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Prof.

La Barbera
Anno 2020/2021

Letteratura latina magistrale

Lezione 1 17.09.2020

Periodo tra fine I sec a.C. inizio I a.C., principato augusteo e intorno ad Augusto emergono figure come
Mecenate che raccolgono intellettuali che scrivono in parte a favore del programma politico di Augusto, ma
che riescono anche a far emergere nuovi stili e nuovi sentimenti che prima a Roma erano meno conosciuti
(es. Lirica). Ricostruzione e attenzione dei miti ideologici e fondativi di Roma.

C’è un progetto culturale da parte di Augusto. Siamo alla fine della seconda guerra civile che ha visto
contrapporsi fratelli. Risultato di ciò è una grande dissoluzione delle percepite virtù nazionali e della morale
di Roma. No propaganda effettiva. Sempre molto labile il discrimine tra autori augustei e non augustei.
L’unico realmente augusteo è augusto stesso con le sue Res Gestae Divi Augusti.

Non necessariamente c’è una identità tra artista, prodotto artistico e periodo di riferimento. Ma tutti questi
personaggi girano intorno a personaggi politici/para-politici che sono per forza di cose augustei.

Noi ci occuperemo di Livio, Virgilio e Ovidio. Tutti diversi, accomunati soltanto dall’essere nati, cresciuti e
aver prodotto nello stesso periodo augusteo. Ci sono molte novità che tutti condividono e di cui tutti sono
consapevoli. Fanno parte della monumentalità della letteratura augustea che non ha precedenti e che parla
della letteratura stessa in maniera nuova (nuova rispetto a Roma).

Livio maggiore storiografo augusteo. Rappresentante di una prosa storiografica diversa da prima; ha
riferimenti ad Augusto stesso e partecipa (Livio) di questo rinnovamento della lingua letteraria. Livio e
Ovidio vedono finire il principato di Augusto e iniziare quello di Tiberio.

Date degli imperatori -> domanda d’esame

Tanti di questi autori non sono romani di nascita, Livio è padovano. Questa nota stratigrafica di tipo sociale
è importante perché fa parte di questo sentimento di abilitazione a produrre letteratura nonostante la loro
tara provinciale, ma per converso si trova criticata in alcuni autori quando dicono che Livio è affetto da
patavinitas. L’età augustea crea anche un proprio idioma latino. Nato entro la fine degli anni 60 a.C. e
morto circa dopo il 17 d.C.. Ha visto entrambe le guerre civili e ha fatto in tempo a instaurarsi a Roma nel
momento in cui il vincitore vuole promuovere la ricostruzione letteraria, fisica e morale.

Augusto è Augusto dal 27, dal 31 è princeps (= primus inter pares).

Livio è tra quegli autori di cui abbiamo copie tardoantiche perché la sua rappresentazione della romanità
pagana resta molto cara alla romanità. Ab Urbe condita libri -> titolo dell’opera di libro. Uso del participio.
“Libri che narrano dalla fondazione Roma”. Storia dall’inizio -> aspetto caro agli autori augustei. Forma di
metaletteratura: ricomincio la letteratura in una forma nuova. Anche Lucrezio ritorno alle origini. 142 libri
di Storie, lo sappiamo perché abbiamo dei riassunti. Si pensa che dovessero essere 145 perché 142 è un
numero che non ha un particolare significato. Abbiamo la I, la III e la IV decade e poi i primi 5 del V.

A un certo punto della tradizione manoscritta l’opera di Livio ha iniziato a circolare in decadi. Selezione di
un formato (tra III e V sec probabilmente) che presuppone l’esistenza di un contenitore per 10 manoscritti.
In età tardoantica siamo in una situazione in cui abbiamo 14/15 codici che tramandano ciascuno una
decade. Facile in questa situazione che se un’opera resta, ne mancano delle parti. Ogni blocco con 10 libri
ha avuto una sua trasmissione e tradizione diversa. La prima deca ha una tradizione bipartita.

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Subscriptiones -> firme dei correttori. Sforzo di conservazione sia dell’oggetto libro che del testo di Livio e di
ricostruzione filologica da parte dei rappresentanti della romanità pagana senatoria che cercava di resistere
al fenomeno di cristianizzazione totale dell’impero romano in età tardoantica. Testo di Livio bibbia per la
difesa della romanità da parte dei barbari che tentano di rimuovere la loro identità millenaria.

Prosa d’arte = prosa dall’intento letterario (Kunstprose).

Stile ipotattico, gerarchia sintattica non sempre nel periodo ma chiara nella dipendenza delle subordinate
dalle reggenti.

Ab Urbe Condita - Prefazione

Trad. paragrafi [1-3] “Io non so, né se lo sapessi oserei dire, se io stia per produrre qualcosa di valore (che
valga lo sforzo) se (laddove) io scriva sin dall’inizio della città le cose del popolo romano, poiché io vedo che
questo argomento (la storia) è tanto antico quanto già trattato (noto), fintantoché sempre nuovi scrittori
credono che loro stessi o apporteranno qualcosa di più certo in questi argomenti o credono che
supereranno una antichità rozza attraverso la loro scrittura (scribendi).”

grammatica: Proposizioni relative improprie e le proposizioni oggettive e dichiarative + perif. Attiva+


periodo ipotetico

Trad. par. [3-5] “comunque sarà gioverà che anche io abbia contribuito alla memoria della storia delle gesta
del popolo che è il primo al modo e che impera sulle terre per quanto sia io un uomo; e se in una così
grande folla di scrittori, la fama del mio nome dovesse trovarsi in oblio, mi consolerei per la notevolezza e la
grandezza di coloro che offuscheranno il mio nome. D’altronde questa storia è anche di enorme grandezza
poiché va questa storia ricercata fin sopra questa montagna di 700 anni e perché è cresciuta, e ha iniziato a
scorrere da inizi esigui, al punto che adesso è la sua stessa grandezza che la fa faticare. Non dubito che ai
più tra chi legge porteranno meno piacere le origini e quei fatti che sono più vicini alle origini e si affrettano
verso quelle cose recenti a causa delle quali già da tempo le forze morali e militari del popolo egemone, si
consumano per colpa di quei fatti recenti. Io invece cercherò anche questa ricompensa nella mia fatica, cioè
distrarmi dalla vista di calamità che la nostra età ha visto per così tanti anni almeno un po’, fintanto che io
possa ripercorrere nell’interezza della mia mente, quei fatti antichi, privo di ogni preoccupazione che
potrebbe non tanto distogliere l’animo di me che scrivo dalla verità, ma almeno renderlo un po’ troppo
preoccupato.”

Facturusne -> participio futuro di facio + ne x interrogativa indiretta = perifrastica attiva

Quippe -> introduce una causale: pronome relativo + congiuntivo = valore aggiuntivo oltre alla relativa.
Dipende dalla principale

Scribendi -> sorta di genitivo epesegetico. In questo caso dipende da un sostantivo, quindi è una
proposizione completiva.

Costruzione sintattica:

1. Nec scio nec ausim

2. Dicere quippe videam

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Periodo ipotetico
3. Facturusne sim vulgatam esse

4. Si perscripserim dum scriptores credunt

5. Aut … aut … superat Prop. dichiarativa

6. Scribendi Prop. completiva

Verba = stile; res = argomento.

Tanta = connotazione negativa. Da tradurre “così tanto”.

Consoler = valore riflessivo e non passivo.

Inmensi = genitivo di stima.

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Lezione 2 21/09/2020

Par. 4 inmensi operis = genitivo di stima

Ut + congiuntivo che segue questa frase, ha anche un pronome relativo che serve a specificare che tipo di
proposizione relativa impropria abbiamo di fronte = sfumatura causale.

Vedi prop. causali pp. 290-292.

Altri modi per esprimere causale:

- quia/quod/quoniam + indicativo

- cum + congiuntivo

- ablativo assoluto

- participio presente (di un verbo attivo/deponente)

- causa/gratia + gerundio/gerundivo al genitivo -> causa finale (causa che è anche il thelos)

- ob/propter + gerundivo/participio all’accusativo

Cfr. frase par. [5]: dum repeto… efficere posset -> apparentemente non rispettata la consecutio temporum
perché ci aspetteremmo di trovare dopo il presente indicativo, il presente congiuntivo mentre troviamo
invece il congiuntivo imperfetto. Si tratta di una lectio difficilior che gli stessi antichi spiegavano con un uso
analogico. Non è sbagliato.

Traduzione

Pronome relativo a inizio di periodo: nesso relativo -> significa che antecedente è o il periodo precedente o
è nel periodo precedente. In questo caso però lo segue: il pronome relativo è prolettico rispetto al nesso.

La reggente qui è in animo est, proposizione nominale, che regge appunto ea nec adfirmare nec refellere
che è una soggettiva, i due infiniti fanno da soggetto alla frase principale.

Trad.[6] “non è nelle mie intenzioni né affermare, né respingere quelle cose che sono tramandate
prima della città fondata o ancora da fondarsi, più adatte alle storielle dei poeti che al ricordo dei
documenti puri della storia”.

Ea nec adfirmare nec refellere = soggettiva: i due infiniti fanno da soggetto a quella nominale

Questa parte che a lui piace di più è la parte del primo libro della prima decade = vuole astrarsi dalla realtà
contemporanea, ma ci sono cose che per propria natura potrebbero essere vere o false. La sua intenzione è
solo quella di riportare, mette le mani avanti.

Trad. [7] “si offre comunemente questa concessione all’antichità (insieme degli uomini che hanno
tramandato queste leggende) che renda più leggendari gli inizi delle città mescolando le cose umane a
quelle divine”.

Massima presentata in maniera paradigmatica = fare questo è una presa d’atto del fatto che le origini della
città vengono consacrate nella memoria storia nell’intersezione tra ciò che è divino e ciò che è umano.
Scarto enorme tra storia del divino e storia dell’umano. Perciò queste cose vengono cantate dai poeti
ispirati.
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Ut faciat -> completivo epesegetico.

Augustiora predicativo dell’oggetto.

Trad. [7] “e se è giusto che ad alcun popolo sia possibile consacrare le proprie origini e riportarle
agli dèi come propri fondatori, quello è l’esito della gloria bellica romana, che nel tramandare Marte
potentissimo come proprio genitore e genitore del proprio fondatore, anche questo i popoli umani
debbono accettare di buon animo quanto ne accettano l’impero”.

Si cui al posto di si alicui -> vedi perché

Dimensione di teleologia imperialistica. Alienante e sagace escalation dal picco del genere storiografico al
grosso della ideologia imperiale applicata alla vita del mondo. Fa parte delle conquiste della letteratura
augustea parlare sia del piccolo che del cosmo nella misura in cui Roma e lo spazio della sua città sono lo
stesso del mondo.

Schema sintattico:

1. Gloria est Principale: ipotetica del I tipo


(entrambe all’indicativo)

2. Si oportet Proposizione impersonale,


all’indicativo.

3. Cui populo licere Infinitiva soggettiva retta da


oportet

4. Consecrare referre Due proposizioni, anche


queste infinitive,
entrambe rette da licere

Trad. [8-9] “ Ma queste cose e cose simili a queste, come che saranno state considerate o stimate,
possa io non tenerlo in considerazione. Ma con grande discrimine ciascuno guardasse a quei fatti con
grande attenzione: quale il genere di vita e quali siano stati i costumi, grazie a quali singoli uomini in patria
e fuori, quali siano tutte queste caratteristiche tramite le quali l’impero sia stato e generato e accresciuto. E
più innanzi vorrei che mi seguiste con l’animo, per vedere come venendo meno a poco a poco la disciplina
morale i costumi dapprima si siano rilassati, poi sempre più siano discesi in basso ed infine abbiano preso a
cadere a precipizio, finché si è giunti a questi tempi, in cui non siamo più in grado di sopportare né i nostri
vizi né i rimedi”.

Trad. [10-13] “questo è nella considerazione di tutte queste cose è salubre e proficuo, cioè che tu
riguardi, osservi, i segnali di ciascun tipo di esempio preservati in un monumento illustre (la narrazione
storica dei fatti che il lettore è chiamato a serbare il ricordo) e che da lì tu apprenda quello che tu debba
imitare ( nel senso di riproporre) per te stesso e per il tuo Stato e quello che tu devi evitare in quanto brutto
a iniziarsi e brutto a essere condotto fino alla fine. Del resto o mi sta mettendo fuori strada l’amore di
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quello che ho cominciato a fare o nessun altro Stato è stato mai più grande né più ricco di buoni esempi
(rispetto a Roma) né tale che in questa città in cui così tarde si siano trasferite l’avarizia e la lussuria per così
tante persone e per così a lungo sia stato reso onore alla povertà e alla parsimonia. Quanto meno c’era di
ricchezze/possedimenti, tanto meno c’era di cupidigia. Invece di recente la ricchezza ha portato l’avarizia e
sovrabbondanti piaceri hanno portato il desiderio di distruggere e vanificare tutto attraverso il lusso e la
sfrenatezza. Ma queste lamentele che non sarebbero piacevoli nemmeno allora, quando forse saranno
necessarie, siano assenti almeno dall’inizio di una così grande opera da imbastire. Piuttosto se anche a noi
storiografi così come ai poeti ci fosse l’uso, più volentieri cominceremo con buoni desideri e preghiere agli
dèi e alle dee, perché diano un felice successo a chi si accinge a tanta fatica”.

