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Guida pratica

per diventare
se stessi

— Inizia in questo istante,


solo così puoi ottenere il meglio da te
Centodieci, un progetto di Mediolanum Corporate
University, lega insieme decine di eventi che si ten-
gono sul territorio e un magazine online di cultu-
ra del pensiero e del confronto, un laboratorio di
riflessione multidisciplinare aperto a tutti, perché
siamo convinti che oggi più che mai la cultura sia
condivisione.
Centodieci.it ospita idee e offre strumenti per l’evo-
luzione personale e professionale ogni giorno.

E-book pubblicato nel giugno 2018


Copyright © 2018 Banca Mediolanum S.p.A
Indice

1. Riconosci i tuoi limiti

Franco Bolelli
8 La creatività è un campo di battaglia:
gioca con te stesso

Massimo Temporelli
11 Fatti un regalo, realizza ciò che sei

Giulia Blasi
15 Non rimandare nulla a domani

2. Combatti le tue paure

Claudio Gagliardini
21 Se non ti metti in gioco perché hai paura di perdere,
hai già perso

Giovanni Lucarelli
26 Il fallimento non è un mostro da cui nascondersi,
è qualcosa che è successo da cui imparare

Carolina Traverso
30 Non aver paura di combattere le tue paure
3. Scegli te stesso

Luciano Canova
37 Accetta l'incertezza: mettici la faccia,
corri dei rischi e cambia le regole del gioco

Giulia Blasi
42 Non stai salvando vite umane:
prenditi meno sul serio ed evita lo stress

Lorenzo Fantoni
45 Ogni no che pronunci è un regalo che fai a te stesso

4. Valorizza la tua unicità

Davide Zane
51 Il segreto del successo non esiste:
impegnati e ce la farai

Micaela Terzi
55 Scopri ed esalta il tuo multipotenziale

Lorenzo Cavalieri
59 Trasforma le tue passioni in un lavoro e non avrai rivali

5. Mettiti alla prova

Luca D’elia
64 Tira fuori il tuo coraggio da eroe

Luciano Canova
69 Datti da fare e costruisci il tuo capolavoro

Lorenzo Paoli
75 Smetti di pianificare, comincia a fare
6. Cambia

Oscar Di Montigny
81 Parti da te stesso per rendere il mondo
un posto migliore

Anna Fata
84 Liberati della negatività per tirare fuori il te migliore

Silvio Gulizia
88 Sfrutta il meccanismo delle abitudini
per diventare migliore

7. Diventa ciò che sei

Matteo Plevano
94 Ascolta te stesso e libera la tua energia

Gian Luca Bianco


98 Allenati ogni giorno e raggiungi i tuoi obiettivi

Lorenzo Fantoni
102 Libera la creatività e diventa ciò che sei
È giunto il tempo di farlo

«Non c’è nulla di più potente di un’idea di cui sia


giunto il tempo» diceva lo scrittore Victor Hugo. E
non si può che dargli ragione: esistono dei momen-
ti, delle possibili congiunture quasi esistenziali in
cui comincia a formarsi un’idea nella nostra mente.
All’inizio si tratta, di solito, più di una sensazione;
un insieme di sentimenti ancora poco a fuoco che
potrebbero essere di disagio o insoddisfazione e
potrebbero collimare con il desiderio di rinnovar-
si, di gettare la vecchia pelle. Percepire tutto questo
è sufficiente. Quando la volontà di cambiare bussa
alla nostra porta, abbiamo già (spesso inconsape-
volmente) intrapreso un processo di evoluzione.
Quel che accade subito dopo è presto detto: vediamo
una strada all’orizzonte, valutiamo se è percorribile
o meno e in molti casi ci mettiamo in marcia ver-
so un punto che ancora non vediamo nitidamente.
Sappiamo che dobbiamo andare perché sentiamo il
vento in poppa, quasi una spinta propulsiva istinti-
va che ci spinge ad andare avanti verso la meta: noi
stessi. O meglio, la persona che scopriamo essere
perfettamente in nostro potere diventare. Questo
ebook è dunque dedicato a chiunque abbia deciso
di procedere o si sia trovato a procedere verso una
dimensione di completezza umana e professionale
perché – di nuovo, come dice Victor Hugo – era il
giunto il tempo di farlo.
Riconosci i tuoi limiti

— Supera te stesso e supererai il  mondo


Sant’Agostino, filosofo
Franco Bolelli — La creatività
è un campo di battaglia:
gioca con te stesso

Ci sono nato, “creativo”. Non tornerei mai indietro.


Volevo scrivere e fare libri: missione compiuta.
Volevo fare – ed entrare in contatto con chi fa –
idee, progetti, visioni: missione compiuta.
Volevo muovermi liberamente, senza vincoli, sen-
za limiti: missione compiuta.

Bello? No, fantastico: basta sapere che i prezzi da


pagare sono proporzionali al privilegio che ti ritrovi.
Basta sapere che essere “creativo” è un dono, ma
anche un lavoro molto duro.
Basta sapere che più un talento ti sgorga dalla
punta delle dita, più hai grandi responsabilità.
Basta sapere che più sei davvero “creativo”, più
devi tenerti alla larga – neanche il minimo contat-
to – dalla retorica della creatività.

Se c’è una cosa che mi fa detestare tanti “creativi”


– uso le virgolette perché la parola è tanto bellis-
sima quanto malamente abusata – è proprio una

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certa aura di anticonformismo ostentato, di biz-
zarria a ogni costo, di autocompiaciuta devianza.
No, accidenti: gli anticonformisti e gli stravaganti
sono noiosi quanto – se non di più – i conformisti
e i “normali”.
Chi pensa che il talento creativo sia una sorta di la-
sciapassare per saltare la fila ed ergersi al di sopra
degli altri umani “non creativi” si macchia del peggio-
re dei torti verso la creatività.
Perché essere creativi non riguarda semplicemen-
te l’arte, la musica, il cinema, la scrittura, il design,
la comunicazione e tutte le altre cose affini: essere
creativi riguarda l’esistenza intera, la propria atti-
tudine, la propria relazione con il mondo.

