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DIRITTO PENALE PARTE


GENERALE
Dario Gabriele
revisione e coordinamento di Silvia Zuanon

Questo EBOOK fa parte della raccolta


di focus schemi di StudiareDiritto®.

Puoi utilizzarlo e stamparlo per il tuo uso personale.


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Legenda
Ratio legis motivo causa
• • Obiettivo scopo

Condizione essenziale • Dottrina


presupposti
Divieto non si può fare
• Giurisprudenza

Regola di funzionamento Diverso da si distingue in


Questione discussa • Eccezione alla regola


problematica controversa
Definizione Evoluzione storica presupposti

storici
Esempio

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Sommario
IL DIRITTO PENALE E LA LEGGE PENALE
1. Il diritto penale ............................................................................................................................. 7
2. Il principio di legalità................................................................................................................... 10
3. L’ambito di legalità spaziale ........................................................................................................ 21
4. L’ambito di legalità personale .................................................................................................... 26
5. I concetti generali sul reato ........................................................................................................ 30
6. La struttura del reato .................................................................................................................. 36

IL REATO COMMISSIVO DOLOSO


1. La tipicità ..................................................................................................................................... 44
2. L’antigiuridicità ........................................................................................................................... 52
3. La colpevolezza ........................................................................................................................... 72
4. Le circostanze di reato ................................................................................................................ 91
5. Il delitto tentato ........................................................................................................................ 110
6. Il concorso di persone............................................................................................................... 117

IL REATO COMMISSIVO COLPOSO


1. La tipicità ................................................................................................................................... 132
2. L’antigiuridicità ......................................................................................................................... 138
3. La colpevolezza ......................................................................................................................... 141
4. La cooperazione colposa .......................................................................................................... 144

IL REATO OMISSIVO
1. Le nozioni generali .................................................................................................................... 146
2. La tipicità ................................................................................................................................... 147
3. L’antigiuridicità ......................................................................................................................... 152
4. La colpevolezza ......................................................................................................................... 152
5. Il tentativo................................................................................................................................. 154
6. La partecipazione criminosa ..................................................................................................... 155

LA RESPONSABILITA' OGGETTIVA
1. Responsabilità oggettiva........................................................................................................... 157

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CONCORSO DI REATI E CONCORSO DI NORME


1. Concorso di reati ....................................................................................................................... 165
2. Concorso apparente di norme .................................................................................................. 171

LE SANZIONI
1. Presupposti teorici e politico-criminali ..................................................................................... 177
2. Pene in senso stretto ................................................................................................................ 181
3. Commisurazione della pena ..................................................................................................... 197
4. Vicende della punibilità ............................................................................................................ 204
5. Misure di sicurezza ................................................................................................................... 226

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IL DIRITTO PENALE E LA LEGGE


PENALE

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1. Il diritto penale Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. DIRITTO PENALE
Diritto penale
Il diritto penale è quella parte del diritto pubblico che disciplina i
fatti costituenti il reato.

Reato in senso giuridico formale


Dal punto di vista giuridico-formale, si definisce reato ogni fatto
umano alla cui realizzazione la legge riconnette sanzioni penali.
Sanzioni penali
Nell’ordinamento vigente, sono
«sanzioni penali»:
a. la pena; e Reato in senso sostanziale
b. la misura di sicurezza. È reato un fatto umano che aggredisce un bene giuridico ritenuto
meritevole di protezione da un legislatore che si muove nel quadro
dei valori costituzionali, sempreché:
a. la misura dell’aggressione sia tale da far apparire inevitabile il
ricorso alla pena, e
b. le sanzioni di tipo non penale non siano sufficienti a garantire
un’efficace tutela.

Leggi penali
Sono definibili leggi penali quelle che riconnettono sanzioni penali
alla commissione di determinati fatti.

II. PRINCIPI-CARDINE
Principio di materialità
Secondo il principio di materialità non può esservi reato se la volontà
criminosa non si materializza in un comportamento esterno
(cogitationis poenam nemo patitur).

Principio di offensività
Secondo il principio di offensività ai fini della sussistenza di un reato
non basta la realizzazione di un comportamento materiale, ma è
necessario che tale comportamento leda/ponga in pericolo beni
giuridici.

Bene giuridico: definizione?


1. Secondo la teoria dinamica la definizione che tendenzialmente
meglio riflette il carattere dinamico del bene giuridico è quella
che lo identifica come una «unità di funzione»: assurge a bene
giuridico soltanto quell’interesse, o quell’accorpamento di
interessi, idonei a realizzare un determinato scopo utile per il
sistema sociale o per una sua parte.
2. Secondo la teoria di protezione dei beni giuridici il diritto penale
non ha per scopo la realizzazione di un ideale di giustizia
ultraterreno o astratto, ma persegue un obiettivo pratico e
socialmente utile: proteggere quei beni o interessi, dalla cui
tutela dipende la garanzia di una convivenza pacifica.

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3. Secondo la teoria liberale possono assurgere «legittimamente» a
oggetto di tutela soltanto entità dotate di sostrato reale, come
tali materialmente ledibili e corrispondenti a valori suscettibili di
consenso diffuso.
4. Secondo la teoria costituzionalmente orientata il ricorso alla
pena trova giustificazione soltanto se diretto a tutelare beni
socialmente apprezzabili dotati di rilevanza costituzionale.

Principio «immanente» o «implicito»


Muovendo dal combinato disposto degli artt. 25, comma 2° e
27, commi 1° e 3° Cost.1, atti a far apparire il principio di
offensività come «immanente» o «implicito» nell’ordinamento,
la dottrina oggi tendenzalmente maggioritaria giunge a
sostenere che in base ai fondamentali principi costituzionali in
materia penale – considerati anche in connessione con i più
generali principi della tolleranza ideologica, della tutela delle
minoranze e del rispetto della persona umana –, il reato non
può incentrarsi su un atto di infedeltà all’autorità statale o sulla
pericolosità soggettiva dell’autore; esso deve, piuttosto,
consistere in un fatto socialmente dannoso, e cioè in un fatto
oggettivamente lesivo (in forma di danno o di messa in
pericolo) di beni o interessi rilevanti e, perciò, meritevoli e
bisognosi di tutela.

Criterio di conformazione legislativa


Il principio di offensività funge da criterio di conformazione legislativa
dei fatti punibili, a livello di fattispecie incriminatrici astratte: in
questo senso, impegna il legislatore, vincolandolo a costruire i reati
dal punto di vista strutturale come fatti che incorporano un’offesa a
uno o più beni giuridici.

Criterio giudiziario-interpretativo
Il principio di offensività tende ad atteggiarsi a criterio giudizario-
interpretativo: come tale esso impegna il giudice in sede applicativa a
qualificare come reati soltanto fatti che siano idonei anche in
concreto ad offendere beni giuridici.

Funzione dogmatica
Il principio di offensività assurge alla funzione dogmatica del bene
giuridico, consistente nel far sì che la tipicità stessa concettualmente
includa la lesione del bene giuridico.

Principio di colpevolezza

1
Si tratta delle disposizioni normative che hanno fornito l’appiglio per elaborare la teoria costituzionalmente orientata del bene
giuridico.
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Secondo il principio di colpevolezza un fatto materiale lesivo di beni
giuridici può essere penalmente attribuito all’autore soltanto a
condizione che gli si possa muovere un rimprovero per averlo
commesso.

III. ALTRI PRINCIPI


Principio di sussidiarietà
Principio di Si parla di carattere sussidiario del diritto penale per esprimere l’idea
sussidiarietà dello strumento penale come extrema ratio: il ricorso alla pena statuale
Il principio di sussidiarietà è giustificato quando risulta, oltre che necessario, perché gli altri
costituisce una specificazione nel
strumenti di tutela di natura civile e amministrativa risultano
campo del diritto penale del più
insufficienti, anche conforme allo scopo.
generale principio di
proporzione: e cioè di un
principio logico immanente allo Principio di sussidiarietà: in quale accezione?
Stato di diritto, che ammette il 1. Secondo una concezione «ristretta» della sussidiarietà appare
ricorso a misure restrittive dei ingiustificato o superfluo quando la salvaguardia del bene in
diritti dei singoli solo nei casi di questione sia già ottenibile mediante sanzioni di natura
stretta necessità, vale a dire extrapenale: a parità di efficacia di strumenti di tutela
quando risultino indispensabili potenzialmente concorrenti, il legislatore dovrebbe infatti optare
per la salvaguardia del bene per quello che comprime meno i diritti del singolo (jure est civiliter
comune. utendum).
2. Secondo una concezione più «ampia» della sussidiarietà, la
sanzione penale sarebbe comunque da preferire anche nei casi di
non strettissima necessità, tutte le volte in cui una funzione
«stigmatizzante» propria della pena in senso stretto risulti utile ai
fini di una più forte riprovazione del comportamento criminoso e,
di conseguenza, di una più energica riaffermazione dell’importanza
del bene tutelato.

Principio di meritevolezza
Il principio della meritevolezza della pena esprime l’idea che la sanzione
penale deve essere applicata non in presenza di qualsivoglia attacco ad
un bene degno di tutela, bensì nei soli casi in cui l’aggressione raggiunga
un tale livello di gravità da risultare intollerabile2.

Principio di Principio di frammentarietà


frammentarietà Il principio di frammentarietà è solitamente considerato operante a 3
La frammentarietà è il concetto livelli.
che esprime come l'applicazione 1. Alcune fattispecie di reato tutelano il bene oggetto di protezione non
del diritto penale avvenga in contro ogni aggressione proveniente da terzi, ma soltanto contro
modo puntiforme, a seguito di
specifiche forme di aggressione.
una scelta del legislatore che
2. La sfera di ciò che rileva penalmente è molto più limitata rispetto alla
decide quali fatti specifici
debbano essere classificati come sfera di ciò che è qualificato «antigiuridico» alla stregua dell’intero
reati e quindi puniti, lasciando ordinamento.
alcune aree dell'agire umano 3. L’area del penalmente rilevante non coincide con quella di ciò che è
scoperte dal suo intervento. moralmente riprorevole.

2
Un criterio abbastanza plausibile è questo: quanto più alto è il livello del bene all’interno della scala gerarchica recepita dalla
Costituzione, tanto più giustificato risulterà asserire la meritevolezza di pena dei comportamenti che tale bene ledono o pongono in
pericolo, e viceversa.
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IV. STRUMENTO PENALE


Prevenzione generale
La minaccia della sanzione penale tende a distogliere la generalità dei
consociati dal commettere i reati.

Prevenzione speciale
La concreta inflizione della pena mira a impedire che il singolo autore
del reato torni a delinquere.

2. Il principio di legalità
I. RISERVA DI LEGGE
Pene
Il principio di riserva di legge
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata
esprime il divieto di punire un
determinato fatto in assenza di in vigore prima del fatto commesso.
una legge preesistente che
configuri come reato: in
particolare esso tende a sottrarre Misure di sicurezza
competenza in materia penale al
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
potere esecutivo.
previsti dalla legge.

Tutela delle minoranze


Il principio di riserva di legge consente di tutelare i diritti delle
minoranze e delle forze politiche dell’opposizione, le quali sono cosi
poste in condizione di esercitare un sindacato sulle scelte di
criminalizzazione adottate dalla maggioranza.

Limite a forme di arbitrio


L’attribuzione del monopolio delle fonti al potere legislativo
tendenzialmente evita forme di arbitrio del potere sia esecutivo che
giudiziario.

Riserva assoluta
La dottrina ritiene che la riserva di legge deve essere intesa come
riserva assoluta.

Riserva assoluta: portata e limiti?


1. Secondo una prima formulazione sufficientemente elastica, il
carattere assoluto della riserva di legge non implica
necessariamente l’esclusione del concorso del potere normativo
secondario nella configurazione del modello di reato.

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- Tale impostazione oggi è per lo più respinta, in quanto svuota
dall’interno la ratio politica del principio della riserva.
2. Alla stregua di una seconda impostazione, la «riserva assoluta»
esclude che il legislatore possa attribuire il potere normativo
penale ad una fonte di grado inferiore.

Decreto legislativo e decreto legge


Facendo leva su di un approccio giuridico-formale che riflette la
gerarchia delle fonti fissata dal legislatore costituente, la dottrina
dominante annovera senza difficoltà sia il decreto delegato, sia il
decreto legge tra le legittime fonti di produzione di norme penali.

ds
L’ordinamento costituzionale riconosce al decreto legislativo e al
decreto legge efficacia pari a quella delle leggi ordinarie, da ciò se ne
deduce la loro rilevanza anche in materia penale.

d
Tale impostazione è criticata sulla base delle caratteristiche degli atti
normativi di cui sopra che appaiono poco compatibili con la ratio
sottesa al principio di riserva di legge.
a. Il decreto legislativo si pone con la legge delega all’incirca nello
stesso rapporto in cui si pongono le fonti normative secondarie
nei contronti di una legge che si limiti a configurare il precetto
sostanziale, rinviando per la sua concretizzazione a fonti
subordinate: onde risultano così eluse, o quanto meno attenuate,
le stesse garanzie implicite nella riserva della competenza penale
al Parlamento, consistenti anche nel permettere alle minoranze di
sindacare le scelte di criminalizzazione operate dal legislatore.
b. Nel decreto legge il diritto delle minoranze è di fatto
disconosciuto almeno per tutto il tempo necessario alla sua
conversione da parte delle assemblee parlamentari ed, inoltre, le
stesse ragioni di necessità e urgenza, che giustificano il ricorso ai
decreti legge, si scontrano con quelle esigenze di ponderazione
che non possono essere eluse in sede di criminalizzazione delle
condotte umane.

Legge regionale
La quasi unanime giurisprudenza costituzionale esclude dal novero
delle fonti la legge regionale nelle ipotesi sia di competenza esclusiva,
sia di competenza concorrente ex. art. 117 Cost.

Legge regionale in funzione scriminante


Nel caso della legge regionale in funzione «scriminante», lungi
dall’abrogare una norma statale incriminatrice, la stessa può avere
come effetto quello di «giustificare» alcuni dei comportamenti
concreti capaci di rientrare nella previsione generale e astratta del
precetto penale.

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Norma penale in Norma penale in bianco


bianco Con la sentenza n. 168/1971 la Corte costituzionale ha dichiarato
La norma penale in bianco è costituzionalmente legittimo l’art. 650, in relazione all’art. 25, comma
quella legge o quell’atto avente 2°, Cost.:
forza di legge che fa riferimento
a. motivando nel senso che «la materialità della contravvenzione è
ad un atto normativo di grado
inferiore per indicare tutte le
descritta tassativamente in tutti i suoi elementi costitutivi»; e
connotazioni di un fatto che la b. sostenendo che le norme penali in bianco non violano il principio di
stessa legge considera legalità quando sia una legge dello Stato (anche diversa da quella
penalmente illecito limitandosi, la incriminatrice) a indicare 
legge, a determinare la sanzione. - i criteri dei provvedimenti dell’autorità amministrativa;
Una fattispecie costituente la - i presupposti dei provvedimenti dell’autorità amministrativa;
norma penale in bianco è prevista - il contenuto dei provvedimenti dell’autorità amministrativa;
dall’art. 650 c.p. che punisce - i limiti dei provvedimenti dell’autorità amministrativa.
l’inosservanza di provvedimenti
di autorità.

Consuetudine
La dottrina considera ammissibile o meno la consuetudine in relazione
Consuetudine
alla funzione che assume rispetto al principio di riserva di legge.
La consuetudine è definita come
la ripetizione generale, uniforme
a. La funzione incriminatrice della consuetudine  non è ammessa
e costante di un comportamento, dalla dottrina, perché inadatta a svolgere tale funzione in forza del
accompagnata dalla convinzione principio di riserva di legge.
della sua corrispondenza ad un b. La funzione abrogatrice della consuetudine  non è ammessa dalla
precetto giuridico. dottrina, perché inadatta a svolgere tale funzione.
c. La funzione integratrice della consuetudine  è ammessa dalla
dottrina, che fa ricorso a quest’ultima per alludere a quei casi in cui
il giudizio penale presuppone il rinvio a criteri sociali di valutazione,
come ad esempio in materia di osceno.
d. La funzione scriminante della consuetudine  è ammessa dalla
dottrina, poiché le norme che configurano cause di giustificazione
non hanno carattere specificatamente penale, quindi, in questo
senso, le situazioni scriminanti non sono necessariamente
subordinate al principio della riserva di legge.

Consuetudini internazionali
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute.

Obblighi internazionali
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel
rispetto:
a. della Costituzione; e
b. dei vincoli derivanti 
- dall’ordinamento comunitario, e
- dagli obblighi internazionali.

Ordinamento comunitario e CEDU


1. Gli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU:

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- non possono avere un effetto diretto che comporti la
disapplicazione ad opera del giudice della norma nazionale
contrastante;
- sono stati introdotti dal legislatore italiano con la ratifica dello
strumento convenzionale, mediante il quale si è vincolato a
conformare le proprie norme agli obblighi assunti in base all’art.
117, comma 1°, Cost.; ma ciò a condizione che tali obblighi non
contrastassero con l’insieme delle norme della Costituzione
italiana.
2. Gli obblighi derivanti dal diritto comunitario:
- vincolano il giudice nazionale ad applicare le disposizioni di diritto
comunitario e di garantirne la piena efficacia, disapplicando
all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione
contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza
doverne chiedere/attendere la rimozione in via legislativa o
mediante procedimento costituzionale;
- vincolano lo Stato italiano per effetto della limitazione della
sovranità che quest’ultimo ha volontariamente accettato in base
all’art. 11 Cost., con la conseguenza che la loro vincolatività
rinviene controlimiti soltanto nell’esigenza di rispettare i principi
supremi dell’ordinamento costituzionale italiano.

II. LEGALITA’ DELLA PENA


Nulla poena sine lege
Secondo il principio di legalità
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata
penale non si può infliggere ad
alcuno una sanzione penale, a in vigore prima del fatto commesso.
meno che non sia espressamente
prevista dalla legge (nulla poena Minus dixit quam voluit
sine lege). La dottrina ha ricavato il principio della legalità della pena dall’art. 25,
comma 2°, Cost., che minus dixit quam voluit (dice meno di quanto in
realtà vorrebbe), secondo il quale è necessario che la legge
predetermini la pena riconducibile ad ogni fattispecie di reato.
f
Una legge penale che si limitasse
a prevedere il fatto ma Spazio/cornice edittale
rimettesse al giudice la scelta del La dottrina ritiene che lo spazio edittale della pena possa oscillare entro
tipo e/o della durata della minimi e massimi.
sanzione, contraddirebbe le
istanze garantistiche sottese al
principio di legalità proprio nel Ragionevolezza
momento più nevralgico in cui si Il principio di legalità della pena è rispettato soltanto se lo spazio
infligge un effettivo sacrificio al edittale oscilla entro minimi e massimi ragionevoli in rapporto:
bene della libertà personale a. al rango del bene protetto; e
b. alla gravità dell’offesa arrecata dal fatto medesimo.

c
Una certa estenzione dello spazio edittale, nonché la possibilità di
scegliere tra più tipi di sanzioni legalmente predeterminate,
soddifano:
a. l’esigenza di adattare la pena al disvalore del reato commesso; e
b. la necessità di rispettare i principi costituzionali 
- della individualizzazione della pena, e
- del finalismo rieducativo.

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Riserva di legge assoluta


Rispetto alle pene il principio di legalità opera come riserva di legge
assoluta rispetto:
a. sia alle pene principali;
b. che alle pene accessorie;
c. che agli effetti penali della condanna.

Principio di legalità
Il principio di riserva di legge assoluta è legata alla ratio ispiratrice del
principio di legalità, rivolta ad assicurare il monopolio del legislatore
nella determinazione della pena, in questo senso deponendo a
quest’ultimo altresì il nesso inscindibile che lega, all’interno della
norma penale, il momento precettivo e il momento sanzionatorio.

III. TASSATIVITA’ DELLA


LEGGE PENALE
Normazione descrittiva e normazione sintetica
La dottrina distingue gli strumenti di tecnica legislativa in «normazione
Principio che impone al
legislatore penale di uniformarsi descrittiva» e «normazione sintetica».
a una tecnica di formulazione
della norma atta ad assicurare
una precisa determinazione della Normazione descrittiva
fattispecie legale, ossia a rendere La normazione descrittiva è la tecnica alla quale il legislatore fa ricorso
agevolmente desumibile ciò che è
per descrivere il fatto criminoso mediante l’impego di elementi
penalmente lecito e ciò che è
penalmente illecito. descrittivi che alludono a dati della realtà empirica.

Elementi descrittivi
Sono descrittivi gli elementi che traggono il loro significato
direttamente dalla realtà dell’esperienza sensibile.

Normazione sintetica
Elementi normativi La normazione sintetica è la tecnica con la quale il legislatore adotta
 Mentre per gli elementi una qualificazione di sintesi mediante l’impiego di elementi normativi e
normativi giuridici  rinviando ad una fonte esterna rispetto alla fattispecie incriminatrice
l’esigenza di tassatività è per come parametro per la regola di giudizio da applicare nel caso
lo più rispettata perché la concreto.
norma giuridica richiamata è
solitamente individuabile
senza incertezze; Elementi normativi
 per gli elementi normativi Sono normativi gli elementi che necessitano, per la determinazione
extragiuridici rinvianti a del loro contenuto, di una etero-integrazione mediante il rinvio ad una
norme sociali o di costume  norma diversa da quella incriminatrice.
il parametro di riferimento
diventa inevitabilmente
incerto e sorgono forti dubbi
Vincolatività
circa il limite discretivo tra
Il principio di tassatività vincola:
rispetto di un insufficiente
livello di determinatezza e a. il legislatore  ad una descrizione il più possibile precisa del fatto
carattere indefinito di reato; e
dell’elemento del fatto di b. il giudice  ad un’interpretazione che rifletta il tipo descrittivo così
reato. come legalmente configurato.
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IV. IRRETROATTIVITA’
DELLA LEGGE PENALE
Nuova incriminazione
Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del
Il principio di irretroattività fa
divieto di applicare la legge tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.
penale a fatti commessi prima
della sua entrata in vigore. d
Il divieto di punire nuovi comportamenti considerati illeciti da una
legge emanata successivamente alla loro realizzazione, non soddisfa
Garanzia della libertà soltanto un’esigenza di giustizia: se così non fosse, i cittadini
personale del cittadino sarebbero continuamente esposti al rischio di arbitri e persino di
Il principio di irretroattività ha rappresaglie da parte dei detentori del potere politico.
matrice liberal-garantistica e si
ispira alla garanzia della libertà
personale del cittadino nei Abolitio criminis
confronti dei detentori del potere Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge
legislativo.
posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano
l’esecuzione e gli effetti penali.

d
Il fondamento della disposizione è evidente: se l’abrogazione di un
illecito penale costituisce il risultato di una valutazione di
compatibilità tra il comportamento incriminato e l’interesse collettivo,
sarebbe contraddittorio e irragionevole continuare a punire l’autore
di un fatto ormai tollerato dall’ordinamento giuridico.

Favor rei
Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono
diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.

Sentenza irrevocabile
La legge più favorevole al reo non è applicata se è stata pronunciata
sentenza irrevocabile.

Garanzia del favor libertatis


La norma di cui sopra, che introduce il principio di retroattività della
norma più favorevole al reo, si fonda sulla garanzia del favor libertatis,
che assicura al cittadino il trattamento penale più mite tra quello
previsto dalla legge penale vigente al momento della realizzazione del
fatto e quello previsto dalle leggi successive.

Principio di uguaglianza
Il principio di retroattività della norma più favorevole al reo è
indirettamente ricollegabile anche al principio costituzionale di
uguaglianza, che impone di evitare ingiustificate o irragionevoli
disparità di trattamento.

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Divieto di retroattività e retroattività


 Mentre il divieto di retroattività della norma sfavorevole è
espressione dell’esigenza di necessaria «calcolabilità» del rischio
penale al momento della realizzazione della condotta, in ossequio
alla libertà di autodeterminazione dell’individuo;
 l’opposta regola della retroattività della legge penale più mite
rinviene invece il suo fondamento giuridico nel principio di
uguaglianza.

CEDU
La CEDU, a partire dalla sentenza Scoppola c. Italia del 2009, è giunta
a riconoscere per via di interpretazione evolutiva che il principio di
retroattività della lex mitior è implicitamente contenuto nell’art. 7
CEDU (relativo al principio di legalità dei reati e delle pene), con
l’effetto di elevare il diritto a ricevere il trattamento penale più
favorevole a ulteriore diritto fondamentale dell’uomo; a sua volta,
l’art. 7 CEDU assume il ruolo di norma «interposta» che integra il
parametro di legittimità costituzionale di cui all’art. 117 Cost.

Successione delle leggi penali


1. Secondo un primo orientamento, largamente sostenuto dalla
dottrina tedesca, si ha successione allorché nel passaggio dalla
vecchia alla nuova norma permane la «continuità del tipo di
illecito»: si utilizzano in proposito come parametri di valutazione sia
l’interesse protetto, sia le modalità di aggressione al bene, onde si
verificherebbe la sua successione quando, nonostante la novazione
legislativa, permangono identici gli elementi predetti.
2. Più rispettoso dell’esigenza di scongiurare elusioni mascherate del
principio di irretroattività appare il citerio facente leva su di un
«rapporto di continenza» tra la nuova e la vecchia fattispecie:
occorre cioè un rapporto strutturale tra le fattispecie astrattamente
considerate, tale per cui possa tra le stesse instaurarsi una relazione
di genere a specie.

Pena detentiva  pena pecuniaria


Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede
esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte
immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria.

d
Se è vero che il fatto continua a rimanere penalmente illecito, è
parimenti vero che la modifica rilevante del trattamento
sanzionatorio non può rimanere priva di effetti anche dopo il
giudicato. Pena la irragionevolezza manifesta della disciplina
medesima.

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Leggi temporanee e leggi eccezionali


Rispetto alle leggi temporanee ed alle leggi eccezionali non operano
l’abolitio criminis e il favor rei.

Leggi temporanee d
Sono «temporanee» le leggi, L’inoperatività dei commi 2° e 4° dell’art. 2 c.p. è legata:
rispetto alle quali è lo stesso a. da un lato, al regime diverso da quello, eventualmente più
legislatore a prefissare un favorevole, reintrodotto nel momento del ritorno della normalità;
termine di durata. e
b. dall’altro, alla possibilità di offrire una comoda scappatoia per
commettere violazioni con la certezza di una futura impunibilità
Leggi eccezionali nel caso in cui il principio del favor rei dovesse trovare
Si definiscono «eccezionali» riconoscimento.
quelle leggi, il cui ambito di
operatività temporale è segnato
dal persistere di uno stato di fatto Decreti legge non convertiti
caratterizzato da accadimenti
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge
fuori dall’ordinario (guerre,
epidemie, terremoti, ecc.).
entro 60 gg dalla loro pubblicazione.
Irretroattività della legge penale incriminatrice o
più sfavorevole
Non essendo derogabili i principi di irretroattività della legge penale
sfavorevole e di retroattività della legge penale più favorevole, la
conseguenza è:
a. che le esigenze di cui è espressione l’art. 77 Cost. (cioè l’esigenza
di un controllo parlamentare sui provvedimenti urgenti
dell’esecutivo) devono rimanere subordinate al rispetto del
principo di irretroattività della disposizione meno favorevole al
reo; e
b. che deve essere applicato il decreto decaduto se, nel raffronto
con una precedente disposizione, risulta più favorevole al reo
(principio di retroattività).

Leggi dichiarate incostituzionali


Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione
dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

Non possono avere applicazione


In forza dell’espressione di cui sopra, ed in particolare dell’espressione
in essa contenuta «non possono avere applicazione», si ritiene in
dottrina che la dichiarazione di incostituzionalità abbia effetto ex
tunc, ragion per cui la legge invalidata non può essere più applicata
neppure alle situazioni verificatesi sotto la sua vigenza: da qui
l’impossibilità di ravvisare un fenomeno successorio tra una legge
preesistente ed una posteriore poi dichiarata incostituzionale.

Sentenza irrevocabile di condanna

17
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Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata
pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la
esecuzione e tutti gli effetti penali.

Sindacato di costituzionalità su norme penali di favore


1. La prevalente giurisprudenza della Corte costituzionale, preso atto
che i principi vigenti in tema di retroattività delle norme penali
impedirebbero che una eventuale sentenza di accoglimento possa
produrre un effetto pregiudizievole per l’imputato nel processo
penale pendente dinanzi al giudice a quo, ha dedotto
l’inammissibilità dei giudizi di costituzionalità relativi a norme
penali «di favore».
2. Tuttavia la stessa Corte, in alcune prese di posizione, ha mostrato
di superare in modo esplicito l’assunto della «inammissibilità» di
qualsiasi denuncia di norme penali più favorevoli al reo affermando
che:
- altro è la garanzia del favor libertatis assicurata dall’art. 25, comma
2°, Cost., da considerare come autonomo principio di diritto penale
che spetta comunque al giudice ordinario osservare,
- altro è invece il sindacato di costituzionalità di leggi penali anche di
favore, che non può essere sottratto alla Corte «a pena di costituire
zone franche del tutto impreviste dalla Costituzione, all’interno
delle quali la legislazione ordinaria diverrebbe incontrollabile».

Odioso privilegio
La dottrina ritiene che il sindacato è da ritenere ammissibile soltanto
ad alcune condizioni: cioè quando, una volta accertato che la scelta
legislativa è in linea di principio quella di penalizzare un certo tipo di
condotte, appaia palesemente arbitraria (una sorta di «odioso
privilegio»), alla stregua del principio di uguaglianza, una eventuale
discriminazione nel trattamento punitivo delle condotte appartenenti
allo stesso tipo.

Tempo del commesso reato


In assenza di un’esplicita presa di posizione legislativa, la dottrina ha
prospettato 3 criteri per l’individuazione della legge penale applicabile
nel tempo.
1. La teoria della condotta considera commesso il reato nel momento
in cui si è realizzata l’azione/omissione.
- La dottrina è concorde nell’accogliere il criterio della condotta,
perché, considerando il reato come il momento nel quale il
soggetto mette in atto il proposito criminoso, si tratta di un
frangente temporale decisivo anche rispetto alla funzione di
prevenzione generale connessa alla minaccia della sanzione
punitiva.
2. La teoria dell’evento considera commesso il reato allorché si
verifica il risultato lesivo causalmente riconducibile alla condotta e
necessario ai fini della compiuta configurazione dell’illecito.
- La dottrina è concorde nel respingere la teoria del’evento, perché –
a parte la considerazione che non tutti i reati non contengono nella
18
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loro struttura un evento naturalistico – porterebbe ad una
applicazione retroattiva della legge penale in tutti i casi, nei quali la
condotta si sia svolta sotto il vigore di una precedente legge e
l’evento si sia, invece verificato dopo l’introduzione di una nuova
norma incriminatrice nel frattempo eventualmente emanata.
3. La teoria mista, guardando tanto all’azione che all’evento,
considera commesso il reato indifferentemente quando si verifichi
l’uno o l’altro estremo.
- La dottrina è concorde nel respingere la teoria mista, perché non
sembra ragionevole considerare commesso un reato
indifferentemente sotto la vigenza di due norme incriminatrici
diverse.

Reati a forma libera


Reati a forma libera La determinazione del tempus commissi delicti solleva qualche
Si definiscono reati a forma libera problema nei reati causalmente orientati c.d. a forma libera.
quei reati in cui manca la  Nei reati dolosi  il tempo del commesso reato coincide con la
tipizzazione legislativa di realizzazione dell’ultimo atto sorretto dalla volontà colpevole.
specifiche modalità di  Nei reati colposi  il tempo del commesso reato coincide con la
realizzazione dell’evento lesivo. realizzazione dell’atto che, nel complesso degli atti causalmente
collegati con l’evento, per primo dà luogo ad una situazione di
contrarietà con le regole di diligenza, prudenza, ecc.

Reati di durata
Nei reati c.d. di durata si registrano divergenze di opinioni.
 Nel reato permanente 
- la tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza fissa il tempo del
commesso reato nell’ultimo momento di mantenimento della
Reato permanente condotta antigiuridica, nel presupposto che la norma penale può
Il reato permanente è
assolvere la sua funzione generalmente riconosciuta;
contraddistinto dal perdurare di
- la tesi minoritaria fissa il tempo del commesso reato nel primo
una situazione illecita
atto che dà avvio alla consumazione del reato permanente
volontariamente rimovibile dal
medesimo.
reo.
 Nel reato abituale 
- la tesi prevalente individua il tempus commissi delicti nel
compimento dell’ultima condotta;
Reato abituale - la tesi minoritaria fissa il tempo del commesso reato con la
Si definisce abituale il reato nel realizzazione del primo atto che, unitamente ai successivi, integra
quale il comportamento il reato abituale.
criminoso viene prodotto dalla  Nel reato continuato 
reiterazione (da parte del reo) nel - non si parla, nell’ottica della successione di leggi, di un fatto
tempo di più condotte identiche unitario: ci si trova piuttosto in presenza di un concorso materiale
e omogenee (es. maltrattamenti di reati, ciascuno dei quali presenta un proprio tempus commissi
in famiglia). delicti.
Nel reato abituale quindi la  Nei reati omissivi 
condotta deve essere - occorre fare riferimento al momento in cui scade il termine
necessariamente plurisussistente. (esplicito o implicito) utile per realizzare la condotta diversa.

Reato continuato
Il reato continuato è un istituto
giuridico del diritto penale che
ricorre quando una persona, con
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più azioni od omissioni esecutive
del medesimo disegno criminoso,
commette, anche in tempi
diversi, una pluralità di violazioni
della stessa o di diverse
disposizioni di legge.

V. DIVIETO DI ANALOGIA
Analogia
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre
Analogia leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
L’analogia consiste in un processo
di integrazione dell’ordinamento
attuato tramite una regola di
giudizio ricavata dall’applicazione Costituzionalizzazione del divieto di analogia
all’ipotesi di specie, non regolata Nonostante il silenzio del legislatore costituente, la dottrina ritiene
espressamente da alcuna norma, implicitamente costituzionalizzato il divieto di analogia.
di disposizioni regolanti casi o
materie simili: il presupposto di
tale procedimento integrativo è
Nullum crimen sine lege
Il criterio ispiratore del divieto di analogia in materia penale obbedisce
costituito dal ricorrere
alla medesima ratio di garanzia della libertà del cittadino in generale
dell’identità di ratio (ubi eadem
sottesa al nullum crimen sine lege, del quale il divieto in parola
legis ratio, ibi eadem legis
rappresenta una delle più importanti proiezioni.
depositio).

Interpretazione estensiva
La dottrina ritiene non violato il divieto di analogia quando è proposta
una soluzione, rispetto ad una fattispecie incriminatrice, che, seppure
tesa all’estremo, rientra in ogni caso nell’ambito dei possibili significati
letterali dei termini impiegati nel testo di legge.

Tecniche di tipizzazione di tipo casistico


La dottrina ritiene violato in tutti i casi, nei quali il legislatore fa ricorso
a tecniche di tipizzazione di tipo casistico accompagnate dall’aggiunta
di formule di chiusura quali «in casi simili», «in casi analoghi», ecc, non
riempibili interpretativamente mediante l’applicazione di un criterio
univoco legislativamente prefissato.

Divieto di analogia: portata?


1. Secondo un indirizzo minoritario, il divieto di analogia avrebbe
carattere assoluto, nel senso che riguarderebbe sia le norme
incriminatrici, sia le norme di favore (che prevedono cioè cause di
non punibilità o di estenzione del reato, cause di giustificazione o di
attenuazione del rigore sanzionatorio).
- A giustificazione di un assunto così rigoristico, si adduce il primato
dell’esigenza di certezza: la certezza del comando penale verrebbe
meno non solo se si estendesse analogicamente la disposizione
incriminatrice, ma anche se fossero resi incerti, in conseguenza del
procedimento analogico, i limiti della sua applicazione.

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2. Secondo un indirizzo dominante, il divieto di analogia avrebbe
carattere relativo, nel senso che riguarderebbe soltanto
l’interpretazione in malam partem (delle norme penali sfavorevoli),
e non anche l’interpretazione in bonam partem (delle norme penali
favorevoli).
- L’art. 25, comma 2°, Cost., sancisce il primato non già dell’esistenza
della certezza ma della garanzia della libertà del cittadino: proprio
movendo dal presupposto che la «libertà» è la regola, e la sua
limitazione l’eccezione, risulta del tutto conforme all’art. 25 Cost.
un’interpretazione analogica che abbia come obiettivo di estendere
la portata delle norme più favorevoli al reo.

Norme regolari e norme eccezionali


Secondo un insegnamento ormai consolidato, sono da considerare:
a. regolari (suscettive di applicazione analogica in bonam partem) le
norme che disciplinano situazioni generali in cui può versare
«chiunque» al ricorrere di determinati presupposti; ed
b. eccezionali (insuscettive di applicazione analogica sia in malam
partem che in bonam partem) le norme in cui viene introdotta una
disciplina che deroga, rispetto a particolari casi, alla efficacia
potenzialmente generale di una o più disposizioni.

Regolari
Il ricorso analogico è precluso rispetto a quelle cause di non punibilità
che:
 fanno riferimento a situazioni particolari; o
 riflettono motivazioni politico-criminali specifiche (es. c.d.
immunità o le cause speciali di non punibilità).

Cause di giustificazione
Si ipotizzi il caso di un ragazzo Eccezionali
sequestrato che, per Le cause c.d. di giustificazione (o di esclusione della colpevolezza),
riconquistare la libertà, ferisce il nella misura in cui contribuiscono a determinare i presupposti
guardiano dormiente sapendo (generali) di applicazione delle norme incriminatrici, appaiono
che non sarà pagato il riscatto suscettive di applicazione analogica.
(legittima difesa c.d. anticipata).

3. L’ambito di legalità spaziale


I. TERRITORIO
Principio di territorialità
È territorio dello Stato il territorio
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito
della Repubblica e ogni altro
luogo soggetto alla sovranità secondo la legge italiana.
dello Stato.
Principio della bandiera

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Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio
dello Stato, ovunque si trovino.

Principio della ubiquità


Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando:
 è ivi avvenuta in tutto o in parte l’azione od omissione che
costituisce il reato; o
 si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od
omissione.

Azione od omissione
La dottrina ritiene che la parte di azione/omissione compiuta nel
territorio dello Stato non debba, per assumere rilevanza penale,
integrare gli estremi del tentativo punibile (delitto tentato): sicché,
agli effetti della disposizione in esame, è sufficiente accertare che la
parte o frazione di azione compiuta rappresenti un anello essenziale
della condotta conforme al modello criminoso.

f
La dottrina è orientata in questo senso in base all’argomentazione
secodo cui:
a. l’art. 56 c.p. (delitto tentato) presuppone pur sempre che
«l’azione non si compia o l’evento non si verifichi», mentre
b. l’art. 6, comma 2°, c.p. prevede ipotesi delittuose che,
realizzandosi in tutti gli estremi, pervengono allo stadio di reati
consumati e come tali vengono puniti.

Reato continuato
Rispetto al reato continuato, a fronte di un orientamento che nega
l’applicabilità della legge italiana ai fatti verificatisi all’estero – sulla
base del rilievo che rispetto ad essi verrebbe meno ogni ragione che
possa supportare l’espansione della nostra giurisdizione e la
conseguente limitazione della sovranità di altri Paesi –, in dottrina si è
sostenuta – anche se con qualche forzatura – l’applicabilità dell’art. 6
c.p. alle ipotesi in esame, tutte le volte in cui ne derivi un concreto
vantaggio per l’imputato.

II. REATI COMUNI


ALL’ESTERO
Punibilità incondizionata
È punito secondo la legge italiana il cittadino/straniero che commette in
territorio estero taluno dei seguenti reati:
1. delitti contro la personalità dello Stato italiano;
2. delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo
contraffatto;
3. delitti di falsità 
- in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o
- in valori di bollo, o
- in carte di pubblico credito italiano;
4. delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato,
abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;

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5. ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o
convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge
penale italiana.

Principio di difesa Nn. 1 e 4


Secondo il principio di difesa è Rispetto alle figure di reato riportate ai nn. 1 e 4, il criterio della
applicabile al reo la legge dello punibilità incondizionata alla stregua della legge italiana si spiega in
Stato cui appartengono i beni base al principio di difesa, che rende applicabile la legge dello Stato
offesi o cui appartiene il soggetto cui appartengono i beni offesi.
passivo del reato.

N. 5
Principio di Rispetto al caso indicato al n. 5, il criterio della punibilità
universalità incondizionata alla stregua della legge italiana si fonda:
Il principio di  sul principio di universalità; o
universalità stabilisce che la legge  sul principio di difesa; o
si applica a tutti i delitti  su ragioni di opportunità3.
dovunque e da chiunque
commessi.

Punibilità condizionata al cittadino


È punito secondo la legge italiana il cittadino, che commette in
territorio estero un delitto (diverso dai casi di punibilità incondizionata)
per il quale la legge italiana stabilisce:
 l’ergastolo; o
 la reclusione ≥ nel minimo a 3 anni.

Reo nel territorio dello Stato


Il cittadino è punito secondo la legge italiana se si trova nel territorio
dello Stato.

Principio di f
personalità La ratio di tale disciplina va ravvisata:
Secondo il principio di personalità a. secondo alcuni  nell’accoglimento del principio di personalità;
si applica sempre la legge dello mentre
Stato di appartenenza del reo. b. secondo altri  si tratterebbe di una ulteriore applicazione del
principio di difesa.

Pena di minore durata


Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della
libertà personale di minore durata, il colpevole è punito:
 a richiesta  del Ministro della giustizia; o
 a istanza/querela  della persona offesa.

Presenza del reo nel territorio dello Stato


In dottrina e in giurisprudenza si ritiene che la condizione della
presenza del reo nel territorio dello Stato – qualificata ora come
condizione di punibilità, ora come condizione di procedibilità – se

3
Art. 22 Trattato tra l’Italia e la Santa Sede, in virtù del quale lo Stato italiano, su richiesta della Santa Sede, provvederà a punire nel
proprio territorio i delitti commessi nella Città del Vaticano.
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vale per i delitti previsti dal 1° comma dell’art. 9, vale a fortiori per i
delitti meno gravi contemplati nel 2° comma.

Delitto a danno di uno Stato estero/straniero


Qualora si tratti di delitto commesso a danno di uno Stato estero o di
uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della
giustizia.

Estradizione non conceduta/accettata


Il cittadino è punito secondo la legge italiana se l’estradizione non è
stata conceduta/accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha
commesso il delitto.

Delitti a danno di uno Stato estero


La Cassazione ha precisato che la norma di cui sopra non ha
riguardo ai delitti che lo Stato estero è interessato a reprimere
nell’esercizio del suo potere punitivo e nei confronti dei quali
assume quindi la qualifica di soggetto passivo generico, ma si
riferisce al contrario a quelli in cui lo Stato straniero assume la
posizione di soggetto passivo specifico.

Punibilità condizionata allo straniero


È punito secondo la legge italiana lo straniero che commette in
territorio estero a danno dello Stato/cittadino, un delitto (diverso dai
casi di punibilità incondizionata) per il quale la legge italiana stabilisce:
 l’ergastolo; o
 la reclusione ≥ nel minimo a 1 anno.

d
Lo straniero è punito secondo la legge italiana se:
a. si trova nel territorio dello Stato, e
b. vi è richiesta  del Ministro della giustizia; o
b. vi è istanza/querela  della persona offesa.

Delitto a danno di uno Stato estero/straniero


Se il delitto è commesso a danno di uno Stato estero o di uno
straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta
del Ministro della giustizia.

d
Lo straniero è punito secondo la legge italiana:
a. se si trova nel territorio dello Stato;
b. se si tratta di delitto per il quale è stabilita la pena 
- dell’ergastolo, o
- della reclusione ≥ nel minimo a 3 anni;
c. se l’estradizione di lui non è stata conceduta/accettata 
- dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o
- dal Governo dello Stato a cui egli appartiene.

III. DELITTI POLITICI


ALL’ESTERO
Delitto politico in senso oggettivo
È delitto politico ogni delitto, che offende:
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 un interesse politico dello Stato; o
 un diritto politico del cittadino.

Interesse politico dello Stato


Il «delitto politico in senso oggettivo» offende un interesse politico
dello Stato, vale a dire l’interesse che è proprio dello Stato
considerato nella sua essenza unitaria comprensiva di popolo,
territorio, indipendenza, forma di governo, ecc.

Diritto politico del cittadino


La dottrina ritiene che il delitto oggettivamente politico è quello che
offende un diritto politico del cittadino di partecipare alla vita dello
Stato e di contribuire alla formazione della sua volontà.

Delitto politico in senso soggettivo


È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in
tutto o in parte, da motivi politici.

Motivo politico e motivo sociale


 Mentre il motivo politico è quel motivo del reato che determina
la condotta in funzione di una concezione ideologica relativa alla
struttura dei poteri dello Stato e sui rapporti tra lo Stato e il
cittadino;
 il motivo sociale è quel motivo che orienta la condotta
dell’agente in funzione di una concezione della società che non
necessariamente si riflette in maniera immediata sulla forma
politica.

Criterio discretivo della natura politica del reato


1. La categoria del delitto politico è menzionata dalle disposizioni
costituzionali relative al divieto di estradizione (art. 26 Cost.) e al
diritto di asilo (art. 10 Cost.), che però non ne forniscono alcuna
definizione: la dottrina si domanda allora se la nozione codicistica
sia stata costituzionalizzata o se, per contro, dalla Carta
fondamentale sia desumibile un concetto di delitto politico diverso
ed autonomo.
2. Sembra meriti accoglimento l’orientamento dottrinale che assume
a criterio discretivo della natura politica del reato il tipo di rapporto
intercorrente tra il fatto commesso e le «libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana»:
- potranno avvantaggiarsi dei benefici del divieto di estradizione o
del diritto di asilo soltanto gli autori di reati commessi all’estero al
fine di lottare contro un regime autoritario o per far valere diritti
fondamentali il cui esercizio viene di fatto impedito;
- per contro, non dovrebbero beneficiare di alcun trattamento di
favore tutti coloro i quali abbiano commesso all’estero fatti
criminosi che si oppongono alle «libertà democratiche»
riconosciute nel nostro sistema costituzionale, e che consistano ad
esempio «nella negazione dei diritti di libertà di altre persone o
nell’attentare violento alle istituzioni democratiche».
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4. L’ambito di legalità personale


I. PRINCIPIO DI
OBBLIGATORIETA’
Principio di obbligatorietà della legge penale
La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si
trovano nel territorio dello Stato.
Cittadino
È considerato cittadino colui che Immunità
è in possesso dei requisiti previsti La legge penale italiana non si applica alle eccezioni stabilite:
dalla legge per l’acquisto della  dal diritto pubblico interno; o
cittadinanza.
 dal diritto internazionale.

Immunità
Straniero Le immunità si distinguono in:
a. immunità assolute 
È straniero colui che è legato da
- che si estendono a tutti i reati, senza distinzione alcuna tra
un rapporto di cittadinanza con
attività funzionale ed attività extrafunzionale;
altro Stato, oppure l’apolide b. immunità relative 
residente all’estero. - che sono riconosciute solo in costanza di carica, e
- che richiedono un’autorizzazione al procedimento penale da
parte di organi diversi dal giudice ordinario;
c. immunità sostanziali 
- che sono riferite agli atti compiuti, alle opinioni espresse ed ai
voti dati nell’esercizio di funzioni (in diritto interno o
internazionale);
d. immunità processuali 
- che sono riferite agli atti compiuti fuori dall’esercizio delle
funzioni, e
- che sono perseguibili al momento della cessazione della carica.

II. IMMUNITA’ DI DIRITTO


PUBBLICO INTERNO
Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni4.

Alto tradimento e attentato alla Costituzione


Il Presidente della Repubblica è responsabile:
 per alto tradimento; o
 per attentato alla Costituzione.

Presidente del Senato

4
Per gli atti non compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, il Presidente della Repubblica è equiparato ad un comune cittadino e,
come tale, sottoposto alla coercizione penale.
26
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La dottrina ritiene che il Presidente del Senato, che esercita le funzioni
di Presidente della Repubblica, gode delle stesse immunità per tutto il
periodo della supplenza.

Membri del Parlamento


I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere
delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.

Funzioni parlamentari atipiche


La disposizione di cui sopra si applica in ogni caso:
a. per la presentazione 
- di disegni/proposte di legge,
- di emendamenti,
- di ordini del giorno,
- di mozioni e
- di risoluzioni;
b. per le interpellanze e le interrogazioni;
c. per gli interventi 
- nelle Assemblee, e
- negli altri organi delle Camere;
d. per qualsiasi espressione di voto comunque formulata;
e. per ogni altro atto parlamentare;
f. per ogni altra attività, connessa alla funzione di parlamentare,
espletata anche fuori del Parlamento 
- di ispezione,
- di divulgazione,
- di critica, e
- di denuncia politica.

Turpiloquio
La Corte costituzionale ha precisato che l’uso del turpiloquio non
rientra nell’esercizio delle prerogative parlamentari, come risulta
anche dai regolamenti parlamentari che negano ingresso nei lavori
della Camera agli scritti o alle espressioni ingiuriose.
Di conseguenza non può invocare l’immunità il deputato il quale dice
che usa «la bandiera tricolore soltanto per pulirsi il culo».

Perquisizione, arresto e detenzione


Nessun membro del Parlamento può essere:
a. sottoposto a perquisizione personale/domiciliare;
b. arrestato o altrimenti privato della libertà personale; o
c. mantenuto in detenzione.

Autorizzazione della Camera


I membri del Parlamento possono essere
perquisiti/arrestati/detenuti se vi è stata autorizzazione della
Camera alla quale essi appartengono.

Sentenza irrevocabile di condanna


I membri del Parlamento possono essere
perquisiti/arrestati/detenuti in esecuzione di una sentenza
irrevocabile di condanna.
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Flagranza
I membri del Parlamento possono essere
perquisiti/arrestati/detenuti se colti nell’atto di commettere un
delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

Intercettazioni e sequestro di corrispondenza


Nessun membro del Parlamento può essere sottoposto:
a. a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o
comunicazioni; e
b. a sequestro di corrispondenza.

Autorizzazione della Camera


I membri del Parlamento possono essere sottoposti a intercettazioni
o a sequestro di corrispondenza se vi è stata autorizzazione della
Camera alla quale essi appartengono.

D
Il fondamento sostanziale di simili prerogative viene tradizionalmente
individuato nella necessità di salvaguardare l’indipendenza del
Parlamento in sé e/o nella persona dei singoli deputati, nell’ottica
della separazione dei poteri e in vista dell’esigenza di sottrarre i
parlamentari a procedimenti oggettivamente persecutori.

Giudici della Corte costituzionale


Finché durano in carica, i giudici della Corte costituzionale godono della
immunità accordata nel 2° comma dell’art. 68 della Costituzione ai
membri delle due Camere.

Autorizzazione della Corte costituzionale


L’autorizzazione ivi prevista è data dalla Corte costituzionale.

Membri dei consigli regionali


I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle
opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Estensione delle prerogative parlamentari


In dottrina si è tentato di estendere ai consiglieri regionali le
prerogative di cui all’art. 68, commi 2° e 3°, Cost., ma è rimasto
assolutamente dominante l’orientamento che nega l’estensione, in
via analogica, delle prerogative parlamentari.

Membri del CSM


I componenti del Consiglio superiore non sono punibili per le opinioni
espresse nell’esercizio delle loro funzioni, e concernenti l’oggetto della
discussione.

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III. IMMUNITA’ DI DIRITTO
INTERNAZIONALE Sommo Pontefice
L’Italia considera la persona del Sommo Pontefice sacra ed inviolabile5.

D
Questa immunità è assoluta e viene riconosciuta non solo nella sua
veste di capo di Stato estero, ma anche nella sua altissima posizione
spirituale di Capo della cristianità.

Capi di Stato esteri


I capi di Stato esteri e i Reggenti che si trovano in tempo di pace nel
territorio dello Stato beneficiano di un’immunità totale che si estende
anche al seguito e ai familiari che li accompagnano6.

Ministri degli esteri


Il presidente del consiglio e i ministri per gli affari esteri godono di
un’immunità per tutti i fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni.

Agenti diplomatici
L’agente diplomatico gode dell’immunità dalla giurisdizione penale
dello Stato accreditatario.

Inviolabilità
La persona dell’agente diplomatico è inviolabile.

Arresto e detenzione
L’agente diplomatico non può essere sottoposto ad alcuna forma di
arresto o di detenzione.

Funzionari internazionali
I funzionari internazionali godono della sola immunità funzionale per gli
atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni7.

Parlamentari europei
I membri del Parlamento europeo:
a. non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo 
delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni;
b. per la durata delle sessioni del Parlamento europeo beneficiano 
- sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del
parlamento del loro paese, e

5
Il riferimento è all’art. 8 del Trattato del Laterano.
6
Questa immunità deriva dal diritto internazionale generale.
7
Questa immunità trova normalmente la sua fonte in trattati internazionali.
29
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- sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni
provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.

Raggiungimento o allontanamento dal/del luogo


di riunione
L’immunità copre i membri del Parlamento europeo anche quando
essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne
ritornano.

Flagranza
L’immunità non può essere invocata nel caso di delitto flagrante.

Revoca dell’immunità
L’immunità non può essere invocata dal parlamentare al quale è stata
tolta la stessa dal Parlamento europeo.

Consoli e agenti consolari


I consoli e gli agenti consolari si avvantaggiano dell’immunità se ciò è
stabilito dai trattati internazionali tra l’Italia e gli altri Stati.

Giudici della Corte Aja


Nell’esercizio delle loro funzioni, i membri della Corte fruiscono dei
privilegi e delle immunità di ordine diplomatico.

Membri delle forze armate NATO


I membri e le persone al seguito delle forze armate della Nato di stanza
nel territorio italiano che sono soggetti alle leggi e alla giurisdizione
militare dello Stato di appartenenza beneficiano dell’immunità8.

5. I concetti generali sul reato


I. ILLECITO PENALE
Illecito civile
1. In campo civile non domina il principio di riserva di legge, con la
conseguenza che una fonte normativa di grado inferiore può creare
una figura di illecito.
2. Inoltre, non vige il principio di tassatività; anzi, il diritto civile è il
terreno privilegiato della c.d. legislazione per principi e dell’uso
delle c.d. clausole generali.

8
Questa immunità deriva dalla Convenzione NATO.
30
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3. Infine, nell’ordinamento civile sono ammesse forme di
responsabilità indiretta (c.d. responsabilità per rischio) e senza
colpevolezza (c.d. responsabilità oggettiva).

Illecito amministrativo
La differenza tra illecito penale ed illecito amministrativo dipende, sul
piano strettamente formale, da 2 elementi:
1. dalla natura della sanzione principale prescelta dal legislatore, e
cioè una sanzione amministrativa di carattere pecuniario; e
2. dalla natura amministrativa del procedimento e dell’organo
competente ad infliggere sanzione medesima.

Delitti
Delitti Le pene principali stabilite per i delitti sono:
I delitti rappresentano le forme
1. l’ergastolo;
più gravi di illecito penale.
2. la reclusione;
3. la multa.

Contravvenzioni
Contravvenzioni
Le contravvenzioni
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
rappresentano le forme meno 1. l’arresto; e
gravi di illecito penale. 2. l’ammenda.

Delitti e contravvenzioni
 Mentre nei «delitti» per la punibilità di un fatto preveduto dalla
legge come delitto è richiesto:
- di regola  il dolo, ed
- eccezionalmente  la colpa nei casi espressamente preveduti dalla
legge;
 nelle «contravvenzioni» ciascuno risponde della propria
azione/omissione indifferentemente a titolo di dolo o colpa.

II. SOGGETTO ATTIVO


Capacità penale
Si definisce soggetto attivo o
Mutando categorie giuridiche di origine civilistica, parte della dottrina
autore – oppure, come anche si
dice con terminologia parla di:
equivalente, «reo», «agente», a. capacità penale  per alludere all’attitudine di tutte le persone a
«colpevole» – colui il quale porre in essere un fatto rilevante per il diritto penale;
realizza un fatto conforme ad una b. capacità alla pena  per alludere alla imputabilità;
fattispecie astratta di reato. c. capacità alle misure di sicurezza  per alludere alla pericolosità
sociale; e
d. immunità  per alludere alla incapacità di essere assogettati a
conseguenze penali.

Reati comuni
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Il fatto incriminato prende l’etichetta di reato comune quando soggetto
attivo del reato può essere chiunque.

Reati propri
La fattispecie incriminatrice prende il nome di reato proprio quando
sussiste uno stretto rapporto tra la speciale qualifica soggettiva rivestita
dal soggetto e il bene giuridico assunto a oggettto di protezione penale.

Reati propri esclusivi e reati propri non esclusivi


 Si parla di reati propri esclusivi quando la qualifica soggettiva del
soggetto attivo rileva ai fini della stessa qualificazione del fatto
come reato: ad es. la condizione di ascendente o fratello che
determina la punibilità dell’incesto.
 Si parla di reati propri non esclusivi quando la qualifica soggettiva
del soggetto attivo rileva ai fini del mutamento del titolo del
reato: ad es. un’appropriazione indebita si trasforma in peculato
se commessa da un pubblico ufficiale ai danni della p.a.

III. ENTI COLLETTIVI


Societas delinquere non potest
Le persone giuridiche non possono delinquere.

Deduzione dottrinale
Benché la legislazione penale ordinaria non contenga alcuna norma
che escluda esplicitamente la responsabilità penale delle persone
giuridiche, tale esclusione suole essere, in base ad un argumentum a
contrario, dedotta dall’art. 197 del codice, il quale prevede una
obbligazione civile di garanzia della persona giuridica per il caso in cui
colui il quale ne abbia la rappresentanza/amministrazione commetta
un reato in violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita
ovvero nell’interesse della persona giuridica, e versi in condizioni di
insolvibilità: l’attribuzione all’ente di tale obbligo di garanzia non si
spiegherebbe se l’ente stesso potesse considerarsi soggetto attivo del
reato.

Persone giuridiche: capaci di agire con dolo o con


colpa?
1. Secondo una parte della dottrina, il tradizionale principio societas
delinquere non potest riceverebbe un avallo a livello
costituzionale: precisamente, l’irresponsabilità delle persone
giuridiche come tali discenderebbe dal principio del carattere
personale della responsabilità penale ex art. 27, comma 1°,
Cost., interpretato sia secondo l’accezione più ristretta 9 sia
secondo l’accezione più ampia10.
2. La teoria c.d. organicistica della persona giuridica riconosce
soggettività reale e non finzionistica all’ente collettivo in virtù di
un (ritenuto) rapporto di rappresentanza organica tra l’ente

9
Muovendo dalla tesi che l’art. 27, comma 1°, Cost. intende soltanto vietare la responsabilità «per fatto altrui», la società non
potrebbe rispondere penalmente per la condotta (altrui) di un suo organo.
10
Prendendo le mosse dall’interpretazione che identifica il carattere personale della responsabilità penale con la responsabilità
ancorata al «principio di colpevolezza», la società non potrebbe rispondere personalmente perché incapace di atteggiamento
volitivo colpevole.
32
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stesso e le persone fisiche che ne determinano la volontà e
l’azione; con la conseguenza che l’attività degli organi diventa
automaticamente imputabile alla persona collettiva.

Soggetti destinatari
Le disposizioni sulla responsabilità amministrativa11 degli enti si
applicano:
a. agli enti  forniti di personalita giuridica; e
b. alle società e associazioni  anche prive di personalità giuridica.

Soggetti esclusi
Le disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti non si
applicano:
a. allo Stato;
b. agli enti pubblici territoriali;
c. agli altri enti pubblici non economici; e
d. agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Principio di legalità
L’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente
reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e
le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge
entrata in vigore prima della commissione del fatto.

Amnistia
Non si procede nei confronti dell’ente quando è concessa amnistia per
un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e
l’imputato ha rinunciato alla sua applicazione.

Responsabilità dell’ente
L’ente è responsabile per i reati commessi:
a. da persone che rivestono funzioni 
- di rappresentanza,
- di amministrazione, o
- di direzione;
b. da persone che esercitano, anche di fatto 
- la gestione dell’ente, e
- il controllo dello stesso;
c. da persone sottoposte alla direzione/vigilanza di uno dei soggetti
di cui alla lett. a.

Proprio interesse/vantaggio
L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo
vantaggio.

11
Il riferimento è al d.lgs. n. 231/2001.
33
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s
Il duplice riferimento all’interesse e al vantaggio viene motivato,
nella relazione al decreto legislativo, nel modo seguente:
a. l’interesse caratterizzerebbe la condotta della persona fisica in
senso marcatamente soggettivo, per cui sarebbe sufficiente
una verifica ex ante;
b. il vantaggio potrebbe essere ricavato anche quando la persona
fisica non agisca per un interesse proprio, occorrendo in
proposito sempre una verifica ex post.

Interesse obiettivo
Sembra preferibile l’orientamento interpretativo ormai dominante,
che tende a far leva su un unico concetto (superiore) di interesse, da
intendersi in senso obiettivo in rapporto alla condotta dell’autore
del reato.

Interesse esclusivo dell’autore/terzo


L’ente non risponde se l’autore del reato ha agito nell’interesse
esclusivo proprio o di terzi.

Prova liberatoria
Se il reato è stato commesso dalle persone indicate alle lettere a e b,
l’ente non risponde se prova che:
a. l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima
della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di
gestione idonei a prevenire reati della specie di quello
verificatosi;
b. il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei
modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un
organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di
controllo;
c. le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente
i modelli di organizzazione e di gestione;
d. non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte
dell’organismo di cui alla lettera b.