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Lezione 3 22.09.2020

Sapere i paradigmi dei verbi

Patiuntur -> deponente 3^ declinazione – IOR, infinito è pati.

Modi di rendere una finale:

1. Quod -> relativa impropria


2. Ut + congiuntivo
3. Ad + accusativo del gerundio
4. Causa/gratia + genitivo gerundivo
5. Participio futuro

Grammatica sul testo di Livio:

[9]: labente disciplina = ablativo assoluto

Praecipites è in posizione predicativa

Intueri è deponente = infinito in forma passiva. seconda coniugazione. intueor, intueris, intueri.
(intuitus sum = perfetto).

Foedum inceptu, foedum exitu = lo si chiama supino passivo ma sbagliato! esiste supino accusativo
(att) e supino ablativo (pass) perché è un nome verbale. funzione allativa dell'accusativo ->
movimento verso, quello attivo. meglio chiamarli supino accus e supino abl.

Imitere capias = non c'è l'antecedente espresso (al neutro sing accusativo). quod imitere sta per
quod imiteris, è al congiuntivo = RELATIVA IMPROPRIA! proposizione finale.

In quam…. Ubi sono delle consecutive (relative improprie)

Initium/ordior/orsis -> tutte nello stesso conteso. Enfasi sul concetto del cominciamento, che non è causale.
Si tratta di un richiamo metatestuale per il lettore perché si renda conto che è all’inizio dell’opera. Metafora
tipica del lessico poetico. Qui no invocazione della topica del poema ma scelta lessicale importante. Livio
vuole dire proprio che “questa è un’opera letteraria”.

Quando si parla di “propaganda augustea” (impropriamente) se ne parla perché c’è una coerenza di
linguaggio che sussiste nonostante la diversità di stili.

Strumento che dobbiamo sempre usare sono i commenti. Commento scientifico si misura con la
caratterizzazione specifica della lingua e dei contenuti tagliati intorno alla silhouette dell’autore
commentato. Commento inevitabilmente passa dal fatto di linguistica generale al fatto dello specifico
stilema liviano. Commento di Ogilvie.

Livio se potesse starebbe scrivendo un poema epico e manovra la letteratura come se stesse scrivendo
epica o la tragedia o altri generi letterari che la storia asciutta dei primi storiografi romani non ha.

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Incipit delle storie di Livio, primo rigo può essere letto come un dattilo. C’è chi pensa che questo voglia
essere un richiamo a Ennio perché Ennio ha scritto la storia di Roma in esametri. Non è una allusione a
Ennio, ma una allusione agli stilemi della tradizione enniana, come a dire che Livio sente il peso della
tradizione enniana che ha fatto la storia della letteratura di Roma.

Erodoto: cosa importante della letteratura è la storia dei generi. Erodoto è alla base del genere
storiografico per gli autori tutti ma soprattutto augustei. Con lui Tucidide e Polibio (greci), Ennio, Catone,
Sallustio e Augusto (latini). Erodoto primo prosatore greco che si occupa di registrare fatti a lui
contemporanei e a cui ha partecipato = guerre persiane. Lingua di Erodoto è una lingua letteraria (ionico =
stessa lingua di Omero). In Erodoto c’è tantissima invenzione, non meno che il suo contemporaneo Platone
che usava i miti per veicolare le sue verità filosofiche. Il testo di Erodoto inizia con una sfraghìs, cioè con
una specie di sigillo che serve a mantenere la memoria dell’autore del testo. La brevissima prefazione
Erodoto la usa per dire chi è lui, e che sta facendo quest’opera perché non svanisca il ricordo di opere
gloriose non solo di Greci ma anche di Persiani. C’è anche in questa ricerca storica la volontà di immortalare
quello che ha creato il conflitto tra le due parti note del mondo. Queste sono per Erodoto alla stregua di
guerre mondiali, tra le parti del mondo conosciuto.

Questa è la storia degli eventi che hanno portato alla costituzione del mondo tutto che lui conosce. Nel
particolare (di Erodoto) poi si parla di un fatto specifico. Mentre Livio parla di tutti la storia che conosce.

Proemio dell’Eneide: “musa ricordami le cause” di quello che ha portato allo scontro tra Cartaginesi e
Roma. “Causa” -> non privo di sapore storiografico. Autori di generi diversi interagiscono tra di loro e tra i
generi.

Tucidide a sua volta considera Erodoto il suo predecessore, così come Esiodo considera Omero il suo
predecessore. Processo di emulazione. Anche qui sfraghìs di Tucidide che apre il suo poema con il suo
nome.

Presenza forte dell’ego autoriale in Erodoto e Tucidide ma non in Livio. + annuncio che la cosa di cui si parla
ha rilevanza universale. Sconvolgimento tale che si può parlare di questa cosa come una manifestazione
cosmica. Tutti questi temi sono presenti in Livio però è noto che ci sono moltissime somiglianze tra Livio e
Tucidide al punto che si può parlare di intertestualità = Livio usa Tucidide come modello. incipit è simile.
Tucidide narrazione dell’archeologia della Grecia = storia dell’Ellade prima degli eventi storici di cui parla,
cosa che fa anche Livio nel primo libro. Diversa l’attitudine: in Livio desiderio di distrarsi dagli orrori
contemporanei parlando delle glorie del passato. Livio -> volontà di delectare = dichiarazione poetologica,
la prefazione, e che si sta facendo storiografia come prosa d’arte.

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Lezione 4 24/09/2020

Un altro storico greco che ci dà degli elementi di riferimenti è Polibio = autore greco che fa storiografia alla
greca tra l’età ellenistica e l’età romana e scrive di Roma in greco. Fa da ponte tra la grecità letteraria e
storiografica e la grecità. Nel suo proemio dichiara di essere nel genere “storiografia”. Scelta di scrivere di
storia sotto la missione di fare qualcosa che sia basato su eventi reali illustri che possano illustrare, a chi
legge e leggerà, cosa fare e cosa non fare. Non fa solo parte del progetto di Livio dire di queste cose gloriose
e avere il fine di educare, ma è parte del genere storiografico, con la consapevolezza del ruolo dei
predecessori, e addirittura è parte del genere del proemio giustificare due cose: continuare a fare
storiografia sebbene ci sia chi lo ha già fatto; dovendo scegliere di cosa parlare si sceglie qualcosa di
rilevante a livello contemporaneo e che magari nessuno ancora abbia già trattato, e che sia glorioso e che
abbia in sé un senso di sublime che giustifichi l’opera nuova.

In Livio la parte in cui dice che è inutile ripetersi non lo dice con “non ripeterò argomenti già trattati da
altri” ma nel senso di “che altri storiografi potrebbero trovarsi a scrivere le stesse cose che oggi ho scritto
io, in maniera migliore” e quindi lui sta dicendo che lui dirà delle cose che sono state già dette, ma 1.
Distrarrà dalle cose contemporanee per trattare della gloria dei tempi passati; 2. Il presente deve educare
per evitare gli errori del passato, la storia è maestra di vita. Il proemio di Polibio è meta-proemiale e meta-
referenziale.

Parte della bellezza dell’intertestualità e dell’emulazione tipica dell’età augustea è che quando decidiamo a
ricorrere a modelli più arcaici, facciamo esattamente quello che facevano gli antichi -> risalire alla storia del
genere. Gli storiografi necessariamente interagiscono con gli storiografi più antichi, e non quelli a loro più
prossimi, sia romani che greci.

Proemio di Virgilio al III libro Georgiche

Importante perché:

1. Livio lo legge. Anni in cui Livio scrive il primo libro sono gli anni in cui vengono pubblicate le
Georgiche, e siamo negli anni in cui Ottaviano prende il titolo di Augusto. Virgilio poi annuncia in cui
erigerà un monumento ad Augusto, e infatti annuncia la composizione e il programma dell’Eneide.
2. Livio subito dopo la prefazione comincia a parlare di Enea. Se c’è una zona in cui può misurarsi con
Virgilio è proprio questa.

III libro delle Georgiche

Livio nel proemio al I libro parla della propria operazione storiografia alla luce di un linguaggio e
opponendovisi che però è quello del genere storiografico i cui massimi esponenti sono quelli greci che
abbiamo visto. Il III libro delle Georgiche di Virgilio (che è il centro della sua carriera autoriale, e centrale
anche nella sua idea poetica) comincia così, appellandosi non a una musa di stampo greco, ma canta la dea
degli armenti, una dea italica e annuncia il fatto che parlerà di pastorizia. Le altre cose che avrebbero
potuto distogliere con la poesia le menti vuote, … voglio trovare un percorso dal quale io possa spiccare il
volo e da vincitore glorioso levarmi sulle bocche degli uomini. Cita l’auto epitaffio di Ennio, suo diretto
antecedente.

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il fatto che ha cominciato a fare le Georgiche, come gli è venuto in mente? Dopo le Georgiche, cosa altro
compone? Parla di questi argomenti, perché gli altri li considera già trattati. Parla di fama e di novità e lo fa
usando i suoi antecedenti. Significa che sta facendo un’operazione di riferimento universale della
letteratura greco-latina.

Livio che a sua volta non vuole dire cose già dette e in tal caso, comunque le vuole dire meglio, è nella
posizione in cui Virgilio vuole non essere. Ma che venga detto alla luce di una presa di posizione
contemporanea da un poeta come Virgilio, ci fa capire come Livio stia scrivendo queste cose non solo per
un atto di modestia letteraria, ma anche alla luce di quello che Virgilio dice nel III libro delle Georgiche, per
far sembrare che dica una cosa diversa, ma in realtà sta dicendo la stessa cosa.

Sallustio

Incipit del De Catilina Coniuratione: “tutti gli uomini che aspirano ad eccellere sugli altri devono
impegnarsi…” = dimostrato essere un testo storiografico perché ha lo stesso spirito di giustificare la propria
scelta di fare storiografia + si parla della memoria (cfr. Tucidide “storia come acquisto per sempre”) e
Sallustio poi argomenta la questione della diatriba tra la brutalità del corpo delle bestie e della luminosità
della mente. Sallustio attore nel dialogo della storiografia che Livio deve tenere in considerazione.

Quintiliano

Institutio Oratoria teorizza i metodi per imparare la storia della letteratura a fini oratori. In realtà l’era
dell’oratoria è tramontata, quindi in realtà si tratta di letteratura pura. (passo 1, 5, 55). Si richiama alla
patavinitas di Livio, che noi oggi non riusciamo a scorgere dal testo. Discorso sul metro. Presenza di ritmo in
latino. Poiché può succedere a chiunque scriva in una lingua quantitativa di creare dei ritmi voluti o non
voluti, i retori si preoccupano di segnalare questa cosa e che tendenzialmente bisognerebbe evitare crearli.
La cosa di gran lunga più sgradevole per Quintiliano in prosa è che si avverta un esametro completo per un
verso intero, o una clausola o un primo emistichio nella parte iniziale. Spesso invece va bene il contrario. In
Livio succede invece proprio quello che per Quintiliano è spiacevole. Nel caso della cultura occidentale, nel
momento della scrittura di un trattato, quello che viene scritto è ciò che evidentemente non viene
rispettato, cioè si verifica il contrario di quanto ci si aspetta. In questo caso quindi se Quintiliano scrive ciò è
perché gli autori andavano proprio contro quei canoni che lui descrive. Livio vuole che la posterità lo legga
sentendo una sequenza dattilica.

Quintiliano libro 10: tra le cose che un oratore deve leggere c’è anche la storia (identificata come genere
letterario a sé stante).

Tacito

Annales: fine della grande storiografia senatoria romana. Fa propria a livello stilistico e cinematografico più
la lezione di Sallustio che quella di Livio. Tacito inizia il primo libro degli Annales: la città di Roma aveva
all’inizio dei re. E il verso è un esametro. Inizio regale e mitologico, con principium parola metaletteraria:

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principio dell’opera e della storia di Roma. Scelta di Livio lungi dall’essere isolata ma in più è una scelta che
ha avuto fortuna.

Augusto

Res Gestae Divii Augusti: scritto da Augusto stesso. Linguaggio abbastanza piano, comincia anche questo
con un esametro. E continua anche oltre il primo verso. Iscrizione che dovrebbe propagandare le imprese di
augusto in uno stile comprensibile a tutti. Crea anche una aspettativa nei confronti dei lettori come modulo
stilistico letterario significativo e non casuale e simbolico del genere letterario usato (storiografia) e del
portato della storiografia, universale rispetto al genere umano e alla storia di Roma. Veicola anche una
certa dimensione eroica.

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Lezione 5 28/09/2020

Cfr. Quintiliano Institutio Oratoria: IX libro, cap. 4, paragrafo 75 = casistica delle sequenze ritmiche che
possono occorrere non tanto all’inizio, quanto alla fine del periodo. Esistenza di clausole ritmiche = parte
grossa dell’insegnamento medievale.

Quintiliano: descrizione di una situazione in prosa in cui cita Cicerone, Sallustio, Platone; tutti molto diversi
ma idea di una koiné letteraria e che come tale definisca quella prosa in cui viene usata una prosa d’arte.