Per essere creativi nel senso più pieno non è ne-


cessario saper creare opere: a essere pienamente
creativo è innanzitutto chi cresce ottimi figli, chi
sa costruire e reinventare relazioni sentimentali,
chi mette intensità e slanci e inventiva in tutta quan-
ta la propria vita.
Avete presente il proverbiale simbolo del Tao?
Ecco, anche nell’affascinante campo bianco dell’e-
sistenza creativa ci sono gocce nere. Ho sentito
dire tante volte che il creativo è quello che viene pa-
gato per fare cose che farebbe anche gratis: è così,
certo, perché –se lasciamo da parte i wannabe in
cerca delle gratificazioni sociali di cui godono i
“creativi”- a spingerti è una passione bruciante, è
la voglia irresistibile di mettere al mondo qual-

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cosa di profondamente tuo. Solo che ogni tanto
– tutt’altro che infrequente – succede che qualcu-
no prende così sul serio il fatto che quello che ti
appassiona tu lo faresti anche gratis, che proprio
non ti paga (o ti paga pochissimo e tardissimo).
Se nonostante questo la vita del freelance creativo
continua ad attrarti, sappi anche però che questo
non è un lavoro da cui avrai mai tempo libero: i pro-
getti, le idee, le cose che vuoi creare, non li puoi
mai chiudere fuori dalla porta alla sera, non li lasci
a casa mentre tu vai in vacanza. Sono parte di te,
nel bene e nel male.

La creatività non è una gabbia dorata: è un cam-


po di gioco e al tempo stesso un campo di battaglia.
Conosco tanti meravigliosi e famosi architetti,
scrittori, comunicatori, designer, e così via: ognu-
no di loro percepisce quello che fa come una gioia
incommensurabile e insieme come un impegno
duro. Ecco, è proprio per questo, per questa ine-
stricabile combinazione fra grandi visioni e roc-
ciosa responsabilità, che i “creativi” – lasciateme-
lo dire meglio: chi fa, costruisce, inventa, mette
al mondo qualcosa che prima non c’era o miglio-
ra quello che c’era già, chi sta sulla frontiera per
espanderla – sono il vero, grande prototipo evoluti-
vo, il modello di un rapporto con la vita che an-
che chi non è e non si considera creativo in senso
stretto dovrebbe adottare.

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Massimo Temporelli — Fatti un regalo,
realizza ciò che sei

Inizio con un’autodichiarazione di ignoranza: la


parola assertività è una parola che non ho mai usa-
to nella vita e che scopro e approfondisco, in que-
sti giorni, mentre preparo e scrivo questo artico-
lo. Qualcuno ha detto che se non nomini una cosa
quella cosa è come se non esistesse. Se fosse vero
questo concetto mi chiedo come ho fatto a vivere
fino a quasi quarantacinque anni senza usare la
parola assertività e tutto le sue declinazioni, una
parola e un concetto che trovo indispensabile per vi-
vere un esistenza vitale in tutti i campi della vita,
professionale, sentimentale e pubblica.

Per giustificare parzialmente la mia ignoranza dob-


biamo subito dire che la parola assertività è relati-
vamente giovane, Goethe e Dante (e probabilmente
anche Italo Calvino e Borges, che sono i miei scrit-
tori preferiti) non l’hanno mai usata, infatti questa
parola e il conseguente approccio alla vita è stato
delineato per la prima volta solo nell’immediato se-

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condo dopo guerra, per poi diventare popolare solo a
partire dagli anni Settanta del secolo scorso. E dun-
que, come un bambino che scopre un gioco nuovo,
qui, con voi, andrò a scoprire questa parola e a com-
mentare e sottolineare la sua straordinaria potenza.
La parola assertività deriva dal latino “asserere”
che significa “asserire”, o asserzione (o anche af-
fermazione di sé), questa parola riferisce a una ca-
ratteristica del comportamento umano che consi-
ste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed
efficace le proprie emozioni e opinioni senza tut-
tavia offendere né aggredire l’interlocutore.
Banalizzando il comportamento umano, facen-
do finta che non esistano centomila sfumature di
personalità e diecimila eccezioni e casi particolari,
proviamo a dire che fondamentalmente esistono
due atteggiamenti nell’approccio alla vita e all’altro:

1. L’approccio aggressivo:
è tipico delle personalità egocentriche e arroganti.
Tipicamente chi ha questo approccio, nelle discus-
sioni non sente ragioni, vuole avere il comando e
il pieno controllo della situazione e tende sempre
a sopraffare gli altri, calpestandoli con la propria
apparente superiorità.

2. L’approccio passivo:
la personalità passiva è debole e tende a farsi sot-
tomettere. Tipicamente chi ha questo approccio,
nelle discussioni, non riesce ad esprimerle pro-

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prie idee con fermezza, perché teme il giudizio al-
trui. Spesso, piuttosto che esporsi, preferisce ri-
manere in silenzio e subire gli eventi.

Tra queste due posizioni inquietanti, ci si infi-


la (per fortuna) una terza posizione. Attenzione
però, quello che mi sembra di poter dire è che più
che una posizione mediana, che non convince-
rebbe, l’assertività è come se mescolasse e amalga-
masse in modo virtuoso le due posizioni contrappo-
ste, una specie di Yin e Yang del comportamento.
Infatti, l’assertività prende in prestito dal primo
atteggiamento la sicurezza delle proprie opinioni
e la volontà di governare la propria esistenza (l’au-
todeterminazione è fondamentale come scrissi in
un articolo qui su Centodieci) ma, allo stesso tem-
po, veicolando un po’ di fragilità e di insicurezza,
tipiche della seconda posizione, porta il soggetto
assertivo a tendere la mano all’altro, a mettere in
discussione le proprie idee e, nel caso, a ricombi-
narle con quelle degli altri, arricchendole conti-
nuamente.

