubbiamente la filosofia sperimentale di Nietzsche
può esser vista come un'espressione del continuo trascendere del suo pensiero (nel senso del suo
incessante « procedere oltre », senza mai arrestarsi in nessuna fissa dimora, in nessuna
acquisizione certa), è però sbagliato interpretare questo trascendere nel quadro della « teologia
cristiana », come ha giustamente osservato Kaulbach,14
Ma, a nostro avviso, per una valutazione complessiva dello studio di Jaspers - ed anche, se si
vuote, come risposta a queste obiezioni - si deve tener presente, ancora una volta, la tematica
dell’assimilazione.
Bisogna innanzitutto osservare (anche perché Jaspers conferisce un preciso significalo a questi
termini) che ««'esposizione come quella di Jaspers, che si propone di essere un’introduzione alla
comprensione del pensiero di Nietzsche, è necessariamente una interpretazione (altro concetto
comune a Jaspers e Nietzsche: ogni vera comprensione è una Auslegung), è cioè inevitabilmente
destinata a dare « qualcosa di piti » e nello stesso tempo « qualcosa di meno » (cfr. p. 360).
Proprio perché Nietzsche non ha sviluppato sistematicamente la sua filosofia, anche se vi è pur
sempre in lui una « tendenza all'unità », bisogna cercare di « far emergere, mediante il proprio
pensiero, ciò che è riposto nel pensiero dell’altro » (p. 33); è cioè necessario «l’apporto aggiuntivo
di un pensiero unificante » (p. 408), in quanto non è possibile « cogliere l’unità nel pensiero di
Nietzsche se non a colui che la consegue con le proprie forze » (p. 24). Nessuno deve dunque
«arrestarsi a Nietzsche
e trovare in lui il proprio pieno compimento », poiché « ciò che Nietzsche veramente è, potrebbe
essere alla fine deciso solamente da ciò che altri gli apportano, accostandosi a lui ». In breve: «
Filosofare con Nietzsche significa affermarsi continuamente contro di lui » (pp. 409, 411 e 412).
Ebbene, questo duplice aspetto, apparentemente contraddittorio, è appunto richiesto dal processo
di assimilazione e ne rappresenta anzi il contenuto di fondo, ad essa connaturato:15 comprendere e
assimilare Nietzsche significa ad un tempo procedere insieme a lui e staccarsi da lui; o
meglio, come Jaspers ribadisce anche nella parte finale del libro, significa entrare comunque « in
comunicazione con lui », cioè partecipare « all’autenticità e alla veracità del movimento del suo
pensiero », alla sua sostanza, che è appunto quella dell''essere-in-cammino, senza fermarsi mai,
neppure laddove Nietzsche corre il rischio di fermarsi o, a volte, effettivamente si arresta su
posizioni dogmatiche. Dobbiamo « conservare la libertà del movimento autentico », senza
irrigidirci in nessuna « dottrina » (cfr. pp. 405 e 406): « Comprendere Nietzsche non vuol dire
accettarlo, ma semmai plasmare se stessi, attivamente e soprattutto continuamente, senza cioè
terminare mai definitivamente quest’opera di formazione » (p. 409).
L’assimilazione di Nietzsche implica necessariamente una « trasformazione » di noi stessi, che non
significa un « divenir-altro », ma un « divenire-sé », cioè il raggiungimento della piena
consapevolezza di ciò che realmente siamo (il processo dell’Innewetden), del nostro eterno
fondamento e del nostro stesso filosofare; l 'educazione che riceviamo da Nietzsche consiste nel
costante stimolo all’autoeducazione, nel senso che siamo sollecitati a porci continuamente dei
dubbi, a « tirar fuori da noi stessi ciò che è veramente in noi » (p. 407). Ma ciò può esser
conseguito appunto solo attraverso l’assimilazione di Nietzsche, che non vuol dire né
accettare passivamente ed acriticamente le sue opinioni ed i suoi giudizi, né
piegare surrettiziamente il suo pensiero al servizio di nostri interessi e scopi particolari, ma
partecipare intimamente e perennemente al movimento del pensiero di chi, come lui, nel suo
indomito tentare-sperimentare, ha percorso il cammino che conduce « fino alle origini e ai limiti
dell’uomo ». In tal modo, « grazie a lui e procedendo insieme a lui, noi sperimentiamo le
possibilità dell’esserci umano, impariamo a plasmare con il pensiero la nostra umanità» (p. 407).
