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I giovani per paura di uscire dal gruppo unita a forme di discriminazione sociale, nonostante l’invito a

parlarne, decidono di accettare le svariate forme di violenza.

La società definita ‘liquida’ per le sue caratteristiche immediate, veloci, sta conducendo in modo rapido a
gravi forme di aberrazione in quasi tutti i rapporti umani. L’assenza di dialogo e di contatto; la voglia di
apparire ad ogni costo; il desiderio come metteva in evidenza Francesco Petrarca, di nascondere i propri
sentimenti, le proprie paure; ma soprattutto l’assenza dei valori sostituiti da falsi miti stanno determinando
una vera e propria crisi tra i giovani. Il bullismo e il cyberbullismo, due facce di una stessa medaglia, sono il
risultato tangibile di quanto detto.

I bulli sono solo apparentemente forti, perché convinti di operare in silenzio e di restare impuniti, dopo
aver scelto vittime che manifestano la loro debolezza e decidono il più delle volte di non parlare. I ragazzi
bulli spesso sono stati a loro volta vittime dirette o indirette di violenze o aggressioni, di mancanza di
affetto, o di una famiglia assente o poco attenta. Le loro prede preferite diventano proprio le persone più
fragili ed indifese verso le quali esercitano violenza verbale o fisica, oppure entrambe, per esorcizzare e
difendersi dalle stesse paure.

E’ un fenomeno in netto aumento, come si sente dalle pagine di cronaca, nonostante le diverse campagne
di informazione e di sensibilizzazione. Tale aumento è dovuto anche alla diffusione dei social a cui ci si
avvicina senza una dovuta educazione digitale di codifica e di decodifica dei messaggi. I bulli in rete si
scatenano perché riescono a mantenere l’anonimato, dando via libera ad insulti e minacce e ancora di più
contro gli omosessuali, bullismo omofobo, verso i quali a quanto già detto si uniscono l’intolleranza, la
discriminazione e la convinzione di sentirsi superiori.

Consegue che diventa fondamentale porre fine ad una tale devianza, educando all’affettività e ai
sentimenti, costatazione a cui è pervenuto il Ministero, chiedendo alle scuole di ogni ordine e grado di
pianificare azioni ed interventi, facendo leva sui principi della Costituzione che sono in grado da soli di
tendere al rispetto altrui. Diventa, quindi, fondamentale sia in famiglia che a scuola scoraggiare ciascun
comportamento di prevaricazione e prepotenza. La didattica laboratoriale sia curriculare che extra è l’unica
in grado di far sperimentare il benessere in classe. Attivare un laboratorio teatrale, per esempio, in cui
vengono messi in scena brevi sketch, che assolvono a svariate funzioni di catarsi, diventa di grande
insegnamento perché sia per il bullo che per la vittima si giunge a capire che il bullismo non favorisce
nessuno perché crea solo ‘deserto’. Necessario anche favorire in classe un clima di dialogo e di amicizia che
metta in condizioni i ragazzi vittime di bullismo omofobo o xenofobo di denunciare, o di parlarne, perché è
il solo modo per uscirne.

Oggi si sta dedicando ampio spazio per limitare il fenomeno bullismo, ma rimangono alti i dati che mettono
in evidenza il dilagare in maniera subdola di atti di prevaricazione.

L’educazione al rispetto di regole e ruoli, alla tolleranza verso le idee altrui, penso sia fondamentale perché
permetterebbe di fare alcuni passi indietro e di giungere non al periodo in cui non si era liberi, ma ad
un’epoca in cui, come ha espresso a mio parere bene il concetto Cesare Beccaria nei ‘Dei delitti e delle
pene’, in cui asserisce che in una società, fissate e condivise delle regole e fatte rispettare, non è necessario
arrivare a sanzioni gravi come la pena di morte. La famiglia, quindi, che può essere intesa come una piccola
società, nonché quale importante agenzia educativa insieme alla scuola, ha il dovere di far vivere regole
chiare, facendo sì che i ragazzi crescano con concetti di libertà e di uguaglianza comuni.

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