Chi è assertivo non è aggressivo, pur volendo essere


protagonista della sua vita e del suo destino, non
ha bisogno di far cambiare le idee agli altri, gode
nell’incontrare visioni diverse del mondo, perché
queste visioni rafforzano e/o arricchiscono il pro-
prio universo di idee.
Chi, nello sport, cerca, rispetta e si esalta quando

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gioca con l’avversario più forte, crescendo e stimo-
lando la propria performance; chi, nel mercato,
cerca, rispetta e gareggia legalmente con i propri
competitor per superarli, per vendere più di loro e
per migliorare i propri prodotti e i servizi; chi, da
professionista, gode nel lavorare con il collega più
bravo e apprezzato, per imparare e discutere con
lui del proprio lavoro e delle proprie competenze,
ecco, chi fa tutto questo è un assertivo. E le per-
sone dotate di questa attitudine, di solito, oltre
a vivere una vita gratificante e ricca, migliorano
anche il mondo che li circonda. Ecco perché sono
felice di aver scoperto questa parola, di iniziare a
usarla e di averla come riferimento per una nuova
visione del mondo.

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Giulia Blasi — Non rimandare nulla
a domani

Prima di scrivere questo articolo, ho procrastina-


to per circa un’ora controllando Facebook, la for-
ma-base di procrastinazione e uno dei più effica-
ci mangiatempo esistenti nella nostra giornata. I
social media, e Facebook in particolare, hanno la
capacità di curvare lo spazio-tempo, per cui quelli
che sembravano cinque innocenti minuti di eva-
sione erano due ore di conteggio compulsivo dei
like sul tuo ultimo post.

Uno dei problemi principali per un freelance (e


solo in misura minore per chi lavora in un ufficio)
è la gestione del tempo. Ogni minuto ha un costo,
e ogni minuto impiegato male è buttato; d’altro
canto, è anche vero che chi svolge una professione
intellettuale ha bisogno di decomprimere, di tan-
to in tanto. Il problema è che più spesso che no la
decompressione non è produttiva, ma viene svol-
ta nello stesso ambiente in cui si lavora, ovvero lo
schermo del computer.

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Intendiamoci: si può procrastinare in molti modi –
chi lavora da casa può decidere che il bagno aveva
bisogno di una pulizia radicale proprio oggi, ma c’è
anche chi fa dolci o guarda serie sul tablet – ma il
risultato è sempre quello: il lavoro non viene svolto
con tempi adeguati, viene consegnato in ritardo o
in tempo ma fatto in maniera approssimativa.

Smettere di procrastinare è come smette di fuma-


re: difficile, ma possibile.

Comincia presto
Sembra lo slogan di una pubblicità anni ’70 con
protagonista una tale Luisa che cominciava presto,
finiva presto e non puliva il water, ma se ti alzi con
calma, fai colazione con ancora più calma e attac-
chi alle dieci, hai solo tre ore buone prima del calo
di zuccheri e di concentrazione che ti obbliga a fare
una pausa. Per non procrastinare, o procrastinare
meno, vai a letto presto e alzati presto, come se an-
dassi in ufficio.

Se puoi, lavora fuori casa.


L’ideale è prendersi uno spazio in un co-working,
ma se non ricevi molte telefonate anche una bi-
blioteca va bene, oppure – quando c’è bel tempo
– una panchina al parco. I più gaudenti individua-
no un baretto sulla spiaggia e vi si trasferiscono: il
mare e l’aria aperta, anziché distrarre, aiutano la
concentrazione. Il punto è non stare in casa, cosa

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che oltre a inquinare di vibrazioni lavorative lo
spazio in cui si vive, dà anche l’impressione di ave-
re più tempo per fare le cose. Stare fuori casa di-
minuisce le distrazioni, aiuta a rimanere concen-
trati e aumenta il valore del tempo: prima finisci,
prima puoi tornare a casa a fare binge-watching di
Orange Is the New Black.
Questo articolo, per esempio, lo sto scrivendo in
treno. È un ambiente di lavoro che in alcune occa-
sioni può rivelarsi molto produttivo, e sicuramente
aiuta a focalizzare.

Chiudi Facebook. E Twitter. E togli le notifiche di In-


stagram.
Sembra banale, ma per concentrarsi su un compi-
to bisogna isolarsi. A meno che il lavoro non com-
porti l’utilizzo dei social media, spegnili per un po’.
Basta anche minimizzare la finestra per non ve-
dere le notifiche comparire sullo schermo, ma se
si lavora su una scheda del browser (per esempio:
per scrivere usando WordPress o altre interfacce
di CMS) prova a usarne uno diverso da quello dove
tieni aperte le tab di Facebook e Twitter, oppure
chiudile. Per chi scrive: abbi coraggio e metti il fo-
glio Word o Pages in modalità “A tutto schermo”.
Escludi le distrazioni.

Crea una lista per punti di cose che devi fare.


Questo non aiuta solo la memoria – perché chi deve
fare molte cose finisce per dimenticarsene qual-

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cuna – ma anche anche a visualizzare i compiti da
svolgere e stabilire una lista di priorità. A meno
che tu non debba tenerne traccia sul lungo periodo,
non perdere tempo con applicazioni o fogli elettro-
nici e to-do list: la cara vecchia carta su foglio va
benissimo. Man mano che procedi, cancella il pun-
to completato dalla lista. Questo libera un sacco di
endorfine, è motivante e aiuta a darsi il passo du-
rante la giornata.
La mia raccomandazione personale: fai prima tutte
le cose che richiedono poco tempo e sforzo, e toglile
dalla lista. Questo ti aiuta a non trascinartele per
giorni e anche a sentirti un po’ meno angosciato ri-
guardo a quelle grandi e impegnative.

Impara a contingentare il tuo tempo.


Puoi anche lavorare ogni giorno fino a mezzanotte,
certo, ma la vita dov’è? Darsi dei limiti – lavorare
un massimo di otto-nove ore al giorno, se possibile
meno, e mai nei fine settimana salvo emergenze o
impegni eccezionali: questo è il mio – è essenziale
anche per evitare di perdere troppo tempo. Se sai
che alle sette stacchi, sei meno tentato di prenderti
un’ora per giocare a Piante contro Zombie.
Se perdi facilmente la cognizione del tempo e hai
cali d’attenzione, prova la Pomodoro Technique, un
modo semplice ma efficace per obbligarti a proce-
dere a tappe forzate.