Autonomia della responsabilità dell’ente


La responsabilità dell’ente sussiste anche quando:
a. l’autore del reato 
- non è stato identificato, o
- non è imputabile;
b. il reato  si estingue per una causa diversa dall’amnistia.

IV. SOGGETTI NEGLI ENTI O


NELLE IMPRESE Ammissibilità della delega
La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, è ammessa.
Prassi della delega
Nell’ambito degli enti collettivi o
delle imprese, la difficoltà
Delega
La delega è ammissibile se la stessa:
nell’individuare il soggetto-
a. risulta da atto scritto recante data certa;
persona fisica suscettivo di essere
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chiamato a rispondere di reati b. attribuisce al delegato 
commessi nello svolgimento - tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
dell’attività facente capo all’ente specifica natura delle funzioni delegate,
superindividuale nasce dalla - l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni
circostanza che, specie all’interno delegate;
delle imprese di grandi c. è accettata per iscritto dal delegato.
dimensioni, il soggetto
formalmente titolare dei
numerosi obblighi di condotta
penalmente sanzionati delega gli Delegato
stessi ai suoi «collaboratori». La delega è ammissibile se il delegato possiede tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle
funzioni delegate.

Pubblicità della delega


Alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

Obbligo di vigilanza del delegante


La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore
di lavoro in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite da
parte del delegato.

V. SOGGETTO PASSIVO
Oggetto materiale
Si definisce soggetto passivo il
Concettualmente, la nozione di soggetto passivo si differenzia da quella
titolare del bene protetto dalla
singola fattispecie incriminatrice di oggetto materiale del reato, che allude invece alla persona o cosa
di parte speciale. sulla quale materialmente ricade l’attività delittuosa.

Persona danneggiata
Il concetto di soggetto passivo non coincide necessariamente con
quello di danneggiato dal reato: cioè, il soggetto che subisce un danno
patrimoniale o non patrimoniale risarcibile e che è, pertanto,
legittimato a costituirsi «parte civile» nel processo penale.

Reati a soggetto passivo indeterminato


Si parla di reati a soggetto passivo indeterminato per alludere ad ipotesi
nelle quali l’interesse offeso appartiene ad una cerchia indeterminata
di persone (c.d. reati vaghi o vaganti): ad es. i reati contro l’incolumità
pubblica.

Reati senza vittima


Si ricorre all’espressione reati senza soggetto passivo o senza vittima
per indicare ipotesi di incriminazione dietro le quali non è facile
individuare l’offesa ad un bene giuridico «afferrabile»: ad es. i reati
contro la moralità pubblica come il delitto di pubblicazioni oscene,
offensivo di un indefinito comune sentimento del pudore.

35
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6. La struttura del reato


I. TEORIA GENERALE
Teoria tripartita
Secondo la concezione tripartita, il reato è definibile come un fatto
umano tipico, antigiuridico e colpevole.

Teoria bipartita
Secondo la concezione bipartita, il reato si compone di un elemento
oggettivo e di un elemento soggettivo: manca l’«antigiuridicità» come
elemento costitutivo autonomo del concetto di illecito penale.

Certezza giuridica
La tendenza ad elaborare dottrine generali del reato non ha obbedito
soltanto ad esigenze logico-conoscitive, ma ha preteso anche di
soddisfare ad aspettative di certezza giuridica: infatti, in mancanza di
categorie concettuali rigorose, il giudice non avrebbe punti di
riferimento sicuri per orientare la decisione dei casi concreti secondo
criteri di razionalità e imparzialità.

II. FATTO TIPICO


Principio di legalità
Il concetto di fatto tipico o
Costruire il concetto di fatto attorno ai contrassegni che delineano il
fattispecie o tipo delittuoso
rappresenta il complesso degli volto di uno specifico illecito penale equivale a pasmare questo
elementi che delineano il volto di concetto in funzione del principio nullum crimen sine lege.
uno specifico reato.

Specifica forma di aggressione al bene protetto


Nel tipizzare le figure delittuose il «fatto» si atteggia a precipitato
tecnico di un diritto penale ispirato all’idea della protezione dei beni: il
compito del fatto tipico è, infatti, quello di ritagliare e circoscrivere
specifiche forme di aggressione ai beni penalmente tutelati.

Modelli delittuosi
Nell’ambito di un diritto penale rispettoso dei principi di legalità,
materialità e tassatività, la categoria del fatto tipico dovrebbe assolvere
la funzione di ancorare i modelli delittuosi (e le correlative forme di
offesa) a tipi di comportamento basati, a loro volta, su ben definite
tipologie empirico-criminologiche.

III. ANTIGIURIDICITA’
Antigiuridicità: autonoma o inclusa nel fatto tipico?
In diritto penale con il termine
antigiuridicità si esprime il
36
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rapporto di contraddizione tra il 1. All’interno della concezione tripartita del reato, l’antigiuridicità ha
fatto penalmente rilevante e carattere oggettivo: essa cioè costituisce una qualità oggettiva del
l’intero ordinamento giuridico. fatto tipico, che come tale prescinde ed è distinta dalla
Questo rapporto di colpevolezza.
contraddizione si configura
Il giudizio di antigiuridicità, dunque, si risolve strutturalmente nella
quando anche una sola norma,
ubicata in qualsiasi luogo
verifica che il fatto tipico non è coperto da alcuna causa di
dell’ordinamento, facoltizza o giustificazione o secondo un sinonimo – da alcuna esimente.
rende doverosa la realizzazione 2. All’interno della concezione bipartita del reato, la teoria degli
del fatto penalmente rilevante. elementi negativi del fatto nega che l’antigiuridicità costituisca un
elemento autonomo del reato, accanto al fatto tipico e alla
Cause di colpevolezza.
giustificazione Il giudizio di antigiuridicità si risolve nella verifica degli elementi che
Si dà il nome di cause di devono mancare perché il reato si configuri.
giustificazione all’insieme delle - Una simile impostazione dogmatica, ricomprendente nel concetto
facoltà e dei doveri derivanti da di «fatto» oltre agli elementi positivi di ciascuna figura criminosa
norme che autorizzano o anche, seppure in senso negativo, i presupposti delle scriminanti –
impongono la realizzazione di un come se, ad es., la fattispecie di omicidio fosse così costruita: «è
fatto. vietato cagionare la morte di un uomo, a meno che l’aggressione
non sia giustificata dalla necessità di difendersi» – sembra da
respingere.

Applicazione analogica delle scriminanti


Dal carattere non specificatamente penale delle norme che configurano
le cause di giustificazione derivano importanti conseguenze.
a. La disciplina delle situazioni che integrano sciminanti non è
necessariamente subordinata – a differenza delle norme strictu
sensu incriminatrici – al principio di riserva di legge: onde, ad es. è
ammissibile che l’esercizio di un diritto, come causa di
giustificazione (art. 51 c.p.), trovi la sua fonte anche nella
consuetudine.
b. Essendo le norme sulle scriminanti «autonome» norme
«extrapenali» desumibili da tutto l’ordinamento, se ne deduce
senza difficolta la loro possibile estensione analogica.

Antigiuridicità
speciale Antigiuridicità speciale
Si consideri, per esempio, il 1. Nel linguaggio penalistico si suole parlare di antigiuridicità o illiceità
delitto di cui all’art. 348, il quale speciale riguardo a casi nei quali la stessa condotta tipica è
incrimina «chiunque contraddistinta da una nota di illiceità desumibile da una norma
abusivamente esercita una diversa da quella incriminatrice: questa nota di illiceità costituisce
professione, per la quale è un elemento diverso e ulteriore rispetto alla normale antigiuridicità
richiesta una speciale abilitazione oggettiva intesa come assenza di cause di giustificazione.
dello Stato»: l’avverbio
2. La presenza di questa speciale antigiuridicità è indiziata da
«abusivamente» richiede
appunto, ai fini dell’integrazione
espressioni legislative quali «illegittimamente», «absusivamente»,
della condotta tipica, il contrasto «arbitrariamente», «indebitamente» e simili; oppure «contro le
con le disposizioni amministrative disposizioni della legge o dell’Autorità», ovvero «abusando dei
che disciplinano l’esercizio delle poteri e delle qualità».
varie attività professionali. Si tratta nella gran parte dei casi di elementi cosidetti normativi
della fattispecie, per la cui determinazione concettuale occorre fare

37
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riferimento ad una disposizione extrapenale potenzialmente
appartenente a qualsiasi ramo dell’ordinamento.

IV. COLPEVOLEZZA
Funzione liberalgarantistica
La colpevolezza riassume
La legge penale garantisce la libertà di scelta individuale proprio nella
condizioni psicologiche che
consentono l’imputazione misura in cui rifiuta una responsabilità oggettiva, basata sul puro nesso
personale del fatto di reato di causalità materiale, e subordina invece la punibilità alla presenza di
all’autore: nell’ultimo gradino coefficienti soggettivi (dolo e colpa): ed infatti, l’assumere il dolo o la
della costruzione dell’illecito colpa come presupposto della responsabilità equivale a circoscrivere la
penale si tratta, infatti, di punibilità nei limiti di ciò che è prevedibile ed evitabile da parte del
verificare se, e fino a che punto, il soggetto; e tale possibilità di controllo – a sua volta – permette,
precetto penale assunto come appunto, a ciascuno di pianificare la propria vita senza incorrere in
regola «obiettiva» di sanzioni penali.
comportamento in sede di tipicità
e antigiuridicità, sia suscettivo di
essere osservato dal singolo
agente. Principio cardine del sistema penale
1. La Corte costituzionale nell’importante sentenza n. 364/88, relativa
all’efficacia scusante dell’errore inevitabile di diritto, ha ravvisato la
ratio della colpevolezza nell’esigenza di «garantire al privato la
certezza di libere scelte d’azione: per garantirgli, cioè, che sarà
chiamato a rispondere penalmente solo per azioni da lui
controllabili e mai per comportamenti che solo fortuitamente
producono conseguenze penalmente vietate (..). Il principio di
colpevolezza, in questo senso, più che completare, costituisce il
secondo aspetto del principio garantistico di legalità, vigente in uno
Stato di diritto».
2. La Corte ravvisa nella colpevolezza un «principio costituzionale,
garantista (relativo alla personalità dell’illecito, ai presupposti della
responsabilità penale personale, ecc.) in base al quale si pone un
limite alla discrezionalità del legislatore ordinario
nell’incriminazione dei fatti penalmente sanzionabili, nel senso che
vengono costituzionalmente indicati i necessari requisiti minimi
d’imputazione senza la previsione dei quali il fatto non può essere
legittimamente sottoposto a pena».

V. CLASSIFICAZIONE DEI REATI DI EVENTO


REATI

Nei reati di evento la fattispecie incriminatrice tipicizza un evento esteriore


come risultato concettualmente e fenomenicamente separabile dall’azione
e a questa legato in base ad un nesso di causalità.

Un esempio è la morte di un uomo nel delitto di omicidio.

Forma libera e forma vincolata

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 Si parla di reati a forma libera quando il legislatore non specifica le
modalità di produzione del risultato lesivo.
 Si parla di reati a forma vincolata quando il legislatore specifica le
modalità di produzione del risultato lesivo.
REATI DI AZIONE

I reati di azione consistono nel semplice compimento dell’azione vietata,


senza che sia necessario attendere il verificarsi di un evento causalmente
connesso alla condotta medesima.

Un esempio è la sottrazione e l’impossessamento della cosa nel delitto di


furto.
REATI COMMISSIVI REATI OMISSIVI

I reati commissivi (o di azione) I reati omissivi (o di omissione)


consistono in una condotta tipica consistono in una condotta tipica
rappresentata da un agire positivo. rappresentata da una omissione.

Reato omissivo proprio


ed omissivo improprio
 Si configura un reato omissivo
improprio (o commissivo
mediante omissione) quando
l’evento lesivo dipende dalla
mancata realizzazione di
un’azione doverosa.
 Il reato omissivo proprio
consiste, invece, nel semplice
mancato compimento di
un’azione imposta da una
norma penale di comando; a
prescindere dalla verificazione
di un evento come conseguenza
della condotta omissiva.

REATI ISTANTANEI REATI PERMANENTI

Nei reati istantanei la realizzazione Si definiscono permanenti quei reati


del fatto tipico integra ed esaurisce in cui il protrarsi dell’offesa dipende
l’offesa, perché è impossibile che la dalla volontà dell’autore.
lesione del bene persista nel tempo.

Un esempio è la libertà personale


Per fare un esempio, nell’omicidio è nel caso del sequestro di persona.
la lesione si esaurisce già nel
momento in cui si verifica la morte
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Il reato permanente è un reato


unico in quanto lesivo di un
medesimo bene giuridico.

REATI ABITUALI

La dottrina ha coniato l’etichetta di reato abituale per definire quegli illeciti


penali, per la cui realizzazione è necessaria la reiterazione nel tempo di più
condotte della stessa specie

Reato abituale proprio e reato abituale improprio


 Nel reato abituale proprio le singole condotte, autonomamente
considerate, sono penalmente irrilevanti.
 Nel reato abituale improprio ciascun singolo atto integra di per sé altra
figura di reato.

REATI PROPRI REATI COMUNI

Si definisce reato «proprio» Si definisce reato «comune»


quell’illecito che può essere quell’illecito che può essere
commesso soltanto da chi riveste chiunque.
una particolare qualifica o posizione,
idonee a porre il soggetto in una
speciale relazione con l’interesse
tutelato.

Reati propri in senso


puro e in senso lato
 Nei reati propri in senso puro il
possesso della qualifica
determina la stessa punibilità
del fatto (es. omissione di atti di
ufficio).
 Nei reati propri in senso lato il
possesso della qualifica
comporta un mutamento del
titolo del reato (es.
appropriazione indebita che si
trasforma in peculato).

REATI DI DANNO REATI DI PERICOLO

40
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Nei reati di danno la condotta Nei reati di pericolo la condotta
criminosa comporta la lesione criminosa comporta la semplice
effettiva del bene giuridico assunto messa in pericolo o lesione
a oggetto di tutela penale. potenziale del bene giuridico
assunto a oggetto di tutela penale.

Come esempio paradigmatico di Come esempio di reato di pericolo si


reato di danno, si consideri il delitto consideri il delitto di incendio
di omicidio: il bene aggredito (la preveduto dall’art. 423: il fatto di
vita) subisce infatti una completa cagionare un incendio è punito per i
distruzione per effetto dell’azione risultati lesivi che possono derivarne
criminosa. a carico di una cerchia
indeterminata di persone, anche se
poi nessuna persona subisce in
concreto danni alla vita o
all’integrità.

Pericolo concreto o effettivo


e presunto o astratto
 Nei reati di pericolo concreto o
effettivo il pericolo – in genere
concepito come rilevante
possibilità di verificazione di un
evento temuto – rappresenta
un elemento costitutivo della
fattispecie incriminatrice, onde
spetta al giudice, in base alle
circostanze concrete del singolo
caso, accertarne l’esistenza.
 Nei reati di pericolo presunto o
astratto si presume, in base ad
una regola di esperienza, che al
compimento di certe azioni si
accompagni l’insorgere di un
pericolo.

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IL REATO COMMISSIVO
DOLOSO

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1. La tipicità Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. FATTISPECIE
Funzione di garanzia
Per fattispecie di reato si intende
La fattispecie legale assume una fondamentale funzione di garanzia: ciò
il complesso degli elementi
(obiettivi di natura descrittiva o che non rientra in una fattispecie legalmente tipizzata non può
normativa e soggettivi) che costituire materia di divieto e non può, di conseguenza, integrare un
contraddistinguono ogni singolo illecito penale.
illecito penale: gli elementi
costitutivi delle fattispecie
variano in funzione delle diverse
tipologie delittuose.
Concezione classica
Secondo una concezione ormai classica, risalente al Beling nei primi
anni del ‘900, la fattispecie intesa come fattispecie obiettiva
designerebbe soltanto gli elementi «descrittivi» ed «obiettivi» del fatto
di reato: elementi definiti oggettivi perché, appunto, coincidienti con i
requisiti relativi alla realizzazione materiale del fatto di reato e, come
tali, distinti dall’elemento soggettivo12.

Concezione dominante
1. Secondo la concezione oggi dominante, il concetto di fatto tipico va
inteso in un’accezione più ampia.
2. Non solo perché il fatto può ricomprendere, oltre ad elementi
«descrittivi», elementi a carattere «normativo», ma per la ragione
più assorbente che il fatto in senso oggettivo o materiale, pur
conservando il ruolo di spina dorsale della tipicità non l’esaurisce
completamente: occorre anche tenere conto di componenti
«soggettive», che assolvono funzioni integratrici della tipicità in
senso rigidamente materiale.

II. AZIONE
Coscienza e volontà
Sul terreno del reato commissivo,
È punibile chi compie con coscienza e volontà un’azione preveduta dalla
l’azione corrisponde al
movimento corporeo dell’uomo. legge come reato.

Reato commissivo doloso


La dottrina ritiene che sul terreno del reato commissivo doloso
l’azione è sempre caratterizzata dalla partecipazione effettiva delle
coscienza e volontà: anzi, in questo senso, i presupposti dell’esistenza
di un’azione cosciente e volontaria finiscono col rimanere assorbiti
da quelli normativamente richiesti per la configurazione del «dolo»;
azione «cosciente e volontaria» e azione «dolosa» finiscono, dunque,
col coincidere.

Forza maggiore
Forza maggiore Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.
La forza maggiore viene
tradizionalmente definita come
qualsiasi energia esterna contro
la quale il soggetto non è in grado Assenza dell’elemento soggettivo
di resistere e che perciò lo Nel caso fortuito e nella forza maggiore manca, già in partenza, la
costringe necessariamente ad precondizione di un addebito a titolo di dolo o di colpa: precondizione

44
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agire: in altri termini, il soggetto cioè rappresentata dalla possibilità di considerare l’azione criminosa
agitur, non agit. come opera propria di un determinato soggetto.

Costringimento fisico
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri
Costringimento fisico costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o
Il costringimento fisico è una comunque sottrarsi.
forza irresistibile che promana
non già dalla natura, ma
dall’uomo il quale si serve
materialmente di un altro essere Caso fortuito
umano come strumento di Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito.
realizzazione dell’obiettivo
criminoso.
Forza maggiore
 Mentre la forza maggiore, annullando la signoria del soggetto
sulla condotta, impedisce di configurare un’azione penalmente
rilevante;
 il «caso fortuito» non sempre esclude l’esistenza dell’azione:
esso, in quanto risulta dall’incrocio tra un accadimento naturale e
una condotta umana, da cui deriva l’«imprevedibile» verificarsi di
un evento lesivo, impedisce però egualmente che l’agente possa
essere chiamato a rispondere dell’evento cagionato col concorso
di fattori che esulano dall’ordine normale delle cose.

III. PRESUPPOSTI
DELL’AZIONE
Rilevanza penale di una condotta
Il concetto di presupposti dell’azione (o del fatto) è utile in una
Sono considerati «presupposti»
dell’azione (o del fatto): prospettiva di scomposizione analitica dell’illecito, se circoscritto alle
a. la norma penale, circostanze – di fatto o di diritto – che in taluni casi devono preesistere
b. il bene giuridico, o essere concomitanti alla condotta perché questa assuma un
c. il soggetto attivo, significato criminoso.
d. il soggetto passivo,
e. l’oggetto materiale, e
f. l’evento.
Oggetto materiale
Oggetto materiale dell’azione si definisce la persona/cosa sulla quale
ricade l’attività fisica del reo: ad es. la cosa nel delitto di furto.

Oggetto materiale e oggetto giuridico


Per esemplificare la distinzione tra l’oggetto materiale della condotta
e l’oggetto giuridico (o il bene penalmente protetto), si consideri che,
nel delitto di falso, l’oggetto materiale della condotta è costituito dal
documento falsificato, mentre il bene giuridico protetto è la fede
pubblica.

Oggetto materiale e soggetto passivo

12
Ad es. la fattispecie di furto sarebbe costituita dal fatto materiale dell’impossessamento e della sottrazione della cosa; quella
dell’omicidio della causazione della morte dell’uomo, ecc.
45
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Per esemplificare la distinzione tra l’oggetto materiale e il soggetto
passivo, si consideri il delitto di sottrazione consensuale di
minorenni, nel quale mentre l’interesse protetto è costituito dalla
potestà di entrambi i genitori, l’oggetto dell’azione è il minore
protetto.

Evento
L’evento in senso naturalistico è un accadimento qualsiasi della realtà
esterna: ad es. la distruzione della cosa nel delitto di danneggiamento.

IV. RAPPORTO DI
CAUSALITA’
Prassi giurisprudenziale
Nonostante il codice Rocco contenga una disciplina esplicita del nesso
causale (artt. 40 e 41), ciò non ha impedito agli interpreti di assumere la
disciplina codicistica come elemento di conferma di soluzioni ricavate in
via «aprioristica».

g
La ragione di questa apparente inverisione metodologica dipende dal
fatto che gli stessi artt. 40 e 41 si prestano a letture diverse perché
non riescono a indicare un modello ben definito e univoco di
causalità.

Criterio di imputazione oggettiva


La causalità funge da il criterio di imputazione (oggettiva) del fatto al
soggetto.

h
Il nesso causale tra condotta ed evento di regola comprova che non
solo l’azione, ma lo stesso risultato lesivo è opera dell’agente, per cui
– sussistendo gli altri presupposti di natura psicologica – quest’ultimo
può essere chiamato a risponderne penalmente.

Teoria condizionalistica13
1. Secondo la teoria condizionalistica è causa ogni condizione
dell’evento, ossia ogni antecedente senza il quale l’evento non si
sarebbe verificato.
2. Per accertare tale nesso condizionalistico, la dottrina suole
ricorrere al procedimento di eliminazione mentale (formula della
condicio sine qua non): alla stregua di esso un’azione è condicio sine
qua non di un evento, se non può essere mentalmente eliminata
senza che l’evento stesso venga meno.

Obiezioni

13
Tale teoria viene anche denominata teoria della «equivalenza» perché, lungi dal distinguere tra condizioni di rango diverso,
parifica l’attitudine causale di tutti gli antecedenti necessari dell’evento: in questo senso, perché l’azione umana assurga a causa è
sufficiente che essa rappresenti una delle condizioni che concorrono a produrre il risultato lesivo.
46
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Sono prospettabili casi meno usuali rispetto ai quali l’adozione della
formula della condicio sine qua non non riesce a fornire indicazioni
probanti in merito all’esistenza del nesso eziologico.
1. La formula della condicio, di per sé considerata, possiede
un’efficacia euristica limitata, e la sua universalità può essere
contestata laddove non si conoscano in anticipo le «leggi causali»
che presiedono ai rapporti tra determinati fenomeni; in questi
casi essa finisce con l’equivalere ad una formula «vuota».
2. Proprio perché la formula della condicio considera equivalenti
tutte le condizioni che concorrono alla produzione dell’evento
lesivo, la teoria condizionata condurrebbe – se sviluppata fino alle
estreme conseguenze – a considerare causali anche i remoti
antecedenti dell’evento delittuoso (c.d. regresso all’infinito).
3. La teoria condizionalistica sembra presentare inconvenienti
nell’ipotesi di causalità alternativa ipotetica: quando, in
mancanza dell’azione del reo, l’evento sarebbe stato egualmente
prodotto da un’altra causa intervenuta all’incirca nello stesso
momento.
4. La teoria condizionalistica sembra presentare inconvenienti
nell’ipotesi di causalità addizionale: quando, l’evento sia
prodotto dal concorso di più condizioni, ciascuna capace da sola
di produrre il risultato.
5. Un’ulteriore obiezione fa riferimento alle ipotesi caratterizzate
dal sopraggiungere di una causa successiva idonea da sola a
determinare l’evento (causa sopravvenuta da sola sufficiente): in
ipotesi del genere, supponendo come non realizzata la seconda
azione, l’evento permarrebbe come conseguenza della prima (con
la conseguenza, paradossale, di considerare priva di efficacia
eziologica proprio l’azione direttamente produttiva dell’evento).

Correttivi
1. L’obiezione facente leva sulla eccessiva ampiezza degli
antecedenti logicamente includibili nella serie delle condizioni
dell’evento (c.d. regresso all’infinito) si ridimensiona appena si
osservi che, sul terreno dell’imputazione penalistica, si
selezionano come antecedenti causali le sole condotte che
assumono rilevanza rispetto alla fattispecie incriminatrice di
volta in volta considerata. In ogni caso, l’obiezione relativa
all’eccessiva estensione del concetto di causa non tiene conto
della operatività del dolo e della colpa, come fattori che
contribuiscono a circoscrivere l’ambito di rilevanza di tutti i
possibili antecedenti del risultato lesivo.
2. Risultano senz’altro superabili le obiezioni mosse sul terreno
della causalità addizionale e della causalità alternativa
ipotetica: muovendo dalla versione più aggiornata della teoria
condizionalistica, l’evento come secondo polo del nesso di
condizionamento deve essere concepito non come genere di
evento (ad es. la morte o incendio in astratto), ma come
evento concreto che si verifica hic et nunc. In altri termini, ciò
che importa è che una catena causale sussista fra l’azione
dell’autore e questo evento concreto, mentre è irrilevante la
circostanza che potrebbero verificarsi eventi analoghi per
effetto di altre cause operanti all’incirca nel medesimo
momento.

Metodo individualizzante
Secondo un primo metodo, definibile individualizzante,
l’accertamento del rapporto di causalità si svolge tra accadimenti
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singoli e concreti, non importa se unici o riproducibili nel futuro: da
questo punto di vista, il giudice si comporterebbe come lo «storico», il
quale nel ricostruire le vicende si limita ad individuare connessioni tra
eventi ben determinati e circoscritti, senza preoccuparsi di rinvenire
leggi universali in cui sussumere il rapporto tra i singoli accadimenti.

Scetticismo su parametri oggettivi e rilevanti


Alla radice di una simile impostazione sta, evidentemente, un
diffuso scetticismo rispetto alla possibilità di adottare parametri
oggettivi e vincolanti in sede di apprezzamento della rilevanza
causale delle condotte criminose.

Obiezioni
Nel rispetto del principio di tassatività il criterio della condicio va
inteso in senso «generalizzante», e non individualizzante: cioè il
giudizio causale deve fornire una spiegazione adeguata dell’evento
concreto e in questa prospettiva la spiegazione del nesso causale
può correttamente effettuarsi soltanto alla stregua del modello
della sussunzione sotto leggi scientifiche.

Metodo generalizzante
Secondo il modello generalizzante un antecedente può essere
configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri
nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione
regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (c.d.
legge generale di copertura), portano ad eventi del tipo di quello
Legge generale di verificatosi in concreto.
copertura
Le leggi di copertura si Leggi statistiche
distinguono in: Ai fini dell’accertamento giudiziale della causalità, non occorre che il
a. leggi universali  in grado di giudice disponga di «leggi universali» (anche se non è escluso che in
affermare che la alcuni casi lo possa), ma è sufficiente che egli faccia ricorso a leggi
verificazione di un evento è statistiche.
invariabilmente
accompagnata dalla d
La limitatezza delle conoscenze umane induce a ricorrere a una
verificazione di un altro serie di assunzioni «tacite», e cioè a dare rispettivamente per
evento; e esistenti o conosciute alcune condizioni e alcune leggi ignorate o
b. leggi statistiche  che meramente supposte: da questo punto di vista, la spiegazione
affermano che il verificarsi di causale ha ad oggetto soltanto «alcune» delle condizioni
necessarie dell’evento, mentre le altre condizioni si suppongono
un evento è accompagnato per date (clausola ceteris paribus).
dal verificarsi di un altro
evento soltanto in una certa
percentuale di casi.
Sentenza Franzese
1. La Corte di cassazione con la sentenza Franzese (sez. un.
30329/2002)14, dovendo conciliare la pretesa di ricostruire il
nesso causale con l’incertezza tipica della probabilità, è giunta a
distinguere concettualmente la probabilità statistica (o
Probabilità statistica frequentista o empirica) dalla probabilità logica.
La «probabilità statistica», 2. Secondo l’orientamento della Cassazione ai fini della prova
ricavata dall’osservazione di giudiziaria della causalità, decisivo non è il coefficiente
fenomeni ripetuti nel tempo, percentuale più o meno elevato di probabilità frequentista

14
L’importanza della suddetta sentenza, resa dalle sezioni unite nel 2002 con riferimento specifico a un caso di responsabilità
colposa del medico per decesso del paziente, deriva dal tentativo di fornire una risposta ben ponderata – anche in termini di
equilibrato bilanciamento tra prevenzione generale e garanzie individuali – al problema delle corrette condizioni d’impiego delle
leggi statistiche nel processo penale, sotto il duplice profilo della probabilità empirica e della probabilità logica.
48
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indica il grado di frequenza con desumibile dalla legge di copertura utilizzata; ciò che conta è
cui la connessione tra certi potere ragionevolmente confidare nel fatto che la legge
antecedenti e conseguenti si statistica in questione trovi applicazione anche nel caso
verifica nel mondo esterno: come concreto oggetto di giudizio, stante l’alta probabilità logica che
tale, essa è riferibile a tipi di siano da escludere fattori causali alternativi. Da questo punto di
eventi, non ad eventi singoli. vista, più elevato è il grado di credibilità razionale dell’ipotesi di
spiegazione causale privilegiata, più sarebbe consentito fare
impiego di leggi o criteri probabilistico-statistici con coefficienti
percentuali anche medio-bassi (e viceversa).
Probabilità logica
La «probabilità logica» indica il
grado di fondatezza logica o
credibilità razionale con cui si può Teoria della causalità adeguata
sostenere che la legge statistica 1. La teoria della causalità adeguata tende a selezionare come causali
trovi applicazione anche nel caso soltanto alcuni antecedenti: cioè è considerata causa, nel senso del
singolo oggetto di giudizio. Essa a diritto penale, quella condizione che è tipicamente idonea o
che fare, dunque, con la adeguata a produrre l’evento in base ad un criterio di prevedibilità
ricostruzione causale dell’evento
basato sull’id quod plaerumque accidit15.
concreto, e implica che in via
induttiva si possa escludere che
2. Da questo punto di vista, la teoria in esame propone un modello
quest’ultimo sia conseguenza di generalizzante di spiegazione della causalità: sostenere che
fattori causali alternativi (diversi l’azione è causa soltanto quando è tipicamente idonea a cagionare
cioè dagli antecedenti presi in l’evento significa, infatti, richiedere una «generale» attitudine
considerazione in base alla legge dell’azione a cagionare eventi del tipo di quello verificatosi in
statistica). concreto.
Teoria generale della causalità penalmente
rilevante16
Secondo una formulazione migliore e più aggiornata, la teoria
della causalità adeguata deve essere costruita in termini
negativi: cioè, il rapporto di causalità sussiste tutte le volte in
cui non sia improbabile che l’azione produca l’evento.

d
I sostenitori della teoria della causalità adeguata hanno aggioranto
la stessa per evitare la contraddizione:
a. di utilizzare la teoria della condicio come concezione della
causalità in diritto penale; e
b. di ricorrere ad una diversa teoria causale per il particolare
settore dei reati aggravati dall’evento.

d
Tale correzione tende, evidentemente, a meglio soddisfare le
esigenze della repressione penale, che risulterebbero troppo
scacrificate ove per azione causale dovesse invece intendersi
– secondo la formulazione «positiva» dell’adeguatezza –
soltanto quella che con molta probabilità conduce all’evento.

Giudizio di adeguatezza
La migliore dottrina ha suggerito di scindere il giudizio di adeguatezza
in due fasi, una anteriore e l’altra successiva al verificarsi dell’evento.

15
La traduzione letterale del brocardo corrisponde a «ciò che accade di solito»
16
L’appellativo della nuova teoria è stato dato dai sostenitori della teoria della causalità adeguata hanno finito col proporla come
teoria generale della causalità penalmente rilevante una volta aggiornata la precedente.
49
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1. In base ad un giudizio ex ante occorre verificare se non appaia
improbabile che all’azione consegua un evento del genere di
quello contemplato dalla norma.
2. In base ad un giudizio ex post bisogna altresì verificare se
l’evento concreto realizzi il pericolo tipicamente o generalmente
connesso all’azione delittuosa.

Obiezioni
La teoria della causalità adeguata si espone ad un triplice ordine di
obiezioni difficilmente superabili.
1. Non è agevole conciliare il requisito della prevedibilità ex ante
dell’evento con l’accertamento della causalità che dovrebbe
invece basarsi su giudizi ex post e di natura rigorosamente
oggettiva, cioè che prescindono dalle capacità di previsione sia
dell’agente-modello che dell’agente concreto.
2. Sul terreno più specifico della dottrina generale del reato, la
teoria dell’adeguatezza finisce per includere nell’ambito della
causalità considerazioni che, invece, più propriamente
appartengono alla sfera della colpevolezza.
3. Lo stesso concetto di adeguatezza, in quanto fondato sui giudizi
di probabilità propri della vita sociale, è inevitabilmente soggetto
ad applicazioni incerte.

Teoria della causalità umana


La premessa da cui si muove la teoria della causalità umana è che:
a. possono considerarsi causati dall’uomo soltanto i risultati che egli
può «dominare in virtù dei suoi poteri conoscitivi e volitivi», che
rientrano cioè nella sua «sfera di signoria»; e
b. non possono essere da lui causati i risultati che, per contro,
sfuggono al suo potere di dominio.

Risultati che non possono essere causati dall’uomo


Secondo Antolisei «ciò che sfugge veramente alla signoria dell’uomo è
il fatto che ha una probabilità minima, insignificante di verificarsi, il
fatto che si verifica solo in casi rarissimi: in una parola il fatto
eccezionale».

Rapporto di causalità
Per l’esistenza del rapporto di causalità nel senso del diritto, dunque,
occorrono due elementi: uno positivo ed uno negativo.
a. Il positivo è che l’uomo con la sua azione abbia posto in essere
una condizione dell’evento, e cioè un antecedente senza il quale
l’evento stesso non si sarebbe verificato.
b. Il negativo è che il risultato non sia dovuto al concorso di fattori
eccezionali.

Teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento


Secondo la dottrina che accoglie la teoria dell’imputazione obiettiva, un
evento lesivo può essere obiettivamente imputato all’agente, soltanto
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se esso realizza il rischio giuridicamente non consentito/illecito creato
dall’autore con la sua condotta.

Teoria dell’aumento del rischio


1. Secondo il punto di vista dell’aumento del rischio, l’imputazione
obiettiva dell’evento presuppone, oltre al nesso condizionalistico,
che l’azione in questione abbia di fatto aumentato la probabilità
di verificazione dell’evento dannoso.
2. Sarebbero, infatti, giuridicamente vietate soltanto le azioni che
vanno al di là del rischio vietato: mentre sarebbero lecite le
condotte che non comportano un pericolo disapporvabile o che
non aumentano le chances di verificazione di eventi lesivi.

Teoria dello scopo della norma violata


Secondo il punto di vista dello scopo della norma violata,
l’imputazione viene meno tutte le volte in cui il fatto che si verifica,
pur essendo causalmente riconducibile alla condotta dell’autore, non
costituisce concretizzazione dello specifico rischio che la norma in
questione tende a prevenire.

V. CONCAUSE
Azione come causa
Perché l’azione umana assurga a causa nel senso del diritto penale,
basta che essa costituisca una delle condizioni necessarie che
concorrono a determinare l’evento tipico.

Principio dell’equivalenza delle cause


Il concorso di cause preesistenti/simultanee/sopravvenute, anche se
indipendenti dall’azione/omissione del colpevole, non esclude il
rapporto di causalità fra la azione/omissione e l’evento.

Fatto illecito altrui Fatto illecito altrui


Si pensi a Tizio e Caio, in concorso Il principio di equivalenza si applica anche quando la causa
o all’insaputa l’uno dell’altro, che preesistente/simultanea/sopravvenuta consiste nel fatto illecito
sparano contemporaneamente o altrui.
in tempi diversi sulla stessa
vittima. Causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare
l’evento
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono
state da sole sufficienti a determinare l’evento.

Interpretazione dottrinale
1. La disposizione di cui sopra – secondo l’orientamento dottrinale e
giurisprudenziale dominante – deve essere intesa come norma
che tende a «temperare» gli eccessi punitivi derivanti da una
rigorosa applicazione del criterio condizionalistico17.

17
Da questo punto di vista, l’art. 41, comma 2° rappresenta l’unica sede normativa che, nel nostro diritto positivo, può dare
legittimazione a teorie causali diverse dalla condicio sine qua non.
51
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2. In forza dell’art. 41, comma 2° e del suo chiarito intento
delimitativo, un nesso causale penalmente rilevante dovrebbe
essere escluso in tutti i casi nei quali l’evento lesivo – ancorché
legato da un nesso condizionalistico alla condotta tipica – non sia
inquadrabile in una successione normale di accadimenti.

Principio della conservazione delle norme


Tale interpretazione è operata sulla base del principio ermeneutico
della conservazione delle norme.

2. L’antigiuridicità
I. CAUSE DI
GIUSTIFICAZIONE
Modello esplicativo monistico
Secondo il modello esplicativo monistico, tutte le scriminanti
Si definiscono cause di esclusione
dell’antigiuridicità o cause di andrebbero ricondotte ad uno stesso principio: principio ravvisato, di
giustificazione (ovvero anche volta in volta, nel criterio 
«scriminanti», «giustificanti»,  del «mezzo adeguato per il raggiungimento di uno scopo
«esimenti»), appunto, quelle approvato dall’ordinamento giuridico»;
situazioni normative previste, in  della «prevalenza del vantaggio sul danno»;
presenza delle quali viene meno il  del «bilanciamento tra beni in conflitto»; oppure
contrasto tra un fatto conforme  di un «giusto contemperamento tra interesse e controinteresse»,
ad una fattispecie incriminatrice
ecc.
e l’intero ordinamento giuridico.

Modello esplicativo pluralistico


Il modello esplicativo pluralistico tende a ricondurre le esimenti nei due
principi dell’interesse prevalente e dell’interesse mancante.
a. L’interesse prevalente spiega le scriminanti dell’esercizio del
diritto, dell’adempimento del dovere, della difesa legittima e
dell’uso legittimo delle armi.
b. L’interesse mancante spiega le altre due scriminanti generali del
consenso dell’avente diritto e dello stato di necessità.

Cause che attenuano o escludono la pena


Le circostanze che attenuano/escludono la pena sono valutate a favore
dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute
inesistenti.

Rilevanza puramente obiettiva


La dottrina italiana prevalente, muovendo dalla disposizione di cui
sopra, ritiene che le cause di giustificazione contenute nella parte
generale del codice operino su di un piano meramente oggettivo: esse
cioè vengono valutate a favore dell’agente in virtù della loro sola
esistenza, a prescindere dalla consapevolezza che quest’ultimo ne
abbia.

Scriminanti speciali
Bisogna tenere presente dei casi, nei quali la legge fa dipendere la
configurabilità della causa di giustificazione dalla presenza di stati

52
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psicologici, che sono per lo più individuabili nell’ambito delle
scriminanti speciali, cioè applicabili soltanto ad alcune figure di
reato: ad es. la scriminante della reazione agli atti arbitrari del
pubblico ufficiale ex. d.lgs. 288/1944.

Scriminante putativa
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione
della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui.

Errore
L’errore deve, per spiegare efficacia scusante, investire:
 i presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione
stessa; o
 una norma extrapenale integratrice di un elemento «normativo»
della fattispecie giustificante.

Errore di diritto
Errore di diritto
La dottrina ritiene che sia da escludere la rilevanza esimente di un
Ad es. non avrebbe alcuna
errore di diritto, sfociante nell’erronea (e inescusabile) convinzione
rilevanza l’erronea convinzione
che la situazione nella quale l’agente si trova ad operare rientri tra
che la «provocazione» escluda il
quelle cui l’ordinamento giuridico attribuisce efficacia scriminante.
reato: a ritenere altrimenti, si
finirebbe col considerare
inoperante, sul terreno delle
cause di giustificazione, il Errore colposo
principio generale ignorantia Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è
legis non excusat posto dall’art. 5. esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Natura giuridica
La dottrina ritiene, conformemente all’opinione oggi dominante,
che la disposizione in esame preveda un vero e proprio delitto
colposo, e non un delitto doloso equiparato al delitto colposo
soltanto nel regime penale.

Estensione alle contravvenzioni


Quantunque l’ultimo comma dell’art. 59 faccia riferimento ai
soliti «delitti», si deve propendere per la tesi secondo cui: la
disciplina relativa all’errore colposo sulle scriminanti sia
applicabile anche alle «contravvenzioni».

Eccesso colposo
Quando, sussistendo i presupposti di fatto di una causa di
giustificazione, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o
dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le
disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo.

Erronea supposizione di una scriminante


 Mentre nell’erronea supposizione di una scriminante la causa di
giustificazione non esiste nella realtà ma soltanto nella mente di
chi agisce;

53
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 nell’eccesso colposo la scriminante di fatto esiste ma l’agente
supera colposamente i limiti del comportamento consentito.

Parametri del giudizio


Il giudizio relativo alla natura colposa del superamento dei limiti
dell’agire consentito, si effettua alla stregua dei parametri normativi
contenuti nell’art. 43 c.p.

Tipologie di eccesso colposo


Parte della dottrina distingue esattamente due forme di eccesso
colposo:
1. il primo si ha quando si cagiona un determinato risultato
volutamente, perché si valuta erroneamente la situazione di
fatto;
2. il secondo si verifica quando la situazione di fatto è valutata
esattamente, ma per un errore esecutivo si produce un evento
più grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare.

Finalità che giustifica Finalità che giustifica il comportamento


il comportamento In ogni caso, ciò che conta è che la volontà dell’agente sia sempre tesa
Così ad es. nel caso in cui Tizio, a realizzare quel fine che nella situazione concreta rende giustificato
volendosi difendere contro Caio il comportamento, e che per un errore vincibile sulla necessità
che lo aggredisce con un frustino dell’uso di dati mezzi, o sull’estensione dei limiti concreti che la
per percuoterlo, scambiando situazione impone, si realizza un evento sproporzionato rispetto a
erroneamente il frustino per una quello che sarebbe stato invece sufficiente produrre.
lunga arma da punta, reagisca
con una pugnalata e uccida Eccesso nei mezzi ed eccesso nei fini
l’aggressore. Si è fuori dai limiti d’eccesso colposo se l’agente, essendo ben a
conoscenza della situazione concreta e dei mezzi necessari al
raggiungimento dell’obiettivo consentito, superi volontariamente i
Eccesso nei fini limiti dell’agire scriminato.
Tizio, pur rendendosi conto che In questo caso l’eccesso si riferisce non già ai mezzi, ma agli stessi
basterebbero delle semplici percosse fini dell’agire: la volontà è cioè diretta non alla realizzazione
a fare desistere un assalitore dell’obiettivo consentito, ma di un fine criminoso, onde l’eccesso è
disarmato, lo ferisce con un coltello doloso e il soggetto deve rispondere del reato commesso a titolo di
per provocargli uno sfregio duraturo. dolo.

Scriminante dell’avente diritto


Nonostante l’art. 55 non richiami l’art. 50, la sfera di operatività della
figura dell’eccesso colposo deve ritenersi estendibile anche alla
scriminante del «consenso dell’avente diritto».

Scriminante putativa
Parte della dottrina e la giurisprudenza ritengono giustamente che la
disposizione relativa all’eccesso sia applicabile anche nell’ipotesi di
scriminante putativa: cioè anche quando l’eccesso si riferisca ad una
causa di giustificazione che esiste non nella realtà, ma nella mente
dell’agente.

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Natura giuridica dell’eccesso colposo


Quanto alla natura giuridica, il delitto commesso in situazione di
eccesso deve ritenersi un vero e proprio delitto colposo.

s
È vero che l’evento più grave può essere dall’agente previsto e
voluto. È pur vero, tuttavia, che la volontarietà del fatto è qui viziata
da un errore inescusabile, che si converte in una falsa
rappresentazione dei confini entro i quali è consentito agire:
mancando l’esatta conoscenza della situazione concreta, esula
l’elemento conoscitivo del dolo; e, dato che l’errore di valutazione
in cui l’agente cade potrebbe essere evitato prestando maggiore
attenzione, sussistono i presupposti strutturali tipici del
comportamento colposo.

Legittima difesa domiciliare18


Nel caso di legittima difesa domiciliare la punibilità è esclusa se chi ha
commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità
ha agito:
 nelle condizioni di minorata difesa; ovvero
 in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo
in atto.

d
In dottrina non si comprende per quale ragione, una volta sancita
l’irresponsabilità nei commi 2, 3 e 4 dell’art. 52 (legittima difesa), per
le stesse identiche situazioni si preveda un’ulteriore causa di non
punibilità connessa a particolari fattori ulteriori (minorata difesa e
stato di grave turbamento).

II. CONSENSO
DELL’AVENTE DIRITTO
Consenso dell’avente diritto
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della
persona che può validamente disporne.

Volenti et consentienti non fit iniuria


Si tratta della scriminante ispirata al tradizionale principio volenti et
consentienti non fit iniuria, ed evidente ne è il fondamento: non vi è
ragione che lo Stato appresti la tutela penale di un interesse, alla cui
salvaguardia il titolare mostra di rinunciare consentendone, appunto,
la lesione.

Dissenso
dell’avente diritto Dissenso dell’avente diritto
Nella violazione di domicilio il Lo specifico ambito di operatività dell’art. 50, come norma che induce
dissenso dell’avente diritto è un una causa di liceità, va circoscritto alle ipotesi nelle quali il giudice
elemento costitutivo del fatto accerta un fatto tipico al completo dei suoi elementi (dunque, nelle
illecito, onde l’eventuale quali il dissenso dell’avente diritto non costituisce un esplicito requisito

18
Questa disposizione normativa è stata introdotta con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di
Matteo Salvini.
55
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consenso di colui che ha il diritto del fatto di reato): per cui il consenso dell’offeso ha qui per effetto di
di escludere l’estraneo dalla giustificare o rendere lecito un fatto che altrimenti costituirebbe illecito
privata abitazione impedisce che penale.
si integri la fattispecie oggettiva
del reato.
Natura giuridica del consenso
1. Il consenso non ha natura di negozio giuridico né di diritto privato,
né di diritto pubblico: conformemente all’opinione oggi dominante,
esso va qualificato come un semplice atto giuridico, cioè un
permesso col quale si attribuisce al destinatario un potere di agire,
che non crea alcun vincolo obbligatorio a carico dell’avente diritto e
non trasferise alcun diritto in capo all’agente.
2. Sicchè il consenso è sempre revocabile, a meno che l’attività
consentita, per le sue stesse caratteristiche, non possa essere
interrotta se non ad avvenuto esaurimento.

Consenso libero o spontaneo


Perché esplichi efficacia scriminante, il consenso deve essere libero
ovvero spontaneo: cioè deve essere immune da violenza, errore o
dolo.

Consenso tacito
Il consenso può essere desunto dal comportamento oggettivamente
univoco dell’avente diritto, purché sussita al momento del fatto: non
scrimina, invece, il consenso successivo, o ratifica.

d
Data la sua natura «non negoziale», la relativa validità prescinde da
requisiti di forma: potendo il consenso essere prestato in qualsiasi
modo, è indifferente il mezzo (scritto, orale ecc.) con cui si
manifesta.

Consenso putativo
Il consenso è putativo se il soggetto agisce nella erronea supposizione
della sua esistenza: ma la sua efficacia scriminante viene meno ove
debba escludersi, in base alle circostanze del caso concreto, la
ragionevole persuasione di operare con l’assenso della persona che
può validamente disporre del diritto.

Consenso presunto
1. Mentre la dottrina ritiene che il consenso dell’offeso è presunto
quando si può fondatamente ritenere che il titolare del bene lo
avrebbe concesso se fosse stato a conoscenza della situazione di
fatto (soprattutto nelle ipotesi di negotiorium gestio);
2. la giurisprudenza riguardo il consenso presunto mostra un
atteggiamento più restrittivo:
- essa ritiene che scrimini il convincimento putativo di un consenso
già in atto, mentre
- nega rilevanza al convincimento ipotetico ed eventuale che il
consenso sarebbe stato prestato se richiesto.

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Legittimazione a prestare il consenso


La legittimazione a prestare il consenso spetta:
1. innanzitutto, al titolare del bene penalmente protetto; e
2. in secondo luogo, al rappresentante legale/volontario.

Più titolari
Nel caso in cui siano più di uno i titolari occorrerà il consenso di tutti i
cointeressati perché esplichi efficacia scriminante.

Rappresentanza
Il consenso può essere prestato da un rappresentante
legale/volontario se la rappresentanza è compatibile con la natura del
diritto e dell’atto da consentire.

Capacità di agire
Il soggetto legittimato a consentire deve possedere la capacità di
agire.

Capacità naturale
Stante la natura «non negoziale» del consenso, tale capacità di agire
finisce col risolversi in una capacità di intendere e di volere da
accertare caso per caso: sicchè, basta che il giudice accerti di volta in
volta che il consenziente possegga una maturità sufficiente a
comprendere il significato del consenso prestato (c.d. capacità
naturale).

Diritti disponibili Diritti disponibili


Comunemente, si ritengono L’operatività della scriminante è circoscritta ai casi in cui il consenso ha
disponibili i beni che non ad oggetto diritti disponibili.
presentano una immedità utilità
sociale e che lo Stato riconosce d
esclusivamente per garantire al
 L’interesse alla repressione viene meno soltanto se il consenso ha
singolo il libero godimento. ad oggetto la lesione di beni di pertinenza esclusiva (o prevalente)
del privato che ne è titolare.
 Mentre a nulla vale l’eventuale rinuncia alla tutela da parte
dell’offeso se è lo Stato ad avere un interesse diretto alla
salvaguardia del bene, come accade nel caso di beni dotati di
rilevanza per l’intera collettività: qui, quale che sia il punto di vista
del singolo soggetto coinvolto dalla lesione, l’interesse a
reprimere permane in considerazione dell’utilità collettiva
connessa appunto all’interesse in questione.

d
a. Si annoverano tra i diritti disponibili innanzitutto i diritti
patrimoniali, beninteso purchè non si eccedano i limiti stabiliti
dalla legge.

57
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b. Di solito vengono ricondotti nell’area dei diritti disponibili anche
gli attributi della personalità: onore, libertà morale e personale,
libertà sessuale, libertà di domicilio; ma si puntualizza che:
- il consenso, per essere efficace deve avere ad oggetto lesioni
circoscritte, le quali non comportino il totale sacrificio dei beni
predetti, e
- non deve trattarsi di atti di disposizione contrari alla legge, al
buon costume o all’ordine pubblico.
c. Rispetto al bene dell’integrità fisica, è opinione dominante che la
portata del consenso scriminante vada determinata innanzitutto
assumendo come parametro di riferimento l’art. 5 c.c., secondo il
quale gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati
quando:
- cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica stessa;
ovvero
- siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon
costume.

Diritti indisponibili
Indisponibili comunemente si
considerano tutti gli interessi che
Diritti indisponibili
fanno capo allo Stato, agli enti L’operatività della scriminante è esclusa nei casi in cui il consenso ha ad
pubblici e alla famiglia. oggetto diritti indisponibili.

d
Secondo una pressochè costante giurisprudenza, il consenso è privo di
efficacia scriminante anche nell’ambito:
a. dei reati contro la fede pubblica (incusa la falsità in scrittura
privata);
b. dei delitti 
- di usura,
- di frode in commercio, e
- di false comunicazioni sociali.

Vita
Tra i beni indisponibili va, poi, indubbiamente annoverato il bene della
vita, come peraltro si desume anche artt. 579 e 580 che incriminano
l’omicidio del consenziente e l’istigazione al suicidio.

III. ESERCIZIO DI UN
DIRITTO
Esercizio di un diritto
L’esercizio di un diritto (…) esclude la punibilità.
Qui suo jure utitur
neminem laedit Qui suo jure utitur neminem laedit
Sarebbe illogico punire a titolo di a. La ragione giustificatrice della scriminante va ravvisata nella
danneggiamento (art. 635 c.p.) il prevalenza dell’interesse di chi agisce esercitando un diritto
proprietario che, esercitando un rispetto agli interessi eventualmente confliggenti.
diritto desumibile dall’art. 896 b. Nello stesso tempo, la ragion d’essere della non punibilità riposa
c.c., tagli le radici provenienti da sull’esigenza di rispettare il principio di non contraddizione
un fondo limitrofo. all’interno di uno stesso ordinamento giuridico: sarebbe infatti
logicamente contraddittorio che da un lato una norma
concedesse un potere di agire e, dall’altro, ne sanzionasse
penalmente l’esercizio.

58
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Diritto
Ai fini dell’art. 51, il concetto di «diritto» va inteso nell’accezione più
ampia:
 cioè come potere giuridico di agire, non importa quale sia la
corrispondente denominazione legislativa o dogmatica (diritto
soggettivo, potestativo, potestà, facoltà giuridica);
 non rientrano, invece, nella nozione gli interessi legittimi e i c.d.
interessi semplici, perché strutturalmente non suscettivi di
esercizio.

Criteri di soluzione del conflitto


I criteri invocabili al fine di stabilire se la norma attribuiva del diritto
limiti o sia, per contro, limitata dalla norma penale, sono
essenzialmente 3:
a. gerarchico (lex superior derogat legi inferiori);
b. cronologico (lex posteriori derogat legi anteriori);
c. di specialità (lex specialis derogat legi generali).

Modalità di esercizio del diritto


È necessario che l’attività realizzata costituisca una (corretta)
estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione: se il modo
mediante il quale il diritto viene esercitato non corrisponde ad una
delle facoltà inerenti al diritto medesimo, si superano i confini
dell’«esercizio» scriminante e subentra un’ipotesi di «abuso» del diritto
ricadente al di fuori della sfera di operatività dell’art. 51.

Limiti all’esercizio Limiti all’esercizio del diritto


Si è soliti distinguere i limiti di esercizio del diritto:
del diritto
a. in limiti interni  desumibili dalla natura e dal fondamento del
Si fa tradizionalmente rientrare
diritto esercitato: da questo punto di vista, parlare di limite
nel paradigma della scriminante
interno al diritto equivale a individuare l’esatto ambito di
in esame il diritto dei genitori
operatività della norma che lo configura; e
esercenti talora può sfociare in
b. in limiti esterni19  ricavati dal complesso delle norme di cui fa
fatti corrispondenti a fattispecie
parte la norma attributiva del diritto.
di reato (percosse, limitazione
della libertà personale, offese
ecc.). Anche lo jus corrigendi
soggiace a limiti, come peraltro è
desumibile dall’art. 571 che
incrimina l’abuso dei mezzi di
correzione. Solo che quest’ultima
disposizione, lungi dallo
specificare quali siano questi
limiti, finisce col rinviare per la
loro determinazione ai criteri di
valutazione diffusi nel contesto

19
Riguardo ai diritti previsti da una legge ordinaria, i relativi limiti si desumono sia dalla fonte dalla quale il diritto promana, sia dal
complesso delle altre leggi contenute all’interno dell’ordinamento; mentre riguardo ai diritti riconosciuti a livello costituzionale, il
principio della gerarchia delle fonti impedisce di ricavare limiti al loro esercizio da norme di rango inferiore: nel contrasto tra diritti
costituzionalmente garantiti e norme incriminatrici, devono prevalere i primi.
59
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sociale considerato. Da qui la
difficoltà di individuare con
certezza l’area scriminante del
diritto di correzione, stante la
mutevolezza storica dei canoni di
giudizio: nell’attuale momento
storico, peraltro, la sfera degli
interventi correttivi ritenuti leciti
va restringendosi in conseguenza
della accresciuta sensibilità per la
tutela della personalità e
dell’autonomia degli stessi
minori.

IV. ADEMPIMENTO DI UN
DOVERE
Norma giuridica
L’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica esclude
la punibilità.

Dovere imposto da una norma giuridica


Conformemente all’indirizzo giurisprudenziale consolidato, la
locuzione «dovere imposto da una norma giuridica» va intesa nel
senso più lato: come comprensiva cioè di qualsiasi precetto giuridico,
non importa se emanato dal potere legislativo o da quello esecutivo.

Norme di ordinamenti stranieri


In virtù dell’art. 10 Cost., per il quale l’ordinamento giuridico italiano
si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute, il dovere scriminante potrà trovare la sua fonte anche in
un ordinamento straniero, purché il diritto internazionale esiga che
tale dovere sia riconosciuto come valido anche dallo Stato italiano.

Ordine legittimo della pubblica Autorità


L’adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo della
pubblica Autorità esclude la punibilità.

Rapporto di subordinazione di diritto pubblico


Perché l’esecuzione dell’ordine possa assumere efficacia esimente ex
art. 51, è necessario che tra il superiore e l’inferiore intercorra un
rapporto di subordinazione di diritto pubblico: mentre non scrimina
l’adempimento di ordini che si inquadrano all’interno di rapporti di
subordinazione regolati dal diritto privato.

Pubblica Autorità
Quanto ai limiti del concetto di «pubblica Autorità», quale fonte
dell’ordine, si oscilla tra:
a. un’interpretazione restrittiva che vi ricomprende i soli pubblici
ufficiali; e
b. un’interpretazione più estensiva, che vi include gli incaricati di
pubblici servizi legati da un rapporto di
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supremazia/subordinazione o, financo, i soggetti esercenti servizi
di pubblica necessità.

Legittimità dell’ordine
L’ordine dell’Autorità deve essere legittimo rispetto:
a. ai presupposti formali rispetto 
- alla competenza del superiore ad emanare l’ordine,
- alla competenza dell’inferiore ad eseguirlo, e
- alla forma prescritta; e
b. ai presupposti stabiliti dalla legge per l’emanazione dell’ordine.

Responsabilità dell’Autorità
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del
reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.

Responsabilità dell’esecutore
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine.

Errore di fatto20
Chi, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire ad un ordine
legittimo non risponde del reato.

Principi in tema di errore


L’ipotesi di cui sopra costituisce un’applicazione al caso di specie
dei principi generali in tema di errore.

Ordini illegittimi vincolanti21


Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non
gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.

Interpretazione
Dalla norma se ne desume che fuori dall’ipotesi eccettuata, la
sindacabilità del carattere legittimo dell’ordine è la regola.

Sollecito adempimento
L’ipotesi di cui sopra si riferisce ai rapporti di subordinazione di
natura militare o assimilabili (agenti di polizia, pompieri, ecc.),
cioè a quei rapporti caratterizzati dal fatto che la legge impone
all’inferiore la più ristretta e pronta obbedienza.
In questo campo all’esigenza di sottoporre a controllo la legalità
dell’azione dei pubblici poteri si contrappone quella di non
paralizzare l’esercizio di funzioni che richiedono, per loro natura,
un sollecito adempimento: ed è per questo che si parla in
proposito di c.d. ordini illegittimi vincolanti.

Manifesta criminosità dell’ordine


Sia la dottrina che la giurisprudenza concordano oggi
nell’ammettere che v’è un limite all’impossibilità di sindacare la
legittimità sostanziale dell’ordine da parte dello stesso inferiore

20
Nel concetto di errore di fatto deve farsi rientrare anche l’errore sulla legge extrapenale.
21
L’insindacabilità di siffatti ordini vincolanti è in ogni caso soltanto relativa, nel senso che riguarda la loro legittimità sostanziale:
così ad es. l’agente di polizia giudiziaria non è legittimato a verificare se il provvedimento di custodia cautelare da eseguire si fondi
su sufficienti indizi di colpevolezza. È invece sempre sindacabile la legalità esteriore dell’ordine: così ad es. l’agente di polizia potrà
rifiutarsi di eseguire un provvedimento privo della sottoscrizione del magistrato
61
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vincolato alla più pronta obbedienza: tale limite viene individuato
nella manifesta criminosità dell’ordine medesimo. Si tratta di
un’estensione analogica al diritto penale comune di un esplicito
limite prima contemplato dall’art. 40 (ora abrogato) del codice
penale militare, e in atto previsto dall’art. 4 delle nuove norme di
principio sulla disciplina militare (l. n. 382/1979), dove all’ultimo
comma è stabilito «(..) il militare al quale viene impartito un
ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la
cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il
dovere di non eseguire l’ordine e di informare al più presto il
superiore».

V. LEGITTIMA DIFESA
Legittima difesa
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
Vim vi repellere licet necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo
La legittima difesa rappresenta attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata
un residuo di autotutela che lo all’offesa.
Stato concede al cittadino, nei
casi in cui l’intervento
dell’Autorità non può risultare
tempestivo: il fondamento Necessità
sostanziale dell’esimente è oggi 1. La difesa deve apparire necessaria per salvaguardare il bene posto
quasi unanimemente ravvisato in pericolo: il che vuol dire che l’aggredito, di fronte all’alternativa
nella prevalenza attribuita tra reagire e subire, non può evitare il pericolo se non reagendo
all’interesse di chi sia contro l’aggressore.
ingiustamente aggredito rispetto
2. Necessità della reazione equivale, dunque, ad inevitabilià della
all’interesse di chi si è posto fuori
stessa: ed una reazione è davvero inevitabile quando non è
dalla legge.
sostituibile da un’altra meno dannosa ugualmente idonea ad
assicurare la tutela dell’aggredito.
3. Beninteso, il giudizio di necessità-inevitabilità non è assoluto, ma
relativo perché si deve tenere conto di tutte le circostanze del caso
concreto (mezzo difensivo a disposizione, forza fisica delle persone
coinvolte, condizioni di tempo e di luogo, modalità dell’aggressione,
ecc.).

