Sei sulla pagina 1di 4

Linguistica educativa

04/03/2020

Ripresa da “Dodici secoli dopo Agostino, in Europa…”: Bacon dice che non c’è conoscenza fuori
dalle forme linguistiche; Il linguaggio che serve alla conoscenza è quello strutturato in modo tale da
dirci qualcosa sul mondo ( linguaggio pro veritate). Il buon uso linguistico è quello soggiacente alle
condizioni di verità quello che serve per fare scienza e per conoscere. Giambattista Vico,
precursore di quella linea che si distacca da Aristotele e si focalizza sulla storicità delle condizioni
che permettono un buon uso linguistico. Nel momento in cui questi pensatori ritengono che in
linguaggio non è solo insieme di etichette perché questa visione suppone che le cose e i concetti
sono preesistenti cioè che esistono prima del linguaggio. Essi dicono che il linguaggio da forma ai
concetti, al pensiero, al mondo; queste forme sono diverse storicamente. Ogni lingua è socialmente
determinata di dare forma e vita ai concetti propri di un popolo. Se il linguaggio è ciò , insegnare
lingua significa dare gli strumenti per creare, ricreare il mondo tramite le strutture che la lingua ci
offre.

Visione aristotelica= concetti astorici, indipendenti dalla storia. Con questi pensatori all’inizio della
scienza i significati appaiono immersi nella vita della comunità di coloro che li usano e di coloro
che li hanno creati.

Per l’insegnamento del latino e greco ci si chiede come scegliere i modelli di lingua greco-latina da
insegnare in quanto non ci sono solo modelli di morfosintassi ma anche di mondo e significato che
bisogna prendere in considerazione.

Reisig: insegna latino e greco, sa che i significati sono storicamente determinati e si pone la
questione di quali significati proporre come significati esemplari del latino. Come fare ciò? Elabora
una teoria del significato, una modellizzazione teorica secondo la quale c’è una zona degli studi
linguistici che si occupa specificamente del significato (qual è il significato del significato?)
teoria generale chiamata Semasiologie.

Egli sviluppa una teoria del significato prendendo in considerazione tre fattori fondamentali:

- la grande filologia tedesca ( tedeschi grandi studiosi di linguistica)


- La lessicografia storica del latino vocabolari latini e greci in cui le parole non hanno un
solo significato ma forniscono la storia dei cambiamenti del significato che le parole hanno
avuto nel tempo (importante perché Reisig voleva trovare il significato più adatto da
trasmettere)
- Due fonti filosofiche come Wolf e von Humboldt che pongono attenzione sulla diversità
delle lingue e su come ognuna di queste esprima dei mondi di vita diversa. Con loro nasce
una consapevolezza di diversità delle lingue a livello di significati; Insegnare una lingua,
significa dare strumenti per entrare nei mondi di vita di queste lingue.

Il lavoro di Reisig in realtà rimarrà isolato e si concretizza poi solo nei manuali di latino e greco;
bisogna aspettare la fine dell’ 800 e l’inizio dell’ 900 per trovare uno studioso che riprende la
questione teorica del significato : in che cosa il significato di una parola di una lingua è uguale
al significato di una parola di un’altra lingua e in che cosa se ne differenzia?
Bréal fonda la scienza dei significati = Semantica. Anche in Bréal la necessità di teorizzare il
significato nasce da bisogni educativi. Egli era professore, lo Stato gli chiede aiuto per effettuare
una riforma scolastica. Bréal capisce che bisogna puntare sulla qualità dei docenti e quindi su
ciò che un docente deve sapere e che poi deve andare a insegnare. Bréal dice che i professori
che devono insegnare lingue devono essere consapevoli del fatto che i significati hanno vita
nella storia, devono sapere come, sul piano del significato, una lingua si sia evoluta nel corso
del tempo sotto la spinta delle esigenze degli utenti della lingua. Questi significati che cambiano
sono la traccia delle ideologie di una determinata comunità. Lui capisce che il significato non è
universale ma che cambia nel tempo, quindi l’insegnante deve essere consapevole del fatto che
le società hanno fatto cambiare i significati (la vita delle lingue corrisponde al cambiamento del
significato). Questa idea si sviluppa nel suo “essai de semantique, science des significations”

Perché preferisce usare la parola signfication (significazione) e non chiama il saggio scienza dei
significati?