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Prendi delle pause.
Sembra contro-intuitivo, ma se ti fermi lavori me-
glio. Alzati almeno ogni ora, guarda fuori dalla fi-
nestra, prendi aria, fai una telefonata (se non eri al
telefono da ore). Se puoi, fai una passeggiata, anche
solo intorno all’isolato. Vai a pranzo con un amico o
un collega, stacca, non parlare di lavoro. Quello che
ti sembra tempo perso verrà riguadagnato con una
maggiore concentrazione e produttività quando ri-
prenderai a lavorare.

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Combatti le tue paure

— La vita si restringe o si espande in proporzione


al nostro coraggio.
Anais Nin, scrittrice

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Claudio Gagliardini — Se non ti metti
in gioco perché hai paura di perdere,
hai già perso

In altre società, altre culture ed economie fallire


non è considerato un dramma e raramente porta con
sé conseguenze catastrofiche, come invece spesso
succede qui da noi, in Italia. Per noi, infatti, “fallire
è un po’ come morire”, tanto che anche quando que-
sto avviene senza portare con sé pesanti strascichi
di tipo economico legale, si fa di tutto per insabbia-
re il più possibile la cosa e per far sparire qualsiasi
riferimento a questo disonore, che si tratti di un
evento andato male o di una qualsiasi iniziativa o
attività che non è andata nel verso giusto.

Ovviamente quando di mezzo c’è un’impresa, dei


dipendenti, dei fornitori e dei debiti cui far fron-
te non è per niente semplice mettere tutto sotto
traccia, ma la verità è che questo è, in ogni caso,
l’atteggiamento più sbagliato che si possa tenere.
No, il fallimento non è il peggiore degli incubi, ma una
delle infinite possibilità che ci troviamo davanti,
ogni volta che facciamo qualcosa. “Chi non fa non

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falla”, recita un vecchio adagio, ma il problema è
che non esistono soltanto le opzioni più estreme,
fallimento e successo, ma moltissime altre grada-
zioni e tinte, cui il nostro atteggiamento radicale
non riesce a dare senso e dignità.

Non c’è solo farcela o soccombere, nella vita come


nel lavoro. Un Paese di tifosi come il nostro, tutta-
via, riesce a gestire solamente due sole condizioni:
vittoria e sconfitta, bene o male, positivo o negativo.
“Hai fallito, non vali nulla” sembra l’unico punto di
vista possibile, ma questa impostazione nasconde
un’incapacità cronica di valutare le cose per quello
che sono e per quello che portano con sé, oltre che
per le loro conseguenze.

Senza entrare in controverse questioni di tipo psi-


co-sociologiche, appare di tutta evidenza che, in
questo come in molti altre questioni, ci sono no-
tevoli distorsioni e falle nell’analisi del nesso cau-
sa-effetto che determina qualsiasi aspetto delle
nostre esistenze. Quando ci si trova di fronte a un
fallimento di qualsiasi genere, infatti, la sola cosa
che si dovrebbe fare è un’analisi oggettiva delle sue
cause; una lucida disamina che sappia mettere in
evidenza le motivazioni, gli effetti e le conseguen-
ze, invece che limitarsi a puntare il dito contro il
presunto artefice dell’insuccesso. Quel dito, nella
maggior parte dei casi, è puntato contro l’impren-
ditore di turno, che da quel momento in avanti

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sarà additato come un fallito e difficilmente tro-
verà nuove opportunità e occasioni. A meno che
il suo fallimento non sia parte, come talvolta pur-
troppo accade, di una disinvolta strategia di spe-
culazione, ovviamente.

Soffermiamoci però sul nesso causa-effetto. Nello


scenario attuale chi decide di mettere in piedi un
progetto o di lanciare una nuova attività ha sola-
mente due scelte:

1. cercare di farcela con qualcosa che già esiste, con


altissime probabilità di fallire, a meno che non
abbia davvero la capacità di mettere in campo un
plusvalore altissimo;

2. lanciare qualcosa che ancora non esiste, un pro-


getto completamente nuovo che dovrà lottare in
modo furibondo, per farsi conoscere e apprezzare
e per imporsi, correndo grandi rischi e… con altis-
sime probabilità di fallire.

Ovviamente nel mezzo ci sono infinite altre sfu-


mature, ma di base fare impresa nel nostro tem-
po significa sostanzialmente questo: assumersi un
grande rischio e correrlo con coraggio e determina-
zione. Sia chiaro, questo non giustifica nessuno e
non alleggerisce le responsabilità di un imprendi-
tore, in caso di fallimento, ma se non ci poniamo
nella prospettiva giusta saremo sempre e soltanto

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i censori di noi stessi o degli altri, pronti a puntare
il dito e a mettere all’indice le persone, i loro sogni
e il loro coraggio.

Coraggio, passione, ambizioni e voglia di fare che


vengono sempre e comunque compensate, quan-
do si getta il cuore oltre l’ostacolo e si affronta il ri-
schio. Anche in caso di fallimento. Senza uno o più
fallimenti alle spalle, la maggior parte di quelli che
oggi indichiamo come imprenditori di successo
non sarebbero andati lontano e non avrebbero pro-
babilmente fatto le grandi cose che noi conoscia-
mo, perché fallire significa anche guardare avanti
con una consapevolezza nuova.

Pensate ai gatti, ad esempio. Per loro non esisto-


no mobili impossibili da scalare o salti impossibili
da spiccare, ma prima di arrivare in vetta ad una
libreria o di saltare da un muro all’altro possono
schiantarsi più e più volte, cadendo sempre in pie-
di ma non per questo senza rischi e senza la paura
di farsi male. I gatti cadono, sbattono la pancia e
il muso, ma ogni volta si rialzano e a quel punto
sanno per certa una cosa fondamentale: per farce-
la ce ne voleva di più e quel di più da qualche parte
deve sicuramente esserci, perché il fallito non è chi
sbaglia e sbatte il muso, ma chi dopo aver sbattuto
il muso non si rialza e non ci riprova con maggior
convinzione.