Fuga
In base al principio-cardine del bilanciamento degli interessi, la
dottrina ritiene che non sia esulata la legittima difesa quando il
soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei casi, nei quali la fuga
esporrebbe beni suoi personali (ad es. pericolo di infarto o di aborto)
o di terzi (si pensi al rischio di investire passanti con una fuga in
macchina) a rischi maggiori di quelli incombenti sui beni propri del
soggetto contro il quale si reagisce. In applicazione di tale criterio, la
salvaguardia della dignità personale dell’aggredito potrà ad es.
giustificare una reazione limitata all’immobilizzazione o tutt’al più alle
percosse, ma non l’uccisione o il ferimento dell’aggressore da parte di
chi poteva benissimo fuggire.

Commodus discessus
Un’opinione assai diffusa, specie in passato, distingue tra fuga e
commodus discessus: in questo senso, si sarebbe tenuti a fuggire
soltanto quando le modalità della ritirata siano tali (ad es. tornando
indietro, cambiando strada, ecc.) da non far apparire «vile» il
soggetto aggredito; mentre in caso contrario l’aggressore dovrebbe
tollerare tutte le conseguenze della sua condotta illecita.

62
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Diritto
1. L’attacco deve avere ad oggetto un diritto altrui: per diritto si deve
intendere non solo il diritto soggettivo in senso stretto, ma qualsiasi
interesse giuridicamente tutelato.
2. Posto che l’art. 52 usa il termine generico «diritto», senza
distinguere a seconda della natura dell’interesse che viene in
questione, se ne deve dedurre che la facoltà di difesa è esercitabile
per la salvaguardia di tutti i beni indistintamente, inclusi i diritti
patrimoniali.

Pericolo attuale
Pericolo attuale Presupposto fondamentale della difesa legittima è che l’aggressore
Il pericolo «attuale» è escluso: provochi un pericolo attuale: non si deve trattare cioè di un pericolo
a. dopo che l’aggressore sia
corso, perché in questo caso non si avrebbe più alcuna necessità di
stato disarmato e l’arma sia
prevenire un’offesa; né di un pericolo futuro giacché, ove così fosse,
passata nelle mani
dell’aggredito; o sarebbe possibile ricorrere all’intervento dell’autorità. Occorre,
b. dopo che l’aggressore si sia dunque, una minaccia di lesione incombente al momento del fatto,
allontanato voltando le tale cioè che la reazione nei confronti dell’aggressore rappresenti
spalle al’'aggredito; ovvero l’unico mezzo per mettere al riparo il bene posto in pericolo.
c. quando la reazione sia dietta
non ad impedire
l’aggressione al patrimonio,
Pericolo perdurante
Nella nozione di pericolo «attuale» deve, peraltro, farsi rientrare
bensì a realizzare una mera
anche il pericolo perdurante: lo si riscontra non solo nei «reati
ristorsione o a perseguire
permanenti», ma anche in quei casi nei quali, non essendosi del tutto
una finalità diversa.
esaurita l’offesa, non si è ancora completato il trapasso dalla
situazione di pericolo a quella di danno effettivo.

Offesa ingiusta
Il riferimento all’«ingiustizia» dell’offesa sta a significare che
l’aggressione, oltre a minacciare un diritto altrui, non deve essere
espressamente facoltizzata dall’ordinamento. Se ne deduce, dunque,
che non può invocare la legittima difesa chi pretende di reagire contro
una persona la quale reagisca, a sua volta, nell’esercizio di una facoltà
legittima espressamente stabilita dall’ordinamento o, a fortiori,
nell’adempimento di un dovere.

Proporzionata
1. Secondo un primo punto di vista, oggi senz’altro in via di
superamento, la proporzione dovrebbe intercorrere tra i mezzi
difensivi a disposizione dell’aggredito e quelli effettivamente
impiegati. Se ne ricava che la legittima difesa può essere invocata
anche da chi reagendo provoca una offesa maggiore di quella a lui
minacciata, purché il mezzo impegnato fosse il solo a disposizione
dell’aggredito.
- È da osservare che la stessa lettera dell’art. 52 richiede che il
requisito della proporzione intercorra tra la difesa, da un lato e
l’«offesa», dall’altro: ora l’espressione «offesa», od «offendere»
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indica sempre, nell’uso legislativo, la lesione o la messa in pericolo
dell’interesse protetto.
- Ancora a volere accedere alla tesi criticata, si dovrebbe giungere
alla conclusione che la difesa di un bene meramente patrimoniale
possa giustificare anche la lesione di un bene personale come la
vita o l’integrità fisica: ma ciò equivalrebbe a sovvertire la gerarchia
dei valori recepita dal nostro ordinamento e dall’art. 2 CEDU.
2. È dunque da accogliere l’orientamento che assume a termine del
giudizio di proporzione il rapporto di valore tra i beni o interessi in
conflitto: in questo senso, occorre operare un bilanciamento tra il
bene minacciato e il bene leso, con la conseguenza che all’aggredito
che si difende non è consentito ledere un bene dell’aggressore
marcatamente superiore a quello posto in pericolo dall’iniziale
aggressione illecita.

Giudizio di proporzione
La valutazione per stabilire la proporzione consiste:
1. in un primo giudizio sull’importanza dei beni contrapposti in sé
considerati; ed
2. in un secondo giudizio che pone a confronto il rispettivo grado di
intensità dell’offesa minacciata dall’aggressore e di quella
prodotta dall’aggredito.

Criteri di proporzione
Quanto ai criteri di valutazione invocabili per stabilire la proporzione,
occorre distinguere.
a. Se il conflitto intercorre tra beni omogenei, è ovvio che si dovrà
porre a raffronto il rispettivo grado di lesività dell’azione
aggressiva e dell’azione difensiva.
b. Se il conflitto intercorre tra beni eterogenei: fuori dei casi nei
quali il rapporto gerarchico è particolarmente evidente (ad es. il
bene vita è sicuramente sovraordinato al bene patrimonio), dovrà
farsi ricorso all’ausilio di «indicatori» diversi, quali l’eventuale
rilevanza costituzionale del bene, la valutazione offerta dal
legislatore penale attraverso l’entità della sanzione prevista nel
caso di sua violazione, la valutazione operata da norme
extrapenali, ecc.

Aggressione
a. La minaccia proviene da una condotta umana.
b. Può scaturire anche da animali o cose, soltanto se è individuabile
un soggetto tenuto ad esercitare su di essi una vigilanza: in tal caso,
l’esimente si applicherà sia a favore di chi reagisce direttamente
contro l’animale o la cosa, sia a favore di chi reagisce contro la
persona gravata dall’obbligo di custodia.
Condotta omissiva c. Il pericolo di offesa può anche provenire da una condotta omissiva.
Il rifiuto del proprietario di
richiamare il cane mastino che
sta aggredendo un bambino
integra un’omissione, e ciò
Volontarietà del pericolo
giustifica il padre che impugni

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un’arma per costringere il 1. Pur nel silenzio del legislatore, la giurisprudenza e parte della
proprietario medesimo a far dottrina inclinano a ritenere che la scriminante della legittima
allontanare l’animale feroce. difesa non sia invocabile se la situazione di pericolo è
volontariamente cagionata dal soggetto che reagisce: in tal caso
verrebbe infatti meno o il requisito della necessità della difesa o
quello dell’ingiustizia dell’offesa, ovvero difetterebbero entrambi i
requisiti testé menzionati.
2. Se ne deduce che l’art. 52 (legittima difesa) è inapplicabile 
- al provocatore;
- a chi accolga una sfida o affronti una situazione di rischio prevista
ed accettata; e
- in caso di rissa, posto che i partecipanti siano spinti da reciproco
intento aggressivo.

Creazione del pericolo


La ragione che induce ad escludere l’applicabilità della legittima difesa
nei casi di sfida fatta ed attuata è, in verità, desumibile nella stessa
ratio sottesa alla scriminante: i contendenti non si trovano nella
medesima situazione di chi non può invocare tempestivamente il
soccorso dell’autorità, per la semplice ragione che concorrono a
creare un pericolo che sarebbe stato in loro potere non fare sorgere
non rivolgendo o non accogliendo l’invito a battersi.

VI. LEGITTIMA DIFESA


DOMICILIARE
Legittima difesa domiciliare
Nei casi di violazione di domicilio, sussiste sempre22 il rapporto di
Violazione di proporzione se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi
domicilio indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo
Commette violazione di domicilio 1. al fine di difendere 
chiunque nell’abitazione altrui (o
- la propria o la altrui incolumità,
in un altro luogo di privata
dimora): - i beni propri o altrui; e
 si introduce contro la 2. quando 
volontà espressa o tacita di - non vi è desistenza, e
chi ha il diritto di escluderlo; - vi è pericolo d’aggressione.
ovvero
 si introduce
clandestinamente; o
Sempre
 si introduce con l’inganno.
1. La presunzione introdotta con l’avverbio «sempre» non risulta
compatibile con la Costituzione:
- sia perché contrasta con qualsiasi ratio della legittima difesa,
- sia perché nel nostro ordinamento le presunzioni sono ammesse
soltanto se non sono contraddette dalla realtà.
2. In particolare, sotto il primo profilo della ratio, se ci si muove in una
prospettiva individualistica, secondo cui la reazione costituisce una
sorta di “diritto all’autotutela”, questa autotutela non può
diventare sconfinata all’interno di uno spazio “libero dal diritto”:
anche in una prospettiva individualistica il diritto all’autotutela
deve essere comunque bilanciato con gli altri interessi in gioco,

22
Il termine «sempre» è stato introdotto con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di Matteo
Salvini.
65
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anche quando tali interessi appartengono a un soggetto che si è
messo nella condizione di subire una reazione difensiva.
3. Parimenti, se ci si muove in una prospettiva statalistica, e cioè
nell’idea che il privato stia esercitando un potere reattivo su delega
dello Stato, è impensabile che tale delega sia – per così dire – in
bianco e senza limiti: come la reazione di uno Stato deve essere
proporzionata, alla stessa stregua deve essere proporzionata la
reazione di un cittadino.

Legittimamente presente
La precisazione che la condotta difensiva può essere realizzata, in
termini di proporzione presunta, soltanto da persona «legittimamente»
presente, ha la funzione di escludere dal novero dei possibili
beneficiari della legittima difesa lo stesso «intruso» autore della
violazione di domicilio.

Incolumità
1. La difesa deve avere ad oggetto la «propria o altrui incolumità»:
con questa espressione normativa il legislatore allude, molto
verosimilmente, ai beni della vita e della integrità fisica.
2. Se così è, esiste un rapporto di omogeneità qualitativa tra i beni
personali che l’aggredito difende, e i beni che egli lede mediante
l’uso di armi ai danni dell’aggressore. Ma la novità consiste,
appunto, in questo: il giudice è esentato dall’accertare in concreto
se vi sia proporzione tra la rispettiva gravità del danno minacciato e
di quello subito dall’aggressore, essendo tale proporzione presunta
juris et de jure.

Non vi è desistenza
Verosimilmente, la «mancata desistenza» è un presupposto da
intendere ad abundatiam, nel senso che è implicito nella stessa
persistente attualità di una situazione di pericolo che l’aggressore si
astenga dall’interrompere la condotta offensiva (diretta innanzitutto
contro i beni patrimoniali).

Pericolo d’aggressione
L’interpretazione più plausibile è che si debba trattare di un pericolo
che trascende la sfera dei beni patrimoniali (già minacciati dall’azione
intrapresa e non interrotta dal malvivente intruso), e che si proietta
sulla vita e sulla integrità personale dell’aggredito.

Pericolo attuale
La dottrina è orientata ad una soluzione ermeneutica dell’art. 52 che
ritiene legittima la difesa armata soltanto in presenza di un pericolo di
aggressione concretamente incombente nella situazione data, e
dunque di un pericolo non futuro o ipotetico, bensì attuale.

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Luogo in cui si esercita attività commerciale,


professionale o imprenditoriale
La legittima difesa domiciliare si applica anche nel caso in cui il fatto sia
avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività
commerciale, professionale o imprenditoriale.

Respingimento dell’intrusione23
Nei casi di legittima difesa domiciliare (o presso l’esercizio di un’attività
commerciale, professionale o imprenditoriale) agisce sempre in stato di
legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione
posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di
coazione fisica, da parte di una o più persone.
Presunzione/eliminazione della necessità di
difendersi
1. La dottrina rileva nell’introduzione del 4° comma dell’art. 52 una
presunzione/eliminazione del requisito della necessità di
difendersi che finisce per stravolgere la legittima difesa.
2. L’eliminazione della necessità di difendersi presume che la mera
presenza illegittima nel domicilio è già di per sé pericolo di
aggressione ad altri beni, saltando, così, il legame tra aggressione
e reazione con la conseguenza che la seconda può essere del
tutto scollegata dalla prima.
3. Il legame tra aggressione e reazione difensiva finisce per essere
del tutto estrinseco, basandosi esclusivamente sulla
concomitanza spazio-temporale:
- della condotta illegale consistente nella violazione del domicilio,
non necessariamente aggressiva di ulteriori beni patrimoniali o
personali; e
- della reazione, non necessariamente difensiva mancando per
l’appunto una vera e propria aggressione.

VII. USO LEGITTIMO DELLE


ARMI Uso legittimo delle armi
Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è
punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del
proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro
mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di
respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e
comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di
naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario,
omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.

Ferme le disposizioni contenute nei due articoli


precedenti
Dalla «clausola di riserva» inserita all’inizio dell’art. 53 («ferme le
disposizioni contenute nei due articoli precedenti») si desume che la
causa di giustificazione dell’uso legittimo delle armi ha natura

23
Questa disposizione normativa è stata introdotta con la c.d. Riforma sulla legittima difesa (l. n. 36/2019) promossa dalla Lega di
Matteo Salvini.
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sussidiaria, nel senso che si fa luogo alla sua applicazione soltanto ove
difettino i presupposti della legittima difesa o dell’adempimento del
dovere.

Pubblico ufficiale
Per quanto l’ampia formula legislativa adottata dall’art. 53 sembri voler
ricomprender tutti i soggetti che esercitano una pubblica funzione e
che perciò sono pubblici ufficiali a norma dell’art. 357 dello stesso
codice, appare preferibile l’interpretazione più restrittiva, rivolta a
circoscrivere l’operatività della scriminante agli agenti di pubblica
sicurezza o di polizia giudiziaria e ai militari in servizio di Pubblica
sicurezza.

Assistente
La scriminante dell’uso legittimo delle armi si applica a qualsiasi
persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti
assistenza.

Finalità
Il fine perseguito dal pubblico ufficiale deve essere quello di
«adempiere un dovere del proprio ufficio»: sicché, la scriminante è
esclusa in presenza di uno scopo di vendetta o di arbitraria
sopraffazione.

Necessità
1. Il ricorso alla coazione fisica è giustificato, innanzitutto, di fronte
alla «necessità di respingere una violenza o di vincere una
resistenza all’Autorità»: tale necessità sussiste quando il pubblico
ufficiale non ha altra scelta, per adempiere al proprio dovere,
all’infuori di quella di far uso di un mezzo coercitivo.
2. Considerando il carattere di extrema ratio della scriminante in
esame, il requisito della necessità va però interpretato anche nel
senso che il pubblico ufficiale deve impiegare, tra i mezzi idonei a
disposizione, quello meno lesivo: così, se è possibile ad es.
disperdere una folla in tumulto con gas lacrimogeni, non sarà
consentito ferire e così via.

Violenza
La violenza deve consistere in un comportamento attivo tendente a
frapporre ostacoli all’adempimento del dovere di ufficio: beninteso,
deve trattarsi di un comportamento violento «in atto» giacchè, ove così
non fosse, mancherebbe la necessità dell’uso della coazione.

Minaccia
Stante la mancata differenziazione, nel testo dell’art. 53, tra
«violenza» e «minaccia», qualche autore ritiene che la violenza
abbracci anche la coercizione psichica tendente ad influire sul
68
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comportamento dei destinatari: ad avviso di Fiandaca-Musco, la tesi è
accoglibile purché si sottolinei che la minaccia deve essere seria e
particolarmente grave, pena l’abbandono della stessa interpretazione.

Resistenza all’Autorità
La dottrina ritiene che nei casi:
a. di resistenza attiva la scriminante è applicabile in ogni circostanza;
e
Resistenza passiva b. di resistenza passiva la scriminante è applicabile solo in relazione al
Si pensi alla classica resistenza rapporto di proporzione tra i mezzi di coazione impiegati e il tipo di
pacifica opposta dalle donne resistenza da vincere, da un lato, e i beni in conflitto, dall’altro.
scioperanti distese sui binari per
impedire il passaggio dei treni.
«E comunque di impedire la consumazione dei…»
Parte della dottrina sostiene che con l’innovazione legislativa24, con la
quale sono state ha aggiunte le parole «e comunque di impedire la
consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro
aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano
armata e sequestro di persona», si è voluto autorizzare l’uso delle armi
(o di altro mezzo di coazione fisica) per impedire la consumazione dei
reati predetti anche in una fase antecedente a quella in cui sono
ravvisabili gli estremi dell’idoneità e univocità degli atti come elementi
del tentativo punibile.

Obiezioni
Questa interpretazione lascia perplessi perché consente la reazione
armata anche in assenza di un effettivo pericolo per i beni presi di
mira.

VIII. STATO DI NECESSITA’


Stato di necessità
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave
alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, non
altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Pericolo attuale
L’estremo del pericolo attuale, come situazione di fatto in base alla
quale sia possibile formulare un giudizio di probabilità sul prossimo
verificarsi di una lesione, è comune anche alla legittima difesa e perciò
fondamentalmente vale quanto si è detto a proposito di quest’ultima
scriminante.

Criterio temporale
La giurisprudenza ritiene che il criterio temporale, basato
sull’imminenza cronologica del danno, non sempre consente una
corretta determinazione dell’attualità del pericolo.

24
Art. 14, l. n. 152/1975.n
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Danno grave alla persona


Fiandaca-Musco ritengono, specie nel momento storico come l’attuale
– caratterizzato da una crescita di aspettative in ordine ad una tutela il
più possibile ampia della sfera della personalità umana – che
l’interpretazione del concetto di «danno alla persona» deve evitare
restrizioni aprioristiche: tale concetto è, di per sé, idoneo a
ricomprendere qualsiasi lesione minacciata ad un bene personale
giuridicamente rilevante, si tratti di un bene tutelato nell’ambito
penale, ovvero in quello extrapenale.

Non volontariamente causato


1. L’accertamento della volontarietà deve essere riferito alla
Immediamente situazione pericolosa cui immediatamente si ricollega il danno, e
Il dissipatore che è rimasto sul non ai suoi lontani antecedenti.
lastrico può invocare lo stato di
2. Sono considerate volontariamente causate le situazioni di pericolo
necessità, se ruba una medicina
per salvare un figlio in imminente
dovute anche a semplice colpa.
pericolo di vita.
Colpa
L’esclusione della scriminante in tutte le ipotesi di colpa, sia cosciente
che incosciente, trova fondamento proprio nella ratio che ha indotto il
Colpa legislatore a richiedere l’involontarietà del pericolo: se l’ambito di
L’automobilista che crea una operatività dell’art. 54 va circoscritto in considerazione della posizione
situazione di rischio a causa della di terzo innocente di chi subisce il danno derivante dalla condotta
propria condotta imprudente, e necessitata, è giusto non riconoscere la causa di giustificazione
che prevede (c.d. colpa cosciente) quando l’agente che si trova in pericolo abbia contribuito
o può prevedere (c.d. colpa colpevolmente, e quindi responsabilmente, alla sua verificazione.
incosciente) il verificarsi di un
sinistro, non può giustificarsi
delle lesioni prodotte ad altrui
adducendo come scusa che Pericolo non altrimenti evitabile
l’investimento è derivato dalla Circa la valutazione dell’inevitabilità, si ritiene comunemente che la
necessità di evitare un pericoloso «fuga» sarebbe sempre da preferire all’offesa arrecata al terzo
urto contro un ostacolo. innocente.

Fuga
La considerazione di cui sopra è valida purché la fuga non esponga lo
stesso agente o terzi a rischi maggiori di quelli incombenti sul
soggetto passivo dell’azione necessitata.

Fatto proporzionato al pericolo


1. Secondo l’orientamento a tutt’oggi dominante, il giudizio di
proporzione deve avere ad oggetto il rapporto di valore tra beni
confliggenti: in questo senso sussiste un rapporto di proporzione
tra fatto e pericolo se il bene minacciato prevale rispetto a quello
sacrificato o, almeno, gli equivale.
2. Secondo l’orientamento minoritario per superare l’ottica ristretta
dell’orientamento dominante, occorre integrare il raffronto del
valore dei beni con l’esame comparativo dei rischi rispettivamente
70
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incombenti – in base ad un accertamento ex ante – sul bene da
salvaguardare e su quello del terzo che viene aggredito: da questo
esame comparativo può, infatti, risultare che al maggior rango
dell’uno (ad es. la vita) a paragone dell’altro (ad es. integrità fisica)
corrisponde un inverso rapporto di misura nel grado dei rispettivi
pericoli (ad es.: pericolo minore a carico della vita e pericolo
maggiore a carico dell’integrità fisica).
Integrando il confronto dei beni con quello dei rischi, si può
adottare in sede di giudizio di proporzione questo criterio-base:
- quando il rischio maggiore è quello gravante sull’interesse del terzo
innocente, il rapporto di valore tra i beni dev’essere
proporzionalmente a vantaggio di quello da salvaguardare;
- quando invece il bene di maggior peso è quello dell’aggredito, il
rapporto tra i rischi deve essere proporzionalmente a vantaggio di
quello salvaguardato.

Soccorso di necessità Soccorso di necessità


Per chiarire si pensi al caso del Lo stato di necessità contempla anche l’ipotesi del c.d. soccorso di
naufrago che, mentre sta necessità: la quale ricorre se l’azione necessaria è stata compiuta non
aiutando uno a salire su una dallo stesso soggetto minacciato, ma da un terzo soccorritore.
piccola zattera lo annega, per
permettere all’amico che sta
arrivando di salvarsi.
Dovere giuridico di esporsi al pericolo
La scriminante non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di
esporsi al pericolo.

Salvataggio di terzi in pericolo


Nonostante la dizione letterale dell’art. 54, comma 2°, si deve ritenere
che la scriminante sia applicabile se chi ha particolare dovere di
esporsi al pericolo realizza un’azione necessitata per salvare non se
stesso, ma terzi in pericolo.

Coazione morale Coazione morale


Si tratta del caso La scriminante si applica anche se lo stato di necessità è determinato
dell’automobilista che provoca un dall’altrui minaccia.
incidente perché spinto a correre
sotto minaccia di una pistola. Responsabilità dell’intimidatore
Del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha
costretta a commetterlo.

Requisiti dello «stato di necessità»


Pur nel silenzio della legge, l’efficacia scriminante della coazione
morale deve ritenersi subordinata all’esistenza di tutti i requisiti dello
stato di necessità.

Legittima difesa e stato di necessità

71
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1. L’azione necessitata si dirige non contro l’autore di un’aggressione
ingiusta, ma contro un individuo «innocente» perché non
responsabile della situazione di pericolo che si viene a creare.
2. L’azione giustificata non deve tendere a salvaguardare un qualsiasi
diritto come la difesa legittima, ma deve mirare a scongiurare «il
pericolo attuale di un danno grave alla persona».
3. In caso di stato di necessità al danneggiato è dovuta un’indennità,
la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

3. La colpevolezza
I. NOZIONI GENERALI
Modello di personalità umana
1. Dal punto di vista antropologico, l’affermazione del principio
Teoria retributiva penalistico nulla poena sine culpa presuppone l’accettazione, anche
della pena implicita, di un modello di personalità umana come entità
Nel passato, la colpevolezza era costituita da più «strati» posti in rapporto di successione evolutiva.
legata alla teoria retributiva,
2. Si muove cioè dal presupposto che, a differenza degli animali i quali
perché la retribuzione concepita
seguono schemi di comportamento rigidamente programmati dai
come reazione afflittiva al male
commesso, presuppone, mecanismi istintuali, l’uomo sia in grado, grazie ai suoi poteri di
logicamente, una colpevolezza da signoria (i c.d. strati superiori della personalità), di controllare gli
annullare. In quest’ottica, istinti e di reagire agli stimoli del mondo esterno in base a scelte fra
peraltro, in tanto ha senso diverse possibilità di condotta, nonché di orientarsi secondo sistemi
infliggere una pena che compensi di valori.
il male arrecato col reato
(compensazione del mal passionis
con il mal actionis), in quanto si
presupponga nell’autore del fatto Principio di personalità
la libertà del volere e, quindi, la 1. Secondo un ‘interpretazione che riscuote crescenti adesioni, il
possibilità di agire diversamente. principio della personalità della responsabilità penale fissato all’art.
27, comma 1°, Cost. va inteso non soltanto nel significato minimo di
«divieto di responsabilità per fatto altrui», ma nel senso ben più
pregnante di responsabilità per fatto proprio colpevole.
2. Il legislatore costituzionale, nell’affermare che la responsabilità
penale è «personale», ha espresso il principio, secondo cui
l’applicazione della pena presuppone l’attribuibilità psicologica del
singolo fatto di reato alla volontà antidoverosa del soggetto.

Corte costituzionale
La Corte costituzionale ha ormai chiarito che l’imputazione subiettiva
del fatto criminoso può considerarsi veramente conforme al principio
di «personalità», a condizione che il fatto stesso sia attribuibile
all’autore almeno a titolo di «colpa»: ove un solo elemento di
fattispecie, che concorre a contrassegnare la lesività del fatto, sia
sganciato dal «dolo» o dalla «colpa», viene meno il carattere
«personale» dell’addebito e un’eventuale attribuzione di
responsabilità penale si pone perciò in insanabile conflitto con l'art.
27, comma 1°, Cost.

Finalismo rieducativo

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Il ruolo indefettibile della colpevolezza è confermato dal collegamento
sistematico tra il comma 1° e il comma 2° dell’art. 27 Cost., che sancisce
il finalismo rieducativo della pena: se fosse sufficiente, ai fini
dell’assoggettamento a pena, il semplice fatto di cagionare
materialmente un evento lesivo, e nessun «rimprovero» neppure di
mera disattenzione o imprudenza potesse essere rivolto all’agente, la
pretesa «rieducativa» dello Stato non avrebbe più molto senso.

Corte costituzionale
Nel solco dell’elaborazione dottrinale più consapevole, la stessa Corte
costituzionale è giunta a riconoscere il rapporto tra colpevolezza e
rieducazione nei seguenti termini: «comunque si intenda la funzione
rieducativa (…), essa postula almeno la colpa dell’agente in relazione
agli elementi più significativi della fattispecie tipica. Non avrebbe
senso la rieducazione di chi, non essendo almeno in colpa (rispetto al
fatto), non ha certo bisogno di essere rieducato».

Inammissibilità della colpa d’autore


La figura della colpa d’autore è inammissibile nella sua duplice versione
della «colpevolezza per il carattere» e della «colpevolezza per la
condotta di vita».

Colpevolezza per il fatto


In un diritto penale ispirato ai principi oggettivi di materialità e
lesività, la colpevolezza può solo significare colpevolezza per il fatto e,
più precisamente, per aver commesso un fatto lesivo di un bene
penalmente protetto.

Concezione psicologica
1. Secondo la teoria psicologica la colpevolezza consiste in una
relazione psicologica tra fatto e autore.
2. La categoria così intesa assolve essenzialmente a 2 funzioni.
- Da un lato, l’uso del concetto di colpevolezza esprime l’idea che la
responsabilità penale richiede, come presupposto indefettibile, una
partecipazione psicologica alla commissione del fatto. A tal fine, si
tende a costruire la colpevolezza come concetto di genere capace
di ricomprendere i due fondamentali criteri di imputazione
soggettiva – cioè dolo e colpa: la colpevolezza è il «rapporto
psicologico tra l’agente e l’azione che cagiona un evento voluto, o
non voluto, ancorchè non preveduto, ma prevedibile».
- Dall’altro, la concezione psicologica esprime l’esigenza di
circoscrivere la colpevolezza all’atto di volontà relativo al singolo
reato, a prescindere da ogni valutazione della personalità
complessiva dell’agente e del processo motivazionale che sorregge
la condotta.

Obiezioni
1. Sul piano dogmatico, la concezione psicologica non riesce a
fornire un concetto superiore veramente in grado di
73
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ricomprendere il dolo e la colpa: mentre infatti il dolo consta di
coscienza e volontà come atteggiamenti psicologici effettivi, ad
integrare la colpa sono sufficienti anche atteggiamenti psicologici
potenziali.
2. Sul piano funzionale, la concezione psicologica, non valorizza
tutte le potenzialità della colpevolezza come elemento di
graduazione della responsabilità penale, soprattutto perché non
tiene conto delle diverse motivazioni che inducono a delinquere.

Concezione normativa
1. La concezione normativa della colpevolezza dà la risposta
dogmatica all’esigenza di introdurre la valutazione delle circostanze
dell’agire, del processo di motivazione, alla stregua di un canone
normativo, trasformando la colpevolezza in un giudizio di
rimproverabilità per l’atteggiamento antidoveroso della volontà.
2. La colpevolezza, secondo questa nuova accezione, consiste nella
valutazione «normativa» di un elemento psicologico, e
Colpevolezza precisamente nella rimproverabilità dell’atteggiamento
La concezione normativa oggi psicologico tenuto dall’attore.
dominante afferma che è
colpevole un soggetto imputabile
(imputabilità), il quale abbia
realizzato con dolo o colpa la Colpevolezza e pericolosità sociale
fattispecie obiettiva di reato  Mentre la colpevolezza:
(conoscibilità del divieto penale), - concerne soltanto i soggetti capaci di intendere e di volere, esprime
in assenza di circostanze tali da
un rimprovero per la commissione di un fatto delittuoso, e
rendere necessitata l’azione
- costitusce il presupposto della applicazione della pena in senso
illecita (assenza di cause di
esclusione della colpevolezza). stretto;
 la pericolosità sociale:
- privilegia la personalità dell’autore e fa riferimento, più che a un
fatto già commesso, alla probabilità che l’autore continui a
delinquere in futuro, e
- giustifica la applicazione di una misura di sicurezza.

II. IMPUTABILITA’
Capacità di intendere e volere
È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.

Volontà libera
La volontà può definirsi libera nella misura in cui il soggetto non
soccomba passivamente agli impulsi psicologici che lo spingono ad
agire in un determinato modo, ma riesca a esercitare poteri di
inibizione e controllo idonei a consentirgli scelte consapevoli tra
motivi antagonistici.

Minore degli anni 14


Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non
aveva compiuto i 14 anni.

Presunzione assoluta di incapacità

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La non imputabilità sottende l’introduzione di una presunzione di
incapacità di natura assoluta perché non è ammessa la prova in
contrario.

Minore degli anni 18 e maggiore degli anni 14


È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto aveva
compiuto i 14 anni, ma non ancora i 18, se aveva capacità d’intendere e
di volere; ma la pena è diminuita.

Immaturità
Secondo l’orientamento consolidato, l’incapacità minorile non
presuppone necessariamente l’infermità mentale, perché si fonda su
di una condizione più lata identificabile con la situazione di
immaturità: quest’ultima viene intesa in senso globale come
comprensiva non soltanto del carente sviluppo delle capacità
conoscitive, volitive ed effettive, ma anche dell’incapacità di
intendere il significato etico-sociale del comportamento e
dell’inadeguato sviluppo della coscienza morale.

Carattere relativo dell’imputabilità


La giurisprudenza dominante attribuisce al concetto di imputabilità
minorile un carattere «relativo», nel senso che la maturità del minore
viene concretamente accertata in relazione alla natura del reato
commesso: infatti, nel caso dei delitti contro la persona, ai fini
dell’imputabilità del minore si ritiene sufficiente un minimo sviluppo
mentale ed etico o addirittura la semplice mancanza di tare psichiche
suscettive di influire negativamente sui processi intellettivi e volitivi.

Presunzione relativa di capacità


La deduzione, per contrasto, dell’imputabilità a chi ha compiuto 18
anni sottende una presunzione di capacità di intendere e volere
relativa, perché la capacità è esclusa o diminuita in presenza del vizio
totale o parziale di mente o delle altre cause legislativamente
previste.

Infermità totale di mente


Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o
di volere.

Indirizzo biopsicologico
Da questa disposizione la dottrina ha dedotto che il nostro codice, nel
disciplinare le cause patologiche che influenzano l’imputabilità, ha
accolto un indirizzo «biopsicologico»: e cioè non basta accertare una
malattia mentale per dedurne automaticamente l’inimputabilità del
soggetto, ma occorre altresì appurare se e in quale misura la malattia
stessa ne comprometta la capacità di intendere e volere.

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Infermità
Il concetto di «infermità» non si riferisce a quello di «infermità
mentale», bensì genericamente di «infermità» tale da provocare uno
stato di mente che esclude l’imputabilità.

f
Gli artt. 219 e 222, nel disciplinare i presupposti per l’applicabilità
del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura
o custodia, esigono invece che il soggetto sia affetto da «infermità
psichica»

Malattia fisica
L’infermità, cui fanno riferimento gli artt. 88 e 89, può avere origine
anche da una malattia fisica, sia pure a carattere transitorio (delirio
determinato da uno stato febbrile, confusione mentale determinata
dall’azione infettiva e tossica del paratifo), purché produttiva di
vizio di mente.

Prassi applicativa
 Un indirizzo giurisprudenziale dominante tende a ricostruire il
concetto di malattia mentale secondo un modello «medico»: in
altri termini, è definito infermità mentale soltanto il disturbo
psichico che poggia su base organica e/o che possiede caratteri
patologici così definiti da poter essere ricondotto a un preciso
quadro nosografico-clinico.
 Un indirizzo giurisprudenziale minoritario tende, invece, a
rivendicare una maggiore autonomia della valutazione giuridica
rispetto alle classificazoni medico-nosografiche: in questo modo,
il giudice può fare applicazione degli artt. 88 e 89 anche se il
disturbo psichico è insuscettivo di un preciso inquadramento
clinico, purchè si possa fondatamente sostenere che esso abbia
nondimeno in concreto compromesso la capacità di intendere e
di volere dell’imputato.

Infermità parziale di mente


Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale
stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità
d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è
diminuita.

Criterio quantitativo
1. La distinzione tra le due forme (totale e parziale) di vizio di mente
è affidata ad un criterio non qualitativo, ma quantitativo,
prendendo la legge in considerazione il «grado» e non
l’estensione della malattia mentale.
2. Il vizio parziale, infatti, non è l’anomalia che interessa un solo
settore della mente, bensì quella che investe tutta la mente ma in
misura meno grave.

Aggravanti e attenuanti
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Secondo la giurisprudenza, il vizio parziale di mente è compatibile:
a. con le aggravanti 
- della premeditazione (a meno che quest’ultima non sia essa
stessa manifestazione della malattia), e
- dei motivi abietti e futili; e
b. con l’attenuante 
- della provocazione; e
c. con le circostanze attenuanti generiche.

Stati emotivi e passionali


Gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono
l’imputabilità.

Scusante di imputabilità
La dottrina ritiene che la rilevanza scusante degli stati emotivi e
passionali può essere ammessa soltanto in presenza di due condizioni
essenziali:
a. che lo stato di coinvolgimento emozionale si manifesti in una
personalità per altro verso già debole; e
b. che lo stato emotivo o passionale assuma, per particolari
caratteristiche, significato e valore di infermità, sia pure
transitoria (ad es. squassi emotivi, reazioni da panico, reazioni
esplosive, reazioni a corto circuito, discontrolli episodici, raptus,
ecc.).

Ubriachezza accidentale
Ubriachezza Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non
accidentale aveva la capacità d’intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza
È il caso di un operaio di una derivata da caso fortuito/forza maggiore.
distilleria che si ubriaca in un
ambiente saturo di vapori
alcoolici a causa di un guasto Capacità d’intendere o volere scemata
dell’impianto e simili. Se l’ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare
grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, la
pena è diminuita.

Intossicazione accidentale da stupefacenti


La disciplina di cui sopra si applica anche quando il fatto è commesso
sotto l’azione di sostanze stupefacenti.

Ubriachezza volontaria/colposa
L’ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non
esclude né diminuisce la imputabilità.

Inescusabilità
Chi si è ubriacato volontariamente o per leggerezza, non può
pretendere di accampare scuse; se realizza un reato, deve rispondere
come se fosse pienamente capace di intedere e volere.

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Ubriachezza preordinata
Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di
prepararsi una scusa, la pena è aumentata.

Ubriachezza abituale Ubriachezza abituale


Agli effetti della legge penale, è
Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è
considerato ubriaco abituale chi è
dedito all’uso di bevande
abituale, la pena è aumentata.
alcooliche e in stato frequente di
ubriachezza (o di intossicazione). Obiezioni
Questo rigorosissimo trattamento penale ha alla base una
motivazione politico-criminale che appare, specialmente oggi, assai
discutibile: e cioè la concezione contraddittoria dell’ubriaco abituale
in parte come un vizioso che deve rispondere per la stessa condotta
di vita (c.d. colpevolezza per la condotta di vita), e in parte come un
soggetto bisognoso di trattamento riabilitativo.

Intossicazione
cronica Intossicazione cronica da alcool/psicofarmaci
È definibile intossicazione cronica Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool
quella che provoca alterazioni ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute
patologiche permanenti, tali da negli artt. 88 e 89 (infermità totale/parziale di mente).
far apparire indiscutibile che ci si
trovi di fronte a una vera e
propria malattia psichica.
Sordomutismo
Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il
fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità d’intendere
o di volere.

Coesistenza di sordismo e mutismo


L’art. 96 non può essere applicato nei casi di solo mutismo o di sola
sordità, ma occorre che sussistanto entrambe le affezioni.

Sordismo precocemente acquisito


Ancorchè il testo dell’art. 96 non operi distinzioni tra sordismo
precocemente acquisito e sordismo tardivamente acquisito, sembra
che la disposizione faccia soprattutto riferimento ai sordi alla nascita
o dalla prima infanzia.

Actio in libera causa Actio libera in causa


È il caso di un soggetto che, La disposizione della prima parte dell’art. 85 (secondo cui l’imputabilità
incapace di commettere un furto deve sussistere al «momento» della commissione del reato) non si
in condizioni di normalità, ricorre applica a chi si è messo in stato d’incapacità d’intendere o di volere al
ad una sostanza psicotropa per fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa.
allentare i freni inibitori.

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Teologia morale
Per giustificare l’affermazione di responsabilità si è soliti ricorrere al
paradigma delle actiones liberae in causa, escogitati dalla teologia
morale con specifico riferimento alle condotte peccaminose poste in
essere senza libera volontà al momento della loro realizzazione, ma
pur sempre riconducibili ad un precedente atto di volontà dello stesso
soggetto: l’azione è libera in causa appunto perché l’agente aveva il
potere di porsi o di non porsi in condizione d’incapacità.

Principio di colpevolezza
In linea con il principio di colpevolezza, il soggetto risponde
ugualmente del reato commesso anche se, al momento del fatto, era
inimputabile perché gli può essere mosso un riprovero per essersi
liberamente posto in quella condizione di incapacità, che gli ha reso
possibile o più agevole la realizzazione del reato programmato.

III. STRUTTURA E OGGETTO


DEL DOLO
Delitto doloso (o secondo l’intenzione)
Il delitto è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o
pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa
dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto
come conseguenza della propria azione/omissione.
Compromesso tra la teoria della rappresentazione
e la teoria della volontà
La definizione strutturale del dolo incentrata sull’«intenzione», poi
scissa nelle due componenti della «previsione» e della «volontà», si
sforza di attuare un «compromesso» tra la teorie della
rappresentazione e la teoria della volontà, che si contendevano il
campo al momento della redazione del codice Rocco.

Teoria della rappresentazione


La teoria della rappresentazione – che trasferiva sul piano della
dogmatica penalistica la problematica del concetto di volontà
sviluppatasi nell’ambito della psicologia analitica all’inizio di questo
secolo – concepiva cioè la volontà e la rappresentazione (o
previsione) quali fenomeni psichici distinti, come tali riferibili a dati
diversi: in particolare, i sostenitori di siffatta teoria ritenevano che la
volontà potesse avere ad oggetto soltanto il movimento corporeo
dell’uomo (ad es. l’atto fisico del premere il grilletto di una pistola al
fine di uccidere); mentre le modificazioni del mondo esterno
provocate dalla condotta (ad es. evento-morte) si reputava
potessero costruire solo oggetto di rappresentazione mentale
anticipata.

Teoria della volontà


La teoria della volontà, invece, privilegiava l’elemento volitivo del
dolo, nel convincimento che potessero costituire oggetto di volontà
anche i risultati della condotta: beninteso, tale teoria non rinunciava
al requisito della rappresentazione, ma la considerava un
presupposto implicito della volontà.

Disciplina normativa del dolo

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Quale che sia il valore vincolante, sul piano normativo, delle formule
definitorie contenute nella parte generale del codice, da tempo la
dottrina ritiene che la definizione del dolo contenuta nell’art. 43 c.p.,
è in ogni caso parziale: la disciplina normativa del dolo infatti si ricava
dal complesso delle disposizioni che, in positivo o in negativo,
attribuiscono rilevanza alla conoscenza (o mancata conoscenza) di
determinati elementi costitutivi di fattispecie.

Struttura del dolo


Secondo una concezione ormai consolidata, che del resto è nella
sostanza recepita dalla stessa definizione legislativa, il dolo
strutturalmente consta di due componenti psicologiche:
rappresentazione (o coscienza o conoscenza o previsione) e volontà.

Elementi descrittivi ed elementi normativi


1. Negli elementi descrittivi, perché il dolo sussista è sufficiente che
il soggetto sia a conoscenza degli elementi del mondo esterno
così come appaiono nella loro dimensione «naturalistica».
2. Negli elementi normativi (ad es. «altruità» della cosa,
«documento», «pubblico ufficiale», ecc.), per l’esistenza del dolo
non basta che l’agente sia a conoscenza di meri dati di fatto: egli
deve, piuttosto, rappresentarsi anche gli aspetti che fondano la
rilevanza giuridica delle situazioni di fatto richiamate dalla
fattispecie.

Elementi normativi
Negli elementi normativi, per rispondere a titolo di dolo, non è
necessario che l’autore debba conoscere l’esatto significato
giuridico dell’elemento normativo in questione. È sufficiente
piuttosto - per ripetere una formula abbastanza diffusa risalente al
Mezger – che egli ne abbia «una conoscenza parallela nella sfera
laica»: in altri termini, non è necessario che il ladro conosca le
norme civili che disciplinano la proprietà, ma basta che egli sappia
quando secondo il senso comune la cosa è di altri.

Rappresentazione
1. La rappresentazione o coscienza si atteggia più precisamente a
«previsione» con riferimento agli accadimenti futuri che si
prospettano come risultato della condotta criminosa (ad es.
l’evento letale come conseguenza di una condotta omicida).
2. Nella previsione deve anche rientrare il nesso causale tra azione
ed evento, prefigurato nei tratti essenziali.

Stato di dubbio Stato di dubbio


compatibile 1. La rappresentazione sufficiente ai fini del dolo è compatibile, in
Un esempio di stato di dubbio linea di principio, con uno stato di dubbio in ordine a uno o più
compatibile con la rappresentazione elementi di fattispecie: il dubbio infatti non equivale né ad
è il caso in cui Tizio, nel dubitare che ignoranza né ad erronea conoscenza, in quando il soggetto si
l’oggetto di cui si impossessa possa rappresenta contemporaneamente il duplice possibile modo di
essere di altri, ben si rappresenta la essere di una cosa.
possibilità di commettere un furto. 2. La sufficienza dello stato di dubbio a integrare il dolo è tuttavia
da escludere, laddove sia la particolare struttura della
fattispecie incriminatrice ad esigere, invece, la piena
conoscenza di uno o più elementi del fatto di reato.
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Stato di dubbio
incompatibile Volontà
Un esempio di stato di dubbio Proprio perché la volontà rileva come espressione di un potere di
incompatibile con la
conformazione della realtà, e non come mero dato psicologico, è
rappresenzazione il caso della
privo di rilevanza tanto il dolo antecedente quanto il dolo
calunnia (art. 368 c.p.), la quale è
realizzata soltanto a condizione che susseguente: occorre in realtà che il dolo sussista al momento del
l’agente sappia senza incertezze che fatto, e perduri per tutto il tempo in cui la condotta rientra nel potere
l’incolpato è in realtà una persona di signoria dell’agente; sicchè, ai fini della configurabilità del dolo, la
innocente. volontà deve abbracciare la condotta tipica fino all’ultimo atto.

Intensità del dolo


Il dolo può presentare un’intensità diversa, in rapporto al rispettivo
grado di consistenza della componente rappresentativa e/o volitiva.
a. Per quanto riguarda la componente conoscitiva, la sua graduabilità
dipende dal livello di chiarezza e certezza con la quale il soggetto si
rappresenta gli elementi del fatto di reato: così una
rappresentazione in forma dubitativa corrisponderà alla soglia più
bassa, mentre l’intensità maggiore sarà raggiunta da una
consapevolezza piena e certa.
b. L’intensità del momento volitivo va rapportata al grado di adesione
psicologica del soggetto al fatto, nonché alla complessità e alla
durata del processo deliberativo.

Fatto tipico come oggetto del dolo


1. A ben vedere, oggetto del dolo non è però né l’evento in senso
naturalistico, né l’evento in senso giuridico, bensì il fatto tipico.
Soltanto tale tesi consente, infatti, di ricostruire l’oggetto del dolo
tenendo contemporaneamente presenti le diverse caratteristiche
strutturali dei reati di azione e dei reati di evento.
2. Da questo punto di vista, la ricostruzione dell’oggetto della volontà
colpevole finisce col riflettere le caratteristiche di struttura dei
diversi tipi delittuosi: onde, l’oggetto del dolo è in definitiva
costituito da tutti gli elementi obiettivi positivamente richiesti per
l’integrazione delle singole figure di reato.

Dolo diretto di primo grado (o dolo intenzionale)


Il dolo è definibile intenzionale (o diretto di primo grado) quando il
soggetto ha di mira proprio la realizzazione della condotta criminosa
(reato di azione), ovvero la causazione dell’evento (reato di evento).

Dolo diretto di secondo grado


Si ha dolo diretto di secondo grado quando l’evento costituisce un
Dolo diretto di effetto secondario ma altamente probabile della volontà di azione
secondo grado dell’autore.
È il caso del terrorista che, per
sequestrare un uomo politico, è

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costretto a sparare contro gli
uomini della scorta che lo
proteggono con la quasi certezza
Dolo indiretto
di provocarne la morte (che come  Il dolo è indiretto, quando il risultato della condotta, pur
tale avrebbe preferito evitare). rappresentato, non è stato dal soggetto agente intenzionalmente o
direttamente voluto.
 Il dolo indiretto può assumere la forma del dolo eventuale e del
dolo alternativo.
Dolo eventuale
In diritto il dolo eventuale è un
tipo di manifestazione del dolo in Dolo eventuale
cui l'agente ha la precisa 1. Secondo la teoria della possibilità è sufficiente che l’agente
coscienza e volontà di attuare un preveda la concreta possibilità del verificarsi di un evento lesivo
evento lesivo e, pur di ad un bene giuridico, sebbene non voluto, perché il dolo
raggiungere tale scopo - già di per eventuale si possa configurare.
sé illegittimo e illegale - accetta 2. Secondo la teoria della probabilità occorre che l’agente si
anche che le conseguenze della rappresenti non soltanto come concretamente possibile, ma
sua condotta possano essere più come «probabile» la verificazione dell’evento lesivo, perché il
gravi di quanto non sia dolo eventuale si possa configurare.
strettamente necessario per 3. Secondo la teoria dell’accettazione, perché il soggetto agisca con
ottenere lo scopo primario. dolo eventuale non basta la rappresentazione mentale della
concreta possibilità di verificazione dell’evento: è altresì
necessario che egli faccia seriamente i conti con questa possibilità
e, ciononostante, decida di agire anche a costo di provocarne
Dolo alternativo l’evento criminoso.
Si ha dolo alternativo quando
l’agente prevede, come
conseguenza certa (dolo diretto)
o possibile (dolo eventuale) della Dolo generico
sua azione, il verificarsi di due Il dolo generico corrisponde alla nozione tipica di dolo, nel senso che
eventi, ma non sa quale si esso consiste nella coscienza e volontà di realizzare gli elementi
realizzerà in concreto. costitutivi di un reato: caratteristica del dolo generico è la congruenza
tra volontà e realizzazione, cioè è necessario che il contenuto del volere
Dolo alternativo trovi attuazione nella realtà (almeno a livello di tentativo).
È il caso di Tizio che aggredisce Caio
con diversi colpi di pugnale,
volendone indifferentemente il
ferimento grave o la morte. Dolo specifico
Il dolo specifico consiste in uno scopo o in una finalità particolare e
ulteriore che l’agente deve prendere di mira, ma che non è necessario
Dolo specifico si realizzi effettivamente perché il reato si configuri.
Nel delitto di furto è necessario
che l’agente, oltre a volere
l’impossessamento mediante Dolo di danno
sottrazione di una cosa altrui, Il dolo di danno consiste nella volontà di realizzare un fatto che provoca
persegua l’ulteriore fine di trarre
la completa lesione dell’interesse protetto.
profitto; ma perché il delitto si
configuri, non è necessario che il
profitto venga effettivamente
ottenuto. Dolo di pericolo
Il dolo di pericolo consiste nella volontà di provocare la semplice
esposizione a pericolo del bene.

Accertamento del dolo

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Secondo l’insegnamento della giurisprudenza, la prova dell’esistenza
del dolo può essere desunta da:
a. tutte le modalità estrinseche della condotta,
b. dallo scopo perseguito dall’agente, nonché
c. dal comportamento tenuto dal colpevole successivamente alla
commissione del fatto.

Massime di esperienza
Nella valutazione di tutte le circostanze potenzialmente significative,
soccorrerà il ricorso ad apposite regole di esperienza, la conformità
alle quali è sufficiente a far ritenere dimostrato il fatto psicologico da
provare, in mancanza di dati da cui sia possibile inferire che, nel caso
concreto, i fatti si sono svolti in difformità da quanto l’esperienza
stessa insegna.

Schemi presuntivi
Se il ricorso a massime di esperienza è legittimo perché diversamente
la prova del dolo si trasformerebbe in una probatio diabolica,
inammissibile appare invece l’utilizzazione di schemi presuntivi: il
concetto stesso di «presunzione» di prova cozza, infatti, col dolo
inteso come coscienza e volontà reali di un fatto criminoso.

IV. DISCIPLINA
DELL’ERRORE
Errore di fatto
L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità
dell’agente.

Ignoranza
Benchè la norma menzioni soltanto l’«errore», è opinione pacifica che
all’errore stesso vada equiparata l’«ignoranza» per l’identità di effetti
che essa può produrre in ordine alla mancata conoscenza del fatto
tipico.

Error in persona ed error in obiecto


Error in persona La dottrina ritiene errori di regola irrilevanti quelli conseguenti allo
Si verserebbe in un’ipotesi di scambio tra soggetti oppure tra oggetti (error in persona e error in
errore irrilevante se un omicida obiecto), che rivestono una posizione equivalente sul piano della
scambiasse soltanto l’identità fattispecie incriminatrice.
della vittima, e ciò per la ragione
che la fattispecie di omicidio
tutela l’«uomo» in tutte le singole
personificazioni, e non la sola vita Errore sul decorso causale
di una persona ben determinata. È da ritenere irrilevante l’errore sul «nesso causale», almeno finchè la
divergenza tra decorso causale prefigurato e decorso causale effettivo
non sia tale, da far escludere che l’evento costituisca pur sempre
realizzazione dello specifico rischio insito nell’iniziale azione del
soggetto.

Errore determinato da colpa


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Se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa.

Rimproverabilità Rimproverabilità
Ad es. in un caso come quello del L’errore di percezione deve essere rimproverabile, cioè dovuto ad un
bracconiere occorrebbe verificare inosservanza di norme precauzionali di condotta imputabile
se, in considerazione delle all’agente.
caratteristiche della situazione
concreta, dovesse pretendersi
una maggiore precauzione prima
di sparare.
Previsione di legge
Il fatto, conseguenza dell’errore, deve essere preveduto dalla legge
come delitto colposo.

Errore condizionato da
infermità mentale Errore condizionato dalla infermità mentale
Ad es. A, afflitto da mania di In mancanza di espresse indicazioni normative, è da ritenere che
persecuzione, uccide B perché l’errore condizionato non abbia rilevanza scusante (nel senso, in questo
così ritiene di difendersi dal caso, di non rendere applicabile l’esimente «putativa» della legittima
presunto persecutore. difesa): diversamente, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di
rendere inapplicabile la misura di sicurezza proprio nei casi in cui il
soggetto può, a causa della sua malattia, risultare socialmente
pericoloso.

Errore incondizionato Errore incondizionato dalla infermità mentale


da infermità mentale Ha efficacia scusante l’errore incondizionato (o non condizionato) se
Ad es. l’infermo di mente, si determinato da circostanze di fatto che avrebbero presumibilmente
impossessa di una valigia altrui tratto in inganno anche una persona capace.
simile alla propria.

Error aetiatis
Mostrando un atteggiamento di maggiore apertura rispetto a prese di
posizione precedenti (inclini a giustificare la legittimità
dell’inescusabilità dell’error aetiatis), la Corte costituzionale con la
sentenza n. 322/2007 ha finito col riconoscere uno spazio di rilevanza
scusante dell’errore sull’età della persona offesa, estendendo a questa
specifica ipotesi i principi in materia di ignorantia legis elaborati con la
fondamentale sentenza n. 364/1988: cioè l’errore sull’età scusa
soltanto se incolpevole.

Ipotesi di inescusabilità
Il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età della
persona offesa:
a. quando è/sono commessa/i in danno di un minore degli anni 18

- violenza sessuale,
- atti sessuali con un minorenne,
- violenza sessuale di gruppo,
- adescamento di minorenni; e
b. quando è commesso il delitto di corruzione di minorenne.

Ignoranza inevitabile

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Il colpevole può invocare l’ignoranza dell’età della persona offesa se
si tratti di ignoranza inevitabile.

Punibilità per un
reato diverso
Così ad es., se Tizio si impossessa Punibilità per un reato diverso
di una cosa mobile altrui L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la
ritenendola smarrita, si punibilità per un reato diverso.
configurerà non il delitto di furto
(art. 624) ma quello di
appropriazione di cose smarrite
(art. 647). Errori sugli elementi degradanti il titolo di reato
1. Alcuni autori propendono per la soluzione più rigorosa, in base al
rilievo che andrebbe attribuita rilevanza non alla «mera
rappresentazione, anche se aberrante dell’agente», ma alla
sussistenza degli estremi materiali e psicologici corrispondenti alla
figura criminosa di fatto realizzatasi.
2. Da parte di altri si esclude, invece, che il dolo del reato meno grave
inglobi in sé il dolo relativo all’illecito-base più grave e si propende,
conseguentemente, per l’applicazione della fattispecie ipotizzante il
reato meno grave: in mancanza di una esplicita presa di posizione
legislativa al riguardo, si pensa di poter a tal fine ricorrere ad una
applicazione analogica della disciplina dell’errore sulle cause di
giustificazione (art. 59, comma 4°, c.p.).

Errore su legge Errore su legge extrapenale


extrapenale L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità,
1. Posto che il dolo presuppone la quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.
conoscenza di tutti gli elementi
del fatto corrispondenti alla
fattispecie astratta, ove sia la Legge diversa dalla legge penale
stessa fattispecie astratta a Quanto al significato dell’espressione «legge diversa dalla legge
contenere elementi penale», prevale ormai l’opinione per la quale l’art. 47 ultimo comma
giuridicamente qualificati da
intende richiamare non soltanto norme di natura non penale (civili o
norme extrapenali (elementi c.d.
amministrative, ecc), ma anche norme penali diverse dalla norma
normativi) è giocoforza, allora,
concludere che tali elementi incriminatrice che viene in questione nel caso di specie.
debbano riflettersi nel loro
esatto significato giuridico (sia
pure secondo la c.d. valutazione
parallela-laica). Errore sugli elementi normativi
2. Da questo punto di vista, la L’errore sulla legge extrapenale avrà sempre efficacia scusante ove si
situazione di chi incorre in un converta in un errore sui c.d. elementi normativi della fattispecie
errore sul fatto determinato – a penale, cioè elementi per la definizione dei quali soccorre il rinvio ad
sua volta – dalla inesatta una norma diversa da quella incriminatrice considerata.
interpretazione di una legge
extrapenale (qualificatrice di un
elemento del fatto di reato) è Errore sugli elementi normativi di natura etico-
psicologicamente identica, nelle sociale
conseguenze, a quella di chi L’errore sulla legge extrapenale avrà sempre efficacia scusante ove si
agisce sulla base di una falsa converta in un errore sugli elementi normativi di natura «etico-
percezione di un dato reale; ciò
sociale».
che cambia è solo la fonte
dell’errore, originato nell’un
caso da una errata valutazione Turista che prende il sole nuda
giuridica, nell’altro da una falsa Se qualcuno ritiene il proprio comportamento conforme al comune
rappresentazione della realtà sentimento del pudore, a causa di una erronea valutazione della
materiale. morale socialmente dominante (ad es. una turista straniera ritiene

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3. Se così è, il 3° comma dell’art. sia socialmente tollerato in Italia il fatto di prendere il sole
47 finisce col collocarsi nello completamente nudi), non potrà rispondere del delitto di atti osceni
stesso alveolo del 1° comma perché manca la coscienza di un fondamentale requisito di
della stessa disposizione: fattispecie.
trattasi, in entrambi i casi, di un
errore sul fatto che costituisce
reato.
Errore sulla norma penale in bianco
L’errore può escludere la responsabilità anche quando ricada su di
una norma extrapenale integratrice di una norma penale in bianco:
dal momento che l’ultimo comma dell’art. 47 non fa distinzione in
ordine all’«ampiezza» della norma extrapenale richiamata, sarebbe
arbitrario, per l’interprete, distinguere a seconda che l’errore ricada
su di una norma extrapenale integratrice di un semplice elemento
Errore sulla norma normativo di fattispecie o di una norma penale in bianco.
affine
È il caso dell’errore del genitore
sulle norme fiscali le quali, pur
non essendo direttamente Errore sulla norma affine
richiamate dalla fattispecie di L’errore può ricadere su di una norma extrapenale che in concreto
truffa, incidono sulla valutazione rileva ai fini della valutazione del significato di un elemento costitutivo
del carattere truffaldino delle del fatto, pur non istaurandosi però sul piano della fattispecie astratta
false dichiarazioni esibite un rapporto di richiamo «espresso».
all’Opera Universitaria.

Errore determinato dall’altrui inganno


Le disposizioni sull’errore di cui sopra si applicano anche se l’errore sul
fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in
tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha
determinata a commetterlo.

Fatto che costituisce reato


L’errore deve ricadere su di un elemento costitutivo del reato:
altrimenti se l’errore non ricadesse su di un elemento costitutivo del
reato, esso non escluderebbe il dolo e la responsabilità, di
conseguenza, permarrebbe.

Errore sui motivi, circostanze e simili


Sono privi di efficacia scusante gli errore vertenti sui motivi, sulle
circostanze e simili.

Inganno
Secondo la dottrina l’inganno, come fonte dell’errore, deve consistere
nell’impiego di mezzi fraudolenti sostanzialmente assimilabili agli
«artifici» e ai «raggiri» del delitto di truffa: esso può consistere in un
qualunque artificio o in qualsiasi espediente atto a sorprendere l’altrui
buona fede. Ciò che conta è, comunque, che l’inganno provochi nel
deceptus una falsa rappresentazione della realtà.

Inganno
Secondo una parte della giurisprudenza, l’inganno rileverebbe
soltanto quando presenti una particolare idoneità causale a
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provocare l’errore: in altri termini, il legame causale tra la condotta
del decipiens e l’errore del deceptus verrebbe meno, se l’errore fosse
evitabile con l’uso della normale diligenza.

Reato putativo
Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella
supposizione erronea che esso costituisca reato.

Errore di fatto
L’errore di valutazione in cui incorre il soggetto può derivare in un
errore di fatto, come nel caso di Tizio che ritenga di impossessarsi di
un oggetto altrui ma, per uno scambio materiale, si impossessa di una
cosa propria.

Errore di diritto
L’errore di valutazione in cui incorre il soggetto può derivare in un
errore di diritto, come nel caso del soggetto che continui a supporre
che costituisca reato l’adulterio, ovvero ritenga che costituisca illecito
penale un rapporto omosessuale, ecc.

V. REATO ABBERRANTE
Aberratio ictus
Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per
Aberratio ictus un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale
L’aberratio ictus si verifica l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il
quando, a causa di un errore reato in danno della persona che voleva offendere.
esecutivo, mutano l’oggetto
materiale dell’azione e il soggetto
passivo, ma l’offesa permane Circostanze aggravanti e attenuanti
normativamente identica, e di Si applicano, in ogni caso, per quanto riguarda le circostanze
conseguenza, non muta il titolo di aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’art. 60 c.p.
reato.
Prevalenza del «putativo» sul reale
L’applicazione della disciplina delle circostanze è orientata al
principio della prevalenza del «putativo» sul reale.

Deroga ai principi di imputazione dolosa?