LUIGI RUSTICHELLI
Reggio Emilia, settembre 1993
NOTA DEL CURATORE
La presente traduzione è stata condotta sulla quarta edizione di Nietzsche. Einführung in das
Verständnis seines Philosophierens (1974), invariata rispetto alle precedenti.
Per quanto riguarda i criteri generali della traduzione, si è tenuto conto della struttura dell’opera
che, da una parte, può esser considerata un’opera teorica di Jaspers, nel senso che vi compaiono
molte delle problematiche e dei termini consueti della sua filosofia; e d’altra parte è un’esposizione
critica della filosofia di Nietzsche, volutamente caratterizzata da un numero assai consistente di
citazioni di passi nietzschiani.
Partendo da questa considerazione, si è ritenuto opportuno, in generale e per quanto possibile,
attenersi alle traduzioni italiane esistenti, soprattutto per quel che riguarda alcuni termini chiave di
Jaspers (espressioni continuamente ricorrenti, di cui Jaspers fa un uso tutto peculiare, a volte non
consueto, come Bewegung, « movimento », Ursprung, « origine », Durchbruch, « rottura »,
ecc.); l’espressione das Umgreifende, di cui come è noto esistono diverse traduzioni (Jaspers stesso
dice che è « indefinibile », e alcuni traduttori preferiscono lasciarla nell’originale), è stata da noi
resa per lo più con « l’essere che tutto abbraccia», con lievi varianti imposte dai vari contesti in cui
ricorre; quando compare come aggettivo (umgreifend), è stato tradotto con « onnicomprensivo ».
Per i passi di Nietzsche citati da Jaspers, si è seguita l’edizione italiana curata da Colli e Montinari
(F. NIETZSCHE, Opere, Milano, Adelphi, 1964 sgg.) in tutti i casi segnalati in appendice, nella «Tavola
di concordanza » tra l’edizione Naumann-Kröner, da cui cita Jaspers, e l’edizione italiana da noi
utilizzata. A tal proposito, va precisato che Jaspers usa alcuni significativi termini comuni a
Nietzsche, ovvero cita e commenta espressioni che, nella loro elaborazione concettuale, sono
divenute dei nodi tematici rilevanti della sua filosofia: alcuni di questi termini, nelle traduzioni
italiane dei due autori, sono resi in modo diverso (così è, ad esempio, per l’espressione das
Schweben, che in Nietzsche è tradotta con « lo spaziare » o « il librarsi », mentre nelle traduzioni
italiane di altre opere di Jaspers è resa con « l’essere-sospesi »; lo stesso vale per il termine
Auslegung, tradotto rispettivamente con « interpretazione » e « esplicazione »; in questi casi
abbiamo conservato, anche nel commento di Jaspers, le traduzioni italiane dei termini, cosi come
appaiono nei vari scritti di Nietzsche da lui citati).
Questa divergenza si presenta e ricorre soprattutto con il termine Dasein, per il quale, nelle opere di
Jaspers, si è ormai consolidata la traduzione con « esserci » (per distinguerlo da « esistenza »:
Existenz), mentre in Nietzsche è tradotto con « esistenza ». Tale criterio è stato seguito anche nella
nostra traduzione: quindi, quando Jaspers cita o parafrasa Nietzsche, si è reso Dasein (sempre,
anche nei passi di Nietzsche da noi direttamente tradotti) con esistenza-, in tutti gli altri casi (anche
quando, pur richiamandosi al discorso di Nietzsche, Jaspers lo rielabora alla luce delle proprie
tematiche), il termine Dasein è stato tradotto con esserci.
A volte compaiono coppie di termini affini, che si sarebbe potuto rendere in modo diversificato,
facendo ricorso a termini tecnici, ma che abbiamo preferito tradurre con la stessa espressione
(precisando ove necessario l’originale, tra parentesi nel testo), anche perché non si presentano in
tutto il libro e in modo sistematico, ma solo in alcune brevi parti, e quasi sempre in
riferimento all'uso che ne fa Nietzsche.