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Fallire è dunque il prerequisito fondamentale del
successo? Probabilmente no, ma ben pochi succes-
si sono stati realizzati in modo lineare e senza nes-
sun intoppo, piccolo o grande che fosse, fallimento
compreso. Fallire significa sostanzialmente impa-
rare sulla propria pelle quanto sia possibile anda-
re a fondo prima di sprofondare definitivamente,
incagliandosi sul fondale come un sottomarino in
avaria, destinato a rimanere lì per sempre. Con un
grande vantaggio, però: in quasi tutti i casi da quel
sottomarino si può uscire e tornare in superficie,
per rielaborare questa esperienza drammatica alla
luce del sole e tornare ad immergersi poi con una
consapevolezza nuova e con una grande esperienza,
che chi non ha mai fallito non può avere. Il nemi-
co non è dunque il fallimento, ma la paura di falli-
re, che ci spinge a volare troppo basso e a tenere
stretto in mano il cordino del paracadute, invece
che governare l’aereo e spremere il massimo del-
le sue prestazioni, volando più in alto degli altri
e guardando le cose con una visione d’insieme,
piuttosto che con la lente d’ingrandimento.

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Giovanni Lucarelli — Il fallimento
non è un mostro da cui nascondersi,
è qualcosa che è successo
da cui imparare

Fallire non piace a nessuno, siamo sinceri. A tutti, in-


vece, piace vivere una vita (personale e professio-
nale) ricca di stimoli, di soddisfazioni e di... idee
creative.

Se scegliamo di innovare, però, non esiste una mappa


“dettagliata” e il rischio di fare qualche “passo falso”
aumenta. Ma questo non è sempre un male, anzi.

Frank e Dan Carney, nel 1958, gestivano una picco-


la pizzeria per pagarsi gli studi universitari. Dopo
circa vent’anni, hanno venduto Pizza Hut, una ca-
tena con oltre 3.000 punti vendita, per 300 milioni
di dollari. “La lezione più importante che ho appre-
so – afferma Frank – è che devi imparare a perdere.
Ho avviato quasi 50 attività imprenditoriali e solo 15
hanno funzionato. Mi sono accorto che non impari
quando stai vincendo, ma quando, dopo una sconfit-
ta, sei capace di reagire e ripartire di nuovo.”

Guida pratica per diventare se stessi 26


Trasforma un insuccesso in un’opportunità creativa

Nel 1968 Spencer Silver, ricercatore alla 3M, sta rea-


lizzando una nuova colla, forte e resistente. Nel pre-
parare la formula, però, sbaglia le dosi ed ottiene
un adesivo molto debole, che si stacca facilmente.
Il progetto viene considerato inutile ed archiviato.

Arthur Fry, collega di Silver, canta nel coro della


North Presbiterian Church e ha un problema: i
segnalibri che mette tra gli spartiti cadono sem-
pre. Nel 1974 gli viene l’idea (durante una predica
noiosa) di applicare sui foglietti l’adesivo blando
ideato da Silver. Questi foglietti “riposizionabili” si
rivelano molto utili e, dopo qualche titubanza, la
3M mette in produzione i “Press and Peel Notes”,
che nel 1980 diventeranno i Post-it® Notes.

Quando facciamo un passo falso (perdiamo un


cliente importante, un progetto non va a buon
fine, ecc.), domandiamoci:

– “Che cosa posso imparare da questo ‘insuccesso’?”

– “In questa situazione negativa, posso cogliere


qualche opportunità interessante?”

Guida pratica per diventare se stessi 27


Pensa in grande, fallisci in piccolo

Scott Anthony, A.D. di Innosight, incoraggia i suoi


collaboratori a fare degli “intelligent failures”.

“I fallimenti intelligenti, che avvengono in modo velo-


ce e a basso costo, portano spesso a nuove intuizioni
riguardo i prodotti o i clienti. Dovrebbero essere non
solo tollerati ma anche incoraggiati”, sostiene An-
tony. “Capire come gestire questo processo (di falli-
mento e apprendimento fast e low cost) che porta al
successo è una delle cose più importanti che le azien-
de devono imparare.”

Come riconoscere questi “fallimenti intelligenti”?


Amy Edmondson, nel suo articolo sull’Harvard
Business Review “Strategies for Learning from
Failure”, descrive tre tipi di errori: “quelli evitabi-
li nelle attività prevedibili, che di solito riguardano
deviazioni dalle disposizioni; quelli inevitabili nei
sistemi complessi, che possono derivare da combi-
nazioni uniche di bisogni, persone e problemi, e, in-
fine, quelli intelligenti alla frontiera, dove fallimenti
“buoni” si verificano rapidamente e su una piccola
scala, fornendo le informazioni più preziose”.

Domandiamoci:

– “Quali informazioni utili posso ‘dedurre’ da questo


insuccesso?”

Guida pratica per diventare se stessi 28


– “Quali esperimenti ‘fast and low cost’ posso fare
nel mio contesto professionale”?

Attraversa il fallimento (e vai oltre)

“Falliremo. Spesso e volentieri, e in maniera brutale” –


afferma Daniel Cook, Chief Creative Officer di Spry
Fox, azienda di videogame di Seattle – “ma sopravvi-
vremo ogni volta. Abbiamo pianificato di sopravvivere
ogni volta. È nel nostro DNA e nella nostra visione.”

La Nasa, all’inizio degli anni ’50, chiede ai suoi for-


nitori di inventare un idrorepellente (Water Displa-
cement) per proteggere dalla corrosione i contatti
elettrici dei razzi.
Norm Larsen, fondatore della Rocket Chemical
Company, sperimenta diverse formule: ad ogni fal-
limento annota, con costanza, ciò che funziona e
ciò che va cambiato. Dopo 39 esperimenti-fallimen-
ti, nel 1953, individua la formula ideale e chiama il
prodotto WD-40. Il suo olio lubrificante diventa,
molto velocemente, un prodotto di successo.