Clausole: chiusa di un periodo. Studiare le quantità di almeno due piedi metrici da almeno la fine del
periodo. Piede è un giambo, un trocheo, spondeo, cretico - ꙾ -, peone - ꙾ ꙾ ꙾ , anapesto ecc.

Piede: unità minima metricamente valida che veda combinate almeno due sillabe di quantità uguale o
diversa.

Credunt la e è lunga perché? Dall’italiano crédo e non *criedo; u lunga perché ha due consonanti dopo.

Superaturos: u breve cfr. sopra in it.; e breve; a lunga perché vocale tematica; u lunga perché ci cade
l’accento; o lunga per natura.

Pro virili parte et ipsum consuluisse

O lunga per posizione

U breve -> cfr. verbo consulo, per accento la u è breve

U breve perché seguita da un’altra vocale (oltre ad essere tema del perfetto). Quindi vocalis ante vocale
corripitur.

I lunga perché in sillaba chiusa

E finale sempre breve

È un adonio -꙾꙾-꙾ -> clausola finale di un esametro. = clausola heroa abbiamo nel tessuto della prosa una
sequenza che chiude un periodo come se fosse la fine di un esametro. In un testo che è iniziato come un
esametro e che finisce con una clausola esametrica va presa come una chiara dimostrazione di una scelta
stilistica di Livio.

Qui nomin(i) officient

Sinalefe della i di nomini.

I di efficio è breve = perché deriva da facio. Per la cosiddetta apofonia latina che sembrerebbe provenire da
una pronuncia con un accento protosillabico (accento a inizio di parola). Accenti trocaici i primi utilizzati per
le tragedie greche.

Quibus iam pridem praevalentis populi vires se ipsae conficiunt

Cercare la clausola ciceroniana

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Cfr. La lettera di Machiavelli a Francesco Vettori + lettera di prefazione al principe dedicata a Lorenzo de
Medici.

Mettere il proprio nome su un’opera è tipico della grecità. I tragediografi non mettono il nome sulle loro
tragedie, per esempio, perché è ovvio che sono le loro. Mentre le ricerche storiche lo vogliono il nome
all’inizio -> sorta di ricerca scientifica. Ethos diverso. Con l’età ellenistica e con una relazione che si sviluppa
con la letteratura scritta che è più ossessiva ma anche più sottile con l’autore. Es. Virgilio mette il suo nome
nelle georgiche, nel mezzo, ma non all’inizio. + altri stratagemmi per far capire chi è l’autore e in un certo
senso marchiare il testo. Ma è un tipo di preoccupazione che viene meno.

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Lezione 6 29/09/2020

Scansione metrica dell’ultimo periodo della prefazione:

inciperemus ut orsis tantum operis successus prosperos darent

sequenza ritmica trocaica o giambica, pur non essendo un metro comunque sentiamo un cambio di ritmo
rispetto all’inizio della prefazione dove sentiamo una clausola heroa. C’è quindi un cambio di metro che
anche è sintomatico di un preciso volere dell’autore.

Leggiamo Livio libro I:

spesso nelle prefazioni poetiche, c’è sempre una movenza o un gesto che qualcosa deve restare lontano
dall’opera stessa (di solito sono i detrattori), sin dagli Aitia di Callimaco. Topos poetologico quello di
rigettare qualcosa di negativo nel prosieguo dell’opera. Topica linguistica dell’ordire e dell’intrecciare
tipicamente augustea. Stile paratattico e ipotattico insieme. Livio estremamente binario per il
posizionamento di due gruppi sintattici, ma anche nell’interpretazione del mondo: spesso dà due
etimologie o due eziologie o due versioni di una stessa usanza o di uno stesso mito. È una cosa da tenere
presente perché ci aiuta a capire come sta andando il suo testo.

“si tramanda che per prima cosa dopo la presa di troia si sia fatta violenza a tutti gli altri troiani, ma solo con
due (di questi troiani) che sia per un antico diritto di ospitalità (rimando a Omero filoxenia) e perché erano
sempre stati sostenitori della causa di restituzione di Elena, i greci si erano trattenuti dall’esercitare il diritto
di guerra. Dopo varie vicende, insieme con un gruppo di Eneti, essendo stati respinti da una sedizione dalla
Paflagonia ed essendo stato perduto il re Pilemene presso Troia, cercavano una sede e un capo, Antenore
pervenne nella parte più interna dell’Adriatico e cacciati gli Euganei che abitavano fra il mare e le Alpi, gli
Eneti e i Troiani occuparono quelle terre. E il luogo in cui uscirono per primi lo chiamarono Troia ed è
rimasto il nome di Troiano a quel distretto; l’intera gente prese il nome di Veneti”.

 Primum omnium : dimensione universale = tutto l’esistente che ci compete


 Reddendaeque Helenae auctores: costruzione con nomen agentis + genitivo completivo al
gerundivo.
 Abstinuisse : clausola heroa
 Pulsi : participio congiunto accordato con il pronome relativo che dà luogo a una causale

Vero che c’è una tendenza nell’Eneide a una operazione omerica per cui i primi sei libri ricalcano l’Odissea,
e i secondi sei l’Iliade. Virgilio sceglie una versione del mito meno nota quando può, quando si tratta di fatti
invece arcinoti, punta sull’allargamento delle versioni “ufficiali”.

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Così come in Viriglio si passa dai viaggi alle battaglie, anche qui Enea si viene a scontrare con il re Latino e gli
aborigeni della penisola italica. Livio pensa di stare facendo storiografia per il fatto che sta riportando più di
una versione, possibilmente razionalizzante.

 Alii… alii -> forma del priamel

Una versione è quella più razionale: Enea vince in battaglia e poi contrae un rapporto di parentela; l’altra
versione è che avendo scoperto chi fossero questi, ovvero dei Troiani, allora il re Latino decide di
appoggiare la causa dei nuovi arrivati e decide di contrarre un matrimonio con questa popolazione.

 Error : tipico termine odissiaco

Ogni tanto a inizio sezione ci sono queste frasette che introducono un nuovo argomento (alla Cesare un
po’).

 Turnus rex Rutulorum = sequenza dattilica


 Eratus participio di reor, participio perfetto ma ha sempre valore di contemporaneità rispetto al
verbo da cui dipende. “pensando” e non “avendo pensato”.

Il linguaggio con cui Livio presenta l’Etruria, è il linguaggio che viene usato dallo stesso Livio nella prefazione
per Roma. Quest’inizio del libro è un po’ la storia di come i Troiani si sostituiscono ai locali. Tendenza a
presentare la storia delle origini di Roma a partire dai conquistatori esterni che prendono l’entità pubblica
di un territorio/entità come l’Etruria. Fine della storia di Enea che può essere la divinizzazione di Enea, lo
chiamano con il nome di Giove Indigete.

Divinizzazione degli uomini: Livio non cerca di razionalizzare anche questo. Non dice che è impossibile che
un uomo diventi dio. Uno storico greco delle origini lo avrebbe probabilmente negato, basandosi su una
lettura razionalistica delle cose, e avrebbe ricondotto il tutto a un processo di mitizzazione a opera dei
posteri.

 Haud: notare questi elementi di dubbio

Non starò qui a discutere se questo Ascanio sia diverso o lo stesso nato da Creùsa, e quello troiano è
certamente quello da cui prende origine la gens Iulia.

Livio vive in un’ epoca in cui hanno appena finito di ammazzarsi Marco Antonio e Ottaviano, per cui la
guerra civile non si trova più nella letteratura latina di età imperiale. Quindi Livio non può parlare
esplicitamente di guerra civile tra Amulio e Numitore. Il fatto che Livio non lo dica esplicitamente, allora
non vuol dire che non stia esplicitamente dicendo che è qui che comincia la corruzione morale dei costumi
romani.

Livio riprende quei cataloghi genealogici (con quella sfilza di nomi) che riprende per esempio da Ennio,
Ennio lo fa negli Annales.

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Lezione 7 1/10/2020

Siamo arrivati al par. 4

Genealogia dei re Silvi, che prendono origine da Ascanio, che esso sia figlio di Creusa (Virgilio) o che sia il
figlio di Enea e Lavinia. Linea che rimonta patrilinearmente a Enea, che è o totalmente troiana o in parte
italica e in parte troiana. Alleanza tra Enea e stirpe dei Latini ha fatto si che si creassero nuove città. Alba
Longa e Lavinio sono le basi geopolitiche e mitostoriche della fondazione di Roma.

Livio inietta in questo punto la prima esperienza della storia romana in cui si sia verificata una corruzione
(plus tamen vis). Guerra civile a Roma maledizione più antica ma diventa anche un tabù in questi anni in cui
Livio comincia a pubblicare le proprie opere. Nella prefazione ci veniva detto che lo studio delle antichità
romane è anche un modo per distrarsi dalla amorale storia contemporanea. Questo inizio glorioso che
immediatamente viene trasformato in una continuazione che gloriosa non è, cioè la guerra civile tra
Numitore e Amulio e poi scontro tra Romolo e Remo, non sappiamo cosa realmente ci dica di Livio che
vuole distrarsi con le virtù del passato. Nel momento in cui comincia Roma con la fecondazione di rea Silvia,
siamo già nell’età del ferro (per Esiodo) in cui le generazioni semi divine e semi eroiche si sono già corrotte.
Non sappiamo se ciò sia già consapevole in Livio. O forse Livio ci sta dicendo qualcosa sulla caratteristica
distruttiva della romanità sin dal suo concepimento. Ma è anche vero che noi proveniamo dalla prefazione,
che è di fatto il paio di occhiali che Livio ci ha chiesto di indossare per tutta la durata del film. Per cui se la
prefazione imposta un discorso ideologico forte sulla contrapposizione tra passato glorioso e presente
corrotto, il passato glorioso è durato tre capitoli.

In questo tipo di ombra argomentativa si installano quelle teorie che per Livio, Ovidio, Virgilio, Properzio,
Orazio, in generale per l’epica, elegia eziologica e storiografia di età augustea, crea il problema di capire
quanto sia propagandistico o anti-augusteo un testo.

Anche in Virgilio l’esaltazione degli eneadi c’è ed è ovvia (vedi V libro con gli afla dei troiani, + personaggi
inventati per dare un capostipite a famiglie romane) ma dall’altro lato la funzione di capo di Enea è
problematica come quella di reggitore del mondo di Giove, principe vs consessi tra pari, regalità, fato, tutte
cose problematiche.

Violenza contro la legge delle istituzioni. Amulio fa ricorso a uno stratagemma istituzionale e sacrale per
commettere uno scelus.

“era previsto nel libro del fato…”

La presenza del fato nella storia e la sua ineluttabilità, fa parte di una lettura dell’esistenza che è quella
tipicamente stoica. Nell’ellenismo si sviluppano varie teorie del cosmo che diventano correlati del
microcosmo morale umano, da cui derivano le correnti dello stoicismo (Lucano, Seneca) e dell’epicureismo
(Lucrezio). Questa presenza del fato cui era destinata questa grandezza di Roma fa pensare un po’ allo
stoicismo. Fato personaggio che quando viene collegato alla storia di Roma ha una pregnanza storica
importante. In Virgilio ancora più lampante questa idea del fato, Enea è guidato dal fato e nessuno può
opporvisi, il destino di Enea è scritto e immutabile.

È un tipo di linguaggio questo di Livio che probabilmente i senatori leggevano in senso stoico.

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Secundum deorum opes = Idea di dover evitare la tracotanza. -> visione filosofico-religiosa del mondo.

C’è un filo tematico forte intorno alla violenza nel momento della nascita di Roma.

Bivi su ogni livello dello sviluppo logico usati anche in maniera un po’ vigliacca per non prendere posizione
su cose molto delicate. “né gli dèi, quale che fosse la verità, né gli uomini, riescono a salvare dalla crudeltà
del re…”. Identità anagrafica di Rea Silvia sostituita dalla sua funzione sacrale.

Tensione campagna – città è topica. Per gli autori augustei è estremamente rilevante.

Cfr. Ennio: all’inizio del canone romano crea (Annales) su Ilia che racconta un sogno una impalcatura di
leteralizzabilità, cioè lo rende un personaggio molto drammatico, anche epico.

Min. 56

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Lezione 8 5/10/2020

Livio. I, 4.6: tenet fama = fama nell’epica di solito è personificata come essere che semina zizzania. È
qualcosa che lessicalmente non per forza è marcato, ma ideologicamente sì. Descrive l’assenza di fonti
certe e permette a Livio di godersi la sua attività di letterato ancora più che di storico.

Coniuga tutti gli elementi del mito noto: con l’aggiunta che i due personaggi, la lupa e la moglie di Faustolo,
coincidono, ma che si sia scissa nella narrazione mitologica l’identità di lupa (= prostituta) da quella di
moglie di Faustolo.

Creazione del mito dell’età primigenia dell’uomo che non ha senso rispetto alla storia della civiltà umana,
ma ha senso perché è dalla civiltà umana che sono stati estromessi i gemelli. C’è stata prima una lupa nella
vita dei gemelli, poi dopo gli umani. Si crea lo spazio per un miracolo narrativo che è quella di creare un’età
dell’oro molto razionalizzata, poco urbana, dove non c’è la guerra.

