3 - L’ITALIA GIOLITTIANA
1.1 - L'ECONOMIA ITALIANA D'INIZIO NOVECENTO
INDUSTRIALIZZAZIONE E CRESCITA ECONOMICA Negli ultimi decenni dell'Ottocento l'Italia conobbe una ra-
pida crescita economica, connessa al decollo industriale e alimentata da una grande spinta demografica
Grazie all'adozione di misure protezionistiche, il capitalismo di Stato diede notevole impulso ad alcuni settori
fondamentali (metallurgico, meccanico, chimico)
Durante la Grande depressione (1873-96), la crescita rallentò e lo Stato rafforzò ulteriormente le tariffe do-
ganali
Il successivo periodo di intenso sviluppo (1896-1907) fu favorito anche dalla fine della crisi agraria
Dopo una nuova crisi economica (1907) che colpì tutta l 'Europa, si avviò una consistente ripresa che durò
fino al 1913
LA STABILITÀ DELLA VALUTA ITALIANA La crescita economica fu favorita anche dal clima di fiducia derivante
dalla stabilità finanziaria dello Stato italiano: alla metà del primo decennio del Novecento, la lira era ormai
accettata sui mercati internazionali come una delle valute più forti
SVILUPPO INDUSTRIALE IN UN PAESE AGRICOLO L'industrializzazione in Italia giunse in ritardo rispetto agli
altri Paesi europei. Anche se l 'aiuto delle banche consentì la nascita di nuovi gruppi industriali (Breda, Oli-
vetti, Fiat, Alfa Romeo, Edison, Pirelli ecc.), l'Italia restò fondamentalmente un Paese agricolo
UNO SVILUPPO SBILANCIATO Il disarmonico sviluppo industriale italiano accentuò il divario tra il Nord e il
Sud del Paese (e anche al Nord si concentrò nel «triangolo industriale» formato da Torino, Milano e Genova).
L'economia meridionale fu pesantemente penalizzata e il fenomeno dell'emigrazione, provocato dalla disoc-
cupazione, raggiunse i livelli più alti (8 milioni di emigrati nel periodo 1900-14). Indice di arretratezza era
anche l'analfabetismo (al 37% nel 1911).
1.2 - IL QUADRO POLITICO ITALIANO
LE LOTTE SOCIALI DI FINE OTTOCENTO Il discontinuo sviluppo economico italiano non riuscì a garantire una
maggiore equità sociale o un diffuso benessere. Profonde tensioni sociali contrapponevano al Nord i grandi
imprenditori alla classe operaia e al Sud i proprietari terrieri ai braccianti. Questa situazione si inserì in un
quadro di confusione istituzionale e di violento scontro tra forze conservatrici e progressiste che culminarono
nell'assassinio del re Umberto I (1900)
L'ETÀ GIOLITTIANA (1903-14) Vittorio Emanuele III (1869-1947), consapevole della necessità di cambiare
corso alla politica italiana, affidò la presidenza del Consiglio al liberale Giuseppe Zanardelli (1826-1903), che
conferì a Giovanni Giolitti (1842-1928) - deputato della Sinistra storica - l'incarico al ministero dell'Interno,
una posizione chiave per gestire conflitti sociali e ordine pubblico
Nel novembre 1903, a Zanardelli subentrò proprio Giolitti, a capo del governo italiano più volte e quasi inin-
terrottamente tra il 1903 e il 1914, tanto che questo periodo è ricordato come «età giolittiana»
BASE DEL CONSENSO E PRAGMATISMO Giolitti seppe conciliare aspettative, ambizioni e timori di borghesia,
proletariato, socialisti e cattolici, tentando di allargare la base del consenso popolare allo Stato liberale. Più
che basarsi su un programma, Giolitti guidò una politica spregiudicata e pragmatica, cercando in Parlamento
appoggi a destra o a sinistra, secondo opportunità politiche, e per questo fu accusato di « trasformismo» e
di clientelismo