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Legenda
Ratio legis motivo causa
• • Obiettivo scopo
•
storici
Esempio
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Sommario
IL DIRITTO PENALE E LA LEGGE PENALE
1. Il diritto penale ............................................................................................................................. 7
2. Il principio di legalità................................................................................................................... 10
3. L’ambito di legalità spaziale ........................................................................................................ 21
4. L’ambito di legalità personale .................................................................................................... 26
5. I concetti generali sul reato ........................................................................................................ 30
6. La struttura del reato .................................................................................................................. 36
IL REATO OMISSIVO
1. Le nozioni generali .................................................................................................................... 146
2. La tipicità ................................................................................................................................... 147
3. L’antigiuridicità ......................................................................................................................... 152
4. La colpevolezza ......................................................................................................................... 152
5. Il tentativo................................................................................................................................. 154
6. La partecipazione criminosa ..................................................................................................... 155
LA RESPONSABILITA' OGGETTIVA
1. Responsabilità oggettiva........................................................................................................... 157
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LE SANZIONI
1. Presupposti teorici e politico-criminali ..................................................................................... 177
2. Pene in senso stretto ................................................................................................................ 181
3. Commisurazione della pena ..................................................................................................... 197
4. Vicende della punibilità ............................................................................................................ 204
5. Misure di sicurezza ................................................................................................................... 226
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1. Il diritto penale Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. DIRITTO PENALE
Diritto penale
Il diritto penale è quella parte del diritto pubblico che disciplina i
fatti costituenti il reato.
Leggi penali
Sono definibili leggi penali quelle che riconnettono sanzioni penali
alla commissione di determinati fatti.
II. PRINCIPI-CARDINE
Principio di materialità
Secondo il principio di materialità non può esservi reato se la volontà
criminosa non si materializza in un comportamento esterno
(cogitationis poenam nemo patitur).
Principio di offensività
Secondo il principio di offensività ai fini della sussistenza di un reato
non basta la realizzazione di un comportamento materiale, ma è
necessario che tale comportamento leda/ponga in pericolo beni
giuridici.
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3. Secondo la teoria liberale possono assurgere «legittimamente» a
oggetto di tutela soltanto entità dotate di sostrato reale, come
tali materialmente ledibili e corrispondenti a valori suscettibili di
consenso diffuso.
4. Secondo la teoria costituzionalmente orientata il ricorso alla
pena trova giustificazione soltanto se diretto a tutelare beni
socialmente apprezzabili dotati di rilevanza costituzionale.
Criterio giudiziario-interpretativo
Il principio di offensività tende ad atteggiarsi a criterio giudizario-
interpretativo: come tale esso impegna il giudice in sede applicativa a
qualificare come reati soltanto fatti che siano idonei anche in
concreto ad offendere beni giuridici.
Funzione dogmatica
Il principio di offensività assurge alla funzione dogmatica del bene
giuridico, consistente nel far sì che la tipicità stessa concettualmente
includa la lesione del bene giuridico.
Principio di colpevolezza
1
Si tratta delle disposizioni normative che hanno fornito l’appiglio per elaborare la teoria costituzionalmente orientata del bene
giuridico.
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Secondo il principio di colpevolezza un fatto materiale lesivo di beni
giuridici può essere penalmente attribuito all’autore soltanto a
condizione che gli si possa muovere un rimprovero per averlo
commesso.
Principio di meritevolezza
Il principio della meritevolezza della pena esprime l’idea che la sanzione
penale deve essere applicata non in presenza di qualsivoglia attacco ad
un bene degno di tutela, bensì nei soli casi in cui l’aggressione raggiunga
un tale livello di gravità da risultare intollerabile2.
2
Un criterio abbastanza plausibile è questo: quanto più alto è il livello del bene all’interno della scala gerarchica recepita dalla
Costituzione, tanto più giustificato risulterà asserire la meritevolezza di pena dei comportamenti che tale bene ledono o pongono in
pericolo, e viceversa.
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Prevenzione speciale
La concreta inflizione della pena mira a impedire che il singolo autore
del reato torni a delinquere.
2. Il principio di legalità
I. RISERVA DI LEGGE
Pene
Il principio di riserva di legge
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata
esprime il divieto di punire un
determinato fatto in assenza di in vigore prima del fatto commesso.
una legge preesistente che
configuri come reato: in
particolare esso tende a sottrarre Misure di sicurezza
competenza in materia penale al
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
potere esecutivo.
previsti dalla legge.
Riserva assoluta
La dottrina ritiene che la riserva di legge deve essere intesa come
riserva assoluta.
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- Tale impostazione oggi è per lo più respinta, in quanto svuota
dall’interno la ratio politica del principio della riserva.
2. Alla stregua di una seconda impostazione, la «riserva assoluta»
esclude che il legislatore possa attribuire il potere normativo
penale ad una fonte di grado inferiore.
ds
L’ordinamento costituzionale riconosce al decreto legislativo e al
decreto legge efficacia pari a quella delle leggi ordinarie, da ciò se ne
deduce la loro rilevanza anche in materia penale.
d
Tale impostazione è criticata sulla base delle caratteristiche degli atti
normativi di cui sopra che appaiono poco compatibili con la ratio
sottesa al principio di riserva di legge.
a. Il decreto legislativo si pone con la legge delega all’incirca nello
stesso rapporto in cui si pongono le fonti normative secondarie
nei contronti di una legge che si limiti a configurare il precetto
sostanziale, rinviando per la sua concretizzazione a fonti
subordinate: onde risultano così eluse, o quanto meno attenuate,
le stesse garanzie implicite nella riserva della competenza penale
al Parlamento, consistenti anche nel permettere alle minoranze di
sindacare le scelte di criminalizzazione operate dal legislatore.
b. Nel decreto legge il diritto delle minoranze è di fatto
disconosciuto almeno per tutto il tempo necessario alla sua
conversione da parte delle assemblee parlamentari ed, inoltre, le
stesse ragioni di necessità e urgenza, che giustificano il ricorso ai
decreti legge, si scontrano con quelle esigenze di ponderazione
che non possono essere eluse in sede di criminalizzazione delle
condotte umane.
Legge regionale
La quasi unanime giurisprudenza costituzionale esclude dal novero
delle fonti la legge regionale nelle ipotesi sia di competenza esclusiva,
sia di competenza concorrente ex. art. 117 Cost.
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Consuetudine
La dottrina considera ammissibile o meno la consuetudine in relazione
Consuetudine
alla funzione che assume rispetto al principio di riserva di legge.
La consuetudine è definita come
la ripetizione generale, uniforme
a. La funzione incriminatrice della consuetudine non è ammessa
e costante di un comportamento, dalla dottrina, perché inadatta a svolgere tale funzione in forza del
accompagnata dalla convinzione principio di riserva di legge.
della sua corrispondenza ad un b. La funzione abrogatrice della consuetudine non è ammessa dalla
precetto giuridico. dottrina, perché inadatta a svolgere tale funzione.
c. La funzione integratrice della consuetudine è ammessa dalla
dottrina, che fa ricorso a quest’ultima per alludere a quei casi in cui
il giudizio penale presuppone il rinvio a criteri sociali di valutazione,
come ad esempio in materia di osceno.
d. La funzione scriminante della consuetudine è ammessa dalla
dottrina, poiché le norme che configurano cause di giustificazione
non hanno carattere specificatamente penale, quindi, in questo
senso, le situazioni scriminanti non sono necessariamente
subordinate al principio della riserva di legge.
Consuetudini internazionali
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute.
Obblighi internazionali
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto:
a. della Costituzione; e
b. dei vincoli derivanti
- dall’ordinamento comunitario, e
- dagli obblighi internazionali.
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- non possono avere un effetto diretto che comporti la
disapplicazione ad opera del giudice della norma nazionale
contrastante;
- sono stati introdotti dal legislatore italiano con la ratifica dello
strumento convenzionale, mediante il quale si è vincolato a
conformare le proprie norme agli obblighi assunti in base all’art.
117, comma 1°, Cost.; ma ciò a condizione che tali obblighi non
contrastassero con l’insieme delle norme della Costituzione
italiana.
2. Gli obblighi derivanti dal diritto comunitario:
- vincolano il giudice nazionale ad applicare le disposizioni di diritto
comunitario e di garantirne la piena efficacia, disapplicando
all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione
contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza
doverne chiedere/attendere la rimozione in via legislativa o
mediante procedimento costituzionale;
- vincolano lo Stato italiano per effetto della limitazione della
sovranità che quest’ultimo ha volontariamente accettato in base
all’art. 11 Cost., con la conseguenza che la loro vincolatività
rinviene controlimiti soltanto nell’esigenza di rispettare i principi
supremi dell’ordinamento costituzionale italiano.
c
Una certa estenzione dello spazio edittale, nonché la possibilità di
scegliere tra più tipi di sanzioni legalmente predeterminate,
soddifano:
a. l’esigenza di adattare la pena al disvalore del reato commesso; e
b. la necessità di rispettare i principi costituzionali
- della individualizzazione della pena, e
- del finalismo rieducativo.
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Principio di legalità
Il principio di riserva di legge assoluta è legata alla ratio ispiratrice del
principio di legalità, rivolta ad assicurare il monopolio del legislatore
nella determinazione della pena, in questo senso deponendo a
quest’ultimo altresì il nesso inscindibile che lega, all’interno della
norma penale, il momento precettivo e il momento sanzionatorio.
Elementi descrittivi
Sono descrittivi gli elementi che traggono il loro significato
direttamente dalla realtà dell’esperienza sensibile.
Normazione sintetica
Elementi normativi La normazione sintetica è la tecnica con la quale il legislatore adotta
Mentre per gli elementi una qualificazione di sintesi mediante l’impiego di elementi normativi e
normativi giuridici rinviando ad una fonte esterna rispetto alla fattispecie incriminatrice
l’esigenza di tassatività è per come parametro per la regola di giudizio da applicare nel caso
lo più rispettata perché la concreto.
norma giuridica richiamata è
solitamente individuabile
senza incertezze; Elementi normativi
per gli elementi normativi Sono normativi gli elementi che necessitano, per la determinazione
extragiuridici rinvianti a del loro contenuto, di una etero-integrazione mediante il rinvio ad una
norme sociali o di costume norma diversa da quella incriminatrice.
il parametro di riferimento
diventa inevitabilmente
incerto e sorgono forti dubbi
Vincolatività
circa il limite discretivo tra
Il principio di tassatività vincola:
rispetto di un insufficiente
livello di determinatezza e a. il legislatore ad una descrizione il più possibile precisa del fatto
carattere indefinito di reato; e
dell’elemento del fatto di b. il giudice ad un’interpretazione che rifletta il tipo descrittivo così
reato. come legalmente configurato.
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IV. IRRETROATTIVITA’
DELLA LEGGE PENALE
Nuova incriminazione
Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del
Il principio di irretroattività fa
divieto di applicare la legge tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.
penale a fatti commessi prima
della sua entrata in vigore. d
Il divieto di punire nuovi comportamenti considerati illeciti da una
legge emanata successivamente alla loro realizzazione, non soddisfa
Garanzia della libertà soltanto un’esigenza di giustizia: se così non fosse, i cittadini
personale del cittadino sarebbero continuamente esposti al rischio di arbitri e persino di
Il principio di irretroattività ha rappresaglie da parte dei detentori del potere politico.
matrice liberal-garantistica e si
ispira alla garanzia della libertà
personale del cittadino nei Abolitio criminis
confronti dei detentori del potere Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge
legislativo.
posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano
l’esecuzione e gli effetti penali.
d
Il fondamento della disposizione è evidente: se l’abrogazione di un
illecito penale costituisce il risultato di una valutazione di
compatibilità tra il comportamento incriminato e l’interesse collettivo,
sarebbe contraddittorio e irragionevole continuare a punire l’autore
di un fatto ormai tollerato dall’ordinamento giuridico.
Favor rei
Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono
diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
Sentenza irrevocabile
La legge più favorevole al reo non è applicata se è stata pronunciata
sentenza irrevocabile.
Principio di uguaglianza
Il principio di retroattività della norma più favorevole al reo è
indirettamente ricollegabile anche al principio costituzionale di
uguaglianza, che impone di evitare ingiustificate o irragionevoli
disparità di trattamento.
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CEDU
La CEDU, a partire dalla sentenza Scoppola c. Italia del 2009, è giunta
a riconoscere per via di interpretazione evolutiva che il principio di
retroattività della lex mitior è implicitamente contenuto nell’art. 7
CEDU (relativo al principio di legalità dei reati e delle pene), con
l’effetto di elevare il diritto a ricevere il trattamento penale più
favorevole a ulteriore diritto fondamentale dell’uomo; a sua volta,
l’art. 7 CEDU assume il ruolo di norma «interposta» che integra il
parametro di legittimità costituzionale di cui all’art. 117 Cost.
d
Se è vero che il fatto continua a rimanere penalmente illecito, è
parimenti vero che la modifica rilevante del trattamento
sanzionatorio non può rimanere priva di effetti anche dopo il
giudicato. Pena la irragionevolezza manifesta della disciplina
medesima.
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Leggi temporanee d
Sono «temporanee» le leggi, L’inoperatività dei commi 2° e 4° dell’art. 2 c.p. è legata:
rispetto alle quali è lo stesso a. da un lato, al regime diverso da quello, eventualmente più
legislatore a prefissare un favorevole, reintrodotto nel momento del ritorno della normalità;
termine di durata. e
b. dall’altro, alla possibilità di offrire una comoda scappatoia per
commettere violazioni con la certezza di una futura impunibilità
Leggi eccezionali nel caso in cui il principio del favor rei dovesse trovare
Si definiscono «eccezionali» riconoscimento.
quelle leggi, il cui ambito di
operatività temporale è segnato
dal persistere di uno stato di fatto Decreti legge non convertiti
caratterizzato da accadimenti
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge
fuori dall’ordinario (guerre,
epidemie, terremoti, ecc.).
entro 60 gg dalla loro pubblicazione.
Irretroattività della legge penale incriminatrice o
più sfavorevole
Non essendo derogabili i principi di irretroattività della legge penale
sfavorevole e di retroattività della legge penale più favorevole, la
conseguenza è:
a. che le esigenze di cui è espressione l’art. 77 Cost. (cioè l’esigenza
di un controllo parlamentare sui provvedimenti urgenti
dell’esecutivo) devono rimanere subordinate al rispetto del
principo di irretroattività della disposizione meno favorevole al
reo; e
b. che deve essere applicato il decreto decaduto se, nel raffronto
con una precedente disposizione, risulta più favorevole al reo
(principio di retroattività).
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Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata
pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la
esecuzione e tutti gli effetti penali.
Odioso privilegio
La dottrina ritiene che il sindacato è da ritenere ammissibile soltanto
ad alcune condizioni: cioè quando, una volta accertato che la scelta
legislativa è in linea di principio quella di penalizzare un certo tipo di
condotte, appaia palesemente arbitraria (una sorta di «odioso
privilegio»), alla stregua del principio di uguaglianza, una eventuale
discriminazione nel trattamento punitivo delle condotte appartenenti
allo stesso tipo.
Reati di durata
Nei reati c.d. di durata si registrano divergenze di opinioni.
Nel reato permanente
- la tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza fissa il tempo del
commesso reato nell’ultimo momento di mantenimento della
Reato permanente condotta antigiuridica, nel presupposto che la norma penale può
Il reato permanente è
assolvere la sua funzione generalmente riconosciuta;
contraddistinto dal perdurare di
- la tesi minoritaria fissa il tempo del commesso reato nel primo
una situazione illecita
atto che dà avvio alla consumazione del reato permanente
volontariamente rimovibile dal
medesimo.
reo.
Nel reato abituale
- la tesi prevalente individua il tempus commissi delicti nel
compimento dell’ultima condotta;
Reato abituale - la tesi minoritaria fissa il tempo del commesso reato con la
Si definisce abituale il reato nel realizzazione del primo atto che, unitamente ai successivi, integra
quale il comportamento il reato abituale.
criminoso viene prodotto dalla Nel reato continuato
reiterazione (da parte del reo) nel - non si parla, nell’ottica della successione di leggi, di un fatto
tempo di più condotte identiche unitario: ci si trova piuttosto in presenza di un concorso materiale
e omogenee (es. maltrattamenti di reati, ciascuno dei quali presenta un proprio tempus commissi
in famiglia). delicti.
Nel reato abituale quindi la Nei reati omissivi
condotta deve essere - occorre fare riferimento al momento in cui scade il termine
necessariamente plurisussistente. (esplicito o implicito) utile per realizzare la condotta diversa.
Reato continuato
Il reato continuato è un istituto
giuridico del diritto penale che
ricorre quando una persona, con
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più azioni od omissioni esecutive
del medesimo disegno criminoso,
commette, anche in tempi
diversi, una pluralità di violazioni
della stessa o di diverse
disposizioni di legge.
V. DIVIETO DI ANALOGIA
Analogia
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre
Analogia leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
L’analogia consiste in un processo
di integrazione dell’ordinamento
attuato tramite una regola di
giudizio ricavata dall’applicazione Costituzionalizzazione del divieto di analogia
all’ipotesi di specie, non regolata Nonostante il silenzio del legislatore costituente, la dottrina ritiene
espressamente da alcuna norma, implicitamente costituzionalizzato il divieto di analogia.
di disposizioni regolanti casi o
materie simili: il presupposto di
tale procedimento integrativo è
Nullum crimen sine lege
Il criterio ispiratore del divieto di analogia in materia penale obbedisce
costituito dal ricorrere
alla medesima ratio di garanzia della libertà del cittadino in generale
dell’identità di ratio (ubi eadem
sottesa al nullum crimen sine lege, del quale il divieto in parola
legis ratio, ibi eadem legis
rappresenta una delle più importanti proiezioni.
depositio).
Interpretazione estensiva
La dottrina ritiene non violato il divieto di analogia quando è proposta
una soluzione, rispetto ad una fattispecie incriminatrice, che, seppure
tesa all’estremo, rientra in ogni caso nell’ambito dei possibili significati
letterali dei termini impiegati nel testo di legge.
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2. Secondo un indirizzo dominante, il divieto di analogia avrebbe
carattere relativo, nel senso che riguarderebbe soltanto
l’interpretazione in malam partem (delle norme penali sfavorevoli),
e non anche l’interpretazione in bonam partem (delle norme penali
favorevoli).
- L’art. 25, comma 2°, Cost., sancisce il primato non già dell’esistenza
della certezza ma della garanzia della libertà del cittadino: proprio
movendo dal presupposto che la «libertà» è la regola, e la sua
limitazione l’eccezione, risulta del tutto conforme all’art. 25 Cost.
un’interpretazione analogica che abbia come obiettivo di estendere
la portata delle norme più favorevoli al reo.
Regolari
Il ricorso analogico è precluso rispetto a quelle cause di non punibilità
che:
fanno riferimento a situazioni particolari; o
riflettono motivazioni politico-criminali specifiche (es. c.d.
immunità o le cause speciali di non punibilità).
Cause di giustificazione
Si ipotizzi il caso di un ragazzo Eccezionali
sequestrato che, per Le cause c.d. di giustificazione (o di esclusione della colpevolezza),
riconquistare la libertà, ferisce il nella misura in cui contribuiscono a determinare i presupposti
guardiano dormiente sapendo (generali) di applicazione delle norme incriminatrici, appaiono
che non sarà pagato il riscatto suscettive di applicazione analogica.
(legittima difesa c.d. anticipata).
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Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio
dello Stato, ovunque si trovino.
Azione od omissione
La dottrina ritiene che la parte di azione/omissione compiuta nel
territorio dello Stato non debba, per assumere rilevanza penale,
integrare gli estremi del tentativo punibile (delitto tentato): sicché,
agli effetti della disposizione in esame, è sufficiente accertare che la
parte o frazione di azione compiuta rappresenti un anello essenziale
della condotta conforme al modello criminoso.
f
La dottrina è orientata in questo senso in base all’argomentazione
secodo cui:
a. l’art. 56 c.p. (delitto tentato) presuppone pur sempre che
«l’azione non si compia o l’evento non si verifichi», mentre
b. l’art. 6, comma 2°, c.p. prevede ipotesi delittuose che,
realizzandosi in tutti gli estremi, pervengono allo stadio di reati
consumati e come tali vengono puniti.
Reato continuato
Rispetto al reato continuato, a fronte di un orientamento che nega
l’applicabilità della legge italiana ai fatti verificatisi all’estero – sulla
base del rilievo che rispetto ad essi verrebbe meno ogni ragione che
possa supportare l’espansione della nostra giurisdizione e la
conseguente limitazione della sovranità di altri Paesi –, in dottrina si è
sostenuta – anche se con qualche forzatura – l’applicabilità dell’art. 6
c.p. alle ipotesi in esame, tutte le volte in cui ne derivi un concreto
vantaggio per l’imputato.
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5. ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o
convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge
penale italiana.
N. 5
Principio di Rispetto al caso indicato al n. 5, il criterio della punibilità
universalità incondizionata alla stregua della legge italiana si fonda:
Il principio di sul principio di universalità; o
universalità stabilisce che la legge sul principio di difesa; o
si applica a tutti i delitti su ragioni di opportunità3.
dovunque e da chiunque
commessi.
Principio di f
personalità La ratio di tale disciplina va ravvisata:
Secondo il principio di personalità a. secondo alcuni nell’accoglimento del principio di personalità;
si applica sempre la legge dello mentre
Stato di appartenenza del reo. b. secondo altri si tratterebbe di una ulteriore applicazione del
principio di difesa.
3
Art. 22 Trattato tra l’Italia e la Santa Sede, in virtù del quale lo Stato italiano, su richiesta della Santa Sede, provvederà a punire nel
proprio territorio i delitti commessi nella Città del Vaticano.
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vale per i delitti previsti dal 1° comma dell’art. 9, vale a fortiori per i
delitti meno gravi contemplati nel 2° comma.
d
Lo straniero è punito secondo la legge italiana se:
a. si trova nel territorio dello Stato, e
b. vi è richiesta del Ministro della giustizia; o
b. vi è istanza/querela della persona offesa.
d
Lo straniero è punito secondo la legge italiana:
a. se si trova nel territorio dello Stato;
b. se si tratta di delitto per il quale è stabilita la pena
- dell’ergastolo, o
- della reclusione ≥ nel minimo a 3 anni;
c. se l’estradizione di lui non è stata conceduta/accettata
- dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o
- dal Governo dello Stato a cui egli appartiene.
Immunità
Straniero Le immunità si distinguono in:
a. immunità assolute
È straniero colui che è legato da
- che si estendono a tutti i reati, senza distinzione alcuna tra
un rapporto di cittadinanza con
attività funzionale ed attività extrafunzionale;
altro Stato, oppure l’apolide b. immunità relative
residente all’estero. - che sono riconosciute solo in costanza di carica, e
- che richiedono un’autorizzazione al procedimento penale da
parte di organi diversi dal giudice ordinario;
c. immunità sostanziali
- che sono riferite agli atti compiuti, alle opinioni espresse ed ai
voti dati nell’esercizio di funzioni (in diritto interno o
internazionale);
d. immunità processuali
- che sono riferite agli atti compiuti fuori dall’esercizio delle
funzioni, e
- che sono perseguibili al momento della cessazione della carica.
4
Per gli atti non compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, il Presidente della Repubblica è equiparato ad un comune cittadino e,
come tale, sottoposto alla coercizione penale.
26
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La dottrina ritiene che il Presidente del Senato, che esercita le funzioni
di Presidente della Repubblica, gode delle stesse immunità per tutto il
periodo della supplenza.
Turpiloquio
La Corte costituzionale ha precisato che l’uso del turpiloquio non
rientra nell’esercizio delle prerogative parlamentari, come risulta
anche dai regolamenti parlamentari che negano ingresso nei lavori
della Camera agli scritti o alle espressioni ingiuriose.
Di conseguenza non può invocare l’immunità il deputato il quale dice
che usa «la bandiera tricolore soltanto per pulirsi il culo».
Flagranza
I membri del Parlamento possono essere
perquisiti/arrestati/detenuti se colti nell’atto di commettere un
delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
D
Il fondamento sostanziale di simili prerogative viene tradizionalmente
individuato nella necessità di salvaguardare l’indipendenza del
Parlamento in sé e/o nella persona dei singoli deputati, nell’ottica
della separazione dei poteri e in vista dell’esigenza di sottrarre i
parlamentari a procedimenti oggettivamente persecutori.
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III. IMMUNITA’ DI DIRITTO
INTERNAZIONALE Sommo Pontefice
L’Italia considera la persona del Sommo Pontefice sacra ed inviolabile5.
D
Questa immunità è assoluta e viene riconosciuta non solo nella sua
veste di capo di Stato estero, ma anche nella sua altissima posizione
spirituale di Capo della cristianità.
Agenti diplomatici
L’agente diplomatico gode dell’immunità dalla giurisdizione penale
dello Stato accreditatario.
Inviolabilità
La persona dell’agente diplomatico è inviolabile.
Arresto e detenzione
L’agente diplomatico non può essere sottoposto ad alcuna forma di
arresto o di detenzione.
Funzionari internazionali
I funzionari internazionali godono della sola immunità funzionale per gli
atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni7.
Parlamentari europei
I membri del Parlamento europeo:
a. non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo
delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni;
b. per la durata delle sessioni del Parlamento europeo beneficiano
- sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del
parlamento del loro paese, e
5
Il riferimento è all’art. 8 del Trattato del Laterano.
6
Questa immunità deriva dal diritto internazionale generale.
7
Questa immunità trova normalmente la sua fonte in trattati internazionali.
29
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- sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni
provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.
Flagranza
L’immunità non può essere invocata nel caso di delitto flagrante.
Revoca dell’immunità
L’immunità non può essere invocata dal parlamentare al quale è stata
tolta la stessa dal Parlamento europeo.
8
Questa immunità deriva dalla Convenzione NATO.
30
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3. Infine, nell’ordinamento civile sono ammesse forme di
responsabilità indiretta (c.d. responsabilità per rischio) e senza
colpevolezza (c.d. responsabilità oggettiva).
Illecito amministrativo
La differenza tra illecito penale ed illecito amministrativo dipende, sul
piano strettamente formale, da 2 elementi:
1. dalla natura della sanzione principale prescelta dal legislatore, e
cioè una sanzione amministrativa di carattere pecuniario; e
2. dalla natura amministrativa del procedimento e dell’organo
competente ad infliggere sanzione medesima.
Delitti
Delitti Le pene principali stabilite per i delitti sono:
I delitti rappresentano le forme
1. l’ergastolo;
più gravi di illecito penale.
2. la reclusione;
3. la multa.
Contravvenzioni
Contravvenzioni
Le contravvenzioni
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
rappresentano le forme meno 1. l’arresto; e
gravi di illecito penale. 2. l’ammenda.
Delitti e contravvenzioni
Mentre nei «delitti» per la punibilità di un fatto preveduto dalla
legge come delitto è richiesto:
- di regola il dolo, ed
- eccezionalmente la colpa nei casi espressamente preveduti dalla
legge;
nelle «contravvenzioni» ciascuno risponde della propria
azione/omissione indifferentemente a titolo di dolo o colpa.
Reati comuni
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Il fatto incriminato prende l’etichetta di reato comune quando soggetto
attivo del reato può essere chiunque.
Reati propri
La fattispecie incriminatrice prende il nome di reato proprio quando
sussiste uno stretto rapporto tra la speciale qualifica soggettiva rivestita
dal soggetto e il bene giuridico assunto a oggettto di protezione penale.
Deduzione dottrinale
Benché la legislazione penale ordinaria non contenga alcuna norma
che escluda esplicitamente la responsabilità penale delle persone
giuridiche, tale esclusione suole essere, in base ad un argumentum a
contrario, dedotta dall’art. 197 del codice, il quale prevede una
obbligazione civile di garanzia della persona giuridica per il caso in cui
colui il quale ne abbia la rappresentanza/amministrazione commetta
un reato in violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita
ovvero nell’interesse della persona giuridica, e versi in condizioni di
insolvibilità: l’attribuzione all’ente di tale obbligo di garanzia non si
spiegherebbe se l’ente stesso potesse considerarsi soggetto attivo del
reato.
9
Muovendo dalla tesi che l’art. 27, comma 1°, Cost. intende soltanto vietare la responsabilità «per fatto altrui», la società non
potrebbe rispondere penalmente per la condotta (altrui) di un suo organo.
10
Prendendo le mosse dall’interpretazione che identifica il carattere personale della responsabilità penale con la responsabilità
ancorata al «principio di colpevolezza», la società non potrebbe rispondere personalmente perché incapace di atteggiamento
volitivo colpevole.
32
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stesso e le persone fisiche che ne determinano la volontà e
l’azione; con la conseguenza che l’attività degli organi diventa
automaticamente imputabile alla persona collettiva.
Soggetti destinatari
Le disposizioni sulla responsabilità amministrativa11 degli enti si
applicano:
a. agli enti forniti di personalita giuridica; e
b. alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Soggetti esclusi
Le disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti non si
applicano:
a. allo Stato;
b. agli enti pubblici territoriali;
c. agli altri enti pubblici non economici; e
d. agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Principio di legalità
L’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente
reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e
le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge
entrata in vigore prima della commissione del fatto.
Amnistia
Non si procede nei confronti dell’ente quando è concessa amnistia per
un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e
l’imputato ha rinunciato alla sua applicazione.
Responsabilità dell’ente
L’ente è responsabile per i reati commessi:
a. da persone che rivestono funzioni
- di rappresentanza,
- di amministrazione, o
- di direzione;
b. da persone che esercitano, anche di fatto
- la gestione dell’ente, e
- il controllo dello stesso;
c. da persone sottoposte alla direzione/vigilanza di uno dei soggetti
di cui alla lett. a.
Proprio interesse/vantaggio
L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo
vantaggio.
11
Il riferimento è al d.lgs. n. 231/2001.
33
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s
Il duplice riferimento all’interesse e al vantaggio viene motivato,
nella relazione al decreto legislativo, nel modo seguente:
a. l’interesse caratterizzerebbe la condotta della persona fisica in
senso marcatamente soggettivo, per cui sarebbe sufficiente
una verifica ex ante;
b. il vantaggio potrebbe essere ricavato anche quando la persona
fisica non agisca per un interesse proprio, occorrendo in
proposito sempre una verifica ex post.
Interesse obiettivo
Sembra preferibile l’orientamento interpretativo ormai dominante,
che tende a far leva su un unico concetto (superiore) di interesse, da
intendersi in senso obiettivo in rapporto alla condotta dell’autore
del reato.
Prova liberatoria
Se il reato è stato commesso dalle persone indicate alle lettere a e b,
l’ente non risponde se prova che:
a. l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima
della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di
gestione idonei a prevenire reati della specie di quello
verificatosi;
b. il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei
modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un
organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di
controllo;
c. le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente
i modelli di organizzazione e di gestione;
d. non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte
dell’organismo di cui alla lettera b.
V. SOGGETTO PASSIVO
Oggetto materiale
Si definisce soggetto passivo il
Concettualmente, la nozione di soggetto passivo si differenzia da quella
titolare del bene protetto dalla
singola fattispecie incriminatrice di oggetto materiale del reato, che allude invece alla persona o cosa
di parte speciale. sulla quale materialmente ricade l’attività delittuosa.
Persona danneggiata
Il concetto di soggetto passivo non coincide necessariamente con
quello di danneggiato dal reato: cioè, il soggetto che subisce un danno
patrimoniale o non patrimoniale risarcibile e che è, pertanto,
legittimato a costituirsi «parte civile» nel processo penale.
35
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Teoria bipartita
Secondo la concezione bipartita, il reato si compone di un elemento
oggettivo e di un elemento soggettivo: manca l’«antigiuridicità» come
elemento costitutivo autonomo del concetto di illecito penale.
Certezza giuridica
La tendenza ad elaborare dottrine generali del reato non ha obbedito
soltanto ad esigenze logico-conoscitive, ma ha preteso anche di
soddisfare ad aspettative di certezza giuridica: infatti, in mancanza di
categorie concettuali rigorose, il giudice non avrebbe punti di
riferimento sicuri per orientare la decisione dei casi concreti secondo
criteri di razionalità e imparzialità.
Modelli delittuosi
Nell’ambito di un diritto penale rispettoso dei principi di legalità,
materialità e tassatività, la categoria del fatto tipico dovrebbe assolvere
la funzione di ancorare i modelli delittuosi (e le correlative forme di
offesa) a tipi di comportamento basati, a loro volta, su ben definite
tipologie empirico-criminologiche.
III. ANTIGIURIDICITA’
Antigiuridicità: autonoma o inclusa nel fatto tipico?
In diritto penale con il termine
antigiuridicità si esprime il
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rapporto di contraddizione tra il 1. All’interno della concezione tripartita del reato, l’antigiuridicità ha
fatto penalmente rilevante e carattere oggettivo: essa cioè costituisce una qualità oggettiva del
l’intero ordinamento giuridico. fatto tipico, che come tale prescinde ed è distinta dalla
Questo rapporto di colpevolezza.
contraddizione si configura
Il giudizio di antigiuridicità, dunque, si risolve strutturalmente nella
quando anche una sola norma,
ubicata in qualsiasi luogo
verifica che il fatto tipico non è coperto da alcuna causa di
dell’ordinamento, facoltizza o giustificazione o secondo un sinonimo – da alcuna esimente.
rende doverosa la realizzazione 2. All’interno della concezione bipartita del reato, la teoria degli
del fatto penalmente rilevante. elementi negativi del fatto nega che l’antigiuridicità costituisca un
elemento autonomo del reato, accanto al fatto tipico e alla
Cause di colpevolezza.
giustificazione Il giudizio di antigiuridicità si risolve nella verifica degli elementi che
Si dà il nome di cause di devono mancare perché il reato si configuri.
giustificazione all’insieme delle - Una simile impostazione dogmatica, ricomprendente nel concetto
facoltà e dei doveri derivanti da di «fatto» oltre agli elementi positivi di ciascuna figura criminosa
norme che autorizzano o anche, seppure in senso negativo, i presupposti delle scriminanti –
impongono la realizzazione di un come se, ad es., la fattispecie di omicidio fosse così costruita: «è
fatto. vietato cagionare la morte di un uomo, a meno che l’aggressione
non sia giustificata dalla necessità di difendersi» – sembra da
respingere.