In italiano c’è una distinzione scientifica, che deriva dalle teorizzazioni del linguaggio con Bréal
e Saussure  Significazione: significato che io uso adesso e qui con voi; è il modo in cui
ognuno di noi capisce i concetti; dipende dalla nostra concreta esperienza. Quando le
significazioni non coincidono, scattano le incomprensioni.

Significato: sono i tratti comuni, è indipendente dalla nostra concreta esperienza.

Anche sul piano dei suoni ci si rende conto che quando parliamo non ripetiamo mai nello stesso
identico modo i suoni che abbiamo prodotto. Abbiamo a che fare con suoni infinitamente
diversi o con suoni che permangono stabili? Concretamente abbiamo a che fare con suoni tutti
diversi anche in una sola persona ma in realtà in una lingua ci sono le classi di suono, i tipi di
suono, quelle cose che Baudouin de Courtenay chiama fonemi (= non sono i suoni concreti ma
i tipi di suoni). Anche la nascita teorica dei fonemi riceve una spinta dal bassocome insegnare
i suoni?

L’atteggiamento di questi studiosi valorizza negli usi effettivi quello che avviene nella realtà pur
sapendo che tutto avviene in un’astrazione concettuale.

Chi lavora sul campo, studiare ciò che non funziona bene e non è norma, mette in luce allo
studioso i meccanismi soggiacenti alla normalità. Lui si rende conto che la realtà concreta è fatta
di cose materiali lontani dalla norma, dalla condivisione di concetti stabili, che c’è ma non si
vede nella concretezza degli usi linguistici ma nel sapere degli esseri umani. Quindi c’è una
dimensione astratta, una differenza tra le invarianti fonemi tra realtà fisica che si confronta con
lo scambio sociale e tira fuori tratti che modificano il sapere (il bambino sviluppa la sua
competenza in termini di adeguatezza.

Cosa studiano loro? I modi in cui vengono detti i suoni soprattutto quando sono suoni sporchi
(bambino che parla una lingua ecc.) Bogorodickij nota una dissimmetria tra chi parla e chi
riceve il suono.

Frequenza dell’occorrenza linguistica: più sentiamo certe parole, più il nostro cervello può
elaborare l’informazione.
I fattori che andiamo a prendere per un buon apprendimento:

-lingua d’origine

-l’input, il materiale che viene offerto all’elaborazione dell’apprendente. Più input viene
proposto all’apprendente, più potrà ricavare informazioni. La frequenza condiziona la
dimensione lessicale (uso di frequenza) e caratterizza le strutture morfosintattiche.

Hermann Paul: questione ortografica e didattica linguistica. Come insegnare? Da buon


studioso, vuole capire come gestire gli atti linguistici. Egli dice che nel corso della vita
scolastica, si manifesta l’interesse per la lingua sempre di più, in termini di un generale mezzo
di costruzione. Imparare una lingua, significa conquistarsi uno strumento di costruzione del
mondo dei significati. Imparare una lingua quindi significa sapere i significati.

La svolta delle teorie linguistiche dell’900 pone attenzione non più alla grammatica o alla
traduzione ma sviluppa una visione semiotica in relazione agli interessi educativi:
l’insegnamento linguistico è lo sviluppo dell’intera facoltà simbolica generale che poi ci
consente di usare una lingua  in questo modo puoi dominare i linguaggi (intesi anche quello
musicale, il linguaggio del corpo ecc.)