È il caso di 'Wirklichkeit e Realität, in cui appunto non si è ritenuto opportuno operare delle
distinzioni; come è noto, Wirklichkeit è il termine tedesco per realtà, e come tale è stato tradotto
(preferendolo alla possibile traduzione con « effettualità »); solo in alcuni contesti, per distinguerlo
da Realität, si è reso con « realtà di fatto » (sull’uso nietzschiano dei due termini, a cui Jaspers si
richiama, rimando al mio saggio La profondità della superficie. Senso del tragico e giustificazione
estetica dell'esistenza in Friedrich Nietzsche, cit., p. 36).
Lo stesso vale per la coppia Historie-Geschichte, che abbiamo sempre tradotto con storia-, il
contesto in cui compaiono i due termini - il capitolo in cui Jaspers si richiama all’« Inattuale » di
Nietzsche Sull'utilità e il danno della storia [Historie] per la vita - consente del resto di cogliere la
loro differente sfumatura: Historie significa storia nel senso del « sapere storico », mentre
Geschichte designa la storia come « accadere storico », ossia - come scrive lo stesso Jaspers - il
complesso degli « accadimenti reali ».
Per quanto riguarda gli aspetti redazionali, si è cercato di rispettare il piu possibile il testo di
Jaspers, limitando al minimo indispensabile gli interventi correttivi: cosi, ad esempio, abbiamo
lasciato le note (sia pure a volte incomplete nelle indicazioni bibliografiche, e collocate in modo
difforme, tra parentesi nel testo o a pie’ pagina) nella originaria stesura dell’Autore; e ancora,
abbiamo sempre rispettato l’uso del corsivo da parte di Jaspers, anche nel caso delle citazioni di
Nietzsche, dove esso è a volte difforme dall’originale: piu precisamente, abbiamo riscontrato che in
molti casi le parti in corsivo nel testo di Jaspers non corrispondono nell’edizione Naumann-Kröner
da cui egli cita (a volte, con tutta probabilità, si tratta di omissioni involontarie, spesso si tratta
ovviamente di scelte personali nel sottolineare singoli termini o parti del testo); e poiché si è altresì
riscontrato che non sempre vi è concordanza tra il corsivo di questa edizione e quello del testo
dell’edizione Colli-Montinari, si è ritenuto opportuno seguire sempre soltanto le sottolineature
dell’Autore.
Alcuni interventi si sono resi necessari nelle citazioni di Nietzsche: infatti, non sempre Jaspers
riporta i passi in modo corretto (spesso omette parole e non rispetta l’uso delle virgolette); in tali
casi, abbiamo aggiunto i puntini di sospensione e, in presenza di evidenti lapsus, abbiamo integrato
la citazione con la parola involontariamente tralasciata; abbiamo altresì provveduto a ripristinare le
virgolette non solo, ovviamente, in quei passi in cui Nietzsche, a sua volta, cita altri autori, ma
soprattutto in quei numerosi casi in cui Nietzsche si riferisce all’uso consueto e consolidato di
alcune espressioni, in cui egli non si riconosce affatto, ma intende invece sottolineare il proprio
netto rifiuto nei confronti appunto di tali espressioni (come ad es. « la “verità” »).
Abbiamo inoltre segnalato in nota i rari casi di discrepanza tra il testo di Nietzsche citato da Jaspers
(cioè quello dell’edizione Naumann-Kröner) e il testo critico stabilito da Colli e Montinari (per
l’edizione tedesca, ci siamo riferiti alla Kritische Studienausgabe dei Sämtliche Werke, cit.,
indicandola con la sigla KSA).
Altri interventi hanno riguardato la correzione - o integrazione - di alcuni riferimenti bibliografici
(ad es. nelle indicazioni delle opere e delle lettere di Nietzsche citate da Jaspers) e di alcuni nomi
propri (ad es. Malvida, corretto in Malwida).
Desidero ringraziare, per i loro consigli ed il loro aiuto, gli amici Tonino Griffero, Luca Guidetti, e
in modo particolare, per la sua consueta generosità, Eros Mattioli.