Antigiuridicità
speciale Antigiuridicità speciale
Si consideri, per esempio, il 1. Nel linguaggio penalistico si suole parlare di antigiuridicità o illiceità
delitto di cui all’art. 348, il quale speciale riguardo a casi nei quali la stessa condotta tipica è
incrimina «chiunque contraddistinta da una nota di illiceità desumibile da una norma
abusivamente esercita una diversa da quella incriminatrice: questa nota di illiceità costituisce
professione, per la quale è un elemento diverso e ulteriore rispetto alla normale antigiuridicità
richiesta una speciale abilitazione oggettiva intesa come assenza di cause di giustificazione.
dello Stato»: l’avverbio
2. La presenza di questa speciale antigiuridicità è indiziata da
«abusivamente» richiede
appunto, ai fini dell’integrazione
espressioni legislative quali «illegittimamente», «absusivamente»,
della condotta tipica, il contrasto «arbitrariamente», «indebitamente» e simili; oppure «contro le
con le disposizioni amministrative disposizioni della legge o dell’Autorità», ovvero «abusando dei
che disciplinano l’esercizio delle poteri e delle qualità».
varie attività professionali. Si tratta nella gran parte dei casi di elementi cosidetti normativi
della fattispecie, per la cui determinazione concettuale occorre fare
37
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riferimento ad una disposizione extrapenale potenzialmente
appartenente a qualsiasi ramo dell’ordinamento.
IV. COLPEVOLEZZA
Funzione liberalgarantistica
La colpevolezza riassume
La legge penale garantisce la libertà di scelta individuale proprio nella
condizioni psicologiche che
consentono l’imputazione misura in cui rifiuta una responsabilità oggettiva, basata sul puro nesso
personale del fatto di reato di causalità materiale, e subordina invece la punibilità alla presenza di
all’autore: nell’ultimo gradino coefficienti soggettivi (dolo e colpa): ed infatti, l’assumere il dolo o la
della costruzione dell’illecito colpa come presupposto della responsabilità equivale a circoscrivere la
penale si tratta, infatti, di punibilità nei limiti di ciò che è prevedibile ed evitabile da parte del
verificare se, e fino a che punto, il soggetto; e tale possibilità di controllo – a sua volta – permette,
precetto penale assunto come appunto, a ciascuno di pianificare la propria vita senza incorrere in
regola «obiettiva» di sanzioni penali.
comportamento in sede di tipicità
e antigiuridicità, sia suscettivo di
essere osservato dal singolo
agente. Principio cardine del sistema penale
1. La Corte costituzionale nell’importante sentenza n. 364/88, relativa
all’efficacia scusante dell’errore inevitabile di diritto, ha ravvisato la
ratio della colpevolezza nell’esigenza di «garantire al privato la
certezza di libere scelte d’azione: per garantirgli, cioè, che sarà
chiamato a rispondere penalmente solo per azioni da lui
controllabili e mai per comportamenti che solo fortuitamente
producono conseguenze penalmente vietate (..). Il principio di
colpevolezza, in questo senso, più che completare, costituisce il
secondo aspetto del principio garantistico di legalità, vigente in uno
Stato di diritto».
2. La Corte ravvisa nella colpevolezza un «principio costituzionale,
garantista (relativo alla personalità dell’illecito, ai presupposti della
responsabilità penale personale, ecc.) in base al quale si pone un
limite alla discrezionalità del legislatore ordinario
nell’incriminazione dei fatti penalmente sanzionabili, nel senso che
vengono costituzionalmente indicati i necessari requisiti minimi
d’imputazione senza la previsione dei quali il fatto non può essere
legittimamente sottoposto a pena».
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Si parla di reati a forma libera quando il legislatore non specifica le
modalità di produzione del risultato lesivo.
Si parla di reati a forma vincolata quando il legislatore specifica le
modalità di produzione del risultato lesivo.
REATI DI AZIONE
REATI ABITUALI
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Nei reati di danno la condotta Nei reati di pericolo la condotta
criminosa comporta la lesione criminosa comporta la semplice
effettiva del bene giuridico assunto messa in pericolo o lesione
a oggetto di tutela penale. potenziale del bene giuridico
assunto a oggetto di tutela penale.
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IL REATO COMMISSIVO
DOLOSO
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1. La tipicità Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. FATTISPECIE
Funzione di garanzia
Per fattispecie di reato si intende
La fattispecie legale assume una fondamentale funzione di garanzia: ciò
il complesso degli elementi
(obiettivi di natura descrittiva o che non rientra in una fattispecie legalmente tipizzata non può
normativa e soggettivi) che costituire materia di divieto e non può, di conseguenza, integrare un
contraddistinguono ogni singolo illecito penale.
illecito penale: gli elementi
costitutivi delle fattispecie
variano in funzione delle diverse
tipologie delittuose.
Concezione classica
Secondo una concezione ormai classica, risalente al Beling nei primi
anni del ‘900, la fattispecie intesa come fattispecie obiettiva
designerebbe soltanto gli elementi «descrittivi» ed «obiettivi» del fatto
di reato: elementi definiti oggettivi perché, appunto, coincidienti con i
requisiti relativi alla realizzazione materiale del fatto di reato e, come
tali, distinti dall’elemento soggettivo12.
Concezione dominante
1. Secondo la concezione oggi dominante, il concetto di fatto tipico va
inteso in un’accezione più ampia.
2. Non solo perché il fatto può ricomprendere, oltre ad elementi
«descrittivi», elementi a carattere «normativo», ma per la ragione
più assorbente che il fatto in senso oggettivo o materiale, pur
conservando il ruolo di spina dorsale della tipicità non l’esaurisce
completamente: occorre anche tenere conto di componenti
«soggettive», che assolvono funzioni integratrici della tipicità in
senso rigidamente materiale.
II. AZIONE
Coscienza e volontà
Sul terreno del reato commissivo,
È punibile chi compie con coscienza e volontà un’azione preveduta dalla
l’azione corrisponde al
movimento corporeo dell’uomo. legge come reato.
Forza maggiore
Forza maggiore Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.
La forza maggiore viene
tradizionalmente definita come
qualsiasi energia esterna contro
la quale il soggetto non è in grado Assenza dell’elemento soggettivo
di resistere e che perciò lo Nel caso fortuito e nella forza maggiore manca, già in partenza, la
costringe necessariamente ad precondizione di un addebito a titolo di dolo o di colpa: precondizione
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agire: in altri termini, il soggetto cioè rappresentata dalla possibilità di considerare l’azione criminosa
agitur, non agit. come opera propria di un determinato soggetto.
Costringimento fisico
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri
Costringimento fisico costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o
Il costringimento fisico è una comunque sottrarsi.
forza irresistibile che promana
non già dalla natura, ma
dall’uomo il quale si serve
materialmente di un altro essere Caso fortuito
umano come strumento di Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito.
realizzazione dell’obiettivo
criminoso.
Forza maggiore
Mentre la forza maggiore, annullando la signoria del soggetto
sulla condotta, impedisce di configurare un’azione penalmente
rilevante;
il «caso fortuito» non sempre esclude l’esistenza dell’azione:
esso, in quanto risulta dall’incrocio tra un accadimento naturale e
una condotta umana, da cui deriva l’«imprevedibile» verificarsi di
un evento lesivo, impedisce però egualmente che l’agente possa
essere chiamato a rispondere dell’evento cagionato col concorso
di fattori che esulano dall’ordine normale delle cose.
III. PRESUPPOSTI
DELL’AZIONE
Rilevanza penale di una condotta
Il concetto di presupposti dell’azione (o del fatto) è utile in una
Sono considerati «presupposti»
dell’azione (o del fatto): prospettiva di scomposizione analitica dell’illecito, se circoscritto alle
a. la norma penale, circostanze – di fatto o di diritto – che in taluni casi devono preesistere
b. il bene giuridico, o essere concomitanti alla condotta perché questa assuma un
c. il soggetto attivo, significato criminoso.
d. il soggetto passivo,
e. l’oggetto materiale, e
f. l’evento.
Oggetto materiale
Oggetto materiale dell’azione si definisce la persona/cosa sulla quale
ricade l’attività fisica del reo: ad es. la cosa nel delitto di furto.
12
Ad es. la fattispecie di furto sarebbe costituita dal fatto materiale dell’impossessamento e della sottrazione della cosa; quella
dell’omicidio della causazione della morte dell’uomo, ecc.
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Per esemplificare la distinzione tra l’oggetto materiale e il soggetto
passivo, si consideri il delitto di sottrazione consensuale di
minorenni, nel quale mentre l’interesse protetto è costituito dalla
potestà di entrambi i genitori, l’oggetto dell’azione è il minore
protetto.
Evento
L’evento in senso naturalistico è un accadimento qualsiasi della realtà
esterna: ad es. la distruzione della cosa nel delitto di danneggiamento.
IV. RAPPORTO DI
CAUSALITA’
Prassi giurisprudenziale
Nonostante il codice Rocco contenga una disciplina esplicita del nesso
causale (artt. 40 e 41), ciò non ha impedito agli interpreti di assumere la
disciplina codicistica come elemento di conferma di soluzioni ricavate in
via «aprioristica».
g
La ragione di questa apparente inverisione metodologica dipende dal
fatto che gli stessi artt. 40 e 41 si prestano a letture diverse perché
non riescono a indicare un modello ben definito e univoco di
causalità.
h
Il nesso causale tra condotta ed evento di regola comprova che non
solo l’azione, ma lo stesso risultato lesivo è opera dell’agente, per cui
– sussistendo gli altri presupposti di natura psicologica – quest’ultimo
può essere chiamato a risponderne penalmente.
Teoria condizionalistica13
1. Secondo la teoria condizionalistica è causa ogni condizione
dell’evento, ossia ogni antecedente senza il quale l’evento non si
sarebbe verificato.
2. Per accertare tale nesso condizionalistico, la dottrina suole
ricorrere al procedimento di eliminazione mentale (formula della
condicio sine qua non): alla stregua di esso un’azione è condicio sine
qua non di un evento, se non può essere mentalmente eliminata
senza che l’evento stesso venga meno.
Obiezioni
13
Tale teoria viene anche denominata teoria della «equivalenza» perché, lungi dal distinguere tra condizioni di rango diverso,
parifica l’attitudine causale di tutti gli antecedenti necessari dell’evento: in questo senso, perché l’azione umana assurga a causa è
sufficiente che essa rappresenti una delle condizioni che concorrono a produrre il risultato lesivo.
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Sono prospettabili casi meno usuali rispetto ai quali l’adozione della
formula della condicio sine qua non non riesce a fornire indicazioni
probanti in merito all’esistenza del nesso eziologico.
1. La formula della condicio, di per sé considerata, possiede
un’efficacia euristica limitata, e la sua universalità può essere
contestata laddove non si conoscano in anticipo le «leggi causali»
che presiedono ai rapporti tra determinati fenomeni; in questi
casi essa finisce con l’equivalere ad una formula «vuota».
2. Proprio perché la formula della condicio considera equivalenti
tutte le condizioni che concorrono alla produzione dell’evento
lesivo, la teoria condizionata condurrebbe – se sviluppata fino alle
estreme conseguenze – a considerare causali anche i remoti
antecedenti dell’evento delittuoso (c.d. regresso all’infinito).
3. La teoria condizionalistica sembra presentare inconvenienti
nell’ipotesi di causalità alternativa ipotetica: quando, in
mancanza dell’azione del reo, l’evento sarebbe stato egualmente
prodotto da un’altra causa intervenuta all’incirca nello stesso
momento.
4. La teoria condizionalistica sembra presentare inconvenienti
nell’ipotesi di causalità addizionale: quando, l’evento sia
prodotto dal concorso di più condizioni, ciascuna capace da sola
di produrre il risultato.
5. Un’ulteriore obiezione fa riferimento alle ipotesi caratterizzate
dal sopraggiungere di una causa successiva idonea da sola a
determinare l’evento (causa sopravvenuta da sola sufficiente): in
ipotesi del genere, supponendo come non realizzata la seconda
azione, l’evento permarrebbe come conseguenza della prima (con
la conseguenza, paradossale, di considerare priva di efficacia
eziologica proprio l’azione direttamente produttiva dell’evento).
Correttivi
1. L’obiezione facente leva sulla eccessiva ampiezza degli
antecedenti logicamente includibili nella serie delle condizioni
dell’evento (c.d. regresso all’infinito) si ridimensiona appena si
osservi che, sul terreno dell’imputazione penalistica, si
selezionano come antecedenti causali le sole condotte che
assumono rilevanza rispetto alla fattispecie incriminatrice di
volta in volta considerata. In ogni caso, l’obiezione relativa
all’eccessiva estensione del concetto di causa non tiene conto
della operatività del dolo e della colpa, come fattori che
contribuiscono a circoscrivere l’ambito di rilevanza di tutti i
possibili antecedenti del risultato lesivo.
2. Risultano senz’altro superabili le obiezioni mosse sul terreno
della causalità addizionale e della causalità alternativa
ipotetica: muovendo dalla versione più aggiornata della teoria
condizionalistica, l’evento come secondo polo del nesso di
condizionamento deve essere concepito non come genere di
evento (ad es. la morte o incendio in astratto), ma come
evento concreto che si verifica hic et nunc. In altri termini, ciò
che importa è che una catena causale sussista fra l’azione
dell’autore e questo evento concreto, mentre è irrilevante la
circostanza che potrebbero verificarsi eventi analoghi per
effetto di altre cause operanti all’incirca nel medesimo
momento.
Metodo individualizzante
Secondo un primo metodo, definibile individualizzante,
l’accertamento del rapporto di causalità si svolge tra accadimenti
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singoli e concreti, non importa se unici o riproducibili nel futuro: da
questo punto di vista, il giudice si comporterebbe come lo «storico», il
quale nel ricostruire le vicende si limita ad individuare connessioni tra
eventi ben determinati e circoscritti, senza preoccuparsi di rinvenire
leggi universali in cui sussumere il rapporto tra i singoli accadimenti.
Obiezioni
Nel rispetto del principio di tassatività il criterio della condicio va
inteso in senso «generalizzante», e non individualizzante: cioè il
giudizio causale deve fornire una spiegazione adeguata dell’evento
concreto e in questa prospettiva la spiegazione del nesso causale
può correttamente effettuarsi soltanto alla stregua del modello
della sussunzione sotto leggi scientifiche.
Metodo generalizzante
Secondo il modello generalizzante un antecedente può essere
configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri
nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione
regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (c.d.
legge generale di copertura), portano ad eventi del tipo di quello
Legge generale di verificatosi in concreto.
copertura
Le leggi di copertura si Leggi statistiche
distinguono in: Ai fini dell’accertamento giudiziale della causalità, non occorre che il
a. leggi universali in grado di giudice disponga di «leggi universali» (anche se non è escluso che in
affermare che la alcuni casi lo possa), ma è sufficiente che egli faccia ricorso a leggi
verificazione di un evento è statistiche.
invariabilmente
accompagnata dalla d
La limitatezza delle conoscenze umane induce a ricorrere a una
verificazione di un altro serie di assunzioni «tacite», e cioè a dare rispettivamente per
evento; e esistenti o conosciute alcune condizioni e alcune leggi ignorate o
b. leggi statistiche che meramente supposte: da questo punto di vista, la spiegazione
affermano che il verificarsi di causale ha ad oggetto soltanto «alcune» delle condizioni
necessarie dell’evento, mentre le altre condizioni si suppongono
un evento è accompagnato per date (clausola ceteris paribus).
dal verificarsi di un altro
evento soltanto in una certa
percentuale di casi.
Sentenza Franzese
1. La Corte di cassazione con la sentenza Franzese (sez. un.
30329/2002)14, dovendo conciliare la pretesa di ricostruire il
nesso causale con l’incertezza tipica della probabilità, è giunta a
distinguere concettualmente la probabilità statistica (o
Probabilità statistica frequentista o empirica) dalla probabilità logica.
La «probabilità statistica», 2. Secondo l’orientamento della Cassazione ai fini della prova
ricavata dall’osservazione di giudiziaria della causalità, decisivo non è il coefficiente
fenomeni ripetuti nel tempo, percentuale più o meno elevato di probabilità frequentista
14
L’importanza della suddetta sentenza, resa dalle sezioni unite nel 2002 con riferimento specifico a un caso di responsabilità
colposa del medico per decesso del paziente, deriva dal tentativo di fornire una risposta ben ponderata – anche in termini di
equilibrato bilanciamento tra prevenzione generale e garanzie individuali – al problema delle corrette condizioni d’impiego delle
leggi statistiche nel processo penale, sotto il duplice profilo della probabilità empirica e della probabilità logica.
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indica il grado di frequenza con desumibile dalla legge di copertura utilizzata; ciò che conta è
cui la connessione tra certi potere ragionevolmente confidare nel fatto che la legge
antecedenti e conseguenti si statistica in questione trovi applicazione anche nel caso
verifica nel mondo esterno: come concreto oggetto di giudizio, stante l’alta probabilità logica che
tale, essa è riferibile a tipi di siano da escludere fattori causali alternativi. Da questo punto di
eventi, non ad eventi singoli. vista, più elevato è il grado di credibilità razionale dell’ipotesi di
spiegazione causale privilegiata, più sarebbe consentito fare
impiego di leggi o criteri probabilistico-statistici con coefficienti
percentuali anche medio-bassi (e viceversa).
Probabilità logica
La «probabilità logica» indica il
grado di fondatezza logica o
credibilità razionale con cui si può Teoria della causalità adeguata
sostenere che la legge statistica 1. La teoria della causalità adeguata tende a selezionare come causali
trovi applicazione anche nel caso soltanto alcuni antecedenti: cioè è considerata causa, nel senso del
singolo oggetto di giudizio. Essa a diritto penale, quella condizione che è tipicamente idonea o
che fare, dunque, con la adeguata a produrre l’evento in base ad un criterio di prevedibilità
ricostruzione causale dell’evento
basato sull’id quod plaerumque accidit15.
concreto, e implica che in via
induttiva si possa escludere che
2. Da questo punto di vista, la teoria in esame propone un modello
quest’ultimo sia conseguenza di generalizzante di spiegazione della causalità: sostenere che
fattori causali alternativi (diversi l’azione è causa soltanto quando è tipicamente idonea a cagionare
cioè dagli antecedenti presi in l’evento significa, infatti, richiedere una «generale» attitudine
considerazione in base alla legge dell’azione a cagionare eventi del tipo di quello verificatosi in
statistica). concreto.
Teoria generale della causalità penalmente
rilevante16
Secondo una formulazione migliore e più aggiornata, la teoria
della causalità adeguata deve essere costruita in termini
negativi: cioè, il rapporto di causalità sussiste tutte le volte in
cui non sia improbabile che l’azione produca l’evento.
d
I sostenitori della teoria della causalità adeguata hanno aggioranto
la stessa per evitare la contraddizione:
a. di utilizzare la teoria della condicio come concezione della
causalità in diritto penale; e
b. di ricorrere ad una diversa teoria causale per il particolare
settore dei reati aggravati dall’evento.
d
Tale correzione tende, evidentemente, a meglio soddisfare le
esigenze della repressione penale, che risulterebbero troppo
scacrificate ove per azione causale dovesse invece intendersi
– secondo la formulazione «positiva» dell’adeguatezza –
soltanto quella che con molta probabilità conduce all’evento.
Giudizio di adeguatezza
La migliore dottrina ha suggerito di scindere il giudizio di adeguatezza
in due fasi, una anteriore e l’altra successiva al verificarsi dell’evento.
15
La traduzione letterale del brocardo corrisponde a «ciò che accade di solito»
16
L’appellativo della nuova teoria è stato dato dai sostenitori della teoria della causalità adeguata hanno finito col proporla come
teoria generale della causalità penalmente rilevante una volta aggiornata la precedente.
49
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1. In base ad un giudizio ex ante occorre verificare se non appaia
improbabile che all’azione consegua un evento del genere di
quello contemplato dalla norma.
2. In base ad un giudizio ex post bisogna altresì verificare se
l’evento concreto realizzi il pericolo tipicamente o generalmente
connesso all’azione delittuosa.
Obiezioni
La teoria della causalità adeguata si espone ad un triplice ordine di
obiezioni difficilmente superabili.
1. Non è agevole conciliare il requisito della prevedibilità ex ante
dell’evento con l’accertamento della causalità che dovrebbe
invece basarsi su giudizi ex post e di natura rigorosamente
oggettiva, cioè che prescindono dalle capacità di previsione sia
dell’agente-modello che dell’agente concreto.
2. Sul terreno più specifico della dottrina generale del reato, la
teoria dell’adeguatezza finisce per includere nell’ambito della
causalità considerazioni che, invece, più propriamente
appartengono alla sfera della colpevolezza.
3. Lo stesso concetto di adeguatezza, in quanto fondato sui giudizi
di probabilità propri della vita sociale, è inevitabilmente soggetto
ad applicazioni incerte.
Rapporto di causalità
Per l’esistenza del rapporto di causalità nel senso del diritto, dunque,
occorrono due elementi: uno positivo ed uno negativo.
a. Il positivo è che l’uomo con la sua azione abbia posto in essere
una condizione dell’evento, e cioè un antecedente senza il quale
l’evento stesso non si sarebbe verificato.
b. Il negativo è che il risultato non sia dovuto al concorso di fattori
eccezionali.
V. CONCAUSE
Azione come causa
Perché l’azione umana assurga a causa nel senso del diritto penale,
basta che essa costituisca una delle condizioni necessarie che
concorrono a determinare l’evento tipico.
Interpretazione dottrinale
1. La disposizione di cui sopra – secondo l’orientamento dottrinale e
giurisprudenziale dominante – deve essere intesa come norma
che tende a «temperare» gli eccessi punitivi derivanti da una
rigorosa applicazione del criterio condizionalistico17.
17
Da questo punto di vista, l’art. 41, comma 2° rappresenta l’unica sede normativa che, nel nostro diritto positivo, può dare
legittimazione a teorie causali diverse dalla condicio sine qua non.
51
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2. In forza dell’art. 41, comma 2° e del suo chiarito intento
delimitativo, un nesso causale penalmente rilevante dovrebbe
essere escluso in tutti i casi nei quali l’evento lesivo – ancorché
legato da un nesso condizionalistico alla condotta tipica – non sia
inquadrabile in una successione normale di accadimenti.
2. L’antigiuridicità
I. CAUSE DI
GIUSTIFICAZIONE
Modello esplicativo monistico
Secondo il modello esplicativo monistico, tutte le scriminanti
Si definiscono cause di esclusione
dell’antigiuridicità o cause di andrebbero ricondotte ad uno stesso principio: principio ravvisato, di
giustificazione (ovvero anche volta in volta, nel criterio
«scriminanti», «giustificanti», del «mezzo adeguato per il raggiungimento di uno scopo
«esimenti»), appunto, quelle approvato dall’ordinamento giuridico»;
situazioni normative previste, in della «prevalenza del vantaggio sul danno»;
presenza delle quali viene meno il del «bilanciamento tra beni in conflitto»; oppure
contrasto tra un fatto conforme di un «giusto contemperamento tra interesse e controinteresse»,
ad una fattispecie incriminatrice
ecc.
e l’intero ordinamento giuridico.
Scriminanti speciali
Bisogna tenere presente dei casi, nei quali la legge fa dipendere la
configurabilità della causa di giustificazione dalla presenza di stati
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psicologici, che sono per lo più individuabili nell’ambito delle
scriminanti speciali, cioè applicabili soltanto ad alcune figure di
reato: ad es. la scriminante della reazione agli atti arbitrari del
pubblico ufficiale ex. d.lgs. 288/1944.
Scriminante putativa
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione
della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui.
Errore
L’errore deve, per spiegare efficacia scusante, investire:
i presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione
stessa; o
una norma extrapenale integratrice di un elemento «normativo»
della fattispecie giustificante.
Errore di diritto
Errore di diritto
La dottrina ritiene che sia da escludere la rilevanza esimente di un
Ad es. non avrebbe alcuna
errore di diritto, sfociante nell’erronea (e inescusabile) convinzione
rilevanza l’erronea convinzione
che la situazione nella quale l’agente si trova ad operare rientri tra
che la «provocazione» escluda il
quelle cui l’ordinamento giuridico attribuisce efficacia scriminante.
reato: a ritenere altrimenti, si
finirebbe col considerare
inoperante, sul terreno delle
cause di giustificazione, il Errore colposo
principio generale ignorantia Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è
legis non excusat posto dall’art. 5. esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Natura giuridica
La dottrina ritiene, conformemente all’opinione oggi dominante,
che la disposizione in esame preveda un vero e proprio delitto
colposo, e non un delitto doloso equiparato al delitto colposo
soltanto nel regime penale.
Eccesso colposo
Quando, sussistendo i presupposti di fatto di una causa di
giustificazione, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o
dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le
disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo.
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nell’eccesso colposo la scriminante di fatto esiste ma l’agente
supera colposamente i limiti del comportamento consentito.
Scriminante putativa
Parte della dottrina e la giurisprudenza ritengono giustamente che la
disposizione relativa all’eccesso sia applicabile anche nell’ipotesi di
scriminante putativa: cioè anche quando l’eccesso si riferisca ad una
causa di giustificazione che esiste non nella realtà, ma nella mente
dell’agente.
54
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s
È vero che l’evento più grave può essere dall’agente previsto e
voluto. È pur vero, tuttavia, che la volontarietà del fatto è qui viziata
da un errore inescusabile, che si converte in una falsa
rappresentazione dei confini entro i quali è consentito agire:
mancando l’esatta conoscenza della situazione concreta, esula
l’elemento conoscitivo del dolo; e, dato che l’errore di valutazione
in cui l’agente cade potrebbe essere evitato prestando maggiore
attenzione, sussistono i presupposti strutturali tipici del
comportamento colposo.
d
In dottrina non si comprende per quale ragione, una volta sancita
l’irresponsabilità nei commi 2, 3 e 4 dell’art. 52 (legittima difesa), per
le stesse identiche situazioni si preveda un’ulteriore causa di non
punibilità connessa a particolari fattori ulteriori (minorata difesa e
stato di grave turbamento).
II. CONSENSO
DELL’AVENTE DIRITTO
Consenso dell’avente diritto
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della
persona che può validamente disporne.
Dissenso
dell’avente diritto Dissenso dell’avente diritto
Nella violazione di domicilio il Lo specifico ambito di operatività dell’art. 50, come norma che induce
dissenso dell’avente diritto è un una causa di liceità, va circoscritto alle ipotesi nelle quali il giudice
elemento costitutivo del fatto accerta un fatto tipico al completo dei suoi elementi (dunque, nelle
illecito, onde l’eventuale quali il dissenso dell’avente diritto non costituisce un esplicito requisito
18
Questa disposizione normativa è stata introdotta con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di
Matteo Salvini.
55
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consenso di colui che ha il diritto del fatto di reato): per cui il consenso dell’offeso ha qui per effetto di
di escludere l’estraneo dalla giustificare o rendere lecito un fatto che altrimenti costituirebbe illecito
privata abitazione impedisce che penale.
si integri la fattispecie oggettiva
del reato.
Natura giuridica del consenso
1. Il consenso non ha natura di negozio giuridico né di diritto privato,
né di diritto pubblico: conformemente all’opinione oggi dominante,
esso va qualificato come un semplice atto giuridico, cioè un
permesso col quale si attribuisce al destinatario un potere di agire,
che non crea alcun vincolo obbligatorio a carico dell’avente diritto e
non trasferise alcun diritto in capo all’agente.
2. Sicchè il consenso è sempre revocabile, a meno che l’attività
consentita, per le sue stesse caratteristiche, non possa essere
interrotta se non ad avvenuto esaurimento.
Consenso tacito
Il consenso può essere desunto dal comportamento oggettivamente
univoco dell’avente diritto, purché sussita al momento del fatto: non
scrimina, invece, il consenso successivo, o ratifica.
d
Data la sua natura «non negoziale», la relativa validità prescinde da
requisiti di forma: potendo il consenso essere prestato in qualsiasi
modo, è indifferente il mezzo (scritto, orale ecc.) con cui si
manifesta.
Consenso putativo
Il consenso è putativo se il soggetto agisce nella erronea supposizione
della sua esistenza: ma la sua efficacia scriminante viene meno ove
debba escludersi, in base alle circostanze del caso concreto, la
ragionevole persuasione di operare con l’assenso della persona che
può validamente disporre del diritto.
Consenso presunto
1. Mentre la dottrina ritiene che il consenso dell’offeso è presunto
quando si può fondatamente ritenere che il titolare del bene lo
avrebbe concesso se fosse stato a conoscenza della situazione di
fatto (soprattutto nelle ipotesi di negotiorium gestio);
2. la giurisprudenza riguardo il consenso presunto mostra un
atteggiamento più restrittivo:
- essa ritiene che scrimini il convincimento putativo di un consenso
già in atto, mentre
- nega rilevanza al convincimento ipotetico ed eventuale che il
consenso sarebbe stato prestato se richiesto.
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Più titolari
Nel caso in cui siano più di uno i titolari occorrerà il consenso di tutti i
cointeressati perché esplichi efficacia scriminante.
Rappresentanza
Il consenso può essere prestato da un rappresentante
legale/volontario se la rappresentanza è compatibile con la natura del
diritto e dell’atto da consentire.
Capacità di agire
Il soggetto legittimato a consentire deve possedere la capacità di
agire.
Capacità naturale
Stante la natura «non negoziale» del consenso, tale capacità di agire
finisce col risolversi in una capacità di intendere e di volere da
accertare caso per caso: sicchè, basta che il giudice accerti di volta in
volta che il consenziente possegga una maturità sufficiente a
comprendere il significato del consenso prestato (c.d. capacità
naturale).
d
a. Si annoverano tra i diritti disponibili innanzitutto i diritti
patrimoniali, beninteso purchè non si eccedano i limiti stabiliti
dalla legge.
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b. Di solito vengono ricondotti nell’area dei diritti disponibili anche
gli attributi della personalità: onore, libertà morale e personale,
libertà sessuale, libertà di domicilio; ma si puntualizza che:
- il consenso, per essere efficace deve avere ad oggetto lesioni
circoscritte, le quali non comportino il totale sacrificio dei beni
predetti, e
- non deve trattarsi di atti di disposizione contrari alla legge, al
buon costume o all’ordine pubblico.
c. Rispetto al bene dell’integrità fisica, è opinione dominante che la
portata del consenso scriminante vada determinata innanzitutto
assumendo come parametro di riferimento l’art. 5 c.c., secondo il
quale gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati
quando:
- cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica stessa;
ovvero
- siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon
costume.
Diritti indisponibili
Indisponibili comunemente si
considerano tutti gli interessi che
Diritti indisponibili
fanno capo allo Stato, agli enti L’operatività della scriminante è esclusa nei casi in cui il consenso ha ad
pubblici e alla famiglia. oggetto diritti indisponibili.
d
Secondo una pressochè costante giurisprudenza, il consenso è privo di
efficacia scriminante anche nell’ambito:
a. dei reati contro la fede pubblica (incusa la falsità in scrittura
privata);
b. dei delitti
- di usura,
- di frode in commercio, e
- di false comunicazioni sociali.
Vita
Tra i beni indisponibili va, poi, indubbiamente annoverato il bene della
vita, come peraltro si desume anche artt. 579 e 580 che incriminano
l’omicidio del consenziente e l’istigazione al suicidio.
III. ESERCIZIO DI UN
DIRITTO
Esercizio di un diritto
L’esercizio di un diritto (…) esclude la punibilità.
Qui suo jure utitur
neminem laedit Qui suo jure utitur neminem laedit
Sarebbe illogico punire a titolo di a. La ragione giustificatrice della scriminante va ravvisata nella
danneggiamento (art. 635 c.p.) il prevalenza dell’interesse di chi agisce esercitando un diritto
proprietario che, esercitando un rispetto agli interessi eventualmente confliggenti.
diritto desumibile dall’art. 896 b. Nello stesso tempo, la ragion d’essere della non punibilità riposa
c.c., tagli le radici provenienti da sull’esigenza di rispettare il principio di non contraddizione
un fondo limitrofo. all’interno di uno stesso ordinamento giuridico: sarebbe infatti
logicamente contraddittorio che da un lato una norma
concedesse un potere di agire e, dall’altro, ne sanzionasse
penalmente l’esercizio.
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Diritto
Ai fini dell’art. 51, il concetto di «diritto» va inteso nell’accezione più
ampia:
cioè come potere giuridico di agire, non importa quale sia la
corrispondente denominazione legislativa o dogmatica (diritto
soggettivo, potestativo, potestà, facoltà giuridica);
non rientrano, invece, nella nozione gli interessi legittimi e i c.d.
interessi semplici, perché strutturalmente non suscettivi di
esercizio.
19
Riguardo ai diritti previsti da una legge ordinaria, i relativi limiti si desumono sia dalla fonte dalla quale il diritto promana, sia dal
complesso delle altre leggi contenute all’interno dell’ordinamento; mentre riguardo ai diritti riconosciuti a livello costituzionale, il
principio della gerarchia delle fonti impedisce di ricavare limiti al loro esercizio da norme di rango inferiore: nel contrasto tra diritti
costituzionalmente garantiti e norme incriminatrici, devono prevalere i primi.
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sociale considerato. Da qui la
difficoltà di individuare con
certezza l’area scriminante del
diritto di correzione, stante la
mutevolezza storica dei canoni di
giudizio: nell’attuale momento
storico, peraltro, la sfera degli
interventi correttivi ritenuti leciti
va restringendosi in conseguenza
della accresciuta sensibilità per la
tutela della personalità e
dell’autonomia degli stessi
minori.
IV. ADEMPIMENTO DI UN
DOVERE
Norma giuridica
L’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica esclude
la punibilità.
Pubblica Autorità
Quanto ai limiti del concetto di «pubblica Autorità», quale fonte
dell’ordine, si oscilla tra:
a. un’interpretazione restrittiva che vi ricomprende i soli pubblici
ufficiali; e
b. un’interpretazione più estensiva, che vi include gli incaricati di
pubblici servizi legati da un rapporto di
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supremazia/subordinazione o, financo, i soggetti esercenti servizi
di pubblica necessità.
Legittimità dell’ordine
L’ordine dell’Autorità deve essere legittimo rispetto:
a. ai presupposti formali rispetto
- alla competenza del superiore ad emanare l’ordine,
- alla competenza dell’inferiore ad eseguirlo, e
- alla forma prescritta; e
b. ai presupposti stabiliti dalla legge per l’emanazione dell’ordine.
Responsabilità dell’Autorità
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del
reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Responsabilità dell’esecutore
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine.
Errore di fatto20
Chi, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine
legittimo non risponde del reato.