1. Secondo un indirizzo a tutt’oggi dominante, la norma in esame
sarebbe superflua in quanto conforme ai principi generali
sull’elemento psicologico del reato. A giustificazione dell’assunto,
si osserva che l’offesa in concreto realizzata è normativamente
equivalente all’offesa voluta dal soggetto, onde il dolo permane
proprio perché per la sua configurazione basta che l’agente si
rappresenti gli elementi del fatto «rilevanti» ai sensi della
fattispecie incriminatrice considerata.
2. Secondo altro indirizzo, è da preferire una ricostruzione del dolo
che ne esalti la concreta dimensione psicologica. Presupposto di
una siffatta qualificazione è la reale congruenza fra «voluto» e
«realizzato»: ed è tale congruenza che sembra far difetto nel caso
dell’aberratio ictus. Infatti, sebbene l’evento materiale e
l’atteggiamento psicologico siano conformi al tipo di reato, manca
87
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la congruenza fra l’atteggiamento psicologico e l’evento concreto,
necessaria per considerare l’evento stesso come concretizzazione
della volontà dell’agente. In questo senso, l’art. 82 sembrerebbe
mascherare una ipotesi di «responsabilità oggettiva».

Aberratio ictus plurilesiva


Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale
l’offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato
più grave, aumentata fino alla metà.

Attribuzione della responsabilità


La dottrina, in conformità alla volontà originaria del legislatore, ritiene
che, mentre si risponde a titolo di dolo della offesa arrecata alla
vittima designata, l’ulteriore offesa nei confronti della persona
erroneamente colpita viene attribuita a titolo di responsabilità
oggettiva.

d
L’attribuzione della responsabilità oggettiva si deduce dal fatto che
la norma non richiede, ai fini dell’attribuzione dell’uteriore evento
non voluto, che si accerti l’esistenza di un agire colposo.

Aberratio delicti
Aberratio delicti Fuori dei casi preveduti dalle disposizioni di cui sopra, se, per errore
L’aberratio delicti ricorre allorché nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, si
l’agente, per inabilità cagiona un evento diverso da quello voluto il colpevole risponde, a
nell’esecuzione, finisce col
titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla
realizzare un reato che lede beni
o interessi diversi rispetto a quelli
legge come delitto colposo.
inerenti al reato originariamente
preso di mira. Resposabilità oggettiva
1. Non richiedendo esplicitamente la norma che la produzione
dell’evento diverso sia determinata da colpa, più conforme alla
originaria volontà del legislatore è, secondo Fiandaca-Musco, la
tesi che fonda l’imputazione dell’evento non voluto sul criterio
della responsabilità oggettiva.
2. Da questo punto di vista, l’art. 83 ricomprende sia ipotesi in
concreto negligenti/imprudenti, ecc, sia ipotesi in cui l’evento
non voluto sia una conseguenza meramente «accidentale»
dell’erronea condotta dell’agente.

Abberractio delicti con pluralità di eventi


Se il colpevole ha cagionato, oltre all’evento diverso da quello voluto,
quello voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati.

Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto


Sia in dottrina che in giurisprudenza, si è soliti ricondurre allo schema
dogmatico dell’aberratio delicti con pluralità di eventi il caso
disciplinato dall’art. 586 (morte o lesioni come conseguenza di altro
delitto), il quale contempla l’ipotesi che da un fatto preveduto come

88
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delitto doloso derivi, come conseguenza non voluta, la morte o la
lesione di una persona.

VI. COSCIENZA
DELL’ILLICEITA’
Ignorantia legis non excusat
Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.

Mancata conoscenza e erronea conoscenza


Secondo la costante giurisprudenza il principio ignorantia legis non
excusat si riferisce tanto al caso di mancata conoscenza, quanto a
quello di erronea conoscenza della illiceità penale.

Responsabilità personale
La chiave di volta per un’interpretazione correttiva dell’art. 5 del codice
penale è rappresentata dall’art. 27, comma 1°, Cost, il quale sancendo il
carattere personale della responsabilità penale, impedisce per ciò
stesso di ritenere irrilevante la mancata percezione del disvalore penale
inerente al fatto commesso.

Finalismo rieducativo
Allo stesso tempo, perché risulti attuabile e credibile la funzione
rieducativa assegnata alla pena dall’art. 27, comma 3°, Cost., la risposta
punitiva deve operare nei confronti di un soggetto che si trovi in
condizione di avvertire il disvalore penale del fatto realizzato:
diversamente, se cioè la legge stessa risulta inconoscibile, si altera quel
rapporto di fiducia tra il cittadino e l’autorità che fa, tra l’altro, da
premessa alla stessa disponibilità del reo a sottoporsi al procedimento
rieducativo.

Possibilità di conoscenza
1. In una prospettiva di compromesso, diretta a bilanciare
l’affermazione del principio di colpevolezza col soddisfacimento di
esigenze generalpreventive, ci si può accontentare di richiedere la
possibilità di conoscenza dell’illiceità: cioè, ai fini del rimprovero di
colpevolezza, diventa sufficiente esigere che l’autore del fatto,
prima di agire, sia in grado di percepirne il carattere antigiuridico.
2. La possibilità di conoscenza (o conoscibilità) del carattere illecito
del fatto rende evitabile e, perciò, inescusabile l’ignoranza o
l’errore in cui il soggetto eventualemente cada.

Sent. n. 364/1988 Corte cost.


1. La tesi, secondo cui l’effettiva possibilità di conoscere la legge
penale cositutisce un ulteriore requisito dell’imputazione
soggettiva, ha finito col ricevere l’autorevole avallo della Corte
costituzionale: facendo propria la migliore e più recente
elaborazione dottrinale, la Corte con l’importante sentenza n.
364/1988 è finalmente pervenuta a dichiarare parzialmente
89
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illegittimo l’art. 5, nella parte in cui non escludeva dal principio
della inescusabilità dell’ignoranza della legge penale i casi di
ignoranza «inevitabile» e perciò «scusabile».
2. La Corte ha individuato i seguenti criteri per emettere il giudizio
sulla inevitabilità-escusabilità dell’ignoranza o errore:
a. criteri soggettivi puri che fanno prevalentemente leva sulle
caratteristiche personali del soggetto agente: e cioè, il livello di
intelligenza e di maturazione della personalità, grado di
scolarizzazione e cultura, ambiente sociale di provenienza, ecc.;
b. criteri oggettivi puri che tengono conto di cause che rendono
impossibile la conoscenza della legge penale da parte di ogni
consociato, quali che siano le caratteristiche personali; e
c. criteri misti che tengono contemporaneamente conto delle
circostanze oggettive che inducono a ignorare la legge penale e
delle caratteristiche personali del soggetto agente.

VII. CAUSE DI ESCLUSIONE


DELLA COLPEVOLEZZA
Inesigibilità
Allo scopo di tenere conto dell’influenza esercitata dalle circostanze
anormali sul processo motivazionale dell’agente, parte della dottrina ha
fatto assurgere a causa generale di esclusione della colpevolezza la c.d.
inesigibilità, cioè l’impossibilità di pretendere, in presenza delle
circostanze concrete in cui l’agente si è trovato ad operare, un
comportamento diverso da quello effettivamente tenuto.

Obiezione
1. L’inesigibilità rischia di risolversi in una «clausola vuota» perché
non riesce, di per sé, a indicare i criteri che dovrebbero
veramente presiedere alla soluzione dei diversi casi concreti. In
altri termini, se ci si limita ad asserire che un comportamento
diverso, rimane ancora senza risposta l’interrogativo più
importante, che è quello di sapere perché non si sarebbe potuto
agire altrimenti.
2. Ciò non vuol dire che il giudice penale debba ignorare il potente
conflitto motivazionale che tormenta in alcuni casi l’agente:
nell’ambito dei reati dolosi la considerazione delle «circostanze
anormali concomitanti», se non vale ad escludere la colpevolezza,
varrà ad attenuare la misura del rimprovero ed inciderà dunque
sulla graduazione della pena.

VIII. COLPEVOLEZZA NELLE


CONTRAVVENZIONI
Colpevolezza nelle contravvenzioni
Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od
omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Interpretazione
1. L’inciso dell’art. 42, ult. comma, sta a significare non tanto che la
punibilità delle contravvenzioni possa prescindere dal dolo o dalla
colpa, quanto che è indifferente la presenza dell’una o dell’altra
specie di colpevolezza.
2. Ciò vuol dire che, mentre nel campo dei delitti il dolo rappresenta
il criterio tipico di imputazione e la colpa l’eccezione, con la
conseguenza che di colpa si risponderà soltanto nei casi

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espressamente preveduti dalla legge (art. 42, comma 2°), rispetto
alle contravvenzioni sarà sufficiente la colpa.

4. Le circostanze di reato
I. CLASSIFICAZIONE
DELLE CIRCOSTANZE
Circostanze aggravanti
Le circostanze aggravanti sono circostanze che comportano:
 un aumento della pena comminata per il reato-base (variazione
c.d. quantitativa); o
 una modifica sul tipo di pena (modificazione c.d. qualitativa): es.
passaggio da una pena detentiva a una pena pecuniaria.

Circostanze attenuanti
Le circostanze attenuanti sono circostanze che comportano:
 una diminuzione quantitativa della pena prevista per il reato-base;
oppure
 una modifica qualitativa della pena a vantaggio del reo: es.
passaggio da una pena detentiva a una pecuniaria.

Circostanze comuni
Si definiscono comuni le circostanze (aggravanti o attenuanti)
prevedute nella parte generale del codice, perché potenzialmente
applicabili a un insieme non predeterminabile di reati.

Circostanze speciali
Si definiscono speciali le circostanze (aggravanti o attenuanti)
prevedute dal legislatore soltanto in rapporto a specifiche figure di
reato.

Circostanze oggettive
Sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i
mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione, la
gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità
personali dell’offeso.

Circostanze soggettive
Sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensità del dolo
o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del

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colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero che sono
inerenti alla persona del colpevole.

Circostanze tipiche
Si definiscono tipiche le circostanze che sono oggetto di un notevole
grado di tipizzazione legislativa.

Circostanze generiche
Si definiscono generiche le circostanze descritte in modo vago e
impreciso, che necessitano di essere determinate nel contenuto da
parte del giudice.

II. CRITERI DI
IDENTIFICAZIONE
Criterio di specialità
Per distinguere le circostanze dagli elementi costitutivi la dottrina ha
elaborato un criterio discretivo che fa leva sull’esistenza di un rapporto
di specialità tra l’ipotesi circostanziata e l’ipotesi semplice di reato: nel
senso, precisamente, che la prima deve porsi in relazione di «specie» a
«genere» rispetto alla seconda, in quanto deve includerne tutti gli
elementi con l’aggiunta di uno o più requisiti specializzanti.

Criteri ausiliari
Quando il criterio di specialita risulta insufficiente ai fini della
qualificazione di un dato elemento come circostanziale, soccorrono i
criteri ausiliari: si tratta cioè degli «indici» tradizionalmente costituiti
dal nomen juris, dai precedenti storici, dalla rubrica legislativa, ecc.

III. CRITERI DI IMPUTAZIONE


Cirostanze attenuanti
Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a
favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore
ritenute inesistenti.

Errore determinato da colpa


Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è
esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Circostanze aggravanti
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente
soltanto se da lui:
 conosciute; ovvero
 ignorate per colpa; o
 ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.

Errore sulle circostanze

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Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o
attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.

Errore sulle scriminanti


Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione
della pena (cause di giustificazione/scriminanti), queste sono sempre
valutate a favore di lui.

Errore sulla persona


Errore sulla persona offesa
offesa
A ritiene di uccidere un nemico
Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a
ma, a causa di un errore di carico dell’agente le circostanze aggravanti, che riguardano:
percezione, uccide un uomo che  le condizioni/qualità della persona offesa; o
in realtà è suo padre: in un caso  i rapporti tra offeso e colpevole.
del genere A non risponderà di
parricidio, bensì di omicidio
semplice, nonostante sussista di
Età o condizioni/qualità fisiche o psichiche
Le previsioni di cui sopra non si applicano, se si tratta di circostanze
fatto il rapporto di parentela
previsto come aggravante che riguardano:
dall’art. 577, n. 1 del codice.  l’età della persona offesa; o
 altre condizioni/qualità fisiche o psichiche della persona offesa.

Errore sulla persona offesa


Sono valutate a favore dell’agente le circostanze attenuanti,
erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i
rapporti tra offeso e colpevole.

Età o condizioni/qualità fisiche o psichiche


Le previsioni di cui sopra non si applicano, se si tratta di circostanze
che riguardano:
 l’età della persona offesa; o
 altre condizioni/qualità fisiche o psichiche della persona offesa.

IV. CONCORSO DI
CIRCOSTANZE
Concorso omogeneo di circostanze
AGGRAVANTI E
Se concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze
ATTENUANTI
attenuanti, l’aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantità di
essa risultante dall'aumento o dalla diminuzione precedente.

d
Se concorrono più circostanze aggravanti, la pena da applicare per
effetto degli aumenti:
a. non può superare il triplo del massimo stabilito dalla legge per il
reato,
b. né comunque eccedere 
- gli anni 30, se si tratta della reclusione; o
- gli anni 5, se si tratta dell’arresto.

Triplo

93
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La pena da applicare per effetto degli aumenti può superare il triplo
se si tratti delle circostanze ad efficacia/effetto speciale.

Concorso di circostanze aggravanti


Se concorrono più circostanze aggravanti si applica soltanto la pena
stabilita per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarla.

Circostanze ad efficacia comune e circostanze ad


efficacia speciale
Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie
Circostanze ad diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad
effetto speciale, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze
efficacia comune
non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la
Le circostanze ad efficacia
circostanza anzidetta.
comune sono caratterizzate dal
fatto che l’aumento o la
dimunuzione di pena è
Precedente formulazione
dipendente dalla pena ordinaria, Nella precedente formulazione l’art. 63, comma 3°, c.p.
fissava la seguente specifica disciplina: «Quando per una
nel senso che si effettua una
𝟏 circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa
variazione frazionaria (fino ad ) (circostanza c.d. autonoma), o ne determina la misura in
𝟑
della pena prevista per il reato modo indipendente (circostanza c.d. indipendente) dalla
semplice. pena ordinaria del reato, l’aumento o la diminuzione per le
altre circostanze non si opera sulla pena ordinaria del reato,
Circostanze ad ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta».
efficacia speciale
Sono circostanze ad efficacia o ad Circostanze indipendenti
effetto speciale «quelle che 1. Una parte della dottrina suggerisce un’interpretazione
importano un aumento o una secondo la quale le cirostanze «indipendenti»
𝟏 continuano ad essere ricomprese in quelle a effetto
diminuzione della pena ˃ ».
𝟑 speciale, a condizione che anch’esse determinino, in
base a un «ideale» calcolo frazionario, un aumento o una
1
diminuzione ˃ .
3
2. Un’altra parte della dottrina, escludendo che il
legislatore del 1984 abbia potuto avere il consapevole
intento di sconvolgere il precedente assetto normativo
delle circostanze, propende per la tesi che «tutte» e
circostanze indipendenti (determinino o non
1
determinino un aumento di pena ˃ ) continuano, sia
3
pure implicitamente e tacitamente, a essere soggette
alla speciale disciplina dell’art. 63, comma 3°.

Concorso eterogeneo
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze
attenuanti e il giudice ritiene:
a. che sono prevalenti le circostanze aggravanti  non si tien conto
delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si
fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze
aggravanti; o
b. che sono prevalenti le circostanze attenuanti  sulle circostanze
aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per
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queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena
stabilite per le circostanze attenuanti.
c. che sono equivalenti le circostanze attenuanti e aggravanti  si
applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di
dette circostanze.

Ambito di applicazione
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
circostanze inerenti:
a. alla persona del colpevole; ed
b. a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge 
- stabilisca una pena di specie diversa (circostanze c.d. autonome),
o
- determini la misura della pena in modo indipendente da quella
ordinaria del reato (circostanze c.d. indipendenti).

Quale criterio di bilanciamento


1. Secondo un l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale
prevalente, i criteri di valutazione relativi alla comparizione di
circostanze andrebbero ricavati dagli stessi parametri forniti
dall’art. 133, che disciplina il potere discrezionale del giudice
nella commisurazione della pena.
2. Secondo un’opinione oggi di minoranza il giudizio di
comparazione andrebbe effettuato mettendo a reciproco
confronto le circostanze eterogenee, considerate però non nella
loro dimensione astratta, bensì nella loro specifica «intensità»
accertata in concreto.

Divieto di prevalenza
È fatto divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute
circostanze aggravanti nei casi:
a. di recidiva reiterata ex. art. 99, comma 4°; e
b. di determinazione al reato di persone non imputabili o non
punibili ex artt. 111e 112, comma 1°, n. 4.

d
Il legislatore ha voluto vincolare il giudice ad un maggior rigore
repressivo in sede di comparazione, eliminando – in sede di
bilanciamento – gli orientamenti di fatto sia in merito all’eccesso di
discrezionalità, sia in merito alla sottovalutazione del disvalore della
recidiva.

V. CIRCOSTANZE
AGGRAVANTI COMUNI
Agire per motivi abietti/futili
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere agito per motivi abietti o futili.

Motivi abietti
È «abietto», secondo la giurisprudenza, il motivo turpe, ignobile, che
rivela nell’agente un tale grado di perversià, da destare un profondo
senso di ripugnanza in una persona di media moralità: l’aggravante è

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stata ad es. ravvisata nell’ipotesi di omicidio di un testimone motivato
da desiderio di vendetta.

Motivi futili
Il motivo si considera «futile» allorchè sussiste un’enorme
sproporzione tra il movente e l’azione delittuosa: si pensi ad es. ad
una grave sparatoria determinata da un diverbio tra automobilisti per
una questione di precedenza.

Provocazione
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la circostanza in
esame è incompatibile con l’attenuante della provocazione.

Vizio parziale di mente


La circostanza in esame deve considerarsi incompatibile col vizio
parziale di mente, posto che non può farsi carico dell’agente di una
malvagità che trova spiegazione nell’ambito di un quadro morboso.

Natura soggettiva
L’aggravante dell’agire per motivi abietti o futili ha natura soggettiva.

Connessione tra reati


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’aver commesso il reato:
a. per eseguirne/occultarne un altro; o
b. per conseguire/assicurare a sé o ad altri il prodotto, il profitto o il
prezzo; o
c. per la impunità di un altro reato.

s
L’aggravante in questione, comprensiva di 3 distinte ipotesi, viene
tradizionalmente giustificata in base alla maggiore pericolosità di colui
il quale, pur di attuare il suo intento criminoso, non si arrestra di
fronte alla commissione di un reato-mezzo.

Nesso teleologico
Si ritiene comunemente che, ad integrare l’aggravante del nesso
teleologico, non sia necessario che l’agente abbia conseguito lo scopo
che si prefiggeva, ma si reputa sufficiente che la sua volontà fosse
diretta a commettere un altro reato; e, in questo caso, il reato-mezzo
è aggravato anche quando il reato-fine non sia stato commesso o
tentato.

Unica condotta criminosa


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Tende altresì ad affermarsi, in giurisprudenza, la tesi secondo cui
l’aggravante non è esclusa dal fatto che i reati teleologicamente
connessi derivano da una sola condotta criminosa (ad es. lesioni
commesse per opporre resistenza a un pubblico ufficiale), purchè
risulti la loro connessione finalistica.

Procedibilità del reato-fine in mancanza di querela


Si afferma che l’aggravante è applicabile anche se la procedibilità del
reato-fine è impedita dalla mancanza di querela.

Colpa cosciente (o colpa con previsione)


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la
previsione dell’evento.

Sevizie e crudeltà
Sevizie Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
Ad es. è stato affermato che aggravante speciale, l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con
l’aggravante è applicabile nel crudeltà verso le persone;
caso di chi colpisce una donna
molto esile con 60 martellate al
capo, procurandole una agonia Sevizie
lenta e tormentosa. Secondo la giursprudenza, le «sevizie» consistono nell’inflizione di
sofferenze fisiche non necessarie alla realizzazione del reato.

Crudeltà
La «crudeltà» si traduce nell’inflizione di sofferenze morali che
oltrepassano i limiti del normale sentimento di umanità, e che
appaiono superflue rispetto ai mezzi necessari per l’esecuzione del
fatto delittuoso.

Qual è la natura dell’aggravante?


È controverso se l’aggravante attenga alle modalità dell’azione ed
abbia dunque natura «oggettiva» o, per contro, denoti una maggiore
criminosità dell’agente e possegga, di conseguenza, carattere
«soggettivo».

Attenuante della provocazione


Si ritiene che la circostanza in esame sia compatibile con l’attenuante
della provocazione.

Minorata difesa
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo
o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica
o privata difesa.
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Natura oggettiva
La minorata difesa è da considerare circostanza di natura «oggettiva»
perché attiene alle modalità dell’azione.

Reato durante la latitanza


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere il colpevole commesso il reato durante il
tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un
mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito
per un precedente reato.

Latitanza
L’aggravante in parola si riferisce alla situazione tecnicamente
definibile come latitanza: ma, come comunemente si riconosce, gli
effetti giuridici conseguono non alla qualificazione formale di latitanza
ex art. 296 c.p.p., bensì alla situazione di fatto sottesa alla qualifica
giuridica. Se ne deve dedurre, nonostante l’ultimo comma dell’art.
296 c.p.p., che equipara l’evaso al latitante, che la circostanza sia
inapplicabile ai reati commessi dall’evaso.

d
La ratio relativa viene di solito ravvisata nella più accentuata volontà
di ribellione manifestata da chi commette un nuovo reato dopo
essersi sottratto al potere coercitivo dello Stato.

Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva» perché si riferisce alle
condizioni e qualità personali del colpevole.

Danno patrimoniale di rilevante gravità


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che
comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da
motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno
patrimoniale di rilevante gravità.

Rilevante
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la rilevanza
del danno deve essere valutata sul piano «oggettivo», prescindendo
dalla capacità economica del danneggiato: a quest’ultima deve farsi
riferimento quale elemento sussidiario di valutazione, cui ricorrere
soltanto quando la valutazione intrinseca del danno non consente, per
se stessa, di stabilire con certezza se esso sia di rilevante gravità.

Tempo
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Ai fini della stima del danno, si ritiene che il danno deve essere
accertato tenendo conto del momento in cui il reato venne
commesso: se ne è ad es. dedotto che, in un caso di furto di merce,
può tenersi conto del valore venale in commercio della merce
medesima e quindi anche dell’utile per il venditore e non solo del
prezzo presso il grossista, se la sottrazione si verifichi quando ormai la
merce è pervenuta alla distribuzione al dettaglio.

Lucro cessante
Si afferma che, ai fini della configurabilità dell’aggravante, costituisce
un elemento di danno valutabile pure il «lucro cessante», quale
nocumento economico arrecato al patrimonio del danneggiato.

Delitti che comunque offendono il patrimonio


Circa la nozione di «delitti che comunque offendono il patrimonio»,
essa va intesa nel senso che deve farsi riferimento non già alla
oggettività giuridica del reato in questione, bensì alle conseguenze
pregiudizievoli che in concreto discendono a carico dell’altrui
patrimonio: così si spiega come si ammetta l’applicabilità della
circostanza in esame anche ai reati di falso oppure alla maversazione
o alla concussione.

Reato continuato
Nel caso del reato continuato, ai fini della valutazione della rilevanza
del danno occorre prendere in considerazione i singoli episodi
criminosi.

Natura oggettiva
La circostanza di cui si discute ha un’evidente natura «oggettiva».

Aggravamento delle conseguenze


Aggravamento Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
delle conseguenze aggravante speciale, l’avere aggravato o tentato di aggravare le
È il caso di chi, dopo aver ferito conseguenze del delitto commesso.
gravemente taluno, rimuova (o
tenti di rimuovere) la fasciatura Condotta autonoma e successiva
per provocare un’emorragia. La condotta che integra la circostanza in esame è autonoma e
successiva rispetto a quella che dà vita al reato: occorre l’intenzione
di aggravare, come indirettamente si ricava dall’episplicito riferimento
della norma anche all’ipotesi del «tentato» aggravamento.

Qual è la natura dell’aggravante?


Controversa è la natura dell’aggravante: appare «soggettiva» se si
pone l’accento sul profilo relativo alla persistenza del proposito

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criminoso; mentre sembra «oggettiva» se si valorizza il profilo
inerente alla gravità del danno o del pericolo.

Abuso dei poteri o Abuso dei poteri o violazione dei doveri


violazione dei doveri Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
Si pensi all’ipotesi di un aggravante speciale, l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o
insegnante di scuola statale che, con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un
abusando della sua posizione di pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto.
supremazia, compia atti di
libidine su alcune allieve.
Qualifica
Ai fini della configurabilità della circostanza, non basta il mero
possesso della qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato pubblico
servizio o di ministro del culto, ma è necessario che la qualifica stessa
abbia in qualche modo agevolato l’esecuzione del reato.

Abuso come elemento integrante del reato-base


L’applicabilità di questa aggravante esula in tutti i casi, nei quali
l’abuso costituisce elemento integrante il reato-base.

Abuso non doloso


L’aggravante non può essere applicata se l’abuso non è doloso: essa
dunque si applica solo se effettivamente conosciuta e voluta.

Natura soggettiva
L’opinione di gran lunga dominante attribuisce ad essa natura
«soggettiva», perché concerne qualità personali del colpevole.

Delitto commesso contro un soggetto qualificato


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere commesso il fatto contro un pubblico
ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita
della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello
Stato, ovvero contro un agente diplomatico/consolare di uno Stato
estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del
servizio.

Capo e funzionari di uno Stato estero


Si è di recente affermato, in giursprudenza, che il capo e i funzionari di
uno Stato estero non sono assimilabili agli agenti diplomatici e
consolari accreditati presso il governo italiano, per cui si ritiene che
l’aggravante non sia loro applicabile.

Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva» perché riguarda la persona
dell’offeso.
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Abuso di fiducia
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere commesso il fatto:
Abuso di fiducia a. con abuso di autorità; o
La ratio di questa aggravante b. con abuso di relazioni domestiche; o
consiste nell’«abuso di fiducia» c. con abuso di relazioni di ufficio; o
commesso da chi compie un d. con abuso di prestazione d’opera; o
reato a danno di persone legate e. con abuso di coabitazione; ovvero
da particolari relazioni col
f. con abuso di ospitalità.
soggetto attivo: ai fini
dell’applicabilità della
circostanza, la relazione fiduciaria Abuso di autorità
deve però ritenersi presunta, nel Si ha «abuso di autorità» quando si profitti di una condizione di
senso che non occorre di volta in supremazia nei confronti del soggetto passivo.
volta la prova della sua esistenza
concreta.

Abuso di relazioni domestiche


L’«abuso di relazioni domestiche» si configura quando le persone
coinvolte appartengono ad un medesimo nucleo familiare, anche se
non legate da un vincolo di reciproca parentela.

Abuso di relazione di ufficio


1. Le «relazioni di ufficio» possono consistere anche in relazioni di
mero fatto, indipendentemente dalla corrispondente
qualificazione giuridica.
2. Può trattarsi di relazioni anche temporanee, e l’ufficio va inteso
come comunità di lavoro in cui sorgono rapporti di reciproca
fiducia.

Abuso di prestazione d’opera


Secondo la giurisprudenza, il concetto di «prestazione d’opera» è più
ampio di quello di locazione d’opera, in quanto riguarda qualsiasi
rapporto in virtù del quale l’agente presti a qualunque titolo la propria
opera a favore di altri.

Abuso di coabitazione
In giurisprudenza si afferma che nella nozione di coabitazione rientra
non solo la convivenza, ma anche la permanenza momentanea di due
o più persone in un luogo idoneo alla vita domestica, a prescindere
dal fatto che tale permanenza sia volontaria o imposta da ragioni
esterne.

Abuso di ospitalità
Per aversi «ospitalità» ai sensi dell’aggravante in esame, si ritiene
sufficiente che il soggetto attivo venga, anche occasionalmente,
accolto con il consenso – sia pure lecito – dell’ospitante.

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Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva» perché concerne i rapporti tra
colpevole e offeso.

Delitto commesso contro un minore in istituti di


istruzione/formazione
Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’aver commesso un delitto contro la persona ai
danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di
istruzione o di formazione.

Bullismo
La genesi di questa circostanza mira a fronteggiare il fenomeno del
c.d. bullismo.

Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva».

Reato doloso durante la misura alternativa


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere il colpevole commesso un delitto non
colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura
alternativa alla detenzione in carcere.

Reati commessi contro vittime di reato vulnerabili


Aggrava il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
aggravante speciale, l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e
l’incolumità individuale e contro la libertà personale, commesso il fatto:
 in presenza/in danno  di un minore di anni 18; ovvero
 in danno  di persona in stato di gravidanza.

r
Questa circostanza aggravante intende proteggere in maniera più
rigorosa le vittime di reato considerate vulnerabili.

VI. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI COMUNI
Motivi di particolare valore sociale o morale
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’aver agito per motivi di particolare valore morale
o sociale.

Atteggiamenti etico-sociali prevalenti


Secondo l’orientamento giurisprudenziae dominante, occorre che il
movente sia apprezzabile alla stregua degli atteggiamenti etico-sociali
prevalenti.

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Uso della violenza


L’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale non può
essere concessa a chi, determinandosi ad agire per fini di maggiore
giustizia sociale, pretenda di realizzarli mediante l’uso della violenza.

Azione delittuosa e motivo apprezzabile


Fra l’azione delittuosa e il motivo apprezzabile deve sussitere un
rapporto di congruenza esteriormente accertabile: cioè l’azione
commessa deve rappresentare, non solo nell’opinione dell’agente ma
anche per il suo contenuto oggettivo, una risposta riconoscibile e non
incongrua rispetto al motivo allegato.

Premeditazione
La circostanza può concorrere con la premeditazione.

Natura soggettiva
La circostanza ha natura «soggettiva».

Provocazione
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto
ingiusto altrui.

Momento soggettivo e momento oggettivo


È questa l’attenuante della c.d. provocazione, caratterizzata dal punto
di vista strutturale da 2 momenti, uno soggettivo e l’altro oggettivo.
1. Il primo momento è costituito dallo stato d’ira, cioè da un
impulso emotivo incontenibile che provoca nell’agente la perdita
dei poteri di autocontrollo: tale stato non può, pertanto essere
confuso con stati d’animo diversi quali l’odio, il rancore, il
risentimento, la vendetta, ecc.
2. Il secondo momento, di natura oggettiva, è rappresentato da un
fatto ingiusto, cioè contrario non solo alle norme giuridiche, ma
anche all’insieme delle regole sociali vigenti in un contesto di
civile convivenza. Il fatto deve essersi effettivamente verificato,
per cui non assume rilevanza il convincimento putativo della
sussistenza della provocazione.

Nesso causale
Quantunque la legge in proposito taccia, è opinione giurisprudenziale
consolidata che manca il nesso causale tra fatto ingiusto del soggetto
passivo e reazione dell’agente, tutte le volte in cui non vi sia
proporzione e adeguatezza tra fatto provocatorio e fatto reattivo.

Contestualità?
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È controverso se sia necessario un rapporto di contestualità tra
provocazione ed azione.

Compatibilità e incompatibilità
L’attenuante in esame può concorrere con quella dei motivi di
particolare valore morale e sociale, col vizio parziale di mente
(semprechè lo stato d’ira non si identifichi con la infermità mentale
tramutandosi in stato patologico) mentre è incompatibile con la
premeditazione.

Natura soggettiva
La circostanza in esame ha natura «soggettiva».

Suggestione di una folla in tumulto


Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’avere agito per suggestione di una folla in
tumulto.

x
La ratio della circostanza va ravvisata nella «minore resistenza
psichica derivante dalla fermentazione psicologica per contagio che
sprigiona dalla folla».

Folla
La circostanza è valida se non si tratta di riunioni o assembramenti
vietati dalla legge o dall’Autorità.

Colpevole
La circostanza è valida se il colpevole non è:
a. delinquente o contravventore abituale/professionale; o
b. delinquente per tendenza.

Natura soggettiva
L’attenuante ha natura «soggettiva».

Danno patrimoniale di speciale tenuità


Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’avere:
 nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il
patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno
patrimoniale di speciale tenuità; ovvero
 nei delitti determinati da motivi di lucro, agito per conseguire (o
conseguito) un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento
dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità.
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Valutazione del danno


1. Il danno patrimoniale di speciale tenuità deve essere valutato in
relazione al valore della cosa, mentre
2. costituisce criterio sussidiario il riferimento alle condizioni
economiche del soggetto passivo.

Reato continuato
Nell’ipotesi di reato continuato, la valutazione deve essere compiuta
in relazione ai singoli episodi delittuosi.

Accertamento del danno


Quanto all’accertamento, occorre avere riguardo al momento della
consumazione, con esclusione quindi di ogni giudizio successivo al
verificarsi del reato.

Evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità


Con l’espressione «evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità» il
legislatore evidentemente allude al danno criminale o offesa tipica del
reato, quale lesione o messa in pericolo del bene penalmente
protetto; in altri termini, occorre che l’offesa arrecata del fatto
determinato da motivi di lucro appaia, per qualità o grado, priva di
serio disvalore penale (l’attenuante in parola non sarà mai applicabile
ai delitti più gravi, come a esempio l’omicidio, quantunque in concreto
determinati da motivi di lucro).

Natura oggettiva
La circostanza ha evidente natura «oggettiva».

Condotta dolosa della persona offesa


Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale, l’essere concorso a determinare l’evento, insieme
con la azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona
offesa.

Elemento materiale ed elemento psichico


Ai fini dell’applicabilità di questa circostanza, è necessaria la
contestuale presenza di 2 elementi:
a. l’uno materiale, e cioè l’inserimento dell’azione dell’offeso nella
serie della cause che determinano l’evento; e
b. l’altro psichico, rappresentato dalla volontà di concorrere alla
produzione dell’evento medesimo.

Delitti sessuali a danno dei minori


L’attenuante de qua è stata solitamente esclusa nei delitti sessuali
commessi in danno dei minori, in forza del rilievo che i minorenni o

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comunque gli incapaci di intendere e di volere non sono in grado di
apportare un contributo volontario alla verificazione dell’evento.

Natura oggettiva
La circostanza ha natura «oggettiva».

Ravvedimento volontario
Attenua il reato, quando non ne è elemento costitutivo o circostanza
attenuante speciale:
a. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno 
- mediante il risarcimento, e
- mediante le restituzioni (quando possibile); o
b. l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso del delitto tentato,
adoperato spontaneamente ed efficacemente per
elidere/attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.

Risarcimento o riparazione del danno


La prima circostanza, denominata risarcimento o riparazione del
danno, presuppone che il ristoro del danno medesimo sia effettivo ed
integrale, in modo da compensare sia il danno patrimoniale che
quello non patrimoniale.

Provenienza del risarcimento


L’iniziativa risarcitoria deve provenire dallo stesso soggetto
colpevole, mentre sarebbe irrilevante il risarcimento da parte di un
terzo perché non denoterebbe alcuna forma di ravvedimento da
parte del reo.

Offerta reale di una somma


Secondo una consolidata giurisprudenza, integra gli estremi
dell’attenuante l’offerta «reale» di una somma a titolo di
risarcimento.

Natura oggettiva
La Corte costituzionale ha ricostruito la circostanza in questione in
chiave essenzialmente «oggettiva» nella sentenza interpretativa di
rigetto n. 138/1998: secondo la Corte, il fatto che il risarcimento
debba essere integrale è indice non solo della irrilevanza
dell’atteggiamento interiore del reo, ma del preminente risvolto che
si intende dare all’esigenza che il pregiudizio subito dalla persona
offesa sia interamente ristorato.

Adoperato spontaneamente
La spontaneità non presuppone un autentico ravvedimento morale,
ma è sufficiente che lo sforzo del colpevole sia frutto di una libera
scelta e non l’effetto della pressione di circostanze esterne.

Reati contro il patrimonio


La giurisprudenza ritiene che le conseguenze cui si riferisce
l’attenuante de qua siano diverse da quelle di natura patrimoniale,

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come tali economicamente risarcibili: di conseguenza, si esclude
l’applicabilità della circostanza ai reati contro il patrimonio.

Natura soggettiva
Prevale l’opinione che si tratti di circostanza di natura «soggettiva».

VII. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI
Circostanze attenuanti generiche e comuni
GENERICHE
Il giudice, indipendentemente dalle circostanze prevedute nell’art. 62
(relativo alle circostanze attenuanti comuni), può prendere in
considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da
giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni
caso come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una
o più delle circostanze indicate nel predetto art. 62.

Funzione
La dottrina attribuisce all’art. 62 bis una funzione autonoma,
consistente nel permettere al giudice di cogliere un valore positivo
del fatto, nuovo o diverso rispetto ai valori espressamente presi in
considerazione dall’art. 62: valore nuovo o diverso non tipicizzabile a
priori in linea generale ed astratta, ma desumibile soltanto dai casi
concreti considerati nelle loro infinite sfumature.

Recidiva reiterata
Ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non si
tiene conto dei criteri di cui all’art. 133, comma 1°, n. 3, e comma 2°,
nei casi previsti dall’art. 99, comma 4°, in relazione ai delitti previsti
dall’art. 407, comma 2°, lett. a, c.p.p., nel caso in cui siano puniti con la
pena della reclusione ≥ nel minimo a 5 anni.

Ridurre la discrezionalità valutativa del giudice


L’obiettivo perseguito è quello di ridurre la discrezionalità valutativa
del giudice ai fini della concedibilità delle circostanze generiche nelle
specifiche ipotesi di recidiva reiterata:
1. allo scopo di legare le mani all’organo giudicante gli si preclude,
infatti, di tenere conto dei criteri di commisurazione giudiziale
della pena che fanno riferimento – in base all’art. 133, comma 1°,
numero 3, e comma 2° – rispettivamente all’intensità del dolo (il
grado della colpa non può assumere rilievo, essendo ora
l’applicabilità della recidiva circoscritta ai reati dolosi) e alla
«capacità a delinquere» del colpevole;
2. con la conseguenza che la valutazione giudiziale dovrà incentrarsi
soltanto sugli altri parametri indicati dal codice all’art. 133, e cioè
a quelli a carattere oggettivo relativi alla gravità del danno o del
pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, nonché alla
natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e a
ogni altra modalità dell’azione.

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Dichiarazione di illegittimità della norma


Corte costituzionale con la sentenza del 10 giugno 2011 ha dichiarato
parzialmente illegittima la norma in questione per contrasto con il
principio di rieducazione e con il principio di ragionevolezza, nella
parte in cui fa divieto di utilizzare il criterio del comportamento
tenuto dopo la commissione del fatto di reato ai fini della
concessione delle circostanze generiche al recidivo reiterato.

Incensuratezza
In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del
condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della
concessione delle circostanze attenuanti generiche.

VIII. RECIDIVA
Recidiva semplice
Recidivo è chi dopo essere stato
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne
condannato per un delitto non 𝟏
colposo, ne commette un altro commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di 𝟑 della
parimenti non colposo. pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.

Capacità a
Precedente delitto
delinquere Presupposto dell’applicabilità dell’aggravamento di pena è che il
È di intuitiva evidenza il possibile precedente delitto sia stato accertato con sentenza definitiva di
nesso della recidiva col concetto condanna: non è invece necessario che la pena sia stata
di capacità a delinquere ex art. effettivamente scontata (a ritenere altrimenti si determinerebbe – tra
133, comma 2°: da questo punto l’altro – una inammissibile situazione di favore per chi
di vista, la recidiva assurgerebbe volontariamente si sottrae alla esecuzione della condanna).
ad indice della maggiore capacità
a delinquere del soggetto, quale
che sia la chiave (preventiva e/o
retributiva) di ricostruzione di Condanne precedenti estinte
quest’ultima categoria. Agli effetti della recidiva si tiene conto altresì delle condanne per le
quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena: ad
es. la prescrizione della pena, amnistia impropria, ecc.).

Estinzione degli effetti penali


Tale disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli
effetti penali: ad es. la riabilitazione.

Recidiva aggravata
La pena può essere aumentata fino alla metà:
a. se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole (recidiva c.d.
specifica);
b. se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei 5 anni dalla
condanna precedente (recidiva c.d. infraquinquennale);
c. se il nuovo delitto non colposo è stato commesso 
- durante/dopo l’esecuzione della pena, o
- durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente
all'esecuzione della pena.

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Concorso di più circostanze


Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate sopra,
l’aumento di pena è della metà.

Reati della stessa indole


Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole
non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma
anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di
questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei
fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano,
nei casi concreti caratteri fondamentali comuni.

Caratteri fondamentali comuni


I caratteri fondamentali comuni vanno desunti da un confronto dei
reati operato sotto un duplice aspetto.
1. In primo luogo, dal punto di vista della natura dei fatti che li
costituiscono: in questo senso occorre cioè accertare non già
un’omogeneità di astratte fattispecie legali, bensì una sostanziale
omogeneità dei fatti concreti considerati nelle effettive modalità
di realizzazione e nei risultati lesivi che ne conseguono (ad es. tra
l’ingiuria, la diffamazione e il vilipendio).
2. In secondo luogo, la medesimezza dell’indole può essere ricavata
dai motivi che determinarono la commissione dei reati: in
questo senso bisogna verificare se alla base dei diversi fatti
criminosi vi sia un’identica o analoga motivazione psicologica (ad
es. un danneggiamento/omicidio determinato dall’intento di
realizzare una vendetta mafiosa).

Recidiva reiterata facoltativa


Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della
pena, nel caso della recidiva semplice, è della metà e, nei casi di
2
recidiva aggravata, è di 3.

Recidiva reiterata obbligatoria


Se si tratta di uno dei delitti indicati all’art. 407, comma 2°, lett. a, c.p.p.
l’aumento della pena per la recidiva, nei casi di recidiva aggravata, non
𝟏
può essere ˂ 𝟑 della pena da infliggere per il nuovo delitto.

Natura giuridica
1. La giurisprudenza ritiene, da un lato, obbligatoria la contestazione
della recidiva in quanto circostanza e ammette il giudizio di
comparazione e, dall’altro, limita la facoltatività al solo aumento di
pena: tutti gli effetti giuridici minori in tema di liberazione
condizionale, di riabilitazione, ecc. si produrrebbero invece
comunque, cioè anche nel caso in cui venga meno l’effetto
principale dell’aggravamento sanzionatorio.
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2. La dottrina – oltre a revocare in dubbio la natura circostanziale
della recidiva – sottolinea come sia poco ragionevole ammettere
che il giudice possa escludere l’effetto principale alla recidiva e,
nello stesso tempo, tenerne conto per gli effetti minori.

5. Il delitto tentato
I. DELITTO TENTATO
Delitto tentato
Ricorre la figura del delitto
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un
tentato o tentativo nei casi in cui
l’agente non riesce a portare a delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento
compimento il delitto non si verifica.
programmato, ma gli atti
parzialmente realizzati sono tali
Azione non si compie
da esteriorizzare l’intenzione
Si pensi all’omicida sorpreso mentre sta per vibrare un colpo di pugnale.
criminosa.

Esposizione a
pericolo Evento non si verifica
Il fodamento politico-criminale Si pensi all’evento-morte non si verifica a causa di un errore di mira.
della punibilità del tentativo è
costituito dall’esigenza di
prevenire l’esposizione a pericolo Consumazione e tentativo
dei beni giuridicamente protetti
Consumazione e tentativo riflettono, rispettivamente, la lesione
(teoria c.d. oggettiva25).
effettiva e la lesione potenziale del bene oggetto di protezione: ed è il
minore grado di aggressione al bene che giustifica, nella logica penale
del fatto, la minore severità del trattamento penale del tentativo.

Delitto perfetto
1. Sul piano normativo, il delitto tentato costituisce un titolo
automono di reato, caratterizzato da un profilo offensivo ad esso
proprio, pur conservando lo stesso nomen juris della figura
delittuosa (consumata) cui di volta in volta si riferisce.
2. La configurazione del tentativo come illecito autonomo nasce
dall’incontro o combinazione di 2 norme: la norma incriminatrice di
parte speciale, che eleva a reato un determinato fatto e l’art. 56
che, disciplinando i requisiti del tentativo punibile, svolge una
funzione estensiva della punibilità, perché consente di reprimere
fatti che non pervengono alla soglia della consumazione (ad es. il

25
La teoria oggettiva del fondamento della punibilità è preferibile, rispetto a quelle soggettive ed a quelle miste, perché si collega in
maniera più coerente con gli irrinunciabili presupposti di un diritto penale del fatto: presupposti riassumibili nella fondamentale
esigenza che il proposito criminoso si traduca in un comportamento materiale che, a sua volta, produca una effettiva lesione, o
almeno una messa in pericolo obiettivamente accertabile, del bene protetto.
110
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tentativo di omicidio risulta dalla combinazione dell’art. 56 con
l’art. 575).

Atti idonei
Si concorda, oggi, nel ritenere che il parametro di accertamento
dell’idoneità consiste in un giudizio ex ante e in concreto (criterio della
c.d. prognosi postuma): il giudice cioè, collocandosi idealmente nella
stessa posizione dell’agente all’inizio dell’attività criminosa, deve
accertare – alla stregua della valutazione operata in base alle
conoscenze dell’uomo medio, eventualmente arricchite dalle maggiori
conoscenze dell’agente concreto – se gli atti erano in grado, tenuto
conto delle concrete circostanze del caso, di sfociare nella commissione
del reato.

Prognosi postuma: su base parziale o totale?


1. Il criterio della prognosi postuma effettuato secondo il giudizio di
Base parziale idoneità su base parziale è attestato dall’orientamento
Rispetto al caso del borseggiatore dominante, accolto anche nella manualistica di gran lunga
sorpreso con la mano nella tasca prevalente: il giudizio di idoneità è a base parziale in quanto tiene
di una potenziale vittima secondo conto soltanto delle circostanze conosciute o conoscibili, al
il giudizio di idoneità su base momento dell’azione, da un uomo avveduto pensato al posto
parziale il borseggiatore dell’agente concreto; mentre esso non tiene conto di circostanze
risponderà di tentativo di furto, eccezionali oggettivamente presenti sin dall’inizio, ma conosciute
anche se egli non sapeva – come dopo.
si scopre invece dopo – che la 2. Il criterio della prognosi postuma effettuato secondo il giudizio di
tasca era in realtà vuota; idoneità su base totale è attestato dall’orientamento minoritario:
in questo senso, per accertare l’idoneità dell’azione, occorre
prendere in esame tutte le circostanze già presenti al momento
del fatto, anche se conosciute in un momento successivo.
Base totale
Rispetto al caso del borseggiatore
sorpreso con la mano nella tasca
di una potenziale vittima secondo Grado di sufficienza dell’idoneità
il giudizio di idoneità su base Essendo l’esigenza di impedire la messa in pericolo del bene giuridico
totale il borseggiatore non dovrà – come sostiene la stessa dottrina italiana dominante – fondamento
rispondere di furto tentato, dell’idoneità, si deve escludere che il grado di sufficienza dell’idoneità,
anche se egli era all’oscuro del ai fini della configurazione del tentivo punibile, coincida con la
fatto che la tasca della vittima semplice «non impossibilità» di consumazione del fatto delittuoso: ed
designata era vuota: la mancanza invero, posto che il «pericolo» presuppone la «probabilità» di
originaria di denaro rende infatti diversificazione dell’evento lesivo, per potere plausibilmente
comunque inidoneo, sin sostenere che gli atti di tentativo realizzati pongono in pericolo il bene
dall’inizio, il tentativo di protetto è necessario accertarne la rilevante attitudine a conseguire
sottrazione. l’obiettivo: la loro idoneità, in altri termini, deve essere più vicina alla
«probabilità» che alla mera «non impossibilità».

Non equivoco
1. Secondo la concezione c.d. soggettiva, il requisito dell’univocità fa
riferimento ad un criterio di prova: cioè l’univocità degli atti
indicherebbe l’esigenza che, in sede processuale, sia raggiunta la
prova del proposito criminoso; prova desumibile, oltre che dall’atto
in sé considerato, anche aliunde (cioè dai precedenti e dalla
personalità del reo, dalla eventuale confessione, ecc.).
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2. Secondo la concezione c.d. oggettiva, la direzione non equivoca
degli atti rappresenta un criterio di essenza: cioè l’univocità va
considerata come una caratteristica oggettiva della condotta, nel
senso che gli atti posti in essere devono in se stessi possedere,
riguardanti nel contesto in cui sono inseriti, l’attitudine a denotare
il proposito criminoso perseguito26.

Dolo
Nel nostro ordinamento penale, il tentativo è punibile soltanto se
commesso con dolo: non è configurabile invece, nel silenzio della legge,
un tentativo colposo.

d
Secondo la dottrina dominante, l’esclusione della colpa è spiegabile
anche per una ragione (per così dire) «ontologica»: se si muove dal
concetto comune di tentativo, come atto intenzionalmente diretto ad
un risultato, ipotizzare un tentativo «involontario» appare
logicamente incongruente.

Dolo eventuale
È discusso se il dolo del tentativo sia compatibile con il dolo eventuale.
1. Una parte minoritaria della dottrina, e una giurisprudenza fino ad
alcuni anni addietro dominante, muovono dal presupposto che il
nostro ordinamento positivo non contiene alcuna norma che
esplicitamente distingua i due tipi di dolo: essendo la differenza tra
tentativo e consumazione circoscritta dalla legge stessa al piano
della sola struttura oggettiva, se ne ricava che il dolo del tentativo e
quello della consumazione non possono che essere identici.
2. La dottrina maggioritaria, e la recente giurisprudenza, prospettano
una concezione soggettiva/probatoria dell’univocità quale requisito
del tentativo punibile: riducendo l’univocità all’esigenza di provare
in giudizio l’intenzione criminosa dell’agente, la non equivocità
della condotta finisce col coincidere con la prova di una volontà
intenzionalmente diretta a commettere il reato; ma, appunto,
perché si richiede una volontà «intezionale», è giocoforza escludere
la compatibilità tra tentativo e dolo «eventuale».

II. CONFIGURABILITA’
NELLE TIPOLOGIE
Contravvenzioni
DELITTUOSE
Per espressa disposizione legislativa, il tentativo non è ammissibile
nelle contravvenzioni: l’art. 56 infatti si riferisce esplicitamente ai soli
«delitti».

26
L’esigenza di configurare l’univocità come caratteristica dell’azione non esclude che la prova del fine delittuoso possa essere
desunta in qualsiasi modo, facendo applicazione dei consueti canoni probatori in tema di elemento soggettivo del reato.Solo che,
una volta conseguita anche aliunde a prova del fine verso cui tende l’agente, è necessaria una seconda verifica: si tratta questa volta
di accertare se gli atti, considerati nella loro oggettività, riflettano in maniera sufficientemente congrua la direzione verso il fine
criminoso (eventualmente) già accertato per altra via.
112
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Delitti colposi
Il tentativo è inammissibile nei delitti colposi: se la colpa si connota per
l’assenza della volontà delittuosa, si costituirebbe un’evidente
contraddizione ammettere che il tentativo possa coesistere con la
mancanza dell’intenzione di commettere reato.

Delitto preterintenzionale
Nel delitto preterintenzionale il tentativo non è ammissibile perché,
nell’eventualità che il soggetto passivo sopravviva, la responsabilità
rimane circoscritta (in assenza di volontà omicida) al delitto di lesione o
percosse.

Reati unisussistenti
Il tentativo suole escludersi rispetto ai reati c.d. unisussistenti (cioè
quelli qui uno actu perficiuntur), dal momento che non consentono la
frazionabilità del processo esecutivo in più atti: compiuto l’unico atto
che costituisce il delitto (ad es. ingiuria verbale), l’azione criminosa è
completa.

Delitti di attentato e delitti a consumazione anticipata


Il tentativo è inammissibile nei delitti di attentato e nei delitti c.d. a
consumazione anticipata, e ciò in base a un duplice rilievo: in questi
modelli delittuosi, da un lato, il tentativo equivale già a consumazione
e, dall’altro, sarebbe un non senso ipotizzare atti idonei diretti in modo
non equivoco a commettere «atti diretti a…».

Reati di pericolo
Discussa è la configurabilità del tentativo nei reati di pericolo.
Anche se una parte della dottrina ritiene strutturalmente prospettabile
la realizzazione in forma tentata almeno di alcuni reati di pericolo (ad.
es. l’ipotesi di una minaccia tentata consistente nella spedizione di una
lettera minatoria intercettata dopo la sua spedizione), è da condividere
secondo Fiandaca-Musco la tesi negativa, e cioè sul presupposto che
punire il tentativo di un reato di pericolo equivarrebbe a reprimere «il
pericolo di un pericolo», così finendo con l’anticipare eccessivamente la
soglia della punibilità.
Reati aggravati
dall’evento
Così il caso della morte della Reati aggravati dall’evento
donna in seguito a tentativo di Nei reati aggravati dall’evento il tentativo è ipotizzabile, tutte le volte
aborto. in cui l’evento ulteriore può realizzarsi indipendentemente
dall’esaurimento della condotta vietata.

Reati condizionati

113
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Nei reati condizionati, la configurazione del tentativo dipende dalla
possibilità del verificarsi della condizione obiettiva di punibilità
indipendentemente dal perfezionarsi della condotta tipica.

Reati abituali
Il tentativo va escluso nei reati abituali, dal momento che le singole
azioni non assumono rilevanza penale autonoma.

Reati permanenti
Nei reati permanenti la configurabilità del tentativo è possibile a
condizione che la condotta positiva sia frazionabile.

III. TENTATIVO E
CIRCOSTANZE
Tentativo di delitto circostanziato
La figura del tentativo di delitto circostanziato, riconosciuta dalla
Tentativo di delitto giurisprudenza (a prescindere da una corrispondente ed esplicita
circostanziato etichettatura) soprattutto a proposito delle circostanze del danno
Il tentativo di delitto patrimoniale di rilevante gravità o del danno patrimoniale di speciale
circostanziato si configura
tenuità, in base alla valutazione prognostica che l’iter consumativo del
allorchè un delitto, se fosse
giunto a consumazione, sarebbe reato avrebbe realizzato con certezza gli elementi costitutivi della
stato qualificato dalla presenza di circostanza.
una o più circostanze.

Tentativo Tentativo circostanziato di delitto


circostanziato di delitto Secondo la dottrina le uniche circostanze compatibili con il tentativo
Il tentativo circostanziato di sono quelle che si realizzano compiutamente nello stesso contesto
delitto si ha quando le dell’azione tentata (tentativo circostanziato del delitto).
circostanze si realizzano
compiutamente (o soltanto in
parte) nel contesto della stessa d
azione tentata. a. Da un lato, non si vede quale sia la ragione per ritenere che nel
delitto tentato le esigenze connesse al principio di legalità
possano essere derogate: è lo stesso rispetto del principio di
legalità ad imporre infatti che le circostanze vengano applicate
soltanto in presenza di presupposti esplicitamente previsti dalla
legge.
b. Dall’altro lato, esistono invalicabili limiti di ordine ontologico o
strutturale: così, le circostanze relative all’evento consumativo
del reato risultano compatibili soltanto con la compiuta
realizzazione dell’illecito penale.

IV. DESISTENZA
VOLONTARIA E
Desistenza volontaria
RECESSO ATTIVO
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto
alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un
reato diverso.

Recesso attivo/pentimento operoso

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Se il colpevole volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena
𝟏
stabilita per il delitto tentato, diminuita da 𝟑 alla metà.

Teoria del ponte d’oro


Nell’ambito della nostra dottrina è ancora ben radicata l’idea che tanto
la desistenza volontaria, quanto il pentimento operoso trovino una
legittimazione politico-criminale nella teoria del c.d. ponte d’oro: in altri
termini, l’ordinamento, al fine di prevenire l’offesa ai beni giuridici,
farebbe assegnamento sulla promessa di impunità (o di riduzione di
pena nel caso del recesso attivo) come controspinta psicologica alla
spinta criminosa («al nemico che fugge ponti d’oro!»).

Prevenzione generale e prevenzione speciale


Una ragione giustificatrice, forse ancora più plausibile, del fondamento
sostanziale della desistenza può essere individuata nell’ottica degli
scopi della pena e, precisamente, sul duplice piano della prevenzione
generale e della prevenzione speciale: chi ritorna di sua iniziativa sui
suoi passi da un lato non rappresenta un esempio pericoloso per gli
altri e, dall’altro, mostra di non possedere una volontà criminosa di
tale intensità da giustificare il ricorso ad una pena rieducativa.

Desistenza volontaria e recesso attivo


 La distinzione tra desistenza recesso corre lungo il filo che separa il
tentativo incompiuto dal tentativo compiuto.
 Le due figure vengono cioè tradizionalmente distinte in base a un
criterio ex post, che fa leva sull’esaurimento o no dell’azione
esecutiva:
- si ha desistenza volontaria finchè l’agente recede da un’azione che
non ha ancora completato il suo iter esecutivo;
- si configura invece un recesso attivo tutte le volte in cui l’azione
criminosa si è compiutamente realizzata, ma l’agente riesce a
impedire il verificarsi dell’evento lesivo.

Volontariarietà
1. Secondo la quasi unanime opinione della dottrina e della
giurisprudenza, l’accertamento del requisito della volontarietà
prescinde dal giudizio sulla «meritevolezza» dei motivi che
inducono l’agente a mutare proposito.
2. Cioè non si pretende che la rinuncia all’azione criminosa sia
espressione di un autentico ravvedimento, ma ci appaga di
verificare che la scelta dell’agente non sia imposta da circostanze
esterne (ad es. resistenza della vittima, avvicinarsi di persone,

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intervento della polizia, ecc.) che obiettivamente ostacolano la
consumazione del delitto27.

V. DELITTO DI ATTENTATO
Idoneità
L’attentato è una tecnica di
Rispetto all’interrogativo se il delitto d’attentato punisca già l’attività
costruzione della fattispecie
penale utilizzata soprattutto nel «preparatoria», oppure condizioni la soglia della rilevanza penalistica
settore dei delitti contro la alla presenza degli elementi strutturali del tentativo (e cioè anche
personalità dello Stato e, al all’«idoneità» degli atti medesimi), l’opinione dottrinale oggi
contempo, una categoria dominante risponde ritenendo che vi sia omogeneità strutturale fra
dogmatica ottenuta per tentativo e attentato e che, per la punibilità dell’attentato, occorre che
astrazione delle caratteristiche l’attività sia anch’essa idonea a ledere il bene protetto (con esclusione
comuni alle fattispecie quindi delle mere attività preparatorie).
disciplinate.

VI. REATO IMPOSSIBILE


Reato impossibile
Il reato impossibile si configura
La punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per
«quando, per l'inidoneità
dell'azione o per l'inesistenza la inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o
dell'oggetto di essa è impossibile pericoloso.
l'evento dannoso o pericoloso».

Interpretazione tradizionale
Secondo l’interpretazione tradizionale, la disposizione sopra citata
sarebbe sostanzialmente superflua perché si limiterebbe a riesprimere
«in negativo» i requisiti positivamente richiesti per la punibilità del
tentativo.

Concezione realistica
1. Non pochi autori ritengono di potere desumere dall’art. 49 un
principio generale che funge da criterio ispiratore della concezione
per la quale non può esservi reato, senza una lesione o una messa
in pericolo «effettiva» del bene protetto (concezione c.d.
realistica).
2. La rilevanza pratica del principio di necessaria lesività emergerebbe,
secondo la dottina in esame, nei casi di (pretesa) mancata
corrispondenza tra «tipicità» e «offesa» al bene protetto. Di
fronte cioè a condotte formalmente conformi alla fattispecie
incriminatrice, ma di fatto «innocue» perché assolutamente
incapaci di ledere l’interesse protetto, il ricorso al 2° comma
dell’art. 49 legittimerebbe – appunto – quella valutazione
«realistica» che porta ad escludere l’esistenza del reato e, dunque,
la punibilità del fatto.
3. La tesi in questione pretenderebbe di poggiare anche su sostegni di
ordine esegetico, desunti dal confronto tra la rispettiva disciplina
del reato impossibile e del tentativo. Si argomenta:

27
Rimane aperto il problema dei criteri da adottare per stabilire quando la scelta dell’agente sia libera ovvero imposta dall’esterno.
In mancanza di approfondite elaborazioni teoriche sul punto, non resta che far capo all’attività di concretizzazione della prassi, la
quale peraltro oscilla tra criteri diversi e non sempre esplicita adeguatamente la reale ratio decisoria.
116
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- l’idoneità di cui all’art.49 non è riferita, come nell’art. 56, agli «atti»
bensì all’«azione»;
- non si spiega come mai gli atti diretti in modo non equivoco a
commettere una «contravvenzione» rimangono impuniti se idonei
a produrre l’evento, posto che il tentativo non è configurabile nelle
contravvenzioni, mentre possono portare all’applicazione di una
misura di sicurezza (l’art. 49 è infatti applicabile anche alle
contravvenzioni).

Obiezioni
1. L’art. 49, non informando in alcun modo sulla natura degli
interessi tutelati, di per sé non può riuscire di ausilio nello
stabilire quando sussista la lesione o messa in pericolo del bene
protetto: per cui è necessario desumere l’interesse tutelato dalle
singole fattispecie incriminatrici.
2. Se il bene protetto deve essere desunto – come dicono i suoi
sostenitori – dalla «intima struttura della fattispecie», ne
consegue allora che riesce impossibile ipotizzare un fatto
conforme a quest’utima ma non lesivo del primo.
3. Se il giudice dovesse far seguire alla già accertata corrispondenza
tra fatto e modello legale un secondo giudizio, relativo questa
volta alla «effettiva» lesività (peraltro da effettuare sulla base di
non ben precisati parametri), risulterebbe da un lato minacciata
la certezza del diritto e, dall’altro, sorgerebbe il rischio di
confondere le distinte funzioni giudiziaria e legislativa.