Credo avesse ragione Winston Churchill quando


ammoniva che il successo è “l’abilità di passare da
un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo”.

Guida pratica per diventare se stessi 29


Carolina Traverso — Non aver paura
di combattere le tue paure

A volte è un pensiero passeggero accompagnato da


una lieve contrazione nel corpo. Altre, una nube pe-
sante e nera, fitta di immagini che ci impediscono di
prendere sonno. Altre ancora, è un insieme di sen-
sazioni fisiche così intense che quasi ci sembra di
morire, e non a caso alcuni di noi si precipitano al
pronto soccorso a chiedere rassicurazioni. Sto par-
lando della paura, la reazione naturale di ogni essere
umano di fronte a una minaccia vera o percepita. O
chiamatela, se volete, ansia, preoccupazione, panico,
stress o come diavolo vi pare. Fatto sta che ci riguar-
da tutti, anche quelli più coraggiosi fra noi, e proprio
per questo oggi ve ne voglio parlare, condividendo
con voi un paio di riflessioni e suggerimenti che
spero possano aiutarvi non solo a conquistarla, ma a
usarla come motore per diventare persone migliori.

La paura fa parte delle nostre vite

Che sia la paura di parlare in pubblico, l’ansia da

Guida pratica per diventare se stessi 30


performance, il timore di non essere amati o la
fobia dell’aereo, sappiate una cosa: non esiste una
vita senza paura, né soluzioni facili per liberarve-
ne. Potete bere, drogarvi, fare sesso a più non pos-
so, comprare oggetti meravigliosi o lavorare come
matti. E forse, per un po’, non la sentirete. Ma poi,
quando meno ve lo aspettate, la paura tornerà a
farvi visita. Sta a voi decidere: se continuare a fug-
gire attraverso scelte che, nel tempo, rischiano di
farvi sentire sempre più deboli, oppure affrontarla.

Con le vostre paure, siate più simili a Trudeau che a


Trump

Così come Donald Trump con il Messico, di fronte


alle nostre paure potremmo avere una gran voglia
di erigere muri. Seguite, piuttosto, l’esempio di Ju-
stin Trudeau. Date loro il benvenuto un po’ come il
primo ministro canadese ha fatto con tutti i rifu-
giati, sapendo che accoglierle vi renderà, nel tem-
po, più forti. In altre parole, prendete atto che la
paura c’è, e diventate curiosi. Stilate un elenco del-
le vostre paure giornaliere e iniziate a conoscer-
le. Che cosa sentite nel corpo quando avete pau-
ra? Dove lo sentite? Sono sensazioni che restano
sempre uguali, oppure cambiano? Invece di giudi-
carle e affannarvi a liberarvene, fate amicizia con
le accelerazioni del battito cardiaco, il sudore alle
mani, gli aggrovigliamenti della pancia, e con tut-
ti gli altri segnali che la paura è con voi. E se una

Guida pratica per diventare se stessi 31


vocina vi dicesse che questa è follia, che non dove-
te assolutamente farlo, ricordatevi che non esiste
nulla di più spaventoso di ciò che evitiamo.

Siate gentili con voi stessi

Se siete di quelli che si rimproverano per le proprie


ansie e paure, fatevi un enorme favore: smettete-
la. Avere paura è umano. Ripetete vi prego: avere
paura è umano. Poi, a seconda di come vi relazio-
nate con la paura, potete diventare dei vigliacchi
così come dei supereroi. Diciamo che se volete
avere un cuore aperto – sapevate che la parola co-
raggio deriva dal latino coraticum, che deriva da
cor, che significa cuore?- il primo passo è calmare
la mente. E se vi giudicate troppo severamente, la
mente si riempie di pensieri inutili. Ricordatevi
piuttosto di tutte le vostre qualità. Fatene un elen-
co, oppure chiedete a qualcuno che vi vuole bene.

L’impazienza è il vostro più grande nemico

Come psicoterapeuta e insegnante di mindful-


ness, lo vedo accadere spesso: soffriamo inutil-
mente non solo quando siamo troppo duri con noi
stessi ma anche, e forse proprio per questo, perché
siamo impazienti. Ci aspettiamo di conquistare la
paura in un minuto, un giorno, una settimana, un
mese. In ogni caso, nel tempo che ha stabilito il
nostro critico interiore. Badate bene: potremmo

Guida pratica per diventare se stessi 32


anche superare una paura in un momento stra-
ordinario ed epifanico, ma non possiamo deci-
dere a priori quando arriverà. Se state lavorando
sulle vostre paure, o con qualsiasi altra emozione
difficile valorizzate il percorso che state facendo,
indipendentemente dal risultato finale che avete
in mente. Vi aiuterà ad acquisire consapevolezze
durature, invece che fugaci vittorie che vi rendono
ancora più ansiosi.

Non si tratta di respingere, ma di lasciare andare

Una volta che avete dato il benvenuto alla paura,


lasciatela andare. Lasciare andare non ha nulla a
che vedere con il respingere, ma deriva natural-
mente dalla scelta di spostare l’attenzione da un
oggetto a un altro. Quando sentite che è possibile
lasciare andare i pensieri legati alla paura, sem-
plicemente fatelo. Se state meditando, tornate a
sentire le sensazioni del respiro. Se siete nel resto
della vostra esistenza, dedicate la vostra energia
a ciò che conta davvero per voi in quel momento.
Nei casi di paura intensa, vi troverete dopo poco
ancora impigliati nelle maglie dei suoi pensieri.
Non innervositevi, fate di nuovo amicizia con la
sua presenza (tornate al punto 2) e, quando sentite
che ha allentato un po’ la morsa, lasciate di nuovo
andare. Coltivare l’arte di lasciare andare, che non
è un atto di rinuncia ma di potere, è fondamenta-
le non solo per vedere più chiaramente le nostre

Guida pratica per diventare se stessi 33


reazioni automatiche, ma per iniziare a fare scelte
nuove, più benefiche per noi e per gli altri. Sapere
lasciare andare vuol dire essere liberi.