1 Jaspers riprende molti concetti della filosofia di Nietzsche che, ulteriormente rielaborati,
diventano centrali per il suo stesso pensiero; e così facendo, come ha osservato Wahl, rende piti
concrete le proprie teorie; nello studio su Nietzsche, « molte delle nozioni che rimanevano astratte
nei tre bei volumi in cui Jaspers ha esposto la sua filosofia conseguono maggior precisione, vita e
pienezza »; le idee di situazione-limite, di appello, di origine, di trascendenza, di cifra « trovano qui
la loro illustrazione », per cui si può dire che questo suo libro è importante, oltre che per la
comprensione di Nietzsche, « per la comprensione della filosofia di Jaspers » (J. WAHL,
Le Nietzsche de Jaspers, in « Recherches philosophiques », 1936-1937, p. 346)
2 V., ad es,, F. NIETZSCHE, Sämtliche Werke. Kritische Studienausgabe, a cura di G. Colli e M.
Montinari, Berlin-New York, de Gruyter, 1980, voi. 7, pp. 432-433; tr. it. in Opere, a cura di G.
Colli e M. Montinari, Milano, Adelphi, 1964 sgg., voi. III, tomo III, parte II, p. 18: «I Greci [...]
sanno imparare: enorme capacità di assimilazione [Aneignungskraft]. [...] soltanto nei Greci tutto si
è trasformato in vita !». Sul concetto di Aneignung, di cui Nietzsche sottolinea il senso fisiologico,
associando spesso l’« assimilazione corporea » all’« assimilazione spirituale », cfr. anche voi. V, t.
II, p. 348 e voi. VI, t. II, p. 255.
3 « Io parlo solo di cose che ho vissuto e non di cose semplicemente “pensate"; in me manca
l’antagonismo tra pensiero e vita. La mia “teoria” si sviluppa dalla mia “prassi” » (F. NIETZSCHE,
Opere, voi. VI, t. III, p. 605). Per Nietzsche, che su questo punto polemizza contro tutta la
riflessione filosofica precedente, filosofare non è tanto una questione di conoscenza, quanto
piuttosto di esperienza, un’esperienza vissuta e sofferta personalmente; da questa esigenza nasce
appunto la sua idea centrale di una Experimental-Philosophie-, su ciò rimando al mio saggio La
profondità della superficie. Senso del tragico e giustificazione estetica dell'esistenza in Friedrich
Nietzsche, Milano, Mursia, 1992 (cfr. spec. l’« Introduzione », pp. 11 e sgg., e la parte su «L’idea di
una Experimental-Philosophie come filosofia del tragico», pp. 33-82).
4 Jaspers sottolinea la distinzione tra Selbstreflexion e Selbstbeobachtung, da una parte, e
Selbstuerständnis dall’altra, e scrive: « La psicologia nel senso dell’autosservazione si distingue
dalla psicologia che chiarisce l’esistenza, che assume la forma dell’autocomprensione:
l’autosservazione si riferisce all’esserci empirico, anche al proprio, mentre l’autocomprensione si
riferisce ad un’esistenza possibile » (pp. 343-344). Nel quadro della sua « filosofia sperimentale »
Nietzsche sostiene che, per la conoscenza di se stessi, l’introspezione non è sufficiente, in quanto «
l’unico mezzo per conoscere veramente qualcosa consiste nel tentare di farlo » (F. NIETZSCHE,
Opere, voi. IV, t. I, p. 152); per cui, come giustamente osserva Jaspers, « nella sua
autocomprensione, vita e conoscenza si unificano nell’attività dello sperimentare» (p. 350).
5 F. Nietzsche, Opere, voi. VI, t. III, p. 58; voi. VII, t. II, p. 118; voi. VIII, t. II, p. 180.
6 Come si accennava, è assai difficile rimaner fedeli a questa duplice esigenza nell’esposizione del
pensiero di Nietzsche; così, Jaspers riconosce di essere stato costretto, proprio per le esigenze stesse
dell’esposizione, a separare i pensieri fondamentali di Nietzsche, che sono invece « di una costante
unità » (p. 262); ed ammette che lo stesso procedimento della citazione (di cui egli ampiamente si
serve, in quanto è altrettanto necessario per l’esposizione) contiene di per sé una « forzatura ».
D’altra parte, pur affermando ripetutamente la necessità di collegare sistematicamente i pensieri di
Nietzsche, in quanto essi « acquistano il loro vero significato non già nella loro singolarità, bensì
nel loro insieme » (p. 408), Jaspers riconosce altresì che « se si cerca di ricavare il sistema (...],
allora si naufraga in un compito senza fine» (p. 360).