Tentativo inidoneo
1. Il legislatore del 1930, dedicando un’apposita disposizione al reato
impossibile, ha inteso fugare ogni dubbio relativo alla irrilevanza
penale del tentativo assolutamente inidoneo in concreto a
mettere in pericolo il bene protetto: ciò in omaggio a quella
concezione – risalente al Carrara – secondo cui il pericolo insito nel
tentativo deve essere «veramente esistito come fatto», vale a dire
come possibilità non soltanto supposta, ma reale di offesa.
2. Per accertare se il bene in questione abbia corso un reale pericolo
non ci si può appagare del giudizio prognostico su base parziale
effettuato ex art. 56 nella sola ottica del soggetto agente.
A questa prima verifica se ne deve in realtà aggiungere una
seconda, compiuta questa volta su base totale nell’ottica della
vittima come titolare del bene posto in pericolo: il che vuol dire
che lo stesso criterio della prognosi postuma verrà ora applicato
tenendo conto, non soltanto delle circostanze conosciute o
conoscibili dall’agente al momento dell’azione, ma di tutte le
circostanze presenti nella situazione data, quale che sia il momento
in cui vengono conosciute.

6. Il concorso di persone
I. TEORIE SUL CONCORSO
CRIMINOSO
Concorso nel reato
117
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Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse
soggiace alla pena per questo stabilita28.

Teoria Teoria dell’accessorietà


dell’accessorietà Secondo una teoria che ha per lungo tempo dominato specie in
Così ad es. se A si limita a fornire passato, la partecipazione criminosa ha natura accessoria: con ciò si
a B uno strumento da scasso per vuol dire che la condotta atipica del semplice partecipe non ha
compiere un furto, questa sua
rilevanza penale autonoma, ma l’acquista nella misura in cui accede
condotta di ausilio non potrà
essere punita finchè l’esecutore
alla condotta principale o tipica dell’autore.
materiale non avrà realizzato gli
estremi di un’azione furtiva tipica
ai sensi dell’art. 624. Teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale
1. Parte della dottrina ha escogitato la teoria della fattispecie
plurisoggettiva eventuale, secondo cui sarebbe tale la fattispecie
del concorso di persone intesa come una fattispecie nuova,
autonoma e diversa da quella incriminatrice di parte speciale
modellata sull’autore singolo.
2. La sintesi tra l’art. 110 c.p. ed una delle disposizioni (anche
autonomamente) incriminatrici di parte speciale non soltanto
qualifica penalmente condotte irrilevanti ai sensi delle singole
disposizioni di parte speciale, ma ben prima crea un’entità nuova,
una forma (unitaria) nuova, nella quale le singole condotte perdono
la loro autonomia per divenire parti di un tutto.

Teoria della fattispecie plurisoggettiva differenziate


Autorevole dottrina inclina a ritenere che dall’incontro delle norme di
parte speciale con le norme sul concorso (art. 110 c.p.) non nascerebbe
una sola fattispecie plurisoggettiva eventuale, bensì discenderebbero
tante fattispecie plurisoggettive differenziate, quanti sono i soggetti
concorrenti: tutte queste fattispecie avrebbero in comune il medesimo
nucleo di accadimento materiale, ma si distinguerebbero tra loro «per
l’atteggiamento psichico (che è, per ciascuna di esse, quello proprio del
compartecipe che si considera) e per taluni aspetti esteriori (che
ineriscono soltanto alla condotta dell’uno o dell’altro compartecipe)».

II. PLURALITA’ DI AGENTI


Numero minimo di agenti
Nei casi di realizzazione collettiva di un reato realizzabile anche
monosoggettivamente, sono necessari e sufficienti almeno 2 soggetti.

Punibilità dei concorrenti


Oggi si concorda quasi unanimemente nel distinguere il carattere
plurisoggettivo della fattispecie concorsuale dalla diversa questione
della concreta punibilità dei singoli concorrenti: in questo senso, il
concorso si configura anche se taluno dei concorrenti non è punibile

28
Il legislatore italiano ha optato per il modello della tipizzazione unitaria basata sul criterio dell’efficienza causale della condotta di
ciascun concorrente, piuttosto che sul modello differenziato.
118
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per ragioni inerenti alla sua persona (ad es. per difetto di dolo o per
mancanza di imputabilità).

d
L’assunto trova riscontro nella disciplina positiva del concorso, e in
particolare negli artt. 112, ult. comma, e 119, comma 10°, c.p.

III. REALIZZAZIONE DELLA


FATTISPECIE
Realizzazione della fattispecie oggettiva di reato
OGGETTIVA DI REATO
I contributi dei singoli concorrenti devono confluire nella realizzazione
comune della fattispecie oggettiva di un reato.

Accordo
Qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un
reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il
solo fatto dell’accordo.

Misura di sicurezza
Nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può
applicare una misura di sicurezza.

Indice di pericolosità sociale


L’accordo può assurgere a indice di pericolosità sociale.

Istigazione
Nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata
accolta, ma il reato non è stato commesso, sia colui che istiga che colui
che è istigato non sono punibili.

Figure autonome di reato


La non punibilità è esclusa nei casi in cui la legge elevi l’accordo o
l’istigazione ad autonome figure di reato: è il caso ad es. delle
fattispecie prevedute dagli art. 302, 304, 322, rispettivamente collocate
tra i delitti contro la personalità dello Stato e tra quelli contro la p.a.

IV. CONCORSO MATERIALE


Autore
Si ha concorso «materiale» se si
L’autore è colui il quale compie gli atti esecutivi del reato: ad es. il
interviene personalmente nella
serie degli atti che danno vita soggetto che nell’omicidio spara o nel furto sottrae la cosa mobile.
all’elemento materiale del reato.
Esso può essere prestato
assumendo ruoli di rango diverso Coautore
(autore, coautore e ausiliatore o
Il coautore è definito come chi interviene insieme con altri nella fase
complice).
esecutiva: si pensi a due assassini che sparano contemporaneamente o
a due ladri che asportano insieme un pensante oggetto.

119
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Ausiliatore (o complice)
L’ausiliatore o complice è rappresentato da quel partecipe che si limita
ad apportare un (qualsiasi) aiuto materiale nella preparazione o nella
esecuzione del reato: si pensi, rispettivamente, a chi fornisce il veleno
per un omicidio commesso da altri o a chi si limita a fare da palo
durante l’esecuzione di una rapina.

Teoria condizionalistica
L’opinione tradizionale, muovendo dal presupposto che il nostro
codice accoglie la concezione «causale» del concorso criminoso, esige
che l’azione del compartecipe costituisca condicio sine qua non del
fatto punibile (e, più precisamente, dell’«azione» tipica nell’ambito
dei reati di mera condotta; dell’«evento» nei reati causalmente
orientati).

Teoria della causalità Teoria della causalità agevolatrice (o di rinforzo)


agevolatrice Alla stregua del modello della causalità c.d. agevolatrice o di rinforzo è
Si pensi al caso del complice che ritenuto penalmente rilevante non solo l’ausilio necessario, che non
fornendo la chiave allo può essere mentalmente eliminato senza che il reato venga meno, ma
scassinatore ne determina anche quello che si limita ad agevolare o facilitare il conseguimento
l’anticipazione della dell’obiettivo finale.
consumazione del furto.

Teoria della prognosi (o dell’aumento del rischio)


1. Secondo la teoria della prognosi o dell’aumento del rischio
basterebbe che l’azione del partecipe appaia ex ante idonea a
facilitare la commissione del reato, accrescendone le probabilità
di verificazione.
2. Nella ricerca di un sostegno normativo alla tesi della prognosi,
taluno non esita a richiamare la norma sul tentativo nella parte in
cui richiede la «idoneità» degli atti per la loro giuridica rilevanza:
in altri termini, l’art. 56 confermerebbe che, ai fini della tipicità, i
giudizi causali possono essere formulati non solo nell’ottica di un
legame effettivo fra una certa condotta e un determinato
evento, ma anche sul piano di una pura attitudine causale.

V. CONCORSO MORALE
Determinatore
Il concorso morale o psicologico si
Il determinatore è definito come il compartecipe che fa sorgere in altri
ha se si dà un impulso psicologico
alla realizzazione di un reato (autore) un proposito criminoso prima inesistente.
materialmente commesso da
altri.
Istigatore
L’istigatore è colui il quale si limita a rafforzare o eccitare in altri il
proposito criminoso già esistente.

Agente provocatore
Agente provocatore La dottrina oggi dominante ritiene che l’agente provocatore non può
L’agente provocatore è colui il essere punito, per mancanza di dolo, tutte le volte in cui egli abbia
quale (si tratta non di rado di agito col precipuo scopo di assicurare i colpevoli alla giustizia e non
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appartenenti alla polizia) provoca abbia accettato neppure il rischio della effettiva consumazione del
un delitto al fine di assicurare il reato.
colpevole alla giustizia.

Causalità psicologica
1. Quale che sia la posizione pù corretta dal punto di vista
«epistemologico», nulla autorizza a ripiegare – come invece si
pretende da una parte della dottrina e della giurisprudenza – su
giudizi di tipo meramente prognostico: come se la condotta di
partecipazione psichica potesse esser individuata in base alla sua
generica attitudine o idoneità a funzionare come fattore di
rafforzamento dell’altrui proposito criminoso.
2. Non può esserci complicità morale a prescindere da una effettiva
influenza sulla psiche dell’esecutore materiale del reato.

VI. ELEMENTO SOGGETTIVO


Componenti dell’elemento soggettivo
L’elemento soggettivo del concorso è costituito da 2 componenti:
a. da un lato, dalla coscienza e volontà del fatto criminoso, che
quanto a contenuto in nulla differisce dal dolo del reato
monosoggettivo; e
b. dall’altro lato, dalla volontà di concorrere con altri alla
realizzazione di un reato comune.

Coscienza unilaterale
Oggi si concorda nell’escludere che la volontà di concorrere
presupponga necessariamente un «previo accordo» o, in ogni caso, la
«reciproca» consapevolezza dell’altrui concorso: basta che la coscienza
esista unilateralmente.

Dolo specifico
Nei casi in cui la fattispecie incriminatrice monosoggettiva richiede la
presenza di un dolo specifico, è sufficiente ai fini della configurabilità di
un concorso punibile che la particolare finalità presa in considerazione
dalla legge penale sia perseguita almeno da uno dei soggetti che
concorrono alla realizzazione del fatto.

VII. CONTRAVVENZIONI
Contravvenzioni dolose
Per quanto attiene alle contravvenzioni dolose, non sorgono ostacoli
nel ricondurre la relativa disciplina alla disposizione generale di cui
all’art. 110: il termine «reato» in esso contenuto è, infatti, egualmente
riferibile ai delitti e alle contravvenzioni imputabili a titolo di dolo.

Contravvenzioni colpose
1. Posto che l’art. 113 disciplina la cooperazione con esclusivo
riferimento ai «delitti», secondo l’orientamento prevalente, anche
121
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le contravvenzioni colpose rientrerebbero nell’ambito di disciplina
di cui all’art. 110: a sostegno della tesi si osserva che il riferimento
contenuto in tale norma al concetto generico di «reato»
implicherebbe il richiamo dei criteri soggettivi di imputazione delle
contravvenzioni posti dall’art. 42, ult. comma.
2. All’interno di questa ottica interpretativa, l’art. 113 menzionerebbe
i soli delitti non già per escludere le contravvenzioni, ma per
estendere ai delitti medesimi quella disciplina del concorso
colposo già implicitamente attribuibile alle contravvenzioni in base
all’art. 110.
Infatti, per potere assumere rilevanza rispetto ai delitti, la colpa
deve essere espressamente prevista come titolo di incriminazione
in conformità al disposto dell’art. 42, comma 2°; mentre ciò non
occorre per le contravvenzioni, le quali in base all’art. 42, comma
4°, sono indifferentemente punibili a titolo di dolo o colpa.

VIII. CIRCOSTANZE
AGGRAVANTI
5 o più persone
La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata se il numero
delle persone, che sono concorse nel reato, è di 5 o più,

Legge
La pena non è aumentata se la legge dispone altrimenti.

k
La ratio di tale aggravante è comunemente ravvisata nel maggiore
allarme sociale e nella maggiore capacità a delinquere dimostrata dai
concorrenti che agiscono in gruppi di 5 o più membri.

Promotori, organizzatori e direttori della cooperazione


Promotore La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata per chi ha
È promotore colui che ha ideato promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto
l’impresa criminosa prendendo l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.
l’iniziativa.
k
La ratio relativa è evidente: il legislatore ha voluto colpire con
Organizzatore maggiore rigore la condotta di chi assume una posizione di
È organizzatore chi predispone il preminenza e/o direzione nella preparazione o nell’esecuzione
progetto esecutivo, scegliendo i dell’impresa delittuosa.
mezzi e le persone che lo devono
attuare.
Soggetto rivestito di autorità
La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata per chi,
Direttore nell’esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a
È definibile direttore, in via commettere il reato persone ad esso soggette.
residuale, chi assume una
funzione di guida e
amministrazione. Coazione psicologica
Secondo l’opinione dominante, per la configurazione dell’aggravante
non è sufficiente che si instauri una forma qualsiasi di soggezione
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psicologica, ma è necessario che la persona dotata del potere di
supremazia abbia realizzato una vera e propria coazione psicologica
sul soggetto sottoposto.

Minorità o infermità mentale


La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata per chi, fuori
del caso preveduto dall’art. 111:
 ha determinato a commettere il reato un minore di anni 18 o una
persona in stato di infermità o di deficienza psichica; ovvero
 si è comunque avvalso degli stessi o con gli stessi ha partecipato
nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in
flagranza.

Persona non imputabile o non punibile


La pena è aumentata fino alla ½ per chi si è avvalso di persona non
imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità
personale, o con la stessa ha partecipato nella commissione di un
delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza.

Genitore esercente la responsabilità genitoriale


Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri o
con questi ha partecipato nella commissione del delitto ne è il genitore
esercente la responsabilità genitoriale:
a. nel caso di minorità o infermità, la pena è aumentata fino alla ½; e
b. nel caso di non imputabilità o non punibilità, la pena è aumentata
2
fino a 3.

IX. CIRCOSTANZE
ATTENUANTI
Importanza minima
Il giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone
che sono concorse nel reato a norma degli artt. 110 e 113 abbia avuto
minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, può
diminuire la pena.

Importanza minima
1. Secondo l’opinione dominante, la determinazione della minima
importanza presuppone una valutazione giudiziale dell’efficienza
dell’apporto causale arrecato da ciascun singolo concorrente.
2. In altri termini, una volta accertato il nesso causale tra un certo
contributo e il fatto concorsuale nelle sue modalità concrete, si
tratta di vagliarne il grado di imprescindibilità in rapporto ai
fattori ipotetici rimasti inoperanti nella situazione concreta, ma
che avrebbero potuto egualmente condurre al risultato in assenza
della condotta in questione.

Interpretatio abrogans
Dell’attenuante in esame la giurisprudenza suole fornire una sorta di
interpretatio abrogans: infatti, mentre da un lato essa circoscrive in
123
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premessa il contributo di minima importanza alle condotte dotate di
una efficienza eziologica marginale e del tutto trascurabile
nell’economia dell’impresa delittuosa, dall’altro nella quasi totalità dei
casi concreti esclude che l’attenuante di fatto ricorra.

Minorazione psichica
La pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a
commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le
condizioni della coercizione esercitata da un soggetto rivestito di
autorità oppure della minorità o infermità mentale.

X. REATO DIVERSO DA
QUELLO VOLUTO
Responsabilità per il reato non voluto
Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
Per reato «diverso» deve
intendersi quello avente un concorrenti, anche questi ne risponde.
differente nomen juris: non
sarebbe dunque tale un reato Evento come conseguenza dell’azione/omissione
aggravato (ad es. furto con Il concorrente che non vuole il reato commesso risponde dello stesso
scasso) realizzato in luogo di un se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione.
reato semplice (ad es. il furto).

Corte costituzionale
d Dopo essere stato eccepito il contrasto dell’art. 116 c.p. con l’art. 27,
Un gruppo di correi concorda comma 1°, Cost., la Corte costituzionale, con una tipica sentenza
inizialmente un furto: mentre interpretativa di rigetto, ha respinto l’eccezione asserendo che la
uno dei partecipi si limita a fare responsabilità ex art. 116 poggia sulla «sussistenza non soltanto del
da basista e palo, gli esecutori rapporto di causalità materiale, ma anche di un rapporto di causalità
materiali commettono – in psichica»: quest’ultima concepita nel senso che «il reato diverso più
difformità dall’accordo iniziale – grave commesso dal concorrente debba potere rappresentarsi alla
una rapina e un sequestro ai psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti
danni del soggetto rapinato. umani, come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto,
affermandosi in tal modo anche la necessaria presenza di un
coefficiente di colpevolezza».

Giurisprudenza ordinaria
Nel solco della presa di posizione della Corte, la giurisprudenza
ordinaria propende oggi per la tesi che i presupposti della
responsabilità ex art. 116 siano 2:
1. in primo luogo, il rapporto di causalità tra l’azione di ogni
partecipe e il reato diverso da quello programmato;
2. in secondo luogo, la prevedibilità di tale reato diverso non voluto.

Prevedibilità in astratto
1. Secondo un primo indirizzo tendenzialmente maggioritario, è
sufficiente la prevedibilità in astratto: precisamente, nel senso
che l’illecito non voluto deve appartenere al tipo astratto di
quelli che, in linea puramente logica, si prospettano come
sviluppo del reato originariamente voluto.
2. La prevedibilità in astratto fa riferimento, dunque, a un
rapporto tra fattispecie incriminatrici poste a priori a
confronto (ad es. furto e rapina, lesioni personali e omicidio,
ecc.).

124
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Prevedibilità in concreto
1. Alla stregua di un secondo indirizzo, che guadagna
progressivamente terreno e che in verità meglio corrisponde
alla rilettura in chiave costituzionale dell’art. 116, deve invece
richiedersi la prevedibilità in concreto: per stabilire se il reato
diverso effettivamente realizzato rappresenti un prevedibile
sviluppo di quello originariamente programmato, occorre cioè
tenere conto di tutte le circostanze relative alla singola
vicenda concreta.
2. Da questo punto di vista non basta che tra i tipi di reato
raffrontati in astratto sussista un rapporto di sostanziale
omogeneità, ma è necessario individuare – prima – il concreto
piano d’azione dei concorrenti e soltanto su questa base
verificare – poi – se le modalità concrete di svolgimento del
fatto lasciassero prevedere un esito deviante del tipo di quello
avveratosi.

Cirostanza attenuante facoltativa


Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita
riguardo a chi volle il reato meno grave.

Vautazione di gravità
La valutazione di gravità va effettuata in via ipotetica, cioè ipotizzando
quella che sarebbe stata la gravità del fatto programmato e
ponendola a confronto con quella del fatto realizzato.

Reato diverso da quello voluto e aberratio delicti


Le differenze tra il reato diverso da quello voluto e la figura
dell’aberratio delicti concepita in senso stretto sono
fondamentalemente 2.
1. Da un lato, mentre nell’aberratio delicti l’evento diverso che si
realizza deve essere il risultato – come stabilisce l’art. 83 del codice
– di un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o effetto
di altra causa, nel caso preveduto dall’art. 116 l’evento diverso
deve essere «voluto» da taluno dei concorrenti.
2. Dall’altro lato, nell’ipotesi di cui all’art. 83 non si richiede che
l’evento diverso sia «prevedibile», a differenza di quanto invece si
esige nel caso del reato diverso da quello voluto.

XI. REATO PROPRIO NON


ESCLUSIVO
Reato proprio non esclusivo
Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti
fra il colpevole e l’offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro
che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato.

Estensione del reato proprio


Si tratta di una disciplina che persegue l’obiettivo di estendere
l’incriminazione a titolo di reato proprio anche a soggetti che non
potrebbero risponderne in base ai principi generali, e cioè sul
presupposto che sia opportuno evitare che alcuni concorrenti
rispondano di un certo reato ed altri di un reato diverso, solo perché

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interferiscono particolari qualità o particolari rapporti di un
concorrente con la persona offesa.

Interpretazione correttiva
1. Per reagire ad un trattamento penale così rigoroso, parte della
dottrina esclude che la norma in esame deroghi ai normali
principi del concorso nel reato proprio così come disciplinato
dall’art. 110: sicchè si esige che, in entrambi i casi, l’«estraneo»
sia a conoscenza della qualifica dell’intraneo.
2. Il convincimento a tutt’oggi maggioritario, che ritiene che l’art.
117 deroghi ai pricipi generali in tema di concorso, ritiene che
rimanga un’altra strada per sottrarre la vigente disciplina
normativa alla logica della responsabilità puramente obiettiva:
cioè, reinterpretando l’art. 117 in maniera conforme al principio
costituzionale di colpevolezza, la sua applicabilità renderebbe
circoscritta ai soli casi in cui la qualifica soggettiva in questione,
sebbene ignorata dal partecipe, fosse però conoscibile in base a
parametri di un uomo ragionevole che si trovasse al suo posto.

Circostanza attenuante facoltativa


Se il reato commesso è più grave di quello voluto, il giudice può,
rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i
rapporti predetti, diminuire la pena.

Applicabilità
Secondo il plausibile orientamento prevalente, tale attenuante è
applicabile soltanto al soggetto ignaro della qualifica che comporta la
diversa qualificazione giuridica del fatto.

Reato proprio non esclusivo e reato diverso da quello


voluto
 È una scelta legislativa analoga a quella recepita nell’art. 116,
relativo al reato diverso da quello voluto: l’art. 117 regola in
maniera espressa una ipotesi di reato diverso dovuta non già (come
nell’art. 116) ad una divergenza dal reato programmato, bensì alla
particolare posizione soggettiva di taluno dei concorrenti.
 Analogamente alla disciplina prevista dall’art. 116, anche la norma
in esame finisce con l’introdurre una forma di responsabilità
oggettiva: ed invero, non è conforme, ma contrasta coi principi
dell’imputazione dolosa che un partecipe debba rispondere di
concorso in un reato «proprio», pur ignorando la qualifica
posseduta dal soggetto o dai soggetti rispetto ai quali muta il titolo
del reato.

XII. ESTENSIBILITA’ DELLE


CIRCOSTANZE
Circostanze non estensibili
Le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i
motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa e le
circostanze inerenti alla persona del colpevole (id est: imputabilità e

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recidiva ex art. 70 ult. comma) sono valutate soltanto riguardo alla
persona cui si riferiscono.

Circostanze diverse da quelle menzionate nell’art. 118


Nel silenzio dell’art. 118 circa il tipo di disciplina alla quale
soggiacerebbero le circostanze diverse da quelle menzionate sopra, la
dottrina ritiene che si debba applicare il regime generale di
imputazione, dal momento che l’art. 59 mira ad affermare anche su
questo terreno il principio della colpevolezza.

Circostanze attenuanti
In applicazione dell’art. 59, vale la regola della persistente rilevanza
«oggettiva» delle circostanze attenuanti e, dunque, della conseguente
loro estensibilità a tutti i compartecipi (eccettuate, beninteso, quelle
a carattere soggettivo menzionate nell’art. 118).

Circostanze aggravanti
Con riferimento alle circostanze aggravanti, l’art. 59 oggi fissa la
regola che possono essere applicate soltanto in quanto conosciute o
conoscibili dal reo: se ne deduce che l’attribuibilità dell’aggravante
non può presupporre un coefficiente di colpevolezza riferito a
ciascuno dei singoli concorrenti, per cui le circostanze aggravanti si
applicano soltanto ai compartecipi che ne abbiano avuto conoscenza
effettiva o soltanto potenziale (a tutti i compartecipi soltanto se da
tutti conosciute o conoscibili).

XIII. ESTENSIBILITA’ DELLE


CAUSE DI ESCLUSIONE
Circostanze soggettive
DELLA PENA
Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro
che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla
Circostanze
persona a cui si riferiscono.
soggettive
L’eventuale vizio di mente (art. 88)
dell’esecutore materiale non potrà s
avvantaggiare il partecipe; allo stesso Se le cause soggettive lasciano sussistere l’illiceità del fatto, e si
modo la cirrcostanza che ad un furto limitano a far venir meno la punibilità per ragioni – che possono
partecipi il figlio della vittima (art. essere a loro volta di natura eterogenea concernenti la persona del
649, n. 2) non varrà a scagionare
singolo reo – sarebbe del tutto ingiustificato estendere gli effetti al di
senza dolo, ovvero beneficia di una
situazione di «immunità» personale là dei soggetti cui direttamente si riferiscono.
ecc.

Circostanze Circostanze oggettive


oggettive Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti
Se A provoca ad altri una lesione coloro che sono concorsi nel reato (sono tali le «cause di
personale per difendersi da
giustificazione» o «scriminanti»).
un’aggressione ingiusta, e B
partecipa al fatto fornendo lo
strumento lesivo, la situazione s
scriminante esimerà dalla
La ragione di tale estensibilità è evidente: se le cause di giusificazione
responsabilità non solo A ma anche B
che lo soccorre.
fanno venir meno il contrasto tra il fatto tipico e l’ordinamento
giuridico, rendendo lecito il fatto medesimo, la liceità di esso non può
non proiettarsi su tutte le condotte che concorrono
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XIV. DESISTENZA
VOLONTARIA Desistenza dell’esecutore
Ove il soggetto che desiste rivesta la posizione di «esecutore», il
recesso si manifesterà in forma «negativa»: colui il quale pone in essere
atti esecutivi, infatti, è in grado di sottrarsi alla commissione del fatto
semplicemente interrompendo l’attività già iniziata.

d
La desistenza dell’esecutore, in quanto proviene dal soggetto che
possiede il massimo dominio sull’accadere, produce nello stesso
tempo l’effetto di impedire la consumazione del reato.

Desistenza del complice


In aderenza al principio della «personalità» della responsabilità penale,
è da ritenere che la desistenza del partecipe sia configurabile tutte le
volte in cui, esaurito il contributo all’azione collettiva, allorchè egli
ponendo in essere un’attività positiva:
 si attivi per neutralizzare le conseguenze della collaborazione già
prestata; o
 si limiti a neutralizzare la condotta già realizzata, elidendone gli
effetti rispetto alla produzione collettiva dell’evento.

a
Nella misura in cui il complice riesce a privare la realizzazione comune
del proprio apporto, il complice si emancipa infatti dalla commissione
di un fatto che, in quanto viene posto in essere soltanto dagli altri
correi, non può più essere considerato «opera sua».

Circostanza attenuante soggettiva


Posto che la desistenza rientra tra le cause «personali» di esclusione
della pena, essa non si estende a tutti i concorrenti, ma esime da
responsabilità soltanto i soggetti a cui si riferisce.

XV. PENTIMENTO OPEROSO


Pentimento operoso
La configurabilità del pentimento operoso presuppone che l’azione
Pentimento operoso collettiva sia giunta ad esaurimento e che uno dei concorrenti riesca ad
A e B infliggono coltellate a C con impedirne il verificarsi dell’evento lesivo.
volontà omicida, ma B colto da
pentimento porta C in ospedale
riuscendo a impedirne il decesso
Circostanza attenuante soggettiva
Il pentimento operoso ha natura di circostanza attenuante
«soggettiva».

XVI. CONCORSO
NECESSARIO
Reati necessariamente plurisoggettivi impropri

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Ricorre la figura del concorso Nell’ambito dei reati necessariamente plurisoggettivi impropri può
necessario o del reato porsi il problema se il concorrente necessario, esentato da sanzione
necessariamente plurisoggettivo dalla norma incriminatrice di parte speciale, possa essere invece
quando è la stessa disposizione ritenuto responsabile in base alle norme (art. 110 ss. c.p.) che
incriminatrice di parte speciale a
disciplinano il concorso eventuale .
richiedere la presenza di più
soggetti per l’integrazione del
1. Parte della dottrina ritiene che tale problema andrebbe risolto alla
reato. stregua della voluntas legis, verificare se l’esenzione da
responsabilità del concorrente necessario corrisponda o no allo
Reati plurisoggettivi scopo della norma incriminatrice violata e alle direttive generali
dell’ordinamento giuridico.
propri e impropri
I reati necessariamente
2. Altra parte della dottrina nega la punibilità del concorrente non
plurisoggettivi sono distinguibili: espressamente incriminato dalla norma incriminatrice di parte
a. in plurisoggettivi propri, speciale: la circostanza che la sua condotta, per quanto necessaria,
contraddistinti dalla non sia expressis verbis assoggettata a pena, sottintende una
circostanza che vengono precisa scelta legislativa a favore dell’impunità; a ritenere
assoggettati a pena tutti i diversamente, si finise invero col disattendere il principio del
coagenti (ad es. associazione nullum crimen sine lege.
per delinquere, rissa, ecc.); e
b. in plurisoggettivi impropri,
nei quali la norma
incriminatrice dichiara Estensione del concorso eventuale al concorso necessario
punibili soltanto alcuni dei Si discute sull’applicabilità ai concorrenti necessari, punibili in base alla
partecipanti al fatto (ad es. norma incriminatrice di parte speciale, delle norme sul concorso
corruzione impropria eventuale realtive alle circostanze aggravanti e attenuanti (artt. 112 e
susseguente, usura, 114), nonché alla comunicabilità sia delle circostanze medesime sia
corruzione di minorenni, delle cause di esclusione della pena (artt. 118 e 119).
ecc.).
1. La giurisprudenza appare in proposito oscillante.
2. La dottrina oggi dominante ritiene che tali norme sono applicabili
anche al concorso necessario, essendo espressione di una disciplina
Concorso eventuale generale relativa al carattere plurisoggettivo della fattispecie, a
Il concorso eventuale ricorre ex meno che tuttavia non siano espressamente derogate dalle
art. 110 quando più persone disposizioni che configurano diversi reati necessariamente
concorrono nel reato. plurisoggettivi.

Concorrenti eventuali
nel concorso necessario
E’ il caso di chi istiga altri a una
Concorrenti eventuali nel concorso necessario
rissa o a corrompere un pubblico Un concorso eventuale è ammissibile anche nella realizzazione di un
ufficiale, ovvero a commettere reato necessariamente plurisoggettivo: la partecipazione eventuale si
incesto, ecc. potrà configurare da parte di soggetti diversi dai concorrenti necessari.

XVII. REATI ASSOCIATIVI


Responsabilità dei capi per reati-scopo
1. In applicazione delle regole generali che presiedono alla disciplina
del concorso morale, occorrono alcuni presupposti minimi, da
accertare in concreto caso per caso, perché i vertici delle
organizzazioni criminose assumano il ruolo di determinatori o
istigatori dei vari illeciti rientranti nel programma criminoso delle
associazioni stesse.
2. Non basta che i singoli atti delittuosi materialmente commessi da
altri associati (omicidi, estorsioni, rapine, ecc.) rientrino nelle
direttrici programmatiche fissate in linea generale dai capi
medesimi: è necessario, piuttosto, che le direttrici del programma
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criminoso dell’associazione contengano già in nuce,
sufficientemente predeterminati, almeno i tratti «essenziali» dei
singoli comportamenti delittuosi realizzati dai compartecipi.

Concorso esterno
1. Le Corte di cassazione – mediante 4 pronunce a sezioni unite – ha
definito i contorni del concorso eventuale nel reato di associazione
fornendo la nozione di partecipe (interno) come colui che risulta in
rapporto di stabile e organica compenetrazione nel tessuto
organizzativo del sodalizio criminale, tale da implicare l’assunzione
di un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale «prende
parte» al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente
per il perseguimento dei comuni scopi criminosi: ai fini
dell’assunzione di un simile ruolo non è peraltro necessaria la
previa sottoposizione a un rituale di affiliazione formale, ma sono
sufficienti facta concludentia.
2. Per converso, assume la veste di concorrente esterno il soggetto
che, pur non essendo inserito stabilmente nella struttura
organizzativa dell’associazione, fornisce tuttavia ad essa «un
concreto, specifico, consapevole, volontario contributo»: sempre
che questo contributo «esplichi una effettiva rilevanza causale e
cioè si configuri come condizione necessaria per la conservazione o
il rafforzamento della capacità operativa dell’associazione o di un
suo particolare settore, ramo di attività o articolazione territoriale».

Verificazione della rilevanza causale


La Cassazione si è preoccupata di precisare che l’efficacia eziologica
del contributo fornito dall’extraneus deve essere accertata ex post, e
cioè proprio alla stregua dei medesimi criteri rigorosi che più in
generale soccorrono per dimostrare il nesso di condizionamento
secondo il modello di sussunzione sotto leggi scientifiche.

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IL REATO COMMISSIVO
COLPOSO

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1. La tipicità Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. AZIONE
Azione e colpa stanno e cadono insieme
Fuori di paradosso, il fatto è che nel campo del delitto colposo vi è
azione penalmente rilevante finché è possibile muovere un
rimprovero per colpa: in altri termini, i presupposti dell’azione
finiscono col coincidere con le condizioni che rendono possibile
l’imputazione colposa.

Coscienza e volontà: reati dolosi e reati colposi


Il concetto di «coscienza e volontà» dell’azione ex art. 42 è
differenziato a seconda che si tratti di reati dolosi o colposi:
a. nei reati dolosi la coscienza e volontà consiste in un coefficiente
psicologico effettivo; invece
b. nei delitti colposi la coscienza e la volontà si identifica
- ora con un dato psicologico (colpa c.d. cosciente),
- ora con un dato normativo (colpa c.d. incosciente).

Colpa incosciente
1. Nei delitti colposi l’azione si considera «voluta» anche quando
Dominabile risulta soltanto «dominabile» dal volere. All’agente, cui si
imputa il fatto, si rimprovera, dunque, di non aver attivato
È dominabile o controllabile un
quei poteri di controllo che doveva e poteva attivare per
atto che può essere impedito
scongiurare l’evento lesivo.
mediante l’attivazione dei
2. Il giudizio sulla «volontarietà» assume in tali casi un
normali poteri di arresto e di
contenuto normativo proprio perché il rimprovero si fonda,
impulso della volontà.
essenzialmente, sul fatto che l’agente non ha osservato, pur
potendolo, lo standard di diligenza richiesto nella situazione
concreta.

II. PREVEDIBILITA’ ED
EVITABILITA’
Criterio di prevedibilità ed evitabilità
DELL’EVENTO
1. La «prevedibilità» e l’«evitabilità» dell’evento costituiscono i
criteri di individuazione delle misure precauzionali da adottare
nelle diverse situazioni concrete, una volta che sia insorta o stia
per insorgere una situazione di pericolo.
2. Nelle situazioni di pericolo già da tempo sperimentate, l’agente
potrà dunque ricorrere all’adozione di regole di condotta
socialmente diffuse che suggeriscono, in base all’esperienza dei
casi simili, gli strumenti da adottare per prevenire o ridurre
determinate conseguenze dannose.
3. Nelle situazioni di pericolo mai sperimentate, proprio perché
mancano norme preesistenti di condotta, il giudizio prognostico
ex novo in questione dovrà essere emesso in base alle
conoscenze possedute dalla cerchia degli stessi sperimentatori
sulla natura del pericolo connesso alle loro attività.

Colpa generica e colpa specifica


 Mentre nella colpa generica, dovuta all’inosservanza di regole
di condotta socialmente diffuse o deducibili in base alle
conoscenze possedute, il criterio di prevedibilità ed evitabilità

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dell’evento si concretizza in un giudizio prognostico sul
pericolo, e sui mezzi atti ad evitare l’evento dannoso,
compiuto dall’agente;
 nella colpa specifica, dovuta all’inosservanza di regole scritte
di codotta, il criterio di prevedibilità ed evitabilità si traduce in
un giudizio prognostico sul pericolo, e sui mezzi atti ad evitare
l’evento dannoso, compiuto dall’autorità che pone la norma
scritta.

Principio di precauzione
Il principio di precauzione, seppur inidoneo a produrre
automaticamente nuove regole cautelari, funge invece da criterio
atto a sollecitare un rafforzamento dei doveri di attenzione e di
informazione tendenti a verificare col massimo scrupolo la
fondatezza dei pericoli o dei rischi paventabili.

III. COLPA GENERICA


Delitto colposo
Il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se
preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di
negligenza o imprudenza o imperizia.

Negligenza
Si ha «negligenza» se la regola di condotta violata prescrive
un’attività positiva: ad es. controllare la chiusura dell’apparecchio
del gas prima di andare a dormire.

Imprudenza
L’«imprudenza» consiste nella trasgressione di una regola di
condotta da cui discende l’obbligo di non realizzare una
determinata azione oppure compierla con modalità diverse da
quelle tenute: ad es. non mettersi alla guida in stato di profonda
stanchezza oppure guidare nel traffico osservando le opportune
cautele.

Imperizia
L’«imperizia» consiste in una forma di imprudenza o negligenza
«qualificata» e si riferisce ad attività che esigono particolari
conoscenze tecniche: ad es. l’attività medico-chirurgica, ecc.

IV. COLPA SPECIFICA


Colpa specifica
Il delitto è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se
Regolamenti preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica per inosservanza di
I «regolamenti» contengono leggi, regolamenti, ordini o discipline.
norme a carattere generale
predisposte dall’Autorità
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pubblica per regolare lo
svolgimento di determinate
attività: si pensi ad es. al
Leggi
regolamento di esecuzione del Nel concetto di «leggi» di cui all’art. 43, comma 3° rientra non una
codice della strada. qualsiasi legge penale, ma soltanto quella legge penale che ha una
specifica finalità cautelare; e, più precisamente, che ha a contenuto
l’impedimento di eventi involontari connessi allo svolgimento di
attività lecite.
Ordini o discipline
Gli «ordini» e le «discipline»
contengono norme indirizzate
ad una cerchia specifica di Verificazione delle esigenze preventive
destinari e possono essere 1. Occorre di volta in volta verificare se le norme «scritte»
emanati sia da Autorità esauriscano la misura di diligenza richiesta all’agente nelle
pubbliche, sia da Autorità situazioni considerate: solo in questo caso l’osservanza di dette
private: si pensi ad es. agli
norme esclude la responsabilità penale.
ordini emessi da soggetti
pubblici o privati per regolare
2. In caso contrario, ove residui cioè uno spazio di esigenze
attività lavorative ovvero alla preventive non coperte dalla disposizione scritta, il giudizio di
disciplina interna di una colpa può tornare a basarsi sulla inosservanza di una «generica»
fabbrica). misura precauzionale.

Norme giuridiche a contenuto prudenziale


La dottrina è solita distinguere le norme giuridiche a contenuto
prudenziale in:
a. norme rigide, che predeterminano in modo assoluto la regola di
condotta da osservare (ad es. arrestarsi davanti al rosso); e
b. norme elastiche, che presuppongono, per essere applicate, che
la regola di condotta sia specificata in base alle circostanze del
caso concreto (ad es. la distanza di sicurezza dei veicoli va
riportata allo spazio di frenata).

V. CONTENUTO DELLA
REGOLA DI CONDOTTA
Obbligo di astensione
Nell’obbligo di astensione il dovere obiettivo di diligenza impone al
Obbligo di soggetto di astenersi dal compiere una determinata azione, perché il
astensione compierla porterebbe con sé un rischio troppo elevato di
Ad es. un uomo colto da realizzazione della fattispecie colposa.
malore, prima di mettere in
moto la macchina, deve
astenersi dal guidare finché il
malore non sia passato. Obbligo di adottare misure cautelari
Nell’obbligo di adottare misure cautelari il dovere obiettivo di
Obbligo di adottare diligenza impone di realizzare l’azione adottando specifiche modalità
misure cautelari comportamentali dettare dalla fonte normativa o dagli usi sociali.
Ad es. la guida di automobili nei
centri abitati è consentita
Misure proprie e misure improprie
rispettando limiti di velocità
Parte della dottrina più recente tende a distinguere le regole
predeterminati.
cautelari in proprie e improprie, e ciò in funzione del diverso grado
di evitabilità dell’evento lesivo:
a. sono definite «proprie» le misure la cui osservanza assicura il
mancato verificarsi dell’evento; e

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b. sono definite «improprie» le misure che si limitano soltanto a
garantire una riduzione del rischio di verificazione di eventi
dannosi.

Obbligo di preventiva Obbligo di preventiva informazione


informazione Nell’obbligo di preventiva informazione il dovere di diligenza impone
Ad es. l’automobilista che di prendere preventiva cognizione di tutte le norme cautelari
intende compiere un viaggio prescritte al fine di evitare che dal proprio comportamento derivino
all’estero, deve prendere conseguenze dannose.
conoscenza delle norme del
codice della strada vigenti nei
paesi stranieri.
Obbligo di controllo sull’operato altrui
Nell’obbligo di controllo sull’operato altrui il dovere di diligenza
impone a colui il quale riveste una posizione gerarchicamente
sovraordinata, che ha scelto con avvedutezza i propri collaboratori e
che li ha istruiti, di controllarne l’operato.

VI. STANDARD
OGGETTIVO DEL
Homo eiusdem professionis et condicionis
DOVERE DI DILIGENZA
Il giudizio di prevedibilità ed evitabilità dell’evento deve essere
effettuato ex ante in base al parametro «oggettivo» dell’homo
eiusdem professionis et condicionis: cioè la misura della diligenza,
della perizia e della prudenza dovute sarà quella del modello di
agente che svolga la stessa professione, o stesso mestiere, lo stesso
ufficio, la stessa attività dell’agente reale.

Conoscenze superiori
L’individuazione di un tipo oggettivo di agente-modello non
impedisce in certi casi di individualizzare ulteriormente la misura
della diligenza imposta: così, se per avventura l’agente reale
possiede conoscenze superiori rispetto a quelle proprie del tipo di
appartenenza, queste dovranno essere tenute in conto nel
ricostruire l’obbligo di diligenza da osservare.

d
Diversamente, proprio i soggetti dotati di conoscenze particolari
avrebbero concesso il privilegio di non rispondere dei loro atti
negligenti o imprudenti.

Orientamento sociologico od orientamento


deontologico?
L’alternativa che si profila per l’individuazione del tipo di agente-
modello corrispondente al caso concreto oggetto di giudizio è tra un
orientamento sociologico e un orientamento deontologico.
1. Secondo l’orientamento sociologico, emblematicamente
rinvenibile nella sentenza costituzionale n. 312/1996 in materia
di esposizione ad attività lavorative rumorose, l’agente-modello,
nel ruolo ad esempio di imprenditore, è tenuto per garantire la
sicurezza dei lavoratori ad adottare le medesime misure
preventive che – nel periodo di tempo considerato – la maggior

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parte degli imprenditori di fatto adottano in relazione allo stesso
tipo di attività produttiva.
2. Secondo l’orientamento deontologico l’agente-modello è
tenuto ad adottare le misure preventive tecnologicamente più
evolute ed efficaci disponibili al momento, anche se si tratta di
misure economicamente costose e non ancora generalmente
diffuse nel settore di attività in questione. In poche parole:
«diligente non è ciò che usualmente viene fatto, ma ciò che si
deve fare, pagando anche i costi connessi».

Doppia misura della colpa


Parte della dottrina penalistica, specie di lingua tedesca, sostiene
che l’accertamento della colpa debba seguire 2 fasi e in questo
senso si parla di doppia misura della colpa: cioè, mentre in sede di
tipicità si accerta la violazione del dovere «obiettivo» di diligenza
commisurato alla stregua dell’agente-modello, rimarrebbe da
verificare in sede di colpevolezza se il soggetto che ha agito in
concreto era in grado (secondo il «suo individuale potere di agire»)
di impersonare il tipo ideale di agente collocato nella situazione
data.

VII. LIMITI AL DOVERE DI


DILIGENZA
Rischio consentito o adeguatezza sociale
1. Il dato di esperienza dimostra come quasi tutte le attività
umane, anche quelle della cui liceità non possiamo dubitare,
presentano marigini ineliminabili di rischio. È per questa
ragione che il giudizio di colpa presuppone che sia oltrepassato il
limite del rischio consentito (o dell’ageduatezza sociale)
nell’ambito delle diverse attività umane.
2. Per verificare l’eventuale superamento del rischio consentito (o
dell’adeguatezza sociale), si rende necessario un bilanciamento
tra il grado di pericolosità di certe azioni/attività e la libertà di
realizzarle in base agli usi sociali o in ragione dei vantaggi che
se ne possono ricavare, beninteso sempre tenendo conto del
rapporto di equilibrio tra i beni giuridici in gioco.
2. Un criterio per l’individuazione preventiva dell’area del rischio
consentito può essere offerto dal riferimento alle autorizzazioni
amministrative, che – ove esistano – rendono esplicitamente
lecito lo svolgimento di determinate attività, subordinandone
l’esercizio al rispetto di precise norme cautelari.

Mancato impedimento del fatto colposo del terzo


La semplice circostanza di prevedere o poter prevedere che una
nostra condotta agevoli il comportamento colposo di un’altra
persona, non è sufficiente a farci incorrere in responsabilità.

Principio dell’affidamento
1. Proprio per l’orientarsi degli standards di diligenza secondo la
misura di agenti-modello ricostruiti alla stregua delle cerchie
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sociali di appartenenza, suscita un’aspettativa sociale che va
sotto il nome di principio dell’affidamento: ogni consociato
cioè può confidare che ciascuno si comporti adottando le
regole precauzionali normalmente riferibili al modello di
agente proprio dell’attività che di volta in volta viene in
questione.
2. Il rispetto del principio dell’affidamento è, del resto, imposto
dalla esigenza di circoscrivere l’ambito del dovere obiettivo di
diligenza incombente su ciascuno entro limiti il più possibile
compatibili col carattere «personale» della responsabilità
penale: in altri termini, se si presuppone in ciascun individuo
capace di intendere e volere l’attitudine ad una
«autodeterminazione» responsabile, ne consegue che
ognuno deve evitare soltanto i pericoli scaturenti dalla
«propria» condotta; ciò di cui invece non si ha l’obbligo è,
appunto, di impedire che realizzino comportamenti pericolosi
terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili.

Mancato impedimento del fatto doloso del terzo


Nella misura in cui l’azione dolosa del terzo è frutto di una libera
scelta del soggetto che ne è autore, vale a maggior ragione il
principio dell’autoresponsabilità: ciascuno risponde delle proprie
azioni deliberate in modo libero e responsabile.

VIII. NESSO DI RISCHIO TRA


COLPA ED EVENTO
Causalità della colpa
La stretta connessione tra colpa ed evento deriva dalla definizione
legislativa del delitto colposo contenuta nell’art. 43 c.p., la quale
richiede che l’evento si verifichi «a causa di negligenza o imprudenza
o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline»: in altre parole, è lo stesso codice a esplicitare la
cosidetta causalità della colpa, esigendo che la violazione della
norma cautelare sia causa dell’evento e che quest’ultimo ne sia,
dunque, conseguenza.

Criterio della concretizzazione del rischio


1. L’evento deve apparire come una concretizzazione del rischio
che la norma di condotta violata tendeva a prevenire.
2. L’evento lesivo provocato dalla condotta colposa, quindi, deve
rientrare nello scopo di tutela perseguito dalla regola cautelare
violata: esso deve cioè appartenere a quel tipo di eventi che
detta regola erax ante finalizzata a prevenire.

Criterio del comportamento alternativo lecito


1. Il nesso di rischio induce controfattualmente a chiedersi come
sarebbero andate le cose qualora l’agente, in luogo di
ometterla, avesse adottato la misura cautelare che aveva
l’obbligo di adottare.

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2. A questo scopo, si prospetta un interrogativo in termini ipotetici
del seguente tenore: rappresentando mentalmente come
realizzato il comportamento doverso (c.d. comportamento
alternativo lecito) imposto ex ante della norma cautelare,
sarebbe risultato questo comportamento davvero idoneo a
evitare il verificarsi dell’evento, tenendo conto ex post di tutte
le particolarità della situazione concreta (e, dunque, includendo
nella base del giudizio anche eventuali dati conosciuti soltanto
successivamente al momento della condotta)?
3. La dottrina più avveduta e la giurisprudenza più recente
tendono a valorizzare proprio il requisito del nesso di rischio
concepito come evitabilità in concreto dell’evento quale
presupposto fondamentale, rilevante già sul piano della
fattispecie oggettiva, perché la responsabilità oggettiva
«occulta»: ciò in nome di esigenze individualgarantistiche, che
delimitino la responsabilità per colpa entro lo spazio degli eventi
evitabili grazie all’adozione delle misure cautelari adatte alla
situazione concreta.

Evitabilità in concreto o no?


1. Se all’evitabilità astratta si accompagna l’evitabilità concreta
dell’evento grazie al comportamento alternativo lecito (di
fatto omesso, ma supposto come idealmente realizzato), si
deve a posteriori concludere che nella situazione data l’evento
non realizza il rischio specificatamente connesso alla regola di
condotta violata; insomma viene meno la connessione di
rischio tra la condotta colposa e l’evento proprio perché
quest’ultimo si sarebbe verificato comunque, cioè anche se
fosse stato in ipotesi adempiuto l’obbligo cautelare. In altre
parole: manca la cosiddetta causalità della colpa, dal
momento che l’evento, pur essendo cagionato dalla condotta
materiale in sé considerata, non è al tempo stesso
conseguenza della sua natura colposa.
2. A voler invece ritienere che la responsabilità penale sussiste in
ogni caso, a prescindere cioè dall’evitabilità concreta
dell’evento quale secondo riflesso del nesso di rischio,
finirebbe in realtà col ridimensionarsi la distinzione tra la
responsabilità a titolo di colpa e la responsabilità cosiddetta
obiettiva basata sulla mera causazione materiale dell’evento.
In nome di esigenze di prevenzione generale ci si
accontenterebbe infatti ai fini dell’affermazione di
responsabilità accertate, oltre al nesso di causalità materiale
tra condotta ed evento, la violazione di una regola cautelare
idonea in astratto a prevenire eventi di un certo tipo; non
importa, poi, se l’evento che effettivamente si verifica sia – a
sua volta – conseguenza della specifica regola di condotta
violata o sia dovuto a fattori imprevedibili che sfuggono al
controllo dell’agente e risultano pertanto da lui in concreto
non neutralizzabili.

2. L’antigiuridicità
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I. CONSENSO
DELL’AVENTE DIRITTO s
La giurisprudenza prevalete tende ad escludere l’efficacia
scriminante del consenso nei reati colposi, facendo leva su due
ordini di argomentazioni.
1. Per un verso, il consenso non scriminerebbe a causa della natura
indisponibile dei beni alla vita e dell’integrità fisica (s’intende
quando si tratti di lesioni dell’integrità fisica eccedente quelle
consentite dall’art.5 c.c.).
2. Per altro verso, sussisterebbe incompatibilità tra il consenso
concepito come volontà di lesione e il carattere involontario del
reato colposo. In questo senso si specifica che di consenso
dell’evente diritto si può parlare soltanto in rapporto ad un
reato doloso, posto che il consenso «è una manifestazione di
volontà dell’avente diritto che aderisce alla volontà dell’agente
diretta a ledere o porre in pericolo un bene indisponibile»; e
considerato altresì che l’espressione «chi lede o pone in pericolo
un diritto col consenso della persona che può validamente
disporne» allude necessariamente a situazioni in cui l’agente si
rappresenta il consenso ricevuto.

Obiezioni
1. L’argomento che fa leva sul carattere indisponibile degli
interessi oggetto di tutela, coglie indubbiamente il segno.
Solo che esso non vale a dimostrare una sorta di
inconciliabilità di principio tra esimente del consenso e reato
colposo: dimostra soltanto che la tesi della compatibilità ha
una portata pratica assai limitata, considerato lo scarso
numeto di reati colposi posti a tutela di interessi disponibili.
2. Quanto al secondo argomento – cioè quello basato sul
contrasto tra la volontà di lesione sottesa al consenso e
l’involontarietà dell’offesa quale requisito della colpa – è da
obiettare che si può consentire ad un’attività pericolosa, senza
per questo 7volere l’effettiva verificazione dell’evento lesivo:
così, la volontaria assunzione del rischio da parte del titolare
del bene varrà certamente a scagionare l’agente tutte le volte
in cui la lesione che di fatto si verifica rientri nell’area di
disponibilità riconosciuta dall’art. 5 c.c.

II. LEGITTIMA DIFESA


Inapplicabilità della legittima difesa
L’applicabilità della legittima difesa al reato colposo è contestata da
d una parte della giurisprudenza: per giustificare un simile
Per esemplificare si consideri il orientamento negativo, si fa leva sul rilievo che la legittima difesa
caso di Tizio il quale, attorniato presuppone la volontà di ledere l’aggressore, mentre nel reato
da alcuni giovani che stanno per colposo fa difetto proprio la volontà dell’offesa.
percuoterlo, estrae un’arma e li
minaccia: ma i giovani, anziché
fuggire, tentano di disarmarlo
per cui, nella colluttazione che Non configurabile l’omicidio colposo
ne consegue, parte La dottrina esclude che il fatto sia punibile a titolo di omicidio
involontariamente un colpo che colposo: se il colluttare per difendere il possesso dell’arma è un
uccide uno degli aggressori. agire che non va al di là dei limiti di quanto è necessario fare in vista
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della propria difesa, apparirebbe contraddittorio definire
imprudente un’azione necessitata nell’accezione di cui all’art. 52.

III. STATO DI NECESSITA’


Genitore che arresta all’improvviso la vettura
Un genitore, uscendo con la propria automobile da un cortile privato
e vedendo il figliolo di pochi anni di età camminare pericolosamente
su di un argine, arresta all’improvviso la vettura nel mezzo della
strada e, così facendo, procura delle lesioni personali ad un
motociclista che si scontra con il veicolo imprudentemente
abbandonato.

Approccio allo stato di necessità


In casi simili a quello di scuola riportato la giurisprudenza
stranamente però tratta lo stato di necessità come causa di
esclusione della «colpa», e non come causa di giustificazione:
probabilmente essa in questo modo intende sottrarsi al
bilanciamento tra i beni in conflitto, al fine di riconoscere la
circostanza esimente anche quando il bene salvato risulti di rango
inferiore a quello offeso.

Violazione del dovere di diligenza


Lo stato di necessità ricorre soltanto quando l’azione necessitata
viola il dovere obiettivo di diligenza.

d
La distinzione tra l’azione necessitata che violi o no il dovere di
diligenza si ripercuote, a sua volta, sull’esistenza del fatto tipico:
onde, non potrà riconoscersi il diritto all’indennità fissato dall’art.
2045 c.c. quando il fatto tipico viene a mancare per la conformità
del comportamento necessitato alla regola precauzionale.

Conducente di autobus
Si pensi al conducente di un autobus, che effettua una brusca
frenata per evitare lo scontro con un autocarro e così provoca delle
lesioni ai passeggeri.
Azione necessitata che adempie ad dovere di
diligenza
La dottrina ritiene che, in casi come questo, «il comportamento
del soggetto, essendo diretto a tutelare anche il bene della
persona che ne risulta offesa, realizza in concreto il migliore
adempimento possibile del dovere generale di prudenza posto a
garanzia della sicurezza della circolazione e può essere perciò
addirittura imposto da un limite logico al rispetto della singola
regola soltanto formalmente violata».

140
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3. La colpevolezza
I. STRUTTURA
PSICOLOGICA DELLA
d
COLPA
Anche nel reato colposo la colpevolezza ha la funzione di
racchiudere i presupposti dell’imputazione soggettiva del fatto al
soggetto agente.

Colpa propria
La colpa propria è caratterizzata dalla mancanza di volontà
dell’evento e rappresenta l’ipotesi tipica di colpa.

Colpa impropria
La colpa impropria costituisce un’ipotesi eccezionale, in quanto –
rispetto alla colpa propria – si configura nonostante la volizione
dell’evento: vi si fanno rientrare tradizionalmente i casi di eccesso
colposo nelle cause di giustificazione (art. 55), di erronea
supposizione colposa di una scriminante (art. 59, ult. comma) e di
errore di fatto determinato da colpa (art. 47).

d
1. I fatti in questione sono strutturalmente colposi: nonostante la
volizione in senso psicologico dell’evento, il dolo non è
configurabile perché manca la coscienza e volontà dell’intero
fatto tipico, stante l’erronea rappresentazione di elementi
corrispondenti alla realtà.
2. Inoltre, ciò che si rimprovera all’agente non è di aver voluto
l’evento, bensì di averlo provocato con negligenza o
imperizia.

Colpa cosciente
Si parla di colpa cosciente o colpa con previsione rispetto alle ipotesi
nelle quali l’agente non vuole commettere il reato, ma si
rappresenta l’evento come possibile conseguenza della sua
condotta.

Colpa incosciente
Ricorre la colpa incosciente quando il soggetto non si rende conto di
potere con il proprio comportamento ledere o porre in pericolo beni
giuridici altrui.

d
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In questi casi il rimprovero che si muove al soggetto è di non aver
prestato sufficiente attenzione alla situazione pericolosa.

II. MISURA DEL DOVERE


DI DILIGENZA
Doppia misura del dovere di diligenza
Secondo la «doppia» misura del dovere di diligenza elaborata dalla
Doppia misura del dottrina, una volta accertata in sede di tipicità la violazione del
dovere di diligenza dovere obiettivo di diligenza enucleato alla stregua dell’homo
1. Per esemplificare questa eiusdem condicionis et professionis, il rimprovero di colpevolezza
duplice dimensione del
viene fatto dipendere dall’accertamento all’attitudine del soggetto
giudizio di colpa, si
consideri il caso di un che ha in concreto agito ad uniformare il proprio comportamento
principiante che, pur alla regola di condotta violata: tale verifica dovrebbe tener conto del
compiendo livello individuale di capacità, esperienza e conoscenza del singolo
un’esercitazione di guida agente (c.d. misura soggettiva).
nel rispetto di tutte le
precauzioni imposte dal
codice della strada, si
venga improvvisamente a
Limiti fisico-intellettuali nel giudizio di colpa: si o no?
trovare in una situazione di L’oggetto della disputa che continua a dividere «oggettivisti» e
emergenza e che, a causa «soggettivisti» è stabilire se, ai fini del giudizio di colpa, assumano
dell’inesperienza, non rilevanza le caratteristiche fisice e/o intellettuali come: difetti,
riesca a realizzare la menomazioni o cattive condizioni di salute, livello di socializzazione
manovra necessaria ad e scolarizzazione, conoscenze ed esperienze.
impedire il ferimento di un 1. Se si privilegiano le esigenze di prevenzione generale, con la
terzo. connessa necessità di potenziare al massimo la
2. Si dovrà – in un caso del responsabilizzazione dei consociati, è più coerente
genere – pretendere la
oggettivizzare il giudizio di colpa fino al punto di prescindere
perizia esigibile da un
automobilista medio dalla considerazione dei limiti fisico-intellettuali dell’agente
dotato di riflessi, freddezza, concreto.
ecc. e, quindi, ravvisare la 2. Non così, invece, ove prevalga la preoccupazione di evitare il
colpa nell’errore di rischio di una strumentalizzazione dell’agente concreto per fini
manovra; oppure, si dovrà di difesa sociale e tutela dei beni giuridici.
pervenire ad un giudizio di
assoluzione tenendo conto
delle ridotte capacità
d
dell’agente concreto? Per 1. In una prospettiva di equilibrato bilanciamento tra difesa
rispondere a questa sociale e principio di colpevolezza, ad avviso dei Fiandaca-
domanda bisogna stabilire Musco preferibile, è giusto evitare che si risponda
fino a che punto possa penalmente al di là dei limiti fisico-intellettuali di ciascuno.
giungere l’esigenza di 2. È da ritenere che la colpa venga meno, per mancanza di
personalizzazione del rimproverabilità soggettiva, in casi come quelli
rimprovero di colpa. dell’automobilista principiante incapace di affrontare una
situazione di emergenza.

III. GRADO DELLA COLPA Grado di divergenza tra condotta tenuta-condotta


doverosa
Se l’essenza della colpa consiste nella violazione del dovere obiettivo
di diligenza, eventualmente commisurata alla stregua del personale
potere di agire dell’agente concreto, per stabilire quanto grave sia la
colpa dovrà accertarsi la misura di divergenza tra la condotta
effettivamente tenuta e la condotta che era invece da attendersi in
base alla norma cautelare cui ci si doveva attenere nel caso di
specie.

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Criterio di valutazione oggettivo e soggettivo


In sede di verifica del grado di divergenza, soccorreranno un criterio
Criterio di valutazione di valutazione oggettivo e un criterio di valutazione soggettivo, che
oggettivo e soggettivo nella maggior parte dei casi si integreranno reciprocamente:
Per esemplificare, si consideri il 1. in un primo momento, si tratterà cioè di accertare quanto il
caso di un autista di pullman il comportamento concretamente realizzato si allontani dallo
quale, quasi alla fine del suo
standard oggettivo della diligenza richiesta; mentre
turno di lavoro, supera il limite
di velocità (ad es. 120 km orari
2. in un secondo momento, ci si preoccuperà di verificare le cause
anziché 90) per giungere più soggettive che hanno fatto sì che l’agente concreto non
presto a casa, ma non si osservasse la misura prescritta di diligenza.
accorge, a causa dell’eccessiva
stanchezza, di un segnale di
stop e provoca così un
incidente non riuscendo a
frenare in tempo: facendo
contemporanea applicazione
del duplice criterio accennato,
nella graduazione della colpa il
giudice dovrà contemperare la
sensibile divergenza tra limite di
velocità prescritto e velocità
concretamente tenuta col
valore attenuante attribuibile
allo stato di stanchezza.

IV. CAUSE DI ESCLUSIONE Tipizzazione delle cause di esclusione della


DELLA COLPEVOLEZZA colpevolezza
1. Secondo parte della dottrina italiana alla necessità di tipizzare le
cause di esclusione della colpevolezza il legislatore italiano del
1930 è venuto incontro in misura più larga di quanto non sia
avvenuto in altri ordinamenti.
2. È in questa prospettiva, infatti, che qualche autore legge le
disposizioni codicistiche relative al «caso fortuito», alla «forza
maggiore» (art. 45) e al «costringimento fisico» (art. 46): cioè,
sia il caso fortuito, sia la forza maggiore, sia il costringimento
fisico costituirebbero delle ipotesi legislativamente previste di
circostanze anormali, che impediscono all’agente di conformare
il proprio comportamento alla regola obiettiva di diligenza da
osservare nel caso concreto.