Nomi di Romolo e Remo compaiono per la prima volta solo nel cap. 5.3. nel momento in cui Virgilio crea le
condizioni nella storia del mito arcaico per cose che succederanno poi nella contemporaneità dei suoi
lettori, è molto simile a quello che sta facendo Livio ora.

Paragone tra Ercole e i gemelli: uccidere un familiare e con lui allo stesso tempo una figura regale.

Si riaccende quel desiderio che era parte di Ascanio: voler fondare qualcosa di già grande.

Mai proposta di una diarchia -> sarebbe stato un mito delle origini credibili e dotate della stessa carriera
politica ed eroica.

C’è un passo di Ennio cfr. Ennio versione Skutsch v. 72

7.2 -> introdotto il popolo, che si dividerà sempre. Da questo momento in poi a Roma ogni qual volta due si
contendono il potere, il popolo si dividerà per appoggiare o l’uno o l’altro.

Uccisione di Remo è paradossale, non ce la si aspetta. Ma c’è anche l’altra interpretazione che Remo se l’è
cercata. Come a dire che anche Remo, persino un re, deve soggiacere alle regole dello stato-> visione molto
tragica che richiama le tragedie greche in cui si vede che pur di sottostare alle regole dello stato si passa
sopra anche ai familiari. Cfr. l’Antigone.

Fino a qui il nome di Roma ancora non compare.

Mito di Ercole e Caco:

Il mito di Ercole e Caco esprime il progressivo inserimento della cultura ellenistica sulle primordiali culture
italiche: Eracle è il semidio, simbolo del coraggio e della forza ma anche dell'umanità e della generosità, che
si contrappone a Caco, pastore mostruoso e incivile generato dal Dio Vulcano.
Gli storici romani che ci riportano gli eventi arcaici, tentano attraverso la figura di Eracle di porre
un continuum tra la civiltà greca e quella romana, e per questo il semidio figlio di Zeus si incontra e scontra
con le divinità italiche che, se non riesce a sottomettere, distrugge.

Secondo il mito greco, Eracle arriva nel Latium vetus di ritorno dalla sua decima fatica, con i buoi che ha
preso a Gerione; si ferma al tempio della Dea Fauna - posto alle pendici nord-est dell'Aventino – per bere

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ma la dea gli nega l'acqua perché è sacra e destinata solo alle donne: Ercole pieno di rabbia decide di
costruire un'ara per i sacrifici dove alle donne sarà vietato entrare: sarà questa l'Ara Massima di Eracle.
Intento al suo lavoro non vede un essere mostruoso che porta via parte dei suoi buoi. Caco, rozzo pastore
che vive sull'Aventino e qui trascina i buoi rubati tirandoli per la coda, così che le tracce siano confuse. I
muggiti delle bestie rubate fanno capire ad Eracle dove si trovano ed entrato nell'antro senza paura
attraversa la pioggia di fuoco che Caco dalla bocca gli riversa addosso e dopo averlo preso, lo stritola.
Il mito latino è più complesso: Eracle di ritorno dall'Iberia con i buoi passa lungo la valle del Tevere e chiede
ospitalità ad Evandro - figlio di Mercurio e della ninfa Carmenta - capo della comunità arcadica da tempo
insediata sul Palatino. I bellissimi buoi rossi pascolano nella valle e Caco, un pastore mostruoso che vive
sull'Aventino, li ruba; Eracle va a riprendere i buoi ed uccide Caco. A questo punto chi costruisce il tempio?
Sarà Evandro per ringraziare Eracle di averlo liberato dalla presenza minacciosa di Caco.
Dai riti del culto di Ercole erano escluse le donne perché, secondo quanto tramanda Lucio Cassio Emina nei
suoi Annales, Carmenta non era presente durante il sacrificio, tuttavia gli storici moderni pongono in
relazione il divieto con la virilità irruenta di Ercole che come divinità fecondante era un pericolo per la
castità delle donne.
La leggenda si fonda sullo scontro tra due miti, quello più oscuro di Caco e quello di Ercole, ma avviando il
confronto si scopre che entrmbi sono legati al commercio del sale ed in generale agli scambi; Caco è un
capo, barbaro brigante che incombe sulla via Salara e sulle mandrie, Eracle è l'etrusco Hercle e l'Ercole dei
sabini che protegge l'antica via del sale che dal Piceno scende alla foce del Tevere.
Caco ed Ercole rappresentano simbolicamente l'evoluzione della zona tra Palatino ed Aventino, vicina al
guado del Tevere, che era l'area degli scambi commerciali; la cronologia vede Caco ( divinità delle tribù
stanziali della media età del bronzo) presiedere la fase protourbana, quando l'abitato comincia ad
estendersi anche tra Capitolium e Palatium e attività nascono legate alla gestione del guado e degli scambi
commerciali con le navi che risalgono o scendono il Tevere.
Nella fase successiva arriva il culto di Eracle con una piccola comunità fenicia che istituisce un
proprio fondaco di cui si servono anche greci ed etruschi; il fondaco era il garante delle transazioni
commerciali e svolgeva la sua funzione dietro il riconoscimento di un decimo dei profitti.
Sono questi stranieri a costruire l'Ara Maxima di Ercole che era localizzata proprio dove sorgerà poi il Foro
Boario. Era un santuario emporico – databile intorno al IX sec. - e forse il più antico tempio di Roma
dedicato ad una una divinità straniera; costruito sulla lingua di terra tra Capitolium e Palatium, si ergeva tra
il Velabro e la Valle Morcia (area del Circo Massimo), dove oggi c'è la chiesa di Santa Maria in Cosmedin che
ne ingloba il podio e una fila di colonne del porticato. Dall'Ara Massima di Ercole partivano i trionfi che si
concludevano al Tempio di Giove Ottimo Massimo sul Palatino.

Ducum fata volentem (?) sorta di teleologia. Forse presente qui filone stoico.

Rifondazione della civiltà: bisogna dare delle leggi alla città. Loro devono crearle dal nulla, perché non
hanno mai visto loro delle leggi, sebbene altre città ne avessero. Modo di pensare allo stato che è molto più
moderno rispetto a quello che probabilmente era all’epoca di Romolo e Remo -> attualizzazione della
storia. Come Romolo abbia imparato le leggi o i templi non ci è dato saperlo, ma lo fa. Forse c’è
dell’originalità nel modo di Romolo di concepire la sua regalità nata dei campi? O fatalismo perché
inevitabilmente gli uomini devono andare in quella direzione? Molto aristotelica quest’ultima.

Crea a quanto pare anche le insegne del potere: alla pari degli altri ma che si distingue.

Sintomatico che Livio usi nel contesto di ristabilimento della regalità la parola augustiorem, che potrebbe
forse riferirsi al fatto che Augusto in quel periodo sia rinnovando/ristabilendo la sua regalità in una età in
cui c’è ancora la Repubblica?
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Mettere Evandro qui -> segno di una narrazione che non è annalistica. È una scrittura che menziona le cose
quando è il caso di menzionarle comunque in un assetto diacronico.

Transizione da un punto all’altro è corredata da aggiunte che suggeriscono che niente succede a caso,
niente va in una direzione casuale. Sorta di giustificazionismo storico (?)

Hominis aetatem duratura: anche questo collegamento con il mito dell’età degli uomini di Esiodo, perché
una età dura solo una generazione, non ci sono altri figli. Civiltà primordiale, quella romana, che quindi
corre il rischio di esaurirsi subito.

Spiegazione antropologica legata alle paure di base dell’uomo + riflessione politica fatta dai patres delle
altre città che pensano che Roma si possa rinforzare al punto da sovrastare le altre città. Ascanio era invece
riuscito a non incutere timore ai vicini, e al contrario a creare alleanze. Pubes romana si sente disprezzata e
guardano alla violenza come prossima opzione. Inserito l’aition di un rito come diversivo = interessante per
capire come verranno poi interpretati i diversivi degli imperatori. Romolo rappresentato qui come persona
scaltra.

Non è molto chiaro per uno che legge tutto di seguito capire a che stadio della città che cresce siamo:
vicenda strana quella di Roma nel suo contesto storico -> così la vedono, secondo Livio, i popoli intorno.

Quello delle donne rapite dai conquistatori è un soggetto corale ben trattato dalla tragedia classica. Cfr. Le
Fenicie e Le Troiane -> raptae come soggetto unitario del canone tragico

paragrafo 10: viene coinvolto Tito Tazio : a questo episodio si rifà Orazio (titi tute tati tibi tanta tyranne
tulisti; verso trocaico: ipsi inter se tres populi communiter bellum parant

Discorso diretto di Romolo, sorta di preghiera. consapevolmente si sta autodichiarandosi iniziatore di una
tradizione per cui anche i futuri re porteranno sul monte le spoglie dei re vinti. Livio ci dice che c’è una
dedica che ha a che fare con una consacrazione religiosa. È successa questa dedica delle spoglie solo altre
due volte. “rara fortuna” dice Livio, perché è noto che Ottaviano aveva imposto che Crasso non avrebbe
potuto fare la dedica opima.

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Lezione 9 6/10/2020

Paragrafo 11: Antemnati = uno di quei tre popoli che si indigna del ratto delle Sabine. Incursione nella
narrazione di un personaggio chiave, Ersilia, moglie di Romolo di origine sabina, appunto. Lei usa la causa
nel nuovo vincolo coniugale e quella del vincolo con suo padre, per chiedere che ai loro genitori venga dato
il privilegio di ricevere pietà, che non siano uccisi e che vengano invece accolti nella comunità romana.

Sabini rappresentati come antagonista perché nemico rispettabile = agiscono in maniera pianificata e non
mostrano le loro carte prima di muovere un attacco contro Roma. La parte avversa, come romani e greci, è
sempre rappresentata dal dolus -> pretesto per aprire una storia.

Tarpea viene corrotta con l’oro da Tito Tazio: re dei sabini, affinché lei lasci entrare i sabini in città. Se
Romolo discendente di enea, c’è in questo fatto un po’ di memoria genetica/letteraria della presa di troia
attraverso appunto il dolus. Modulo narrativo ricorrente quello di usare una donna per intromettersi nei
fatti degli altri: cfr. Sabine, Tarpea, Lucrezia ecc.

Due personaggi che si combattono: Sabini Mezio Curzio e romani Ostio Ostilio. Altra preghiera di Romolo.
Scena di Romolo che durante la guerra (epicità) invoca Giove, rappresentato come architetto dell’esistenza
di Roma. Collegamento con la weltanschaaung del poeta epico in generale e di un poeta epico come Virgilio
che attribuisce il fato di Roma come la volontà di Giove ed Enea si appella alla volontà di Giove perché la
sua volontà si compia anche nonostante tutta questa serie di sfortunati eventi.

Qualche anno prima, quando Catilina minacciava la quiete di Roma, Cicerone in una delle sue Catilinarie
indica proprio la statua di Giove statore, come a descrivere l’imminenza di un attacco che Roma potrebbe
subire dai suoi stessi cittadini. Forse un rimando? Se tu Giove salvi questa città, allora ti offro questo tempio
di Giove statore. Coincidenza tra metro (trocaico) e frase in un concetto che ha a che fare con un dettato
drammatico dove si parla di resistenza e volere divino sicuramente è voluto. Sta intertestando un modo di
parlare di questi argomenti che usano determinati metri. Agnizione di un discorso più tragico/epico che
fonde la storiografia ad altri generi letterari.

Richiamo del coro della tragedia (a partire da sabinae miliebres) -> scena di lutto, le sabine si slegano i
capelli e si stracciano le vesti, che non sono nemmeno più donne perché vincono la paura e che come delle
amazzoni

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Lezione 10 8/10/2020

Libro I cap. 57: entra in scena Lucrezia

58.2 Livio immagina una scena al buio molto tragica

58.5 dinamica dell’amore erotico che vince la pudicizia è tipica dell’elegia. Ma qui è invertita perché la
situazione non è elegia, è perversione.

L’attacco notturno è la cosa più vile che possa succedere in un poema epico, va contro le leggi degli uomini
e degli dèi.

58.7 satin salve = satisne salve

In questo momento tragico, il fatto che ci sia un andamento ritmico, se non addirittura metrico, aggiunge
drammaticità

58.8 hostis pro hospite = gioco di parole adeguato a un personaggio tragico

mihi sibique = dativi di svantaggio

Livio sta usando dei moduli per rappresentare la regalità corrotta, che sono tragici

59.2 Romae = può essere un genitivo locativo, un genitivo oggettivo, un dativo di svantaggio

NB spero, promitto, iuro + infinito futuro

59.2 in iram = l’ira è il modo dell’epica (cfr. menin aeide thea…)

C’è il lessico virgiliano, ci sono movenze virgiliane. Ma nella sintassi la prosa è molto cesariana. Alla fine del
paragrafo 59 tutti i personaggi più negativi vengono estromessi.

60.3 proprio come negli annali, nelle iscrizioni, il libro si chiude simbolicamente con una datazione, a
chiusura di una prosa che è tutt’altro che annalistica.

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Lezione 11 12/10/2020

Cfr. sito dell’Année Philologique -> dalle banche dati del sito della Biblioteca d’ateneo. Serve per sapere
cosa esiste su un dato autore.