Meditate

La meditazione è uno degli strumenti più po-


tenti che conosco per affrontare la paura e non è
un caso che l’ultima parte di Mente Calma Cuore
Aperto sia dedicata alla mindfulness delle emozio-
ni. Quando ci sediamo con noi stessi, senza fuggi-
re nell’azione come siamo troppo abituati a fare,
stiamo coltivando tutta la pazienza, il coraggio e
la gentilezza che ci servono, e che sono già dispo-
nibili in abbondanza dentro di noi, per affronta-
re le nostre paure. La stessa postura meditativa,
che invita ad assumere una posizione comoda ma
con la schiena dritta, incarna la possibilità di stare
esattamente al centro della nostra esistenza, qual-
siasi cosa stia accadendo, con rilassatezza, elegan-
za e dignità. Non è cosa da poco e forse è anche per
questo che, chi medita da un po’, riferisce di potere
persino sorridere alle proprie paure.

Chiedete aiuto

Non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo


sempre fare tutto da soli. Chiedere aiuto è una for-
ma di coraggio e condividere le nostre paure con
qualcuno che sa accoglierle può essere un grande

Guida pratica per diventare se stessi 34


sollievo. Confidatevi con gli amici veri e, nei casi
di paura invalidante o cronica, rivolgetevi a uno
psicoterapeuta. Avere paura è umano, evitare di
prendersene cura è un atto di malvagità del nostro
critico interiore nei confronti di noi stessi. Man-
datelo a quel paese.

Festeggiatevi!

Infine, mi raccomando, celebrate ogni vittoria. Ri-


cordatevi che, ogni volta che scegliete di fare ami-
cizia con le vostre paure, avete fatto un passo nella
direzione giusta. Datevi una pacca sulla spalla e,
quando tornano, provate a conoscerle ancora un
po’ meglio. In ogni caso, per il solo fatto di rispon-
dere all’appello della vostra vita con coraggio, pa-
zienza, curiosità e gentilezza, avete vinto.

Guida pratica per diventare se stessi 35


Scegli te stesso

— Si sa che nella vita l’amor proprio è tutto; e chi


non capisce questo, non capisce niente della vita.
Alberto Moravia, scrittore

Guida pratica per diventare se stessi 36


Luciano Canova — Accetta l'incertezza:
mettici la faccia, corri dei rischi
e cambia le regole del gioco

A volte la finestra si spalanca per un colpo di vento:


entra dell’aria gelida e si rimane intirizziti. Però che
goduria la freschezza della stanza che sembra come
rigenerata da questa corrente improvvisa. Ecco, i
libri di Nassim Taleb funzionano un po’ così e Skin in
the game non fa eccezione. Per chi non riconoscesse
il nome, Taleb è il fortunato autore di Black Swan,
il Cigno nero, un testo indispensabile per chiunque
volesse fermarsi ad approfondire il tema dell’incer-
tezza e del rischio dentro cui siamo immersi.

Taleb, ex trader ma soprattutto grande esperto di


statistica e matematica, ha dato il via negli anni a
un programma di divulgazione scientifica fatto di
diversi libri, ognuno dedicato a un tema specifico
legato, sempre, al macro argomento dell’incertezza.
Un cigno nero, per dare una rispolverata al concet-
to, è classificabile come un evento imprevedibile che,
statisticamente, ha una probabilità bassissima di
accadere e che, tuttavia, una volta manifestatosi, ge-

Guida pratica per diventare se stessi 37


nera il suo impatto anche rilevante sulla nostra vita
di tutti i giorni.

E Skin in the game di cosa parla? Partiamo dal titolo,


Pelle in gioco. Taleb, di fatto, fa una riflessione pro-
vocatoria e interessantissima sugli incentivi, il vero
motore di ogni nostra azione. Il tutto sta a capire che
cosa ci motivi a fare una determinata scelta scompo-
nendo la natura della stessa.

Pelle in gioco significa, in soldoni, correre un rischio


vero quando si prende una decisione, avere interes-
si in gioco. Per Taleb è l’unica possibilità di ridurre
quelle asimmetrie che sono destinate sovente a pro-
durre disastri. Cosa sono le asimmetrie?

Taleb parte da lontano citando il codice di Hammu-


rabi, riferimento rudimentale di massima simme-
tria. Esempio:“Se un costruttore di casa costruisce
una casa che crolla, verrà condannato anche lui a
morte”. Magari un tantino eccessivo, ma il problema
è che l’evoluzione della società ha determinato uno
sbilanciamento esagerato all’opposto, verso il mon-
do pericoloso delle asimmetrie.

Prendiamo un banchiere che ha di fronte a sé la


prospettiva, ogni anno, di prendere un ricco bonus
e, invece, una bassissima probabilità che, a causa di
un disastro finanziario (che magari capita una volta
ogni 10 anni), si manifesti un collasso. Qui l’incentivo

Guida pratica per diventare se stessi 38


è chiaro: puntare dritto a lauti guadagni, assumen-
dosi rischi eccessivi che finiscono con il sottovaluta-
re quello degli eventi più improbabili, con possibile
collasso sistemico. Chiedere alla crisi finanziaria del
2008 per informazioni.

Come si reagisce di fronte al mondo delle asimmetrie?

Taleb parla delle regolazioni, come modalità stan-


dard di intervento: stabilire regole, normare, legife-
rare. Però si legge subito il fuoco che muove l’autore
contro l’intellettualismo fine a se stesso: parte dei
disastri del mondo, dice Taleb, è dovuto al fatto che,
a proposito di asimmetrie, troppe persone prendo-
no decisioni importanti senza un vero interesse in
gioco, producendo conseguenze sulla vita degli altri
ma non sulla loro.

L’attacco verso il mondo dei consulenti è feroce, a


meno che, dice Taleb, non venga introdotto un siste-
ma di penali credibili.