Interpretazione
Dalla norma se ne desume che fuori dall’ipotesi eccettuata, la
sindacabilità del carattere legittimo dell’ordine è la regola.
Sollecito adempimento
L’ipotesi di cui sopra si riferisce ai rapporti di subordinazione di
natura militare o assimilabili (agenti di polizia, pompieri, ecc.),
cioè a quei rapporti caratterizzati dal fatto che la legge impone
all’inferiore la più ristretta e pronta obbedienza.
In questo campo all’esigenza di sottoporre a controllo la legalità
dell’azione dei pubblici poteri si contrappone quella di non
paralizzare l’esercizio di funzioni che richiedono, per loro natura,
un sollecito adempimento: ed è per questo che si parla in
proposito di c.d. ordini illegittimi vincolanti.
20
Nel concetto di errore di fatto deve farsi rientrare anche l’errore sulla legge extrapenale.
21
L’insindacabilità di siffatti ordini vincolanti è in ogni caso soltanto relativa, nel senso che riguarda la loro legittimità sostanziale:
così ad es. l’agente di polizia giudiziaria non è legittimato a verificare se il provvedimento di custodia cautelare da eseguire si fondi
su sufficienti indizi di colpevolezza. È invece sempre sindacabile la legalità esteriore dell’ordine: così ad es. l’agente di polizia potrà
rifiutarsi di eseguire un provvedimento privo della sottoscrizione del magistrato
61
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vincolato alla più pronta obbedienza: tale limite viene individuato
nella manifesta criminosità dell’ordine medesimo. Si tratta di
un’estensione analogica al diritto penale comune di un esplicito
limite prima contemplato dall’art. 40 (ora abrogato) del codice
penale militare, e in atto previsto dall’art. 4 delle nuove norme di
principio sulla disciplina militare (l. n. 382/1979), dove all’ultimo
comma è stabilito «(..) il militare al quale viene impartito un
ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la
cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il
dovere di non eseguire l’ordine e di informare al più presto il
superiore».
V. LEGITTIMA DIFESA
Legittima difesa
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
Vim vi repellere licet necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo
La legittima difesa rappresenta attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata
un residuo di autotutela che lo all’offesa.
Stato concede al cittadino, nei
casi in cui l’intervento
dell’Autorità non può risultare
tempestivo: il fondamento Necessità
sostanziale dell’esimente è oggi 1. La difesa deve apparire necessaria per salvaguardare il bene posto
quasi unanimemente ravvisato in pericolo: il che vuol dire che l’aggredito, di fronte all’alternativa
nella prevalenza attribuita tra reagire e subire, non può evitare il pericolo se non reagendo
all’interesse di chi sia contro l’aggressore.
ingiustamente aggredito rispetto
2. Necessità della reazione equivale, dunque, ad inevitabilià della
all’interesse di chi si è posto fuori
stessa: ed una reazione è davvero inevitabile quando non è
dalla legge.
sostituibile da un’altra meno dannosa ugualmente idonea ad
assicurare la tutela dell’aggredito.
3. Beninteso, il giudizio di necessità-inevitabilità non è assoluto, ma
relativo perché si deve tenere conto di tutte le circostanze del caso
concreto (mezzo difensivo a disposizione, forza fisica delle persone
coinvolte, condizioni di tempo e di luogo, modalità dell’aggressione,
ecc.).
Fuga
In base al principio-cardine del bilanciamento degli interessi, la
dottrina ritiene che non sia esulata la legittima difesa quando il
soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei casi, nei quali la fuga
esporrebbe beni suoi personali (ad es. pericolo di infarto o di aborto)
o di terzi (si pensi al rischio di investire passanti con una fuga in
macchina) a rischi maggiori di quelli incombenti sui beni propri del
soggetto contro il quale si reagisce. In applicazione di tale criterio, la
salvaguardia della dignità personale dell’aggredito potrà ad es.
giustificare una reazione limitata all’immobilizzazione o tutt’al più alle
percosse, ma non l’uccisione o il ferimento dell’aggressore da parte di
chi poteva benissimo fuggire.
Commodus discessus
Un’opinione assai diffusa, specie in passato, distingue tra fuga e
commodus discessus: in questo senso, si sarebbe tenuti a fuggire
soltanto quando le modalità della ritirata siano tali (ad es. tornando
indietro, cambiando strada, ecc.) da non far apparire «vile» il
soggetto aggredito; mentre in caso contrario l’aggressore dovrebbe
tollerare tutte le conseguenze della sua condotta illecita.
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Diritto
1. L’attacco deve avere ad oggetto un diritto altrui: per diritto si deve
intendere non solo il diritto soggettivo in senso stretto, ma qualsiasi
interesse giuridicamente tutelato.
2. Posto che l’art. 52 usa il termine generico «diritto», senza
distinguere a seconda della natura dell’interesse che viene in
questione, se ne deve dedurre che la facoltà di difesa è esercitabile
per la salvaguardia di tutti i beni indistintamente, inclusi i diritti
patrimoniali.
Pericolo attuale
Pericolo attuale Presupposto fondamentale della difesa legittima è che l’aggressore
Il pericolo «attuale» è escluso: provochi un pericolo attuale: non si deve trattare cioè di un pericolo
a. dopo che l’aggressore sia
corso, perché in questo caso non si avrebbe più alcuna necessità di
stato disarmato e l’arma sia
prevenire un’offesa; né di un pericolo futuro giacché, ove così fosse,
passata nelle mani
dell’aggredito; o sarebbe possibile ricorrere all’intervento dell’autorità. Occorre,
b. dopo che l’aggressore si sia dunque, una minaccia di lesione incombente al momento del fatto,
allontanato voltando le tale cioè che la reazione nei confronti dell’aggressore rappresenti
spalle al’'aggredito; ovvero l’unico mezzo per mettere al riparo il bene posto in pericolo.
c. quando la reazione sia dietta
non ad impedire
l’aggressione al patrimonio,
Pericolo perdurante
Nella nozione di pericolo «attuale» deve, peraltro, farsi rientrare
bensì a realizzare una mera
anche il pericolo perdurante: lo si riscontra non solo nei «reati
ristorsione o a perseguire
permanenti», ma anche in quei casi nei quali, non essendosi del tutto
una finalità diversa.
esaurita l’offesa, non si è ancora completato il trapasso dalla
situazione di pericolo a quella di danno effettivo.
Offesa ingiusta
Il riferimento all’«ingiustizia» dell’offesa sta a significare che
l’aggressione, oltre a minacciare un diritto altrui, non deve essere
espressamente facoltizzata dall’ordinamento. Se ne deduce, dunque,
che non può invocare la legittima difesa chi pretende di reagire contro
una persona la quale reagisca, a sua volta, nell’esercizio di una facoltà
legittima espressamente stabilita dall’ordinamento o, a fortiori,
nell’adempimento di un dovere.
Proporzionata
1. Secondo un primo punto di vista, oggi senz’altro in via di
superamento, la proporzione dovrebbe intercorrere tra i mezzi
difensivi a disposizione dell’aggredito e quelli effettivamente
impiegati. Se ne ricava che la legittima difesa può essere invocata
anche da chi reagendo provoca una offesa maggiore di quella a lui
minacciata, purché il mezzo impegnato fosse il solo a disposizione
dell’aggredito.
- È da osservare che la stessa lettera dell’art. 52 richiede che il
requisito della proporzione intercorra tra la difesa, da un lato e
l’«offesa», dall’altro: ora l’espressione «offesa», od «offendere»
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indica sempre, nell’uso legislativo, la lesione o la messa in pericolo
dell’interesse protetto.
- Ancora a volere accedere alla tesi criticata, si dovrebbe giungere
alla conclusione che la difesa di un bene meramente patrimoniale
possa giustificare anche la lesione di un bene personale come la
vita o l’integrità fisica: ma ciò equivalrebbe a sovvertire la gerarchia
dei valori recepita dal nostro ordinamento e dall’art. 2 CEDU.
2. È dunque da accogliere l’orientamento che assume a termine del
giudizio di proporzione il rapporto di valore tra i beni o interessi in
conflitto: in questo senso, occorre operare un bilanciamento tra il
bene minacciato e il bene leso, con la conseguenza che all’aggredito
che si difende non è consentito ledere un bene dell’aggressore
marcatamente superiore a quello posto in pericolo dall’iniziale
aggressione illecita.
Giudizio di proporzione
La valutazione per stabilire la proporzione consiste:
1. in un primo giudizio sull’importanza dei beni contrapposti in sé
considerati; ed
2. in un secondo giudizio che pone a confronto il rispettivo grado di
intensità dell’offesa minacciata dall’aggressore e di quella
prodotta dall’aggredito.
Criteri di proporzione
Quanto ai criteri di valutazione invocabili per stabilire la proporzione,
occorre distinguere.
a. Se il conflitto intercorre tra beni omogenei, è ovvio che si dovrà
porre a raffronto il rispettivo grado di lesività dell’azione
aggressiva e dell’azione difensiva.
b. Se il conflitto intercorre tra beni eterogenei: fuori dei casi nei
quali il rapporto gerarchico è particolarmente evidente (ad es. il
bene vita è sicuramente sovraordinato al bene patrimonio), dovrà
farsi ricorso all’ausilio di «indicatori» diversi, quali l’eventuale
rilevanza costituzionale del bene, la valutazione offerta dal
legislatore penale attraverso l’entità della sanzione prevista nel
caso di sua violazione, la valutazione operata da norme
extrapenali, ecc.
Aggressione
a. La minaccia proviene da una condotta umana.
b. Può scaturire anche da animali o cose, soltanto se è individuabile
un soggetto tenuto ad esercitare su di essi una vigilanza: in tal caso,
l’esimente si applicherà sia a favore di chi reagisce direttamente
contro l’animale o la cosa, sia a favore di chi reagisce contro la
persona gravata dall’obbligo di custodia.
Condotta omissiva c. Il pericolo di offesa può anche provenire da una condotta omissiva.
Il rifiuto del proprietario di
richiamare il cane mastino che
sta aggredendo un bambino
integra un’omissione, e ciò
Volontarietà del pericolo
giustifica il padre che impugni
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un’arma per costringere il 1. Pur nel silenzio del legislatore, la giurisprudenza e parte della
proprietario medesimo a far dottrina inclinano a ritenere che la scriminante della legittima
allontanare l’animale feroce. difesa non sia invocabile se la situazione di pericolo è
volontariamente cagionata dal soggetto che reagisce: in tal caso
verrebbe infatti meno o il requisito della necessità della difesa o
quello dell’ingiustizia dell’offesa, ovvero difetterebbero entrambi i
requisiti testé menzionati.
2. Se ne deduce che l’art. 52 (legittima difesa) è inapplicabile
- al provocatore;
- a chi accolga una sfida o affronti una situazione di rischio prevista
ed accettata; e
- in caso di rissa, posto che i partecipanti siano spinti da reciproco
intento aggressivo.
22
Il termine «sempre» è stato introdotto con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di Matteo
Salvini.
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anche quando tali interessi appartengono a un soggetto che si è
messo nella condizione di subire una reazione difensiva.
3. Parimenti, se ci si muove in una prospettiva statalistica, e cioè
nell’idea che il privato stia esercitando un potere reattivo su delega
dello Stato, è impensabile che tale delega sia – per così dire – in
bianco e senza limiti: come la reazione di uno Stato deve essere
proporzionata, alla stessa stregua deve essere proporzionata la
reazione di un cittadino.
Legittimamente presente
La precisazione che la condotta difensiva può essere realizzata, in
termini di proporzione presunta, soltanto da persona «legittimamente»
presente, ha la funzione di escludere dal novero dei possibili
beneficiari della legittima difesa lo stesso «intruso» autore della
violazione di domicilio.
Incolumità
1. La difesa deve avere ad oggetto la «propria o altrui incolumità»:
con questa espressione normativa il legislatore allude, molto
verosimilmente, ai beni della vita e della integrità fisica.
2. Se così è, esiste un rapporto di omogeneità qualitativa tra i beni
personali che l’aggredito difende, e i beni che egli lede mediante
l’uso di armi ai danni dell’aggressore. Ma la novità consiste,
appunto, in questo: il giudice è esentato dall’accertare in concreto
se vi sia proporzione tra la rispettiva gravità del danno minacciato e
di quello subito dall’aggressore, essendo tale proporzione presunta
juris et de jure.
Non vi è desistenza
Verosimilmente, la «mancata desistenza» è un presupposto da
intendere ad abundatiam, nel senso che è implicito nella stessa
persistente attualità di una situazione di pericolo che l’aggressore si
astenga dall’interrompere la condotta offensiva (diretta innanzitutto
contro i beni patrimoniali).
Pericolo d’aggressione
L’interpretazione più plausibile è che si debba trattare di un pericolo
che trascende la sfera dei beni patrimoniali (già minacciati dall’azione
intrapresa e non interrotta dal malvivente intruso), e che si proietta
sulla vita e sulla integrità personale dell’aggredito.
Pericolo attuale
La dottrina è orientata ad una soluzione ermeneutica dell’art. 52 che
ritiene legittima la difesa armata soltanto in presenza di un pericolo di
aggressione concretamente incombente nella situazione data, e
dunque di un pericolo non futuro o ipotetico, bensì attuale.
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Respingimento dell’intrusione23
Nei casi di legittima difesa domiciliare (o presso l’esercizio di un’attività
commerciale, professionale o imprenditoriale) agisce sempre in stato di
legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione
posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di
coazione fisica, da parte di una o più persone.
Presunzione/eliminazione della necessità di
difendersi
1. La dottrina rileva nell’introduzione del 4° comma dell’art. 52 una
presunzione/eliminazione del requisito della necessità di
difendersi che finisce per stravolgere la legittima difesa.
2. L’eliminazione della necessità di difendersi presume che la mera
presenza illegittima nel domicilio è già di per sé pericolo di
aggressione ad altri beni, saltando, così, il legame tra aggressione
e reazione con la conseguenza che la seconda può essere del
tutto scollegata dalla prima.
3. Il legame tra aggressione e reazione difensiva finisce per essere
del tutto estrinseco, basandosi esclusivamente sulla
concomitanza spazio-temporale:
- della condotta illegale consistente nella violazione del domicilio,
non necessariamente aggressiva di ulteriori beni patrimoniali o
personali; e
- della reazione, non necessariamente difensiva mancando per
l’appunto una vera e propria aggressione.
23
Questa disposizione normativa è stata introdotta con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di
Matteo Salvini.
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sussidiaria, nel senso che si fa luogo alla sua applicazione soltanto ove
difettino i presupposti della legittima difesa o dell’adempimento del
dovere.
Pubblico ufficiale
Per quanto l’ampia formula legislativa adottata dall’art. 53 sembri voler
ricomprender tutti i soggetti che esercitano una pubblica funzione e
che perciò sono pubblici ufficiali a norma dell’art. 357 dello stesso
codice, appare preferibile l’interpretazione più restrittiva, rivolta a
circoscrivere l’operatività della scriminante agli agenti di pubblica
sicurezza o di polizia giudiziaria e ai militari in servizio di Pubblica
sicurezza.
Assistente
La scriminante dell’uso legittimo delle armi si applica a qualsiasi
persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti
assistenza.
Finalità
Il fine perseguito dal pubblico ufficiale deve essere quello di
«adempiere un dovere del proprio ufficio»: sicché, la scriminante è
esclusa in presenza di uno scopo di vendetta o di arbitraria
sopraffazione.
Necessità
1. Il ricorso alla coazione fisica è giustificato, innanzitutto, di fronte
alla «necessità di respingere una violenza o di vincere una
resistenza all’Autorità»: tale necessità sussiste quando il pubblico
ufficiale non ha altra scelta, per adempiere al proprio dovere,
all’infuori di quella di far uso di un mezzo coercitivo.
2. Considerando il carattere di extrema ratio della scriminante in
esame, il requisito della necessità va però interpretato anche nel
senso che il pubblico ufficiale deve impiegare, tra i mezzi idonei a
disposizione, quello meno lesivo: così, se è possibile ad es.
disperdere una folla in tumulto con gas lacrimogeni, non sarà
consentito ferire e così via.
Violenza
La violenza deve consistere in un comportamento attivo tendente a
frapporre ostacoli all’adempimento del dovere di ufficio: beninteso,
deve trattarsi di un comportamento violento «in atto» giacchè, ove così
non fosse, mancherebbe la necessità dell’uso della coazione.
Minaccia
Stante la mancata differenziazione, nel testo dell’art. 53, tra
«violenza» e «minaccia», qualche autore ritiene che la violenza
abbracci anche la coercizione psichica tendente ad influire sul
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comportamento dei destinatari: ad avviso di Fiandaca-Musco, la tesi è
accoglibile purché si sottolinei che la minaccia deve essere seria e
particolarmente grave, pena l’abbandono della stessa interpretazione.
Resistenza all’Autorità
La dottrina ritiene che nei casi:
a. di resistenza attiva la scriminante è applicabile in ogni circostanza;
e
Resistenza passiva b. di resistenza passiva la scriminante è applicabile solo in relazione al
Si pensi alla classica resistenza rapporto di proporzione tra i mezzi di coazione impiegati e il tipo di
pacifica opposta dalle donne resistenza da vincere, da un lato, e i beni in conflitto, dall’altro.
scioperanti distese sui binari per
impedire il passaggio dei treni.
«E comunque di impedire la consumazione dei…»
Parte della dottrina sostiene che con l’innovazione legislativa24, con la
quale sono state ha aggiunte le parole «e comunque di impedire la
consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro
aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano
armata e sequestro di persona», si è voluto autorizzare l’uso delle armi
(o di altro mezzo di coazione fisica) per impedire la consumazione dei
reati predetti anche in una fase antecedente a quella in cui sono
ravvisabili gli estremi dell’idoneità e univocità degli atti come elementi
del tentativo punibile.
Obiezioni
Questa interpretazione lascia perplessi perché consente la reazione
armata anche in assenza di un effettivo pericolo per i beni presi di
mira.
Pericolo attuale
L’estremo del pericolo attuale, come situazione di fatto in base alla
quale sia possibile formulare un giudizio di probabilità sul prossimo
verificarsi di una lesione, è comune anche alla legittima difesa e perciò
fondamentalmente vale quanto si è detto a proposito di quest’ultima
scriminante.
Criterio temporale
La giurisprudenza ritiene che il criterio temporale, basato
sull’imminenza cronologica del danno, non sempre consente una
corretta determinazione dell’attualità del pericolo.
24
Art. 14, l. n. 152/1975.n
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Fuga
La considerazione di cui sopra è valida purché la fuga non esponga lo
stesso agente o terzi a rischi maggiori di quelli incombenti sul
soggetto passivo dell’azione necessitata.
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1. L’azione necessitata si dirige non contro l’autore di un’aggressione
ingiusta, ma contro un individuo «innocente» perché non
responsabile della situazione di pericolo che si viene a creare.
2. L’azione giustificata non deve tendere a salvaguardare un qualsiasi
diritto come la difesa legittima, ma deve mirare a scongiurare «il
pericolo attuale di un danno grave alla persona».
3. In caso di stato di necessità al danneggiato è dovuta un’indennità,
la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.
3. La colpevolezza
I. NOZIONI GENERALI
Modello di personalità umana
1. Dal punto di vista antropologico, l’affermazione del principio
Teoria retributiva penalistico nulla poena sine culpa presuppone l’accettazione, anche
della pena implicita, di un modello di personalità umana come entità
Nel passato, la colpevolezza era costituita da più «strati» posti in rapporto di successione evolutiva.
legata alla teoria retributiva,
2. Si muove cioè dal presupposto che, a differenza degli animali i quali
perché la retribuzione concepita
seguono schemi di comportamento rigidamente programmati dai
come reazione afflittiva al male
commesso, presuppone, mecanismi istintuali, l’uomo sia in grado, grazie ai suoi poteri di
logicamente, una colpevolezza da signoria (i c.d. strati superiori della personalità), di controllare gli
annullare. In quest’ottica, istinti e di reagire agli stimoli del mondo esterno in base a scelte fra
peraltro, in tanto ha senso diverse possibilità di condotta, nonché di orientarsi secondo sistemi
infliggere una pena che compensi di valori.
il male arrecato col reato
(compensazione del mal passionis
con il mal actionis), in quanto si
presupponga nell’autore del fatto Principio di personalità
la libertà del volere e, quindi, la 1. Secondo un ‘interpretazione che riscuote crescenti adesioni, il
possibilità di agire diversamente. principio della personalità della responsabilità penale fissato all’art.
27, comma 1°, Cost. va inteso non soltanto nel significato minimo di
«divieto di responsabilità per fatto altrui», ma nel senso ben più
pregnante di responsabilità per fatto proprio colpevole.
2. Il legislatore costituzionale, nell’affermare che la responsabilità
penale è «personale», ha espresso il principio, secondo cui
l’applicazione della pena presuppone l’attribuibilità psicologica del
singolo fatto di reato alla volontà antidoverosa del soggetto.
Corte costituzionale
La Corte costituzionale ha ormai chiarito che l’imputazione subiettiva
del fatto criminoso può considerarsi veramente conforme al principio
di «personalità», a condizione che il fatto stesso sia attribuibile
all’autore almeno a titolo di «colpa»: ove un solo elemento di
fattispecie, che concorre a contrassegnare la lesività del fatto, sia
sganciato dal «dolo» o dalla «colpa», viene meno il carattere
«personale» dell’addebito e un’eventuale attribuzione di
responsabilità penale si pone perciò in insanabile conflitto con l'art.
27, comma 1°, Cost.
Finalismo rieducativo
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Il ruolo indefettibile della colpevolezza è confermato dal collegamento
sistematico tra il comma 1° e il comma 2° dell’art. 27 Cost., che sancisce
il finalismo rieducativo della pena: se fosse sufficiente, ai fini
dell’assoggettamento a pena, il semplice fatto di cagionare
materialmente un evento lesivo, e nessun «rimprovero» neppure di
mera disattenzione o imprudenza potesse essere rivolto all’agente, la
pretesa «rieducativa» dello Stato non avrebbe più molto senso.
Corte costituzionale
Nel solco dell’elaborazione dottrinale più consapevole, la stessa Corte
costituzionale è giunta a riconoscere il rapporto tra colpevolezza e
rieducazione nei seguenti termini: «comunque si intenda la funzione
rieducativa (…), essa postula almeno la colpa dell’agente in relazione
agli elementi più significativi della fattispecie tipica. Non avrebbe
senso la rieducazione di chi, non essendo almeno in colpa (rispetto al
fatto), non ha certo bisogno di essere rieducato».
Concezione psicologica
1. Secondo la teoria psicologica la colpevolezza consiste in una
relazione psicologica tra fatto e autore.
2. La categoria così intesa assolve essenzialmente a 2 funzioni.
- Da un lato, l’uso del concetto di colpevolezza esprime l’idea che la
responsabilità penale richiede, come presupposto indefettibile, una
partecipazione psicologica alla commissione del fatto. A tal fine, si
tende a costruire la colpevolezza come concetto di genere capace
di ricomprendere i due fondamentali criteri di imputazione
soggettiva – cioè dolo e colpa: la colpevolezza è il «rapporto
psicologico tra l’agente e l’azione che cagiona un evento voluto, o
non voluto, ancorchè non preveduto, ma prevedibile».
- Dall’altro, la concezione psicologica esprime l’esigenza di
circoscrivere la colpevolezza all’atto di volontà relativo al singolo
reato, a prescindere da ogni valutazione della personalità
complessiva dell’agente e del processo motivazionale che sorregge
la condotta.
Obiezioni
1. Sul piano dogmatico, la concezione psicologica non riesce a
fornire un concetto superiore veramente in grado di
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ricomprendere il dolo e la colpa: mentre infatti il dolo consta di
coscienza e volontà come atteggiamenti psicologici effettivi, ad
integrare la colpa sono sufficienti anche atteggiamenti psicologici
potenziali.
2. Sul piano funzionale, la concezione psicologica, non valorizza
tutte le potenzialità della colpevolezza come elemento di
graduazione della responsabilità penale, soprattutto perché non
tiene conto delle diverse motivazioni che inducono a delinquere.
Concezione normativa
1. La concezione normativa della colpevolezza dà la risposta
dogmatica all’esigenza di introdurre la valutazione delle circostanze
dell’agire, del processo di motivazione, alla stregua di un canone
normativo, trasformando la colpevolezza in un giudizio di
rimproverabilità per l’atteggiamento antidoveroso della volontà.
2. La colpevolezza, secondo questa nuova accezione, consiste nella
valutazione «normativa» di un elemento psicologico, e
Colpevolezza precisamente nella rimproverabilità dell’atteggiamento
La concezione normativa oggi psicologico tenuto dall’attore.
dominante afferma che è
colpevole un soggetto imputabile
(imputabilità), il quale abbia
realizzato con dolo o colpa la Colpevolezza e pericolosità sociale
fattispecie obiettiva di reato Mentre la colpevolezza:
(conoscibilità del divieto penale), - concerne soltanto i soggetti capaci di intendere e di volere, esprime
in assenza di circostanze tali da
un rimprovero per la commissione di un fatto delittuoso, e
rendere necessitata l’azione
- costitusce il presupposto della applicazione della pena in senso
illecita (assenza di cause di
esclusione della colpevolezza). stretto;
la pericolosità sociale:
- privilegia la personalità dell’autore e fa riferimento, più che a un
fatto già commesso, alla probabilità che l’autore continui a
delinquere in futuro, e
- giustifica la applicazione di una misura di sicurezza.
II. IMPUTABILITA’
Capacità di intendere e volere
È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.
Volontà libera
La volontà può definirsi libera nella misura in cui il soggetto non
soccomba passivamente agli impulsi psicologici che lo spingono ad
agire in un determinato modo, ma riesca a esercitare poteri di
inibizione e controllo idonei a consentirgli scelte consapevoli tra
motivi antagonistici.
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La non imputabilità sottende l’introduzione di una presunzione di
incapacità di natura assoluta perché non è ammessa la prova in
contrario.
Immaturità
Secondo l’orientamento consolidato, l’incapacità minorile non
presuppone necessariamente l’infermità mentale, perché si fonda su
di una condizione più lata identificabile con la situazione di
immaturità: quest’ultima viene intesa in senso globale come
comprensiva non soltanto del carente sviluppo delle capacità
conoscitive, volitive ed effettive, ma anche dell’incapacità di
intendere il significato etico-sociale del comportamento e
dell’inadeguato sviluppo della coscienza morale.
Indirizzo biopsicologico
Da questa disposizione la dottrina ha dedotto che il nostro codice, nel
disciplinare le cause patologiche che influenzano l’imputabilità, ha
accolto un indirizzo «biopsicologico»: e cioè non basta accertare una
malattia mentale per dedurne automaticamente l’inimputabilità del
soggetto, ma occorre altresì appurare se e in quale misura la malattia
stessa ne comprometta la capacità di intendere e volere.
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Infermità
Il concetto di «infermità» non si riferisce a quello di «infermità
mentale», bensì genericamente di «infermità» tale da provocare uno
stato di mente che esclude l’imputabilità.
f
Gli artt. 219 e 222, nel disciplinare i presupposti per l’applicabilità
del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura
o custodia, esigono invece che il soggetto sia affetto da «infermità
psichica»
Malattia fisica
L’infermità, cui fanno riferimento gli artt. 88 e 89, può avere origine
anche da una malattia fisica, sia pure a carattere transitorio (delirio
determinato da uno stato febbrile, confusione mentale determinata
dall’azione infettiva e tossica del paratifo), purché produttiva di
vizio di mente.
Prassi applicativa
Un indirizzo giurisprudenziale dominante tende a ricostruire il
concetto di malattia mentale secondo un modello «medico»: in
altri termini, è definito infermità mentale soltanto il disturbo
psichico che poggia su base organica e/o che possiede caratteri
patologici così definiti da poter essere ricondotto a un preciso
quadro nosografico-clinico.
Un indirizzo giurisprudenziale minoritario tende, invece, a
rivendicare una maggiore autonomia della valutazione giuridica
rispetto alle classificazoni medico-nosografiche: in questo modo,
il giudice può fare applicazione degli artt. 88 e 89 anche se il
disturbo psichico è insuscettivo di un preciso inquadramento
clinico, purchè si possa fondatamente sostenere che esso abbia
nondimeno in concreto compromesso la capacità di intendere e
di volere dell’imputato.
Criterio quantitativo
1. La distinzione tra le due forme (totale e parziale) di vizio di mente
è affidata ad un criterio non qualitativo, ma quantitativo,
prendendo la legge in considerazione il «grado» e non
l’estensione della malattia mentale.
2. Il vizio parziale, infatti, non è l’anomalia che interessa un solo
settore della mente, bensì quella che investe tutta la mente ma in
misura meno grave.
Aggravanti e attenuanti
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Secondo la giurisprudenza, il vizio parziale di mente è compatibile:
a. con le aggravanti
- della premeditazione (a meno che quest’ultima non sia essa
stessa manifestazione della malattia), e
- dei motivi abietti e futili; e
b. con l’attenuante
- della provocazione; e
c. con le circostanze attenuanti generiche.
Scusante di imputabilità
La dottrina ritiene che la rilevanza scusante degli stati emotivi e
passionali può essere ammessa soltanto in presenza di due condizioni
essenziali:
a. che lo stato di coinvolgimento emozionale si manifesti in una
personalità per altro verso già debole; e
b. che lo stato emotivo o passionale assuma, per particolari
caratteristiche, significato e valore di infermità, sia pure
transitoria (ad es. squassi emotivi, reazioni da panico, reazioni
esplosive, reazioni a corto circuito, discontrolli episodici, raptus,
ecc.).
Ubriachezza accidentale
Ubriachezza Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non
accidentale aveva la capacità d’intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza
È il caso di un operaio di una derivata da caso fortuito/forza maggiore.
distilleria che si ubriaca in un
ambiente saturo di vapori
alcoolici a causa di un guasto Capacità d’intendere o volere scemata
dell’impianto e simili. Se l’ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare
grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, la
pena è diminuita.
Ubriachezza volontaria/colposa
L’ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non
esclude né diminuisce la imputabilità.
Inescusabilità
Chi si è ubriacato volontariamente o per leggerezza, non può
pretendere di accampare scuse; se realizza un reato, deve rispondere
come se fosse pienamente capace di intedere e volere.
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Ubriachezza preordinata
Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di
prepararsi una scusa, la pena è aumentata.
Intossicazione
cronica Intossicazione cronica da alcool/psicofarmaci
È definibile intossicazione cronica Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool
quella che provoca alterazioni ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute
patologiche permanenti, tali da negli artt. 88 e 89 (infermità totale/parziale di mente).
far apparire indiscutibile che ci si
trovi di fronte a una vera e
propria malattia psichica.
Sordomutismo
Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il
fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità d’intendere
o di volere.
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Teologia morale
Per giustificare l’affermazione di responsabilità si è soliti ricorrere al
paradigma delle actiones liberae in causa, escogitati dalla teologia
morale con specifico riferimento alle condotte peccaminose poste in
essere senza libera volontà al momento della loro realizzazione, ma
pur sempre riconducibili ad un precedente atto di volontà dello stesso
soggetto: l’azione è libera in causa appunto perché l’agente aveva il
potere di porsi o di non porsi in condizione d’incapacità.
Principio di colpevolezza
In linea con il principio di colpevolezza, il soggetto risponde
ugualmente del reato commesso anche se, al momento del fatto, era
inimputabile perché gli può essere mosso un riprovero per essersi
liberamente posto in quella condizione di incapacità, che gli ha reso
possibile o più agevole la realizzazione del reato programmato.
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Quale che sia il valore vincolante, sul piano normativo, delle formule
definitorie contenute nella parte generale del codice, da tempo la
dottrina ritiene che la definizione del dolo contenuta nell’art. 43 c.p.,
è in ogni caso parziale: la disciplina normativa del dolo infatti si ricava
dal complesso delle disposizioni che, in positivo o in negativo,
attribuiscono rilevanza alla conoscenza (o mancata conoscenza) di
determinati elementi costitutivi di fattispecie.
Elementi normativi
Negli elementi normativi, per rispondere a titolo di dolo, non è
necessario che l’autore debba conoscere l’esatto significato
giuridico dell’elemento normativo in questione. È sufficiente
piuttosto - per ripetere una formula abbastanza diffusa risalente al
Mezger – che egli ne abbia «una conoscenza parallela nella sfera
laica»: in altri termini, non è necessario che il ladro conosca le
norme civili che disciplinano la proprietà, ma basta che egli sappia
quando secondo il senso comune la cosa è di altri.
Rappresentazione
1. La rappresentazione o coscienza si atteggia più precisamente a
«previsione» con riferimento agli accadimenti futuri che si
prospettano come risultato della condotta criminosa (ad es.
l’evento letale come conseguenza di una condotta omicida).
2. Nella previsione deve anche rientrare il nesso causale tra azione
ed evento, prefigurato nei tratti essenziali.
Stato di dubbio
incompatibile Volontà
Un esempio di stato di dubbio Proprio perché la volontà rileva come espressione di un potere di
incompatibile con la
conformazione della realtà, e non come mero dato psicologico, è
rappresenzazione il caso della
privo di rilevanza tanto il dolo antecedente quanto il dolo
calunnia (art. 368 c.p.), la quale è
realizzata soltanto a condizione che susseguente: occorre in realtà che il dolo sussista al momento del
l’agente sappia senza incertezze che fatto, e perduri per tutto il tempo in cui la condotta rientra nel potere
l’incolpato è in realtà una persona di signoria dell’agente; sicchè, ai fini della configurabilità del dolo, la
innocente. volontà deve abbracciare la condotta tipica fino all’ultimo atto.
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costretto a sparare contro gli
uomini della scorta che lo
proteggono con la quasi certezza
Dolo indiretto
di provocarne la morte (che come Il dolo è indiretto, quando il risultato della condotta, pur
tale avrebbe preferito evitare). rappresentato, non è stato dal soggetto agente intenzionalmente o
direttamente voluto.
Il dolo indiretto può assumere la forma del dolo eventuale e del
dolo alternativo.