Situazioni di perturbamento
1. La rilevanza scusante delle situazioni di perturbamento ora
accennate può, nel nostro ordinamento, desumersi da
un’avveduta interpretazione dell’art. 42.
2. La formula «nessuno può essere punito per un’azione od
omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha
commessa con coscienza e volontà» è, infatti, idonea a fungere
da clausola generale ricomprendente tutte quelle circostanze
anormali non tipizzate o innominate: cioè quelle circostanze

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come appunto stati di terrore, stati ipnotici, obnubilamenti
improvvisi, ecc., che escludono la colpevolezza perché inibiscono
i poteri di orientamento cosciente e volontario dell’agente.

4. La cooperazione colposa
I. DISCIPLINA DELL’ART.
133
Cooperazione colposa
Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla
cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene
stabilite per il delitto stesso.

Legame psicologico tra


i soggetti agenti Legame psicologico tra i soggetti agenti
a. Così, si avrebbe ad es. 1. Secondo l’orientamento dogmatico affermatosi nell’ambito della
cooperazione colposa dottrina tradizionale, il discrimine tra cooperazione colposa e
nell’ipotesi del proprietario concorso di cause autonome viene segnato dall’esistenza o no di
dell’auto che istighi il un legame psicologico tra i diversi soggetti agenti.
conducente a tenere una 2. In ogni caso, la consapevolezza di collaborare (caratteristica del
velocità eccessiva, qualora legame psicologico) varrebbe a far incriminare una condotta di
ne consegua un cooperazione che, in se stessa considerata, può anche non
investimento; mentre essere direttamente in contrasto con alcuna regola a contenuto
b. si avrebbe concorso di fatti
cautelare, e che riceve la qualifica di colposa soltanto per
colposi indipendenti ad es.
nel caso di due riflesso dell’altrui negligenza, imprudenza o imperizia cui ci si
automobilisti i quali, l’uno limita a volontariamente aderire.
all’insaputa dell’altro, 3. In questo modo l’art. 113 assolverebbe non solo la funzione di
concorrano a provocare disciplina (nel senso cioè di assoggettare ad un particolare
uno stesso incidente. trattamento penale fatti che sarebbero già automaticamente
reprimibili in base alle fattispecie di parte speciale), ma anche
una funzione incriminatrice: esso cioè servirebbe ad attribuire
Legame psicologico rilevanza penale a comportamenti colposi atipici rispetto alle
All’interno del medesimo fattispecie monosoggettive di parte speciale, come tali non
orientamento, si segnala una punibili in assenza di una norma ad hoc estensiva della
differenza di posizioni: punibilità.
a. secondo alcuni autori, è
sufficiente che questo
legame psicologico consista
nella consapevolezza di Introduzione dell’art. 113
collaborare con la propria La ratio dell’introduzione dell’art. 113 è da far risalire all’intento del
condotta all’azione legislatore del 1930 di risolvere autoritativamente la disputa
materiale altrui, beninteso dottrinale che allora si agitava intorno all’ammissibilità di una
in assenza della volontà di compartecipazione criminosa sul terreno del reato colposo:
cagionare l’evento lesivo; l’obiezione principae che in proposito veniva mossa, faceva leva
b. secondo altri, è invece sulla denuncia del contrasto tra il requisito del «previo accordo»
necessaria l’ulteriore (allora ritenuto elemento necessario del concorso) e il carattere
consapevolezza del
«involontario» della colpa.
carattere colposo della
condotta altrui.

Orientamento di tipo repressivo


Una scelta politico-criminale improntata ad un orientamento di tipo
repressivo, sollecitato dalla preoccupazione di colmare le lacune di
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tutela che sarebbero conseguite all’eventuale prevalere della tesi
asserente l’incompatibilità tra l’istituto del concorso e la
responsabilità colposa.

IL REATO OMMISSIVO

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1. Le nozioni generali Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. PREMESSA
Reato omissivo
1. Fino a buona parte dell’ottocento, in coerenza con la predominante
ideologia individualistico-liberale – che riconosce il principio della
libertà d’azione del cittadino, temperato, di regola, dal solo obbligo
di non aggredire le altrui posizioni di interesse –, la responsabilità
per omissione non può che costituire l’eccezione: e non può essere
diversamente, in quanto l’incremento di tale forma di
responsabilità presuppone l’affermarsi di un principio diverso
quello solidaristico – che fa obbligo non tanto o non solo di
astenersi dal compiere azioni lesive, quanto di intervenire
attivandosi per la salvaguardia di beni altrui posti in pericolo.
2. L’avvertita esigenza di affinare l’elaborazione dogmatica degli
illeciti di omissione si colloca all’incirca a cavallo tra la fine
dell’ottocento e l’inizio del novecento, ed è coevo all’emersione di
nuove tendenze sociali solidaristiche di cui lo stesso Stato si fa
carico mediante l’assunzione di funzioni interventistiche: proprio in
vista dell’assolvimento di questi compiti positivi di tutela, diventa
sempre più frequente – soprattutto nell’ambito della legislazione
penale speciale (si pensi ad es. alla legislazione relativa alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, alla normativa in tema di
assicurazione obbligatoria ecc.) – l’impostazione di obblighi di
attivarsi penalmente sanzionati nei confronti di soggetti (esempio
tipico: i «datori di lavoro») che rivestono un ruolo preminente
nell’attività socio-economica.

II. PROTEZIONE DEI BENI


GIURIDICI
Diritto penale dell’azione e diritto penale dell’omissione
 Mentre il diritto penale dell’«azione» (costituito cioè reprimerebbe
Diritto penale la modificazione in peggio di una situazione preesistente, e cioè la
dell’azione lesione di un (preesistente) bene giuridico;
Il diritto penale dell’«azione» è
 il diritto penale dell’«omissione» tenderebbe, invece, a
costituito dai «divieti» che
vengono violati da azioni promuovere il progresso e il benessere collettivo: da questo punto
«positive». di vista, le fattispecie omissive (proprie) costituirebbero lo
strumento tecnico-legislativo privilegiato per realizzare quella
Diritto penale funzione «propulsiva» del diritto penale.
dell’omissione
Il diritto penale dell’«omissione»
è costituito da «comandi» di agire Illecito di pura disobbedienza
in un determinato modo. Una parte della dottrina – sulle orme del Binding – è inclina a degradare
il reato omissivo puro a illecito di pura disobbedienza.

Mancata produzione di un bene/utilità futura


Vi è chi sostiene che il disvalore dell’illecito omissivo proprio consista
non tanto nella lesione di un bene giuridico preesistente, quanto nella
mancata produzione di un bene o di una utilità futura.

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III. REATI OMISSIVI PROPRI
E REATI OMISSIVI Reati omissivi propri (o puri)
IMPROPRI
Sono definibili «propri» i delitti omissivi che consistono nel mancato
compimento di un’azione che la legge penale comanda di realizzare.
Reati omissivi
propri
Così, ad es., la fattispecie di
omissione di soccorso (art. 593) Reati omissivi impropri (o impuri)
incrimina la semplice omissione Sono definibili «impropri» i reati omissivi che consistono nella
dell’assistenza occorrente ad una violazione dell’obbligo di impedire il verificarsi di un evento tipico ai
persona che si trova in pericolo: sensi di una fattispecie commissiva-base.
se ne consegue la morte del
soggetto bisognoso d’aiuto,
l’omittente non risponde di
omicidio, ma si applica soltanto
una circostanza aggravante (art.
593, comma 3°).

Reati omissivi
impropri
Così ad es. la madre che non
presta soccorso al figlio in
pericolo, o il bagnino che non
aiuta il nuotatore in difficoltà
possono rispondere – ove ne
sussistano tutti i requisiti – di
omicidio mediante omissione.

2. La tipicità
I. FATTISPECIE OBIETTIVA
DEL REATO OMISSIVO
Concetto di omissione
PROPRIO
Falliti gli sforzi diretti a individuare una dimensione «fisica»
dell’omissione, l’orientamento in atto dominante propende per
l’accoglimento della teoria c.d. normativa: ripetendo le parole del
Grispigni – che è stato in Italia tra i principali propugnatori della teoria –
, possiamo definire l’omissione come «non compimento – da parte di
un soggetto – di una determinata azione, che era da attendersi in base
ad una norma».

Possibilità di agire nel senso normativamente richiesto


Il compimento dell’azione comandata presuppone, in realtà, che il
soggetto abbia «la possibilità di agire» nel senso normativamente
richiesto.

Possibilità materiale di adempiere


Sul piano della tipicità della condotta omissiva, tale possibilità di agire
va intesa nel senso minimo di possibilità materiale di adempiere il
comando.

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Assenza di attitudini Assenza di attitudini psicofisiche


psicofisiche La possibilità materiale di agire può essere esclusa sia dall’assenza di
Ad es. non si può sostenere che attitudini psicofisiche.
omette di soccorrere il bagnante
in pericolo colui il quale non è in
grado di nuotare.
Assenza di condizioni esterne indispensabili
La possibilità materiale di agire può essere esclusa dalla mancanza
Assenza di condizioni
delle condizioni esterne indispensabili per compiere l’azione
esterne indispensabili doverosa.
Ad es. non si può sostenere che
omette di soccorrere chi si trova
a grande distanza dal luogo del
soccorso o è obiettivamente Serio sforzo di adempimento
privo dei mezzi necessari per Il reato viene meno se il soggetto ha compiuto un serio sforzo di
prestare aiuto. adempiere all’obbligo di agire e l’insuccesso è dovuto a circostanze
esterne.
Serio sforzo di
adempimento
Ad es. la denuncia di un reato
Attivazione di uno dei co-obbligati
arriva tardivamente all’Autorità
per uno sciopero postale.
Ove si tratti di doveri di agire che incombono su più soggetti, e che non
presuppongono necessariamente un adempimento di tipo personale,
l’attivarsi da parte di uno dei co-obbligati può far venire meno i
Attivazione di uno
presupposti della situazione tipica e, quindi, può rendere penalmente
dei co-obbligati
irrilevante l’omissione di coloro i quali rimangono successivamente
Così ad esempio, se in una
spiaggia più bagnant si accorgono
inattivi.
di un bambino che sta per
annegare, e uno interviene per
soccorrerlo, gli altri sono esentati
dall’intervenire se l’aiuto prestato
dal primo risulta efficace: la loro
omissione, perciò, non potrà mai
integrare il reato di omesso
soccorso.

II. FATTISPECIE OBIETTIVA


DEL REATO OMISSIVO
Reato omissivo improprio
IMPROPRIO
1. Si è storicamente ritenuto che, almeno in alcuni casi (e quello
dell’omicidio è in proposito problematico), il non impedire, benchè
non esplicitamente menzionato dalla norma incriminatrice,
sostanzialmente eguagli, quanto a disvalore, la corrispondente
ipotesi di commissione del reato mediante azione positiva.
2. Ed è in questo senso che si spiega la stessa origine storica della
etichetta «reato omissivo improprio» o dell’altra – equivalente –
«reato commissivo mediante omissione»: secondo cioè
l’impostazione più tradizionale, i casi di mancato impedimento di
un evento tipico, lungi dall’integrare un vero e proprio illecito di
omissione, costituirebbero una mera forma di manifestazione dei
reati commissivi espressamente tipizzati dal legislatore.

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Reati di mera omissione


A differenza dei reati di mera omissione, che contravvengono ad un
comando di agire, i reati omissivi impropri violerebbero pur sempre il
divieto di cagionare l’evento che dà vita alla fattispecie commissiva:
l’unica particolarità consisterebbe nel fatto che questa volta il divieto si
specifica nel divieto di cagionare, con la propria omissione, l’evento
tipico.

Clausola generale di equivalenza


Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire,
equivale a cagionarlo29.

Assenza di puntale tipizzazione legislativa


La previsione della c.d. clausola generale di equivalenza sorge a causa
dell’assenza di una puntuale tipizzazione legislativa espressa della
materia delle omissioni improprie nella parte speciale del codice:
questa rinuncia trova plausibile giustificazione nel convincimento,
invero a tutt’oggi dominante, che il legislatore non sia in grado di
prevenire una volta per tutte i molteplici e mutevoli casi di
equivalenza tra azione causale ed omissione non impeditiva.

Tipologie delittuose suscettive di conversione


1. Muovendo dalla circostanza secondo la quale la norma di cui all’art.
40 si trova inserita nella rubrica «rapporto di causalità», la dottrina
ritiene che la connessione operata dal legislatore tra regola
dell’equivalenza e problema causale si presta a valere come indice
a favore di una delimitazione dell’ambito operativo della fattispecie
omissiva impropria: si tratta cioè del riconoscimento, a livello di
normazione positiva, che la regola di cui all’art. 40 è applicabile
soltanto ai reati di evento.
2. Come specifico campo d’azione della regola dell’equivalenza ex art.
40 residua quello dei reati causali puri: cioè di quei reati di evento,
la cui carica di dislvalore si concentra tutta nella produzione del
risultato lesivo, mentre appaiono indifferenti le specifiche modalità
comportamentali che innescano il processo causale.
3. Ad un attento esame, l’ambito dei reati di evento caratterizzati
dalla mera attitudine causale della condotta tende,
prevalentemente, a circoscriversi attorno a 2 ipotesi tipiche:
- da un lato, venfono in questione i classici delitti contro la vita e
l’incolumità individuale, all’interno dei quali si colloca il delitto di
evento per antonomasia – l’omicidio;
- dall’altro, determinati reati contro l’incolumità pubblica (artt. 422,
423, 426, 428, 430, ecc.).

29
In tal modo, il reato omissivo improprio finisce con l’essere ricostruito dall’interprete in base all’innesto della disposizione di cui
all’art. 40 sulle norme di parte speciale che prevedono le ipotesi di reato commissivo suscettive – a loro volta – di essere
«convertite» in corrispondenti ipotesi commissive.
149
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Causalità ipotetica30
In coerenza con l’interpretazione dell’art. 40 nel senso dell’equivalenza
– e una volta preso atto dell’inevitabile fallimento degli sforzi diretti ad
attribuire efficacia causale all’omissione (ex nihilo nihil fit) –, la dottrina
in atto dominante giustamente nega che nei reati omissivi sia dato
riscontrare un rapporto di causalità eguale a quello esistente nei reati
di evento commessi mediante azione.

Reati commissivi e reati omissivi impropri


 Mentre nei reati commissivi si tratta di stabilire un nesso di
derivazione tra dati reali del mondo esterno (e cioè, tra l’azione
come dispiegamento di energia causale e il risultato dannoso);
 nei reati omissivi impropri il problema è di verificare se e in che
modo l’eventuale compimento dell’azione dovuta avrebbe inciso
sul corso degli accadimenti e, in particolare, se sarebbe valso a
evitare la verificazione dell’evento lesivo.

Giudizio prognostico (o ipotetico)


1. Nei reati omissivi, per determinare il nesso omissione-evento, si
emette un giudizio ipotetico o prognostico: cioè l’organo
giudicante suppone mentalmente come realizzata l’azione
doverosa omessa e si chiede se, in presenza di essa, l’evento lesivo
sarebbe venuto meno.
2. Per effettuare una simile prognosi, il giudice non potrà però basarsi
soltanto sulle sue personali conoscenze: anche questa volta, i criteri
Sussunzione sotto di giudizio non possono che essere quelli del modello della
leggi sussunzione sotto leggi.
Così, se si deve ad es. accertare
3. Dopo aver individuato la «legge di copertura», in virtù della quale
un nesso di condizionamento tra
l’omissione del medico del pronto
sia consentito affermare che al verificarsi di certi antecedenti
soccorso che non ha praticato vengono generalmente meno determinate conseguenze, si potrà
l’iniezione antitetanica e la morte anche questa volta usare, come «test di controllo», la formula della
di un ferito provocata da condicio sine qua non; la quale, riferita all’illecito omissivo
infezione tetanica, occorre prima improprio, va così articolata: l’omissione è causa dell’evento
verificare se esiste una legge quando non può essere mentalmente sostituita dall’azione
biologica la quale asserisce che doverosa, senza che l’evento venga meno (nell’ipotesi esemplificata
l’inoculazione del siero, a certe accennata, l’omissione è dunque «causale» se, supponendo
dosi, rende generalmente mentalmente praticata l’iniezione antitetanica, la morte da tetano
inattivo il focolaio infettivo.
sarebbe venuta meno).

Grado di certezza
1. Quanto al grado di certezza raggiungibile nell’accertamento della
causalità omissiva, parte della dottrina si preoccupa di sottolineare

30
Purché risulti chiara la peculiare natura del nesso di condizionamento tra condotta omissiva ed evento, può ritenersi di
secondaria importanza la questione relativa alla qualificazione terminologica di tale nesso. Da questo punto di vista, può
indifferentemente parlarsi di causalità ipotetica o di causalità in senso normativo: l’essenziale è che si sia consapevoli che si tratta
non di un rapporto causale vero e proprio, bensì di un suo equivalente ai fini dell’imputazione giuridica al soggetto «garante»
dell’evento non impedito.
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che, trattandosi di un giudizio effettuato in termini ipotetici, non si
può pretendere lo stesso rigore esigibile nell’accertamento del
nesso causale vero e proprio.
2. Ciò dovrebbe indurre ad accontentarsi di richiedere, in sede di
applicazione della formula della condicio, che l’azione doverosa,
ove compiuta, valga ad impedire l’evento con una probabilità
vicina alla certezza.

Posizione di garanzia
1. Il principio di equivalenza tra l’omissione non impeditiva e l’azione
causale presuppone non già un semplice obbligo giuridico di
attivarsi, ma una posizione di garanzia nei confronti di un bene
protetto: la quale è, in generale, definibile come uno speciale
vincolo di tutela tra un soggetto garante ed un bene giuridico,
determinato dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a
Obblighi di garanzia proteggerlo autonomamente.
1. Obblighi di garanzia 2. La natura «speciale» del vincolo di tutela relativo alle situazioni di
penalmente rilevanti ai sensi garanzia si riflette necessariamente anche sulla natura degli
dell’art. 40 possono ad es. obblighi di attivarsi che da tali situazioni discendono: gli obblighi di
derivare da una fattispecie garanzia hanno infatti un carattere speciale perché incombono
omissiva propria come quella soltanto su alcuni soggetti (i c.d. garanti), e non sulla generalità dei
preveduta dall’art. 677,
cittadini.
comma 3°: l’omissione di
lavori in edifici o costruzioni
che minacciano rovina qui è Posizione di protezione e posizione di controllo
infatti imputabile non a In base ad una classificazione funzionale incentrata sul contenuto
«chiunque», bensì soltanto al materiale e sullo scopo della posizione di garante, le posizioni di
«proprietario» dell’edificio o garanzia possono essere inquadrate nei 2 tipi fondamentali della
della costruzione. posizione di protezione e della posizione di controllo.
2. Ne consegue che, ove dalla
condotta omissiva Posizione di protezione
eventualmente scaturiscano La «posizione di protezione» ha per scopo di preservare
eventi lesivi della vita o «determinati beni giuridici» da tutti i pericoli che possono
dell’incolumità di ignari minacciarne l’integrità, quale che sia la fonte da cui scaturiscono.
passanti, il proprietario potrà
essere chiamato a rispondere Posizione di controllo
non solo ai sensi dell’art. La «posizione di controllo» ha per scopo di neutralizzare
677, ma anche di omicidio o «determinate fonti di pericolo», in modo da garantire l’integrità di
tutti i beni giuridici che ne possono risultare minacciati.
di lesioni realizzate mediante
omissione (colposa).

Posizioni originarie e posizioni derivate


Posizioni originarie Le posizioni di garanzia – siano esse di protezione o di controllo –
Le posizioni di garanzia originarie possono, altresì, distinguersi in originarie e derivate.
nascono in capo a determinati
soggetti, in considerazione dello
specifico ruolo o della speciale Assunzione volontaria della posizione di garante
posizione di volta in volta 1. Obblighi di garanzia penalmente rilevanti possono, altresì,
rivestita (si pensi agli obblighi di derivare da una assunzione volontaria della posizione di garante:
attivarsi gravanti sui genitori). si allude cioè alle ipotesi in cui un soggetto svolge
«spontaneamente» compiti di protezione di certi beni, stante
l’incapacità dei relativi titolari di provvere da se medesimi.
Posizioni derivate
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Le posizioni di garanzia derivate 2. Ai fini della rilevanza «penalistica» delle posizioni di garanzia
trapassano dal titolare originario spontaneamente assunte l’intervento del garante deve
ad un soggetto diverso per lo più determinare o accentuare un’esposizione al pericolo del bene da
mediante un atto di proteggere: ad es. perché tale intervento o induce ad affrontare
trasferimento negoziale (si pensi un pericolo che altrimenti non si sarebbe corso (l’alpinista, grazie
al caso della baby sitter che si alla spontanea presenza della guida, decide di avventurarsi in una
impegna di sorvegliare i bambini difficile scalata), ovvero impedisce l’attivarsi di «istanze di
in assenza dei genitori). protezione» alternative (la madre non provvede per alcuni giorni
ad allattare il bambino, confidando nell’intervento di una vicina
che si è spontaneamente impegnata ad allattarlo in sua vece).

3. L’antigiuridicità
I. ANTIGIURIDICITA’
s
L’antigiuridicità esplica nel reato omissivo – non diversamente da
quanto avviene nel reato commissivo – la funzione di «convalidare»
l’illiceità «indiziata» dalla conformità al tipo: onde, se sussiste una
causa di giustificazione, l’omissione tipica non risulta antigiuridica e la
punibilità viene meno.

4. La colpevolezza
I. DOLO OMISSIVO
Situazione tipica pregnante
Situazione tipica Nelle fattispecie con situazione tipica «pregnante», l’obbligo di attivarsi
pregnante ha per presupposto una realtà naturalistica o sociale immediatamente
Esempio significativo quello percepibile dal soggetto, a prescindere dalla conoscenza che egli abbia
dell’omissione di soccorso, la cui
dell’obbligo giuridico di agire.
situazione tipica esprime una
sufficiente capacità ammonitrice
o di impulso psicologico per il
soggetto tenuto a soccorrere: il Situazione tipica neutra
vedere ad es. un ferito grondante 1. Le fattispecie con situazione tipica «neutra» riflettono fattispecie di
sangue ai bordi di una strada pura creazione legislativa, vale a dire tipi di illecito penale che sono
provoca infatti una sufficiente
tali soltanto per volontà del legislatore, senza che ad essi preesista
spinta psicologica ad agire,
un disvalore socialmente percepibile o diffuso.
ancorchè il soggetto per
avventura ignori che esiste una 2. In questi casi, il presupposto dell’obbligo di agire di per sé non dice
norma penale che incrimina nulla al soggetto se egli non conosce, o quanto meno non ha
l’omesso soccorso. In casi del ragione di sospettare l’esistenza di una norma giuridica che vi
genere, dunque, la coscienza e riconnette rilevanza.
volontà di omettere può fare a
meno della coscienza (attuale)
dell’obbligo giuridico di attivarsi
d
Perché l’omittente risponda a titolo di dolo in generale occorre non
penalmente.
solo la conoscenza dei presupposti (c.d. situazione tipica) del dovere
di attivarsi, ma anche la consapevolezza della «possibilità di agire»
nella direzione voluta dalla norma: infatti, senza quest’ultimo
elemento, l’omissione non può mai esprimere il significato di una
risoluzione, di una scelta tra due o più possibilità.

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Conoscenza dell’obbligo extrapenale di agire


Entra a far parte del dolo la conoscenza dell’obbligo «extrapenale» di
agire, derivante ad es. da un contratto o da altro atto negoziale: tale
conoscenza può a sua volta costituire un presupposto indispensabile
perché il soggetto si renda conto di rivestire una posizione di garanzia,
sicché un errore in proposito, convertendosi in un errore sulla
situazione tipica, è in grado di dispiegare efficacia scusante ex art. 47,
ultimo comma.

Configurabilità del dolo


Ai fini della configurabilità del dolo non si richiede che l’omittente
sappia che la violazione dell’obbligo di garanzia è penalmente
sanzionata: ciò in applicazione della regola generale, secondo cui non è
richiesta la conoscenza (attuale) della norma penale trasgredita.

II. COLPA
Possibilità di agire
L’adempimento del dovere di diligenza presuppone – è ovvio – che il
soggetto obbligato abbia la «possibilità di agire» nel senso richiesto.

Articolazioni della possibilità d’agire


I requisiti nei quali si articola la possibilità d’agire sono così
compendiabili:
a. conoscenza/riconoscibilità della situazione tipica;
b. possibilità obiettiva di agire;
c. conoscenza/riconoscibilità del fine dell’azione doverosa;
d. conoscenza/riconoscibilità dei mezzi necessari al raggiungimento
del fine medesimo.

Verifica sull’adempimento del dovere oggettivo di


diligenza
1. Per stabilire se la condotta omissiva si ponga in contrasto col
dovere «oggettivo» di diligenza, basta valutare la possibilità di
agire alla stregua di un «modello» di agente avveduto che, posto
nella situazione data, sia in grado di riconoscere la situazione tipica
e di agire nel senso voluto dall’ordinamento.
2. L’ulteriore indagine sulle capacità psico-fisiche dell’omittente
concreto va compiuta in un momento successivo, cioè in sede di
colpevolezza. Ma anche questa volta, sarà di regola sufficiente
accertare l’assenza di «circostanze anormali» capaci di rendere
eccezionalmente impossibile anche all’agente modello di
comportarsi nel modo richiesto.
3. Una siffatta verifica abbisogna, ovviamente, di un punto di
riferimento spazio-temporale: e questo non può che essere dato
dal comportamento effettivamente tenuto (l’inerzia o attività
diversa da quella comandata) dall’omittente; soltanto accertando le
concrete modalità della condotta tenuta è possibile, infatti, stabilire
se sussistano eventuali fattori eccezionali capaci di inibire la
volontarietà del comportamento omissivo.
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III. COSCIENZA
DELL’ILLICEITA’ Possibilità di conoscere il precetto penale
Nel settore dei reati omissivi, ai fini della sussistenza della colpevolezza,
è sufficiente la possibilità di conoscere il precetto penale costituito,
nella specie, dal comando di agire penalmente sanzionato.

Reati omissivi e reati commissivi


 Onde, nel campo dei reati omissivi, la possibilità di non conoscere il
precetto penale va sempre presa in considerazione; mentre
 Nel campo dei reati commissivi tale possibilità è da tenere in conto
soltanto in presenza di circostanze oggettive.

5. Il tentativo
I. TENTATIVO
Reati omissivi impropri
1. Il concorde riconoscimento della configurabilità del tentativo nei
delitti omissivi impropri si spiega col fatto che tali delitti
strutturalmente si atteggiano a reati di evento. Sicchè è possibile
ipotizzare il tentativo in tutti i casi, nei quali la condotta omissiva
volontaria non è seguita per circostanze fortuite dalla verificazione
dell’evento.
2. Se qualche dubbio sussiste, questo riguarda la determinazione del
momento «inziale» dell’omissione punibile: la soluzione
probabilmente più corretta consiste nel ritenere che l’omissione
tentata assuma rilevanza penale nel momento in cui il ritardo
nell’azione di salvataggio provoca un pericolo «diretto» per il bene
tutelato o, comunque, aggrava una situazione di pericolo
preesistente.

Reati omissivi propri


1. La dottrina tradizionale ritene il tentativo inammissibile in relazione
ai delitti omissivi «puri».
- L’opinione negativa circa la configurabilità del tentantivo nei delitti
omissivi propri, ha principalmente fatto leva sul rilievo decisivo
attribuito all’argomento dell’essenzialità del termine
dell’adempimento: «se il termine utile per compiere l’azione
prescritta – è stato infatti osservato – non è scaduto, il non averla
posta in essere non implica ancora violaione dell’obbligo, mentre se
il termine è scaduto, il reato è già perfetto».
- Una seconda obiezione si è incentrata sulla circostanza che
l’omissione, non essendo immediatamente percepibile con i sensi,
può rimanere, in gran parte dei casi, inaccessibile alla coscienza
dell’osservatore: con la conseguenza che riuscirà impossibile, a
quest’ultimo, riconoscere l’obiettivazione di una volontà diretta a
non ottemperare alla pretesa normativa.
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2. In una parte della dottrina si profila un mutamento di tendenza
favorevole al tentativo nei reati omissivi «puri».
- Ove il termine per adempiere non sia decorso, ci si troverà di fronte
ad un’ipotesi di tentativo tutte le volte che un soggetto obbligato
precostituisca una situazione tale da rendere impossibile
l’ottemperanza alla pretesa normativa.

6. La partecipazione criminosa
I. PARTECIPAZIONE NEL
REATO OMISSIVO
Concorso mediante omissione
Rispetto al concorso mediante omissione in un reato omissivo, ci si è
Concorso mediante
limitati a rivelare che il fenomeno è ammissibile allorché più soggetti
omissione d obbligati decidano, di comune accordo, che ciascuno non adempirà al
Ad es. più persone convengono di
suo obbligo di condotta.
non prestare soccorso ad un
ferito nel quale si sono per caso
imbattute.
Concorso mediante azione
Concorso mediante La dottrina ammette che si può configurare un concorso mediante
azione azione in un reato omissivo.
a. Si ipotizzi che Tizio istighi
Caio a non soccorrere una
persona in pericolo.
b. A ben vedere, però, il ricorso
all’istituto della
partecipazione criminosa si
rivela in casi come questo
superfluo, qualore
l’istigatore sia
personalmente in grado di
soccorrere la persona in
pericolo: in presenza di tale
condizione, infatti, anch’egli
può bene assumere
direttamente il ruolo di
«autore» del delitto di
omissione di soccorso.

II. PARTECIPAZIONE NEL


REATO COMMISSIVO
Concorso mediante omissione
Si può concorrere mediante omissione nella realizzazione di un reato
commissivo soltanto a condizione che l’omittente sia «garante»
dell’impedimento dell’evento: evento questa volta costituito, appunto,
dal «reato» direttamente commesso da terzi soggetti.

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LA RESPONSABILITA’
OGGETTIVA

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1. Responsabilità oggettiva Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. PREMESSA
Responsabilità oggettiva
1. Non poche delle attuali ipotesi di responsabilità oggettiva si
fanno risalire al vecchio principio, di matrice canonistico-
medievale, qui in re illecita versatur tenetur etiam pro casu:
nella prospettiva cioè di una tendenziale identificazione tra
delitto e peccato, si riteneva che il delinquente-peccatore
dovesse rispondere di «tutte» le conseguenze oggettivamente
cagionate dalla sua precedente azione criminosa, non importa
se volute o non volute, prevedibili o fortuite.
2. A partire dall’epoca illuministica, lo stesso principio del versari in
re illecita viene reinterpretato in chiave di prevenzione
generale: precisamente, nel senso che la consapevolezza, da
parte del potenziale autore, che l’autore, che l’ordinamento gli
addossa tutte le conseguenze materialmente connesse alla sua
azione illecita, dovrebbe a maggior ragione – costituire un
fattore capace di inibire la spinta criminosa.
3. Orbene, proprio questa maggiore efficacia intimidatrice (della
prevenzione generale) dovrebbe secondo una parte della stessa
dottrina contemporanea – continuare a giustificare, sul piano
politico-criminale, il mantenimento (almeno) di alcune forme di
responsabilità obiettiva.

Responsabilità
Responsabilità oggettiva
oggettiva
La responsabilità oggettiva è
La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a
quella forma di responsabilità, in carico dell'agente, come conseguenza della sua azione od
virtù della quale un determinato omissione.
evento viene posto a carico
dell’autore in base al solo Altrimenti
rapporto di causalità materiale: Con l’avverbio «altrimenti» il legislatore allude ad un ulteriore
non si richiede, dunque, né che parametro di imputazione, che va tradizionalmente sotto il nome
l’evento costituisca oggetto di di responsabilità oggettiva.
una volontà colpevole (dolo), né
che sia conseguenza di una
condotta contraria a regole di
diligenza sociali o scritte (colpa). Inquadramento giuridico della responsabilità oggettiva
1. La responsabilità oggettiva non configura un modello delittuoso
autonomo che introduce delle eccezioni al principio della
colpevolezza.
2. Nel nostro ordinamento si innesta strutturalmente nelle diverse
tipologie delittuose: reati dolosi e colposi, commissivi ed
omissivi.

II. PRINCIPI
COSTITUZIONALI Principio di personalità
1. Secondo una prima interpretazione fondamentalmente accolta
in non poche sentenze emesse fino a qualche tempo fa dalla
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Corte costituzionale, il 1° comma dell’art. 27 Cost. si limiterebbe
a bandire la sola responsabilità per fatto altrui (ad es.
rappresaglie nei confronti di innocenti per punire
indirettamente nemici, avversari, ecc.).
Alla stregua di questa interpretazione «minima» del principio di
personalità, la responsabilità oggettiva sarebbe perfettamente
costituzionale perché pur sempre ancorata, attraverso il
rapporto di causalità materiale, alla condotta dello stesso
soggetto destinatario della sanzione.
2. Le obiezioni di incostituzionalità sollevate dall’istituto della
responsabilità oggettiva prendono invece corpo se il principio
della personalità ex art. 27, comma 1°, Cost. lo si interpreta nella
sua espansione massima, cioè come sinonimo di responsabilità
personale colpevole.
Se per fondare un rimprovero di colpevolezza è infatti
necessaria almeno la presenza di una condotta contraria al
dovere di diligenza (colpa), di colpevolezza non può certo
parlarsi nel caso della responsabilità oggettiva basata sul
semplice nesso di causalità materiale. Proprio dalla ritenuta
costituzionalizzazione del principio nullum crimen sine culpa
deriva, dunque, una insanabile contraddizione tra il modello
costituzionale di responsabilità penale e le vigenti norme che
continuano a prevedere ipotesi di responsabilità oggettiva.

Funzione rieducativa della pena


La stessa funzione rieducativa della pena ex art. 27, comma 3°,
Cost., comunque concepita, postula che il fatto addebitato sia
psichicamente riportabile, almeno nella forma della colpa, al
soggetto da rieducare: altrimenti (e cioè in assenza di un legame
psichico), nessun rimprovero potrebbe essere mosso all’agente e,
pertanto, non avrebbe alcun senso infliggere una pena rieducativa
per un fatto che non può costituire oggetto di disapprovazione.

Illegittimità costituzionale della responsabilità


oggettiva
1. Nella sentenza n. 364/88, sia pure in forma di obiter dicta, la
Corte costituzionale giunge a sostenere che il dolo o la colpa
Più significativi devono immancabilmente coprire gli elementi «più significativi»
Si possono definire come della fattispecie incriminatrice.
elementi «significativi» (o più 2. Nella successiva sentenza n. 1085/88, la Corte in maniera
significativi) di fattispecie – in ancora più esplicita e univoca afferma: «Perché l’art. 27, 1°
rapporto all’esigenza di un comma, Cost., sia pienamente rispettato e la responsabilità
coefficiente soggettivo di
penale sia utenticamente personale, è indispensabile che tutti e
imputazione – quelle componenti
del fatto di reato che ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il
contribuiscono a caratterizzare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati
disvalore (o il maggiore disvalore) all’agente (siano, cioè, investiti dal dolo o dalla colpa) ed è
penale. altresì indispensabile che tutti e ciascuno dei predetti elementi

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siano allo stesso agente rimproverabili e cioè anche
soggettivamente disapprovati».

Interpretazione correttiva
1. La più recente giurisprudenza della Corte di cassazione, e in
particolare la sentenza a sezioni unite del 22 gennaio 2009,
assume tendenzialmente una portata generale: pur prendendo
le mosse da un’ipotesi specifica di responsabilità dello
spacciatore per morte del tossicodipendente assuntore di
sostanza stupefacente (ipotesi riconducibile all’art. 586 c.p.:
morte o lesione come conseguenza di altro delitto), la
Cassazione ha infatti affermato principi generali.
2. La responsabilità per l’evento non voluto presuppone, oltre al
nesso di causalità con la condotta dell’agente, che sia accertata
in capo a quest’ultimo la presenza di un elemento soggettivo
costituito da una colpa in concreto, a sua volta ancorata ad un
coefficiente di prevedibilità e di evitabilità dell’evento valutato
dal punto di vista di un razionale agente modello31, il quale si
trovi nella concreta situazione dell’agente reale, ed alla stregua
di tutte le circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili
dall’agente reale medesimo.

III. CASI DI
RESPONSABILITA’ Aberratio delicti
OGGETTIVA «PURA»
Se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per
un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto il
colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando
il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo

A titolo di colpa
La formula «a titolo di colpa» si riferisce non al piano degli
elementi strutturali del fatto di reato, ma a quello delle
conseguenze sanzionatorie: il che significa che si applicano le
stesse pene previste per il reato colposo, mentre il criterio di
attribuzione della responsabilità rimane di natura obiettiva.

Reato diverso da quello voluto da taluno dei


concorrenti
Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei
concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza
della sua azione od omissione.

31
Tali principi rappresentano il frutto di un serio sforzo di trapianto dei presupposti generali della colpa, tradizionalmente elaborati
nell’ambito delle attività a rischio-base lecito, nel diverso contesto delle attività illecite: da qui il riferimento non più alla figura
dell’homo ejusdem professionis et condicionis, secondo il concetto di agente-modello tipico del normale illecito colposo, bensì alla
più generica e scarna figura dell’uomo razionale idealmente collocato nella medesima posizione dell’agente concreto.
159
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Il legislatore attribuisce il diverso reato realizzato anche al
partecipe che non lo ha voluto, in base al semplice nesso di
causalità materiale.

Reati di stampa
1. L’art. 57, nella originaria Reati di stampa
formulazione, chiamava a Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi
rispondere di omesso di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale
impedimento dei reati omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il
commessi a mezzo di stampa controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione
il direttore o il vice-direttore siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è
di giornale, e ciò sulla base commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura
del ruolo di supremazia («per
non eccedente un terzo.
ciò solo») rivestito da tali
soggetti. Bastava cioè il fatto
oggettivo di una omissione di Art. 57: responsabilità oggettiva o no?
controllo da parte di soggetti 1. Nonostante l’intervenuta modifica legislativa, parte della
indicati, a prescindere dalla dottrina sostiene che l’art. 57 continui a configurare
prova del carattere colposo un’ipotesi di responsabilità oggettiva. A sostegno dell’assunto,
del comportamento omissivo si osserva che l’inciso «a titolo di colpa», per come è collocato
medesimo: che si trattasse di all’interno della disposizione, si riferisce non già al
una forma di responsabilità fondamento della responsabilità (e quindi alla colpa come
oggettiva, non era da effettivo elemento di struttura della fattispecie), bensì alla
nessuno contestato. disciplina del fatto come se fosse colposo.
2. La Corte costituzionale, 2. La dottrina e la giurisprudenza prevalente considerano oggi,
chiamata a pronunciarsi sulla invece, la figura di reato prevista dall’art. 57 come colposa a
legittimità dell’art. 57 nella tutti gli effetti: secondo questa interpretazione non basta
formulazione originaria, con accertare che il direttore ha obiettivamente violato l’obbligo
sentenza n. 3/56 da un lato di controllo, ma è necessario verificare se tale omissione sia
respingeva l’eccezione di dovuta ad un atteggiamento di negligenza. Più precisamente,
incostituzionalità, ma al direttore deve potersi rivolgere l’addebito o di non avere
dall’altro sollecitava il controllato, a causa di un atteggiamento negligente, il
legislatore a provvedere in contenuto dell’articolo, ovvero di averne superficialmente
sede di riforma. valutato la liceità penale.
3. L’auspicata riforma,
realizzata con la legge 4 Non avere controllato
marzo 1958, n. 127, ha 1. Ancorchè incomba inevitabilmente sul giudice il compito di
condotto all’attuale specificare il contenuto dell’obbligo di controllo in
formulazione dell’art. 57. rapporto ai singoli casi concreti, è tuttavia da respingere la
tesi che attribuisce all’organo giudicante una delega in
bianco ai gfini dell’individuazione della diligenza richiesta.
2. L’ambito dei doveri di controllo del direttore (o
vicedirettore) devono essere circoscritti dal giudice
tenendo conto almeno di un duplice aspetto:
- da un lato, delle modalità di funzionamento, della
struttura e dell’articolazione dei ruoli all’interno delle
moderne aziende giornalistiche (per cui, quanto più
complessa e articolata risulta la struttura organizzativa,
tanto meno esigibile appare un diffuso e capillare controllo
«personale» da parte del direttore);
- dall’altro, della natura «informativa» o «valutativa» dello
scritto da controllare (nel senso che il controllo del
direttore dovrà essere più rigoroso rispetto alla veridicità
delle notizie e delle relative fonti, e meno penetrante
rispetto alle valutazioni che l’autore dell’articolo aggiunge
a commento dei fatti).

160
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IV. CASI DI
RESPONSABILITA’ Delitto preterintenzionale32: quale configurazione?
OGGETTIVA «MISTA»
1. Il delitto preterintenzionale non delinea un nuovo modello di
responsabilità, ma costituisce piuttosto un’ipotesi di dolo misto
a responsabilità oggettiva.
Delitto Alla stregua della definizione contenuta nell’art. 43, comma 2°,
preterintenzionale ci si trova dunque di fronte alla combinazione tra un’azione
Il delitto è preterintenzionale, o diretta a commettere un delitto meno grave e la realizzazione di
oltre l'intenzione, quando
un evento più grave di quello voluto: l’azione diretta a
dall'azione od omissione deriva
un evento dannoso o pericoloso
provocare l’evento meno grave, in quanto tale evento è voluto,
più grave di quello voluto è certamente dolosa. Quanto all’evento più grave non voluto, la
dall'agente. legge si limita ad affermare che deve essere conseguenza della
condotta, ma non richiede espressamente che sia commesso
con colpa: se ne deduce che – secondo almeno l’impostazione
originaria del legislatore – l’evento più grave viene accollato
sulla base del semplice nesso di causalità materiale e, dunque,
in base al criterio della responsabilità oggettiva.
2. La opposta tesi che ravvisa nella preterintenzione un misto di
dolo e colpa, fa leva sull’argomento che nella specie si sia in
presenza di un caso di colpa per inosservanza di leggi:
precisamente, l’evento più grave non voluto conseguirebbe alla
violazione della norma penale che vieta l’azione (dolosa) diretta
a commettere il reato meno grave.

Reati aggravati
dall’evento Reati aggravati dall’evento
Si definiscono aggravati o Tradizionalmente si distinguono 2 gruppi di reati aggravati
qualificati dall’evento i reati che dall’evento a seconda:
subiscono un aumento di pena a. che sia indifferente che l’evento aggravante sia voluto o no;
per il verificarsi di un evento ovvero
ulteriore rispetto ad un fatto-
b. che la volontà dell’evento più grave comporti l’applicabilità di
base che già costituisce reato.
una diversa fattispecie penale.

Reati aggravati
dall’evento Indifferentemente che l’evento sia voluto o no
I reati aggravati dall’evento Come esempi del primo gruppo, si considerino:
costituiscono l’espressione forse a. il delitto di calunnia (art. 368), che rimane tale a prescindere
più tipica dell’antico principio dalla circostanza che l’evento aggravante (costituito dalla
«qui in re illicita versatur tenetur condanna alla reclusione superiore a 5 anni del soggetto
etiam pro casu»: l’evento falsamente incolpato) sia voluto o no;
aggravatore, infatti, alla stregua b. i delitti di falsità in valori pubblici di cui agli artt. 453 e 455,
di tale principio viene accollato che rimangono tali a prescindere dalla volizione o dalla
all’agente in base al mero nesso mancata volizione dell’evento aggravatore, costituito nella
causale, e perciò a prescindere da

32
Nonostante sia prevista nella parte generale del codice, le ipotesi di preterintenzione nel nostro ordinamento sono soltanto 2. La
principale è contenuta nel codice penale ed è costituita dall’omicidio preterintenzionale, che si realizza allorché un soggetto, con
atti diretti a percuotere o ledere, cagiona (involontariamente) la morte di un uomo (art. 584). La seconda è quella dell’aborto
preterintenzionale, la quale ricorre quando, con azioni dirette a provocare lesioni, si cagiona come effetto non voluto l’interruzione
della gravidanza (art. 18, comma 2°, legge 22 maggio 1978, n. 194).
161
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qualsiasi requisito di specie dalla diminuzione del prezzo della valuta o dei titoli di
colpevolezza. stato, ecc.
Volontà dell’evento più grave comporti
l’applicabilità di una diversa fattispecie penale
Come esempi del secondo gruppo, in cui l’evento non deve essere
voluto (neppure in forma di dolo eventuale) perché altrimenti si
configura una diversa fattispecie di reato, si pensi: ai delitti di
abuso di mezzi di correzione o disciplina (art. 571), o di
maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572), oppure al
delitto di aborto non consentito, che si trasformano in omicidi o
lesioni personali ove i rispettivi eventi aggravatori siano voluti (o
lambiti dalla volontà dell’agente in forma di accettazione del
rischio della loro verificazione).

Natura giuridica?
1. Secondo un’opinione prevalente specie in passato, i delitti
aggravati dall’evento rappresenterebbero tutti figure di reato
circostanziato.
2. Secondo altra parte della dottrina, invece, la loro natura non
sarebbe unitaria: accanto ad ipotesi riconducibili alla
categoria dei reati circostanziati, ve ne sarebbero altre
qualificabili come figure autonome di reato; e talune di
queste ultime sarebbero altresì inquadrabili nello schema del
delitto preterintenzionale.

Condizione obiettiva di punibilità


Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di
una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento,
da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.

d
L’interferenza tra la responsabilità obiettiva e le condizioni
obiettive di punibilità è dovuta alla circostanza che l’evento-
condizione può – come si desume, appunto, dall’art. 44 –
verificarsi a prescindere da qualsiasi relazione psicologica col
soggetto.

Sussistenza dell’interferenza
L’interferenza tra la responsabilità obiettiva e le condizioni
obiettive di punibilità sussiste veramente in presenza di 2
condizioni.
1. Il primo presupposto perché si ponga un problema di
attribuzione dell’evento-condizione a titolo di responsabilità
oggettiva è che si tratti di condizioni di punibilità
causalmente ricollegabili all’azione tipica.
Condizione di
2. Il secondo presupposto perché sorga un problema di
punibilità intrinseca responsabilità oggettiva è che si tratti di condizione di

162
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Le condizioni di punibilità sono punibilità non estrinseca, ma che appunto incide sulla lesione
distinguibili in «intrinseche» ed del bene protetto.
«estrinseche», a seconda che
contribuiscano o no ad Obiezioni
approfondire la lesione  È da ritenere che l’attribuzione a titolo puramente
dell’interesse protetto. oggettivo delle condizioni intrinseche di punibilità finisca
col contrastare col principio della responsabilità personale
colpevole ex art. 27, comma 1°, Cost.
 Ed infatti, dette condizioni rientrano certamente
nell’ambito degli elementi significativi di fattispecie, e
pertanto, in applicazione dei principi fissati dalla Corte
costituzionale nelle due già più volte citate sentenze n.
364/88 e n. 1085/88, dovrebbero essere subiettivamente
imputabili all’agente almeno a titolo di colpa.

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CONCORSO DI REATI E
CONCORSO DI NORME

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1. Concorso di reati Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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I. UNITA’ E PLURALITA’ DI
AZIONE
Criterio-guida
1. Al fine di individuare il criterio-guida della distinzione tra unità e
pluralità di azione, si suole da tempo far ricorso ad un approccio
di tpo normativo-sociale: per determinare il carattere unitario
dell’azione si richiede cioè il duplice requisito della contestualità
degli atti e dell’unicità del fine.
2. In altri termini, più azioni in senso naturalistico si ricompongono
in un’azione giuridicamente unitaria se unico è lo scopo che le
sorregge e se si susseguono nel tempo senza apprezzabile
interruzione.

Reati colposi
1. Nei reati colposi sussiste unità di azione se, nonostante la
violazione di più obblighi di diligenza, l’evento tipico si è
verificato una sola volta.
2. Laddove si siano invece verificati più eventi tipici o lo stesso
evento si sia verificato più volte, si tratta di stabilire se l’autore,
tra un evento e l’altro, fosse o no in grado di adempiere
all’obbligo di diligenza; nel primo caso si avrà «pluralità», nel
secondo «unità» di azione.

Reato omissivo improprio


 Nel caso dell’illecito omissivo improprio è da ritenere che
sussista una sola omissione se il garante poteva impedire i
diversi eventi soltanto attivandosi contemporaneamente;
 si configurano invece diverse omissioni se, dopo il verificarsi del
primo evento, gli altri potevano ancora essere impediti.

Reato omissivo proprio


Nell’ambito dei reati omissivi propri, si verifica una pluralità di
omissioni se l’omittente viola contemporaneamente più obblighi di
condotta, ma i diversi obblighi potevano essere adempiuti uno dopo
l’altro.

II. CONCORSO MATERIALE


Regime del cumulo materiale delle pene
Si ha concorso materiale di reati
quando uno stesso soggetto realizza,
A differenza del codice Zanardelli del 1889 che prevedeva il regime
con più azioni od omissioni, più del c.d. cumulo giuridico, il codice Rocco ha voluto rendere più
violazioni: rigoroso il trattamento sanzionatorio del concorso materiale
a. della stessa norma introducendo il diverso principio del tot crimina, tot poenae (cumulo
incriminatrice (concorso materiale): in base ad esso, cioè, si cumulano le pene previste per
materiale c.d. omogeneo); o ciascuno dei delitti commessi.
b. di diverse norme incriminatrici
(concorso materiale c.d.
eterogeneo).

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Omogeneo Inquadramento giuridico


B in un primo momento uccide Tizio L’orientamento oggi prevalente tende a negare al concorso
e dopo qualche tempo uccide Caio. materiale di reati una specifica rilevanza come autonomo istituto di
diritto sostanziale; in altri termini, il concorso di reati è considerato
dal legislatore soltanto nella ristretta ottica dell’unificazione, in via
Eterogeneo esecutiva, delle sanzioni applicabili al soggetto.
A ruba prima un’arma, poi commette
una rapina e successivamente
cagiona un omicidio.

III. CONCORSO FORMALE


Concorso formale
Si ha concorso formale (o ideale)
È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più
quando uno stesso soggetto
commette più reati, con una sola grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione
azione od omissione. viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni
a. Il concorso formale è omogeneo della medesima disposizione di legge.
quando la pluralità di violazioni
ha per oggetto la stessa
disposizione incriminatrice.
Concorso formale eterogeneo
b. Il concorso formale è invece
eterogeneo quando la pluralità La confluenza di più fattispecie verso la stessa condotta deve,
di violazioni riguarda diverse perché si configuri un concorso formale eterogeneo, essere
disposizioni incriminatrici. effettiva: se così non fosse, perché ad un più attento esame ci si
accorge che soltanto una delle norme apparentemente confluenti
esaurisce compiutamente la valutazione penalistica del fatto, si
sarebbe in presenza della diversa ed opposta figura del conflitto
Omogeneo apparente di norme e, dunque, in presenza di una unicità di reato.
Un automobilista, volendo
raggiungere al più presto una
stazione sciistica invernale, guida
imprudentemente sulla strada Concorso formale omogeneo
ghiacciata: ad un tratto perde il  Le fattispecie che proteggono beni altamente personali (vita,
controllo dell’auto e investe più integrità fisica, libertà personale, onore, ecc.) è fuori di dubbio
persone provocandone la morte.
che si configura una pluralità di reati se con una medesima
azione si ledono soggetti passivi diversi.
 Le fattispecie che proteggono beni non personali, in presenza di
Eterogeneo una sola azione pur lesiva di soggetti passivi diversi non sempre
Un borseggiatore sottrae un è configurabile una pluralità di reati.
portafoglio dalla tasca di un
passeggero di un tram. Il derubato se
ne accorge e tenta di reagire: a Beni non personali
questo punto interviene un agente di a. Si pensi ad un unico furto commesso mediante un’unica
pubblica sicurezza che viaggia sullo azione di impossessamento di una cosa appartenente a più
stesso tram. Il borseggiatore usando soggetti passivi.
violenza nei confronti del derubato e b. Il bene del patrimonio infatti, come oggetto di tutela della
dello stesso agente riesce a fattispecie del furto, non viene annoverato tra i beni
divincolarsi e, profittando di una altamente personali.
fermata, fugge con la refurtiva. c. Unicità del furto si avrebbe anche se l’impossessamento
avesse ad oggetto più cose, in quanto la pluralità degli oggetti
rubati comporterebbe soltanto un aggravamento quantitativo
di un’offesa qualitativamente unitaria.

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Regime del cumulo giuridico


La disposizione dell’art. 81, introdotta con la riforma novellistica del
1974, ha profondamente modificato l’originario regime giuridico
previsto dal legislatore del 1930 per il concorso formale di reati: al
regime del cumulo materiale (tot crimina tot poenae) codificato
nella vecchia formulazione dell’art. 81, è infatti subentrato il regime
del cumulo giuridico, consistente appunto nella applicazione della
pena prevista per il reato più grave con un aumento corrispondente
non già alla somma delle altre pene, ma ad una quota proporzionale
proporzionale prefissata dalla legge (nella specie: sino al triplo).

f
Con questa importante innovazione, il legislatore del 1974:
a. ha eliminato uno degli aspetti più accentuatamente
repressivi del codice Rocco; ed
b. ha, al contempo, sostanzialmente ricondotto la disciplina del
concorso formale ai principi che già la informavano nel
codice Zanardelli del 1889, il quale contemplava il cumulo
giuridico per il concorso formale omogeneo e l’assorbimento
(cioè l’applicazione della sola pena prevista per il reato più
grave) per il concorso formale eterogeneo.

Recidiva aggravata reiterata


Se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più
grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la
recidiva prevista dall'art. 99, 4° comma, l'aumento della quantità di
1
pena non può essere comunque inferiore ad 3 della pena stabilita
per il reato più grave.

c
Si tratta invero di una ulteriore forma di accanimento repressivo
nei confronti del recidivo reiterato obbligatorio, frutto di quella
opzione «tolleranza zero».

Duplice rilevanza
La recidiva aggravata reiterata finisce con l’assumere una duplice
rilevanza, nel senso che il suo effetto sul carico sanzionatorio
complessivo viene a prodursi più volte:
1. una prima volta in sede di determinazione della pena-base; e
2. una seconda volta in sede di determinazione del trattamento
connesso al concorso formale o alla continuazione.

IV. REATO CONTINUATO


Reato continuato
È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più
x grave aumentata sino al triplo (cumulo giuridico) chi con più azioni
L’istituto del reato continuato od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso,
rappresenta una particolare figura di
concorso materiale,
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tradizionalmente disciplinata in commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di
maniera autonoma in ragione del diverse disposizioni di legge.
fatto che la pluralità dei reati
commessi dalla stessa persona
appare emanazione di un
«medesimo disegno criminoso»: ciò Pluralità di azioni od omissioni
dimostrerebbe una minore 1. La pluralità di azioni od omissioni, cui fa riferimento l’art. 81,
riprovevolezza complessiva deve intendersi come pluralità di condotte «autonome», che
dell’agente e, di conseguenza, danno luogo ad altrettanti episodi criminosi.
giustificherebbe un trattamento 2. Da questo punto di vista il reato continuato esula se la pluralità
penale più mite che non nei normali di azioni è tale in senso naturalistico, in quanto le diverse azioni
casi di concorso materiale di reati.
devono essere invece unificabili nel quadro di un’azione
giuridicamente unitaria.

Anche in tempi diversi


1. L’art. 81 precisa che le diverse azioni od omissioni possono
essere commesse «anche in tempi diversi».
2. Se si vuole evitare che una simile precisazione risulti pleonastica
(una presenza «simultanea» di più condotte sarebbe infatti
concepibile rispetto alle omissioni, non anche rispetto alle
«azioni»), è giocoforza ammettere che tra le diverse azioni in
continuazione possa anche intercorrere un notevole lasso di
tempo.
3. Solo che, quanto maggiore sarà la distanza temporale tra i
diversi episodi delittuosi, tanto più gravosa risulterà la prova
della medesimezza del disegno criminoso.

Diverse disposizioni di legge


1. Mentre il legislatore del 1930 continuava ad annoverare tra i
requisiti del reato continuato la molteplice violazione di una
«stessa disposizione di legge», l’attuale art. 81 – così come
riformulato in seguito alla riforma del 1974 – ammette la
continuazione dei reati anche in presenza della violazione di
norme incriminatrici eterogenee.
2. Mentre nell’originaria versione codicistica il reato continuato si
caratterizzava conformemente alla tradizione – per il duplice
requisito della «medesimezza del disegno criminoso» e della
«omogeneità» dei reati avvinti dal nesso di continuazione (ad es.
più omicidi o più furti o più rapine, ecc.), oggi l’unico elemento
caratterizzante l’istituto rimane, dunque, l’unità del diseno
criminoso.

Medesimo disegno criminoso


1. Secondo un orientamento, il requisito della «medesimezza» del
disegno criminoso sarebbe stato assunto dal legislatore in
un’accezione puramente intellettiva: «stesso disegno
criminoso» equivalrebbe ad una mera rappresentazione
menatale anticipata dei singoli episodi delittuosi poi di fatto
commessi dallo stesso agente.
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Anche a risolvere il concetto di unico disegno criminoso nella
programmazione dei diversi delitti, ad integrare il requisito non
sarebbero comunque sufficienti però né un programma generico
di attività delinquenziale, né l’abitualità nel delitto, né
l’esistenza di un medesimo impulso di agire: sarebbe infatti pur
sempre necessario un programma iniziale, che inglobi in sé i
diversi reati nei loro elementi essenziali.
2. Alla stregua del secondo indirizzo, l’unicità del disegno criminoso
presuppone, oltre all’elemento intellettivo della
rappresentazione anticipata, un ulteriore elemento «finalistico»
costituito dall’unicità dello scopo: in altri termini, per aversi
reato continuato occorre che i diversi episodi delittuosi
costituiscano attuazione di un preciso e concreto programma
diretto alla realizzazione di un obiettivo unitario.
Ne deriva che i diversi reati devono porsi in un rapporto di
interdipendenza funzionale rispetto al conseguimento di un
unico fine; e tale interdipendenza deve – a sua volta –
obiettivarsi in una trama di segni esteriormente riconoscibili.

Unicità dello scopo


Posto che il disegno criminoso non si esaurisce nell’elemento
intellettivo dell’unica rappresentazione, ma presuppone anche
l’unità del fine, ne segue che il disegno medesimo può avere ad
oggetto soltanto fatti criminosi sorretti dalla «volontà» di
commetterli: sussistendo incompatibilità strutturale tra l’unicità
del programma e assenza di volontà rispetto a uno o più episodi
delittuosi, ne deriva che le norme sulla continuazione risultano
inapplicabili ai reati colposi.

Violazione più grave


1. Secondo un primo orientamento, per accertare quale sia la
violazione più grave occorre fare riferimento alla astratta
previsione legislativa, e cioè alla qualità e alla entità delle
sanzioni applicabili per i singoli reati in continuazione: così, è
violazione più grave quella per la quale è prevista una pena
qualitativamente più grave (ad es. pena detentiva rispetto a
pena pecuniaria), ovvero quantitativamente più grave (onde, nel
caso di pena omogenea, si applica quella avente il massimo più
elevato o – a parità di massimo – quella avente il maggior
minimo).
In questa valutazione astratta si fanno rientrare anche elementi
in grado di incidere sulla gravità delle sanzioni edittali
comminate per i singoli reati: e cioè si tiene conto dell
circostanze attenuanti e aggravanti e del reciproco
bilanciamento, nonché della recidiva, come pure dello stadio di
consumazione o di tentativo.
2. Altra parte della dottrina e della giurisprudenza inclina, invece,
verso una determinazione in concreto della violazione più grave
sostiene che è necessario fare riferimento non soltanto al titolo
di reato e alle rispettive pene edittali, ma a tutti gli altri elementi
(compresi tutti gli indici di commisurazione della pena ex art.
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133) che possono incidere sulla valutazione dei singoli episodi in
continuazione; per cui più grave è quella che, ad un esame
complessivo dei vari fatti coinvolti nella vicenda concreta, risulta
più gravemente (non già punibile, ma) punita.

Cumulo giuridico per le pene eterogenee


 In assenza di un’esplicita presa di posizione legislativa, assai
controversa appare l’applicabilità del cumulo giuridico nei casi in
cui i reati commessi siano puniti con pene eterogenee
(reclusione e arresto; multa e ammenda).
 La dottrina ha per lo più inclinato per un’applicazione la più lata
possibile del cumulo giuridico, sul presupposto che tale
soluzione estensiva sia imposta dalla stessa ratio del reato
continuato.
 La giurisprudenza ha mostrato orientamenti contraddittori e
oscillanti, ai limiti del «caos» interpretativo.
1. Ed invero, in un primo momento, nella prassi applicativa era
emersa una tendenza a escludere, in ogni caso, la continuazione
tra reati puniti con pene eterogenee, e ciò in base alla ritenuta
violazione del principio della legalità delle pene: nel senso che
l’applicabilità dell’istituto in esame avrebbe comportato
l’irrogazione di una pena diversa da quella prevista per ciascun
reato, ovvero anche più grave di quella prevista per uno dei rati
riuniti (ad es. reclusione invece di arresto).
2. Successivamente, sono invece emersi orientamenti favorevoli ad
ammettere la continuazione, sia pure entro limiti non sempre
coincidenti.