Banche dati > Année Philologique

Cfr. JSTORE al sito jstore.org

Cfr. Bryn Mawr Classical Review -> www.bmcr.BrynMawr.edu

www.oxfordbibliographies.com

enciclopedia scientifica di settore + importante: Pauly-Wissova: biblioteca> banchedati> newpauly> brill’s


new pauly

archive.org

gallica.bnf.fr

piede giambico: ꙾-

metron: ꙾-꙾-

brevis in longo (?)

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Lezione 12 13/10/2020

Cfr. Conspectus Siglorum

Testo di Virgilio unico di cui abbiamo manoscritti anteriori al IX secolo, quindi all’età carolingia. Poiché
Virgilio da subito entra nel canone. Non ci sono molti manoscritti pre-medievali, ma ne sono comunque
molti di più rispetto ad altri autori. Sono almeno 3 tardoantichi:

- M Mediceo Laurenziano della fine del V secolo. Su M si trovano varie mani che vengono classificate.
- P Vaticano Palatino del V secolo, in questo non abbiamo inizio di I, parte del IV ecc.
- R Vaticano Latino Romanus, del VI secolo.

Questi tre codici sono i più importanti. Ci sono altri manoscritti tardoantichi, comunque.

Libro I è quello che un lettore antico, aperto il primo rotolo di papiro, si trova davanti. Quest’opera dialoga
inevitabilmente con Omero. Leggiamo il proemio dell’Iliade. Si parte da un episodio che non è la Guerra di
Troia, ma il preambolo. Partiamo con il motivo per cui è scoppiata un’epidemia di peste nel campo acheo.
L’ira di Achille a quanto pare è il soggetto dell’opera. Inizio in medias res. Stiamo parlando del momento del
mito che vede Achille furioso, cioè la guerra di Troia. La vicenda troiana veniva raccontata in molti poemi,
che in parte ci sono giunti e in parte no. Poiché Omero è il primo autore della letteratura occidentale,
l’Odissea è l’altro poema fondamentale per tutti gli autori successivi, e in particolare per l’Eneide.

Μῆνιν ἄειδε, θεά, Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος

Vediamo il proemio dell’Odissea: anche qui come nell’Iliade la prima parola è un accusativo di due sillabe
che è l’uomo (dall’ingegno multiforme). Anche nell’Odissea viene nominata o evocata Troia e Agamennone
insieme ad Achille, si sta già nominando il mondo di Troia e i suoi connotati. Siamo nella fase dei nostoi e ce
lo dice già il primo verso con πλάˉγχθη. È in Virgilio, nell’Eneide II, che viene narrata la storia del cavallo di
Troia, non si trova nei poemi omerici. Enea viene visto nella prima volta quando il viaggio è ormai è iniziato
e poi comincerà a raccontare dall’inizio la sua vicenda epica quando avrà un pubblico che lo ascolta,
all’inizio del II libro; esattamente come Odisseo, che viene nominato solo dopo l’inizio dell’opera che porta
il suo nome, già dentro le vicende che sta vivendo, e che poi racconterà dall’inizio quando si trova alla corte
di Alcinoo.

Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά

Diamo sempre per scontato che tutti, nel patto che esiste tra autore e lettore, hanno letto tutta la
letteratura canonica. E quindi riescono a cogliere i riferimenti intertestuali che l’autore richiama. Tutti
hanno letto Omero, Esiodo e Apollonio Rodio. Vediamo il proemio delle Argonautiche di Apollonio Rodio.
Questi è il più grande poeta epico ellenistico a noi giunto, ma da uno studio almeno come modello di
Virgilio e anche per altre ragioni – le Argonautiche verranno riproposte da Flacco in età flavia – è davvero
lui un modello del livello di omero con cui gli autori latini si confrontano.

«Νῆα μὲν οὖν οἱ πρόσθεν ἐπικλείουσιν ἀοιδοὶ «Lo cantano i poeti di un tempo come fu Argo
Ἄργον Ἀθηναίης καμέειν ὑποθημοσύνῃσιν. a costruire una nave con i consigli di Atena:
νῦν δ' ἂν ἐγὼ γενεήν τε καὶ οὔνομα μυθησαίμην ora invece io voglio narrare il nome e la stirpe

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ἡρώων, δολιχῆς τε πόρους ἁλός, ὅσσα τ' ἔρεξαν degli eroi e i lunghi viaggi marini e le gesta
πλαζόμενοι: Μοῦσαι δ' ὑποφήτορες εἶεν ἀοιδῆς.» compiute errando. Le Muse siano ministre del
canto.»

Lo stesso Apollonio Rodio ha come modello Omero. Prima parola qui è Ἀρχόμενος = metasimbolismo: la
prima parola è cominciare ed è la parola che comincia l’opera. Il primo poeta ricordato da Apollonio Rodio è
Orfeo.

Livio Andronico: primo autore della letteratura latina che propone una traduzione dell’Odissea in latino:
Odusìa. Non è casuale il fatto che il proemio dell’Eneide sia indebitata con l’Odissea nel momento in cui
Virgilio sta anche rifondando il genere epico, quindi anche gli inizi della letteratura latina. Entrambe la
letteratura latina e quella greca iniziano con Omero. Livio Andronico traduce l’Odissea in versi saturni.
“canta a me, Camena…”. Andronico rispetta degli elementi stilistici pure in un diverso metro. Vedi per
esempio il fatto che comincia con un accusativo di due sillabe esattamente come Andra.

Virum mihi, Camena, insece versutum

Narrami, o Camena, l'uomo dal versatile ingegno…

Ennio = primo autore di epica in esametri. Inizia con un sogno, il suo poema, in cui veniva investito dell’arte
poetica come fosse un nuovo Omero, sorta di reminiscenza metempsicotica pitagorica. Ispirazione onirica
che c’era già in Esiodo. Scelta di scrivere in esametri: scelta di modernizzarsi rispetto a Livio Andronico, che
è il più arcaico per quanto riguarda la scelta stilistica della resa in latino del contenuto epico. Ennio sembra
cominciare il proprio proemio con l’invocazione alle Muse -> non Camenae, scelta di tornare agli inizi greci,
ma verso il futuro della lingua latina. Lingua letteraria che continua quella greca, è Ennio che compie una
rivoluzione nell’uso del latino che possa assomigliare quanto più al greco. Azione di coniugare il latino con il
greco facendo qualcosa di estremamente tradizionale e allo stesso tempo rivoluzionario. Non invoca una
musa, non il Febo di Apollonio, non la Camena di Andronico, ma Le Muse, che vivono sull’Olimpo e non in
Italia. Proemio al mezzo (VII libro) in cui a metà di tutta l’opera viene inserito un nuovo proemio che
ridiscute in maniera più esplicita alcune scelte poetologiche all’interno dell’opera. Ennio presenza
fondamentale in Virgilio. Noi questo lo sappiamo perché sebbene noi oggi non leggiamo Ennio per intero,
ma solo frammenti, i grammatici antichi che leggevano Ennio ci hanno tramandato dei frammenti proprio a
partire da Virgilio che utilizzava Ennio. Bucoliche e Georgiche = primo esempio di poesia sperimentale dopo
Ennio. Virgilio si è già cimentato nell’esametro epico con le Georgiche in questo genere didascalico.

Musae, quae pedibus magnum pulsatis Olympum

Muse, che con i piedi il grande Olimpo battete...

Esiodo estremamente presente in tutti gli autori antichi. Confronto diverso rispetto a quello con Omero ma
comunque fondamentale. Teogonia. Leggiamo l’Inno alle Muse che è una lunga trattazione delle muse in
maniera evocativa che inizia il genere didascalico nella storia della letteratura greco-latina. Importanza che
le muse ancora più per il poeta didascalico che per Omero. All’interno del poema epico di Virgilio vengono
usate convenzioni ereditate dai poemi didascalici più che dai poemi epici.

ΘΕΟΓΟΝΙΑ

Μουσάων Ἑλικωνιάδων ἀρχώμεθ᾽ ἀείδειν,


αἵ θ᾽ Ἑλικῶνος ἔχουσιν ὄρος μέγα τε ζάθεόν τε
καί τε περὶ κρήνην ἰοειδέα πόσσ᾽ ἁπαλοῖσιν
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ὀρχεῦνται καὶ βωμὸν ἐρισθενέος Κρονίωνος.

καί τε λοεσσάμεναι τέρενα χρόα Περμησσοῖο5


ἢ Ἵππου κρήνης ἢ Ὀλμειοῦ ζαθέοιο
ἀκροτάτῳ Ἑλικῶνι χοροὺς ἐνεποιήσαντο
καλούς, ἱμερόεντας· ἐπερρώσαντο δὲ ποσσίν.

PROEMIO

Cominci il canto mio dalle Muse Eliconie, che sopra


l’eccelse d’Elicona santissime vette han soggiorno,
con i molli pie’ d’intorno alla cerula fonte
danzano, intorno all’ara del figlio possente di Crono.
Esse, poiché nel Permesso lavate han le tenere membra,
o d’Ippocrène nell’acque, oppur del santissimo Olmèo,
intreccian d’Elicona sui vertici sommi, carole
agili, grazïose: ch’è grande virtù nei lor piedi.

Il primo vero importante esempio di poesia didascalica dopo Esiodo è Aràto di Soli (età ellenistica), che
viene evocato dalla letteratura latina per esempio da Cicerone, ed è autore di uno o due (a seconda di come
viene diviso) poemi didascalici che hanno a che fare con il cielo: Phaenomena. Lui decide di cominciare da
Zeus, aggiungendo la nozione stoica del fato universale legato a Zeus che è il re di tutto ciò che esiste e che
è il garante del funzionamento del mondo e quindi la volta celeste non cambia mai perché fa parte della
legge del fato universale che fa capo a Zeus. Idea della profezia e idea del fato ricorreranno anche in
Virgilio. Contiene una sfraghìs autoriale nel momento in cui si invocano divinità, àrreton richiama infatti
l’accusativo del suo nome. Apollonio richiama Apollo = contenuto nel suo nome.

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Per quanto riguarda la poesia didascalica, prima di Virgilio abbiamo Lucrezio: unico esempio latino per le
Georgiche. De rerum natura comincia con Aeneadum genetrix… questo è il cosiddetto inno a Venere.
Essendo Lucrezio un modello che Virgilio all’inizio dell’Eneide pure sta guardando. È indicativo che L. inizi
con l’invocazione con una dea, che è anche la genitrice di Enea ma anche dei romani, letteralmente, la
prima parola di Lucrezio è un genitivo plurale che ha proprio questo significato. Interdiscorsività della
letteratura greco-latina è talmente vischiosa che parlando di un autore automaticamente se ne richiamano
molti altri.

Pre-proemio all’Eneide (oggi sappiamo essere spuri) che sono i primi quattro versi che teoricamente
aprivano l’Eneide, sono:

Ille ego qui quondam gracili modulatus auena / carmen et egressus siluis uicina coegi / ut quamuis auido
parerent arua colono, / gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis /

Ci dicono qualcosa di come un lettore antico vedeva svilupparsi le potenzialità del genere epico e
l’espressione autoriale e autoconsapevole.

Arma = accusativo bisillabo, isometrico rispetto a Omero, Livio, Ennio, Apollonio. Convenzione epica
omerica.
Virum è l’equivalente di Andra
Cano sfumatura ingressiva: “sto cominciando a cantare” ma anche “parlo in versi”
Meta-semanticità del primo nel primo verso e che richiama archomai in Apollonio Rodio e Arato.
Prima parola secondo verso è Italiam = sufficiente a qualificare questa operazione come migrazione del
greco a Roma.

Parlare di mare e terra vuol dire sì richiamare i due poemi epici ma anche parlare di tutto il mondo
conosciuto. Ira = ritorna anche qui. Dire che l’ira è memore, vuol dire anche fare appello alla conoscenza
del lettore. Conoscere attraverso il ricordo. Prima di Giunone, l’ira era di Achille e ancora prima di Eracle.
Memorem conferma e potenza questa dimensione intertestuale. v. 4 al limite della tracotanza.

Viaggiare sballottato per terra e per mare è la caratteristica dell’Odissea e ricordo anche della guerra, che è
invece il tema dell’Iliade. Il thelos è quello di fondare una città e portare gli eroi troiani nel Lazio. Anche nel
caso di Odisseo c’è un thelos che è quello di salvare la propria vita e quella dei compagni. Il thelos di
Apollonio è trovare il vello d’oro. Nel proemio dell’Eneide avviene qualcosa di nuovo: fondare una città e si
dice che qui Enea è un eroe al cento per cento perché lui ce la fa, Odisseo no, perché i compagni li perde in
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avventura. Eroismo di Odisseo molto complicato e si espone anche ai fallimenti. Successo finale è sofferto e
molto menomato. Nel caso di Enea che è guidato dal fato e giunto in Italia e uscito nel proprio intento
fatale ed epico. La sua è una epica di successo. Ma noi non vediamo la fondazione di queste città perché nel
libro XII l’Eneide finisce con la battaglia con i Rutuli, ma la storia conferma che le città sono state fondate.

v. 8 “Musa ricordami le cause…” -> richiamo agli Aitia di Callimaco.

Pietas è il rispetto del fato.

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Lezione 13 15/10/2020

v.12 Urbs = identifica il setting della scena che ci si para davanti.