Dolo eventuale
In diritto il dolo eventuale è un
tipo di manifestazione del dolo in Dolo eventuale
cui l'agente ha la precisa 1. Secondo la teoria della possibilità è sufficiente che l’agente
coscienza e volontà di attuare un preveda la concreta possibilità del verificarsi di un evento lesivo
evento lesivo e, pur di ad un bene giuridico, sebbene non voluto, perché il dolo
raggiungere tale scopo - già di per eventuale si possa configurare.
sé illegittimo e illegale - accetta 2. Secondo la teoria della probabilità occorre che l’agente si
anche che le conseguenze della rappresenti non soltanto come concretamente possibile, ma
sua condotta possano essere più come «probabile» la verificazione dell’evento lesivo, perché il
gravi di quanto non sia dolo eventuale si possa configurare.
strettamente necessario per 3. Secondo la teoria dell’accettazione, perché il soggetto agisca con
ottenere lo scopo primario. dolo eventuale non basta la rappresentazione mentale della
concreta possibilità di verificazione dell’evento: è altresì
necessario che egli faccia seriamente i conti con questa possibilità
e, ciononostante, decida di agire anche a costo di provocarne
Dolo alternativo l’evento criminoso.
Si ha dolo alternativo quando
l’agente prevede, come
conseguenza certa (dolo diretto)
o possibile (dolo eventuale) della Dolo generico
sua azione, il verificarsi di due Il dolo generico corrisponde alla nozione tipica di dolo, nel senso che
eventi, ma non sa quale si esso consiste nella coscienza e volontà di realizzare gli elementi
realizzerà in concreto. costitutivi di un reato: caratteristica del dolo generico è la congruenza
tra volontà e realizzazione, cioè è necessario che il contenuto del volere
Dolo alternativo trovi attuazione nella realtà (almeno a livello di tentativo).
È il caso di Tizio che aggredisce Caio
con diversi colpi di pugnale,
volendone indifferentemente il
ferimento grave o la morte. Dolo specifico
Il dolo specifico consiste in uno scopo o in una finalità particolare e
ulteriore che l’agente deve prendere di mira, ma che non è necessario
Dolo specifico si realizzi effettivamente perché il reato si configuri.
Nel delitto di furto è necessario
che l’agente, oltre a volere
l’impossessamento mediante Dolo di danno
sottrazione di una cosa altrui, Il dolo di danno consiste nella volontà di realizzare un fatto che provoca
persegua l’ulteriore fine di trarre
la completa lesione dell’interesse protetto.
profitto; ma perché il delitto si
configuri, non è necessario che il
profitto venga effettivamente
ottenuto. Dolo di pericolo
Il dolo di pericolo consiste nella volontà di provocare la semplice
esposizione a pericolo del bene.
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Secondo l’insegnamento della giurisprudenza, la prova dell’esistenza
del dolo può essere desunta da:
a. tutte le modalità estrinseche della condotta,
b. dallo scopo perseguito dall’agente, nonché
c. dal comportamento tenuto dal colpevole successivamente alla
commissione del fatto.
Massime di esperienza
Nella valutazione di tutte le circostanze potenzialmente significative,
soccorrerà il ricorso ad apposite regole di esperienza, la conformità
alle quali è sufficiente a far ritenere dimostrato il fatto psicologico da
provare, in mancanza di dati da cui sia possibile inferire che, nel caso
concreto, i fatti si sono svolti in difformità da quanto l’esperienza
stessa insegna.
Schemi presuntivi
Se il ricorso a massime di esperienza è legittimo perché diversamente
la prova del dolo si trasformerebbe in una probatio diabolica,
inammissibile appare invece l’utilizzazione di schemi presuntivi: il
concetto stesso di «presunzione» di prova cozza, infatti, col dolo
inteso come coscienza e volontà reali di un fatto criminoso.
IV. DISCIPLINA
DELL’ERRORE
Errore di fatto
L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità
dell’agente.
Ignoranza
Benchè la norma menzioni soltanto l’«errore», è opinione pacifica che
all’errore stesso vada equiparata l’«ignoranza» per l’identità di effetti
che essa può produrre in ordine alla mancata conoscenza del fatto
tipico.
Rimproverabilità Rimproverabilità
Ad es. in un caso come quello del L’errore di percezione deve essere rimproverabile, cioè dovuto ad un
bracconiere occorrebbe verificare inosservanza di norme precauzionali di condotta imputabile
se, in considerazione delle all’agente.
caratteristiche della situazione
concreta, dovesse pretendersi
una maggiore precauzione prima
di sparare.
Previsione di legge
Il fatto, conseguenza dell’errore, deve essere preveduto dalla legge
come delitto colposo.
Errore condizionato da
infermità mentale Errore condizionato dalla infermità mentale
Ad es. A, afflitto da mania di In mancanza di espresse indicazioni normative, è da ritenere che
persecuzione, uccide B perché l’errore condizionato non abbia rilevanza scusante (nel senso, in questo
così ritiene di difendersi dal caso, di non rendere applicabile l’esimente «putativa» della legittima
presunto persecutore. difesa): diversamente, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di
rendere inapplicabile la misura di sicurezza proprio nei casi in cui il
soggetto può, a causa della sua malattia, risultare socialmente
pericoloso.
Error aetiatis
Mostrando un atteggiamento di maggiore apertura rispetto a prese di
posizione precedenti (inclini a giustificare la legittimità
dell’inescusabilità dell’error aetiatis), la Corte costituzionale con la
sentenza n. 322/2007 ha finito col riconoscere uno spazio di rilevanza
scusante dell’errore sull’età della persona offesa, estendendo a questa
specifica ipotesi i principi in materia di ignorantia legis elaborati con la
fondamentale sentenza n. 364/1988: cioè l’errore sull’età scusa
soltanto se incolpevole.
Ipotesi di inescusabilità
Il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età della
persona offesa:
a. quando è/sono commessa/i in danno di un minore degli anni 18
- violenza sessuale,
- atti sessuali con un minorenne,
- violenza sessuale di gruppo,
- adescamento di minorenni; e
b. quando è commesso il delitto di corruzione di minorenne.
Ignoranza inevitabile
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Il colpevole può invocare l’ignoranza dell’età della persona offesa se
si tratti di ignoranza inevitabile.
Punibilità per un
reato diverso
Così ad es., se Tizio si impossessa Punibilità per un reato diverso
di una cosa mobile altrui L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la
ritenendola smarrita, si punibilità per un reato diverso.
configurerà non il delitto di furto
(art. 624) ma quello di
appropriazione di cose smarrite
(art. 647). Errori sugli elementi degradanti il titolo di reato
1. Alcuni autori propendono per la soluzione più rigorosa, in base al
rilievo che andrebbe attribuita rilevanza non alla «mera
rappresentazione, anche se aberrante dell’agente», ma alla
sussistenza degli estremi materiali e psicologici corrispondenti alla
figura criminosa di fatto realizzatasi.
2. Da parte di altri si esclude, invece, che il dolo del reato meno grave
inglobi in sé il dolo relativo all’illecito-base più grave e si propende,
conseguentemente, per l’applicazione della fattispecie ipotizzante il
reato meno grave: in mancanza di una esplicita presa di posizione
legislativa al riguardo, si pensa di poter a tal fine ricorrere ad una
applicazione analogica della disciplina dell’errore sulle cause di
giustificazione (art. 59, comma 4°, c.p.).
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3. Se così è, il 3° comma dell’art. sia socialmente tollerato in Italia il fatto di prendere il sole
47 finisce col collocarsi nello completamente nudi), non potrà rispondere del delitto di atti osceni
stesso alveolo del 1° comma perché manca la coscienza di un fondamentale requisito di
della stessa disposizione: fattispecie.
trattasi, in entrambi i casi, di un
errore sul fatto che costituisce
reato.
Errore sulla norma penale in bianco
L’errore può escludere la responsabilità anche quando ricada su di
una norma extrapenale integratrice di una norma penale in bianco:
dal momento che l’ultimo comma dell’art. 47 non fa distinzione in
ordine all’«ampiezza» della norma extrapenale richiamata, sarebbe
arbitrario, per l’interprete, distinguere a seconda che l’errore ricada
su di una norma extrapenale integratrice di un semplice elemento
Errore sulla norma normativo di fattispecie o di una norma penale in bianco.
affine
È il caso dell’errore del genitore
sulle norme fiscali le quali, pur
non essendo direttamente Errore sulla norma affine
richiamate dalla fattispecie di L’errore può ricadere su di una norma extrapenale che in concreto
truffa, incidono sulla valutazione rileva ai fini della valutazione del significato di un elemento costitutivo
del carattere truffaldino delle del fatto, pur non istaurandosi però sul piano della fattispecie astratta
false dichiarazioni esibite un rapporto di richiamo «espresso».
all’Opera Universitaria.
Inganno
Secondo la dottrina l’inganno, come fonte dell’errore, deve consistere
nell’impiego di mezzi fraudolenti sostanzialmente assimilabili agli
«artifici» e ai «raggiri» del delitto di truffa: esso può consistere in un
qualunque artificio o in qualsiasi espediente atto a sorprendere l’altrui
buona fede. Ciò che conta è, comunque, che l’inganno provochi nel
deceptus una falsa rappresentazione della realtà.
Inganno
Secondo una parte della giurisprudenza, l’inganno rileverebbe
soltanto quando presenti una particolare idoneità causale a
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provocare l’errore: in altri termini, il legame causale tra la condotta
del decipiens e l’errore del deceptus verrebbe meno, se l’errore fosse
evitabile con l’uso della normale diligenza.
Reato putativo
Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella
supposizione erronea che esso costituisca reato.
Errore di fatto
L’errore di valutazione in cui incorre il soggetto può derivare in un
errore di fatto, come nel caso di Tizio che ritenga di impossessarsi di
un oggetto altrui ma, per uno scambio materiale, si impossessa di una
cosa propria.
Errore di diritto
L’errore di valutazione in cui incorre il soggetto può derivare in un
errore di diritto, come nel caso del soggetto che continui a supporre
che costituisca reato l’adulterio, ovvero ritenga che costituisca illecito
penale un rapporto omosessuale, ecc.
V. REATO ABBERRANTE
Aberratio ictus
Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per
Aberratio ictus un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale
L’aberratio ictus si verifica l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il
quando, a causa di un errore reato in danno della persona che voleva offendere.
esecutivo, mutano l’oggetto
materiale dell’azione e il soggetto
passivo, ma l’offesa permane Circostanze aggravanti e attenuanti
normativamente identica, e di Si applicano, in ogni caso, per quanto riguarda le circostanze
conseguenza, non muta il titolo di aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’art. 60 c.p.
reato.
Prevalenza del «putativo» sul reale
L’applicazione della disciplina delle circostanze è orientata al
principio della prevalenza del «putativo» sul reale.
d
L’attribuzione della responsabilità oggettiva si deduce dal fatto che
la norma non richiede, ai fini dell’attribuzione dell’uteriore evento
non voluto, che si accerti l’esistenza di un agire colposo.
Aberratio delicti
Aberratio delicti Fuori dei casi preveduti dalle disposizioni di cui sopra, se, per errore
L’aberratio delicti ricorre allorché nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, si
l’agente, per inabilità cagiona un evento diverso da quello voluto il colpevole risponde, a
nell’esecuzione, finisce col
titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla
realizzare un reato che lede beni
o interessi diversi rispetto a quelli
legge come delitto colposo.
inerenti al reato originariamente
preso di mira. Resposabilità oggettiva
1. Non richiedendo esplicitamente la norma che la produzione
dell’evento diverso sia determinata da colpa, più conforme alla
originaria volontà del legislatore è, secondo Fiandaca-Musco, la
tesi che fonda l’imputazione dell’evento non voluto sul criterio
della responsabilità oggettiva.
2. Da questo punto di vista, l’art. 83 ricomprende sia ipotesi in
concreto negligenti/imprudenti, ecc, sia ipotesi in cui l’evento
non voluto sia una conseguenza meramente «accidentale»
dell’erronea condotta dell’agente.
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delitto doloso derivi, come conseguenza non voluta, la morte o la
lesione di una persona.
VI. COSCIENZA
DELL’ILLICEITA’
Ignorantia legis non excusat
Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.
Responsabilità personale
La chiave di volta per un’interpretazione correttiva dell’art. 5 del codice
penale è rappresentata dall’art. 27, comma 1°, Cost, il quale sancendo il
carattere personale della responsabilità penale, impedisce per ciò
stesso di ritenere irrilevante la mancata percezione del disvalore penale
inerente al fatto commesso.
Finalismo rieducativo
Allo stesso tempo, perché risulti attuabile e credibile la funzione
rieducativa assegnata alla pena dall’art. 27, comma 3°, Cost., la risposta
punitiva deve operare nei confronti di un soggetto che si trovi in
condizione di avvertire il disvalore penale del fatto realizzato:
diversamente, se cioè la legge stessa risulta inconoscibile, si altera quel
rapporto di fiducia tra il cittadino e l’autorità che fa, tra l’altro, da
premessa alla stessa disponibilità del reo a sottoporsi al procedimento
rieducativo.
Possibilità di conoscenza
1. In una prospettiva di compromesso, diretta a bilanciare
l’affermazione del principio di colpevolezza col soddisfacimento di
esigenze generalpreventive, ci si può accontentare di richiedere la
possibilità di conoscenza dell’illiceità: cioè, ai fini del rimprovero di
colpevolezza, diventa sufficiente esigere che l’autore del fatto,
prima di agire, sia in grado di percepirne il carattere antigiuridico.
2. La possibilità di conoscenza (o conoscibilità) del carattere illecito
del fatto rende evitabile e, perciò, inescusabile l’ignoranza o
l’errore in cui il soggetto eventualemente cada.
Obiezione
1. L’inesigibilità rischia di risolversi in una «clausola vuota» perché
non riesce, di per sé, a indicare i criteri che dovrebbero
veramente presiedere alla soluzione dei diversi casi concreti. In
altri termini, se ci si limita ad asserire che un comportamento
diverso, rimane ancora senza risposta l’interrogativo più
importante, che è quello di sapere perché non si sarebbe potuto
agire altrimenti.
2. Ciò non vuol dire che il giudice penale debba ignorare il potente
conflitto motivazionale che tormenta in alcuni casi l’agente:
nell’ambito dei reati dolosi la considerazione delle «circostanze
anormali concomitanti», se non vale ad escludere la colpevolezza,
varrà ad attenuare la misura del rimprovero ed inciderà dunque
sulla graduazione della pena.
Interpretazione
1. L’inciso dell’art. 42, ult. comma, sta a significare non tanto che la
punibilità delle contravvenzioni possa prescindere dal dolo o dalla
colpa, quanto che è indifferente la presenza dell’una o dell’altra
specie di colpevolezza.
2. Ciò vuol dire che, mentre nel campo dei delitti il dolo rappresenta
il criterio tipico di imputazione e la colpa l’eccezione, con la
conseguenza che di colpa si risponderà soltanto nei casi
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espressamente preveduti dalla legge (art. 42, comma 2°), rispetto
alle contravvenzioni sarà sufficiente la colpa.
4. Le circostanze di reato
I. CLASSIFICAZIONE
DELLE CIRCOSTANZE
Circostanze aggravanti
Le circostanze aggravanti sono circostanze che comportano:
un aumento della pena comminata per il reato-base (variazione
c.d. quantitativa); o
una modifica sul tipo di pena (modificazione c.d. qualitativa): es.
passaggio da una pena detentiva a una pena pecuniaria.
Circostanze attenuanti
Le circostanze attenuanti sono circostanze che comportano:
una diminuzione quantitativa della pena prevista per il reato-base;
oppure
una modifica qualitativa della pena a vantaggio del reo: es.
passaggio da una pena detentiva a una pecuniaria.
Circostanze comuni
Si definiscono comuni le circostanze (aggravanti o attenuanti)
prevedute nella parte generale del codice, perché potenzialmente
applicabili a un insieme non predeterminabile di reati.
Circostanze speciali
Si definiscono speciali le circostanze (aggravanti o attenuanti)
prevedute dal legislatore soltanto in rapporto a specifiche figure di
reato.
Circostanze oggettive
Sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i
mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione, la
gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità
personali dell’offeso.
Circostanze soggettive
Sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensità del dolo
o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del
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colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero che sono
inerenti alla persona del colpevole.
Circostanze tipiche
Si definiscono tipiche le circostanze che sono oggetto di un notevole
grado di tipizzazione legislativa.
Circostanze generiche
Si definiscono generiche le circostanze descritte in modo vago e
impreciso, che necessitano di essere determinate nel contenuto da
parte del giudice.
II. CRITERI DI
IDENTIFICAZIONE
Criterio di specialità
Per distinguere le circostanze dagli elementi costitutivi la dottrina ha
elaborato un criterio discretivo che fa leva sull’esistenza di un rapporto
di specialità tra l’ipotesi circostanziata e l’ipotesi semplice di reato: nel
senso, precisamente, che la prima deve porsi in relazione di «specie» a
«genere» rispetto alla seconda, in quanto deve includerne tutti gli
elementi con l’aggiunta di uno o più requisiti specializzanti.
Criteri ausiliari
Quando il criterio di specialita risulta insufficiente ai fini della
qualificazione di un dato elemento come circostanziale, soccorrono i
criteri ausiliari: si tratta cioè degli «indici» tradizionalmente costituiti
dal nomen juris, dai precedenti storici, dalla rubrica legislativa, ecc.
Circostanze aggravanti
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente
soltanto se da lui:
conosciute; ovvero
ignorate per colpa; o
ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
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Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o
attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.
IV. CONCORSO DI
CIRCOSTANZE
Concorso omogeneo di circostanze
AGGRAVANTI E
Se concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze
ATTENUANTI
attenuanti, l’aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantità di
essa risultante dall'aumento o dalla diminuzione precedente.
d
Se concorrono più circostanze aggravanti, la pena da applicare per
effetto degli aumenti:
a. non può superare il triplo del massimo stabilito dalla legge per il
reato,
b. né comunque eccedere
- gli anni 30, se si tratta della reclusione; o
- gli anni 5, se si tratta dell’arresto.
Triplo
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La pena da applicare per effetto degli aumenti può superare il triplo
se si tratti delle circostanze ad efficacia/effetto speciale.
Concorso eterogeneo
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze
attenuanti e il giudice ritiene:
a. che sono prevalenti le circostanze aggravanti non si tien conto
delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si
fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze
aggravanti; o
b. che sono prevalenti le circostanze attenuanti sulle circostanze
aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per
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queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena
stabilite per le circostanze attenuanti.
c. che sono equivalenti le circostanze attenuanti e aggravanti si
applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di
dette circostanze.
Ambito di applicazione
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
circostanze inerenti:
a. alla persona del colpevole; ed
b. a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge
- stabilisca una pena di specie diversa (circostanze c.d. autonome),
o
- determini la misura della pena in modo indipendente da quella
ordinaria del reato (circostanze c.d. indipendenti).
Divieto di prevalenza
È fatto divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute
circostanze aggravanti nei casi:
a. di recidiva reiterata ex. art. 99, comma 4°; e
b. di determinazione al reato di persone non imputabili o non
punibili ex artt. 111e 112, comma 1°, n. 4.
d
Il legislatore ha voluto vincolare il giudice ad un maggior rigore
repressivo in sede di comparazione, eliminando – in sede di
bilanciamento – gli orientamenti di fatto sia in merito all’eccesso di
discrezionalità, sia in merito alla sottovalutazione del disvalore della
recidiva.
V. CIRCOSTANZE
AGGRAVANTI COMUNI
Agire per motivi abietti/futili
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere agito per motivi abietti o futili.
Motivi abietti
È «abietto», secondo la giurisprudenza, il motivo turpe, ignobile, che
rivela nell’agente un tale grado di perversià, da destare un profondo
senso di ripugnanza in una persona di media moralità: l’aggravante è
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stata ad es. ravvisata nell’ipotesi di omicidio di un testimone motivato
da desiderio di vendetta.
Motivi futili
Il motivo si considera «futile» allorchè sussiste un’enorme
sproporzione tra il movente e l’azione delittuosa: si pensi ad es. ad
una grave sparatoria determinata da un diverbio tra automobilisti per
una questione di precedenza.
Provocazione
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la circostanza in
esame è incompatibile con l’attenuante della provocazione.
Natura soggettiva
L’aggravante dell’agire per motivi abietti o futili ha natura soggettiva.
s
L’aggravante in questione, comprensiva di 3 distinte ipotesi, viene
tradizionalmente giustificata in base alla maggiore pericolosità di colui
il quale, pur di attuare il suo intento criminoso, non si arrestra di
fronte alla commissione di un reato-mezzo.
Nesso teleologico
Si ritiene comunemente che, ad integrare l’aggravante del nesso
teleologico, non sia necessario che l’agente abbia conseguito lo scopo
che si prefiggeva, ma si reputa sufficiente che la sua volontà fosse
diretta a commettere un altro reato; e, in questo caso, il reato-mezzo
è aggravato anche quando il reato-fine non sia stato commesso o
tentato.
Sevizie e crudeltà
Sevizie Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
Ad es. è stato affermato che aggravante speciale, l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con
l’aggravante è applicabile nel crudeltà verso le persone;
caso di chi colpisce una donna
molto esile con 60 martellate al
capo, procurandole una agonia Sevizie
lenta e tormentosa. Secondo la giursprudenza, le «sevizie» consistono nell’inflizione di
sofferenze fisiche non necessarie alla realizzazione del reato.
Crudeltà
La «crudeltà» si traduce nell’inflizione di sofferenze morali che
oltrepassano i limiti del normale sentimento di umanità, e che
appaiono superflue rispetto ai mezzi necessari per l’esecuzione del
fatto delittuoso.
Minorata difesa
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo
o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica
o privata difesa.
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Natura oggettiva
La minorata difesa è da considerare circostanza di natura «oggettiva»
perché attiene alle modalità dell’azione.
Latitanza
L’aggravante in parola si riferisce alla situazione tecnicamente
definibile come latitanza: ma, come comunemente si riconosce, gli
effetti giuridici conseguono non alla qualificazione formale di latitanza
ex art. 296 c.p.p., bensì alla situazione di fatto sottesa alla qualifica
giuridica. Se ne deve dedurre, nonostante l’ultimo comma dell’art.
296 c.p.p., che equipara l’evaso al latitante, che la circostanza sia
inapplicabile ai reati commessi dall’evaso.
d
La ratio relativa viene di solito ravvisata nella più accentuata volontà
di ribellione manifestata da chi commette un nuovo reato dopo
essersi sottratto al potere coercitivo dello Stato.
Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva» perché si riferisce alle
condizioni e qualità personali del colpevole.
Rilevante
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la rilevanza
del danno deve essere valutata sul piano «oggettivo», prescindendo
dalla capacità economica del danneggiato: a quest’ultima deve farsi
riferimento quale elemento sussidiario di valutazione, cui ricorrere
soltanto quando la valutazione intrinseca del danno non consente, per
se stessa, di stabilire con certezza se esso sia di rilevante gravità.
Tempo
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Ai fini della stima del danno, si ritiene che il danno deve essere
accertato tenendo conto del momento in cui il reato venne
commesso: se ne è ad es. dedotto che, in un caso di furto di merce,
può tenersi conto del valore venale in commercio della merce
medesima e quindi anche dell’utile per il venditore e non solo del
prezzo presso il grossista, se la sottrazione si verifichi quando ormai la
merce è pervenuta alla distribuzione al dettaglio.
Lucro cessante
Si afferma che, ai fini della configurabilità dell’aggravante, costituisce
un elemento di danno valutabile pure il «lucro cessante», quale
nocumento economico arrecato al patrimonio del danneggiato.
Reato continuato
Nel caso del reato continuato, ai fini della valutazione della rilevanza
del danno occorre prendere in considerazione i singoli episodi
criminosi.
Natura oggettiva
La circostanza di cui si discute ha un’evidente natura «oggettiva».
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criminoso; mentre sembra «oggettiva» se si valorizza il profilo
inerente alla gravità del danno o del pericolo.
Natura soggettiva
L’opinione di gran lunga dominante attribuisce ad essa natura
«soggettiva», perché concerne qualità personali del colpevole.
Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva» perché riguarda la persona
dell’offeso.
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Abuso di fiducia
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere commesso il fatto:
Abuso di fiducia a. con abuso di autorità; o
La ratio di questa aggravante b. con abuso di relazioni domestiche; o
consiste nell’«abuso di fiducia» c. con abuso di relazioni di ufficio; o
commesso da chi compie un d. con abuso di prestazione d’opera; o
reato a danno di persone legate e. con abuso di coabitazione; ovvero
da particolari relazioni col
f. con abuso di ospitalità.
soggetto attivo: ai fini
dell’applicabilità della
circostanza, la relazione fiduciaria Abuso di autorità
deve però ritenersi presunta, nel Si ha «abuso di autorità» quando si profitti di una condizione di
senso che non occorre di volta in supremazia nei confronti del soggetto passivo.
volta la prova della sua esistenza
concreta.
Abuso di coabitazione
In giurisprudenza si afferma che nella nozione di coabitazione rientra
non solo la convivenza, ma anche la permanenza momentanea di due
o più persone in un luogo idoneo alla vita domestica, a prescindere
dal fatto che tale permanenza sia volontaria o imposta da ragioni
esterne.
Abuso di ospitalità
Per aversi «ospitalità» ai sensi dell’aggravante in esame, si ritiene
sufficiente che il soggetto attivo venga, anche occasionalmente,
accolto con il consenso – sia pure lecito – dell’ospitante.
101
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Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva» perché concerne i rapporti tra
colpevole e offeso.
Bullismo
La genesi di questa circostanza mira a fronteggiare il fenomeno del
c.d. bullismo.
Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva».
r
Questa circostanza aggravante intende proteggere in maniera più
rigorosa le vittime di reato considerate vulnerabili.
VI. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI COMUNI
Motivi di particolare valore sociale o morale
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’aver agito per motivi di particolare valore morale
o sociale.
102
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Premeditazione
La circostanza può concorrere con la premeditazione.
Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva».
Provocazione
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto
ingiusto altrui.
Nesso causale
Quantunque la legge in proposito taccia, è opinione giurisprudenziale
consolidata che manca il nesso causale tra fatto ingiusto del soggetto
passivo e reazione dell’agente, tutte le volte in cui non vi sia
proporzione e adeguatezza tra fatto provocatorio e fatto reattivo.
Contestualità?
103
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È controverso se sia necessario un rapporto di contestualità tra
provocazione ed azione.
Compatibilità e incompatibilità
L’attenuante in esame può concorrere con quella dei motivi di
particolare valore morale e sociale, col vizio parziale di mente
(semprechè lo stato d’ira non si identifichi con la infermità mentale
tramutandosi in stato patologico) mentre è incompatibile con la
premeditazione.
Natura soggettiva
La circostanza in esame ha natura «soggettiva».
x
La ratio della circostanza va ravvisata nella «minore resistenza
psichica derivante dalla fermentazione psicologica per contagio che
sprigiona dalla folla».
Folla
La circostanza è valida se non si tratta di riunioni o assembramenti
vietati dalla legge o dall’Autorità.
Colpevole
La circostanza è valida se il colpevole non è:
a. delinquente o contravventore abituale/professionale; o
b. delinquente per tendenza.
Natura soggettiva
L’attenuante ha natura «soggettiva».
Reato continuato
Nell’ipotesi di reato continuato, la valutazione deve essere compiuta
in relazione ai singoli episodi delittuosi.
Natura oggettiva
La circostanza ha evidente natura «oggettiva».
105
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comunque gli incapaci di intendere e di volere non sono in grado di
apportare un contributo volontario alla verificazione dell’evento.
Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva».
Ravvedimento volontario
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale:
a. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno
- mediante il risarcimento, e
- mediante le restituzioni (quando possibile); o
b. l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso del delitto tentato,
adoperato spontaneamente ed efficacemente per
elidere/attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Natura oggettiva
La Corte costituzionale ha ricostruito la circostanza in questione in
chiave essenzialmente «oggettiva» nella sentenza interpretativa di
rigetto n. 138/1998: secondo la Corte, il fatto che il risarcimento
debba essere integrale è indice non solo della irrilevanza
dell’atteggiamento interiore del reo, ma del preminente risvolto che
si intende dare all’esigenza che il pregiudizio subito dalla persona
offesa sia interamente ristorato.
Adoperato spontaneamente
La spontaneità non presuppone un autentico ravvedimento morale,
ma è sufficiente che lo sforzo del colpevole sia frutto di una libera
scelta e non l’effetto della pressione di circostanze esterne.
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come tali economicamente risarcibili: di conseguenza, si esclude
l’applicabilità della circostanza ai reati contro il patrimonio.
Natura soggettiva
Prevale l’opinione che si tratti di circostanza di natura «soggettiva».
VII. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI
Circostanze attenuanti generiche e comuni
GENERICHE
Il giudice, indipendentemente dalle circostanze prevedute nell’art. 62
(relativo alle circostanze attenuanti comuni), può prendere in
considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da
giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni
caso come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una
o più delle circostanze indicate nel predetto art. 62.
Funzione
La dottrina attribuisce all’art. 62 bis una funzione autonoma,
consistente nel permettere al giudice di cogliere un valore positivo
del fatto, nuovo o diverso rispetto ai valori espressamente presi in
considerazione dall’art. 62: valore nuovo o diverso non tipicizzabile a
priori in linea generale ed astratta, ma desumibile soltanto dai casi
concreti considerati nelle loro infinite sfumature.
Recidiva reiterata
Ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non si
tiene conto dei criteri di cui all’art. 133, comma 1°, n. 3, e comma 2°,
nei casi previsti dall’art. 99, comma 4°, in relazione ai delitti previsti
dall’art. 407, comma 2°, lett. a, c.p.p., nel caso in cui siano puniti con la
pena della reclusione ≥ nel minimo a 5 anni.
107
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Incensuratezza
In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del
condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
VIII. RECIDIVA
Recidiva semplice
Recidivo è chi dopo essere stato
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne
condannato per un delitto non 𝟏
colposo, ne commette un altro commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di 𝟑 della
parimenti non colposo. pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
Capacità a
Precedente delitto
delinquere Presupposto dell’applicabilità dell’aggravamento di pena è che il
È di intuitiva evidenza il possibile precedente delitto sia stato accertato con sentenza definitiva di
nesso della recidiva col concetto condanna: non è invece necessario che la pena sia stata
di capacità a delinquere ex art. effettivamente scontata (a ritenere altrimenti si determinerebbe – tra
133, comma 2°: da questo punto l’altro – una inammissibile situazione di favore per chi
di vista, la recidiva assurgerebbe volontariamente si sottrae alla esecuzione della condanna).
ad indice della maggiore capacità
a delinquere del soggetto, quale
che sia la chiave (preventiva e/o
retributiva) di ricostruzione di Condanne precedenti estinte
quest’ultima categoria. Agli effetti della recidiva si tiene conto altresì delle condanne per le
quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena: ad
es. la prescrizione della pena, amnistia impropria, ecc.).
Recidiva aggravata
La pena può essere aumentata fino alla metà:
a. se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole (recidiva c.d.
specifica);
b. se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei 5 anni dalla
condanna precedente (recidiva c.d. infraquinquennale);
c. se il nuovo delitto non colposo è stato commesso
- durante/dopo l’esecuzione della pena, o
- durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente
all'esecuzione della pena.
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Natura giuridica
1. La giurisprudenza ritiene, da un lato, obbligatoria la contestazione
della recidiva in quanto circostanza e ammette il giudizio di
comparazione e, dall’altro, limita la facoltatività al solo aumento di
pena: tutti gli effetti giuridici minori in tema di liberazione
condizionale, di riabilitazione, ecc. si produrrebbero invece
comunque, cioè anche nel caso in cui venga meno l’effetto
principale dell’aggravamento sanzionatorio.
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2. La dottrina – oltre a revocare in dubbio la natura circostanziale
della recidiva – sottolinea come sia poco ragionevole ammettere
che il giudice possa escludere l’effetto principale alla recidiva e,
nello stesso tempo, tenerne conto per gli effetti minori.
5. Il delitto tentato
I. DELITTO TENTATO
Delitto tentato
Ricorre la figura del delitto
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un
tentato o tentativo nei casi in cui
l’agente non riesce a portare a delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento
compimento il delitto non si verifica.
programmato, ma gli atti
parzialmente realizzati sono tali
Azione non si compie
da esteriorizzare l’intenzione
Si pensi all’omicida sorpreso mentre sta per vibrare un colpo di pugnale.
criminosa.
Esposizione a
pericolo Evento non si verifica
Il fodamento politico-criminale Si pensi all’evento-morte non si verifica a causa di un errore di mira.
della punibilità del tentativo è
costituito dall’esigenza di
prevenire l’esposizione a pericolo Consumazione e tentativo
dei beni giuridicamente protetti
Consumazione e tentativo riflettono, rispettivamente, la lesione
(teoria c.d. oggettiva25).
effettiva e la lesione potenziale del bene oggetto di protezione: ed è il
minore grado di aggressione al bene che giustifica, nella logica penale
del fatto, la minore severità del trattamento penale del tentativo.
Delitto perfetto
1. Sul piano normativo, il delitto tentato costituisce un titolo
automono di reato, caratterizzato da un profilo offensivo ad esso
proprio, pur conservando lo stesso nomen juris della figura
delittuosa (consumata) cui di volta in volta si riferisce.
2. La configurazione del tentativo come illecito autonomo nasce
dall’incontro o combinazione di 2 norme: la norma incriminatrice di
parte speciale, che eleva a reato un determinato fatto e l’art. 56
che, disciplinando i requisiti del tentativo punibile, svolge una
funzione estensiva della punibilità, perché consente di reprimere
fatti che non pervengono alla soglia della consumazione (ad es. il
25
La teoria oggettiva del fondamento della punibilità è preferibile, rispetto a quelle soggettive ed a quelle miste, perché si collega in
maniera più coerente con gli irrinunciabili presupposti di un diritto penale del fatto: presupposti riassumibili nella fondamentale
esigenza che il proposito criminoso si traduca in un comportamento materiale che, a sua volta, produca una effettiva lesione, o
almeno una messa in pericolo obiettivamente accertabile, del bene protetto.
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tentativo di omicidio risulta dalla combinazione dell’art. 56 con
l’art. 575).
Atti idonei
Si concorda, oggi, nel ritenere che il parametro di accertamento
dell’idoneità consiste in un giudizio ex ante e in concreto (criterio della
c.d. prognosi postuma): il giudice cioè, collocandosi idealmente nella
stessa posizione dell’agente all’inizio dell’attività criminosa, deve
accertare – alla stregua della valutazione operata in base alle
conoscenze dell’uomo medio, eventualmente arricchite dalle maggiori
conoscenze dell’agente concreto – se gli atti erano in grado, tenuto
conto delle concrete circostanze del caso, di sfociare nella commissione
del reato.