Giurisprudenza
a. Nei casi di reati puniti con pene di specie diversa (ad es.
reclusione e arresto ovvero multa e ammenda), dopo
interventi di segno contrario delle stesse Sezioni Unite, ha
infine preso posizione la Corte cost. che, con la sentenza
interpretativa n. 312/88, ha avallato l’orientamento estensivo,
affermando che non esiste alcuna ragione di principio per non
dare massima espansione all’istituto del reato continuato e ai
relativi benefici.
b. Rimane a tutt’oggi controversa, invece, l’ammissibilità della
continuazione nel caso di reati puniti con pene di genere
diverso, cioè di reati puniti, rispettivamente, con pene
detentive (arresto o reclusione) e con pene pecuniarie (multa
o ammenda): a ben vedere, il problema, la soluzione del quale
spiega il persistere di orientamenti giurisprudenziali
contrastanti, attiene alla individuazione dei criteri alla cui
stregua operare l’aumento della pena prevista per il reato
ritenuto più grave.

Natura giuridica
 La ratio dell’istituto impone di considerare il reato continuato
come reato unico o come pluralità di reati, in funzione del

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carattere più o meno favorevole degli effetti che
dall’accoglimento dell’uno o dell’altro punto di vista discendono
nei confronti del reo.
 In applicazione del predetto criterio, il reato continuato va
ritenuto come:
- reato unico ai fini dell’applicazione della pena e della
dichiarazione di abitualità e professionalità; e
- reato plurimo ai fini dell’amnistia propria, del computo della
durata del tempo necessario a prescrivere, della responsabilità
dei concorrenti nell’ambito del concorso di persone,
dell’applicabilità delle circostanze, ecc.

2. Concorso apparente di norme


I. PREMESSA
Concorso apparente di norme
Si tratta della circostanza in cui il confluire di più norme
incriminatrici nei confronti di un medesimo fatto non è reale, ma
soltanto apparente: sicché, in luogo di configurarsi un concorso di
reati, si ha unicità di reato, essendo una sola la norma incriminatrice
veramente applicabile all’ipotesi di specie.

II. SPECIALITA’
Criterio della specialità
Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge
Criterio della specialità penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge
1. Tizio si impossessa di un oggetto speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale33.
altrui di tenue valore per
provvedere ad un grave ed
urgente bisogno.
2. A prima vista, sono prospettabili Stessa materia
le fattispecie di cui agli artt. 624 1. Secondo un orientamento, oggi diffuso però più in
e 626, comma 1°, n. 2. giurisprudenza che in dottrina, il concetto di «stessa materia»
3. Ma, ad un esame più attento, ci non solo alluderebbe all’esistenza di un «medesimo fatto»
si accorge che la norma di cui apparentemente riconducibile a più norme, ma presupporrebbe
agli artt. 626 è speciale rispetto anche identità od omogeneità del bene protetto, con la
all’altra: infatti, essa contiene conseguenza che il rapporto di specialità intercorrerebbe
tutti gli elementi della norma
soltanto fra norme poste a tutela di un medesimo bene
generale (art. 624) che configura
giuridico.
il furto comune, ma in più
comprende – come elementi, 2. Secondo un altro indirizzo interpretativo, il concetto di «stessa
appunto, specializzanti – lo stato materia» farebbe riferimento non solo alle ipotesi nelle quali un
di bisogno e il tenue valore della medesimo fatto rientra in più norme incriminatrici (com’è
cosa sottratta; ne deriva che secondo la logica tipica del principio di specialità), ma anche a
l’unica norma incriminatrice quelle in cui un medesimo fatto concreto è riconducibile a due o
applicabile è, nella specie, quella più figure criminose, pur se tra le medesime non sussiste «in
di cui all’art. 626. astratto» un rapporto di genere a specie: per qualificare questo
nuovo fenomeno si parla, appunto, di specialità c.d. in concreto.

33
Il rapporto di specialità può intercorrere non solo tra norme incriminatrici, ma anche tra norme incriminatrici da un
lato e norme c.d. di liceità, dall’altro: ad es. le disposizioni che dichiarano lecito l’arresto facoltativo (art. 388 c.p.p.)
sono speciali rispetto a quella che incrimina il sequestro di persona (art. 605).
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3. Altra parte della dottrina estende il rapporto di specialità ai casi
di c.d. specialità reciproca o bilaterale: tale relazione
sussisterebbe allorchè nessuna norma è speciale o generale, ma
ciascuna è ad un tempo generale e speciale, perché entrambe
Identità/omogeneità presentano, accanto ad un nucleo di elementi comuni, elementi
del bene protetto specifici ed elementi generici rispetto ai corrispondenti
Il rapporto di specialità sarebbe da dell’altra.
escludere tra la norma che configura 4. Fiandaca-Musco ritengono che l’ambito di applicazione del
la violenza privata (art. 610) e quella principio di specialità va circoscritto entro i limiti connaturati alla
che incrimina la violenza o minaccia sua accezione originaria: cioè il rapporto di specialità sussiste
a pubblico ufficiale (art. 336), soltanto tra fattispecie astratte e in senso univoco. Ne deriva
essendo i beni rispettivamente che il concetto di «stessa materia», cui fa riferimento l’art. 15,
protetti nell’un caso la libertà
sta semplicemente a indicare il presupposto dell’instaurarsi di
individuale e, nell’altro, la pubblica
amministrazione.
un rapporto di specialità tra fattispecie – vale a dire che ricorre
una medesima situazione di fatto sussumibile, a prima vista,
sotto più norme

Specialità in concreto
Si consideri il rapporto tra millantato Specialità reciproca o bilaterale
credito (art. 346) e truffa (art. 640): Si pensi al rapporto intercorrente tra la fattispecie di aggiotaggio
ponendo a raffronto le rispettive comune (art. 501) e quella di aggiotaggio societario (art. 2628):
fattispecie incriminatrici astratte, ci entrambe hanno in comune i cosiddetti atti di aggiotaggio; ma
si accorge che nessuna delle due mentre la prima richiede il fine di turbare il mercato interno (dolo
contiene in sé l’altra con l’aggiunta di specifico), per la seconda è sufficiente il dolo generico; ed ancora,
uno o più elementi specializzanti. mentre la prima può essere commessa da «chiunque», legittimati
Nondimeno, un rapporto di a realizzare la seconda sono soltanto soggetti che rivestono
«interferenza» tra le due fattispecie determinate qualifiche (amministratori, direttore generale, ecc.).
in parola può di fatto instaurarsi
nell’eventualità che il reato di truffa
venga in concreto commesso
millantando il credito: si ipotizzi che
Tizio, al fine di far ottenere un
provvedimento di libertà provvisoria,
si faccia dare denaro da un
congiunto del soggetto arrestato
illudendolo di poter influenzare,
grazie al suo rapporto di amicizia, il
giudice che deve pronunciarsi sulla
scarcerazione.
Orbene questo medesimo fatto, in
quanto lesivo del prestigio della
pubblica amministrazione, integra il
reato di millantato credito e, in
quanto lesivo di un interesse
patrimoniale privato, integra il
delitto di truffa. Solo che la truffa
appare come semplice modalità
esecutiva del millantato credito,
onde sembra da escludere che
sussista un reale concorso di reati.
Il rapporto di specialità in concreto
andrebbe – in questo caso e negli
altri consimili – risolto applicando la
norma che meglio si adatta al caso
concreto di specie, normalmente
ravvisata in quella che prevede il
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trattamento più severo: nella specie
dunque si applicherebbe soltanto la
norma che punisce il millantato
credito, la quale, in quanto
caratterizzata da un maggiore
disvalore, assorbirebbe in sé quella
sulla truffa.

III. SUSSIDIARIETA’
Criterio della sussidiarietà
Tradizionalmente annoverato tra i criteri più consolidati di
risoluzione del conflitto apparente di norme, il principio di
sussidiarietà intercorrerebbe tra norme che prevedono stadi o gradi
diversi di offesa di un medesimo bene: in modo tale che l’offesa
maggiore assorbe la minore e, di conseguenza, l’applicabilità
dell’una norma è subordinata alla non applicazione dell’altra (lex
primaria derogat legi subsidiariae).

IV. ASSORBIMENTO
Criterio dell’assorbimento
 Il principale criterio non logico, ma di valore utilizzato per
Ne bis in idem risolvere i casi di conflitto apparente tra norme non risolubili alla
Il criterio in questione ha a stregua del rapporto di specialità, è quello dell’assorbimento o –
fondamento il più generale principio come anche si dice – della consunzione: esso è invocabile per
del ne bis in idem, il quale fa divieto escludere il concorso di reati in tutte le ipotesi nelle quali la
di punire due volte il medesimo
realizzazione di un reato comporta, secondo l’id quod
fatto.
pluremque accidit, la commissione di un secondo reato, il quale
perciò finisce, ad una valutazione normativo-sociale, con
l’apparire assorbito dal primo
g  Caratteristiche essenziali del principio dell’assorbimento,
Si pensi ad es. ad un furto pertanto, sono le seguenti:
accompagnato dal danneggiamento 1. esso non poggia su di un rapporto logico tra norme, ma su di un
della cosa sottratta; ad una truffa
rapporto di valore, in base al quale l’apprezzamento negativo
commessa millantando credito; ad
del fatto concreto appare tutto già compreso ella norma che
una violenza carnale successiva ad
atti osceni e così via. prevede il reato più grave, con la conseguenza che
contemporanea applicazione della norma che prevede il reato
meno grave condurrebbe ad un ingiusto moltiplicarsi di sanzioni;
2. esso richiede non la identità naturalistica (come il principio di
specialità), bensì la unitarietà normativo-sociale del fatto.

V. REATO COMPLESSO
Reato complesso
Le disposizioni sul concorso di reati non si applicano quando la legge
considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti
di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato.

f
La funzione pratica cui assolve l’art. 84, è quella di evitare che
l’interprete sia indotto ad applicare il regime del concorso di reati
laddove il legislatore ha proceduto ad una unificazione normativa
di fatti che integrerebbero autonome fattispecie incriminatrici.

173
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Reati complessi in senso lato


Reati complessi in La dottrina dilata la figura del reato complesso sino a
senso lato ricomprendervi i reati c.d. complessi in senso lato, cioè reati che
Ad es. la violenza carnale che nasce abbracciano in un reato meno grave più elementi ulteriori che, di
dall’unificazione del reato di violenza per sé, non costituiscono reato: in casi di questo tipo, infatti,
privata più l’elemento ulteriore della
l’esclusione della norma più generica (nell’esempio: violenza
congiunzione carnale, il quale da solo
non costituisce reato.
privata), e la conseguente applicazione della sola norma speciale
(nell’esempio: violenza carnale), conseguono alla diretta operatività
del principio di specialità ex art. 15.

Limiti di pena
Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato
complesso si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo
costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi previsti
per il concorso di reati.

Procedibilità d’ufficio
Nei casi preveduti dall'articolo 84, per il reato complesso si procede
sempre di ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi
costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio.

Causa estintiva di un reato


La causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o
circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al
reato complesso.

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LE SANZIONI

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1. Presupposti teorici e politico- Scopri gli altri schemi e il Corso Completo sul
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criminali
I. SISTEMA DEL DOPPIO
BINARIO
Sistema del doppio binario
1. Il legislatore del 1930 raccoglie alcune indicazioni di fondo del
dibattito europeo, tendenti a riorganizzare il sistema
sanzionatorio attorno ai poli della prevenzione generale (attuata
anche attraverso il momento retributivo) e speciale,
rispettivamente affidate a strumenti sanzionatori di natura
diversa.
2. Questa scelta offre anche il destro al nostro legislatore per
cercare di conseguire un importante obiettivo: quello cioè di
sanare il contrasto tra la Scuola classica e la Scuola positiva, che
Scuola classica divideva gli studiosi italiani dell’epoca in posizioni contrapposte.
Gli aderenti alla Scuola classica 3. L’accennato tentativo di conciliazione sfociò in un risultato che
difendevano la concezione fece apparire la nostra legislazione come «avanguardistica»: si
retributiva della pena, sul
allude all’introduzione del sistema del c.d. doppio binario, cioè
presupposto dell’esistenza del
un sistema per il quale si prevede, accanto e in aggiunta alla
libero arbitrio, all’interno di una
concezione del diritto penale di pena tradizionale inflitta sul presupposto della colpevolezza, una
ascendenza illuministico-liberale. misura di sicurezza, vale a dire una misura fondata sulla
pericolosità sociale del reo e finalizzata alla sua risocializzazione.
4. La funzione di prevenzione generale viene tutta affidata alla
pena; mentre la funzione di prevenzione speciale è, invece,
Scuola positiva affidata alle misure di sicurezza.
I seguaci della Scuola positiva
respingevano l’idea retributiva
della pena in quanto negavano il
libero arbitrio, e prospettavano Contraddizioni teoriche
invece un sistema di misure L’applicabilità ad un medesimo soggetto di una pena e di una misura
adatte al «tipo di delinquente» di sicurezza, aventi come presupposto l’una (pena) la libertà del
ed aventi ora finalità
volere e la colpevolezza, l’altra (misura di sicurezza) la tendenza
terapeutiche (rispetto ai
deterministica a delinquere e la conseguente pericolosità sociale,
delinquenti recuperabili), ora
scopi neutralizzanti (rispetto ai sembra supporre una concezione dell’uomo come essere «diviso in
delinquenti irrecuperabili). due parti»: libero e responsabile per un verso, e come tale
assoggettabile a pena; determinato e pericoloso per un altro verso,
e come tale assoggettabile a misure di sicurezza.

Interferenze di disciplina
1. Sul piano della disciplina positiva, sono registrabili interferenze
che finiscono col rendere assai problematica e incerta la linea di
demarcazione tra i rispettivi criteri che presiedono
all’applicazione della pena e della misura di sicurezza.
2. Dal canto suo l’art. 133, nel regolare il potere discrezionale del
giudice nella commisurazione della pena, stabilisce che si deve
tenere conto anche della «capacità di delinquere del
colpevole», desunta da una serie di indici relativi alla sua
personalità e al suo ambiente di provenienza.
3. A sua volta l’art. 203, relativo all’accertamento della pericolosità
quale presupposto della misura di sicurezza, dispone che la

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qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle stesse
circostanze indicate nell’art. 133.
4. Ciò significa, dunque, che per il giudizio di pericolosità rilevano
quegli stessi elementi che servono per la quantificazione della
pena: ma, se così è, finiscono con lo sfumare le differenze di
presupposti applicativi tra pene e misure; e, di conseguenza,
diventa artificioso lo stesso principio del doppio binario.

Identità di contenuto afflittivo nella prassi esecutiva


1. La pretesa distinzione tra le due forme di sanzioni penali è
basata sull’intento di attribuire alle pene e alle misure di
sicurezza modalità di esecuzione diverse, corrispondenti alla
differenza di obiettivi politico-criminali rispettivamente
perseguiti, di rivela alla prova dei fatti una mistificazione.
2. Come ebbe già a rilevare l’Antolisei nel periodo
immediatamente successivo all’emanazione del codice, e come
ha drammaticamente dimostrato l’esperienza posteriore, tra
pene e misure di sicurezza esiste, sul piano del trattamento, una
sostanziale identità di contenuto afflittivo, dovuta anche al
fatto che alla strategia legislativa differenziata non è mai seguito
l’apprestamento di corrispondenti strutture che consentissero,
in concreto, un’effettiva diversificazione nell’esecuzione delle
pene e delle misure.

II. PENA SECONDO LA


COSTITUZIONE
Principio di rieducazione
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Complesso dei principi ispiratori del sistema


costituzionale
1. Nel delineare il «volto» della rieducazione, bisogna operare un
collegamento tra l’art. 27, comma 3°, Cost. e il complesso dei
principi ispiratori del nostro sistema costituzionale: in questo
senso, la pena avrebbe funzione rieducativa nella misura in cui
sarebbe suo compito di recuperare socialmente soggetti che
sono indotti a delinquere a causa di una condizione di inferiorità
e di emarginazione sociale.
2. Sennonché, l’identificare la funzione rieducativa della pena col
«recupero sociale» tout court, comporta necessariamente una
frattura dello scopo costituzionale assegnato alla pena, per
superare la quale, è necessario operare una distinzione tra la
rieducazione quale generale obiettivo da perseguire, e le
tecniche che si rendono di volta in volta necessarie per ottenere
il risultato.
- L’idea di rieducazione come «obiettivo» allude al processo di
riappropriazione, da parte del delinquente, dei valori
fondamentali della convivenza: si tratta di una meta che
permane identica, a prescindere dalle caratteristiche personali
del destinatario della sanzione.

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- Ma lo «strumento» (o tecnica) di rieducazione muterà, a
seconda che si abbia a che fare , ad es., con un emarginato o,
Tecnica
a. Nel caso dell’emarginato 
all’opposto, con un «colletto bianco».
non potrà esservi
riappropriazione dei valori
della convivenza senza un Consenso del destinatario
previo superamento della Perché il processo rieducativo possa avere corso senza tradursi in
condizione di emarginazione:
una imposizione coercitiva nei confronti del destinatario, occorre
ecco che il «reinserimento»
nella società diventa in
che vi sia la disponibilità psicologica di quest’ultimo.
questo modo una condizione
o tecnica dello stesso Rifiuto del soggetto destinatario della sanzione
processo rieducativo. È in questo senso che va colto l’autentico significato del verbo
b. Nel caso del «colletto «tendere», impiegato dal legislatore nel 3° comma dell’art. 27
bianco»  essendo il reo un Cost: in altri termini, dal momento che non può essere
soggetto già ben inserito coercitivamente imposta, la rieducazione trova un ostacolo
socialmente, la rieducazione nell’eventuale rifiuto opposto dal soggetto destinatario della
potà essere perseguita anche sanzione.
attraverso una sanzione di
tipo «afflittivo». Con Autonomia morale dell’individuo
l’avvertenza, però, che Il rifiuto opposto dal soggetto destinatario della sanzione
questo momento afflittivo costituisce un ostacolo alla rieducazione perché è necessario
dovrà pur sempre servire a rispettare un altro valore dotato di rilevanza costituzionale: e
stimolare l’assunzione di cioè, l’autonomia morale dell’individuo.
schemi di comportamento
socialmente più accettabili
nella prospettiva del modello
di società prefigurato dal
nostro ordinamento
costituzionale.

III. PREVENZIONE GENERALE


Coazione psicologica
L’idea della «prevenzione
1. L’idea che scopo della pena sia impedire che vengano commessi
generale» si fonda sull’assunto
che la minaccia della pena serva a in futuro reati (prevenzione generale c.d. negativa), risalente
distogliere la generalità dei per la verità a Protagora e Seneca, è stata fatta oggetto di
consociati dal compiere fatti un’elaborazione in chiave psicologica nel secolo diciannovesimo
socialmente dannosi. ad opera di Bentham in Ingliterra e di Feuerbach in Germania.
2. Secondo questo modello psicologico, si presume che l’uomo sia
un essere razionale che, prima di agire, soppesa i pro e i contro
della scelta criminale: questo bilanciamento tra vantaggi e
svantaggi dovrebbe essere risolto nel senso di una rinuncia al
delitto, tutte le volte in cui la prospettiva di sofferenza, che si
affaccia alla rappresentazione mentale anticipata della pena,
superi l’attrattiva di possibili guadagni connessi all’atto
criminoso (minaccia della pena compe controspinta psicologica
alla spinta criminosa).

Orientamento culturale
1. La minaccia della pena adempie una funzione morale-
pedagogica o di orientamento culturale dei consociati
(prevenzione generale c.d. positiva).
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2. In altri termini, secondo questa impostazione, la forte
disapprovazione sociale, della quale sia la minaccia che
l’inflizione della pena sono simbolo, favorisce e stabilizza
l’identificazione della maggioranza dei cittadini con il sistema di
valori protetto dall’ordinamento giuridico.
3. Il timore di potere andare soggetti ad una sanzione punitiva
agirebbe infatti, anche inconsapevolmente, da fattore che
facilita in ciascuno di noi la formazione di un Super-io (coscienza
morale) osservante i comandi della legge.

IV. RETRIBUZIONE
Teoria neoretribuzionistica
L’idea della «retribuzione»
1. La tesi centrale da cui muove la teoria neoretribuzionistica è che
costituisce, da sempre, il leit-
motiv di ogni discorso sulla pena: l’idea retributiva troverebbe una base empirica nei bisogni
già la celebre espressione latina, emotivi di punizione esistenti nella società e in ciascun
che definisce la pena malum individuo di fronte alla perpetrazione dei reati.
passionis propter malum actionis, 2. Facendo propri approcci esplicativi ispirati alla psicoanalisi, si
evidenzia bene l’idea che la sottolinea che lo spettacolo di chi delinque costituisce un
sanzione penale deve servire a esempio potenzialmente contagioso, essendo vivo
compensare la colpa per il male nell’inconscio di ciascuno il desiderio di trasgredire le
commesso (puniatur quia proibizioni.
peccatum est).
3. La reazione punitiva dello Stato nei confronti del delinquente
L’idea retributiva implica anche,
che ha osato appagare i suoi impulsi delittuosi, mentre da un
per sua natura, il concetto di
proporzione: la risposta lato canalizza l’aggressività suscitata nei cittadini dalla
sanzionatoria, se deve commissione dell’atto criminale, conferma e rafforza, dall’altro,
compensare il male provocato la loro fedeltà ai valori tutelati.
dall’azione illecita, non può non
essere proporzionata alla gravità
del reato medesimo.

V. PREVENZIONE SPECIALE
Protezione dei beni giuridici
La teoria della «prevenzione
Il sistema penale di uno Stato democratico e pluralistico non può
speciale» fa leva sull’idea che
l’inflizione della pena ad un pretendere di trasformare il delinquente né in un «santo» né in un
determinato soggetto, serva ad «onesto ragioniere»: la prevenzione speciale come risocializzazione
evitare che il medesimo compia – non diversamente, del resto, dalla prevenzione generale intesa
in futuro altri reati. come strumento di orientamento morale-pedagogico – costituisce
soltanto una tecnica finalizzata all’obiettivo primario della
protezione dei beni giuridici.

Neutralizzazione
La tecnica più elementare consiste nella neutralizzazione del
soggetto potenzialmente pericoloso ottenuta:
a. grazie all’impiego della coercizione fisica  ad es. un uomo in
carcere è posto nella condizione di non poter compiere almeno
determinati tipi di delitti; o
b. attraverso forme di interdizione giuridica, che impediscano al
reo di continuare a svolgere attività che hanno occasionato la
commissione di delitti  ad es. il divieto di contrattare con la

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p.a., come sanzione accessoria inflitta all’autore di certi tipi di
reato commessi nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Condizionamento della personalità


Un altro tipico modo di operare della prevenzione speciale si
manifesta in forma di condizionamento della personalità del reo. La
tecnica più antica da questo punto di vista consiste nel perseguire,
attraverso la componente afflittiva insita nella punizione, l’emenda
morale del delinquente.

2. Pene in senso stretto


I. PENE PRINCIPALI
Delitti
Le pene principali stabilite per i delitti sono:
Pene detentive 1. l'ergastolo;
Sotto la denominazione di pene 2. la reclusione;
detentive o restrittive della 3. la multa.
libertà personale la legge
comprende: l'ergastolo, la
reclusione e l'arresto.
Contravvenzioni
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1. l'arresto;
Pene pecuniarie
2. l'ammenda.
Sotto la denominazione di pene
pecuniarie la legge comprende: la
multa e l'ammenda.
Pena di morte
1. L’art. 17 del codice penale collocava la pena di morte all’inizio
delle pene principali: ma, soppressa prima per i delitti previsti
dal codice penale, poi per i delitti previsti dalle leggi speciali
diverse da quelle militari di guerra, da ultimo infine per gli illeciti
preveduti dalle stesse leggi militari di guerra, la pena di morte è
oggi assorbita nell’ergastolo.
2. La Costituzione, attraverso l'art. 27, introducendo il c.d.
principio di umanizzazione della pena, l'aveva abolita quasi
totalmente, circoscrivendone l'applicazione solo ai casi previsti
dalle leggi militari di guerra.
Ma anche rispetto a tali ipotesi è stata abrogata nel 1994.
Tale abrogazione venne però operata con legge ordinaria,
mantenendo così la possibilità di reintrodurla nelle leggi militari
di guerra, in caso di dichiarazione di guerra.
Il riferimento alle leggi penali di guerra è stato eliminato
definitivamente dal testo costituzionale quando l'Italia ha
ratificato la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di
morte in qualsiasi circostanza, sancendo per via costituzionale la
non applicabilità della stessa in ogni caso.

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Ergastolo Ergastolo
L’ergastolo è una pena detentiva La pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli istituti
a vita. a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.

Lavoro all’aperto
Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro
all'aperto.

Minorenni imputabili
Con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, la Corte costituzionale ha
ravvisato un’incompatibilità insanabile tra la pena perpetua e la
minore età, facendo leva sul particolare significato che la
rieducazione finisce con l’assumere ove venga riconsiderata alla
stregua della speciale protezione che l’art. 31 Cost. accorda
all’infazia e alla gioventù.

Pena fissa
Un profilo di possibile illegittimità costituzionale dell’ergastolo si
riferisce alla sua natura di pena «fissa», tanto più dopo che la
stessa Corte costituzionale si è pronunciata a favore della tesi che
assume come costituzionalmente imposta una commisurazione
«individualizzata» della sanzione punitiva: ed infatti la Corte ha
affermato che «in linea di principio, previsioni sanzionatorie fisse
non appaiono in armonia con il volto costituzionale del sistema
penale, salvo che appaiano proporzionate all’intera gamma di
comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato».

Reclusione
Reclusione La pena della reclusione si estende da 15 gg a 24 anni, ed è scontata
Pena temporanea restrittiva della in uno degli istituti a ciò destinati con l'obbligo del lavoro e con
libertà personale che viene l'isolamento notturno.
scontata in uno degli stabilimenti
a ciò destinati, in seguito alla
Lavoro all’aperto
condanna per aver commesso un
Il condannato alla reclusione può essere ammesso al lavoro
delitto.
all'aperto.

Scontato 1 anno della pena


Il condannato deve avere scontato almeno 1 anno della pena.

Esecuzione della reclusione


1. L’esecuzione della pena della reclusione avviene nelle case di
reclusione;
2. È previsto l’obbligo del lavoro e dell’isolamento notturno;
3. Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari
bisogni della personalità del condannato;
4. Il trattamento si fonda sull’istruzione, sul lavoro, sulla
religione, sulle attività culturali ricreative e sportive;

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5. Sono agevolati i rapporti con il mondo esterno e la famiglia;
6. Il lavoro non deve avere carattere afflittivo e deve essere
2
remunerato in misura non inferiore a delle tariffe sindacali.
3

Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena


L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita se
deve aver luogo nei confronti:
1. di donna incinta;
2. di madre di infante di età inferiore ad anni 1;
3. di persona affetta 
- da AIDS conclamata/grave deficienza immunitaria; ovvero
- da altra malattia particolarmente grave per effetto della
quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo
stato di detenzione.

Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena


L'esecuzione di una pena può essere differita:
1. se è presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena
non deve essere differita obbligatoriamente;
2. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere
eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità
fisica;
3. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere
eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a 3
anni.

Arresto
Arresto La pena dell'arresto si estende da 5 gg a 3 anni, ed è scontata in uno
L’arresto è la pena detentiva degli istituti a ciò destinati o in sezioni speciali, con l'obbligo del
temporanea per le lavoro e con l'isolamento notturno.
contravvenzioni e consiste in una
privazione della libertà che varia
dai 5 gg ai 3 anni e va scontata in Lavoro
uno degli stabilimenti previsti per Il condannato all'arresto può essere addetto a lavori anche diversi
la reclusione. da quelli organizzati nell'istituto, avuto riguardo alle sue attitudini
e alle sue precedenti occupazioni.

Multa Multa
La multa è la pena pecuniaria La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma
prevista per i delitti come ≥ € 50 e ˂ € 50.000.
sanzione conseguente alla
commissione di un delitto e
consistente nel pagamento allo Delitti determinati da motivi di lucro
Stato di una somma non inferiore Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce
a cinquanta euro, né superiore a soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la
cinquentomila euro multa da € 50 a € 25.000.

g
La norma dell’art. 24, comma 2°, dettata per i delitti determinati
in concreto da motivi di lucro, tende a colpire la particolare

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avidità del singolo delinquente nei casi in cui per il fatto di reato
è prevista la sola pena della reclusione.

Condizioni economiche del reo


Il giudice, con la sentenza di condanna/decreto penale, può
disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato,
che la multa/ammenda venga pagata in rate mensili da 3 a 30.

Rata mensile
Ciascuna rata tuttavia non può essere ˂ € 15.

Conversione della pena pecuniaria


Le pene della multa, se non eseguita per insolvibilità del
condannato, si converte in libertà controllata ed in lavoro
Libertà controllata sostitutivo.
La «libertà controllata» consiste
in una forte limitazione della Pena detentiva
libertà personale accompagnata Nella previsione originaria del codice la sanzione c.d. di
da una serie di obblighi. conversione era la pena detentiva: tale forma di conversione è
stata dichiarata costituzionalmente illegittima perché operava
«una traslazione della pena dai beni alla persona del
condannato insolvibile, retaggio di concezioni arcaiche, basate
Lavoro sostitutivo sulla fungibilità tra libertà e patrimonio personale».
Il «lavoro sostitutivo» consiste
nella prestazione di un’attività Ragguaglio
non retribuita, a favore della A seguito della pronuncia della Corte costituzionale del gennaio
collettività, da effettuare presso del 2012, n. 1, ogni giorno di libertà controllata equivale a € 250
lo Stato, le regioni, le province, i di pena pecuniaria (multa/ammenda).
comuni, o presso enti,
organizzazioni o corpi di
assistenza, di istruzione, di
Ammenda
protezione civile e di tutela
La pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una
dell’ambiente naturale o di
incremento del patrimonio somma ≥ € 20 e ˂ € 10.000.
forestale.

Permanenza domiciliare
Ammenda La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di
L’ammenda è la pena pecuniaria rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata
per la contravvenzione. dimora ovvero in un luogo di cura/assistenza/accoglienza nei giorni
di sabato e domenica.

Esecuzione diversa della pena


Il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio
o di salute del condannato, può disporre che la pena venga
eseguita:
 in giorni diversi della settimana; ovvero
 a richiesta del condannato, continuativamente.

Durata

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La durata della permanenza domiciliare è ≥ 6 gg e ˂ 45 gg.

Stato della pena


Il condannato non è considerato in stato di detenzione.

Lavoro di pubblica utilità


Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non
retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le
regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di
assistenza sociale e di volontariato.

Istanza dell’imputato
Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità
solo su richiesta dell'imputato.

Durata
Il lavoro di pubblica utilità è ≥ 10 gg e ˂ 6 mesi.

Esecuzione della pena


L'attività:
a. viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il
condannato; e
b. comporta la prestazione di non più di 6 ore di lavoro
settimanale;
c. viene svolta con modalità e tempi che non pregiudicano le
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del
condannato.

6 ore di lavoro settimanale


Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo
a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore
alle 6 ore settimanali.

Prestazione ˃ 8 h/gg
La durata giornaliera della prestazione non puo' comunque
oltrepassare le 8 ore.

Reclusione/arresto domiciliare obbligatorio


Reclusione/arresto Ai reati per i quali è prevista la pena dell'arresto/reclusione non
domiciliare superiore nel massimo a 3 anni si applica la pena della reclusione
La reclusione domiciliare e domiciliare o dell'arresto domiciliare.
l’arresto domiciliare sono
sanzioni caratterizzate dal fatto
che si espiano presso l’abitazione
del condannato o in un altro Reclusione/arresto domiciliare facoltativo

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luogo pubblico o privato di cura, Ai delitti per i quali è prevista la pena della reclusione tra i 3 e i 5
assistenza e accoglienza anni, il giudice, tenuto conto dei criteri indicati dall'art. 133 c.p.,
denominato «domicilio». può applicare la reclusione domiciliare o l’arresto domiciliare.

II. PENE ACCESSORIE


Pene accessorie per i delitti
Nel disegno originario del Le pene
Le pene accessorie per i delitti sono:
accessorie sono considerate
sanzioni che, «per il loro 1. l'interdizione dai pubblici uffici;
intrinseco carattere mancano di 2. l'interdizione da una professione/arte;
un’efficienza tale, per cui possano 3. l'interdizione legale;
riuscire, per sé medesime, 4. l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
sufficienti a realizzare gli scopi imprese;
intimidativi ed afflittivi della 5. l'incapacità di contrattare con la p.a.;
repressione. Di qui la evidente 6. l’estinzione del rapporto di impiego/lavoro;
necessità di comminarle sempre 7. la decadenza/sospensione dall'esercizio della responsabilità
congiuntamente ad altre pene,
genitoriale.
rispetto alle quali esse sono
complementari e accessorie».

Pene accessorie per le contravvenzioni


Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:
1. la sospensione dall'esercizio di una professione/arte;
2. la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e
delle imprese.

Pena comune ai delitti e alle contravvenzioni


Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la
pubblicazione della sentenza penale di condanna.

Prevenzione speciale e generale


Le pene accessorie tendono ad un obiettivo:
a. di prevenzione generale (o di difesa sociale); e
b. di prevenzione speciale.

Sospendibilità
1. le pene accessorie in origine non erano sospendibili
condizionalmente, e pertanto svolgevano di fatto un ruolo
sostitutivo delle pene principali, quale unica sanzione
concretamente applicata al condannato.
2. Tale disciplina è stata però profondamente innovata dal
legislatore del 1990 (art. 4, l. n. 19/1990), il quale ha introdotto il
principio antitetico della sospendibilità delle pene accessorie.

Durata
Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena
accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente
determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della

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pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di
conversione, per insolvibilità del condannato.

Conversione per insolvibilità del condannato


In nessun caso la conversione per insolvibilità del condannato può
oltrepassare il limite minimo e quello massimo stabiliti per
ciascuna specie di pena accessoria.

Inosservanza
Chiunque, avendo riportato una condanna, da cui consegue una
pena accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale
pena, è punito con la reclusione da 2 a 6 mesi.

Interdizione dai pubblici uffici


L'interdizione perpetua dai pubblici uffici priva il condannato:
1. del diritto di elettorato attivo o passivo e di ogni altro diritto
politico;
2. di ogni pubblico ufficio e di ogni incarico, non obbligatorio, di
pubblico servizio;
3. di gradi e dignità accademiche, titoli, decorazioni e, in genere, di
diritti onorifici.

Delitti per l’interdizione temporanea


Importano l’interdizione temporanea del condannato dai pubblici
Interdizione uffici:
temporanea a. la condanna alla reclusione per un tempo ≥ 3 anni (5 anni di
L'interdizione temporanea priva il interdizione);
condannato della capacità di b. la condanna per delitti commessi 
acquistare o di esercitare o di - con l'abuso dei poteri, o
godere, durante l'interdizione, di - con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione,
diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, o ad un pubblico servizio.
titoli e onorificenze.
Durata
L’interdizione temporanea può essere ≥ 1 anno e ˂ 5
anni.

Delitti per l’interdizione perpetua


Importano l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici
uffici:
a. la condanna all'ergastolo;
b. la condanna alla reclusione per un tempo ≥ 5 anni;
c. la dichiarazione 
- di abitualità/professionalità nel delitto, o
- di tendenza a delinquere.

Interdizione da una professione o da un’arte

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L'interdizione da una professione o da un'arte priva il condannato
della capacità di esercitare, durante l'interdizione, una professione,
arte, industria, o un commercio o mestiere, per cui è richiesto uno
speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o
licenza dell'Autorità.

Delitto
L’interdizione da una professione o da un’arte si applica
nell’ipotesi di condanna per un delitto commesso:
a. con abuso di un professione, arte, industria, o di un
commercio/mestiere; o
b. con violazione dei doveri ad essi inerenti.

Durata
L'interdizione da una professione/arte è ≥ 1 mese e ˂ 5 anni.

Legge
Sono salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.

Interdizione legale
È in stato di interdizione legale:
a. il condannato all'ergastolo; e
b. il condannato alla reclusione per un tempo ≥ 5 anni (durante la
pena).

Ergastolo
La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla
responsabilità genitoriale.

Reclusione per un tempo ≥ 5 anni


La condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione
dall'esercizio della responsabilità genitoriale.

Giudice
Sono salvi i casi in cui il giudice dispone altrimenti.

Interdizione dagli uffici direttivi


L'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle
imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante
l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore,
direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei
documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere
di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.

Delitto
Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione ≥ 6 mesi per delitti
commessi:

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a. con abuso dei poteri; o
b. con violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

Colletti bianchi
Questa pena accessoria ha la funzione di irrobustire la risposta
sanzionatoria nei confronti di alcune forme di criminalità tipiche
dei c.d. colletti bianchi, e cioè nei confronti di reati strettamente
collegati con l’esercizio di un’attività imprenditoriale.

«Ogni altro ufficio .. o dell’imprenditore»


La pena comprende nella sua sfera il divieto «ogni altro ufficio
dotato di potere di rappresentanza della persona giuridica o
dell’imprenditore»: vieta quindi l’ufficio di institore, di direttore
non generale, di procuratore, ecc., non ricompresi nel contenuto
dell’abrogato art. 2641 c.c.

Art. 2641 c.c.


L’interdizione dagli uffici direttivi Durata
delle persone giuridiche e delle La durata della pena accessoria deve ritenersi, in mancanza di una
imprese sostituisce la pena espressa determinazione normativa, equivalente a quella della
accessoria prima prevista dall’art. pena principale ex art. 37.
2641 c.c., abrogato dalla stessa
legge di Modifiche al sistema
penale. Delitto colposo
L’interdizione dagli uffici direttivi non si applica nel caso di
condanna per delitto colposo, se la pena inflitta è ˂ 3 anni di
reclusione.

Incapacità di contrattare con la p.a.


L'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione importa
il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione

Prestazioni di un pubblico servizio


Sono salvi i casi in cui si contratti per ottenere le prestazioni di un
pubblico servizio.

Durata
Essa non può avere durata inferiore ad 1 anno né superiore a 5
anni.

A causa/nell’esercizio di attività imprenditoriale


I delitti che importano l’incapacità di contrattare con la p.a.
devono essere commessi in danno o a vantaggio di un'attività
imprenditoriale o comunque in relazione ad essa.

Delitti
Importa l’incapacità di contrattare con la p.a.:
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a. la concussione;
b. la corruzione per un atto d’ufficio;
c. la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
d. la corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio;
e. la turbata libertà degli incanti;
f. l’inadempimento di contratti di pubbliche forniture;
g. la frode nelle pubbliche forniture;
h. l’associazione per delinquere;
i. la rimozione od omissione dolosa di cautele contro
infortuni sul lavoro;
j. l’agiotaggio;
k. le manovre speculative su merci; e
l. la truffa a danno dello Stato o di altro ente pubblico;

Strategia differenziata di tipo punitivo


Questa pena accessoria, di tipo interdittivo, è stata introdotta dalla
legge di Modifiche al sistema penale ed è espressione di
quell’indirizzo politico-criminale che tenta di irrobustire la risposta
sanzionatoria con il ricorso ad una strategia differenziata di tipo
punitivo.

Decadenza dall’esercizio della resp. genitoriale


La decadenza dalla responsabilità genitoriale importa anche la
privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in
forza della potestà di cui al titolo IX del libro I del codice civile.
Decadenza
Con il termine decadenza si indica
un provvedimento duraturo, Sospensione dall’esercizio della resp. genitoriale
teso a perdurare fino al La sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale importa
raggiungimento della maggiore anche l'incapacità di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi
età del figlio. diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del
titolo IX del libro I del codice civile.

Sospensione Abuso della resp. genitoriale


Con il termine sospensione si La condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità
indica un provvedimento genitoriale importa la sospensione dall'esercizio di essa per un
provvisorio che viene meno periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta.
quando è decorso il termine
previsto ex lege o qualora
vengano meno quei presupposti
che vi hanno dato luogo. Estinzione del rapporto di impiego/lavoro
La sospensione è discrezionale se La condanna alla reclusione per un tempo ≥ 2 anni per i delitti
la condanna alla reclusione ≥ 5 previsti dalla legge di importa l’estinzione del rapporto di lavoro o di
anni; è automatica se c'è stato impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti
abuso della potestà.
pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica.

Delitti
Importa l’estinzione del rapporto di impiego/lavoro:
a. il peculato;
b. la concussione;
c. la corruzione per l’esercizio della funzione;
d. la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
e. la corruzione in atti giudiziari;

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f. l‘induzione indebita a dare/promettere utilità;
g. la corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.

Sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte


La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte priva il
condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, una
professione, arte, industria o un commercio o mestiere, per i quali è
richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione,
autorizzazione o licenza dell'Autorità.

Contravvenzione
La sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte
consegue ad ogni condanna all’arresto ≥ 1 anno per
contravvenzioni commesse:
a. con abuso della professione, arte, industria, o del commercio
o mestiere; o
b. con violazione dei doveri ad essi inerenti.

Durata
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non
può avere una durata inferiore a 3 mesi né superiore a 3 anni.

Sospensione dagli uffici direttivi


La sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone
giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di
esercitare, durante la sospensione, l'ufficio di amministratore,
sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla
redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro
ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o
dell'imprenditore.

Durata
Essa non può avere una durata inferiore a quindici giorni né
superiore a due anni e

Contravvenzione
La sospensione dell’esercizio degli uffici direttivi consegue ad ogni
condanna all’arresto per contravvenzioni commesse:
a. con abuso dei poteri; o
b. con violazione dei doveri inerenti all’ufficio.

III. PUBBLICAZIONE DELLA


SENTENZA PENALE DI Previsione di legge
CONDANNA
La pubblicazione della sentenza consegue alla condanna per delitti o
contravvenzioni nei casi stabiliti dalla legge (artt. 347, 475, 498,
ecc.).

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Sentenza di condanna alll’ergastolo


La sentenza di condanna all'ergastolo è pubblicata mediante
affissione nel Comune:
a. ove è stata pronunciata;
b. ove il delitto fu commesso; e
c. ove il condannato aveva l'ultima residenza.

Sentenza di condanna
La sentenza di condanna è inoltre pubblicata nel sito internet del
Ministero della giustizia.

Durata
La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in
misura ≤ 30 gg.

Mancanza di previsione
In mancanza di una previsione, la durata è di 15 gg.

Modalità di pubblicazione
La pubblicazione è:
a. fatta per estratto; ed
b. eseguita d’ufficio.

Pubblicazione per intero


Sono salvi i casi in cui il giudice dispone la pubblicazione per intero.

Spese
La pubblicazione è eseguita e a spese del condannato.

IV. PENE SOSTITUTIVE


Semidetenzione
Strategia La semidetenzione comporta in ogni caso:
differenziata 3. l'obbligo di trascorrere almeno 10 ore al giorno negli istituti
L’introduzione delle pene penitenziari.
sostitutive è in linea con gli
4. il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed
orientamenti politico-criminali
esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di
del movimento internazionale di
riforma del diritto penale il quale polizia;
tende a realizzare una strategia 5. la sospensione della patente di guida;
differenziata nella lotta contro la 6. il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai
criminalità. fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente;
7. l'obbligo di conservare e di presentare agli organi di polizia
Intimidazione- l'ordinanza contenente le prescrizioni imposte.
ammonimento e
non-desocializzazione Ragguaglio fra detenzione e semidetenzione
Le pene sostitutive esplicano Per la determinazione della durata della pena sostitutiva 1 gg di
efficacia soprattutto in termini di pena detentiva equivale a 1 gg di semidetenzione.

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«intimidazione-ammonimento» e
di «non-desocializzazione»: più
che a una funzione di positivo
recupero sociale, le sanzioni
predette tendono cioè: Libertà controllata
1. per un verso, a esercitare La libertà controllata comporta in ogni caso:
una efficacia dissuasiva 1. il divieto di allontanarsi dal comune di residenza;
rispetto alla commissione di 2. l'obbligo di presentarsi almeno 1 volta al giorno, nelle ore
futuri reati; e fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del
2. per altro verso, a evitare i condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in
tipici effetti desocializzanti mancanza di questo, presso il comando dell'Arma dei carabinieri
della carcerazione breve.
territorialmente competente;
3. il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed
esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di
polizia;
4. la sospensione della patente di guida;
5. il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai
fini dell'espatrio, di ogni altro documento equipollente;
6. l'obbligo di conservare e di presentare agli organi di polizia
l'ordinanza contenente le prescrizioni imposte.

Divieto di allontanarsi dal comune di residenza


Sono fatti salvi in cui venga concessa l’autorizzazione di volta in
volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia
o di salute.

Ragguaglio fra detenzione e libertà controllata


Per la determinazione della durata della pena sostitutiva 1 gg di
pena detentiva equivale a 2 gg di libertà controllata.

Pena pecuniaria
Il giudice nel pronunciare la sentenza di condanna quando ritiene di
dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di 6
mesi, può sostituirla con la pena pecuniaria della specie
corrispondente.

Ragguaglio fra pene pecuniarie e detentive


Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un
ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha
luogo calcolando € 250, o frazione di € 250, di pena pecuniaria per
1 gg di pena detentiva.

Definizione della pena pecuniaria


La pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se
sostitutiva della pena detentiva.

Poteri discrezionali del giudice

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Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri
indicati nell'art. 133 del codice penale, può sostituire la pena
detentiva (an) e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al
reinserimento sociale del condannato (quomodo).

Revoca della pena sostitutiva


Se sopravviene una condanna a pena detentiva per un fatto
commesso successivamente alla sostituzione della pena, questa
viene:
1. revocata per la parte non ancora eseguita; e
2. convertita nella pena detentiva sostituita.

V. MISURE ALTERNATIVE
ALLA DETENZIONE
Affidamento in prova al servizio sociale
Se la pena detentiva inflitta non supera 3 anni, il condannato può
essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo
uguale a quello della pena da scontare.

Non supera 3 anni


L'affidamento in prova può, altresì, essere concesso al condannato
che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a 4 anni
di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell'anno
precedente alla presentazione della richiesta, un comportamento
tale da ritenere che il provvedimento stesso:
a. contribuisca alla rieducazione del reo; e
b. assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri
reati.

Revoca
L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto,
contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia
incompatibile con la prosecuzione della prova.

Estinzione della pena detentiva34


L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed
ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie
perpetue.

Probation
L’affidamento in prova al servizio sociale si ispira all’istituto di
origine anglosassone del probation: ma, a differenza di
quest’ultimo che lascia il soggetto in libertà con il rispetto di
determinate prescrizioni e sotto il controllo e l’aiuto di personale
specializzato, l’affidamento in prova presuppone quasi sempre,
invece, iniziata l’esecuzione della pena detentiva; a causa della

34 Non si ritengono estinte le pene accessorie né le obbligazioni civili derivanti dal reato.
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natura «ibrida», esso viene definito forma di probation
penitenziario.

Affidamento in prova per tossicodipendenti o


alcooldipendenti
Se la pena detentiva, inflitta entro il limite di 3 anni, deve essere
eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o
alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o
che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato può chiedere in ogni
momento di essere affidato in prova al servizio sociale per
proseguire/intraprendere l'attività terapeutica sulla base di un
programma da lui concordato con una unità sanitaria locale o con
uno degli enti, associazioni, cooperative.

Limite
L'affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto
più di 2 volte.

Detenzione domiciliare
La pena della reclusione non superiore a 4 anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena
dell'arresto, possono essere espiate:
a. nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora;
ovvero
b. in un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza; ovvero
c. in case famiglia protette.

Modalità esecutive
Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare,
ne fissa le modalità esecutive.

Semilibertà
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e
all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per
partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al
reinserimento sociale.

Revoca
Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato
quando il soggetto:
a. non si appalesi idoneo al trattamento; o
b. rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo per non
più di 12 ore.

Liberazione anticipata

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Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione
all'opera di rieducazione è concessa, una detrazione di 45 gg per
ogni singolo semestre di pena scontata.

Calcolo della detrazione


Alfine del calcolo della detrazione è valutato anche il periodo
trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione
domiciliare.

Riconoscimento
La liberazione anticipata costituisce un riconoscimento per la
partecipazione all’opera di rieducazione.

Facile reinserimento nella società


La liberazione anticipata è finalizzata ad un più efficace
reinserimento nella società del condannato.

Permessi premio
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non
risultano socialmente pericolose, il magistrato di sorveglianza,
sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di
durata non superiore ogni volta a 15 gg per consentire di coltivare
interessi affettivi, culturali o di lavoro.

Durata complessiva
La durata dei permessi non può superare complessivamente 45 gg
in ciascun anno di espiazione.

Collaborazione con la giustizia


L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure
alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la
liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e
internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e
internati collaborino con la giustizia.

Collaborazione irrilevante
I benefici predetti possono essere concessi anche se la
collaborazione risulta irrilevante quando si tratta di detenuti per i
medesimi delitti ai quali sia stata applicata una delle circostanze
attenuanti previste:
a. dall’art. 62, n. 6, c.p. (anche qualora il risarcimento sia
intervenuto dopo la sentenza di condanna);
b. dall’art. 114 c.p.; o
c. dall’art. 116, comma 2°, c.p.

Esclusione dell’attualità dei collegamenti


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I benefici sono concessi ai detenuti, purché siano stati acquisiti
elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la
criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

3. Commisurazione della pena


I. POTERE
DISCREZIONALE DEL
Potere discrezionale
GIUDICE
Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena
Art. 132 c.p. discrezionalmente.

d
Per quale ragione sia affidata alla discrezionalità giudiziaria la
concreta irrogazione della pena, non è difficile intuire: il
legislatore, essendo impotente a fissare in linea generale e astratta
tutte le sfumature di valore o disvalore del singolo episodio
criminoso, si trova costretto a delegare al giudice il compito di
valutare tutti gli aspetti del fatto rilevanti ai fini di un trattamento
penale sufficientemente individualizzato.

Discrezionalità vincolata
1. È opinione dominante che si tratti di una discrezionalità
vincolata.
2. I vincoli giuridici vengono in proposito individuati:
- in primo luogo, nel quadro edittale della pena (in questo
senso, il giudice deve fissare la pena tra un minimo e un
massimo legislativamente predeterminati);
- in secondo luogo, nella previsione esplicita degli indici di
commisurazione della pena di cui all’art. 133;
- in terzo luogo, nell’obbligo di motivazione contemplato dallo
stesso art. 132.

Principio di legalità
L’attribuzione al giudice di un potere di scelta della misura
concreta della sanzione risulta, peraltro, compatibile col rispetto
del principio di legalità riferito non solo al precetto penale, ma
anche alle conseguenze sanzionatorie: nel difendere la legittimità
dell’art. 132, la Corte costituzionale ha giustamente escluso che il
principio di legalità sia ostacolo all’attribuzione all’organo
giudicante di un adeguato ambito di discrezionalità.

Pene fisse
Più di recente, la stessa Corte costituzionale si è spinta addirittura
più oltre, affermando il principio della «tendenziale» illegittimità
delle pene fisse: l’individualizzazione della pena in rapporto alle
specifiche esigenze del caso concreto costituisce infatti – ad avviso
della stessa Corte – una naturale conseguenza tanto del principio
di uguaglianza, quanto dei principi della responsabilità personale e

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del finalismo rieducativo che la Costituzione prevede con specifico
riguardo alla materia penale.

Obbligo di motivazione
Il giudice deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere
discrezionale.

Controllo sui poteri discrezionali


L’adempimento dell’obbligo di motivazione serve a garantire un
controllo giurisdizionale sull’esercizio dei poteri discrezionali del
giudice.

Criteri di commisurazione della pena


La dottrina più consapevole si è sforzata di sviluppare una
sistematica dei criteri o indici di commisurazione della pena
consistenti in:
a. criteri finalistici  individuazione dei fini da raggiungere
mediante la irrogazione della pena e istituzione di una gerarchia
tra i diversi scopi della pena, anche in vista del superamento di
eventuali antinomie riscontrabili nella fase commisurativa;
b. criteri fattuali  selezione delle circostanze di fatto che
assumono rilevanza alla stregua dei criteri finalistici
preventivamente individuati;
c. criteri logici  valutazione del rispettivo peso degli indici fattuali
ai fini di un giudizio sulla complessiva gravità del reato e di un
corrispondente dosaggio della sanzione fra il massimo e il
minimo edittali.

Razionalità e controllabilità nelle sanzioni


La dottrina è stata mossa dall’intento di rendere più razionali e
controllabili le scelte sanzionatorie compiute nella prassi
applicativa.

II. GRAVITA’ DEL REATO


Gravità del reato
Art. 133, 1° comma, c.p.
Nell'esercizio del potere discrezionale, il giudice deve tener conto
della gravità del reato, desunta:
1. dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal
luogo e da ogni altra modalità dell'azione;
2. dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona
offesa dal reato;
3. dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.

Modalità dell’azione
Il disvalore dell’azione può desumersi in via analogica da quelle
circostanze di fatto, che il legislatore stesso valuta, rispettivamente,
come aggravanti o attenuanti.

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Gravità del danno o del pericolo


 La gravità del danno o del pericolo si valuta assumendo a punto
di riferimento l’offesa tipica intesa nell’accezione penalistica, e
non già le conseguenze dannose in senso civilistico (ad es. una
malversazione relativa ad una grossa somma è più grave di una
malversazione di pochi euro, anche se non provoca alcun danno
civilistico alla p.a. quale soggetto passivo del reato).
 Quanto al grado del pericolo, va osservato che – a patto di fae
riferimento ad un medesimo bene – un pericolo «concreto» sarà
sempre più grave di un pericolo astratto. Mentre nell’ambito del
pericolo concreto, il pericolo stesso presenterà un disvalore più
accentuato quanto maggiore risulti l’entità della probabile
lesione ovvero il grado di probabilità della sua verificazione.

Intensità del dolo e grado della colpa


a. L’intensità del dolo si misura considerando la forma in cui esso
si manifesta: la volontà colpevole appare di intensità maggiore
nel dolo intenzionale e progressivamente meno grave nel dolo
diretto e nel dolo eventuale.
b. Quanto al grado della colpa, per accertarlo occorre fare
riferimento ad una serie di criteri quali il quantum rispettivo di
esigibilità della condotta doverosa e di divergenza tra la
condotta tenuta e la regola precauzionale applicabile nel caso
concreto, ecc.

III. CAPACITA’ A DELINQUERE


Capacità a delinquere
Art. 133, 2° comma, c.p.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del
colpevole, desunta:
1. dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
Motivi a delinquere 2. dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e
Il motivo o movente viene dalla vita del reo antecedenti al reato;
comunemente definito come la 3. dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
causa psichica, lo stimolo che 4. dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
induce l’individuo a delinquere:
nel linguaggio della psicologia, si
tratta di un’inclinazione affettiva,
e cioè di un sentimento, un Carattere del reo
impulso o un istinto (ad es. 1. Gli psicologi tendono a concepire il carattere come il termine di
gelosia, vendetta, cupidigia, transizione tra i fattori «endogeni» (temperamento) ed
paura, brama sessuale, ecc.). «esogeni» (ambiente) che contribuiscono a integrare la
personalità: in un certo senso, il carattere costituisce il risultato
della lotta tra questi fattori.
- Da un lato, i fattori endogeni spingerebbero l’uomo verso una
condotta puramente animale, incentrata sul soddisfacimento dei
suoi istinti e delle sue tendenze affettive o repulsive;
- dall’altro, i fattori esogeni lo condurrebbero verso una quasi
completa sottomissione all’ambiente.

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2. Come risultato di questa tensione, di questa opposizone fra
l’uomo e la realtà esterna, il carattere rappresenta una struttura
di autocontrollo e uno strumento di orientamento
dell’individuo nella scelta tra le diverse possibilità di azione:
quanto più salda è la struttura caratteriale di un individuo, tanto
più gli riuscirà di governare le inclinazioni del temperamento e le
pulsioni istintuali.

Condotta e vita del reo antecedenti al reato


1. È di intuitiva evidenza che la personalità di un individuo si
ricostruisce tenendo conto di tutti gli aspetti capaci di
illuminarla: il giudice prima di pronunciarsi sulla capacità a
delinquere di un soggetto deve raccogliere tutti gli antecedenti
idonei a fungere da elementi indizianti rispetto alla sussistenza
del dato da accertare.
2. Tra questi elementi rientrano non solo i precedenti penali (le
condanne anteriormente riportate, ecc.) e i precedenti giudiziari
(sottoposizione a misure di prevenzione, provvedimenti di
interdizione o inabilitazione ecc.), ma anche gli episodi,
atteggiamenti e inclinazioni che possono costituire un
significativo indice del modo di essere e comportarsi della
persona: carriera scolastica, manifestazioni genericamente
devianti (uso di droghe, alcoolismo, rifiuto dell’attività
lavorativa), ecc.

Condotta contemporanea o sussegente al reato


Si tratta di indici particolarmente significativi proprio in ragione del
loro rapporto di vicinanza col reato commesso, ad es.:
a. è segno di particolare riprovevolezza mostrare ciniscmo o
compiacimento durante la commissione del fatto delittuoso, o
soddisfazione per il buon esito dell’impresa criminosa, ecc.;
mentre
b. depone a favore del reo una lunga esitazione prima del
passaggio all’azione, ovvero il sopraggiungere del rimorso dopo
la consumazione del reato o ancora un atteggiamento di
collaborazione processuale, ecc.

Condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo


La valutazione di questi elementi serve a calcolare l’incidenza
dell’ambiente esterno all’interno del processo criminogenetico: la
misura di tale incidenza assume rilevanza sotto più punti di vista.
- Se ci si pone ad es. nell’ottica della colpevolezza, una forte
pressione esterna nella dinamica del fatto farà apparire meno
riprovevole l’autore.
- Mentre se ci si colloca nella diversa prospettiva della
pericolosità sociale, tanto più cresce il tasso di criminalità
latente del soggetto, quanto più determinanti risultano le
influenze dell’ambiente, e viceversa.
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IV. LETTURA
COSTITUZIONALMENTE Principio di colpevolezza
ORIENTATA DELL’ART. 133
1. L’art. 27, comma 1°, Cost., avendo implicitamente riconosciuto il
principio della responsabilità non solo personale ma anche
colpevole, riflette un orientamento del sistema penale diretto
alla valorizzazione dell’elemento soggettivo del reato: una volta
che si muova dal presupposto dell’avvenuta
costituzionalizzazione del principio nulla poena sine culpa,
coerenza impone di ritenere che il requisito della colpevolezza
debba svolgere una funzione preminente anche nello stadio
della commisurazione della pena.
- Da ciò derivano delle conseguenze ben precise sul piano
dell’interpretazione del 1° comma dell’art. 133: tra gli indici della
«gravità del reato» il giudice dovrà considerare prevalenti
«l’intensità del dolo» o il «grado della colpa»; onde, il peso
attribuito alla «gravità del danno o del pericolo cagionato alla
persona offesa dal reato» non potrà spingere l’organo
giudicante ad infliggere una pena superiore a quella
proporzionata al grado della colpevolezza.
2. L’art. 27, comma 1°, Cost. riesce a illuminae il problema della
commisurazione della pena anche sotto la diversa, seppur
contemporanea, angolazione del divieto di responsabilità per
fatto altrui: si tratta cioè di scoraggiare l’eventuale
valorizzazione giudiziale dell’indice della «gravità del danno o
del pericolo» per far prevalere, al momento della concreta
irrogazione della pena, preoccupazioni di prevenzione generale.
- La scelta di irrogare pene esemplari, che fungano da
ammonimento verso tutti i consociati, finisce in verità col
cozzare col divieto di responsabilità per fatto altrui ex art. 27,
comma 1°, Cost., perché esaspera il ruolo di caprio espiatorio
del singolo delinquente: il reo viene infatti a scontare una pena
di misura eccedente la sua colpevolezza in vista dell’esigenza di
impedire la reiterazione di fatti analoghi da parte di terzi
soggetti.

Principio di rieducazione
1. Sulla fase commisurativa della pena proietta luce anche il 3°
comma dell’art. 27 Cost., il quale afferma il fondamentale
principio secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione
del condannato.
2. L’esigenza di realizzare il finalismo rieducativo sollecita una
ricostruzione della categoria della capacità a delinquere in
chiave di prevenzione speciale: il giudizio sull’attitudine del reo a
commettere reati dovrà essere cioè proiettato nel futuro, e
fungerà da criterio di scelta e/o di dosaggio di una pena da
determinare, sia nel tipo che nella misura, in vista del
reinserimento sociale dell’agente.

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Rapporto tra 1° e 2° comma dell’art. 133


1. Il principale parametro di commisurazione della pena è offerto
dal 1° comma, che indica al giudice di stabilire il massimo
edittale di pena entro i limiti della colpevolezza relativa al fatto
oggetto di giudizio.
2. Mentre il 2° comma svolge un ruolo subordinato, come peraltro
è dimostrato dalla stessa lettera della legge che, nell’introdurre
il riferimento alla «capacità a delinquere», usa l’avverbio
«altresì»: il giudizio sulla capacità a delinquere infatti può
indurre il giudice a ridurre la pena al di sotto del limite massimo
segnato dalla gravità del fatto colpevole.

V. COMMISURAZIONE DELLA
PENA PECUNIARIA
Condizioni economiche del reo
Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il
Art. 133 bis c.p.
giudice deve tener conto, oltre che dei criteri indicati dall'art. 133,
anche delle condizioni economiche del reo.

Indici di valutazione delle condizioni economiche


 In mancanza di indicazioni legislative sugli indici di cui il
giudice deve tenere conto in sede di valutazione delle
condizioni economiche del condannato, spetta agli interpreti
di suggerire criteri di valutazione.
 In proposito, il giudice deve riferirsi:
- in primo luogo al reddito dell’autore al momento della
condanna; e
- in secondo luogo, rispetto al patrimonio, soltanto ai beni
patrimoniali il cui valore superi uno «standard» medio
rispetto alla contingente situazione economicosociale (da
questo punto di vista non si dovrebbe ad es. tenere conto,
almeno di regola, della proprietà di una casa per l’abitazione
del reo e della sua famiglia).