Contra in termini sia geografici che ideologici

Fertur Iuno: Marker di intertestualità o di generica nota alessandrina cioè l’idea che l’autore si accorda con
il lettore sul fatto che vada ricercata una conoscenza della letteratura precedente.

Infinito perfetto = azione conclusa.

Aggettivi pronominali in -ius con la i lunga sempre a meno che l’autore in metrica non la abbrevi.

Suggestione di una Giunone che come nell’Iliade (e non avendo ancora imparato dall’Iliade) tenta di
modificare il fato pur sapendo che non può.

Duci: infinito presente, idea di contemporaneità.

Caratterizzazione di Giunone (come in Omero) come di una donna che prova paura. Rappresentare gli dèi
con sentimenti umani è tipicamente di gusto alessandrino.

Giunone odia i troiani sia per il giudizio di paride, sia perché il marito ha dato onori illeciti a Ganimede.

Dicòlon abundans = struttura bipartita, con una seconda parte più lunga della prima che avvalora la prima
parte.

Troia coincide con Enea, perché Enea porta con sé i penati.

Questa etopea del personaggio irato che fa cose che sa bene di non dover fare, e che lo fa per via del suo
furore, è una topica molto cara alle filosofie ellenistiche là dove si scoraggia l’uomo saggio che pecca di
tracotanza.

Il pubblico secondo l’autore e il pubblico effettivo sono in entrambi i casi persone che stanno leggendo ad
alta voce. La fruizione è sempre aurale. Tutti sentono la metrica.

C’è un elemento caratteristico degli dèi contro il pericolo degli elementi naturali. Mito di ribellione agli dèi
richiamato perché si pensa che questi siano dei ribelli.

Molto frequente il nesso relativo in poesia. Utor + ablativo.

Incute = imperativo. Deriva da quatio.

Vedremo tanto fonosimbolismo.

Prima volta che viene nominato Enea (v.92). Quasi tecnica cinematografica: enàrgheia/evidentia = capacità
di far vedere al lettore quello che succede.

Crf. Od. V: Odisseo subisce una tempesta per colpa di Poseidone che lo odia: parallelo con Enea qui. Vedere
questo passo e confrontarlo con Enea.

Incubui perfetto di incumbo = buttarsi a capofitto

Cubo è il presente di cubare = giacere

Immaginiamo i venti come dei personaggi antropomorfi: hanno dei visi e sono riconoscibili.

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vv.92 e ss.: lamentatio. Persino nell’aggettivazione Roma e Troia si richiamano, entrambe sono descritte
con le “alte mura”.

Fortia corpora volvit -> espressione simile si ritrova nel proemio dell’Iliade quando parla di Achille che lascia
appunto salme di corpi in pasto a cani e uccelli.

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Lezione 15 20/10/2020

V 293. Eneide.

Missione di Ermes:

hospitio dativo di direzione, di fine.

In teurcros = in dipendenza grammaticale da due strutture diverse entrambe predicative, che entrambe lo
attivono. È apò koinù.

At = usato per ritornare a una scena precedente, perciò in questo caso lo si usa per ritornare ad Enea.

VI libro Eneide Virgilio mostra i troiani che tagliano la selva con versi simili a quelli usati da Ennio e
richiamando anche una scena omerica.

Silva = simbolo metapoetico che indica un locus amoenus che ospita un certo tipo di poesia. In questo caso
non è proprio connotato in quel senso.

Occulit = verbo che viene solo dopo due versi.

Graditus -> aspetto ingressivo a dispetto della proposizione ingressiva assente.

Cui mater ha un valore narrativo importante perché contrappone questa figura che qui viene introdotta agli
altri due personaggi già presentati

Obvia = predicativo del soggetto sebbene noi ci aspetteremmo di trovarlo come predicativo dell’oggetto
(obviam), non usato per ragioni metriche.

Enea sta entrando in un regno in cui a svolgere attività tipicamente virili sono donne: si parla infatti di
donne spartane, che cacciano il cinghiale e vestono pelli e faretre. Questo in un certo senso sta preparando
a una regalità femminile: Didone. Esempio di intelligenza odissiaca. -> incontro con una sconosciuta in un
bosco.

v. 332 = ipermetro. Lo dice anche Gellio.

La leggenda vuole che i cartaginesi guidati da Didone per fondare una nuova Cartagine avrebbero offerto ai
locali per avere quel suolo il corrispettivo delle pelli di toro nella misura del suolo.

vv. 367-368 non del tutto convincenti, vedi nota di Ribbeck.

v. 373 qui usa proprio il termine annalis che è sintomatico perché è vero che parla di qualcosa per lui
concreto, ma c’è anche il riferimento agli Annales di Ennio!

Novus in latino può significare anche ultimo. Forse gli antichi romani percepivano questa sfumatura nel
pensare che qui si parla proprio della distruzione di Cartagine.

v.380 ha forse delle interpolazioni o qualcosa di compromesso per quanto riguarda et genus ab Iove
summo.

v.385 Europa atque Asia pulsus cfr. Catullo 68.

Perché Venere aspetta il verso 405 per rivelarsi ad Enea? Domanda del lettore lecita, ma sostanzialmente si
tratta di un topos letterario quello del dio che si manifesta agli uomini sotto mentite spoglie, ma soprattutto
ha un antecedente che è quello di Atena che si mostra ad Ulisse sotto mentite spoglie.

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v. 430 in cui parla delle api cfr. Georgiche vv. 150 e ss. Descrive le api

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Lezione 16 22/10/2020

Distruzione di Cartagine a Roma fu una decisione discussa e complicata. Contrasto forte con le scelte che i
romani storici fecero. Nell’Eneide è il fato che decide tutto, sono gli dèi che decidono. Quello che Virgilio
mostra è quello in cui romani avrebbero potuto lasciare un segno positivo a Cartagine, prima che questa
diventasse nemica di Roma. Dopo il macharismòs = beatitudine (quando dice al verso 437 “Oh fortunati voi
che già state costruendo la vostra città, la mia è lontana ancora” -> stilema ideologico della letteratura
greca e latina.

Gli inizi, le fini e i centri del discorso sono sempre luoghi importanti in cui si può creare uno spazio
interdimensionale in cui c’è la trama ma anche la segnalazione di un locus in senso letterario che si apre a
qualcosa di autoriale. Anche la rappresentazione all’interno di qualsiasi struttura, che è il centro pulsante,
come la città di Enea, ha un significato metaletterario.

Continua la filigrana troiana dietro i cartaginesi. Contenuto della profezia messo all’infinito futuro. Come
prima cosa Didone fonda il tempio per Giunone. Giunone antagonista del protagonista è anche aiutante di
Didone, altro antagonista di Enea. Per colpa degli dèi i personaggi mortali si trovano ad essere mosse come
avessero dei fili da questi dèi e a sottostare alla loro volontà.

Enàrgheia = va fatto risaltare nella sua complessità l’oggetto artistico descritto.

3 versi 447-49 ingressivi sia del tempio che del locus che è in èkfrasis

Patetismo delle azioni sublimi applicate alle rinunce degli eroi epici = uso del verbo ausus.

Nell’entrare del tempio della dea Giunone, centro costruttivo della città che è a sua volta come per enea il
fine profetico grande dei cartaginesi, la descrizione delle opere d’arte del tempio è quella della guerra di
Troia. -> coincidenza delle trame e dei destini dei personaggi ma anche corto circuito con la stessa penna
poetica di Virgilio che sta parlando dei troiani. Anticipazione, questi dipinti, del fatto che Virgilio poi tramite
Enea parlerà della distruzione di Troia. Crea questo effetto per il fatto che il contenuto del centro di
Cartagine è Troia.

Non solo sono noti i fatti ma anche i poemi del ciclo troiano nel loro ordine.

Questo ‘proemio’ interno all’èkfrasis è anche il proemio delle vicende di Troia che stanno per essere
narrate.

Poesia: qualcosa che può far vivere l’immagine attraverso le parole e non necessariamente il contrario è
vero. Eppure un confronto con le arti visive è una segnalazione dell’ènarghia con cui si sta conducendo
l’èkfrasis stessa.

Pittura viene realizzata su chi ha una ottica greca = enfasi su Achille. Le donne cercano di guadagnarsi il
favore di Atena.

Atto di riscatto del corpo che Priamo fa del corpo di Ettore viene rappresentato proprio con disprezzo da
Enea, come Achille fosse uno che si è venduto il corpo di Ettore in cambio di oro. Enea riconosce sé stesso
nel dipinto.

Scene estremamente teatrali: c’è tanto Sofocle e in generale la tragedia come genere è estremamente
presente.

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Tratto di primordialità del regno nel momento in cui la regina interviene a dare ordine altrimenti la gente
sarebbe senza leggi. Che richiama anche quello che diceva Livio intorno alla fondazione di Roma da parte di
Romolo, che come prima cosa diede delle leggi.

Giova ha mandato Mercurio a ispirare nei Cartaginesi un sentimento di buona disposizione verso i Troiani.
Sembra una cosa in contrasto con quanto leggiamo. Quello che capiamo è che non lo sanno questo i troiani,
che se lo sapessero, i Cartaginesi li avrebbero distrutti subito i troiani senza minacciarli di distruggerli.

Momento didascalico in cui si costruiscono le navi e richiama l’Odissea in cui Ulisse deve costruirsi la sua
imbarcazione, ma richiama anche l’Iliade.

Didone sa talmente bene la situazione che è al corrente della Geografia siciliana e del Latius Vetus. È molto
ben informata delle storie italiche e troiane. Dà loro la possibilità in questo momento di unirsi a loro.

Più che una similitudine è una descrizione di Enea, che reso bello dalla madre per far sì che Didone se ne
innamori, sembra quasi una statua. Rigidità scenica in cui questo nuovo personaggio si interfaccia con uno
solo dei personaggi in scena (Didone). È quasi un deus ex machina.

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Lezione 17 26/10/2020

Finiamo Virgilio: 
Didone costruita sulla base di una serie di personaggi tragici. Vedi Aiace di Sofocle: dialogo sul sé e sul
suicidio.
v.613
shock iniziale visivo: Venere prima rende Enea invisibile e poi visibile e bellissimo. Didone prova stupore alla
vista di Enea. Iato tra Dardanio e Anchisae. Stilema (=metro spondaico) tipicamente grecizzate. Versi
spondaici in cui anche il quinto piede è spondeo e spesso viene analizzato come tratto grecizzante.
Didone usa per Enea la stessa fraseologia con cui Venere aveva descritto il regno di Didone ad Enea.
Occorrenze di novos e derivati sono tantissime. Tanti collegamenti tra i personaggi nel primo libro. 
Parlano tutti la stessa lingua nonostante girino per parti diverse del Mediterraneo: riprende un po’ la
vicenda di Omero, dove tutti effettivamente parlavano il greco ionico. I punici non parlano greco, quindi qui
si rinsalda il patto di verosimiglianza e accettazione che c’è tra lettore e autore. 
Didone ricorda che Teucro (non troiano) era venuto a Sidone. Il padre di Didone lo riceve. 
Ci sono relativamente pochi versi sentenziosi in Virgilio, il 630 è uno di questi. 
Didone è costruita come persona che profetizza la vicenda di Enea e Roma. La sua vicenda è servita per
preparare quella di Enea, ed è servita a Venere anche perché lei ha quell’empatia che permette di mandare
avanti la vicenda. 
Verbo di memoria, ricorda a tutti la vicenda di Teucro che da Cipro va da Belo (padre di Didone) a chiedere
aiuto. Tipica nota alessandrina in cui si recupera una tradizione mitografica altrimenti non nota. 
La n non fa sinalefe, la m si, quindi usare l’accusativo greco è funzionale a questioni metriche.
635 suum è il plurale di maiali.
Venere in questo libro ha dei tratti paradossalmente contro il fato di Enea quando cerca un po’ di forzarlo, e
vuole assicurarsi che Didone si innamori di Enea. Vuole che Cupide si trasformi in Ascanio in modo che
quando Didone lo prende in braccio convinta che sia il figlio di Enea, allora cupido possa scagliare una
freccia contro Didone. Ma in realtà la stessa Didone è già stata persuasa da Mercurio per volere di Zeus,
quindi lo stratagemma di Venere è assolutamente non necessario. 
III libro argonautiche, dopo il proemio al mezzo in cui invoca Erato come musa per la poesia d’amore perché
descrive l’innamoramento di Medea per Giasone. Anche dopo questo proemio si vede una scena domestica
molto ellenistica dove Afrodite è arrabbiata con cupido e minaccia di spezzare le frecce, quando Era e Atena
arrivano e insieme ad Afrodite organizzano il successo futuro di Giasone attraverso l’innamoramento per lui
di Medea che lo aiuterà. Già qui c’è una densità enorme di fili letterari importanti. Virgilio in parte
alludendo a questo, in maniera del tutto innecessaria, richiama una scena del genere di espedienti per
raggiungere il suo scopo di concordanza tra dèi. Richiama alla topica dell’amore come elemento epico
dell’epos. Parte del piano di Didone è rapire per una notte Ascanio (a Citera) mentre Cupido si sostituisce
ad Ascanio.
v.695 cambia la scena: aurea al 698 è un ablativo.
Anche qui con ogni probabilità si sta preparando una recitatio -> quella fatta da Enea delle proprie
avventure che inizia all’inizio del libro II: silenzio all’interno della festa ed Enea comincia a raccontare la
distruzione di Troia e nel III libro racconta le sue peregrinazioni.