Non equivoco
1. Secondo la concezione c.d. soggettiva, il requisito dell’univocità fa
riferimento ad un criterio di prova: cioè l’univocità degli atti
indicherebbe l’esigenza che, in sede processuale, sia raggiunta la
prova del proposito criminoso; prova desumibile, oltre che dall’atto
in sé considerato, anche aliunde (cioè dai precedenti e dalla
personalità del reo, dalla eventuale confessione, ecc.).
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2. Secondo la concezione c.d. oggettiva, la direzione non equivoca
degli atti rappresenta un criterio di essenza: cioè l’univocità va
considerata come una caratteristica oggettiva della condotta, nel
senso che gli atti posti in essere devono in se stessi possedere,
riguardanti nel contesto in cui sono inseriti, l’attitudine a denotare
il proposito criminoso perseguito26.
Dolo
Nel nostro ordinamento penale, il tentativo è punibile soltanto se
commesso con dolo: non è configurabile invece, nel silenzio della legge,
un tentativo colposo.
d
Secondo la dottrina dominante, l’esclusione della colpa è spiegabile
anche per una ragione (per così dire) «ontologica»: se si muove dal
concetto comune di tentativo, come atto intenzionalmente diretto ad
un risultato, ipotizzare un tentativo «involontario» appare
logicamente incongruente.
Dolo eventuale
È discusso se il dolo del tentativo sia compatibile con il dolo eventuale.
1. Una parte minoritaria della dottrina, e una giurisprudenza fino ad
alcuni anni addietro dominante, muovono dal presupposto che il
nostro ordinamento positivo non contiene alcuna norma che
esplicitamente distingua i due tipi di dolo: essendo la differenza tra
tentativo e consumazione circoscritta dalla legge stessa al piano
della sola struttura oggettiva, se ne ricava che il dolo del tentativo e
quello della consumazione non possono che essere identici.
2. La dottrina maggioritaria, e la recente giurisprudenza, prospettano
una concezione soggettiva/probatoria dell’univocità quale requisito
del tentativo punibile: riducendo l’univocità all’esigenza di provare
in giudizio l’intenzione criminosa dell’agente, la non equivocità
della condotta finisce col coincidere con la prova di una volontà
intenzionalmente diretta a commettere il reato; ma, appunto,
perché si richiede una volontà «intezionale», è giocoforza escludere
la compatibilità tra tentativo e dolo «eventuale».
II. CONFIGURABILITA’
NELLE TIPOLOGIE
Contravvenzioni
DELITTUOSE
Per espressa disposizione legislativa, il tentativo non è ammissibile
nelle contravvenzioni: l’art. 56 infatti si riferisce esplicitamente ai soli
«delitti».
26
L’esigenza di configurare l’univocità come caratteristica dell’azione non esclude che la prova del fine delittuoso possa essere
desunta in qualsiasi modo, facendo applicazione dei consueti canoni probatori in tema di elemento soggettivo del reato.Solo che,
una volta conseguita anche aliunde a prova del fine verso cui tende l’agente, è necessaria una seconda verifica: si tratta questa volta
di accertare se gli atti, considerati nella loro oggettività, riflettano in maniera sufficientemente congrua la direzione verso il fine
criminoso (eventualmente) già accertato per altra via.
112
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Delitti colposi
Il tentativo è inammissibile nei delitti colposi: se la colpa si connota per
l’assenza della volontà delittuosa, si costituirebbe un’evidente
contraddizione ammettere che il tentativo possa coesistere con la
mancanza dell’intenzione di commettere reato.
Delitto preterintenzionale
Nel delitto preterintenzionale il tentativo non è ammissibile perché,
nell’eventualità che il soggetto passivo sopravviva, la responsabilità
rimane circoscritta (in assenza di volontà omicida) al delitto di lesione o
percosse.
Reati unisussistenti
Il tentativo suole escludersi rispetto ai reati c.d. unisussistenti (cioè
quelli qui uno actu perficiuntur), dal momento che non consentono la
frazionabilità del processo esecutivo in più atti: compiuto l’unico atto
che costituisce il delitto (ad es. ingiuria verbale), l’azione criminosa è
completa.
Reati di pericolo
Discussa è la configurabilità del tentativo nei reati di pericolo.
Anche se una parte della dottrina ritiene strutturalmente prospettabile
la realizzazione in forma tentata almeno di alcuni reati di pericolo (ad.
es. l’ipotesi di una minaccia tentata consistente nella spedizione di una
lettera minatoria intercettata dopo la sua spedizione), è da condividere
secondo Fiandaca-Musco la tesi negativa, e cioè sul presupposto che
punire il tentativo di un reato di pericolo equivarrebbe a reprimere «il
pericolo di un pericolo», così finendo con l’anticipare eccessivamente la
soglia della punibilità.
Reati aggravati
dall’evento
Così il caso della morte della Reati aggravati dall’evento
donna in seguito a tentativo di Nei reati aggravati dall’evento il tentativo è ipotizzabile, tutte le volte
aborto. in cui l’evento ulteriore può realizzarsi indipendentemente
dall’esaurimento della condotta vietata.
Reati condizionati
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Nei reati condizionati, la configurazione del tentativo dipende dalla
possibilità del verificarsi della condizione obiettiva di punibilità
indipendentemente dal perfezionarsi della condotta tipica.
Reati abituali
Il tentativo va escluso nei reati abituali, dal momento che le singole
azioni non assumono rilevanza penale autonoma.
Reati permanenti
Nei reati permanenti la configurabilità del tentativo è possibile a
condizione che la condotta positiva sia frazionabile.
III. TENTATIVO E
CIRCOSTANZE
Tentativo di delitto circostanziato
La figura del tentativo di delitto circostanziato, riconosciuta dalla
Tentativo di delitto giurisprudenza (a prescindere da una corrispondente ed esplicita
circostanziato etichettatura) soprattutto a proposito delle circostanze del danno
Il tentativo di delitto patrimoniale di rilevante gravità o del danno patrimoniale di speciale
circostanziato si configura
tenuità, in base alla valutazione prognostica che l’iter consumativo del
allorchè un delitto, se fosse
giunto a consumazione, sarebbe reato avrebbe realizzato con certezza gli elementi costitutivi della
stato qualificato dalla presenza di circostanza.
una o più circostanze.
IV. DESISTENZA
VOLONTARIA E
Desistenza volontaria
RECESSO ATTIVO
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto
alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un
reato diverso.
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Se il colpevole volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena
𝟏
stabilita per il delitto tentato, diminuita da 𝟑 alla metà.
Volontariarietà
1. Secondo la quasi unanime opinione della dottrina e della
giurisprudenza, l’accertamento del requisito della volontarietà
prescinde dal giudizio sulla «meritevolezza» dei motivi che
inducono l’agente a mutare proposito.
2. Cioè non si pretende che la rinuncia all’azione criminosa sia
espressione di un autentico ravvedimento, ma ci appaga di
verificare che la scelta dell’agente non sia imposta da circostanze
esterne (ad es. resistenza della vittima, avvicinarsi di persone,
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intervento della polizia, ecc.) che obiettivamente ostacolano la
consumazione del delitto27.
V. DELITTO DI ATTENTATO
Idoneità
L’attentato è una tecnica di
Rispetto all’interrogativo se il delitto d’attentato punisca già l’attività
costruzione della fattispecie
penale utilizzata soprattutto nel «preparatoria», oppure condizioni la soglia della rilevanza penalistica
settore dei delitti contro la alla presenza degli elementi strutturali del tentativo (e cioè anche
personalità dello Stato e, al all’«idoneità» degli atti medesimi), l’opinione dottrinale oggi
contempo, una categoria dominante risponde ritenendo che vi sia omogeneità strutturale fra
dogmatica ottenuta per tentativo e attentato e che, per la punibilità dell’attentato, occorre che
astrazione delle caratteristiche l’attività sia anch’essa idonea a ledere il bene protetto (con esclusione
comuni alle fattispecie quindi delle mere attività preparatorie).
disciplinate.
Interpretazione tradizionale
Secondo l’interpretazione tradizionale, la disposizione sopra citata
sarebbe sostanzialmente superflua perché si limiterebbe a riesprimere
«in negativo» i requisiti positivamente richiesti per la punibilità del
tentativo.
Concezione realistica
1. Non pochi autori ritengono di potere desumere dall’art. 49 un
principio generale che funge da criterio ispiratore della concezione
per la quale non può esservi reato, senza una lesione o una messa
in pericolo «effettiva» del bene protetto (concezione c.d.
realistica).
2. La rilevanza pratica del principio di necessaria lesività emergerebbe,
secondo la dottina in esame, nei casi di (pretesa) mancata
corrispondenza tra «tipicità» e «offesa» al bene protetto. Di
fronte cioè a condotte formalmente conformi alla fattispecie
incriminatrice, ma di fatto «innocue» perché assolutamente
incapaci di ledere l’interesse protetto, il ricorso al 2° comma
dell’art. 49 legittimerebbe – appunto – quella valutazione
«realistica» che porta ad escludere l’esistenza del reato e, dunque,
la punibilità del fatto.
3. La tesi in questione pretenderebbe di poggiare anche su sostegni di
ordine esegetico, desunti dal confronto tra la rispettiva disciplina
del reato impossibile e del tentativo. Si argomenta:
27
Rimane aperto il problema dei criteri da adottare per stabilire quando la scelta dell’agente sia libera ovvero imposta dall’esterno.
In mancanza di approfondite elaborazioni teoriche sul punto, non resta che far capo all’attività di concretizzazione della prassi, la
quale peraltro oscilla tra criteri diversi e non sempre esplicita adeguatamente la reale ratio decisoria.
116
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- l’idoneità di cui all’art.49 non è riferita, come nell’art. 56, agli «atti»
bensì all’«azione»;
- non si spiega come mai gli atti diretti in modo non equivoco a
commettere una «contravvenzione» rimangono impuniti se idonei
a produrre l’evento, posto che il tentativo non è configurabile nelle
contravvenzioni, mentre possono portare all’applicazione di una
misura di sicurezza (l’art. 49 è infatti applicabile anche alle
contravvenzioni).
Obiezioni
1. L’art. 49, non informando in alcun modo sulla natura degli
interessi tutelati, di per sé non può riuscire di ausilio nello
stabilire quando sussista la lesione o messa in pericolo del bene
protetto: per cui è necessario desumere l’interesse tutelato dalle
singole fattispecie incriminatrici.
2. Se il bene protetto deve essere desunto – come dicono i suoi
sostenitori – dalla «intima struttura della fattispecie», ne
consegue allora che riesce impossibile ipotizzare un fatto
conforme a quest’utima ma non lesivo del primo.
3. Se il giudice dovesse far seguire alla già accertata corrispondenza
tra fatto e modello legale un secondo giudizio, relativo questa
volta alla «effettiva» lesività (peraltro da effettuare sulla base di
non ben precisati parametri), risulterebbe da un lato minacciata
la certezza del diritto e, dall’altro, sorgerebbe il rischio di
confondere le distinte funzioni giudiziaria e legislativa.
Tentativo inidoneo
1. Il legislatore del 1930, dedicando un’apposita disposizione al reato
impossibile, ha inteso fugare ogni dubbio relativo alla irrilevanza
penale del tentativo assolutamente inidoneo in concreto a
mettere in pericolo il bene protetto: ciò in omaggio a quella
concezione – risalente al Carrara – secondo cui il pericolo insito nel
tentativo deve essere «veramente esistito come fatto», vale a dire
come possibilità non soltanto supposta, ma reale di offesa.
2. Per accertare se il bene in questione abbia corso un reale pericolo
non ci si può appagare del giudizio prognostico su base parziale
effettuato ex art. 56 nella sola ottica del soggetto agente.
A questa prima verifica se ne deve in realtà aggiungere una
seconda, compiuta questa volta su base totale nell’ottica della
vittima come titolare del bene posto in pericolo: il che vuol dire
che lo stesso criterio della prognosi postuma verrà ora applicato
tenendo conto, non soltanto delle circostanze conosciute o
conoscibili dall’agente al momento dell’azione, ma di tutte le
circostanze presenti nella situazione data, quale che sia il momento
in cui vengono conosciute.
6. Il concorso di persone
I. TEORIE SUL CONCORSO
CRIMINOSO
Concorso nel reato
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Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse
soggiace alla pena per questo stabilita28.
28
Il legislatore italiano ha optato per il modello della tipizzazione unitaria basata sul criterio dell’efficienza causale della condotta di
ciascun concorrente, piuttosto che sul modello differenziato.
118
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per ragioni inerenti alla sua persona (ad es. per difetto di dolo o per
mancanza di imputabilità).
d
L’assunto trova riscontro nella disciplina positiva del concorso, e in
particolare negli artt. 112, ult. comma, e 119, comma 10°, c.p.
Accordo
Qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un
reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il
solo fatto dell’accordo.
Misura di sicurezza
Nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può
applicare una misura di sicurezza.
Istigazione
Nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata
accolta, ma il reato non è stato commesso, sia colui che istiga che colui
che è istigato non sono punibili.
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Ausiliatore (o complice)
L’ausiliatore o complice è rappresentato da quel partecipe che si limita
ad apportare un (qualsiasi) aiuto materiale nella preparazione o nella
esecuzione del reato: si pensi, rispettivamente, a chi fornisce il veleno
per un omicidio commesso da altri o a chi si limita a fare da palo
durante l’esecuzione di una rapina.
Teoria condizionalistica
L’opinione tradizionale, muovendo dal presupposto che il nostro
codice accoglie la concezione «causale» del concorso criminoso, esige
che l’azione del compartecipe costituisca condicio sine qua non del
fatto punibile (e, più precisamente, dell’«azione» tipica nell’ambito
dei reati di mera condotta; dell’«evento» nei reati causalmente
orientati).
V. CONCORSO MORALE
Determinatore
Il concorso morale o psicologico si
Il determinatore è definito come il compartecipe che fa sorgere in altri
ha se si dà un impulso psicologico
alla realizzazione di un reato (autore) un proposito criminoso prima inesistente.
materialmente commesso da
altri.
Istigatore
L’istigatore è colui il quale si limita a rafforzare o eccitare in altri il
proposito criminoso già esistente.
Agente provocatore
Agente provocatore La dottrina oggi dominante ritiene che l’agente provocatore non può
L’agente provocatore è colui il essere punito, per mancanza di dolo, tutte le volte in cui egli abbia
quale (si tratta non di rado di agito col precipuo scopo di assicurare i colpevoli alla giustizia e non
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appartenenti alla polizia) provoca abbia accettato neppure il rischio della effettiva consumazione del
un delitto al fine di assicurare il reato.
colpevole alla giustizia.
Causalità psicologica
1. Quale che sia la posizione pù corretta dal punto di vista
«epistemologico», nulla autorizza a ripiegare – come invece si
pretende da una parte della dottrina e della giurisprudenza – su
giudizi di tipo meramente prognostico: come se la condotta di
partecipazione psichica potesse esser individuata in base alla sua
generica attitudine o idoneità a funzionare come fattore di
rafforzamento dell’altrui proposito criminoso.
2. Non può esserci complicità morale a prescindere da una effettiva
influenza sulla psiche dell’esecutore materiale del reato.
Coscienza unilaterale
Oggi si concorda nell’escludere che la volontà di concorrere
presupponga necessariamente un «previo accordo» o, in ogni caso, la
«reciproca» consapevolezza dell’altrui concorso: basta che la coscienza
esista unilateralmente.
Dolo specifico
Nei casi in cui la fattispecie incriminatrice monosoggettiva richiede la
presenza di un dolo specifico, è sufficiente ai fini della configurabilità di
un concorso punibile che la particolare finalità presa in considerazione
dalla legge penale sia perseguita almeno da uno dei soggetti che
concorrono alla realizzazione del fatto.
VII. CONTRAVVENZIONI
Contravvenzioni dolose
Per quanto attiene alle contravvenzioni dolose, non sorgono ostacoli
nel ricondurre la relativa disciplina alla disposizione generale di cui
all’art. 110: il termine «reato» in esso contenuto è, infatti, egualmente
riferibile ai delitti e alle contravvenzioni imputabili a titolo di dolo.
Contravvenzioni colpose
1. Posto che l’art. 113 disciplina la cooperazione con esclusivo
riferimento ai «delitti», secondo l’orientamento prevalente, anche
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le contravvenzioni colpose rientrerebbero nell’ambito di disciplina
di cui all’art. 110: a sostegno della tesi si osserva che il riferimento
contenuto in tale norma al concetto generico di «reato»
implicherebbe il richiamo dei criteri soggettivi di imputazione delle
contravvenzioni posti dall’art. 42, ult. comma.
2. All’interno di questa ottica interpretativa, l’art. 113 menzionerebbe
i soli delitti non già per escludere le contravvenzioni, ma per
estendere ai delitti medesimi quella disciplina del concorso
colposo già implicitamente attribuibile alle contravvenzioni in base
all’art. 110.
Infatti, per potere assumere rilevanza rispetto ai delitti, la colpa
deve essere espressamente prevista come titolo di incriminazione
in conformità al disposto dell’art. 42, comma 2°; mentre ciò non
occorre per le contravvenzioni, le quali in base all’art. 42, comma
4°, sono indifferentemente punibili a titolo di dolo o colpa.
VIII. CIRCOSTANZE
AGGRAVANTI
5 o più persone
La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata se il numero
delle persone, che sono concorse nel reato, è di 5 o più,
Legge
La pena non è aumentata se la legge dispone altrimenti.
k
La ratio di tale aggravante è comunemente ravvisata nel maggiore
allarme sociale e nella maggiore capacità a delinquere dimostrata dai
concorrenti che agiscono in gruppi di 5 o più membri.
IX. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI
Importanza minima
Il giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone
che sono concorse nel reato a norma degli artt. 110 e 113 abbia avuto
minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, può
diminuire la pena.
Importanza minima
1. Secondo l’opinione dominante, la determinazione della minima
importanza presuppone una valutazione giudiziale dell’efficienza
dell’apporto causale arrecato da ciascun singolo concorrente.
2. In altri termini, una volta accertato il nesso causale tra un certo
contributo e il fatto concorsuale nelle sue modalità concrete, si
tratta di vagliarne il grado di imprescindibilità in rapporto ai
fattori ipotetici rimasti inoperanti nella situazione concreta, ma
che avrebbero potuto egualmente condurre al risultato in assenza
della condotta in questione.
Interpretatio abrogans
Dell’attenuante in esame la giurisprudenza suole fornire una sorta di
interpretatio abrogans: infatti, mentre da un lato essa circoscrive in
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premessa il contributo di minima importanza alle condotte dotate di
una efficienza eziologica marginale e del tutto trascurabile
nell’economia dell’impresa delittuosa, dall’altro nella quasi totalità dei
casi concreti esclude che l’attenuante di fatto ricorra.
Minorazione psichica
La pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a
commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le
condizioni della coercizione esercitata da un soggetto rivestito di
autorità oppure della minorità o infermità mentale.
X. REATO DIVERSO DA
QUELLO VOLUTO
Responsabilità per il reato non voluto
Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
Per reato «diverso» deve
intendersi quello avente un concorrenti, anche questi ne risponde.
differente nomen juris: non
sarebbe dunque tale un reato Evento come conseguenza dell’azione/omissione
aggravato (ad es. furto con Il concorrente che non vuole il reato commesso risponde dello stesso
scasso) realizzato in luogo di un se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione.
reato semplice (ad es. il furto).
Corte costituzionale
d Dopo essere stato eccepito il contrasto dell’art. 116 c.p. con l’art. 27,
Un gruppo di correi concorda comma 1°, Cost., la Corte costituzionale, con una tipica sentenza
inizialmente un furto: mentre interpretativa di rigetto, ha respinto l’eccezione asserendo che la
uno dei partecipi si limita a fare responsabilità ex art. 116 poggia sulla «sussistenza non soltanto del
da basista e palo, gli esecutori rapporto di causalità materiale, ma anche di un rapporto di causalità
materiali commettono – in psichica»: quest’ultima concepita nel senso che «il reato diverso più
difformità dall’accordo iniziale – grave commesso dal concorrente debba potere rappresentarsi alla
una rapina e un sequestro ai psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti
danni del soggetto rapinato. umani, come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto,
affermandosi in tal modo anche la necessaria presenza di un
coefficiente di colpevolezza».
Giurisprudenza ordinaria
Nel solco della presa di posizione della Corte, la giurisprudenza
ordinaria propende oggi per la tesi che i presupposti della
responsabilità ex art. 116 siano 2:
1. in primo luogo, il rapporto di causalità tra l’azione di ogni
partecipe e il reato diverso da quello programmato;
2. in secondo luogo, la prevedibilità di tale reato diverso non voluto.
Prevedibilità in astratto
1. Secondo un primo indirizzo tendenzialmente maggioritario, è
sufficiente la prevedibilità in astratto: precisamente, nel senso
che l’illecito non voluto deve appartenere al tipo astratto di
quelli che, in linea puramente logica, si prospettano come
sviluppo del reato originariamente voluto.
2. La prevedibilità in astratto fa riferimento, dunque, a un
rapporto tra fattispecie incriminatrici poste a priori a
confronto (ad es. furto e rapina, lesioni personali e omicidio,
ecc.).
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Prevedibilità in concreto
1. Alla stregua di un secondo indirizzo, che guadagna
progressivamente terreno e che in verità meglio corrisponde
alla rilettura in chiave costituzionale dell’art. 116, deve invece
richiedersi la prevedibilità in concreto: per stabilire se il reato
diverso effettivamente realizzato rappresenti un prevedibile
sviluppo di quello originariamente programmato, occorre cioè
tenere conto di tutte le circostanze relative alla singola
vicenda concreta.
2. Da questo punto di vista non basta che tra i tipi di reato
raffrontati in astratto sussista un rapporto di sostanziale
omogeneità, ma è necessario individuare – prima – il concreto
piano d’azione dei concorrenti e soltanto su questa base
verificare – poi – se le modalità concrete di svolgimento del
fatto lasciassero prevedere un esito deviante del tipo di quello
avveratosi.
Vautazione di gravità
La valutazione di gravità va effettuata in via ipotetica, cioè ipotizzando
quella che sarebbe stata la gravità del fatto programmato e
ponendola a confronto con quella del fatto realizzato.
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interferiscono particolari qualità o particolari rapporti di un
concorrente con la persona offesa.
Interpretazione correttiva
1. Per reagire ad un trattamento penale così rigoroso, parte della
dottrina esclude che la norma in esame deroghi ai normali
principi del concorso nel reato proprio così come disciplinato
dall’art. 110: sicchè si esige che, in entrambi i casi, l’«estraneo»
sia a conoscenza della qualifica dell’intraneo.
2. Il convincimento a tutt’oggi maggioritario, che ritiene che l’art.
117 deroghi ai pricipi generali in tema di concorso, ritiene che
rimanga un’altra strada per sottrarre la vigente disciplina
normativa alla logica della responsabilità puramente obiettiva:
cioè, reinterpretando l’art. 117 in maniera conforme al principio
costituzionale di colpevolezza, la sua applicabilità renderebbe
circoscritta ai soli casi in cui la qualifica soggettiva in questione,
sebbene ignorata dal partecipe, fosse però conoscibile in base a
parametri di un uomo ragionevole che si trovasse al suo posto.
Applicabilità
Secondo il plausibile orientamento prevalente, tale attenuante è
applicabile soltanto al soggetto ignaro della qualifica che comporta la
diversa qualificazione giuridica del fatto.
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recidiva ex art. 70 ult. comma) sono valutate soltanto riguardo alla
persona cui si riferiscono.
Circostanze attenuanti
In applicazione dell’art. 59, vale la regola della persistente rilevanza
«oggettiva» delle circostanze attenuanti e, dunque, della conseguente
loro estensibilità a tutti i compartecipi (eccettuate, beninteso, quelle
a carattere soggettivo menzionate nell’art. 118).
Circostanze aggravanti
Con riferimento alle circostanze aggravanti, l’art. 59 oggi fissa la
regola che possono essere applicate soltanto in quanto conosciute o
conoscibili dal reo: se ne deduce che l’attribuibilità dell’aggravante
non può presupporre un coefficiente di colpevolezza riferito a
ciascuno dei singoli concorrenti, per cui le circostanze aggravanti si
applicano soltanto ai compartecipi che ne abbiano avuto conoscenza
effettiva o soltanto potenziale (a tutti i compartecipi soltanto se da
tutti conosciute o conoscibili).
XIV. DESISTENZA
VOLONTARIA Desistenza dell’esecutore
Ove il soggetto che desiste rivesta la posizione di «esecutore», il
recesso si manifesterà in forma «negativa»: colui il quale pone in essere
atti esecutivi, infatti, è in grado di sottrarsi alla commissione del fatto
semplicemente interrompendo l’attività già iniziata.
d
La desistenza dell’esecutore, in quanto proviene dal soggetto che
possiede il massimo dominio sull’accadere, produce nello stesso
tempo l’effetto di impedire la consumazione del reato.
a
Nella misura in cui il complice riesce a privare la realizzazione comune
del proprio apporto, il complice si emancipa infatti dalla commissione
di un fatto che, in quanto viene posto in essere soltanto dagli altri
correi, non può più essere considerato «opera sua».
XVI. CONCORSO
NECESSARIO
Reati necessariamente plurisoggettivi impropri
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Ricorre la figura del concorso Nell’ambito dei reati necessariamente plurisoggettivi impropri può
necessario o del reato porsi il problema se il concorrente necessario, esentato da sanzione
necessariamente plurisoggettivo dalla norma incriminatrice di parte speciale, possa essere invece
quando è la stessa disposizione ritenuto responsabile in base alle norme (art. 110 ss. c.p.) che
incriminatrice di parte speciale a
disciplinano il concorso eventuale .
richiedere la presenza di più
soggetti per l’integrazione del
1. Parte della dottrina ritiene che tale problema andrebbe risolto alla
reato. stregua della voluntas legis, verificare se l’esenzione da
responsabilità del concorrente necessario corrisponda o no allo
Reati plurisoggettivi scopo della norma incriminatrice violata e alle direttive generali
dell’ordinamento giuridico.
propri e impropri
I reati necessariamente
2. Altra parte della dottrina nega la punibilità del concorrente non
plurisoggettivi sono distinguibili: espressamente incriminato dalla norma incriminatrice di parte
a. in plurisoggettivi propri, speciale: la circostanza che la sua condotta, per quanto necessaria,
contraddistinti dalla non sia expressis verbis assoggettata a pena, sottintende una
circostanza che vengono precisa scelta legislativa a favore dell’impunità; a ritenere
assoggettati a pena tutti i diversamente, si finise invero col disattendere il principio del
coagenti (ad es. associazione nullum crimen sine lege.
per delinquere, rissa, ecc.); e
b. in plurisoggettivi impropri,
nei quali la norma
incriminatrice dichiara Estensione del concorso eventuale al concorso necessario
punibili soltanto alcuni dei Si discute sull’applicabilità ai concorrenti necessari, punibili in base alla
partecipanti al fatto (ad es. norma incriminatrice di parte speciale, delle norme sul concorso
corruzione impropria eventuale realtive alle circostanze aggravanti e attenuanti (artt. 112 e
susseguente, usura, 114), nonché alla comunicabilità sia delle circostanze medesime sia
corruzione di minorenni, delle cause di esclusione della pena (artt. 118 e 119).
ecc.).
1. La giurisprudenza appare in proposito oscillante.
2. La dottrina oggi dominante ritiene che tali norme sono applicabili
anche al concorso necessario, essendo espressione di una disciplina
Concorso eventuale generale relativa al carattere plurisoggettivo della fattispecie, a
Il concorso eventuale ricorre ex meno che tuttavia non siano espressamente derogate dalle
art. 110 quando più persone disposizioni che configurano diversi reati necessariamente
concorrono nel reato. plurisoggettivi.
Concorrenti eventuali
nel concorso necessario
E’ il caso di chi istiga altri a una
Concorrenti eventuali nel concorso necessario
rissa o a corrompere un pubblico Un concorso eventuale è ammissibile anche nella realizzazione di un
ufficiale, ovvero a commettere reato necessariamente plurisoggettivo: la partecipazione eventuale si
incesto, ecc. potrà configurare da parte di soggetti diversi dai concorrenti necessari.
Concorso esterno
1. Le Corte di cassazione – mediante 4 pronunce a sezioni unite – ha
definito i contorni del concorso eventuale nel reato di associazione
fornendo la nozione di partecipe (interno) come colui che risulta in
rapporto di stabile e organica compenetrazione nel tessuto
organizzativo del sodalizio criminale, tale da implicare l’assunzione
di un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale «prende
parte» al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente
per il perseguimento dei comuni scopi criminosi: ai fini
dell’assunzione di un simile ruolo non è peraltro necessaria la
previa sottoposizione a un rituale di affiliazione formale, ma sono
sufficienti facta concludentia.
2. Per converso, assume la veste di concorrente esterno il soggetto
che, pur non essendo inserito stabilmente nella struttura
organizzativa dell’associazione, fornisce tuttavia ad essa «un
concreto, specifico, consapevole, volontario contributo»: sempre
che questo contributo «esplichi una effettiva rilevanza causale e
cioè si configuri come condizione necessaria per la conservazione o
il rafforzamento della capacità operativa dell’associazione o di un
suo particolare settore, ramo di attività o articolazione territoriale».
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IL REATO COMMISSIVO
COLPOSO
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1. La tipicità Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. AZIONE
Azione e colpa stanno e cadono insieme
Fuori di paradosso, il fatto è che nel campo del delitto colposo vi è
azione penalmente rilevante finché è possibile muovere un
rimprovero per colpa: in altri termini, i presupposti dell’azione
finiscono col coincidere con le condizioni che rendono possibile
l’imputazione colposa.
Colpa incosciente
1. Nei delitti colposi l’azione si considera «voluta» anche quando
Dominabile risulta soltanto «dominabile» dal volere. All’agente, cui si
imputa il fatto, si rimprovera, dunque, di non aver attivato
È dominabile o controllabile un
quei poteri di controllo che doveva e poteva attivare per
atto che può essere impedito
scongiurare l’evento lesivo.
mediante l’attivazione dei
2. Il giudizio sulla «volontarietà» assume in tali casi un
normali poteri di arresto e di
contenuto normativo proprio perché il rimprovero si fonda,
impulso della volontà.
essenzialmente, sul fatto che l’agente non ha osservato, pur
potendolo, lo standard di diligenza richiesto nella situazione
concreta.
II. PREVEDIBILITA’ ED
EVITABILITA’
Criterio di prevedibilità ed evitabilità
DELL’EVENTO
1. La «prevedibilità» e l’«evitabilità» dell’evento costituiscono i
criteri di individuazione delle misure precauzionali da adottare
nelle diverse situazioni concrete, una volta che sia insorta o stia
per insorgere una situazione di pericolo.
2. Nelle situazioni di pericolo già da tempo sperimentate, l’agente
potrà dunque ricorrere all’adozione di regole di condotta
socialmente diffuse che suggeriscono, in base all’esperienza dei
casi simili, gli strumenti da adottare per prevenire o ridurre
determinate conseguenze dannose.
3. Nelle situazioni di pericolo mai sperimentate, proprio perché
mancano norme preesistenti di condotta, il giudizio prognostico
ex novo in questione dovrà essere emesso in base alle
conoscenze possedute dalla cerchia degli stessi sperimentatori
sulla natura del pericolo connesso alle loro attività.
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dell’evento si concretizza in un giudizio prognostico sul
pericolo, e sui mezzi atti ad evitare l’evento dannoso,
compiuto dall’agente;
nella colpa specifica, dovuta all’inosservanza di regole scritte
di codotta, il criterio di prevedibilità ed evitabilità si traduce in
un giudizio prognostico sul pericolo, e sui mezzi atti ad evitare
l’evento dannoso, compiuto dall’autorità che pone la norma
scritta.
Principio di precauzione
Il principio di precauzione, seppur inidoneo a produrre
automaticamente nuove regole cautelari, funge invece da criterio
atto a sollecitare un rafforzamento dei doveri di attenzione e di
informazione tendenti a verificare col massimo scrupolo la
fondatezza dei pericoli o dei rischi paventabili.
Negligenza
Si ha «negligenza» se la regola di condotta violata prescrive
un’attività positiva: ad es. controllare la chiusura dell’apparecchio
del gas prima di andare a dormire.
Imprudenza
L’«imprudenza» consiste nella trasgressione di una regola di
condotta da cui discende l’obbligo di non realizzare una
determinata azione oppure compierla con modalità diverse da
quelle tenute: ad es. non mettersi alla guida in stato di profonda
stanchezza oppure guidare nel traffico osservando le opportune
cautele.
Imperizia
L’«imperizia» consiste in una forma di imprudenza o negligenza
«qualificata» e si riferisce ad attività che esigono particolari
conoscenze tecniche: ad es. l’attività medico-chirurgica, ecc.
V. CONTENUTO DELLA
REGOLA DI CONDOTTA
Obbligo di astensione
Nell’obbligo di astensione il dovere obiettivo di diligenza impone al
Obbligo di soggetto di astenersi dal compiere una determinata azione, perché il
astensione compierla porterebbe con sé un rischio troppo elevato di
Ad es. un uomo colto da realizzazione della fattispecie colposa.
malore, prima di mettere in
moto la macchina, deve
astenersi dal guidare finché il
malore non sia passato. Obbligo di adottare misure cautelari
Nell’obbligo di adottare misure cautelari il dovere obiettivo di
Obbligo di adottare diligenza impone di realizzare l’azione adottando specifiche modalità
misure cautelari comportamentali dettare dalla fonte normativa o dagli usi sociali.
Ad es. la guida di automobili nei
centri abitati è consentita
Misure proprie e misure improprie
rispettando limiti di velocità
Parte della dottrina più recente tende a distinguere le regole
predeterminati.
cautelari in proprie e improprie, e ciò in funzione del diverso grado
di evitabilità dell’evento lesivo:
a. sono definite «proprie» le misure la cui osservanza assicura il
mancato verificarsi dell’evento; e
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b. sono definite «improprie» le misure che si limitano soltanto a
garantire una riduzione del rischio di verificazione di eventi
dannosi.
VI. STANDARD
OGGETTIVO DEL
Homo eiusdem professionis et condicionis
DOVERE DI DILIGENZA
Il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dell’evento deve essere
effettuato ex ante in base al parametro «oggettivo» dell’homo
eiusdem professionis et condicionis: cioè la misura della diligenza,
della perizia e della prudenza dovute sarà quella del modello di
agente che svolga la stessa professione, o stesso mestiere, lo stesso
ufficio, la stessa attività dell’agente reale.