Valutazione agli effetti della pena pecuniaria


Il giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge
1
sino al triplo o diminuirle sino ad 3 quando, per le condizioni
economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace
ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

Inefficacia ed eccessiva gravosità


L’inefficacia e l’eccesiva gravosità vanno determinate in funzione
degli scopi di afflizione e intimidazione-ammonimento, che sono
tipici della sanzione pecuniaria:
a. una pena è «inefficace», da questo punto di vista, se non
provoca un sensibile sacrificio del reo; mentre
b. una pena è «eccessivamente gravosa» se comporta,
all’opposto, un sacrificio economico intollerabile.

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VI. SOSTITUZIONE DELLA
PENA DETENTIVA Sostituzione delle pena detentiva
Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri
indicati nell'art. 133 c.p., può sostituire la pena detentiva e tra le
pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale
del condannato.

Criteri indicati nell'art. 133 c.p.


Nel pronunciarsi sull’an della sostituzione, gli indici forniti dall’art.
133 dovranno essere valutati al fine di stabilire se la personalità
del reo possa risultare danneggiata dall’applicazione di una pena
detentiva breve.

Reinserimento sociale del condannato


1. Nel pronunciarsi sul quomodo dalla sostituzione, il giudice
dovrebbe – secondo il dettato della norma in esame – seguire
come criterio l’idoneità a favorire il «reinserimento sociale del
condannato».
2. Senonché, si tratta di un obiettivo troppo «ambizioso»
rispetto alle reali caratteristiche delle pene sostitutive, il cui
effetto specialpreventivo si manifesta piuttosto in forma di
ammonimento-intimidazione e non desocializzazione
(anziché di risocializzazione strictu sensu intesa): il giudice
dovrà pertanto accertare quale sanzione sostitutiva sia più
idonea ad ammonire e a non desocializzare il reo.

Presunzione di mancato adempimento


Il giudice non può sostituire la pena detentiva quando presume che
le prescrizioni non saranno adempite dal condannato.

d
La preclusione conseguente ad una presunzione negativa ha,
evidentemente, per scopo di impedire complessi procedimenti di
sostituzione e revoca delle misure sostitutive per fare ritorno
all’applicazione della pena detentiva breve.

Obbligo della motivazione


Il giudice deve in ogni caso specificamente indicare i motivi che
giustificano la scelta del tipo di pena erogata.

VII. APPLICAZIONE DELLE


MISURE ALTERNATIVE
Affidamento in prova al servizio sociale
ALLA DETENZIONE
L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto nei
casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche
attraverso prescrizioni:
a. contribuisca alla rieducazione del reo; e
b. assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri
reati.

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Semilibertà
L'ammissione al regime di semilibertà è disposta quando vi sono le
condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.

Liberazione anticipata
La liberazione anticipata è concessa al condannato a pena detentiva
che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione.

Permessi premio
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non
risultano socialmente pericolosi.

Detenzione domiciliare
La pena della reclusione può essere espiata presso il domicilio
quando si tratta di:
a. donna incinta o madre di prole di età ˂ 10 anni con lei
convivente;
b. persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che
richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
c. persona di età ˃ 60 anni, se inabile anche parzialmente;
d. persona ˂ 21 anni per comprovate esigenze di salute, di studio,
di lavoro e di famiglia.

4. Vicende della punibilità


I. CONDIZIONI OBIETTIVE
DI PUNIBILITA’
Condizione obiettiva di punibilità
Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di
Art. 44 c.p.
una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da
cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.

Ubriachezza
Per esemplificare, si consideri l
Non è da lui voluto
contravvenzione preveduta
dall’art. 688, comma 2°: il
1. Il legislatore afferma che il colpevole risponde anche se l’evento
legislatore fa dipendere la che integra la condizione obiettiva di punibilità «non è da lui
punibilità dell’ubriaco dalla voluto»: ciò vuol dire che l’evento-condizione può in concreto
circostanza che egli venga anche essere lambito dalla volontà del reo, ma che l’esistenza di
sorpreso in stato di manifesta un tale nesso psichico non costituisce requisito indispensabile ai
ubriachezza in n luogo pubblico. fini della punibilità del fatto.
2. D’altro canto, questo si spiega considerando che non di rado
l’evento-condizione consiste nel fatto di un terzo (si pensi ad es.
x al già citato art. 688, comma 2°, che fa dipendere la punibilità
dell’ubriaco dalla circostanza che terzi soggetti lo sorprendano in
stato di flagrante ubriachezza), per cui sarebbe irragionevole

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L’introduzione legislativa delle pretendere che la volontà dell’agente abbracci eventi che,
condizioni obiettive di punibilità proprio perché realizzati da altri, sfuggono al suo potere di
svolge una duplice funzione: signoria.
a. una funzione di delimitazione
o riduzione della rilevanza
penale di determinati
comportamenti (nel senso di Eventi futuri e incerti, concomitanti o successivi
prevederne una punibilità Le condizioni obiettive di punibilità devono consistere in eventi
non incondizionata, ma futuri e incerti, concomitanti o successivi rispetto alla condotta
subordinata al verificarsi di dell’agente: non anche «antecedenti» perché altrimenti si dovrebbe
circostanze utleriori); e ammettere la possibilità che la prescrizione del reato cominci a
b. una funzione di garanzia
decorrere ancora prima della sua consumazione, posto che l’art.
connessa al rispetto del
principio di legalità.
158, comma 2°, stabilisce per i reati condizionati la decorrenza del
termine prescrizionale a partire dal momento in cui si verifica la
condizione stessa.

Rapporto di causalità materiale


1. All’interrogativo se la condizione obiettiva di punibilità debba
essere legata all’azione tipica da un «rapporto di causalità
materiale» si può dare una risposta analoga a quella data con
riferimento alla colpevolezza: cioè, se in linea di puro fatto nulla
impedisce che la condizione obiettiva di punibilità derivi
causalmente dall’azione, non si può invece pretendere che il
nesso causale rappresenti sempre un requisito indefettibile.
2. In proposito, valga sempre il rilievo che la condizione di
punibilità risale in alcuni casi alla condotta libera e consapevole
di un terzo, la quale difficilmente si atteggia a diretta
conseguenza causale del comportamento dell’agente.
3. Da queste premesse si ricava, dunque, che le condizioni
obiettive di punibilità costituiscono avvenimenti futuri ed incerti,
che fanno sì parte della fattispecie astratta, ma che sono
estranei sia al fatto materiale, sia alla colpevolezza.

Criteri di individuzione della categoria


 Quanto ai criteri diagnostici da utilizzare ai fini di una corretta
individuazione della caegoria in esame, non si può confidare
troppo negli indici di natura grammaticale, come ad es. «se»,
«qualora», «sempreché», ecc. che apparentemente subordinano
la punibilità di un fatto già descritto alla verificazione di una
condizione ulteriore.
 Esclusa l’univocità dei criteri grammaticali, non resta che fare
ricorso ad un contemperamento di indici strutturali (relativi cioè
alla collocazione dell’elemento in questione all’interno della
fattispecie astratta) e di parametri sostanziali (relativi cioè alla
determinazione dell’interesse tutelato dalla norma).
- Facendo applicazione di criteri di tipo strutturale, dal novero
delle condizioni obiettive di punibilità dovrebbero essere di
regola esclusi gli eventi legati da un rapporto di causalità
necessaria all’azione tipica, ovvero da un rapporto psicologico
necessario con l’agente.
205
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- Utilizzando come banco di prova indici di natura sostanziale,
dovrebbero escludersi dalle condizioni di punibilità – e
dovrebbero dunque considerarsi elementi costitutivi del fatto –
quegli eventi nei quali si incentra l’offesa all’interesse protetto.
Eventi … all’interesse
protetto
Un esempio di evento nel quale si Condizioni di punibilità sul piano degli interessi tutelati
incentra l’offesa all’interesse Quanto all’incidenza della condizione di punibilità sul piano degli
protetto è il caso del «pubblico
interessi tutelati, è fondamentalmente da condividere
scandalo» nel delitto di incesto: il
pubblico scandalo incide
quell’orientamento che inclina a distinguere le condizioni obiettive
direttamente sull’offesa, perché il in intrinseche ed estrinseche.
diritto penale di uno Stato laico e a. Le condizioni obiettive intrinseche incidono sull’interesse
pluralistico non ha interesse a protetto, precisamente nel senso di approfondire una lesione
punire l’incesto come fatto già implicita nella commissione del fatto.
immorale in sé, ma solo in quanto b. Le condizioni obiettive estrinseche nulla aggiungono alla lesione
tale fatto sia percepito come dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice, ma si limitano
causa di turbamento da parte di a rifletterevalutazioni di opportunità connesse ad un interesse
terzi estranei. «esterno» al profilo offensivo del reato.

Condizioni obiettive intriseche


A titolo esemplificativo, si consideri ad es. l’art. 264 che incrimina
l’infedeltà in affari di stato soltanto «se dal fatto possa derivare
nocumento all’interesse nazionale»: in questo caso, l’evento-
condizione (pericolo di nocumento all’interesse nazionale), lungi
dal riflettere un interesse «esterno» all’interesse protetto dalla
norma penale, non fa altro che approfondire o rendere più attuale
quella carica lesiva insita nel fatto di rendersi infedeli al mandato
nel trattare all’estero affari di stato.

Condizioni obiettive estrinseche


Si pensi ad es., alla sorpresa in flagranza dell’ubriaco nel caso della
contravvenzione preveduta dall’art. 688, comma 2°, ovvero alla
presenza del reo nel territorio dello Stato come condizione della
punibilità di determinati reati commessi all’estero.

Principio di colpevolezza
1. Nel solco della «storica» sentenza costituzionale n. 364/1988, si
può sostenere che non possono sottrarsi al principio di
colpevolezza – già sul piano del diritto positivo – le condizioni di
Sentenza n. 364/1988 punibilità cosiddette intrinseche, quali accadimenti capaci
La sentenza costituzionale n. appunto di incidere sull’offesa insita nel fatto tipico: e il
364/1988 ha sancito il
principio di colpevolezza potrà considerarsi rispettato ove le
fondamentale principio secondo
condizioni predette siano, sul piano soggettivo, coperte quanto
cui la colpevolezza, almeno nella
forma minima della «colpa», meno dalla colpa.
deve coprire tutti gli elementi 2. Infatti, l’art. 44, dal canto suo, ammettendo che l’evento
significativi del fatto, e cioè quelli condizionale possa essere anche «non voluto», esclude soltanto
dai quali dipende il disvalore (o che il «dolo» costituisca necessario presupposto di imputazione
maggior disvalore) dell’offesa dell’evento medesimo; ma esso nulla dice sulla «colpa», e ciò
tipica. non impedisce che l’interprete ne richieda la presenza in una
prospettiva di ricostruzione in chiave costituzionale dell’istituto.
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II. ESCLUSIONE DELLA


PUNIBILITA’ PER Pena
PARTICOLRE TENUITA’ DEL
È esclusa la punibilità nei reati per i quali è prevista:
FATTO
 la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni; ovvero
Art 131 bis c.p.  la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva di cui
prima.

f
Riconducibile nel suo Particolare tenuità dell’offesa
fondamento al principio di La punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per
offensività, considerato in stretta l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133,
connessione con il carattere di comma 1°, l'offesa è di particolare tenuità.
extrema ratio della tutela penale
e con il principio di proporzione
tra gravità dell’illecito e reazione Esiguità del danno o del pericolo
sanzionatoria, la causa di non Per verificare la particolare tenuità dell’offesa, il giudice deve
punibilità in questione esclude dunque, in primo luogo, valutare il grado di incidenza lesiva della
dall’area di rilevanza penale i fatti condotta sul bene giuridico protetto: il fatto risulterà
che risultino bagatellari in particolarmente tenue quando, tenuto anche conto delle modalità
concreto: cioè quei fatti che, pur con cui la condotta è realizzata, l’offesa recata all’interesse
costituendo reato in quanto tipici tutelato potrà appunto essere considerata esigua, di scarsa
rispetto ad una fattispecie rilevanza.
incriminatrice, non presentano
tuttavia nella loro modalità di
realizzazione concreta una soglia Modalità della condotta
di lesività sufficiente (ad esempio, Il giudice, per espresso disposto normativo, nel valutare la tenuità
furto di 2 lattine di birra) a dovrà altresì tenere conto della «modalità della condotta»: ad
giustificare l’effettiva esempio un delitto commesso di notte e in un luogo solitario è, di
applicazione di una pena. solito, comparativamente più grave di un analogo delitto
commesso di giorno e in una strada affollata.

Pena non di particolare tenuità


L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità
a. quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con
crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o,
ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della
vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero
b. quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate,
quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime
di una persona.

Comportamento non abituale


La punibilità è esclusa quando il comportamento risulta non
abituale.

Preoccupazione di prevenzione speciale


Questa esclusione della causa di non punibilità in presenza di un
fatto tenue ripetuto nel tempo, a ben vedere, riflette una
preoccupazione di prevenzione speciale riferita – appunto – alla
personalità dell’autore. In altre parole, il legislatore intende
207
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evitare che chi ha una inclinazione soggettiva a delinquere più
volte, sia pure in maniera lieve, possa continuare a farlo
confidando nell’impunità.

Presunzione
Il comportamento è abituale:
a. nel caso in cui l'autore 
- sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza, o
- abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun
fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità;
b. nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto
condotte plurime, abituali e reiterate.

Fatto idoneo e fatto tenue


 Mentre il fatto inidoneo a offendere il bene protetto (art. 49,
comma 2°, c.p.) non costituisce reato perché del tutto carente di
capacità lesiva (ad esempio furto di un chiodo arrugginito);
 il fatto di particolare tenuità (art. 131 bis c.p.) risulta pur
sempre offensivo, ancorché in misura esigua.

III. CAUSE DI ESTINZIONE DEL


REATO35
Morte del reo
La morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato.
Le cause di estinzione del reato
sono cause che operano
antecedentemente all’intervento Responsabilità civile
di una sentenza definitiva di La morte non tocca le obbligazioni civili nascenti dal reato
condanna e incidono sulla c.d. (risarcimento del danno), ovvero quelle relative al pagamento
punibilità astratta, estinguendo la delle spese processuali e al mantenimento in carcere, le quali
stessa potestà statale di applicare fanno naturalmente capo agli eredi.
la pena minacciata.

Amnistia propria
L'amnistia (propria) estingue il reato.

Clemenza per situazioni eccezionali


L’amnistia viene tradizionalmente considerata una causa di
clemenza e giustificata, sul piano dell’opportunità pubblica, dalla
presenza di situazioni oggettivamente eccezionali e per certi versi
irripetibili.

Pacificazione sociale

35È improprio – a rigore – parlare di estinzione del reato. Ed invero se si ha riguardo al fatto storico, vale il principio quod factum
est infectum fieri nequit. Se si ha invece riguardo alla valutazione giuridica, il reato «estinto» continua a produrre alcuni effetti
anche dopo l’avvenuta estinzione: di esso si tiene infatti conto ai fini della dichiarazione di abitualità e professionalità del reato (art.
106); come pure l’estinzione del reato presupposto non comporta l’estinzione del reato che lo presuppone (art. 170), né fa venir
meno l’aggravante di pena dipendente dalla connessione (art. 170, ult. comma), ecc.
208
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L’amnistia può assolvere una funzione di pacificazione sociale,
necessaria in alcuni momenti della vita del paese perché, limitando
l’efficacia della legge penale dopo un periodo di gravi conflitti
sociali, opera come strumento di ricomposizione: in questo senso,
si può forse affermare che l’amnistia finisce con lo svolgere di fatto
e indirettamente che una funzione di recupero sociale.

Corte costituzionale
La Corte costituzionale ha non a caso sostenuto che la
ragionevolezza di un provvedimento di clemenza dipende dal
rapporto strumentale che si instaura fra esso e le finalità
proprie della legislazione generale del settore cui si riferisce.

Quorum per la concessione


𝟐
L'amnistia è concessa con legge deliberata a maggioranza dei dei
𝟑
componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale.

Dialettica delle forze in Parlamento


La ratio dell’art. 79 Cost. va colta, assai probabilmente,
nell’esigenza di affidare alla dialettica delle forze presenti
in Parlamento le delicate valutazioni di opportunità
politica che nella società odierna possono legittimare
provvedimenti clemenziali.

Termine di efficacia del provvedimento


La legge che concede l'amnistia deve stabilire la data entro la
quale i reati devono essere stati commessi per poter usufruire
dell’applicazione del beneficio.

Reati commessi nelle more


La fissazione del limite temporale soddisfa la giusta
esigenza di evitare che si possa delinquere nelle more
della presentazione del disegno di legge con la sicurezza
dell’impunità futura.

Reati successivi al disegno di legge


In ogni caso l'amnistia non può applicarsi ai reati commessi
successivamente alla presentazione del disegno di legge.

Obblighi e condizioni
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi,
espressamente previsti dalla legge.

Recidivi e delinquenti
L'amnistia non si applica:
a. ai recidivi (recidivo aggravato o reiterato); e

209
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b. ai delinquenti36 abituali, professionali o per tendenza.

Irrinunciabilità
L’amnistia è irrinunciabile: la Corte costituzionale ha infatti
dichiarato illegittimo l’art. 151, comma 1°, «nella parte in cui
esclude la rinunzia all’applicazione dell’amnistia», per violazione
del diritto di difesa.

Responsabilità civile
L'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni
civili derivanti dal reato.

f
Sono salvi i casi in cui si tratti di obbligazioni di cui agli artt. 196
e 197 c.p.

Prescrizione
Con il decorso del tempo appare
inutile e inopportuno l’esercizio Prescrizione
della stessa funzione repressiva, La prescrizione estingue il reato decorso:
perché vengono a cadere le a. il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita
esigenze di prevenzione generale dalla legge; e
che presiedono alla repressione b. comunque (ancorché puniti con la sola pena pecuniaria) 
dei reati: le esigenze di - un tempo ≥ 6 anni se si tratta di delitto, e
prevenzione, come dimostra - un tempo ≥ 4 anni se si tratta di contravvenzione.
l’esperienza, a poco a poco si
affievoliscono fino a spegnersi del
tutto. Pena detentiva e pecuniaria
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o
alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per
determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo
soltanto alla pena detentiva.

Circostanze attenuanti e aggravanti


Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo
alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato,
senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti
e dell'aumento per le circostanze aggravanti.

Aggravanti
Si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per
Aggravante ad l'aggravante nei casi in cui:
effetto speciale a. la legge stabilisce per l’aggravante una pena di specie
Introducendo la suddetta regola diversa da quella ordinaria; o
per cui si tiene conto b. si tratta di un’aggravante ad effetto speciale.
dell’aumento di pena stabilito per
le aggravanti ad effetto speciale,
il legislatore del 2005 (riforma
Giudizio di prevalenza/equivalenza
In ogni caso, è precluso il giudizio di prevalenza o
cosiddetta Cirielli) ha perseguito
equivalenza tra circostanze concorrenti ex art. 69 c.p.
l’obiettivo di prevedere tempi
prescrizionali differenziati, e cioè

36Deve notarsi che l’art. 151 limita la sua sfera di efficacia ai «delinquenti», con conseguente esclusione dei «contravventori»
qualificati, per i quali l’amnistia è applicabile.
210
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di più lunga durata per gli autori
recidivi (precisamene, per i casi in
cui la recidiva opera quale
Raddoppio dei termini
circostanza aggravante ad effetto I termini di prescrizione sono raddoppiati:
speciale, cioè con aumento di a. per i delitti contro l’ambiente;
1 b. per maltrattamentri contro familiari o conviventi;
pena > ).
3 c. per i delitti contro la personalità individuale;
d. per la violenza sessuale;
e. per atti sessuali con minorenne;
f. per corruzione di minorenne.

d
È previsto un raddoppio dei termini prescrizionali per alcune
tipologie di illeciti penali:
a. che destano – a giudizio del legislatore – particolare
allarme sociale; o
b. che risultano difficilimente accertabili sul piano probatorio.

Rinunciabilità
In una prospettiva di valorizzazione dei diritti fondamentali
dell’uomo, insieme con la necessità di garantire il diritto
costituzionale alla difesa in giudizio, la Corte costituzionale – sulla
scia di quanto già avvenuto in tema di amnistia propria – ha
dichiarato l’illeggittimità costituzionale dell’art. 157 del codice,
nella parte in cui non consentiva la rinunciabilità della prescrizione
(sent. N. 275/1990).

Dies a quo
Il termine della prescrizione decorre:
a. per il reato consumato, dal giorno della consumazione;
b. per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del
colpevole;
c. per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la
permanenza.

Condizione di punibilità
Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal
verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione
decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata.

Reati punibili a querela, istanza o richiesta


Nei reati punibili a querela, istanza o richiesta il termine della
prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.

Reati gravi commessi in danno di minori


Per i reati previsti dall'articolo 392, comma 1° bis, c.p.p. (cioè
maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù, sfruttamento
sessuale di minori, violenza sessuale nelle sue diverse forme,
stalking ecc.), se commessi nei confronti di minore, il termine
della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo
anno di età della persona offesa.

d
Quando l’azione penale sia stata esercitata precedentemente
il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della
notizia di reato.

211
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d
Il legislatore del 2017 ha inteso prolungare i tempi
prescrizionali in modo da garantire alla vittima minore di
vedere perseguito il reato dopo aver raggiunto la maggiore
età.

Sospensione
Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la
sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini
di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di
legge.

Uteriori cause di sospensione


ll corso della prescrizione rimane sospeso inoltre nei casi di:
1. autorizzazione a procedere;
2. deferimento della questione ad altro giudizio;
3. sospensione del procedimento o del processo penale per
ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su
richiesta dell'imputato o del suo difensore;
4. sospensione del procedimento penale ai sensi dell’art. 420
quarter c.p.p.;
5. rogatorie all’estero.

Ripresa del corso della prescrizione


La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata
la causa della sospensione.

Efficacia
La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli
imputati nei cui confronti si sta procedendo.

Interruzione
Interrompono la prescrizione:
1. l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di
convalida del fermo o dell'arresto;
2. l'interrogatorio reso davanti al p.m. o alla polizia giudiziaria, su
delega del p.m., o al giudice;
3. l'invito a presentarsi al p.m. per rendere l'interrogatorio;
4. il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in
camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di
archiviazione;
5. la richiesta di rinvio a giudizio;
6. il decreto di fissazione della udienza preliminare;
7. l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;
8. il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla
richiesta di applicazione della pena;
9. la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo;
10. il decreto che dispone il giudizio immediato;
11. il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a
giudizio.

Decorso ex novo
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal
giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la
prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i
termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre
212
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i limiti di cui all'art 161 secondo comma, fatta eccezione per i
reati di cui all'articoli 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di
procedura penale

𝟏
Aumento di 𝟒 del tempo di prescrizione
In nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare
𝟏
l'aumento di più di del tempo necessario a prescrivere.
𝟒

Art. 51, commi 3 bis e quater, c.p.p.


Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3
bis e 3 quater, c.p.p.

Efficacia
L’interruzione della prescrizione ha effetto per tutti
coloro che hanno commesso il reato.

Oblazione comune
Si individua tradizionalmente la
ratio dell’istituto nell’esigenza
Oblazione comune
dello Stato di definire con Il contravventore è ammesso a pagare, prima dell'apertura del
economia e sollecitudine i dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna:
𝟏
procedimenti concernenti i reati a. una somma corrispondente del massimo della pena stabilita
𝟑
di minima importanza.
dalla legge per la contravvenzione commessa; e
b. le spese del procedimento.

Contravvenzioni
Deve trattarsi di contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la
sola pena dell'ammenda.

Estinzione del reato


Il pagamento estingue il reato.

Qualificazione dogmatica
È controversa la qualificazione dogmatica della forma di oblazione
in esame:
a. secondo un orientamento, essa determina la trasformazione o
la riduzione dell’illecito penale in illecito amministrativo;
b. secondo un altro orientamento, essa costituisce una forma
volontaria di esecuzione della pena;
c. secondo un ulteriore orientamento, l’oblazione è da
considerare una causa estintiva, poiché l’ordinamento
riconosce alla manifestazione di volontà del contravventore il
potere di estinguere il reato.

Depenalizzazione di un fatto
L’oblazione equivale ad una depenalizzazione di un fatto.

Oblazione speciale

213
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Il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura
del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna:
a. una somma corrispondente alla metà del massimo della
ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione
commessa; e
b. le spese del procedimento.

Contravvenzioni
Deve trattarsi di contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la
pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda.

Deposito della somma


Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la
somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda.

Ipotesi di esclusione
L'oblazione non è ammessa quando:
a. è contestata la recidiva reiterata;
b. è ritenuta l’abitualità della contravvenzione o la
professionalità nel reato;
c. permangono le conseguenze dannose o pericolose del reato;
ovvero
d. il giudice ritiene il fatto grave.

Oblazione comune e oblazione speciale


 Mentre nell’oblazione comune la domanda non può essere
riproposta;
 nell’oblazione speciale la domanda può essere riproposta sino
all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo
grado.

Estinzione del reato


Il pagamento delle somme estingue il reato.
Estinzione del reato per
condotte riparatorie
La ratio della nuova figura è duplice:
a. da un lato, essa tende a soddisfare Estinzione del reato per condotte riparatorie
esigenze deflattive del carico Il giudice dichiara estinto il reato quando l'imputato:
giudiziario; a. ha riparato interamente il danno cagionato dal reato mediante:
b. dall’altro, essa si inquadra in quella - le restituzioni; o
visione politico-criminale che punta - il risarcimento.
a valorizzare la dimensione b. ha eliminato le conseguenze dannose/pericolose del reato (ove
«riparativa» allo scopo di possibile).
promuovere forme di
riconciliazione tra autore e vittima.
Procedibilità a querela soggetta a remissione
Il reato si estingue mediante condotte riparatorie nei casi di
procedibilità a querela soggetta a remissione.

214
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Termine per la riparazione


L’imputato deve riparare il danno cagionato entro il termine
massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado.

Offerta reale
Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito
ad offerta reale, formulata dall'imputato e non accettata dalla
persona offesa.

Riconoscimento del giudice


Il risarcimento è riconosciuto se il giudice riconosce la
congruità della somma offerta a tale titolo.

Mancato adempimento per fatto non imputabile


Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui
non addebitabile l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di
un termine ≤ 6 mesi, per provvedere al pagamento, anche in
forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento.

Termine per l’istanza


L’imputato può chiedere la fissazione di un ulteriore termine
entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del
dibattimento di primo grado.

Sospensione Accoglimento della richiesta


condizionale Quando il giudice accoglie la richiesta:
La sospensione condizionale della 1. ordina la sospensione del processo;
2. fissa la successiva udienza alla scadenza del termine
pena svolge una generica
stabilito (non oltre 90 gg); e
funzione di prevenzione speciale 3. impone specifiche prescrizioni.
fondata:
a. sulla presunzione di
sufficienza della sola
pronuncia di condanna; e Sospensione condizionale della pena
b. sulla minaccia della sua Nel pronunciare la sentenza di condanna il giudice può ordinare che
futura esecuzione. l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine:
a. di 5 anni se la condanna è per delitto; e
b. di 2 anni se la condanna è per contravvenzione.

Sentenza di condanna
Deve trattarsi di una sentenza di condanna:
 alla reclusione/arresto per un tempo ≤ 2 anni; o
 a pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni.

Minore di 18 anni
Se il reato è stato commesso da un minore degli anni 18, la
sospensione può essere ordinata quando si infligga:
 una pena restrittiva della libertà personale ≤ 3 anni; o
 una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 3 anni.

Giovani adulti (˃ 18 anni e ˂ 21 anni)

215
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Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli
anni 18 ma inferiore agli anni 21, la sospensione può essere
ordinata quando si infligga:
 una pena restrittiva della libertà personale ≤ 2 anni e 6
mesi; ovvero
 una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni e 6
mesi.

Ultrasettantenni
Se il reato è stato commesso da chi ha compiuto gli anni 70, la
sospensione può essere ordinata quando si infligga:
 una pena restrittiva della libertà personale ≤ 2 anni e 6
mesi; ovvero
 una pena pecuniaria, ragguagliata ex art. 135, ≤ 2 anni e 6
mesi.

Astensione dalla commissione di ulteriori reati


La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se,
avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice
presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

Sospensione per 1 anno


Il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena, determinata
nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola ex art. 135, rimanga
sospesa per il termine di 1 anno quando:
a. la pena inflitta è ≤ 1 anno;
b. è stato riparato interamente il danno, prima che sia stata
pronunciata la sentenza di 1° grado 
- mediante il risarcimento di esso, e
- mediante le restituzioni (quando possibile);
c. il colpevole, prima che sia stata pronunciata la sentenza di 1°
grado e fuori del caso del recesso (delitto tentato), si sia
adoperato spontaneamente ed efficacemente per
elidere/attenuare le conseguenze dannose o pericolose del
reato da lui eliminabili.

Cause ostative
La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:
1. a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva
per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione; o
2. al delinquente/contravventore abituale o professionale; o
3. allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di
sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge
presume socialmente pericolosa.

Seconda concessione
La sospensione condizionale della pena non può essere concessa
più di una volta.

Cumulo delle pene ˂ limite ex art. 163


Tuttavia il giudice, nell'infliggere una nuova condanna, può
disporre la sospensione condizionale qualora la pena da
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infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente
condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'art.
163.

Revoca di diritto
La sospensione condizionale della pena è revocata di diritto
quando il condannato:
1. commette un delitto/contravvenzione della stessa indole per
cui venga inflitta una pena detentiva;
2. non adempie agli obblighi impostigli;
3. riporta un'altra condanna per un delitto anteriormente
commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente
sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163.

Seconda concessione
Resta salva l’ipotesi della seconda concessione della
sospensione condizionale.

Revoca del giudice


Qualora il condannato riporti un'altra condanna per un delitto
anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella
precedentemente sospesa, non supera i limiti stabiliti dall'art.
163, il giudice, tenuto conto dell'indole e della gravità del reato,
può revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena.

Sospensione del Estinzione del reato


procedimento con Il reato è estinto se il condannato:
messa alla prova a. non commette un delitto/contravvenzione della stessa indole;
L’introduzione nel nostro sistema e
penale della sospensione del b. adempie gli obblighi impostigli.
procedimento con messa alla
prova è il frutto congiunto delle
sollecitazioni della dottrina Sospensione del procedimento con messa alla prova
penalistica e dell’esigenza di L'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla
deflazionare le carceri italiane,
prova nei procedimenti:
specie a seguito della condanna
dell’Italia da parte della Corte
a. per reati puniti 
EDU del gennaio 2013 con la - con la sola pena edittale pecuniaria, o
ormai famosa sentenza - con la pena edittale detentiva ≤ nel massimo a 4 anni (sola,
Torreggianni. congiunta o alternativa alla pena pecuniaria);
b. per i delitti indicati dal comma 2° dell'art. 550 c.p.p. (casi di
citazione diretta a giudizio).

Implicazioni
La messa alla prova comporta:
1. la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle
conseguenze dannose/pericolose derivanti dal reato;
2. il risarcimento del danno dallo stesso cagionato (ove
possibile); e
3. l'affidamento dell'imputato al servizio sociale.

217
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Concessione
La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla
prestazione di lavoro di pubblica utilità.

Seconda concessione
La sospensione del procedimento con messa alla prova
dell'imputato non può essere concessa più di una volta.

Sospensione del reato


Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa
Perdono giudiziale alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso.
Il perdono giudiziale è una causa
di estinzione del reato prevista
solo per i minori di anni 18.
Si chiama «perdono» perché il Estinzione del reato
giudice, anche se accerta che il L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede.
minore ha commesso il reato, lo
assolve con sentenza
irrevocabile.
Perdono giudiziale
Il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio se:
1. il colpevole ha più di 14 anni e meno di 18 anni;
2. il colpevole non sia stato già 
- condannato a pena detentiva per delitto (anche se è
intervenuta ribilitazione)
- dichiarato delinquente/contravventore abituale o
professionale;
3. il tribunale dei minorenni ritiene di poter applicare, in concreto

- una pena restrittiva della libertà personale ≤ nel massimo a 2
anni, ovvero
- una pena pecuniaria ≤ nel massimo a € 1.549,37 (anche se
congiunta a detta pena);
4. il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133,
presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori
reati;

d
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 169:
a. sia nella parte in cui non consentiva che potesse estendersi il
perdono giudiziale ad altri reati che si legano con il vincolo
della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il
beneficio;
b. sia nella parte in cui escludeva che potesse concedersi un
nuovo perdono giudiziale in caso di reato commesso
anteriormente alla prima sentenza di perdono e di pena che,
cumulata a quella precedente, non superava i limiti per
l’applicabilità del beneficio.

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Seconda concessione
Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.

Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto


Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e
l'occasionalità del comportamento, il p.m. chiede al giudice
sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando
l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative
del minorenne.

Tenuità del fatto


1. Il requisito della «tenuità del fatto» si presta ad essere
interpretato:
- sia nel senso di fatto meramente materiale,
- che in quello di fatto di reato, come tale comprensivo anche
dell’atteggiamento psicologico.
2. Quest’ultima interpretazione sembra più rispettosa della ratio
dell’istituto.

Occasionalità del comportamento


1. Il requisito della «occasionalità del comportamento» fa
riferimento alla genesi del fatto medesimo, nel senso che
quest’ultimo deve apparire come il frutto di particolari e
momentanee condizioni psicologiche del minore e non già
come il risultato di un progetto, di un piano, di un calcolo.
2. Ciò significa che l’occasionalità può essere ritenuta anche nei
confronti dei minori recidivi.

Esigenze educative del minorenne


1. La condizione soggettiva è di natura squisitamente
psicologico-pedagogica.
2. Si tratta di un requisito di difficile ricostruzione, affidato
sostanzialmente alla discrezionalità giudiziale, anche perché
rispetto a tutti i fatti di sostanziale tenuità dovrebbe potersi
sostenere che il corso del processo arreca pregiudizio alle
esigenze educative del minore.

Sospensione del processo con messa alla prova


1. Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la
sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la
personalità del minorenne all'esito di una prova.
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai
servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per lo
svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle
opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno.

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3. Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova
udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se,
tenuto conto del comportamento del minorenne e della
evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato
esito positivo.

Legislazione minorile e legislazione ordinaria


 Nella legislazione minorile, la sospensione con messa alla
prova «svolge una funzione che non si riconnette agli scopi
della pena, e quindi in sostanza alla prevenzione speciale, ma
ha come obiettivo quello di verificare l’effettiva personalità
del minore, contribuendo al contempo alla formazione e alla
maturazione della stessa in termini di responsabilizzazione. Lo
stesso sistema minorile più che a punire è orientato a
plasmare in termini responsabilizzanti una personalità».
 Nella legislazione ordinaria, come risulta dai complessi
obblighi incombenti sul soggetto che la richiede e dalla
discrezionalità del giudice che deve concederla, la
sospensione con messa alla prova aspira a raggiungere
obiettivi di specialprevenzione, oltre a soddisfare temporanee
istanze deflattive della custodia in carcere.

IV. CAUSE DI ESTINZIONE


DELLA PENA
Morte del reo dopo la condanna
La morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena.
Morte del reo dopo
la condanna Mors omnia solvit
La ratio di tale norma è da In applicazione del principio mors omnia solvit, vengono estinte/i:
rinvenirsi nel principio di stretta a. le pene detentive;
personalità della pena, per cui b. le pene pecuniarie;
con la morte del reo viene meno, c. le pene accessorie; e
per lo Stato, l’interesse a far d. tutti gli effetti penali della condanna.
eseguire la pena stessa.
Obbligazioni civili e confisca
La morte del reo non fa venire meno:
a. le obbligazioni civili nascenti dal reato; e
b. la confisca.

Amnistia impropria
L’amnistia (impropria), se vi è stata condanna, fa cessare:
a. l'esecuzione della condanna; e
b. le pene accessorie.

Amnistia propria e amnistia impropria


 Mentre l’amnistia propria si verifica allorché il provvedimento
di clemenza giunga prima della condanna definitiva (causa
estintiva del reato);
 l’amnistia impropria presuppone una sentenza di condanna
definitiva e irrevocabile, passata cioè in giudicato (causa
estintiva della pena).

220
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Recidiva, abitualità e professionalità


Agli effetti della recidiva e della dichiarazione di abitualità o di
professionalità nel reato, si tiene conto altresì delle condanne per
le quali è intervenuta l’amnistia.

Prescrizione della
pena Prescrizione della pena
La ratio dell’istituto è identica a 1. La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo:
quella della prescrizione del
- pari al doppio della pena inflitta, e
reato: viene cioè meno l’interesse
quando è trascorso un lungo
- in ogni caso, ≥ 10 anni e ≤ 30 anni.
periodo di tempo dal momento 2. La pena della multa si estingue nel termine di 10 anni.
del passaggio in giudicato della 3. Le pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine
sentenza, perché «l’oblio copre di 5 anni.
ogni cosa».
Congiuntamente reclusione e multa
Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la
pena della multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha
riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.

Congiuntamente arresto e ammenda


Se, congiuntamente alla pena dell'arresto, è inflitta la pena
dell'ammenda, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha
riguardo soltanto al decorso del termine stabilito per l'arresto.

Dies a quo
Il termine decorre dal giorno:
 in cui la condanna è divenuta irrevocabile; ovvero
 in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla
esecuzione già iniziata della pena.

Prescrizione
L'estinzione delle pene non ha luogo,
a. se si tratta di recidivi o di delinquenti
abituali/professionali/per tendenza; ovvero
b. se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione
della pena, riporta una condanna alla reclusione per un
delitto della stessa indole.

Rinunciabilità
La prescrizione è rinunciabile: lo ha statuito la Corte cost. con la
sentenza n. 275/1990, con la quale ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo l’art. 157 del codice nella parte in
cui non prevedeva che la prescrizione potessere essere rinunciata
dall’imputato.

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Indulto
L'indulto:
a. condona, in tutto o in parte, la pena inflitta; o
b. commuta la pena inflitta in un'altra specie (dello stesso genere)
di pena stabilita dalla legge.

Indulto proprio e indulto improprio


 L’indulto è proprio quando interviene nella fase esecutiva
rispetto ad una sentenza irrevocabile di condanna.
 L’indulto è improprio quando è applicato al momento della
sentenza dal giudice della cognizione.

Quorum per la concessione


𝟐
L’indulto è concesso con legge deliberata a maggioranza dei dei
𝟑
componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale.

Termine di efficacia del provvedimento


La legge che concede l'indulto stabilisce la data entro la quale i
reati devono essere stati commessi per poter usufruire
dell’applicazione del beneficio.

Efficacia
Non estingue:
a. le pene accessorie; e
b. gli altri effetti penali della condanna.

Pene accessorie
L’estinzione delle pene accessorie sono salve quando il decreto
lo prevede espressamente.

Reati successivi al disegno di legge


In ogni caso l'amnistia non può applicarsi ai reati commessi
successivamente alla presentazione del disegno di legge.

Obblighi e condizioni
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi,
espressamente previsti dalla legge.

Recidivi e delinquenti
L'amnistia non si applica:
a. ai recidivi (recidivo aggravato o reiterato); e

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b. ai delinquenti37 abituali, professionali o per tendenza.

Grazia Grazia
Per grazia si intende il La grazia:
provvedimento, adottato dal a. condona, in tutto o in parte, la pena inflitta; o
capo dello Stato, di estinzione b. commuta la pena inflitta in un'altra specie (ma dello stesso
della pena a favore di un genere) di pena stabilita dalla legge.
determinato soggetto.

Efficacia
Non estingue:
a. le pene accessorie; e
Grazia b. gli altri effetti penali della condanna.
La grazia permette:
a. di interrompere l’esecuzione Pene accessorie
della pena quando si è già L’estinzione delle pene accessorie sono salve quando il decreto
compiuta la risocializzazione lo prevede espressamente.
del condannato, svolgendo
così una funzione parallela a
quella della liberazione
condizionale; e
Presidente della Repubblica
b. di tener conto di particolari La grazia è un provvedimento di escusiva prerogativa del
situazioni processuali e Presidente della Repubblica.
familiari del condannato
meritevoli di prevalere sulla
rigida esecuzione della Liberazione condizionale
sentenza di condanna; Può essere ammesso alla liberazione condizionale Il condannato a
c. di porre rimedio ad eventuali
pena detentiva che:
errori giudiziari non
altrimenti riparabili.
a. durante il tempo di esecuzione della pena, ha tenuto un
comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento;
e
b. ha scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della
Ravvedimento pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i 5
1. Il ravvedimento realizza la anni.
finalità di prevenzione
c. ha adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato.
speciale dell’istituto, che non
è più concepito come un
«premio» al buon detenuto Obbligazioni civili
per la buona condotta (c.d. È fatto salvo il caso in cui il condannato dimostri di trovarsi
concezione-penitenziaria nell'impossibilità di adempiere le obbligazioni civili.
della liberazione
condizionale), bensì come
strumento di effettivo
recupero sociale del Recidivo
condannato. Se si tratta di recidivo, il condannato, per essere ammesso alla
2. Il significato del termine liberazione condizionale, deve avere scontato:
«ravvedimento» infatti a. almeno 4 anni di pena; e
3
null’altro equivale se non a b. non meno di della pena inflittagli.
4
conseguimento, da parte del
condannato, della capacità di

37Deve notarsi che l’art. 151 limita la sua sfera di efficacia ai «delinquenti», con conseguente esclusione dei «contravventori»
qualificati, per i quali l’amnistia è applicabile.
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reinserirsi in maniera
ordinata nella società, così
da non commettere altri
Condannato all’ergastolo
reati. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione
condizionale quando abbia scontato almeno 26 anni di pena.

Scontato almeno 30
mesi Tribunale di sorveglianza
L’aver scontato almeno 30 mesi Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione e sulla revoca
esprime il momento della liberazione condizionale.
sanzionatorio della liberazione
condizionale.
Libertà vigilata
Quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale è
ordinata la libertà vigilata.

Sospensione dell’esecuzione della detenzione


Nei confronti del condannato ammesso alla liberazione
condizionale resta sospesa l'esecuzione della misura di sicurezza
detentiva cui il condannato stesso sia stato sottoposto con la
sentenza di condanna o con un provvedimento successivo.

Estinzione della pena


Decorso tutto il tempo della pena inflitta, senza che sia
intervenuta alcuna causa di revoca:
a. la pena rimane estinta; e
b. le misure di sicurezza personali sono revocate dal giudice con
la sentenza di condanna o con provvedimento successivo.

Tutto il tempo della pena inflitta


È necessario che siano decorsi 5 anni dalla data del
provvedimento di liberazione condizionale, se si tratta di
condannato all'ergastolo.

Revoca
La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata:
a. commette un delitto/contravvenzione della stessa indole;
ovvero
b. trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata.

Effetti
Nel caso di revoca:
a. il tempo trascorso in libertà condizionale non è computato
nella durata della pena; e
b. il condannato non può essere riammesso alla liberazione
condizionale.

Riabilitazione
La riabilitazione è conceduta quando:
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1. sono decorsi almeno 3 anni dal giorno in cui la pena principale è
stata eseguita o si è in altro modo estinta; e
2. il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona
condotta;
3. il condannato non è sottoposto a misura di sicurezza;
4. il condannato ha adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal
reato.

Recidivi
Il termine è di almeno 8 anni se si tratta di recidivi.

Delinquenti
Se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza il
termine 
a. è di 10 anni; e
b. decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di
assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

Misura di sicurezza
Sono salvi i casi in cui:
a. si tratta di espulsione dello straniero dallo Stato o di confisca;
o
b. il provvedimento (misura di sicurezza) è stato revocato.

Obbligazioni civili
È salvo il caso in cui il condannato dimostri di trovarsi nella
impossibilità di adempiere le obbligazioni civili.

Diritto del condannato


In presenza delle suddette condizioni, la riabilitazione costituisce
un vero e proprio diritto del condannato.

Estinzione della pena


La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto
penale della condanna.

Legge
Sono salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti.

Revoca di diritto
La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona
riabilitata commette entro 7 anni un delitto non colposo, per il
quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo ≥ 2 anni, od
un'altra pena più grave.

225
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Sentenze straniere di condanna


Le disposizioni relative alla riabilitazione si applicano anche nel
caso di sentenze straniere di condanna, riconosciute a norma
dell'art. 12.

Non menzione della condanna


Il giudice può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della
condanna nel certificato del casellario giudiziale, non per ragione di
diritto elettorale se:
1. si tratta di una prima condanna; ed
2. è inflitta 
- una pena detentiva ≤ 2 anni,
- una pena pecuniaria ≤ € 516,
- congiuntamente una pena detentiva ≤ 2 anni ed una pena
pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'articolo 135 e
cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il
condannato della libertà personale per un tempo ≤ 30 mesi.

Valutazione del giudice


La concessione del beneficio è rimessa alla valutazione
discrezionale del giudice, tenute presenti le circostanze indicate
nell'art. 133.

Revoca di diritto
Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di
non fare menzione della condanna precedente è revocato.

5. Misure di sicurezza
I. PRINCIPI
COSTITUZIONALI Principio di legalità
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
previsti dalla legge.

Previsione legislativa
Secondo la Corte costituzionale (sent. n. 157/72), il principio di
legalià in materia di misure di sicurezza implica l’esigenza di una
«completa, tassativa e non equivoca previsione legislativa» delle
ipotesi di applicabilità delle misure stesse.

Tassatività
La tassatività in questo campo va intesa in un’accezione
necessariamente più elastica, e ciò almeno per due
ragioni:
a. le fattispecie soggettive di pericolosità, in quanto
costituite da elementi sintomatici attinenti alla
personalità dell’individuo, sono ricostruibili con

226
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minore precisione rispetto alle fattispecie
incriminatrici;
b. il giudizio prognostico sulla pericolosità è per sua
stessa natura esposto a inevitabili margini di
incertezza.

Divieto di retroattività
1. Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al
tempo della loro applicazione.
2. Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza
è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.

d
1. Questa disciplina tratta dall’art. 200 c.p. – riconosciuta
costituzionalemente legittima – solo in apparenza sancisce il
principio di retroattività.
2. In realtà, tutta la materia della successione di leggi penali
«non solo per quel che concerne la previsione dei reati, ma
anche per ciò che riguarda il tipo e la quantità di sanzioni
(pena, misura di sicurezza, risarcimento del danno non
patrimoniale) da applicare in sede giurisdizionale» è regolata
dall’art. 2 c.p.
3. Ed invero, è proprio la ratio di garanzia che ispira l’art. 25
Cost. a far escludere che possa applicarsi una misura di
sicurezza per un fatto che al momento della commissione non
costituiva reato, oppure che possa applicarsi ad un fatto di
reato una misura originariamente non prevista (o diversa da
quella originariamente prevista).
4. Se ciò è vero, non resta che fornire dell’art. 200 la seguente
interpretazione restrittiva: esso cioè può soltanto riferirsi
all’eventualità che una legge successiva disciplini in maniera
diversa mere modalità esecutive di una misura di sicurezza già
legislativamente prevista al momento della commissione del
fatto.

II. PRESUPPOSTI
Applicabilità delle misure di sicurezza
Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto
a. alle persone socialmente pericolose,
b. che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come
reato.

Quasi-reato
Quasi-reato Il giudice può applicare una misura di sicurezza:
Le ipotesi denominate dalla a. sia nell’ipotesi del reato impossibile (art. 49);
dottrina di «quasi-reato» stanno b. sia nel caso di accordo criminoso non eseguito o istigazione a
a significare che si è in presenza commettere un reato (art. 115).
di un’azione che, pur non avendo
carattere di reato, si manifesta in
modo totalmente prossimo al
reato da permettere di Pericolosità sociale
riconoscere in essa un indizio Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona,
sicuro di pericolosità sociale. anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso
227
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taluno dei fatti preveduti dalla legge come reato, quando è
probabile che ne commetta di nuovi.

Probabile
Questa definizione legislativa della pericolosità sociale come
«probabilità» che si commettano nuovi reati, tende invero a
sottolineare che, ai fini dell’applicabilità di una misura di sicurezza,
non basta la semplice «possibilità» di ricadere nel delitto: il
legislatore esige, piuttosto, quell’elevato grado di possibilità
corrispondente al concetto di probabilità.

Giudizio prognostico
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle
circostanze indicate nell'art. 133.

Pericolosità e colpevolezza
 A differenza della colpevolezza, che presuppone una
sufficiente signoria dell’individuo sulle proprie azioni;
 la pericolosità riflette al contrario l’insieme delle inclinazioni
che spingono il soggetto a delinquere in maniera pressoché
necessitata.

III. TIPOLOGIE DI
PERICOLOSITA’
Delinquente abituale
SOCIALE
È dichiarato delinquente abituale:
1. per abitualità presunta chi 
- è stato condannato alla reclusione ˃ 5 anni per 3 delitti non
colposi, della stessa indole, commessi entro 10 anni, e non
contestualmente,
- riporta un'altra condanna per un delitto non colposo, della
stessa indole, commesso entro i 10 anni successivi all'ultimo dei
delitti precedenti,
2. per abitualità ritenuta dal giudice chi 
- è stato condannato per 2 delitti non colposi,
- riporta un'altra condanna per delitto non colposo,
- è ritienuto dal giudice dedito al delitto,
3. per abitualità nelle contravvenzioni chi 
- è stato condannato alla pena dell'arresto per 3 contravvenzioni
della stessa indole,
- riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della
stessa indole,
- è ritenuto dal giudice dedito al reato.

Delinquente professionale
È dichiarato delinquente/contravventore professionale chi:
1. si trova nelle condizioni richieste per la dichiarazione di
abitualità;
2. riporta condanna per un altro reato;

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3. vive abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del
reato.

Delinquente per tendenza


È dichiarato delinquente per tendenza chi:
1. commette un delitto non colposo contro la vita/incolumità
individuale;
2. se il reato rivela una speciale inclinazione al delitto, che trova
causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole.

Vizio totale o parziale di mente


La disposizione non si applica se la inclinazione al delitto è
originata da infermità per vizio parziale o totale di mente.

IV. DURATA
Durata massima
Le misure di sicurezza detentive provvisorie/definitive non possono
durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il
reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.

Ergastolo
Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la
disposizione di cui sopra.

V. CLASSIFICAZIONE DETENTIVE NON DETENTIVE


DELLE MISURE DI
SICUREZZA Assegnazione a colonia Libertà vigilata:
agricola o casa di lavoro: (art. 228-232)
(art. 216 c.p.)
È una limitazione della libertà
Sono misure alternative a personale del soggetto
discrezione del giudice che: mediante un complesso di
1. si applicano ai delinquenti prescrizioni a contenuto
imputabili e pericolosi positivo o negativo, dirette ad
2. per una durata minima di 1 impedire il compimento di
anno, ma aumentata a: nuovi reati ed a facilitare il
 reinserimento sociale.
PERSONALI

2 anni per i delinquenti


abituali
 3 anni per i delinquenti 1. la sorveglianza del soggetto
professionali è affidata all’autorità di
 4 anni per i delinquenti per pubblica sicurezza
tendenza 2. la libertà vigilata è
obbligatoria:
 se inflitta la reclusione ≥ 10
anni
 quando il condannato è
ammesso alla liberazione
condizionale
 se il contravventore
abituale o professionale,
non essendo più
sottoposto a misure di

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sicurezza commette un
nuovo reato
 negli altri casi stabiliti dalla
legge
3. in caso di inosservanza
delle prescrizioni imposte
al vigilato:
 lo stesso dovrà versare una
cauzione
 in alternativa la misura è
sostituita con altra misura
di sicurezza detentiva
4. la misura di sicurezza ha
durata minima di 1 anno
Ricovero in una casa di cura Divieto di soggiorno:
PERSONALI

e di custodia: (art. 233 c.p.)


(artt. 219, 220, 221 c.p.)
Divieto di soggiornare in uno o
Tale misura si applica ai più Comuni o Province designati
condannati: dal giudice;
a. per delitto non colposo, a
pena diminuita per 1. l’applicazione della misura
infermità psichica è facoltativa per delitti:
 contro la personalità dello
 cronica intossicazione da
alcool o stupefacenti Stato
 contro l’ordine pubblico
 sordomutismo
 commessi per motivi
b. alla reclusione per delitti
commessi politici
Infermità psichica  occasionati da particolari
 in stato di ubriachezza
 Per la dottrina e giurisprudenza condizioni morali o sociali
meno recenti si deve trattare abituale
 sotto l’azione di di un determinato luogo
non di disturbi occasionali e
stupefacenti all’uso dei 2. è disposto per la durata
transitori derivanti da malattia
fisica, ma di infermità di natura quali sono dediti minima di 1 anno
psichica, essendo la nozione di c. per una durata minima che
«infermità psichica» autonoma varia da 6 mesi a 3 anni
rispetto a quella generale
dell’art. 89.
La legge di riforma n. 81/2014
 Per la giurisprudenza più
introduce due nuovi criteri di
recente, l’interpretazione
sistematica porta a concludere accertamento alla verifica
che l’infermità menzionata giudiziale della pericolosità
nell’art. 219 corrisponde proprio sociale dei soggetti semi-
a quella indicata nell’art. 89, nel imputabili (valida anche per i
senso che un’infermità fisica soggetti inimputabili).
autorizza l’applicazione della 1. Il giudizio di pericolosità «è
normativa dell’art. 89 o, a effettuato sulla base delle
seconda dei casi, dell’88, solo
qualità soggettive della
quando si risolva in
persona senza tenere cont
un’alterazione delle funzioni
intellettive, affettive e volitive delle condizioni di cui
suscettibile di essere all’art. 113, comma 2°, n. 4,
considerata a livello di infermità c.p.» (cioè delle «condizioni
psichica. di vita individuale, familiare
e sociale del reo»).
2. «Non costituisce elemento
idoneo a supportare il
Qualità soggettive giudizio di pericolosità
L’affermata rilevanza delle condizioni
sociale la sola mancanza di
familiari e ambientali tende a evitare

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che condizioni di disagio sociale programmi terapeutici
possano da sole giustificare una individuali».
diagnosi di pericolosità.
L’ulteriore innovazione
Programma normatia è costituita
terapeutico individuale dall’introduzione del principio
Tale puntualizzazione normativa di sussidiarietà: per effetto di
tende a evitare che l’internamento in tale principio il ricovero in una
una casa di cura e custodia (o in OPG) casa di cura e custodia (o in un
possa dipendere esclusivamente: ospedale psichiatrico
 dalla contingente difficoltà di giudiziario) può essere disposto
assegnare il soggetto interessato
solo quando ogni altra misura
a strutture di tipo sanitario, o
risulti inadeguata in rapporto
 da analoghe disfunzioni
organizzative., alle esigenze di cura e di
controllo della pericolosità
sociale.
Ricovero in ospedale Divieto di frequentare osterie e
PERSONALI

REMS psichiatrico giudiziario pubblici spacci di bevande


Le Residenze per l’Esecuzione delle (sostituito dalla REMS): alcoliche:
Misure di Sicurezza (REMS) sono (art. 222 c.p.) (art. 234 c.p.)
strutture che sono state introdotte in
sostituzione degli OPG.
Tale misura si dispone: Tale misura:
La riforma del 2014 (l. 30 maggio
2014, n. 81) le ha concepite come
1. per gli imputati prosciolti 1. si aggiunge sempre alla
luoghi residenziali di piccole per pena di condannati per
dimensioni destinati a ospitare autori  infermità psichica ubriachezza abituale o per
di reato affetti da gravi patologie  intossicazione cronica da reati commessi in stato di
mentali e prevalentemente finalizzati alcool o sostanze ubriachezza, purché questa
ad obiettivi terapeutici, da perseguire stupefacenti sia abituale
in collegamento con i servizi di salute  sordomutismo 2. si applica per la durata
mentale esistenti nel territorio e minima di 1 anno
rientranti nelle competenze delle
(salvo il caso in cui si tratti di
autorità sanitarie regionali.
contravvenzioni/delitti
colposi/altri delitti per cui è
stabilita la pena pecuniaria o la
reclusione ≤ 2 anni)

2. per una durata minima che


varia da 2 a 10 anni

La legge di riforma n. 81/2014


introduce due nuovi criteri di
accertamento alla verifica
giudiziale della pericolosità
sociale dei soggetti imputabili:
nel senso che la pericolosità
deve essere desunta dall’esame
delle qualità soggettive della
singola persona, non rilevando
al riguardo né le condizioni
familiari e sociali, né la
contingente mancanza di
adeguati programmi
terapeutici.

Inoltre, vale a maggior ragione


per il ricovero in un ospedale
psichiatrico giudiziario il già

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menzionato principio di
sussidiarietà, per cui questo
ricovero funge da extrema ratio
in mancanza di altre misure
adeguate.
Ricovero in riformatorio Espulsione o
giudiziario: allontanamento dello
(artt. 223-227 c.p.) straniero dallo Stato:
(art. 235 c.p.)
Tale misura è disposta
1. per i minori: Tale misura è ordinata rispetto
 degli anni 14 e degli anni allo straniero quando:
18 riconosciuti non a. lo straniero è condannato
imputabili alla reclusione per un
 degli anni 18 riconosciuti periodo ˃ 2 anni
imputabili e condannati a b. nei casi espressamente
una pena diminuita previsti dalla legge
 degli anni 18 che siano
delinquenti abituali,
professionali o per
tendenza
2. per una durata minima da
1 a 3 anni
3. in relazione a delitti per i
quali la legge stabilisce la
pena della reclusione ≥ nel
massimo a 12 anni

La nuova normativa (d.p.r. 22


settembre 1988, n. 488) all’art.
37, comma 2°, stabilisce che il
minore non imputabile può
essere sottoposto a misura di
sicurezza soltanto «quando per
le specifiche modalità e
circostanze del fatto e per la
personalità dell’imputato,
sussiste il concreto pericolo che
questi commetta delitti con
l’uso di armi o altri mezzi di
violenza personale o diretti
contro la sicurezza collettiva o
l’ordine costituzionale ovvero
gravi delitti di criminalità
organizzata».
Cauzione di buona condotta:
(artt. 237-239 c.p.)
PATRIMONIALI

Tale misura consiste in deposito presso la Cassa delle Ammende di


una somma di denaro o nella prestazione di una garanzia mediante
ipoteca o fideiussione solidale.

La cauzione di buona condotta opera come remora a commettere


nuovi reati per il timore della perdita della somma o di escussione
della garanzia; essa:
1. è soggetta ad applicazione discrezionale
2. si applica:
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 ai liberati dalla casa di lavoro/colonia agricola se il giudice non
ordina la libertà vigilata
 ai trasgressori degli obblighi della libertà vigilata
 ai trasgressori del divieto di frequentare osterie e spacci di
bevande alcoliche
3. è applicata per una durata minima di 1 anno e massima di 5
anni
Confisca Confisca:
 È facoltativa la confisca disposta (art. 240 c.p.)
per:
a. le cose che servirono o furono Tale misura (l’unica a carattere reale) consiste nell’espropriazione
destinate a commettere il reato
a favore dello Stato delle cose che servirono a commettere il reato
b. le cose che costituiscono il
prodotto o il profitto del reato.
o he ne sono il prodotto o il profitto.
 È obbligatoria la confisca
riferita:
a. al prezzo del reato
b. alle cose la cui fabbricazione,
uso, porto, detenzione o
alienazione costituisce reato
c. ai beni e agli strumenti
informatici e telematici che
risultino essere stati in tutto o in
parte utilizzati per la
commissione dei reati indicati
dall’art. 240, 2 n. 1-bis.

VI. APPLICAZIONE ED
ESECUZIONE
Provvedimento del giudice
Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa
sentenza di condanna o di proscioglimento.

OPG e riformatorio giudiziario

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Possono essere applicate in via provvisoria (durante l’istruzione
del giudizio) le misure di sicurezza detentive dell’ospedale
giudiziario psichiatrico ed il riformatorio giudiziario.

Misure di sicurezza aggiunte a pena detentiva


Le misure di sicurezza aggiunte a una pena detentiva sono eseguite
dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti estinta.

Misure di sicurezza aggiunte a pena non detentiva


Le misure di sicurezza, aggiunte a pena non detentiva, sono eseguite
dopo che la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile.

Misure di sicurezza temporanee aggiunte a misure di


sicurezza detentive
L’esecuzione delle misure di sicurezza temporanee non detentive,
aggiunte a misure di sicurezza detentive ha luogo dopo la
esecuzione di queste ultime.

Misure di sicurezza della stessa specie


Quando una persona ha commesso, anche in tempi diversi, più fatti
per i quali siano applicabili più misure di sicurezza della medesima
specie, è ordinata una sola misura di sicurezza.

Misure di sicurezza di specie diversa


Se le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice valuta
complessivamente il pericolo che deriva dalla persona e, in relazione
ad esso, applica una o più delle misure di sicurezza stabilite dalla
legge.

Sopravvenienza di pena detentiva


L’esecuzione di una misura di sicurezza applicata a persona
imputabile è sospesa se questa deve scontare una pena detentiva, e
riprende il suo corso dopo l’esecuzione della pena.

Sopravvenienza di infermità psichica


Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è
colpita da un’infermità psichica, il giudice ne rdina il ricovero in un
manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia.

Inosservanza delle misure di sicurezza


Nel caso in cui la persona sotoposta a misura di sicurezza detentiva
si sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a

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decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal
giorno in cui a questa è data nuovamente esecuzione.

OPG o casa di cura e custodia


Tale disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in
un manicomio giudiziario o in una casa di cura e custodia.

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