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v.740 Iopa = rapsodo di corte. Comincia a suonare la sua cetra dorata e canta un canto didascalico sul
mondo. È riportato in maniera indiretta, non ci sono le parole sue. Oggetto del canto in forma di discorso
indiretto. Anche questo canto assolutamente non necessario.
Riferimenti intertestuali alla stessa opera virgiliana:
VI ecloga: Proteo canto sul mondo simile a questo;
Georgiche: sezioni richiamano l’origine del mondo.

Ovidio

Storia del genere didascalico a Roma abbastanza chiara, ma poco gratificante perché ci è rimasto solo il De
rerum natura di Lucrezio prima di Ovidio.
 De rerum natura: storia del cosmo in sei libri ma in maniera funzionale all’esposizione delle teorie
materialiste-epicuree
Metamorfosi funzionale a una storia di tutto fino ad Ovidio. Telos molto forte = fruizione augustea -> età
augustea è la nuova età dell’oro, quindi storia che inizia con l’età dell’oro e si conclude con l’età augustea =
ciclico. È un poema epico.
Quindici + tre libri.
Ovidio classico recente, modello equiparabile a Virgilio; da un punto di vista stilistico metrico e linguistico
sarà la nuova base. Ovidio scrive le metamorfosi dopo aver fatto elegia. Si misura comunque con l’ Eneide; il
primo dell’Eneide ha un valore per il primo delle Metamorfosi. Ha un valore tanto epico quanto elegiaco.
Parte dell’operazione dell’elegia latina è quella di fronteggiare l’epica perché comunque 1 verso su 2 è un
esametro. Comunque ciò che professa è una sconfitta dell’epica e trionfo dell’elegia e dell’amore. Proemio
di soli quattro versi. 
Sotto una apparente semplicità formale si nascondono parole, sintagmi, posizioni sintattiche e
intertestualità che creano una profondità immensa. 
Prima parola di un poema epico dà normalmente l’oggetto all’accusativo; abbiamo poi il termine
cominciare, iniziare, da principio… Ovidio ha in nova … corpora. Quindi non un accusativo ma una direzione.
Cioè verso una novità.  L’animo e non le muse sono la sua ispirazione. Lui non canta, lui dice, e poi c’è un
enjambement perché corpora è al verso nuovo. Poesia di Ovidio è sempre provocatoria di emozioni,
richiami, ecc. uno di quei pochissimi lettori antichi per cui è possibile ancora oggi scriverci su senza
ripetersi. 
Invocazione generica agli dèi tutti, non singole dee. Coeptis non è la prima parola ma è nel secondo verso:
inizio di un’opera, prima opera epica di Ovidio, prima opera in generale sulla storia del mondo, principio del
primo libro sull’inizio del mondo. Si muove in una nuova direzione, ed è consapevole di questa sua novità. 
Deduce = vuol dire anche filare la lana in fili molto sottili, quindi Ovidio sta chiedendo agli dèi di
consegnargli questo canto che sia raffinato. Segnalazione di una scelta poetica di raffinatezza, di brevità
perché sono quindici libri e non ventiquattro. Si dichiara quindi un poeta di scuola alessandrina. Istinto
propriamente callimacheo di scrivere poesia che sia nell’essere tersa, anche molto densa. Complicatezza
non a livello di sintassi ma a livello di riferimenti lessicali, mitologici, intertestuali, che una sintassi semplice
può ottenere sotto questa superficie di apparente semplicità.
Ad mea tempora = potrebbe essere “alle mie tempie” cioè dove viene posato l’alloro della consacrazione
poetica, sorta di investitura e innalzamento a poeta da parte degli dei. Es. scena della teogonia di Esiodo, lui
viene investito come se fosse un’incoronazione di tante scene di investitura successive dalle muse. Quindi
forte richiamo ad Esiodo. Riconoscimento dei modelli letterari.
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Lezione 18 27.10.2020

5 ss. Descrizione del mondo come esiste. v. 6 natura: cfr. Lucrezio (riferimento intert. Lucreziano? Anti-
lucreziano? Post-lucreziano?).

7 dixere → intertestualità, nota alessandrina: ricordo condiviso col pubblico di qualcosa scritto prima.

Chaos: rimando ad Esiodo, Teogonia, e la poesia didascalica. Cfr. anche Orfeo nelle Argonautiche →
canto sull’ordine delle cose.

Rudis: usato spesso per indicare la poesia arcaica di Ennio.

Con tutti questi riferimenti, si ha la sensazione che Ovidio stia stilando una specie di storia letteraria in cui lui
ha intenzione di inserirsi. Lessico poetologico usato consapevolmente.

vv.? Indigesta : cfr. digesta, nei Fasti → produzione più o meno simultanea, nel periodo subito prima o
subito dopo l’esilio. Ci sono miti che vengono trattati in un modo nelle Metamorfosi e in un altro nei Fasti, ma che si
rimandano intertestualmente tra loro. Per es. mito di Proserpina-Persefone (cfr. S. Hinds, The Metamorphosis
of Persephone: Ovid and the Self- conscious Muse, Cambridge, 2007).

Qui ‘indigesta’ indica i ‘tempi indistinti’. Le Metamorfosi sono un poema sul tempo in divenire, non fissato
nel calendario, come invece è quello dei Fasti.

10 ss. Versi che si chiudono quasi tutti con nomi di divinità collegate col cosmo, non con la terra.

11 nova → con cornua o Phoebe? Possibili entrambe, più probabile con Phoebe: “nuova luna”, parlando
della fasi lunari. Vd. anche al v. 10 nullus… Titan.

14 Amphitrite: divinità marina che qui rappresenta la totalità dei mari.

In questi versi sono presenti i quattro elementi di tradizione ionica: Titan (= Sole), Phoebe che “pende in aria”, Tellus
che è intrecciata ad Amphitrite.

In Ovidio mancano le forze di aggregazione e disgregazione (Empedocle, Democrito, poi Lucrezio), riprende la materia
da miti arcaici: gli elementi sono gestiti da una forza divina. C’è più l’idea del demiurgo platonico che plasma
l’universo; c’è anche del pitagoreo (cfr. fine Met. IV ?).

Tensione tra gli elementi (e quindi tra le parti di un ‘corpo’, che può essere anche fisico o politico) → Lessico dove si
oppongono le qualità (freddo-caldo, ecc.), tipico della tradizione ionica filosofica, ma anche di quella medica
(Ippocrate): tensione tra elementi del corpo umano (micro-corpo, non corpo cosmico come in Ovidio).

21 melior: ciò che non è rudis o indigesta → la differenziazione e la lavorazione è un aspetto migliore.

Litem: cfr. neikos empedocleo.

32 dispositam: disporre materia – disporre materiale poetico.

Caos che diventa elementi (per volere del dio), e poi elementi che diventano qualcos’altro → anche se non ancora
esplicitato, già tutto è coinvolto in metamorfosi.

46 zonae: grecismo (qui = “cinture”)→ cfr. Arato, che Ovidio aveva tradotto. Concezione della terra divisa in
5 fasce climatiche, atmosferiche.

51 mixta cum frigore flamma: idea di equilibrio.

57-60 Cfr. Eneide I, quando si spiega perché Giove ha relegato i venti sotto la rocca di Eolo. Anche qui è un dio,
che può essere Giove (in Arato tutto comincia da Zeus). Ovidio mostra non solo i suoi modelli più ovvi, quelli greci,
ma anche quelli più recenti e contemporanei come Virgilio.
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76 Teleologia della creazione dell’uomo → tutto porta alla creazione di un animalis che regni sugli altri.

86 iussit in enjambement, cfr. vv. 55, 43, 37.

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Lezione 19 28/10/2020

v. 76

Ovidio gioca molto sul fatto che da poeta didascalico deve descrivere certe cose; non spiega la causa ma
l’effetto. Nei punti in cui vorremmo capire l’archè e i processi creativi, lui spesso li mette da un punto di
vista dell’effetto. Anche il caos originario, non ci dice perché esiste, ma spiega il telos.

Ovidio è autore di un poema che è di fatto la sua lettura del mondo.

Maniera alessandrina: quella di dare più spiegazioni di un fenomeno.

Curiosa l’insistenza sull’essere melior

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17/11/2020

Ricominciamo a leggere le Metamorfosi da 724.

Giove si è invaghito di Io, che fa in tempo a ingravidare nel mentre che Giunone si accorge di ciò. Io viene
trasformata in vacca per essere regalata a Giunone, la quale la affida ad Argo dai cento occhi. L’aition
dell’intervento salvifico di Giove attraverso Mercurio. Mercurio deve uccidere Argo (travestendosi da
pastore).

L’ira di Giunone che nel primo libro delle metamorfosi che fa pensare all’ira che ha nei confronti di Enea nel
I libro dell’Eneide, sebbene parliamo di ire diverse. Eziologia diversa pur essendo una funzione narrativa
abbastanza simile. La persecuzione ai danni del frutto dell’unione di Giove o della sua concubina è simile a
quella che Giunone ha verso Eracle e Alcmena.

Paelicis - > no termine simpatico, abbastanza offensivo, vuol dire concubina.

Io viene punita da Giunone con l’assillo (= un tafano, un parassita, che continua a morderla e le impedisce
di stare ferma). Questo è un modo abbastanza riconoscibile di Giunone se pensiamo per esempio alla storia
di Latona. ( cfr. inno a Delo di Callimaco).

730: “e ardua lei supina con il collo sollevato, levando verso il cielo solo gli occhi che erano l’unica cosa che
poteva sollevare” -> riferimento agli umani che sono gli unici a poter guardare il cielo perché sono su due
gambe, è quello che caratterizza gli umani secondo Ovidio. Tematizzata e seguita lungo l’estensione del
primo libro la immanenza biologica dello stimolo a guardare le stelle come unica cosa che possono fare
mentre gli altri no.

Quando gli uomini (di solito donne o bambini) vengono paragonati a mucche quando piangono, ha sempre
un che di inquietante.

Abbracciare qualcuno dei parenti vuol dire essere anche supplici in un certo senso. E Giove chiede a
Giunone di mettere fino a questo supplizio. E di mettere fine in futuro alla sua paura perché mai questa
sarà per te più causa di dolore.

Causa doloris = tipicamente elegiaco. Cosa che il lettore di questo passo vede come estremamente
elegiaco/ellenistico. I giuramenti degli dèi si fanno sulle acque dello Stige.

Nel prologo di Apuleio, quando dice che parla di trasformazioni, include il fatto che si possa tornare alle
forme originarie, perché anche Apuleio stesso sta compiendo una trasformazione.

Passo ovidiano (la ritrasformazione in donna di Io) in cui si parla di numeri si può leggere in chiave elegiaca,
ma senza troppe pretese.

Sempre attenzione a questi tunnel spazio-temporali che spesso aprono una linea che va in verticale dal
passato al presente.

Celeberrima = venerata da molti.

Siamo in un setting egizio, percorso transculturale che ha portato dalla Grecia all’Egitto -> i culti isiaci a
partire dall’età ellenistica passavano anche attraverso la letteratura nella cultura greca e latina.

Nunc al 747, è un “ora” ma nel passato. Ci riporta alla fase successiva del mito dove c’è un nuovo
personaggio, Epafo. Si dà fede al fatto che sia figlio di Giove. Non è detto chiaramente che sia il figlio di
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Giove, ma lo è. Viene venerato insieme alla madre. E quindi tenet templa … “occupa i templi propri che
sono congiunti a quelli della madre attraverso le varie città”. Il primo libro si conclude con la storia di
Fetonte che aprirà poi anche il secondo libro. Giove nel decidere di abbattere questa generazione di uomini
inverecondi, aveva deciso di usare i fulmini. Ma a conoscenza di una profezia che parla di una
conflagrazione universale, desiste, e usa il diluvio. C’è in quella profezia una figura futurologa che sarà
proprio Fetonte. Fetonte nel prendere il carro del sole per attraversare il cielo, fa si che si verifichino degli
sconquassi astrologici, tra cui gli uomini che vivono all’equatore che si bruciano la pelle, e poi le sue sorelle,
le Eliadi, si trasformano in platani.

Ovidio quindi inanella i miti come vuole lui, cioè non è che Fetonte ed Epafo siano davvero amici, serve a lui
per creare un carmen perpetuum.

Collegamento: mentre si sa che di Epafo si sa che è il figlio di Inache, mentre di Fetonte non si sa. C’è un
aition in questo rapporto di disvelamento e contesa della verità tra Epafo fa a Fetonte. A Fetonte viene
contestata la verità della sua storia, non perché Fetonte abbia l’aspetto di vacca ma perché non crede alle
prove che Epafo porta come prove della verità. Filo rosso dell’ira che conduce le azioni degli uomini e degli
dèi.

Caratterizzazione psicologica di Feronte interessante, perché si arrabbia, reprime la rabbia per pudore, e
dice alla madre che si vergogna perché non ha difeso il proprio e suo (della madre) onore di fronte alle
accuse di Epafo. Ritorna l’insistenza sulla verità, sul portare prove per sostenere un principio di verità. +
ritorna immagine dell’abbraccio coniugale come supplica.