Conoscenze superiori
L’individuazione di un tipo oggettivo di agente-modello non
impedisce in certi casi di individualizzare ulteriormente la misura
della diligenza imposta: così, se per avventura l’agente reale
possiede conoscenze superiori rispetto a quelle proprie del tipo di
appartenenza, queste dovranno essere tenute in conto nel
ricostruire l’obbligo di diligenza da osservare.
d
Diversamente, proprio i soggetti dotati di conoscenze particolari
avrebbero concesso il privilegio di non rispondere dei loro atti
negligenti o imprudenti.
135
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parte degli imprenditori di fatto adottano in relazione allo stesso
tipo di attività produttiva.
2. Secondo l’orientamento deontologico l’agente-modello è
tenuto ad adottare le misure preventive tecnologicamente più
evolute ed efficaci disponibili al momento, anche se si tratta di
misure economicamente costose e non ancora generalmente
diffuse nel settore di attività in questione. In poche parole:
«diligente non è ciò che usualmente viene fatto, ma ciò che si
deve fare, pagando anche i costi connessi».
Principio dell’affidamento
1. Proprio per l’orientarsi degli standards di diligenza secondo la
misura di agenti-modello ricostruiti alla stregua delle cerchie
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sociali di appartenenza, suscita un’aspettativa sociale che va
sotto il nome di principio dell’affidamento: ogni consociato
cioè può confidare che ciascuno si comporti adottando le
regole precauzionali normalmente riferibili al modello di
agente proprio dell’attività che di volta in volta viene in
questione.
2. Il rispetto del principio dell’affidamento è, del resto, imposto
dalla esigenza di circoscrivere l’ambito del dovere obiettivo di
diligenza incombente su ciascuno entro limiti il più possibile
compatibili col carattere «personale» della responsabilità
penale: in altri termini, se si presuppone in ciascun individuo
capace di intendere e volere l’attitudine ad una
«autodeterminazione» responsabile, ne consegue che
ognuno deve evitare soltanto i pericoli scaturenti dalla
«propria» condotta; ciò di cui invece non si ha l’obbligo è,
appunto, di impedire che realizzino comportamenti pericolosi
terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili.
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2. A questo scopo, si prospetta un interrogativo in termini ipotetici
del seguente tenore: rappresentando mentalmente come
realizzato il comportamento doverso (c.d. comportamento
alternativo lecito) imposto ex ante della norma cautelare,
sarebbe risultato questo comportamento davvero idoneo a
evitare il verificarsi dell’evento, tenendo conto ex post di tutte
le particolarità della situazione concreta (e, dunque, includendo
nella base del giudizio anche eventuali dati conosciuti soltanto
successivamente al momento della condotta)?
3. La dottrina più avveduta e la giurisprudenza più recente
tendono a valorizzare proprio il requisito del nesso di rischio
concepito come evitabilità in concreto dell’evento quale
presupposto fondamentale, rilevante già sul piano della
fattispecie oggettiva, perché la responsabilità oggettiva
«occulta»: ciò in nome di esigenze individualgarantistiche, che
delimitino la responsabilità per colpa entro lo spazio degli eventi
evitabili grazie all’adozione delle misure cautelari adatte alla
situazione concreta.
2. L’antigiuridicità
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I. CONSENSO
DELL’AVENTE DIRITTO s
La giurisprudenza prevalete tende ad escludere l’efficacia
scriminante del consenso nei reati colposi, facendo leva su due
ordini di argomentazioni.
1. Per un verso, il consenso non scriminerebbe a causa della natura
indisponibile dei beni alla vita e dell’integrità fisica (s’intende
quando si tratti di lesioni dell’integrità fisica eccedente quelle
consentite dall’art.5 c.c.).
2. Per altro verso, sussisterebbe incompatibilità tra il consenso
concepito come volontà di lesione e il carattere involontario del
reato colposo. In questo senso si specifica che di consenso
dell’evente diritto si può parlare soltanto in rapporto ad un
reato doloso, posto che il consenso «è una manifestazione di
volontà dell’avente diritto che aderisce alla volontà dell’agente
diretta a ledere o porre in pericolo un bene indisponibile»; e
considerato altresì che l’espressione «chi lede o pone in pericolo
un diritto col consenso della persona che può validamente
disporne» allude necessariamente a situazioni in cui l’agente si
rappresenta il consenso ricevuto.
Obiezioni
1. L’argomento che fa leva sul carattere indisponibile degli
interessi oggetto di tutela, coglie indubbiamente il segno.
Solo che esso non vale a dimostrare una sorta di
inconciliabilità di principio tra esimente del consenso e reato
colposo: dimostra soltanto che la tesi della compatibilità ha
una portata pratica assai limitata, considerato lo scarso
numeto di reati colposi posti a tutela di interessi disponibili.
2. Quanto al secondo argomento – cioè quello basato sul
contrasto tra la volontà di lesione sottesa al consenso e
l’involontarietà dell’offesa quale requisito della colpa – è da
obiettare che si può consentire ad un’attività pericolosa, senza
per questo 7volere l’effettiva verificazione dell’evento lesivo:
così, la volontaria assunzione del rischio da parte del titolare
del bene varrà certamente a scagionare l’agente tutte le volte
in cui la lesione che di fatto si verifica rientri nell’area di
disponibilità riconosciuta dall’art. 5 c.c.
d
La distinzione tra l’azione necessitata che violi o no il dovere di
diligenza si ripercuote, a sua volta, sull’esistenza del fatto tipico:
onde, non potrà riconoscersi il diritto all’indennità fissato dall’art.
2045 c.c. quando il fatto tipico viene a mancare per la conformità
del comportamento necessitato alla regola precauzionale.
Conducente di autobus
Si pensi al conducente di un autobus, che effettua una brusca
frenata per evitare lo scontro con un autocarro e così provoca delle
lesioni ai passeggeri.
Azione necessitata che adempie ad dovere di
diligenza
La dottrina ritiene che, in casi come questo, «il comportamento
del soggetto, essendo diretto a tutelare anche il bene della
persona che ne risulta offesa, realizza in concreto il migliore
adempimento possibile del dovere generale di prudenza posto a
garanzia della sicurezza della circolazione e può essere perciò
addirittura imposto da un limite logico al rispetto della singola
regola soltanto formalmente violata».
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3. La colpevolezza
I. STRUTTURA
PSICOLOGICA DELLA
d
COLPA
Anche nel reato colposo la colpevolezza ha la funzione di
racchiudere i presupposti dell’imputazione soggettiva del fatto al
soggetto agente.
Colpa propria
La colpa propria è caratterizzata dalla mancanza di volontà
dell’evento e rappresenta l’ipotesi tipica di colpa.
Colpa impropria
La colpa impropria costituisce un’ipotesi eccezionale, in quanto –
rispetto alla colpa propria – si configura nonostante la volizione
dell’evento: vi si fanno rientrare tradizionalmente i casi di eccesso
colposo nelle cause di giustificazione (art. 55), di erronea
supposizione colposa di una scriminante (art. 59, ult. comma) e di
errore di fatto determinato da colpa (art. 47).
d
1. I fatti in questione sono strutturalmente colposi: nonostante la
volizione in senso psicologico dell’evento, il dolo non è
configurabile perché manca la coscienza e volontà dell’intero
fatto tipico, stante l’erronea rappresentazione di elementi
corrispondenti alla realtà.
2. Inoltre, ciò che si rimprovera all’agente non è di aver voluto
l’evento, bensì di averlo provocato con negligenza o
imperizia.
Colpa cosciente
Si parla di colpa cosciente o colpa con previsione rispetto alle ipotesi
nelle quali l’agente non vuole commettere il reato, ma si
rappresenta l’evento come possibile conseguenza della sua
condotta.
Colpa incosciente
Ricorre la colpa incosciente quando il soggetto non si rende conto di
potere con il proprio comportamento ledere o porre in pericolo beni
giuridici altrui.
d
141
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In questi casi il rimprovero che si muove al soggetto è di non aver
prestato sufficiente attenzione alla situazione pericolosa.
142
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Situazioni di perturbamento
1. La rilevanza scusante delle situazioni di perturbamento ora
accennate può, nel nostro ordinamento, desumersi da
un’avveduta interpretazione dell’art. 42.
2. La formula «nessuno può essere punito per un’azione od
omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha
commessa con coscienza e volontà» è, infatti, idonea a fungere
da clausola generale ricomprendente tutte quelle circostanze
anormali non tipizzate o innominate: cioè quelle circostanze
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come appunto stati di terrore, stati ipnotici, obnubilamenti
improvvisi, ecc., che escludono la colpevolezza perché inibiscono
i poteri di orientamento cosciente e volontario dell’agente.
4. La cooperazione colposa
I. DISCIPLINA DELL’ART.
133
Cooperazione colposa
Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla
cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene
stabilite per il delitto stesso.
IL REATO OMMISSIVO
145
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1. Le nozioni generali Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. PREMESSA
Reato omissivo
1. Fino a buona parte dell’ottocento, in coerenza con la predominante
ideologia individualistico-liberale – che riconosce il principio della
libertà d’azione del cittadino, temperato, di regola, dal solo obbligo
di non aggredire le altrui posizioni di interesse –, la responsabilità
per omissione non può che costituire l’eccezione: e non può essere
diversamente, in quanto l’incremento di tale forma di
responsabilità presuppone l’affermarsi di un principio diverso
quello solidaristico – che fa obbligo non tanto o non solo di
astenersi dal compiere azioni lesive, quanto di intervenire
attivandosi per la salvaguardia di beni altrui posti in pericolo.
2. L’avvertita esigenza di affinare l’elaborazione dogmatica degli
illeciti di omissione si colloca all’incirca a cavallo tra la fine
dell’ottocento e l’inizio del novecento, ed è coevo all’emersione di
nuove tendenze sociali solidaristiche di cui lo stesso Stato si fa
carico mediante l’assunzione di funzioni interventistiche: proprio in
vista dell’assolvimento di questi compiti positivi di tutela, diventa
sempre più frequente – soprattutto nell’ambito della legislazione
penale speciale (si pensi ad es. alla legislazione relativa alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, alla normativa in tema di
assicurazione obbligatoria ecc.) – l’impostazione di obblighi di
attivarsi penalmente sanzionati nei confronti di soggetti (esempio
tipico: i «datori di lavoro») che rivestono un ruolo preminente
nell’attività socio-economica.
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III. REATI OMISSIVI PROPRI
E REATI OMISSIVI Reati omissivi propri (o puri)
IMPROPRI
Sono definibili «propri» i delitti omissivi che consistono nel mancato
compimento di un’azione che la legge penale comanda di realizzare.
Reati omissivi
propri
Così, ad es., la fattispecie di
omissione di soccorso (art. 593) Reati omissivi impropri (o impuri)
incrimina la semplice omissione Sono definibili «impropri» i reati omissivi che consistono nella
dell’assistenza occorrente ad una violazione dell’obbligo di impedire il verificarsi di un evento tipico ai
persona che si trova in pericolo: sensi di una fattispecie commissiva-base.
se ne consegue la morte del
soggetto bisognoso d’aiuto,
l’omittente non risponde di
omicidio, ma si applica soltanto
una circostanza aggravante (art.
593, comma 3°).
Reati omissivi
impropri
Così ad es. la madre che non
presta soccorso al figlio in
pericolo, o il bagnino che non
aiuta il nuotatore in difficoltà
possono rispondere – ove ne
sussistano tutti i requisiti – di
omicidio mediante omissione.
2. La tipicità
I. FATTISPECIE OBIETTIVA
DEL REATO OMISSIVO
Concetto di omissione
PROPRIO
Falliti gli sforzi diretti a individuare una dimensione «fisica»
dell’omissione, l’orientamento in atto dominante propende per
l’accoglimento della teoria c.d. normativa: ripetendo le parole del
Grispigni – che è stato in Italia tra i principali propugnatori della teoria –
, possiamo definire l’omissione come «non compimento – da parte di
un soggetto – di una determinata azione, che era da attendersi in base
ad una norma».
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148
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29
In tal modo, il reato omissivo improprio finisce con l’essere ricostruito dall’interprete in base all’innesto della disposizione di cui
all’art. 40 sulle norme di parte speciale che prevedono le ipotesi di reato commissivo suscettive – a loro volta – di essere
«convertite» in corrispondenti ipotesi commissive.
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Causalità ipotetica30
In coerenza con l’interpretazione dell’art. 40 nel senso dell’equivalenza
– e una volta preso atto dell’inevitabile fallimento degli sforzi diretti ad
attribuire efficacia causale all’omissione (ex nihilo nihil fit) –, la dottrina
in atto dominante giustamente nega che nei reati omissivi sia dato
riscontrare un rapporto di causalità eguale a quello esistente nei reati
di evento commessi mediante azione.
Grado di certezza
1. Quanto al grado di certezza raggiungibile nell’accertamento della
causalità omissiva, parte della dottrina si preoccupa di sottolineare
30
Purché risulti chiara la peculiare natura del nesso di condizionamento tra condotta omissiva ed evento, può ritenersi di
secondaria importanza la questione relativa alla qualificazione terminologica di tale nesso. Da questo punto di vista, può
indifferentemente parlarsi di causalità ipotetica o di causalità in senso normativo: l’essenziale è che si sia consapevoli che si tratta
non di un rapporto causale vero e proprio, bensì di un suo equivalente ai fini dell’imputazione giuridica al soggetto «garante»
dell’evento non impedito.
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che, trattandosi di un giudizio effettuato in termini ipotetici, non si
può pretendere lo stesso rigore esigibile nell’accertamento del
nesso causale vero e proprio.
2. Ciò dovrebbe indurre ad accontentarsi di richiedere, in sede di
applicazione della formula della condicio, che l’azione doverosa,
ove compiuta, valga ad impedire l’evento con una probabilità
vicina alla certezza.
Posizione di garanzia
1. Il principio di equivalenza tra l’omissione non impeditiva e l’azione
causale presuppone non già un semplice obbligo giuridico di
attivarsi, ma una posizione di garanzia nei confronti di un bene
protetto: la quale è, in generale, definibile come uno speciale
vincolo di tutela tra un soggetto garante ed un bene giuridico,
determinato dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a
Obblighi di garanzia proteggerlo autonomamente.
1. Obblighi di garanzia 2. La natura «speciale» del vincolo di tutela relativo alle situazioni di
penalmente rilevanti ai sensi garanzia si riflette necessariamente anche sulla natura degli
dell’art. 40 possono ad es. obblighi di attivarsi che da tali situazioni discendono: gli obblighi di
derivare da una fattispecie garanzia hanno infatti un carattere speciale perché incombono
omissiva propria come quella soltanto su alcuni soggetti (i c.d. garanti), e non sulla generalità dei
preveduta dall’art. 677,
cittadini.
comma 3°: l’omissione di
lavori in edifici o costruzioni
che minacciano rovina qui è Posizione di protezione e posizione di controllo
infatti imputabile non a In base ad una classificazione funzionale incentrata sul contenuto
«chiunque», bensì soltanto al materiale e sullo scopo della posizione di garante, le posizioni di
«proprietario» dell’edificio o garanzia possono essere inquadrate nei 2 tipi fondamentali della
della costruzione. posizione di protezione e della posizione di controllo.
2. Ne consegue che, ove dalla
condotta omissiva Posizione di protezione
eventualmente scaturiscano La «posizione di protezione» ha per scopo di preservare
eventi lesivi della vita o «determinati beni giuridici» da tutti i pericoli che possono
dell’incolumità di ignari minacciarne l’integrità, quale che sia la fonte da cui scaturiscono.
passanti, il proprietario potrà
essere chiamato a rispondere Posizione di controllo
non solo ai sensi dell’art. La «posizione di controllo» ha per scopo di neutralizzare
677, ma anche di omicidio o «determinate fonti di pericolo», in modo da garantire l’integrità di
tutti i beni giuridici che ne possono risultare minacciati.
di lesioni realizzate mediante
omissione (colposa).
3. L’antigiuridicità
I. ANTIGIURIDICITA’
s
L’antigiuridicità esplica nel reato omissivo – non diversamente da
quanto avviene nel reato commissivo – la funzione di «convalidare»
l’illiceità «indiziata» dalla conformità al tipo: onde, se sussiste una
causa di giustificazione, l’omissione tipica non risulta antigiuridica e la
punibilità viene meno.
4. La colpevolezza
I. DOLO OMISSIVO
Situazione tipica pregnante
Situazione tipica Nelle fattispecie con situazione tipica «pregnante», l’obbligo di attivarsi
pregnante ha per presupposto una realtà naturalistica o sociale immediatamente
Esempio significativo quello percepibile dal soggetto, a prescindere dalla conoscenza che egli abbia
dell’omissione di soccorso, la cui
dell’obbligo giuridico di agire.
situazione tipica esprime una
sufficiente capacità ammonitrice
o di impulso psicologico per il
soggetto tenuto a soccorrere: il Situazione tipica neutra
vedere ad es. un ferito grondante 1. Le fattispecie con situazione tipica «neutra» riflettono fattispecie di
sangue ai bordi di una strada pura creazione legislativa, vale a dire tipi di illecito penale che sono
provoca infatti una sufficiente
tali soltanto per volontà del legislatore, senza che ad essi preesista
spinta psicologica ad agire,
un disvalore socialmente percepibile o diffuso.
ancorchè il soggetto per
avventura ignori che esiste una 2. In questi casi, il presupposto dell’obbligo di agire di per sé non dice
norma penale che incrimina nulla al soggetto se egli non conosce, o quanto meno non ha
l’omesso soccorso. In casi del ragione di sospettare l’esistenza di una norma giuridica che vi
genere, dunque, la coscienza e riconnette rilevanza.
volontà di omettere può fare a
meno della coscienza (attuale)
dell’obbligo giuridico di attivarsi
d
Perché l’omittente risponda a titolo di dolo in generale occorre non
penalmente.
solo la conoscenza dei presupposti (c.d. situazione tipica) del dovere
di attivarsi, ma anche la consapevolezza della «possibilità di agire»
nella direzione voluta dalla norma: infatti, senza quest’ultimo
elemento, l’omissione non può mai esprimere il significato di una
risoluzione, di una scelta tra due o più possibilità.
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II. COLPA
Possibilità di agire
L’adempimento del dovere di diligenza presuppone – è ovvio – che il
soggetto obbligato abbia la «possibilità di agire» nel senso richiesto.
III. COSCIENZA
DELL’ILLICEITA’ Possibilità di conoscere il precetto penale
Nel settore dei reati omissivi, ai fini della sussistenza della colpevolezza,
è sufficiente la possibilità di conoscere il precetto penale costituito,
nella specie, dal comando di agire penalmente sanzionato.
5. Il tentativo
I. TENTATIVO
Reati omissivi impropri
1. Il concorde riconoscimento della configurabilità del tentativo nei
delitti omissivi impropri si spiega col fatto che tali delitti
strutturalmente si atteggiano a reati di evento. Sicchè è possibile
ipotizzare il tentativo in tutti i casi, nei quali la condotta omissiva
volontaria non è seguita per circostanze fortuite dalla verificazione
dell’evento.
2. Se qualche dubbio sussiste, questo riguarda la determinazione del
momento «inziale» dell’omissione punibile: la soluzione
probabilmente più corretta consiste nel ritenere che l’omissione
tentata assuma rilevanza penale nel momento in cui il ritardo
nell’azione di salvataggio provoca un pericolo «diretto» per il bene
tutelato o, comunque, aggrava una situazione di pericolo
preesistente.
6. La partecipazione criminosa
I. PARTECIPAZIONE NEL
REATO OMISSIVO
Concorso mediante omissione
Rispetto al concorso mediante omissione in un reato omissivo, ci si è
Concorso mediante
limitati a rivelare che il fenomeno è ammissibile allorché più soggetti
omissione d obbligati decidano, di comune accordo, che ciascuno non adempirà al
Ad es. più persone convengono di
suo obbligo di condotta.
non prestare soccorso ad un
ferito nel quale si sono per caso
imbattute.
Concorso mediante azione
Concorso mediante La dottrina ammette che si può configurare un concorso mediante
azione azione in un reato omissivo.
a. Si ipotizzi che Tizio istighi
Caio a non soccorrere una
persona in pericolo.
b. A ben vedere, però, il ricorso
all’istituto della
partecipazione criminosa si
rivela in casi come questo
superfluo, qualore
l’istigatore sia
personalmente in grado di
soccorrere la persona in
pericolo: in presenza di tale
condizione, infatti, anch’egli
può bene assumere
direttamente il ruolo di
«autore» del delitto di
omissione di soccorso.
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LA RESPONSABILITA’
OGGETTIVA
156
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1. Responsabilità oggettiva Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. PREMESSA
Responsabilità oggettiva
1. Non poche delle attuali ipotesi di responsabilità oggettiva si
fanno risalire al vecchio principio, di matrice canonistico-
medievale, qui in re illecita versatur tenetur etiam pro casu:
nella prospettiva cioè di una tendenziale identificazione tra
delitto e peccato, si riteneva che il delinquente-peccatore
dovesse rispondere di «tutte» le conseguenze oggettivamente
cagionate dalla sua precedente azione criminosa, non importa
se volute o non volute, prevedibili o fortuite.
2. A partire dall’epoca illuministica, lo stesso principio del versari in
re illecita viene reinterpretato in chiave di prevenzione
generale: precisamente, nel senso che la consapevolezza, da
parte del potenziale autore, che l’autore, che l’ordinamento gli
addossa tutte le conseguenze materialmente connesse alla sua
azione illecita, dovrebbe a maggior ragione – costituire un
fattore capace di inibire la spinta criminosa.
3. Orbene, proprio questa maggiore efficacia intimidatrice (della
prevenzione generale) dovrebbe secondo una parte della stessa
dottrina contemporanea – continuare a giustificare, sul piano
politico-criminale, il mantenimento (almeno) di alcune forme di
responsabilità obiettiva.
Responsabilità
Responsabilità oggettiva
oggettiva
La responsabilità oggettiva è
La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a
quella forma di responsabilità, in carico dell'agente, come conseguenza della sua azione od
virtù della quale un determinato omissione.
evento viene posto a carico
dell’autore in base al solo Altrimenti
rapporto di causalità materiale: Con l’avverbio «altrimenti» il legislatore allude ad un ulteriore
non si richiede, dunque, né che parametro di imputazione, che va tradizionalmente sotto il nome
l’evento costituisca oggetto di di responsabilità oggettiva.
una volontà colpevole (dolo), né
che sia conseguenza di una
condotta contraria a regole di
diligenza sociali o scritte (colpa). Inquadramento giuridico della responsabilità oggettiva
1. La responsabilità oggettiva non configura un modello delittuoso
autonomo che introduce delle eccezioni al principio della
colpevolezza.
2. Nel nostro ordinamento si innesta strutturalmente nelle diverse
tipologie delittuose: reati dolosi e colposi, commissivi ed
omissivi.
II. PRINCIPI
COSTITUZIONALI Principio di personalità
1. Secondo una prima interpretazione fondamentalmente accolta
in non poche sentenze emesse fino a qualche tempo fa dalla
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Corte costituzionale, il 1° comma dell’art. 27 Cost. si limiterebbe
a bandire la sola responsabilità per fatto altrui (ad es.
rappresaglie nei confronti di innocenti per punire
indirettamente nemici, avversari, ecc.).
Alla stregua di questa interpretazione «minima» del principio di
personalità, la responsabilità oggettiva sarebbe perfettamente
costituzionale perché pur sempre ancorata, attraverso il
rapporto di causalità materiale, alla condotta dello stesso
soggetto destinatario della sanzione.
2. Le obiezioni di incostituzionalità sollevate dall’istituto della
responsabilità oggettiva prendono invece corpo se il principio
della personalità ex art. 27, comma 1°, Cost. lo si interpreta nella
sua espansione massima, cioè come sinonimo di responsabilità
personale colpevole.
Se per fondare un rimprovero di colpevolezza è infatti
necessaria almeno la presenza di una condotta contraria al
dovere di diligenza (colpa), di colpevolezza non può certo
parlarsi nel caso della responsabilità oggettiva basata sul
semplice nesso di causalità materiale. Proprio dalla ritenuta
costituzionalizzazione del principio nullum crimen sine culpa
deriva, dunque, una insanabile contraddizione tra il modello
costituzionale di responsabilità penale e le vigenti norme che
continuano a prevedere ipotesi di responsabilità oggettiva.
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siano allo stesso agente rimproverabili e cioè anche
soggettivamente disapprovati».
Interpretazione correttiva
1. La più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, e in
particolare la sentenza a sezioni unite del 22 gennaio 2009,
assume tendenzialmente una portata generale: pur prendendo
le mosse da un’ipotesi specifica di responsabilità dello
spacciatore per morte del tossicodipendente assuntore di
sostanza stupefacente (ipotesi riconducibile all’art. 586 c.p.:
morte o lesione come conseguenza di altro delitto), la
Cassazione ha infatti affermato principi generali.
2. La responsabilità per l’evento non voluto presuppone, oltre al
nesso di causalità con la condotta dell’agente, che sia accertata
in capo a quest’ultimo la presenza di un elemento soggettivo
costituito da una colpa in concreto, a sua volta ancorata ad un
coefficiente di prevedibilità e di evitabilità dell’evento valutato
dal punto di vista di un razionale agente modello31, il quale si
trovi nella concreta situazione dell’agente reale, ed alla stregua
di tutte le circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili
dall’agente reale medesimo.
III. CASI DI
RESPONSABILITA’ Aberratio delicti
OGGETTIVA «PURA»
Se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per
un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto il
colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando
il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo
A titolo di colpa
La formula «a titolo di colpa» si riferisce non al piano degli
elementi strutturali del fatto di reato, ma a quello delle
conseguenze sanzionatorie: il che significa che si applicano le
stesse pene previste per il reato colposo, mentre il criterio di
attribuzione della responsabilità rimane di natura obiettiva.
31
Tali principi rappresentano il frutto di un serio sforzo di trapianto dei presupposti generali della colpa, tradizionalmente elaborati
nell’ambito delle attività a rischio-base lecito, nel diverso contesto delle attività illecite: da qui il riferimento non più alla figura
dell’homo ejusdem professionis et condicionis, secondo il concetto di agente-modello tipico del normale illecito colposo, bensì alla
più generica e scarna figura dell’uomo razionale idealmente collocato nella medesima posizione dell’agente concreto.
159
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Il legislatore attribuisce il diverso reato realizzato anche al
partecipe che non lo ha voluto, in base al semplice nesso di
causalità materiale.
Reati di stampa
1. L’art. 57, nella originaria Reati di stampa
formulazione, chiamava a Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi
rispondere di omesso di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale
impedimento dei reati omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il
commessi a mezzo di stampa controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione
il direttore o il vice-direttore siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è
di giornale, e ciò sulla base commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura
del ruolo di supremazia («per
non eccedente un terzo.
ciò solo») rivestito da tali
soggetti. Bastava cioè il fatto
oggettivo di una omissione di Art. 57: responsabilità oggettiva o no?
controllo da parte di soggetti 1. Nonostante l’intervenuta modifica legislativa, parte della
indicati, a prescindere dalla dottrina sostiene che l’art. 57 continui a configurare
prova del carattere colposo un’ipotesi di responsabilità oggettiva. A sostegno dell’assunto,
del comportamento omissivo si osserva che l’inciso «a titolo di colpa», per come è collocato
medesimo: che si trattasse di all’interno della disposizione, si riferisce non già al
una forma di responsabilità fondamento della responsabilità (e quindi alla colpa come
oggettiva, non era da effettivo elemento di struttura della fattispecie), bensì alla
nessuno contestato. disciplina del fatto come se fosse colposo.
2. La Corte costituzionale, 2. La dottrina e la giurisprudenza prevalente considerano oggi,
chiamata a pronunciarsi sulla invece, la figura di reato prevista dall’art. 57 come colposa a
legittimità dell’art. 57 nella tutti gli effetti: secondo questa interpretazione non basta
formulazione originaria, con accertare che il direttore ha obiettivamente violato l’obbligo
sentenza n. 3/56 da un lato di controllo, ma è necessario verificare se tale omissione sia
respingeva l’eccezione di dovuta ad un atteggiamento di negligenza. Più precisamente,
incostituzionalità, ma al direttore deve potersi rivolgere l’addebito o di non avere
dall’altro sollecitava il controllato, a causa di un atteggiamento negligente, il
legislatore a provvedere in contenuto dell’articolo, ovvero di averne superficialmente
sede di riforma. valutato la liceità penale.
3. L’auspicata riforma,
realizzata con la legge 4 Non avere controllato
marzo 1958, n. 127, ha 1. Ancorchè incomba inevitabilmente sul giudice il compito di
condotto all’attuale specificare il contenuto dell’obbligo di controllo in
formulazione dell’art. 57. rapporto ai singoli casi concreti, è tuttavia da respingere la
tesi che attribuisce all’organo giudicante una delega in
bianco ai gfini dell’individuazione della diligenza richiesta.
2. L’ambito dei doveri di controllo del direttore (o
vicedirettore) devono essere circoscritti dal giudice
tenendo conto almeno di un duplice aspetto:
- da un lato, delle modalità di funzionamento, della
struttura e dell’articolazione dei ruoli all’interno delle
moderne aziende giornalistiche (per cui, quanto più
complessa e articolata risulta la struttura organizzativa,
tanto meno esigibile appare un diffuso e capillare controllo
«personale» da parte del direttore);
- dall’altro, della natura «informativa» o «valutativa» dello
scritto da controllare (nel senso che il controllo del
direttore dovrà essere più rigoroso rispetto alla veridicità
delle notizie e delle relative fonti, e meno penetrante
rispetto alle valutazioni che l’autore dell’articolo aggiunge
a commento dei fatti).
160
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IV. CASI DI
RESPONSABILITA’ Delitto preterintenzionale32: quale configurazione?
OGGETTIVA «MISTA»
1. Il delitto preterintenzionale non delinea un nuovo modello di
responsabilità, ma costituisce piuttosto un’ipotesi di dolo misto
a responsabilità oggettiva.
Delitto Alla stregua della definizione contenuta nell’art. 43, comma 2°,
preterintenzionale ci si trova dunque di fronte alla combinazione tra un’azione
Il delitto è preterintenzionale, o diretta a commettere un delitto meno grave e la realizzazione di
oltre l'intenzione, quando
un evento più grave di quello voluto: l’azione diretta a
dall'azione od omissione deriva
un evento dannoso o pericoloso
provocare l’evento meno grave, in quanto tale evento è voluto,
più grave di quello voluto è certamente dolosa. Quanto all’evento più grave non voluto, la
dall'agente. legge si limita ad affermare che deve essere conseguenza della
condotta, ma non richiede espressamente che sia commesso
con colpa: se ne deduce che – secondo almeno l’impostazione
originaria del legislatore – l’evento più grave viene accollato
sulla base del semplice nesso di causalità materiale e, dunque,
in base al criterio della responsabilità oggettiva.
2. La opposta tesi che ravvisa nella preterintenzione un misto di
dolo e colpa, fa leva sull’argomento che nella specie si sia in
presenza di un caso di colpa per inosservanza di leggi:
precisamente, l’evento più grave non voluto conseguirebbe alla
violazione della norma penale che vieta l’azione (dolosa) diretta
a commettere il reato meno grave.
Reati aggravati
dall’evento Reati aggravati dall’evento
Si definiscono aggravati o Tradizionalmente si distinguono 2 gruppi di reati aggravati
qualificati dall’evento i reati che dall’evento a seconda:
subiscono un aumento di pena a. che sia indifferente che l’evento aggravante sia voluto o no;
per il verificarsi di un evento ovvero
ulteriore rispetto ad un fatto-
b. che la volontà dell’evento più grave comporti l’applicabilità di
base che già costituisce reato.
una diversa fattispecie penale.
Reati aggravati
dall’evento Indifferentemente che l’evento sia voluto o no
I reati aggravati dall’evento Come esempi del primo gruppo, si considerino:
costituiscono l’espressione forse a. il delitto di calunnia (art. 368), che rimane tale a prescindere
più tipica dell’antico principio dalla circostanza che l’evento aggravante (costituito dalla
«qui in re illicita versatur tenetur condanna alla reclusione superiore a 5 anni del soggetto
etiam pro casu»: l’evento falsamente incolpato) sia voluto o no;
aggravatore, infatti, alla stregua b. i delitti di falsità in valori pubblici di cui agli artt. 453 e 455,
di tale principio viene accollato che rimangono tali a prescindere dalla volizione o dalla
all’agente in base al mero nesso mancata volizione dell’evento aggravatore, costituito nella
causale, e perciò a prescindere da
32
Nonostante sia prevista nella parte generale del codice, le ipotesi di preterintenzione nel nostro ordinamento sono soltanto 2. La
principale è contenuta nel codice penale ed è costituita dall’omicidio preterintenzionale, che si realizza allorché un soggetto, con
atti diretti a percuotere o ledere, cagiona (involontariamente) la morte di un uomo (art. 584). La seconda è quella dell’aborto
preterintenzionale, la quale ricorre quando, con azioni dirette a provocare lesioni, si cagiona come effetto non voluto l’interruzione
della gravidanza (art. 18, comma 2°, legge 22 maggio 1978, n. 194).
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qualsiasi requisito di specie dalla diminuzione del prezzo della valuta o dei titoli di
colpevolezza. stato, ecc.
Volontà dell’evento più grave comporti
l’applicabilità di una diversa fattispecie penale
Come esempi del secondo gruppo, in cui l’evento non deve essere
voluto (neppure in forma di dolo eventuale) perché altrimenti si
configura una diversa fattispecie di reato, si pensi: ai delitti di
abuso di mezzi di correzione o disciplina (art. 571), o di
maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572), oppure al
delitto di aborto non consentito, che si trasformano in omicidi o
lesioni personali ove i rispettivi eventi aggravatori siano voluti (o
lambiti dalla volontà dell’agente in forma di accettazione del
rischio della loro verificazione).
Natura giuridica?
1. Secondo un’opinione prevalente specie in passato, i delitti
aggravati dall’evento rappresenterebbero tutti figure di reato
circostanziato.
2. Secondo altra parte della dottrina, invece, la loro natura non
sarebbe unitaria: accanto ad ipotesi riconducibili alla
categoria dei reati circostanziati, ve ne sarebbero altre
qualificabili come figure autonome di reato; e talune di
queste ultime sarebbero altresì inquadrabili nello schema del
delitto preterintenzionale.
d
L’interferenza tra la responsabilità obiettiva e le condizioni
obiettive di punibilità è dovuta alla circostanza che l’evento-
condizione può – come si desume, appunto, dall’art. 44 –
verificarsi a prescindere da qualsiasi relazione psicologica col
soggetto.