7 F. NIETZSCHE, Opere, voi. VIII, t. III, pp. 281-282.
8F. NIETZSCHE, Opere, voi. VI, t. II, pp. 325 e 134; sulla «magia dell’estremo» cfr. voi. VIII, t. II, p.
155.
p. 203.
9 Cfr. ad es. F. NIETZSCHE, Opere, voi. V, t. II, p. 174 e voi. VII, t. I, parte I, p. 203
10 F. NIETZSCHE, Opere, voi. VI, t. II, pp. 47 e 201.
11 Tale critica è stata mossa (con argomentazioni a nostro avviso sbrigative, se non proprio
infondate) da Kaufmann, che pure considera lo studio di Jaspers come « uno dei migliori libri che
sono stati scritti finora su Nietzsche »; Jaspers, osserva Kaufmann, « raccomandava ai lettori del
filosofo di non sentirsi soddisfatti finché non avessero trovato altri passi che contraddicevano quelli
trovati prima »; ma « la stessa interpretazione di Jaspers si appaga di contraddizioni superficiali,
non tiene conto del contesto in cui si pongono i frammenti che ha raccolto nelle sue schede, dello
sviluppo del pensiero nietzschiano, e della differenza esistente fra libri e appunti di Nietzsche » (W.
KAUFMANN, Nietzsche. Philosopber, Psychologist, Antichrist, tr. it, di R, Vigevani, Nietzsche.
Filosofo, psicologo, anticristo, Firenze, Sansoni, 1974, pp. 93 e 11).
12 Il postulato basilare della Experimental-Philosophie consiste nel « fare della propria vita un
esperimento » (F. NIETZSCHE, Opere, voi. Vili, t. III, p. 386); ma allora, si chiede Jaspers, la vita non
perde forse la sua serietà? E cosi risponde: Nietzsche è l’uomo « per il quale ogni avvenimento ha
tutta la serietà della sperimentazione del possibile », e attraverso il suo continuo sperimentare
Nietzsche realizza il suo impegno e la sua «identificazione con il mondo» (pp. 349 e 350).
13 Secondo Jaspers, il pensiero di Nietzsche, animato dalla ferrea volontà di « una pura
immanenza », è in realtà « continuamente scosso dalla trascendenza che egli nega, prepara alla
trascendenza che egli non mostra» (p. 411). Il suo filosofare è un continuo tentativo di trovare un «
sostituto (Ersatz) della trascendenza », ma è un tentativo «fallito», in quanto «il ripudio della
trascendenza la fa subito risorgere»; e quindi Nietzsche mostra, sia pure « inintenzionalmente e
inconsapevolmente», che l’uomo « non può compiersi senza trascendenza » (pp. 384, 385 e sgg.).
14 Cfr. F. KAULBACH, Nietzsches Idee einer Experimentalphilosophie, Köln-Wien, Böhlau, 1980,
pp. 175-176.
15 Già Nietzsche - sempre richiamandosi al senso fisiologico dell’espressione - aveva sottolineato
questo duplice aspetto insito nel processo di assimilazione, che significa «rendere uguale a se
stesso, tiranneggiare, qualcosa di estraneo»; se tale processo implica dunque una certa violenza,
d’altra parte, ciò che viene assimilato si trasforma « e cosi continua a vivere » (F. NIETZSCHE, Opere,
vol. V, t. II, p. 348).
13
NIETZSCHE
Introduzione alla comprensione del suo filosofare
Alla memoria di mia madre
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE
A prima vista, la lettura di Nietzsche pub sembrare facile; cosi almeno ritiene qualcuno. Qualsiasi
passo si scelga, anche casualmente, è immediatamente comprensibile; Nietzsche è interessante
sotto ogni aspetto; i suoi giudizi affascinano, la sua scrittura entusiasma; anche una semplice
lettura di sfuggita è pur sempre appagante. Ma se, spinti da queste impressioni iniziali, vogliamo
continuare la lettura, allora insorgono delle difficoltà; l'entusiasmo per la piacevole lettura si
trasforma in irritazione, se non proprio nell’avversione per una molteplicità frammentaria di
pensieri apparentemente priva di ogni intrinseco legame; la lettura si fa insopportabile. In questo
modo, però, non si giunge ad una effettiva comprensione di Nietzsche; né, tanto meno, si
comprende la sua intima complessità.