(Karl Buhler: il linguaggio viene usato con funzioni differenti, come sistema di funzione.
Coloro che studiano, si concentrano sul bambino e su quali funzioni emergano per prime. )

Hermann Paul ci dice che all’inizio il bambino era attento solo alla musicalità perché nei suoi
primi mesi di vita lo sviluppo del linguaggio segue le stesse fasi per tutti:

Nella fase della lallazione (7-8 mesi) il bambino si diverte a produrre lunghe catene di suoni,
molti dei quali non presenti nel suo ambiente di vita. Lo fa perché il programma genetico che la
natura ci ha dato fa si che il nostro apparato articolatorio si debba allenare a dire i suoni che poi
saranno specifici della sua lingua. A quella della lallazione, segue la fase del silenzio, in cui si
ha una riduzione di produzione di suoni.

Nella seconda fase funzionale, di contatto: il bambino oltre ai suoni capisce che c’è una
situazione di contatto, puoi fare un appello ed avere un contatto con l’interlocutore attraverso le
parole.

Nella terza fase: nei 18 mesi scatta la funzione comunicativa

Buhler, colui che del linguaggio coglie i suoi valori funzionali, era coinvolto in progetti di
riforme scolastica cosa insegnare e cosa devono sapere gli insegnanti.

Malinowski antropologo che studia il nesso tra linguaggio, lingue e culture; Studia le
collocazioni nel cervello delle attività linguistiche (i feriti in testa durante la guerra danno molti
spunti a M. e gli fanno capire molte cose).

Inoltre, sviluppa le metodologie per lo sviluppo delle lingue: attraverso la guerra Malinowski
vede nel linguaggio una funzione fatica, funzione che serve a stabilire un contatto. Da
prigioniero di guerra, impara che, per studiare una lingua bisogna appartenere ad una comunità ,
diventarne partecipe e osservarla da partecipante: OSSERVAZIONE PARTECIPANTE.
Metafora con la scienza sul “principio di indeterminatezza” che ci diceva che a livello di mondo
subatomico non è possibile calcolare la velocità e la posizione di un’unità perché l’osservatore
(il fotone) colpisce quella particella e ne modifica lo stato rendendo impossibile cogliere l’entità
della particella. Lo stesso vale per le scienze sociali Per entrare nell’essenza della forma di
vita della comunità, bisogna entrare a farne a parte senza influenzare il comportamento naturale
dei nativi.

Una conseguenza di questa metodica potrebbe essere che l’osservatore esterno possa influenzare
la ricerca ma fino ad un certo punto.

Secondo Malinowski bisogna quindi farsi accettare dalla comunità, ma è comunque difficile
dare leggi generali poiché un certo dato vale solo in un particolare contesto e non si può
generalizzare; i dati oggettivi delle ricerche sono sempre situazionali e non è possibile
generalizzarli ad altre situazioni. Ciò significa che il significato vive nelle vite concrete, non è
più il mondo che esiste prima ma è lo scambio, la negoziazione sul campo.

Wittgenstein: maestro di scuola elementare si pose un problema: quali parole deve sapere un
bambino per vivere in autonomia? Elabora così un dizionario. La sua esperienza di maestro fu
importante per questa ricerca. Wittgenstein è un filosofo che cerca l’assoluto, e per trovarlo
bisogna passare dal linguaggio il linguaggio deve quindi permetterci di dire con precisione le
cose, non deve avere sbavature, deve essere preciso. Come si fa?

In un primo momento lo fa nella misura in cui il linguaggio rispecchia le cose, che sono la
garanzia del buon uso del linguaggio. “Il cielo è azzurro” lo si capisce perché è azzurro in
questo momento e basta. Il linguaggio rispecchia le cose qui ed ora.

Poi cambia idea mentre insegna a scuola in un paesino di contadini. Qui si scontra con la
povertà del linguaggio e capisce che l’apprendimento di questi bambini non è lineare, hanno un
linguaggio che viola la norma. Egli confronta il lessico semi-dialettale e povero dei suoi alunni e
ne stimola l’ampliamento. Questo confronto gli permette di riflettere in termini generali sul fatto
che il linguaggio è qualcosa che si fonda sull’USO e che la lingua funziona anche violando le
regole grammaticali. Dare sollecitazioni sociali è importante per ampliare il linguaggio dei
bambini

Potrebbero piacerti anche