Sussistenza dell’interferenza
L’interferenza tra la responsabilità obiettiva e le condizioni
obiettive di punibilità sussiste veramente in presenza di 2
condizioni.
1. Il primo presupposto perché si ponga un problema di
attribuzione dell’evento-condizione a titolo di responsabilità
oggettiva è che si tratti di condizioni di punibilità
causalmente ricollegabili all’azione tipica.
Condizione di
2. Il secondo presupposto perché sorga un problema di
punibilità intrinseca responsabilità oggettiva è che si tratti di condizione di
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Le condizioni di punibilità sono punibilità non estrinseca, ma che appunto incide sulla lesione
distinguibili in «intrinseche» ed del bene protetto.
«estrinseche», a seconda che
contribuiscano o no ad Obiezioni
approfondire la lesione È da ritenere che l’attribuzione a titolo puramente
dell’interesse protetto. oggettivo delle condizioni intrinseche di punibilità finisca
col contrastare col principio della responsabilità personale
colpevole ex art. 27, comma 1°, Cost.
Ed infatti, dette condizioni rientrano certamente
nell’ambito degli elementi significativi di fattispecie, e
pertanto, in applicazione dei principi fissati dalla Corte
costituzionale nelle due già più volte citate sentenze n.
364/88 e n. 1085/88, dovrebbero essere subiettivamente
imputabili all’agente almeno a titolo di colpa.
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CONCORSO DI REATI E
CONCORSO DI NORME
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1. Concorso di reati Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. UNITA’ E PLURALITA’ DI
AZIONE
Criterio-guida
1. Al fine di individuare il criterio-guida della distinzione tra unità e
pluralità di azione, si suole da tempo far ricorso ad un approccio
di tpo normativo-sociale: per determinare il carattere unitario
dell’azione si richiede cioè il duplice requisito della contestualità
degli atti e dell’unicità del fine.
2. In altri termini, più azioni in senso naturalistico si ricompongono
in un’azione giuridicamente unitaria se unico è lo scopo che le
sorregge e se si susseguono nel tempo senza apprezzabile
interruzione.
Reati colposi
1. Nei reati colposi sussiste unità di azione se, nonostante la
violazione di più obblighi di diligenza, l’evento tipico si è
verificato una sola volta.
2. Laddove si siano invece verificati più eventi tipici o lo stesso
evento si sia verificato più volte, si tratta di stabilire se l’autore,
tra un evento e l’altro, fosse o no in grado di adempiere
all’obbligo di diligenza; nel primo caso si avrà «pluralità», nel
secondo «unità» di azione.
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f
Con questa importante innovazione, il legislatore del 1974:
a. ha eliminato uno degli aspetti più accentuatamente
repressivi del codice Rocco; ed
b. ha, al contempo, sostanzialmente ricondotto la disciplina del
concorso formale ai principi che già la informavano nel
codice Zanardelli del 1889, il quale contemplava il cumulo
giuridico per il concorso formale omogeneo e l’assorbimento
(cioè l’applicazione della sola pena prevista per il reato più
grave) per il concorso formale eterogeneo.
c
Si tratta invero di una ulteriore forma di accanimento repressivo
nei confronti del recidivo reiterato obbligatorio, frutto di quella
opzione «tolleranza zero».
Duplice rilevanza
La recidiva aggravata reiterata finisce con l’assumere una duplice
rilevanza, nel senso che il suo effetto sul carico sanzionatorio
complessivo viene a prodursi più volte:
1. una prima volta in sede di determinazione della pena-base; e
2. una seconda volta in sede di determinazione del trattamento
connesso al concorso formale o alla continuazione.
Giurisprudenza
a. Nei casi di reati puniti con pene di specie diversa (ad es.
reclusione e arresto ovvero multa e ammenda), dopo
interventi di segno contrario delle stesse Sezioni Unite, ha
infine preso posizione la Corte cost. che, con la sentenza
interpretativa n. 312/88, ha avallato l’orientamento estensivo,
affermando che non esiste alcuna ragione di principio per non
dare massima espansione all’istituto del reato continuato e ai
relativi benefici.
b. Rimane a tutt’oggi controversa, invece, l’ammissibilità della
continuazione nel caso di reati puniti con pene di genere
diverso, cioè di reati puniti, rispettivamente, con pene
detentive (arresto o reclusione) e con pene pecuniarie (multa
o ammenda): a ben vedere, il problema, la soluzione del quale
spiega il persistere di orientamenti giurisprudenziali
contrastanti, attiene alla individuazione dei criteri alla cui
stregua operare l’aumento della pena prevista per il reato
ritenuto più grave.
Natura giuridica
La ratio dell’istituto impone di considerare il reato continuato
come reato unico o come pluralità di reati, in funzione del
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carattere più o meno favorevole degli effetti che
dall’accoglimento dell’uno o dell’altro punto di vista discendono
nei confronti del reo.
In applicazione del predetto criterio, il reato continuato va
ritenuto come:
- reato unico ai fini dell’applicazione della pena e della
dichiarazione di abitualità e professionalità; e
- reato plurimo ai fini dell’amnistia propria, del computo della
durata del tempo necessario a prescrivere, della responsabilità
dei concorrenti nell’ambito del concorso di persone,
dell’applicabilità delle circostanze, ecc.
II. SPECIALITA’
Criterio della specialità
Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge
Criterio della specialità penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge
1. Tizio si impossessa di un oggetto speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale33.
altrui di tenue valore per
provvedere ad un grave ed
urgente bisogno.
2. A prima vista, sono prospettabili Stessa materia
le fattispecie di cui agli artt. 624 1. Secondo un orientamento, oggi diffuso però più in
e 626, comma 1°, n. 2. giurisprudenza che in dottrina, il concetto di «stessa materia»
3. Ma, ad un esame più attento, ci non solo alluderebbe all’esistenza di un «medesimo fatto»
si accorge che la norma di cui apparentemente riconducibile a più norme, ma presupporrebbe
agli artt. 626 è speciale rispetto anche identità od omogeneità del bene protetto, con la
all’altra: infatti, essa contiene conseguenza che il rapporto di specialità intercorrerebbe
tutti gli elementi della norma
soltanto fra norme poste a tutela di un medesimo bene
generale (art. 624) che configura
giuridico.
il furto comune, ma in più
comprende – come elementi, 2. Secondo un altro indirizzo interpretativo, il concetto di «stessa
appunto, specializzanti – lo stato materia» farebbe riferimento non solo alle ipotesi nelle quali un
di bisogno e il tenue valore della medesimo fatto rientra in più norme incriminatrici (com’è
cosa sottratta; ne deriva che secondo la logica tipica del principio di specialità), ma anche a
l’unica norma incriminatrice quelle in cui un medesimo fatto concreto è riconducibile a due o
applicabile è, nella specie, quella più figure criminose, pur se tra le medesime non sussiste «in
di cui all’art. 626. astratto» un rapporto di genere a specie: per qualificare questo
nuovo fenomeno si parla, appunto, di specialità c.d. in concreto.
33
Il rapporto di specialità può intercorrere non solo tra norme incriminatrici, ma anche tra norme incriminatrici da un
lato e norme c.d. di liceità, dall’altro: ad es. le disposizioni che dichiarano lecito l’arresto facoltativo (art. 388 c.p.p.)
sono speciali rispetto a quella che incrimina il sequestro di persona (art. 605).
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3. Altra parte della dottrina estende il rapporto di specialità ai casi
di c.d. specialità reciproca o bilaterale: tale relazione
sussisterebbe allorchè nessuna norma è speciale o generale, ma
ciascuna è ad un tempo generale e speciale, perché entrambe
Identità/omogeneità presentano, accanto ad un nucleo di elementi comuni, elementi
del bene protetto specifici ed elementi generici rispetto ai corrispondenti
Il rapporto di specialità sarebbe da dell’altra.
escludere tra la norma che configura 4. Fiandaca-Musco ritengono che l’ambito di applicazione del
la violenza privata (art. 610) e quella principio di specialità va circoscritto entro i limiti connaturati alla
che incrimina la violenza o minaccia sua accezione originaria: cioè il rapporto di specialità sussiste
a pubblico ufficiale (art. 336), soltanto tra fattispecie astratte e in senso univoco. Ne deriva
essendo i beni rispettivamente che il concetto di «stessa materia», cui fa riferimento l’art. 15,
protetti nell’un caso la libertà
sta semplicemente a indicare il presupposto dell’instaurarsi di
individuale e, nell’altro, la pubblica
amministrazione.
un rapporto di specialità tra fattispecie – vale a dire che ricorre
una medesima situazione di fatto sussumibile, a prima vista,
sotto più norme
Specialità in concreto
Si consideri il rapporto tra millantato Specialità reciproca o bilaterale
credito (art. 346) e truffa (art. 640): Si pensi al rapporto intercorrente tra la fattispecie di aggiotaggio
ponendo a raffronto le rispettive comune (art. 501) e quella di aggiotaggio societario (art. 2628):
fattispecie incriminatrici astratte, ci entrambe hanno in comune i cosiddetti atti di aggiotaggio; ma
si accorge che nessuna delle due mentre la prima richiede il fine di turbare il mercato interno (dolo
contiene in sé l’altra con l’aggiunta di specifico), per la seconda è sufficiente il dolo generico; ed ancora,
uno o più elementi specializzanti. mentre la prima può essere commessa da «chiunque», legittimati
Nondimeno, un rapporto di a realizzare la seconda sono soltanto soggetti che rivestono
«interferenza» tra le due fattispecie determinate qualifiche (amministratori, direttore generale, ecc.).
in parola può di fatto instaurarsi
nell’eventualità che il reato di truffa
venga in concreto commesso
millantando il credito: si ipotizzi che
Tizio, al fine di far ottenere un
provvedimento di libertà provvisoria,
si faccia dare denaro da un
congiunto del soggetto arrestato
illudendolo di poter influenzare,
grazie al suo rapporto di amicizia, il
giudice che deve pronunciarsi sulla
scarcerazione.
Orbene questo medesimo fatto, in
quanto lesivo del prestigio della
pubblica amministrazione, integra il
reato di millantato credito e, in
quanto lesivo di un interesse
patrimoniale privato, integra il
delitto di truffa. Solo che la truffa
appare come semplice modalità
esecutiva del millantato credito,
onde sembra da escludere che
sussista un reale concorso di reati.
Il rapporto di specialità in concreto
andrebbe – in questo caso e negli
altri consimili – risolto applicando la
norma che meglio si adatta al caso
concreto di specie, normalmente
ravvisata in quella che prevede il
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trattamento più severo: nella specie
dunque si applicherebbe soltanto la
norma che punisce il millantato
credito, la quale, in quanto
caratterizzata da un maggiore
disvalore, assorbirebbe in sé quella
sulla truffa.
III. SUSSIDIARIETA’
Criterio della sussidiarietà
Tradizionalmente annoverato tra i criteri più consolidati di
risoluzione del conflitto apparente di norme, il principio di
sussidiarietà intercorrerebbe tra norme che prevedono stadi o gradi
diversi di offesa di un medesimo bene: in modo tale che l’offesa
maggiore assorbe la minore e, di conseguenza, l’applicabilità
dell’una norma è subordinata alla non applicazione dell’altra (lex
primaria derogat legi subsidiariae).
IV. ASSORBIMENTO
Criterio dell’assorbimento
Il principale criterio non logico, ma di valore utilizzato per
Ne bis in idem risolvere i casi di conflitto apparente tra norme non risolubili alla
Il criterio in questione ha a stregua del rapporto di specialità, è quello dell’assorbimento o –
fondamento il più generale principio come anche si dice – della consunzione: esso è invocabile per
del ne bis in idem, il quale fa divieto escludere il concorso di reati in tutte le ipotesi nelle quali la
di punire due volte il medesimo
realizzazione di un reato comporta, secondo l’id quod
fatto.
pluremque accidit, la commissione di un secondo reato, il quale
perciò finisce, ad una valutazione normativo-sociale, con
l’apparire assorbito dal primo
g Caratteristiche essenziali del principio dell’assorbimento,
Si pensi ad es. ad un furto pertanto, sono le seguenti:
accompagnato dal danneggiamento 1. esso non poggia su di un rapporto logico tra norme, ma su di un
della cosa sottratta; ad una truffa
rapporto di valore, in base al quale l’apprezzamento negativo
commessa millantando credito; ad
del fatto concreto appare tutto già compreso ella norma che
una violenza carnale successiva ad
atti osceni e così via. prevede il reato più grave, con la conseguenza che
contemporanea applicazione della norma che prevede il reato
meno grave condurrebbe ad un ingiusto moltiplicarsi di sanzioni;
2. esso richiede non la identità naturalistica (come il principio di
specialità), bensì la unitarietà normativo-sociale del fatto.
V. REATO COMPLESSO
Reato complesso
Le disposizioni sul concorso di reati non si applicano quando la legge
considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti
di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato.
f
La funzione pratica cui assolve l’art. 84, è quella di evitare che
l’interprete sia indotto ad applicare il regime del concorso di reati
laddove il legislatore ha proceduto ad una unificazione normativa
di fatti che integrerebbero autonome fattispecie incriminatrici.
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Limiti di pena
Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato
complesso si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo
costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi previsti
per il concorso di reati.
Procedibilità d’ufficio
Nei casi preveduti dall'articolo 84, per il reato complesso si procede
sempre di ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi
costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio.
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LE SANZIONI
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1. Presupposti teorici e politico- Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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criminali
I. SISTEMA DEL DOPPIO
BINARIO
Sistema del doppio binario
1. Il legislatore del 1930 raccoglie alcune indicazioni di fondo del
dibattito europeo, tendenti a riorganizzare il sistema
sanzionatorio attorno ai poli della prevenzione generale (attuata
anche attraverso il momento retributivo) e speciale,
rispettivamente affidate a strumenti sanzionatori di natura
diversa.
2. Questa scelta offre anche il destro al nostro legislatore per
cercare di conseguire un importante obiettivo: quello cioè di
sanare il contrasto tra la Scuola classica e la Scuola positiva, che
Scuola classica divideva gli studiosi italiani dell’epoca in posizioni contrapposte.
Gli aderenti alla Scuola classica 3. L’accennato tentativo di conciliazione sfociò in un risultato che
difendevano la concezione fece apparire la nostra legislazione come «avanguardistica»: si
retributiva della pena, sul
allude all’introduzione del sistema del c.d. doppio binario, cioè
presupposto dell’esistenza del
un sistema per il quale si prevede, accanto e in aggiunta alla
libero arbitrio, all’interno di una
concezione del diritto penale di pena tradizionale inflitta sul presupposto della colpevolezza, una
ascendenza illuministico-liberale. misura di sicurezza, vale a dire una misura fondata sulla
pericolosità sociale del reo e finalizzata alla sua risocializzazione.
4. La funzione di prevenzione generale viene tutta affidata alla
pena; mentre la funzione di prevenzione speciale è, invece,
Scuola positiva affidata alle misure di sicurezza.
I seguaci della Scuola positiva
respingevano l’idea retributiva
della pena in quanto negavano il
libero arbitrio, e prospettavano Contraddizioni teoriche
invece un sistema di misure L’applicabilità ad un medesimo soggetto di una pena e di una misura
adatte al «tipo di delinquente» di sicurezza, aventi come presupposto l’una (pena) la libertà del
ed aventi ora finalità
volere e la colpevolezza, l’altra (misura di sicurezza) la tendenza
terapeutiche (rispetto ai
deterministica a delinquere e la conseguente pericolosità sociale,
delinquenti recuperabili), ora
scopi neutralizzanti (rispetto ai sembra supporre una concezione dell’uomo come essere «diviso in
delinquenti irrecuperabili). due parti»: libero e responsabile per un verso, e come tale
assoggettabile a pena; determinato e pericoloso per un altro verso,
e come tale assoggettabile a misure di sicurezza.
Interferenze di disciplina
1. Sul piano della disciplina positiva, sono registrabili interferenze
che finiscono col rendere assai problematica e incerta la linea di
demarcazione tra i rispettivi criteri che presiedono
all’applicazione della pena e della misura di sicurezza.
2. Dal canto suo l’art. 133, nel regolare il potere discrezionale del
giudice nella commisurazione della pena, stabilisce che si deve
tenere conto anche della «capacità di delinquere del
colpevole», desunta da una serie di indici relativi alla sua
personalità e al suo ambiente di provenienza.
3. A sua volta l’art. 203, relativo all’accertamento della pericolosità
quale presupposto della misura di sicurezza, dispone che la
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qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle stesse
circostanze indicate nell’art. 133.
4. Ciò significa, dunque, che per il giudizio di pericolosità rilevano
quegli stessi elementi che servono per la quantificazione della
pena: ma, se così è, finiscono con lo sfumare le differenze di
presupposti applicativi tra pene e misure; e, di conseguenza,
diventa artificioso lo stesso principio del doppio binario.
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- Ma lo «strumento» (o tecnica) di rieducazione muterà, a
seconda che si abbia a che fare , ad es., con un emarginato o,
Tecnica
a. Nel caso dell’emarginato
all’opposto, con un «colletto bianco».
non potrà esservi
riappropriazione dei valori
della convivenza senza un Consenso del destinatario
previo superamento della Perché il processo rieducativo possa avere corso senza tradursi in
condizione di emarginazione:
una imposizione coercitiva nei confronti del destinatario, occorre
ecco che il «reinserimento»
nella società diventa in
che vi sia la disponibilità psicologica di quest’ultimo.
questo modo una condizione
o tecnica dello stesso Rifiuto del soggetto destinatario della sanzione
processo rieducativo. È in questo senso che va colto l’autentico significato del verbo
b. Nel caso del «colletto «tendere», impiegato dal legislatore nel 3° comma dell’art. 27
bianco» essendo il reo un Cost: in altri termini, dal momento che non può essere
soggetto già ben inserito coercitivamente imposta, la rieducazione trova un ostacolo
socialmente, la rieducazione nell’eventuale rifiuto opposto dal soggetto destinatario della
potà essere perseguita anche sanzione.
attraverso una sanzione di
tipo «afflittivo». Con Autonomia morale dell’individuo
l’avvertenza, però, che Il rifiuto opposto dal soggetto destinatario della sanzione
questo momento afflittivo costituisce un ostacolo alla rieducazione perché è necessario
dovrà pur sempre servire a rispettare un altro valore dotato di rilevanza costituzionale: e
stimolare l’assunzione di cioè, l’autonomia morale dell’individuo.
schemi di comportamento
socialmente più accettabili
nella prospettiva del modello
di società prefigurato dal
nostro ordinamento
costituzionale.
Orientamento culturale
1. La minaccia della pena adempie una funzione morale-
pedagogica o di orientamento culturale dei consociati
(prevenzione generale c.d. positiva).
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2. In altri termini, secondo questa impostazione, la forte
disapprovazione sociale, della quale sia la minaccia che
l’inflizione della pena sono simbolo, favorisce e stabilizza
l’identificazione della maggioranza dei cittadini con il sistema di
valori protetto dall’ordinamento giuridico.
3. Il timore di potere andare soggetti ad una sanzione punitiva
agirebbe infatti, anche inconsapevolmente, da fattore che
facilita in ciascuno di noi la formazione di un Super-io (coscienza
morale) osservante i comandi della legge.
IV. RETRIBUZIONE
Teoria neoretribuzionistica
L’idea della «retribuzione»
1. La tesi centrale da cui muove la teoria neoretribuzionistica è che
costituisce, da sempre, il leit-
motiv di ogni discorso sulla pena: l’idea retributiva troverebbe una base empirica nei bisogni
già la celebre espressione latina, emotivi di punizione esistenti nella società e in ciascun
che definisce la pena malum individuo di fronte alla perpetrazione dei reati.
passionis propter malum actionis, 2. Facendo propri approcci esplicativi ispirati alla psicoanalisi, si
evidenzia bene l’idea che la sottolinea che lo spettacolo di chi delinque costituisce un
sanzione penale deve servire a esempio potenzialmente contagioso, essendo vivo
compensare la colpa per il male nell’inconscio di ciascuno il desiderio di trasgredire le
commesso (puniatur quia proibizioni.
peccatum est).
3. La reazione punitiva dello Stato nei confronti del delinquente
L’idea retributiva implica anche,
che ha osato appagare i suoi impulsi delittuosi, mentre da un
per sua natura, il concetto di
proporzione: la risposta lato canalizza l’aggressività suscitata nei cittadini dalla
sanzionatoria, se deve commissione dell’atto criminale, conferma e rafforza, dall’altro,
compensare il male provocato la loro fedeltà ai valori tutelati.
dall’azione illecita, non può non
essere proporzionata alla gravità
del reato medesimo.
V. PREVENZIONE SPECIALE
Protezione dei beni giuridici
La teoria della «prevenzione
Il sistema penale di uno Stato democratico e pluralistico non può
speciale» fa leva sull’idea che
l’inflizione della pena ad un pretendere di trasformare il delinquente né in un «santo» né in un
determinato soggetto, serva ad «onesto ragioniere»: la prevenzione speciale come risocializzazione
evitare che il medesimo compia – non diversamente, del resto, dalla prevenzione generale intesa
in futuro altri reati. come strumento di orientamento morale-pedagogico – costituisce
soltanto una tecnica finalizzata all’obiettivo primario della
protezione dei beni giuridici.
Neutralizzazione
La tecnica più elementare consiste nella neutralizzazione del
soggetto potenzialmente pericoloso ottenuta:
a. grazie all’impiego della coercizione fisica ad es. un uomo in
carcere è posto nella condizione di non poter compiere almeno
determinati tipi di delitti; o
b. attraverso forme di interdizione giuridica, che impediscano al
reo di continuare a svolgere attività che hanno occasionato la
commissione di delitti ad es. il divieto di contrattare con la
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p.a., come sanzione accessoria inflitta all’autore di certi tipi di
reato commessi nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
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Ergastolo Ergastolo
L’ergastolo è una pena detentiva La pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli istituti
a vita. a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Lavoro all’aperto
Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro
all'aperto.
Minorenni imputabili
Con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, la Corte costituzionale ha
ravvisato un’incompatibilità insanabile tra la pena perpetua e la
minore età, facendo leva sul particolare significato che la
rieducazione finisce con l’assumere ove venga riconsiderata alla
stregua della speciale protezione che l’art. 31 Cost. accorda
all’infazia e alla gioventù.
Pena fissa
Un profilo di possibile illegittimità costituzionale dell’ergastolo si
riferisce alla sua natura di pena «fissa», tanto più dopo che la
stessa Corte costituzionale si è pronunciata a favore della tesi che
assume come costituzionalmente imposta una commisurazione
«individualizzata» della sanzione punitiva: ed infatti la Corte ha
affermato che «in linea di principio, previsioni sanzionatorie fisse
non appaiono in armonia con il volto costituzionale del sistema
penale, salvo che appaiano proporzionate all’intera gamma di
comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato».
Reclusione
Reclusione La pena della reclusione si estende da 15 gg a 24 anni, ed è scontata
Pena temporanea restrittiva della in uno degli istituti a ciò destinati con l'obbligo del lavoro e con
libertà personale che viene l'isolamento notturno.
scontata in uno degli stabilimenti
a ciò destinati, in seguito alla
Lavoro all’aperto
condanna per aver commesso un
Il condannato alla reclusione può essere ammesso al lavoro
delitto.
all'aperto.
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5. Sono agevolati i rapporti con il mondo esterno e la famiglia;
6. Il lavoro non deve avere carattere afflittivo e deve essere
2
remunerato in misura non inferiore a delle tariffe sindacali.
3
Arresto
Arresto La pena dell'arresto si estende da 5 gg a 3 anni, ed è scontata in uno
L’arresto è la pena detentiva degli istituti a ciò destinati o in sezioni speciali, con l'obbligo del
temporanea per le lavoro e con l'isolamento notturno.
contravvenzioni e consiste in una
privazione della libertà che varia
dai 5 gg ai 3 anni e va scontata in Lavoro
uno degli stabilimenti previsti per Il condannato all'arresto può essere addetto a lavori anche diversi
la reclusione. da quelli organizzati nell'istituto, avuto riguardo alle sue attitudini
e alle sue precedenti occupazioni.
Multa Multa
La multa è la pena pecuniaria La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma
prevista per i delitti come ≥ € 50 e ˂ € 50.000.
sanzione conseguente alla
commissione di un delitto e
consistente nel pagamento allo Delitti determinati da motivi di lucro
Stato di una somma non inferiore Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce
a cinquanta euro, né superiore a soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la
cinquentomila euro multa da € 50 a € 25.000.
g
La norma dell’art. 24, comma 2°, dettata per i delitti determinati
in concreto da motivi di lucro, tende a colpire la particolare
183
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avidità del singolo delinquente nei casi in cui per il fatto di reato
è prevista la sola pena della reclusione.
Rata mensile
Ciascuna rata tuttavia non può essere ˂ € 15.
Permanenza domiciliare
Ammenda La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di
L’ammenda è la pena pecuniaria rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata
per la contravvenzione. dimora ovvero in un luogo di cura/assistenza/accoglienza nei giorni
di sabato e domenica.
Durata
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La durata della permanenza domiciliare è ≥ 6 gg e ˂ 45 gg.
Istanza dell’imputato
Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità
solo su richiesta dell'imputato.
Durata
Il lavoro di pubblica utilità è ≥ 10 gg e ˂ 6 mesi.
Prestazione ˃ 8 h/gg
La durata giornaliera della prestazione non puo' comunque
oltrepassare le 8 ore.
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luogo pubblico o privato di cura, Ai delitti per i quali è prevista la pena della reclusione tra i 3 e i 5
assistenza e accoglienza anni, il giudice, tenuto conto dei criteri indicati dall'art. 133 c.p.,
denominato «domicilio». può applicare la reclusione domiciliare o l’arresto domiciliare.
Sospendibilità
1. le pene accessorie in origine non erano sospendibili
condizionalmente, e pertanto svolgevano di fatto un ruolo
sostitutivo delle pene principali, quale unica sanzione
concretamente applicata al condannato.
2. Tale disciplina è stata però profondamente innovata dal
legislatore del 1990 (art. 4, l. n. 19/1990), il quale ha introdotto il
principio antitetico della sospendibilità delle pene accessorie.
Durata
Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena
accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente
determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della
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pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di
conversione, per insolvibilità del condannato.
Inosservanza
Chiunque, avendo riportato una condanna, da cui consegue una
pena accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale
pena, è punito con la reclusione da 2 a 6 mesi.
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L'interdizione da una professione o da un'arte priva il condannato
della capacità di esercitare, durante l'interdizione, una professione,
arte, industria, o un commercio o mestiere, per cui è richiesto uno
speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o
licenza dell'Autorità.
Delitto
L’interdizione da una professione o da un’arte si applica
nell’ipotesi di condanna per un delitto commesso:
a. con abuso di un professione, arte, industria, o di un
commercio/mestiere; o
b. con violazione dei doveri ad essi inerenti.
Durata
L'interdizione da una professione/arte è ≥ 1 mese e ˂ 5 anni.
Legge
Sono salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.
Interdizione legale
È in stato di interdizione legale:
a. il condannato all'ergastolo; e
b. il condannato alla reclusione per un tempo ≥ 5 anni (durante la
pena).
Ergastolo
La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla
responsabilità genitoriale.
Giudice
Sono salvi i casi in cui il giudice dispone altrimenti.
Delitto
Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione ≥ 6 mesi per delitti
commessi:
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a. con abuso dei poteri; o
b. con violazione dei doveri inerenti all'ufficio.
Colletti bianchi
Questa pena accessoria ha la funzione di irrobustire la risposta
sanzionatoria nei confronti di alcune forme di criminalità tipiche
dei c.d. colletti bianchi, e cioè nei confronti di reati strettamente
collegati con l’esercizio di un’attività imprenditoriale.
Durata
Essa non può avere durata inferiore ad 1 anno né superiore a 5
anni.
Delitti
Importa l’incapacità di contrattare con la p.a.:
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a. la concussione;
b. la corruzione per un atto d’ufficio;
c. la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
d. la corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio;
e. la turbata libertà degli incanti;
f. l’inadempimento di contratti di pubbliche forniture;
g. la frode nelle pubbliche forniture;
h. l’associazione per delinquere;
i. la rimozione od omissione dolosa di cautele contro
infortuni sul lavoro;
j. l’agiotaggio;
k. le manovre speculative su merci; e
l. la truffa a danno dello Stato o di altro ente pubblico;
Delitti
Importa l’estinzione del rapporto di impiego/lavoro:
a. il peculato;
b. la concussione;
c. la corruzione per l’esercizio della funzione;
d. la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
e. la corruzione in atti giudiziari;
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f. l‘induzione indebita a dare/promettere utilità;
g. la corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.
Contravvenzione
La sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte
consegue ad ogni condanna all’arresto ≥ 1 anno per
contravvenzioni commesse:
a. con abuso della professione, arte, industria, o del commercio
o mestiere; o
b. con violazione dei doveri ad essi inerenti.
Durata
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non
può avere una durata inferiore a 3 mesi né superiore a 3 anni.
Durata
Essa non può avere una durata inferiore a quindici giorni né
superiore a due anni e
Contravvenzione
La sospensione dell’esercizio degli uffici direttivi consegue ad ogni
condanna all’arresto per contravvenzioni commesse:
a. con abuso dei poteri; o
b. con violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
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Sentenza di condanna
La sentenza di condanna è inoltre pubblicata nel sito internet del
Ministero della giustizia.
Durata
La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in
misura ≤ 30 gg.
Mancanza di previsione
In mancanza di una previsione, la durata è di 15 gg.
Modalità di pubblicazione
La pubblicazione è:
a. fatta per estratto; ed
b. eseguita d’ufficio.
Spese
La pubblicazione è eseguita e a spese del condannato.
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«intimidazione-ammonimento» e
di «non-desocializzazione»: più
che a una funzione di positivo
recupero sociale, le sanzioni
predette tendono cioè: Libertà controllata
1. per un verso, a esercitare La libertà controllata comporta in ogni caso:
una efficacia dissuasiva 1. il divieto di allontanarsi dal comune di residenza;
rispetto alla commissione di 2. l'obbligo di presentarsi almeno 1 volta al giorno, nelle ore
futuri reati; e fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del
2. per altro verso, a evitare i condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in
tipici effetti desocializzanti mancanza di questo, presso il comando dell'Arma dei carabinieri
della carcerazione breve.
territorialmente competente;
3. il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed
esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di
polizia;
4. la sospensione della patente di guida;
5. il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai
fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente;
6. l'obbligo di conservare e di presentare agli organi di polizia
l'ordinanza contenente le prescrizioni imposte.
Pena pecuniaria
Il giudice nel pronunciare la sentenza di condanna quando ritiene di
dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di 6
mesi, può sostituirla con la pena pecuniaria della specie
corrispondente.
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Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri
indicati nell'art. 133 del codice penale, può sostituire la pena
detentiva (an) e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al
reinserimento sociale del condannato (quomodo).
V. MISURE ALTERNATIVE
ALLA DETENZIONE
Affidamento in prova al servizio sociale
Se la pena detentiva inflitta non supera 3 anni, il condannato può
essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo
uguale a quello della pena da scontare.
Revoca
L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto,
contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia
incompatibile con la prosecuzione della prova.
Probation
L’affidamento in prova al servizio sociale si ispira all’istituto di
origine anglosassone del probation: ma, a differenza di
quest’ultimo che lascia il soggetto in libertà con il rispetto di
determinate prescrizioni e sotto il controllo e l’aiuto di personale
specializzato, l’affidamento in prova presuppone quasi sempre,
invece, iniziata l’esecuzione della pena detentiva; a causa della
34 Non si ritengono estinte le pene accessorie né le obbligazioni civili derivanti dal reato.
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natura «ibrida», esso viene definito forma di probation
penitenziario.
Limite
L'affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto
più di 2 volte.
Detenzione domiciliare
La pena della reclusione non superiore a 4 anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena
dell'arresto, possono essere espiate:
a. nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora;
ovvero
b. in un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza; ovvero
c. in case famiglia protette.
Modalità esecutive
Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare,
ne fissa le modalità esecutive.
Semilibertà
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e
all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per
partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al
reinserimento sociale.
Revoca
Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato
quando il soggetto:
a. non si appalesi idoneo al trattamento; o
b. rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo per non
più di 12 ore.
Liberazione anticipata
195
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Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione
all'opera di rieducazione è concessa, una detrazione di 45 gg per
ogni singolo semestre di pena scontata.
Riconoscimento
La liberazione anticipata costituisce un riconoscimento per la
partecipazione all’opera di rieducazione.
Permessi premio
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non
risultano socialmente pericolose, il magistrato di sorveglianza,
sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di
durata non superiore ogni volta a 15 gg per consentire di coltivare
interessi affettivi, culturali o di lavoro.
Durata complessiva
La durata dei permessi non può superare complessivamente 45 gg
in ciascun anno di espiazione.
Collaborazione irrilevante
I benefici predetti possono essere concessi anche se la
collaborazione risulta irrilevante quando si tratta di detenuti per i
medesimi delitti ai quali sia stata applicata una delle circostanze
attenuanti previste:
a. dall’art. 62, n. 6, c.p. (anche qualora il risarcimento sia
intervenuto dopo la sentenza di condanna);
b. dall’art. 114 c.p.; o
c. dall’art. 116, comma 2°, c.p.
d
Per quale ragione sia affidata alla discrezionalità giudiziaria la
concreta irrogazione della pena, non è difficile intuire: il
legislatore, essendo impotente a fissare in linea generale e astratta
tutte le sfumature di valore o disvalore del singolo episodio
criminoso, si trova costretto a delegare al giudice il compito di
valutare tutti gli aspetti del fatto rilevanti ai fini di un trattamento
penale sufficientemente individualizzato.
Discrezionalità vincolata
1. È opinione dominante che si tratti di una discrezionalità
vincolata.
2. I vincoli giuridici vengono in proposito individuati:
- in primo luogo, nel quadro edittale della pena (in questo
senso, il giudice deve fissare la pena tra un minimo e un
massimo legislativamente predeterminati);
- in secondo luogo, nella previsione esplicita degli indici di
commisurazione della pena di cui all’art. 133;
- in terzo luogo, nell’obbligo di motivazione contemplato dallo
stesso art. 132.
Principio di legalità
L’attribuzione al giudice di un potere di scelta della misura
concreta della sanzione risulta, peraltro, compatibile col rispetto
del principio di legalità riferito non solo al precetto penale, ma
anche alle conseguenze sanzionatorie: nel difendere la legittimità
dell’art. 132, la Corte costituzionale ha giustamente escluso che il
principio di legalità sia ostacolo all’attribuzione all’organo
giudicante di un adeguato ambito di discrezionalità.