È necessario passare dalla semplice lettura di Nietzsche allo studio di Nietzsche, inteso come
assimilazione dell’insieme delle sue esperienze di pensiero; si comprenderà allora ciò che
Nietzsche ha significato per la nostra epoca: un destino dello stesso essere umano che vuole
inoltrarsi fino ai suoi limiti ed alle sue origini.
Ogni grande filosofo richiede uno studio specifico, a lui propriamente adeguato: solo cosi può
emergere il suo intimo procedere, che costituisce l’essenza della vera comprensione. Gli scritti su
un filosofo hanno appunto il compito di metter in luce questo intimo procedere del suo pensiero;
essi debbono condurre il lettore ad una effettiva comprensione, che deve andare al di là del mero
rapporto superficiale, dell’interpretazione più immediata ed arbitraria, e dunque errata, al di là
del piacere contemplativo per le belle parole. Deve invece emergere, il più chiaramente possibile, il
fare concreto del filosofo, che deve essere compreso e vìssuto procedendo insieme con il suo stesso
pensiero.
Heidelberg, dicembre 1935
KARL JASPERS
PREFAZIONE ALLA SECONDA E ALLA TERZA EDIZIONE
Questa edizione è una ristampa invariata della prima
Il libro cerca di mettere in luce il contenuto delta filosofia di Nietzsche, in contrapposizione ai suoi
fraintendimenti da parte delle generazioni precedenti, ed agli equivoci ingenerati dagli appunti di
un uomo ormai prossimo alla follia. L’apparenza deve scomparire, per lasciare il posto alla serietà
profetica di colui che è forse a tutt'oggi l'ultimo grande filosofo.
Il mio libro vorrebbe essere un’interpretazione oggettivamente valida, indipendentemente dal
momento della sua stesura. Scritto tra il 1934 ed il 1935, il libro era animato anche dall'intento di
opporre ai nazionalsocialisti proprio l’orizzonte di pensiero di quel filosofo a cui essi
dichiaravano di ispirarsi. Esso è sorto da una serie di lezioni, nel corso delle quali soltanto pochi
dei presenti capirono quando citai un passo di Nietzsche che inizia con le parole: « Siamo
emigranti... »; questa ed altre citazioni, come i passi pieni di rispetto nei confronti degli ebrei, non
rientrano nella stesura finale del testo, poiché di secondaria importanza rispetto alle
finalità complessive del libro, che conserva comunque la sua struttura, che è quella di
un’esposizione basata su documenti.
Inizialmente era previsto un capitolo che avrebbe dovuto documentare la follia di Nietzsche con
una serie di citazioni, piene di espressioni molto crude e radicali. Ma ne sarebbe risultata
un’immagine distruttiva, che ho tralasciato per rispetto di Nietzsche. Per chi voglia effettivamente
comprendere Nietzsche, come questo libro vorrebbe insegnare, tali divagazioni scompaiono nel
nulla. Chi le prende sul serio, le sottolinea e si lascia influenzare da esse, non è abbastanza maturo
per leggere Nietzsche, né tanto meno ne ha il diritto. Infatti, il contenuto della sua vita e del suo
pensiero è di una tale grandezza che, chi riesce a prendervi parte, è al riparo da quegli errori che
in qualche circostanza Nietzsche stesso ha commesso, e che hanno potuto fornire il materiale
espressivo per la barbarie nazionalsocialista. Ma che Nietzsche, in realtà, non potesse diventare il
filosofo del nazionalsocialismo, è testimoniato dal fatto che in seguito egli fu tacitamente
abbandonato dal nazionalsocialismo stesso.
Il mio libro è stato concepito in modo unitario; sarebbe certamente possibile arricchirne ed
ampliarne il senso, ma in tal caso si correrebbe il rischio di far perdere all’opera, già di per sé
molto ampia, la sua forma. Piuttosto che una semplice modifica del testo esistente, sarebbe allora
preferìbile un nuovo libro che completasse il vecchio o che lo sostituisse, in tutto e per tutto, sulla
base di un nuovo progetto.