Discussione del principio di verità = opera epica didascalica che si confronta con il tema della storiografia. Il
tema dell’autopsia è il più caro alla tradizione storiografica erodotea.

v768

Tibi iuro per iubar P

Inf Te satum esse sole hoc Quod R Ig

Quem qui R II g
R

Questa conclusione di primo libro (omerico praticamente) sta invocando le tenebre alla fine di un
giuramento che essendo vero, al contrario non richiama le tenebre, ma è chiaro alla luce del sole. Ha una
forte nota di novità. Ovidio sperimentatore avanguardista.

Si modo fert animus = ponte intertestuale con il proemio del libro, che è il primo verso. (gradere è un
imperativo).

Etiope vuol dire letteralmente: persona dal colorito scuro.

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Fasti
Fasti composti più o meno negli stessi anni delle Metamorfosi. Senz’altro appartengono allo stesso periodo:
transizione da Roma all’esilio. Probabilmente i fasti sono interrotti dalla vicenda esilica, perché dovevano
essere 12 come i mesi (e come l’Eneide) ma sono solo 6. Opere dell’esilio non sono già più quello che le
Metamorfosi e i Fasti sono. Filone primamente erotico e problematizzante dell’Ovidio elegiaco.

Iniziamo a leggere:

“canterò” -> parola epica, messa al futuro e messa alla fine del pentametro. Quindi attività del canere
relegata alla fine ed espressa come promessa e non come asserzione di fatto. Cosa da considerare.

“… i tempi, insieme alle cause, digesta distribuiti attraverso l’anno e le stelle che cadono sotto le terre e ne
nascono”.

I tempi: la scansione del tempo secondo l’anno, cioè le feste del calendario romano

Eneide modello e bersaglio e interlocutore ovvio di tutti questi poeti.

Scansione metrica:

Tēmpŏră cūm cāusīs Lătĭūm dīgēstă pĕr ānnŭm

Lāpsăqŭe sūb tērrās ōrtăqŭe sīgnă cănām

tem lunga per posizione perché sillaba chiusa

po breve perché tempus >*tempŏs

cum lunga per posizione

cau lunga per natura (causa < *caussa)

sis lunga per natura (abl) oltre che per posizione

dis lunga per natura (dis+gero)

1) il tema originario è *tempos- 

2) Questo tema si mantiene puro ai casi retti del singolare, dove la o che viene a essere la desinenza stessa
si oscura come in tutti i casi simili del latino (cf. per es. -us e -um nella seconda declinazione da *-os e *-om,
rispettivamente). Quindi *tempos ~ tempus. 

3) Ai casi obliqui i sostantivi neutri in -s possono o avere un tema apofonico al grado e,  per es.
*genOs  > genUs, genEris: nel caso del gen. generis è da *geneses  (ma v. oltre, punto 5). Cf. gr. γένος
(grado o), gen. γένους < γένεος < *γενεσ-ος (grado e). 

4) Oppure possono mantenere (o, secondo alcuni, introdurre analogicamente) lo stesso grado  o, come nel
nostro caso: *tempOs  >  tempUs, tempOris; la causa della difformità fra i due sistemi (apofonico vs non
apofonico) non è chiara e sembra poter avere a che fare con quelli che,  ex post, sembrano essere sistemi
simili ai campi semantici (parole di certi ambiti si comporteranno più probabilmente in uno dei due modi, di

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per sé entrambi disponibili fra le possibilità della lingua) – ma resta una cosa dibattuta e, dal nostro punto
di vista, di nessun momento; 

5) il gen. temporis viene dal tema *tempos- unito alla desinenza, che è originariamente -es: quindi
*temposes. La -s- intervocalica, pur partendo come s  sorda, è stata rianalizzata in una fase della lingua in
cui a) esisteva già questa tipologia di tema nominale e b) era ancora produttivo il rotacismo, cioè il processo
di dissimilazione fonetica che fa sì che /s/ intervocalica perda il tratto +sordo (cioè [s]) per prendere quello
+sonoro ([z]), e perda infine il tratto +sibilante per prendere quello +rotata (/r/): in altre parole si ha
vocale+[s]+vocale > vocale+[z]+vocale > vocale+/r/+vocale. Nel nostro caso: *tempo[s]es  > *tempo[z]es  >
*tempo/r/es  > temporis. Un linguista le saprà dire, sulla base di testimonianze sincroniche o analogie con
altri fenomeni, in quale di queste fasi sia anche avvenuto lo spostamento del suono vocalico desinenziale
da *-es a -is  che qui per comodità ho indicato per ultimo. 

6) Come il genitivo si comportano poi tutti i casi obliqui e quelli retti del plurale che si costruiscono sempre
su *tempos- + desinenza, nel caso del neutro -a: tempora  < *tempo[z]a  < *tempo[s]a. NB: questo non deve
far credere che per ogni singola forma ci sia stata un'evoluzione indipendente (cioè che ogni singolo caso
della declinazione abbia avuto la sua storia personale di rotacizzazione etc.): si tratta di fenomeni analogici
che si ripetono e si applicano a strascico.

7) il tema *tempes- si trova comunque in altri sostantivi, come tempestas, temperies (< *tempe[z]ies  <


*tempe[s]ies), o anche in una formazione come temperi che è un avverbio ("per tempo, al tempo
(opportuno)") e deriva da un grado nominale -e suffissato al locativo (-i). Per alcuni ciò dimostra che
l'apofonia esisteva in partenza e poi c'è stata un'analogizzazione sul grado o. 

8) l'etimologia di tempus nel senso di "tempo" sembra essere la stessa dell'omofono tempus nel senso di


"tempia", nella misura in cui originariamente la radice *temp- almeno nel Proto-Italico avrebbe significato
"allungare, stendere" e simili, donde tempora per "fronte" nel senso di "pelle stesa" (rughe?),
o templum "tempio" nel senso di "estensione (misurata)". Paralleli in lituano ne farebbero una radice
indoeuropea. Questa radice sarebbe collegata a quella di parole come tendo. Tuttavia un'altra ricostruzione
è che abbia a che fare invece con temno, cf. gr. τέμνω.

Il pentametro del distico elegiaco è sempre diviso in 2 emistichi. Il secondo è fisso metricamente, non
possono esservi sostituzioni. La cesura è sempre pentemimera, cioè dopo il quinto mezzo piede. In Ovidio le
ultime due sillabe del pentametro sono sempre una parola, quindi una parola bisillaba giambica che in
molti casi è in rima al mezzo.

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26/11/2020

Fasti

v.257 circa

Gioco di aprire e chiudere che anticipa il tema dell’aprire e chiudere le porte del tempo di Giano. Iani sono
questi archi che si trovavano intorno a Roma, archi che con ogni probabilità intende arco in quanto
sottende una soglia e la soglia è la giurisdizione di Giano. Stare in latino è estremamente forte da un punto
di vista visivo, essere eretto in un luogo, quindi in questo caso sta parlando di una statua.

Insistenza sui gesti delle sue mani: “e accarezzandosi con le mani la barba allungata fino al
petto…”-> immaginario legato al dio Crono. Personaggio dagli attributi che hanno un correlato
mitico, ma anche personaggio drammatico. Arma sempre nella seconda metà del pentametro
ripresa di Tito Tazio, richiamo a Livio. Qui ci sono però delle cose che non ci sono in Livio: Giano da
dio elegiaco.

Tipica cosa callimachea che Ovidio fa di alludere a tutta una tradizione mitostorica attraverso l’uso
di un aggettivo assolutamente raro. Tazio e i Sabini erano eredi degli spartani secondo una
tradizione. La pretesa e autoconclamata raffinatezza callimachea ha anche come altra base il fatto
che non è l’invenzione che viene premiata ma la versione non ovvia del mito che viene preferita a
quelle “tradizionali”. Bisogna cercare sempre la via non calpestata da altri.

“e raccontò anche di come (interr. diretta) Tarpea, catturata con i bracciali d’oro…”

Scena di Tarpea irretita e corrotta con la promessa di bracciali d’oro (cfr. Livio).

Capta = di solito riferito a città, qui a lei.

Armillis = richiama le armi del verso precedente.

Quando ci sono spiegazioni lunghe su fatti poco rilevanti, c’è da pensare che Ovidio stia mettendo
del suo, che stia reinventando cose note. Per cui sarebbe un aition di queste fonti calde che
avrebbe aperto (poiché lui è il dio delle aperture) aprendo le fonti Giano, le fonti in cui i sabini
stavano per entrare in città, aiutati da Tarpea.

“e aveva già toccato la porta di cui la Saturnia…”

Rappresenta Saturno come un suo ospite, Saturnia è Giunone, quindi sta rappresentando la figlia di
saturno come nemica di Roma nel momento in cui inscena un mito che rifà il mito di troia e riprende la
scena di Enea tormentato dalla Saturnia. Sta rievocando sia Livio che l’Eneide. Contesa con la poesia epica.
Molta più densità qui di quella che un lettore antico troverebbe. Codice metalinguistico molto chiaro.

Giunone di questa porta aveva già tolto i serragli. Nel secondo libro dell’Eneide Giunone mostra a Enea
come stia per fare un danno uccidendo Neottolemo e lo fa desistere.

267. Veritus participio congiunto col soggetto.

Caratterizzazione psicologica dell’elegia in cui l’uomo ha paura della donna.

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“e aprì ora le bocche delle sorgenti, cosa nella quale io sono particolarmente capace. Feci sgorgare corsi
d’acqua che non erano lì prima…”

Pollens = chiudere ora

Ante di solito preposizione, di solito in poesia usato come avverbio

“e quando fu percepita l’utilità dell’umor, a questo luogo fu ridata la sua forma originaria. Mi fu
data/collocata un’ara congiunta a un piccolo tempio e questa vede bruciare sulle sue fiamme il farro
insieme a queste strues (= focacce che venivano date il primo di gennaio a Giano)”.

E questo è il motivo per cui c’è questo Iano, come centro di culto, creato per ringraziarlo per aver bloccato i
sabini. Dio elegiaco che ha appena detto di non combattere con Giunone, con le armi, e ha respinto i nemici
di Roma con acqua calda (perché mista col fuoco), acqua tipica di un caos primordiale. Elemento
metapoetico di un eroe che non combatte ma comunque sconfigge i nemici, è il dio della pace, che
controlla le porte del suo tempio.

Cioè perché stai nascosto nel tuo tempio in pace e lo apri in guerra?

La risposta implica una ripetizione della domanda.

“perché sia aperto il ritorno all’esercito che è partito per la guerra. Apertura delle porte sta a simboleggiare
che le porte aperte invitano al ritorno dei soldati”. Tipo braccia aperte.

“Chiudo le porte in pace perché la pace non possa andarsene da nessuna parte. Resterò chiuso per volontà
di Cesare.”
Grazie a Cesare/Augusto il tempio di giano potrà restare chiuso a lungo perché hanno portato la pace.
Qui stiamo abbandonando Giano che finisce di parlare e portando su gli occhi che guardano zone opposte
(perché ne ha quattro) e vede solo pace.
La pace, se il tempio è chiuso, è dentro il tempio.
Esaltazione a Germanico tramite la celebrazione di un trionfo e che il trionfo sia dei Cesari, non solo suo,
ma loro in quanto dinastia regnante.
“o Giano, rendi eterni la pace e i ministri/Cesari della pace e sii d’aiuto perché l’autore della pace non
abbandoni la propria opera”. Ancora una volta una identificazione tramite un mezzo metapoetico tra le
funzioni dell’autore e le funzioni dell’imperatore.
“quello che mi è stato possibile imparare dagli stessi fasti: in questo giorno gli antichi hanno consacrato due
templi: ricevette il figlio (SOGG) della dea e della ninfa coronide, il fiume (OGG) che circonda con acqua
divisa in due. Ma questo solo luogo ricevette entrambi, Giove e Asclepio
Ma chi vieterebbe a questo punto…”
Ma adesso che passo a un’altra sezione chi mi vieta di mettere qui la celebrazione dell’astronomia che è la
seconda parte di quello che annunciava nel II verso del proemio? Collega l’astronomia al calendario delle
festività che non per forza hanno un significato astronomico ma che sono celebrate da un calendario che
segue una scansione anche astronomica.
“felici spiriti che per primi si posero il problema di studiare le stelle e facendo ciò salgono verso le sedi degli
dèi” -> memoria della gigantomachia dove i giganti mettono montagne su montagne per arrivare agli dèi,
quindi ora riferimento anche a questo:
“è credibile (condivisibile) che quelli abbiano sollevato il capo più in alto rispetto ai vizi e ai luoghi umani
(elevare sia in senso fisico che in senso metaforico)”. Astronomi che si pongono il problema di raggiungere
le stelle anche in senso metaforico.

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“Come riuscirono a sollevarsi dai vizi umani? Venere (la lussuria)e il vino non spezzarono i loro petti sublimi,
né li spezzarono gli impegni del foro né la fatica militare, né una gloria aspersa di porpora né una fame di
grandi ricchezze li motivò”.
Vaga signa: stelle fisse sulla ruota celeste che ruota.

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