Pene fisse
Più di recente, la stessa Corte costituzionale si è spinta addirittura
più oltre, affermando il principio della «tendenziale» illegittimità
delle pene fisse: l’individualizzazione della pena in rapporto alle
specifiche esigenze del caso concreto costituisce infatti – ad avviso
della stessa Corte – una naturale conseguenza tanto del principio
di uguaglianza, quanto dei principi della responsabilità personale e
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del finalismo rieducativo che la Costituzione prevede con specifico
riguardo alla materia penale.
Obbligo di motivazione
Il giudice deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere
discrezionale.
Modalità dell’azione
Il disvalore dell’azione può desumersi in via analogica da quelle
circostanze di fatto, che il legislatore stesso valuta, rispettivamente,
come aggravanti o attenuanti.
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2. Come risultato di questa tensione, di questa opposizone fra
l’uomo e la realtà esterna, il carattere rappresenta una struttura
di autocontrollo e uno strumento di orientamento
dell’individuo nella scelta tra le diverse possibilità di azione:
quanto più salda è la struttura caratteriale di un individuo, tanto
più gli riuscirà di governare le inclinazioni del temperamento e le
pulsioni istintuali.
IV. LETTURA
COSTITUZIONALMENTE Principio di colpevolezza
ORIENTATA DELL’ART. 133
1. L’art. 27, comma 1°, Cost., avendo implicitamente riconosciuto il
principio della responsabilità non solo personale ma anche
colpevole, riflette un orientamento del sistema penale diretto
alla valorizzazione dell’elemento soggettivo del reato: una volta
che si muova dal presupposto dell’avvenuta
costituzionalizzazione del principio nulla poena sine culpa,
coerenza impone di ritenere che il requisito della colpevolezza
debba svolgere una funzione preminente anche nello stadio
della commisurazione della pena.
- Da ciò derivano delle conseguenze ben precise sul piano
dell’interpretazione del 1° comma dell’art. 133: tra gli indici della
«gravità del reato» il giudice dovrà considerare prevalenti
«l’intensità del dolo» o il «grado della colpa»; onde, il peso
attribuito alla «gravità del danno o del pericolo cagionato alla
persona offesa dal reato» non potrà spingere l’organo
giudicante ad infliggere una pena superiore a quella
proporzionata al grado della colpevolezza.
2. L’art. 27, comma 1°, Cost. riesce a illuminae il problema della
commisurazione della pena anche sotto la diversa, seppur
contemporanea, angolazione del divieto di responsabilità per
fatto altrui: si tratta cioè di scoraggiare l’eventuale
valorizzazione giudiziale dell’indice della «gravità del danno o
del pericolo» per far prevalere, al momento della concreta
irrogazione della pena, preoccupazioni di prevenzione generale.
- La scelta di irrogare pene esemplari, che fungano da
ammonimento verso tutti i consociati, finisce in verità col
cozzare col divieto di responsabilità per fatto altrui ex art. 27,
comma 1°, Cost., perché esaspera il ruolo di caprio espiatorio
del singolo delinquente: il reo viene infatti a scontare una pena
di misura eccedente la sua colpevolezza in vista dell’esigenza di
impedire la reiterazione di fatti analoghi da parte di terzi
soggetti.
Principio di rieducazione
1. Sulla fase commisurativa della pena proietta luce anche il 3°
comma dell’art. 27 Cost., il quale afferma il fondamentale
principio secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione
del condannato.
2. L’esigenza di realizzare il finalismo rieducativo sollecita una
ricostruzione della categoria della capacità a delinquere in
chiave di prevenzione speciale: il giudizio sull’attitudine del reo a
commettere reati dovrà essere cioè proiettato nel futuro, e
fungerà da criterio di scelta e/o di dosaggio di una pena da
determinare, sia nel tipo che nella misura, in vista del
reinserimento sociale dell’agente.
201
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V. COMMISURAZIONE DELLA
PENA PECUNIARIA
Condizioni economiche del reo
Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il
Art. 133 bis c.p.
giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati dall'art. 133,
anche delle condizioni economiche del reo.
202
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VI. SOSTITUZIONE DELLA
PENA DETENTIVA Sostituzione delle pena detentiva
Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri
indicati nell'art. 133 c.p., può sostituire la pena detentiva e tra le
pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale
del condannato.
d
La preclusione conseguente ad una presunzione negativa ha,
evidentemente, per scopo di impedire complessi procedimenti di
sostituzione e revoca delle misure sostitutive per fare ritorno
all’applicazione della pena detentiva breve.
203
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Semilibertà
L'ammissione al regime di semilibertà è disposta quando vi sono le
condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
Liberazione anticipata
La liberazione anticipata è concessa al condannato a pena detentiva
che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione.
Permessi premio
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non
risultano socialmente pericolosi.
Detenzione domiciliare
La pena della reclusione può essere espiata presso il domicilio
quando si tratta di:
a. donna incinta o madre di prole di età ˂ 10 anni con lei
convivente;
b. persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che
richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
c. persona di età ˃ 60 anni, se inabile anche parzialmente;
d. persona ˂ 21 anni per comprovate esigenze di salute, di studio,
di lavoro e di famiglia.
Ubriachezza
Per esemplificare, si consideri l
Non è da lui voluto
contravvenzione preveduta
dall’art. 688, comma 2°: il
1. Il legislatore afferma che il colpevole risponde anche se l’evento
legislatore fa dipendere la che integra la condizione obiettiva di punibilità «non è da lui
punibilità dell’ubriaco dalla voluto»: ciò vuol dire che l’evento-condizione può in concreto
circostanza che egli venga anche essere lambito dalla volontà del reo, ma che l’esistenza di
sorpreso in stato di manifesta un tale nesso psichico non costituisce requisito indispensabile ai
ubriachezza in n luogo pubblico. fini della punibilità del fatto.
2. D’altro canto, questo si spiega considerando che non di rado
l’evento-condizione consiste nel fatto di un terzo (si pensi ad es.
x al già citato art. 688, comma 2°, che fa dipendere la punibilità
dell’ubriaco dalla circostanza che terzi soggetti lo sorprendano in
stato di flagrante ubriachezza), per cui sarebbe irragionevole
204
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L’introduzione legislativa delle pretendere che la volontà dell’agente abbracci eventi che,
condizioni obiettive di punibilità proprio perché realizzati da altri, sfuggono al suo potere di
svolge una duplice funzione: signoria.
a. una funzione di delimitazione
o riduzione della rilevanza
penale di determinati
comportamenti (nel senso di Eventi futuri e incerti, concomitanti o successivi
prevederne una punibilità Le condizioni obiettive di punibilità devono consistere in eventi
non incondizionata, ma futuri e incerti, concomitanti o successivi rispetto alla condotta
subordinata al verificarsi di dell’agente: non anche «antecedenti» perché altrimenti si dovrebbe
circostanze utleriori); e ammettere la possibilità che la prescrizione del reato cominci a
b. una funzione di garanzia
decorrere ancora prima della sua consumazione, posto che l’art.
connessa al rispetto del
principio di legalità.
158, comma 2°, stabilisce per i reati condizionati la decorrenza del
termine prescrizionale a partire dal momento in cui si verifica la
condizione stessa.
Principio di colpevolezza
1. Nel solco della «storica» sentenza costituzionale n. 364/1988, si
può sostenere che non possono sottrarsi al principio di
colpevolezza – già sul piano del diritto positivo – le condizioni di
Sentenza n. 364/1988 punibilità cosiddette intrinseche, quali accadimenti capaci
La sentenza costituzionale n. appunto di incidere sull’offesa insita nel fatto tipico: e il
364/1988 ha sancito il
principio di colpevolezza potrà considerarsi rispettato ove le
fondamentale principio secondo
condizioni predette siano, sul piano soggettivo, coperte quanto
cui la colpevolezza, almeno nella
forma minima della «colpa», meno dalla colpa.
deve coprire tutti gli elementi 2. Infatti, l’art. 44, dal canto suo, ammettendo che l’evento
significativi del fatto, e cioè quelli condizionale possa essere anche «non voluto», esclude soltanto
dai quali dipende il disvalore (o che il «dolo» costituisca necessario presupposto di imputazione
maggior disvalore) dell’offesa dell’evento medesimo; ma esso nulla dice sulla «colpa», e ciò
tipica. non impedisce che l’interprete ne richieda la presenza in una
prospettiva di ricostruzione in chiave costituzionale dell’istituto.
206
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f
Riconducibile nel suo Particolare tenuità dell’offesa
fondamento al principio di La punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per
offensività, considerato in stretta l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133,
connessione con il carattere di comma 1°, l'offesa è di particolare tenuità.
extrema ratio della tutela penale
e con il principio di proporzione
tra gravità dell’illecito e reazione Esiguità del danno o del pericolo
sanzionatoria, la causa di non Per verificare la particolare tenuità dell’offesa, il giudice deve
punibilità in questione esclude dunque, in primo luogo, valutare il grado di incidenza lesiva della
dall’area di rilevanza penale i fatti condotta sul bene giuridico protetto: il fatto risulterà
che risultino bagatellari in particolarmente tenue quando, tenuto anche conto delle modalità
concreto: cioè quei fatti che, pur con cui la condotta è realizzata, l’offesa recata all’interesse
costituendo reato in quanto tipici tutelato potrà appunto essere considerata esigua, di scarsa
rispetto ad una fattispecie rilevanza.
incriminatrice, non presentano
tuttavia nella loro modalità di
realizzazione concreta una soglia Modalità della condotta
di lesività sufficiente (ad esempio, Il giudice, per espresso disposto normativo, nel valutare la tenuità
furto di 2 lattine di birra) a dovrà altresì tenere conto della «modalità della condotta»: ad
giustificare l’effettiva esempio un delitto commesso di notte e in un luogo solitario è, di
applicazione di una pena. solito, comparativamente più grave di un analogo delitto
commesso di giorno e in una strada affollata.
Presunzione
Il comportamento è abituale:
a. nel caso in cui l'autore
- sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza, o
- abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun
fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità;
b. nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto
condotte plurime, abituali e reiterate.
Amnistia propria
L'amnistia (propria) estingue il reato.
Pacificazione sociale
35È improprio – a rigore – parlare di estinzione del reato. Ed invero se si ha riguardo al fatto storico, vale il principio quod factum
est infectum fieri nequit. Se si ha invece riguardo alla valutazione giuridica, il reato «estinto» continua a produrre alcuni effetti
anche dopo l’avvenuta estinzione: di esso si tiene infatti conto ai fini della dichiarazione di abitualità e professionalità del reato (art.
106); come pure l’estinzione del reato presupposto non comporta l’estinzione del reato che lo presuppone (art. 170), né fa venir
meno l’aggravante di pena dipendente dalla connessione (art. 170, ult. comma), ecc.
208
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L’amnistia può assolvere una funzione di pacificazione sociale,
necessaria in alcuni momenti della vita del paese perché, limitando
l’efficacia della legge penale dopo un periodo di gravi conflitti
sociali, opera come strumento di ricomposizione: in questo senso,
si può forse affermare che l’amnistia finisce con lo svolgere di fatto
e indirettamente che una funzione di recupero sociale.
Corte costituzionale
La Corte costituzionale ha non a caso sostenuto che la
ragionevolezza di un provvedimento di clemenza dipende dal
rapporto strumentale che si instaura fra esso e le finalità
proprie della legislazione generale del settore cui si riferisce.
Obblighi e condizioni
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi,
espressamente previsti dalla legge.
Recidivi e delinquenti
L'amnistia non si applica:
a. ai recidivi (recidivo aggravato o reiterato); e
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b. ai delinquenti36 abituali, professionali o per tendenza.
Irrinunciabilità
L’amnistia è irrinunciabile: la Corte costituzionale ha infatti
dichiarato illegittimo l’art. 151, comma 1°, «nella parte in cui
esclude la rinunzia all’applicazione dell’amnistia», per violazione
del diritto di difesa.
Responsabilità civile
L'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni
civili derivanti dal reato.
f
Sono salvi i casi in cui si tratti di obbligazioni di cui agli artt. 196
e 197 c.p.
Prescrizione
Con il decorso del tempo appare
inutile e inopportuno l’esercizio Prescrizione
della stessa funzione repressiva, La prescrizione estingue il reato decorso:
perché vengono a cadere le a. il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita
esigenze di prevenzione generale dalla legge; e
che presiedono alla repressione b. comunque (ancorché puniti con la sola pena pecuniaria)
dei reati: le esigenze di - un tempo ≥ 6 anni se si tratta di delitto, e
prevenzione, come dimostra - un tempo ≥ 4 anni se si tratta di contravvenzione.
l’esperienza, a poco a poco si
affievoliscono fino a spegnersi del
tutto. Pena detentiva e pecuniaria
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o
alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per
determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo
soltanto alla pena detentiva.
Aggravanti
Si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per
Aggravante ad l'aggravante nei casi in cui:
effetto speciale a. la legge stabilisce per l’aggravante una pena di specie
Introducendo la suddetta regola diversa da quella ordinaria; o
per cui si tiene conto b. si tratta di un’aggravante ad effetto speciale.
dell’aumento di pena stabilito per
le aggravanti ad effetto speciale,
il legislatore del 2005 (riforma
Giudizio di prevalenza/equivalenza
In ogni caso, è precluso il giudizio di prevalenza o
cosiddetta Cirielli) ha perseguito
equivalenza tra circostanze concorrenti ex art. 69 c.p.
l’obiettivo di prevedere tempi
prescrizionali differenziati, e cioè
36Deve notarsi che l’art. 151 limita la sua sfera di efficacia ai «delinquenti», con conseguente esclusione dei «contravventori»
qualificati, per i quali l’amnistia è applicabile.
210
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di più lunga durata per gli autori
recidivi (precisamene, per i casi in
cui la recidiva opera quale
Raddoppio dei termini
circostanza aggravante ad effetto I termini di prescrizione sono raddoppiati:
speciale, cioè con aumento di a. per i delitti contro l’ambiente;
1 b. per maltrattamentri contro familiari o conviventi;
pena > ).
3 c. per i delitti contro la personalità individuale;
d. per la violenza sessuale;
e. per atti sessuali con minorenne;
f. per corruzione di minorenne.
d
È previsto un raddoppio dei termini prescrizionali per alcune
tipologie di illeciti penali:
a. che destano – a giudizio del legislatore – particolare
allarme sociale; o
b. che risultano difficilimente accertabili sul piano probatorio.
Rinunciabilità
In una prospettiva di valorizzazione dei diritti fondamentali
dell’uomo, insieme con la necessità di garantire il diritto
costituzionale alla difesa in giudizio, la Corte costituzionale – sulla
scia di quanto già avvenuto in tema di amnistia propria – ha
dichiarato l’illeggittimità costituzionale dell’art. 157 del codice,
nella parte in cui non consentiva la rinunciabilità della prescrizione
(sent. N. 275/1990).
Dies a quo
Il termine della prescrizione decorre:
a. per il reato consumato, dal giorno della consumazione;
b. per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del
colpevole;
c. per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la
permanenza.
Condizione di punibilità
Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal
verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione
decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata.
d
Quando l’azione penale sia stata esercitata precedentemente
il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della
notizia di reato.
211
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d
Il legislatore del 2017 ha inteso prolungare i tempi
prescrizionali in modo da garantire alla vittima minore di
vedere perseguito il reato dopo aver raggiunto la maggiore
età.
Sospensione
Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la
sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini
di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di
legge.
Efficacia
La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli
imputati nei cui confronti si sta procedendo.
Interruzione
Interrompono la prescrizione:
1. l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di
convalida del fermo o dell'arresto;
2. l'interrogatorio reso davanti al p.m. o alla polizia giudiziaria, su
delega del p.m., o al giudice;
3. l'invito a presentarsi al p.m. per rendere l'interrogatorio;
4. il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in
camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di
archiviazione;
5. la richiesta di rinvio a giudizio;
6. il decreto di fissazione della udienza preliminare;
7. l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;
8. il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla
richiesta di applicazione della pena;
9. la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo;
10. il decreto che dispone il giudizio immediato;
11. il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a
giudizio.
Decorso ex novo
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal
giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la
prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i
termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre
212
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i limiti di cui all'art 161 secondo comma, fatta eccezione per i
reati di cui all'articoli 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di
procedura penale
𝟏
Aumento di 𝟒 del tempo di prescrizione
In nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare
𝟏
l'aumento di più di del tempo necessario a prescrivere.
𝟒
Efficacia
L’interruzione della prescrizione ha effetto per tutti
coloro che hanno commesso il reato.
Oblazione comune
Si individua tradizionalmente la
ratio dell’istituto nell’esigenza
Oblazione comune
dello Stato di definire con Il contravventore è ammesso a pagare, prima dell'apertura del
economia e sollecitudine i dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna:
𝟏
procedimenti concernenti i reati a. una somma corrispondente del massimo della pena stabilita
𝟑
di minima importanza.
dalla legge per la contravvenzione commessa; e
b. le spese del procedimento.
Contravvenzioni
Deve trattarsi di contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la
sola pena dell'ammenda.
Qualificazione dogmatica
È controversa la qualificazione dogmatica della forma di oblazione
in esame:
a. secondo un orientamento, essa determina la trasformazione o
la riduzione dell’illecito penale in illecito amministrativo;
b. secondo un altro orientamento, essa costituisce una forma
volontaria di esecuzione della pena;
c. secondo un ulteriore orientamento, l’oblazione è da
considerare una causa estintiva, poiché l’ordinamento
riconosce alla manifestazione di volontà del contravventore il
potere di estinguere il reato.
Depenalizzazione di un fatto
L’oblazione equivale ad una depenalizzazione di un fatto.
Oblazione speciale
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Il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura
del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna:
a. una somma corrispondente alla metà del massimo della
ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione
commessa; e
b. le spese del procedimento.
Contravvenzioni
Deve trattarsi di contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la
pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda.
Ipotesi di esclusione
L'oblazione non è ammessa quando:
a. è contestata la recidiva reiterata;
b. è ritenuta l’abitualità della contravvenzione o la
professionalità nel reato;
c. permangono le conseguenze dannose o pericolose del reato;
ovvero
d. il giudice ritiene il fatto grave.
214
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Offerta reale
Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito
ad offerta reale, formulata dall'imputato e non accettata dalla
persona offesa.
Sentenza di condanna
Deve trattarsi di una sentenza di condanna:
alla reclusione/arresto per un tempo ≤ 2 anni; o
a pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni.
Minore di 18 anni
Se il reato è stato commesso da un minore degli anni 18, la
sospensione può essere ordinata quando si infligga:
una pena restrittiva della libertà personale ≤ 3 anni; o
una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 3 anni.
215
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Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli
anni 18 ma inferiore agli anni 21, la sospensione può essere
ordinata quando si infligga:
una pena restrittiva della libertà personale ≤ 2 anni e 6
mesi; ovvero
una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni e 6
mesi.
Ultrasettantenni
Se il reato è stato commesso da chi ha compiuto gli anni 70, la
sospensione può essere ordinata quando si infligga:
una pena restrittiva della libertà personale ≤ 2 anni e 6
mesi; ovvero
una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni e 6
mesi.
Cause ostative
La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:
1. a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva
per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione; o
2. al delinquente/contravventore abituale o professionale; o
3. allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di
sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge
presume socialmente pericolosa.
Seconda concessione
La sospensione condizionale della pena non può essere concessa
più di una volta.
Revoca di diritto
La sospensione condizionale della pena è revocata di diritto
quando il condannato:
1. commette un delitto/contravvenzione della stessa indole per
cui venga inflitta una pena detentiva;
2. non adempie agli obblighi impostigli;
3. riporta un'altra condanna per un delitto anteriormente
commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente
sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163.
Seconda concessione
Resta salva l’ipotesi della seconda concessione della
sospensione condizionale.
Implicazioni
La messa alla prova comporta:
1. la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle
conseguenze dannose/pericolose derivanti dal reato;
2. il risarcimento del danno dallo stesso cagionato (ove
possibile); e
3. l'affidamento dell'imputato al servizio sociale.
217
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Concessione
La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla
prestazione di lavoro di pubblica utilità.
Seconda concessione
La sospensione del procedimento con messa alla prova
dell'imputato non può essere concessa più di una volta.
d
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 169:
a. sia nella parte in cui non consentiva che potesse estendersi il
perdono giudiziale ad altri reati che si legano con il vincolo
della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il
beneficio;
b. sia nella parte in cui escludeva che potesse concedersi un
nuovo perdono giudiziale in caso di reato commesso
anteriormente alla prima sentenza di perdono e di pena che,
cumulata a quella precedente, non superava i limiti per
l’applicabilità del beneficio.
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Seconda concessione
Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.
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3. Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova
udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se,
tenuto conto del comportamento del minorenne e della
evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato
esito positivo.
Amnistia impropria
L’amnistia (impropria), se vi è stata condanna, fa cessare:
a. l'esecuzione della condanna; e
b. le pene accessorie.
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Prescrizione della
pena Prescrizione della pena
La ratio dell’istituto è identica a 1. La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo:
quella della prescrizione del
- pari al doppio della pena inflitta, e
reato: viene cioè meno l’interesse
quando è trascorso un lungo
- in ogni caso, ≥ 10 anni e ≤ 30 anni.
periodo di tempo dal momento 2. La pena della multa si estingue nel termine di 10 anni.
del passaggio in giudicato della 3. Le pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine
sentenza, perché «l’oblio copre di 5 anni.
ogni cosa».
Congiuntamente reclusione e multa
Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la
pena della multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha
riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
Dies a quo
Il termine decorre dal giorno:
in cui la condanna è divenuta irrevocabile; ovvero
in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla
esecuzione già iniziata della pena.
Prescrizione
L'estinzione delle pene non ha luogo,
a. se si tratta di recidivi o di delinquenti
abituali/professionali/per tendenza; ovvero
b. se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione
della pena, riporta una condanna alla reclusione per un
delitto della stessa indole.
Rinunciabilità
La prescrizione è rinunciabile: lo ha statuito la Corte cost. con la
sentenza n. 275/1990, con la quale ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo l’art. 157 del codice nella parte in
cui non prevedeva che la prescrizione potessere essere rinunciata
dall’imputato.
221
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Indulto
L'indulto:
a. condona, in tutto o in parte, la pena inflitta; o
b. commuta la pena inflitta in un'altra specie (dello stesso genere)
di pena stabilita dalla legge.
Efficacia
Non estingue:
a. le pene accessorie; e
b. gli altri effetti penali della condanna.
Pene accessorie
L’estinzione delle pene accessorie sono salve quando il decreto
lo prevede espressamente.
Obblighi e condizioni
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi,
espressamente previsti dalla legge.
Recidivi e delinquenti
L'amnistia non si applica:
a. ai recidivi (recidivo aggravato o reiterato); e
222
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b. ai delinquenti37 abituali, professionali o per tendenza.
Grazia Grazia
Per grazia si intende il La grazia:
provvedimento, adottato dal a. condona, in tutto o in parte, la pena inflitta; o
capo dello Stato, di estinzione b. commuta la pena inflitta in un'altra specie (ma dello stesso
della pena a favore di un genere) di pena stabilita dalla legge.
determinato soggetto.
Efficacia
Non estingue:
a. le pene accessorie; e
Grazia b. gli altri effetti penali della condanna.
La grazia permette:
a. di interrompere l’esecuzione Pene accessorie
della pena quando si è già L’estinzione delle pene accessorie sono salve quando il decreto
compiuta la risocializzazione lo prevede espressamente.
del condannato, svolgendo
così una funzione parallela a
quella della liberazione
condizionale; e
Presidente della Repubblica
b. di tener conto di particolari La grazia è un provvedimento di escusiva prerogativa del
situazioni processuali e Presidente della Repubblica.
familiari del condannato
meritevoli di prevalere sulla
rigida esecuzione della Liberazione condizionale
sentenza di condanna; Può essere ammesso alla liberazione condizionale Il condannato a
c. di porre rimedio ad eventuali
pena detentiva che:
errori giudiziari non
altrimenti riparabili.
a. durante il tempo di esecuzione della pena, ha tenuto un
comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento;
e
b. ha scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della
Ravvedimento pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i 5
1. Il ravvedimento realizza la anni.
finalità di prevenzione
c. ha adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato.
speciale dell’istituto, che non
è più concepito come un
«premio» al buon detenuto Obbligazioni civili
per la buona condotta (c.d. È fatto salvo il caso in cui il condannato dimostri di trovarsi
concezione-penitenziaria nell'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili.
della liberazione
condizionale), bensì come
strumento di effettivo
recupero sociale del Recidivo
condannato. Se si tratta di recidivo, il condannato, per essere ammesso alla
2. Il significato del termine liberazione condizionale, deve avere scontato:
«ravvedimento» infatti a. almeno 4 anni di pena; e
3
null’altro equivale se non a b. non meno di della pena inflittagli.
4
conseguimento, da parte del
condannato, della capacità di
37Deve notarsi che l’art. 151 limita la sua sfera di efficacia ai «delinquenti», con conseguente esclusione dei «contravventori»
qualificati, per i quali l’amnistia è applicabile.
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reinserirsi in maniera
ordinata nella società, così
da non commettere altri
Condannato all’ergastolo
reati. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione
condizionale quando abbia scontato almeno 26 anni di pena.
Scontato almeno 30
mesi Tribunale di sorveglianza
L’aver scontato almeno 30 mesi Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione e sulla revoca
esprime il momento della liberazione condizionale.
sanzionatorio della liberazione
condizionale.
Libertà vigilata
Quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale è
ordinata la libertà vigilata.
Revoca
La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata:
a. commette un delitto/contravvenzione della stessa indole;
ovvero
b. trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata.
Effetti
Nel caso di revoca:
a. il tempo trascorso in libertà condizionale non è computato
nella durata della pena; e
b. il condannato non può essere riammesso alla liberazione
condizionale.
Riabilitazione
La riabilitazione è conceduta quando:
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1. sono decorsi almeno 3 anni dal giorno in cui la pena principale è
stata eseguita o si è in altro modo estinta; e
2. il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona
condotta;
3. il condannato non è sottoposto a misura di sicurezza;
4. il condannato ha adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal
reato.
Recidivi
Il termine è di almeno 8 anni se si tratta di recidivi.
Delinquenti
Se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza il
termine
a. è di 10 anni; e
b. decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di
assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
Misura di sicurezza
Sono salvi i casi in cui:
a. si tratta di espulsione dello straniero dallo Stato o di confisca;
o
b. il provvedimento (misura di sicurezza) è stato revocato.
Obbligazioni civili
È salvo il caso in cui il condannato dimostri di trovarsi nella
impossibilità di adempiere le obbligazioni civili.
Legge
Sono salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti.
Revoca di diritto
La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona
riabilitata commette entro 7 anni un delitto non colposo, per il
quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo ≥ 2 anni, od
un'altra pena più grave.
225
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Revoca di diritto
Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di
non fare menzione della condanna precedente è revocato.
5. Misure di sicurezza
I. PRINCIPI
COSTITUZIONALI Principio di legalità
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
previsti dalla legge.
Previsione legislativa
Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 157/72), il principio di
legalià in materia di misure di sicurezza implica l’esigenza di una
«completa, tassativa e non equivoca previsione legislativa» delle
ipotesi di applicabilità delle misure stesse.
Tassatività
La tassatività in questo campo va intesa in un’accezione
necessariamente più elastica, e ciò almeno per due
ragioni:
a. le fattispecie soggettive di pericolosità, in quanto
costituite da elementi sintomatici attinenti alla
personalità dell’individuo, sono ricostruibili con
226
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minore precisione rispetto alle fattispecie
incriminatrici;
b. il giudizio prognostico sulla pericolosità è per sua
stessa natura esposto a inevitabili margini di
incertezza.
Divieto di retroattività
1. Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al
tempo della loro applicazione.
2. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza
è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.
d
1. Questa disciplina tratta dall’art. 200 c.p. – riconosciuta
costituzionalemente legittima – solo in apparenza sancisce il
principio di retroattività.
2. In realtà, tutta la materia della successione di leggi penali
«non solo per quel che concerne la previsione dei reati, ma
anche per ciò che riguarda il tipo e la quantità di sanzioni
(pena, misura di sicurezza, risarcimento del danno non
patrimoniale) da applicare in sede giurisdizionale» è regolata
dall’art. 2 c.p.
3. Ed invero, è proprio la ratio di garanzia che ispira l’art. 25
Cost. a far escludere che possa applicarsi una misura di
sicurezza per un fatto che al momento della commissione non
costituiva reato, oppure che possa applicarsi ad un fatto di
reato una misura originariamente non prevista (o diversa da
quella originariamente prevista).
4. Se ciò è vero, non resta che fornire dell’art. 200 la seguente
interpretazione restrittiva: esso cioè può soltanto riferirsi
all’eventualità che una legge successiva disciplini in maniera
diversa mere modalità esecutive di una misura di sicurezza già
legislativamente prevista al momento della commissione del
fatto.
II. PRESUPPOSTI
Applicabilità delle misure di sicurezza
Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto
a. alle persone socialmente pericolose,
b. che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come
reato.
Quasi-reato
Quasi-reato Il giudice può applicare una misura di sicurezza:
Le ipotesi denominate dalla a. sia nell’ipotesi del reato impossibile (art. 49);
dottrina di «quasi-reato» stanno b. sia nel caso di accordo criminoso non eseguito o istigazione a
a significare che si è in presenza commettere un reato (art. 115).
di un’azione che, pur non avendo
carattere di reato, si manifesta in
modo totalmente prossimo al
reato da permettere di Pericolosità sociale
riconoscere in essa un indizio Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona,
sicuro di pericolosità sociale. anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso
227
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taluno dei fatti preveduti dalla legge come reato, quando è
probabile che ne commetta di nuovi.
Probabile
Questa definizione legislativa della pericolosità sociale come
«probabilità» che si commettano nuovi reati, tende invero a
sottolineare che, ai fini dell’applicabilità di una misura di sicurezza,
non basta la semplice «possibilità» di ricadere nel delitto: il
legislatore esige, piuttosto, quell’elevato grado di possibilità
corrispondente al concetto di probabilità.
Giudizio prognostico
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle
circostanze indicate nell'art. 133.
Pericolosità e colpevolezza
A differenza della colpevolezza, che presuppone una
sufficiente signoria dell’individuo sulle proprie azioni;
la pericolosità riflette al contrario l’insieme delle inclinazioni
che spingono il soggetto a delinquere in maniera pressoché
necessitata.
III. TIPOLOGIE DI
PERICOLOSITA’
Delinquente abituale
SOCIALE
È dichiarato delinquente abituale:
1. per abitualità presunta chi
- è stato condannato alla reclusione ˃ 5 anni per 3 delitti non
colposi, della stessa indole, commessi entro 10 anni, e non
contestualmente,
- riporta un'altra condanna per un delitto non colposo, della
stessa indole, commesso entro i 10 anni successivi all'ultimo dei
delitti precedenti,
2. per abitualità ritenuta dal giudice chi
- è stato condannato per 2 delitti non colposi,
- riporta un'altra condanna per delitto non colposo,
- è ritienuto dal giudice dedito al delitto,
3. per abitualità nelle contravvenzioni chi
- è stato condannato alla pena dell'arresto per 3 contravvenzioni
della stessa indole,
- riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della
stessa indole,
- è ritenuto dal giudice dedito al reato.
Delinquente professionale
È dichiarato delinquente/contravventore professionale chi:
1. si trova nelle condizioni richieste per la dichiarazione di
abitualità;
2. riporta condanna per un altro reato;
228
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3. vive abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del
reato.
IV. DURATA
Durata massima
Le misure di sicurezza detentive provvisorie/definitive non possono
durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il
reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.
Ergastolo
Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la
disposizione di cui sopra.
229
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sicurezza commette un
nuovo reato
negli altri casi stabiliti dalla
legge
3. in caso di inosservanza
delle prescrizioni imposte
al vigilato:
lo stesso dovrà versare una
cauzione
in alternativa la misura è
sostituita con altra misura
di sicurezza detentiva
4. la misura di sicurezza ha
durata minima di 1 anno
Ricovero in una casa di cura Divieto di soggiorno:
PERSONALI
230
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che condizioni di disagio sociale programmi terapeutici
possano da sole giustificare una individuali».
diagnosi di pericolosità.
L’ulteriore innovazione
Programma normatia è costituita
terapeutico individuale dall’introduzione del principio
Tale puntualizzazione normativa di sussidiarietà: per effetto di
tende a evitare che l’internamento in tale principio il ricovero in una
una casa di cura e custodia (o in OPG) casa di cura e custodia (o in un
possa dipendere esclusivamente: ospedale psichiatrico
dalla contingente difficoltà di giudiziario) può essere disposto
assegnare il soggetto interessato
solo quando ogni altra misura
a strutture di tipo sanitario, o
risulti inadeguata in rapporto
da analoghe disfunzioni
organizzative., alle esigenze di cura e di
controllo della pericolosità
sociale.
Ricovero in ospedale Divieto di frequentare osterie e
PERSONALI
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menzionato principio di
sussidiarietà, per cui questo
ricovero funge da extrema ratio
in mancanza di altre misure
adeguate.
Ricovero in riformatorio Espulsione o
giudiziario: allontanamento dello
(artt. 223-227 c.p.) straniero dallo Stato:
(art. 235 c.p.)
Tale misura è disposta
1. per i minori: Tale misura è ordinata rispetto
degli anni 14 e degli anni allo straniero quando:
18 riconosciuti non a. lo straniero è condannato
imputabili alla reclusione per un
degli anni 18 riconosciuti periodo ˃ 2 anni
imputabili e condannati a b. nei casi espressamente
una pena diminuita previsti dalla legge
degli anni 18 che siano
delinquenti abituali,
professionali o per
tendenza
2. per una durata minima da
1 a 3 anni
3. in relazione a delitti per i
quali la legge stabilisce la
pena della reclusione ≥ nel
massimo a 12 anni
VI. APPLICAZIONE ED
ESECUZIONE
Provvedimento del giudice
Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa
sentenza di condanna o di proscioglimento.
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Possono essere applicate in via provvisoria (durante l’istruzione
del giudizio) le misure di sicurezza detentive dell’ospedale
giudiziario psichiatrico ed il riformatorio giudiziario.
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decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal
giorno in cui a questa è data nuovamente esecuzione.
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