Ci vuole skin in the game, dice lui, per essere credi-


bili, e l’esempio di proposta più virtuosa riguarda la
scuola: basta con aule polverose in cui un insegnante
spiega e lo studente ascolta teoria. Quel tipo di edu-
cation serve solo, provoca Taleb, a imparare a fare il
professore.

Ci vuole skin in the game, una motivazione concreta.

Guida pratica per diventare se stessi 39


Quello che abbiamo chiamato engagement per tan-
to tempo e che, in fin dei conti, vuol dire semplice-
mente ciò che ci motiva e ci appassiona.

L’anima.

Non è un caso che la figura che esce meglio dalla disa-


mina di Taleb sia quella dell’imprenditore, ma l’im-
prenditore vero. Quello che mette skin in the game
per definizione, giocandosi se stesso e rischiando.

Si badi bene che rischiare non significa non privi-


legiare le competenze e i valori: tutt’altro. Significa
semplicemente che la competenza senza skin in the
game rischia di distanziare il decisore dall’oggetto
della sua scelta.

Per questo, Taleb dà un consiglio curioso a molti


imprenditori: “Cancellate la figura dell’assistente”
(dove ci si riferisce al factotum che segue il CEO, per
esempio, in ogni attività).

L’obiettivo di un massimo dirigente, infatti, dovreb-


be essere quello di massimizzare il tempo libero, non
di massimizzare l’attività. Scegliere soltanto le atti-
vità rilevanti per avere il tempo di realizzarsi anche
fuori dal lavoro. Solo skin in the game (leggi “spor-
candosi le mani facendo le cose da sé”) è l’incentivo
giusto per fare selezione tra le priorità.
La pelle in gioco, l’assunzione dei rischi, in fin dei

Guida pratica per diventare se stessi 40


conti ha un corollario banale ma mai come questi
giorni di rilevanza: assumersi una responsabilità.
Chi ha skin in the game diventa credibile agli oc-
chi degli altri, perché si gioca, quasi letteralmente,
la pelle.

Guida pratica per diventare se stessi 41


Giulia Blasi — Non stai salvando
vite umane: prenditi meno sul serio
ed evita lo stress

Da un giorno all’altro, l’eczema da stress che mi


spuntava sulla caviglia ogni volta che cambiavo
lavoro, firmavo un contratto nuovo o avviavo una
nuova collaborazione mi si è trasferito in faccia.
Non bastavano il tic all’occhio, la gastrite e l’ansia:
il mio organismo ha deciso che stavo dando ve-
ramente poca attenzione al suo benessere, e ha
deciso di piazzarmi una specie di post-it in faccia
con scritto ANCHE MENO.

Il problema di qualunque adulto impiegato nel set-


tore della comunicazione e dei servizi alle aziende è
sempre lo stesso: lo stress. C’è chi lo regge meglio,
chi peggio e chi schioppa e se ne scappa a vivere
in un villaggio di pescatori asiatico a scelta, ma lo
stress non risparmia nessuno. Il problema è sempre
quello: troppe cose da fare, troppo poco tempo, e
se uno è freelance si aggiunge anche una certa dose
di rischio d’impresa, per cui se le cose non vanno
bene il lavoro lo perdi tu. Sbagliare non è consenti-

Guida pratica per diventare se stessi 42


to, sforare neanche. E tutto deve essere fatto con-
temporaneamente.

Altro che dermatite. C’è da restarci secchi.

Come sopravvivere a un male così intrinsecamente


Terzo Millennio come quello dello stress da multita-
sking? La prima cosa da capire, quella fondamentale,
è questa: solo i medici del Pronto Soccorso lavorano al
Pronto Soccorso, e per loro la tempestività può fare
la differenza fra la vita e la morte. Tutti gli altri, no. E
per quanto sia fondamentale fare il proprio lavoro
con il massimo della cura, può capitare di sbaglia-
re, di prendere un buco, di non essere sul pezzo. Chi
lavora nel digitale, in particolare, è sempre esposto
agli errori da fretta: la cosa più comune sono refusi
ed errori di ortografia, ma quando si gestisce più di
un profilo social può capitare di sbagliarsi, di far an-
dare online post che dovevano essere programma-
ti per un altro orario o di sbagliare l’orario di messa
online di un post.
Ecco, in quei casi ricordarsi: non muore nessuno. E
questo va ricordato a tutti i livelli: dall’ultimo degli
stagisti al primo dei capi. Finché quello che facciamo
non mette direttamente a rischio la vita di qualcuno,
non è il caso di agitarsi.

Le scadenze sono l’altra grande sfida del lavorato-


re freelance, che per massimizzare il suo guadagno
deve lavorare più velocemente. Lungi da me racco-

Guida pratica per diventare se stessi 43


mandarvi di sforare abitualmente o di abusare della
pazienza dei vostri clienti e datori di lavoro, ma la
maggior parte dei committenti cerca di mantenere
un minimo di margine fra la consegna del lavoro e
l’effettiva messa online, pubblicazione o utilizzo. Cer-
cate di rispettare le scadenze, ma non fatevi venire
un infarto. Non è quasi mai giustificato dalla realtà.

Prendersi cura di sé è un lavoro quotidiano. Soprat-


tutto chi lavora da casa deve imparare a calibrare i
tempi, darsi dei limiti, alzarsi spesso per sgranchir-
si le gambe o anche solo per focalizzare lo sguardo
altrove. Usate la Pomodoro Technique, usate un po’
quello che vi pare, ma lavorate quando state lavoran-
do, non lavorate quando non state lavorando. Il dirit-
to alla disconnessione è stato ampiamente discusso
negli ultimi anni come parte fondamentale del be-
nessere dei lavoratori in mobilità: non fatevi proble-
mi a non rispondere a comunicazioni di lavoro che
arrivano in orari in cui non avete dato la reperibilità.
Non essendo operatori sanitari, non avete l’obbligo
di essere a disposizione 24 ore su 24, e il vostro tem-
po costa: ma più ancora del vostro tempo è la vostra
salute ad avere un valore.

Guida pratica per diventare se stessi 44


Lorenzo Fantoni — Ogni no
che pronunci è un regalo che fai
a te stesso

Se tutto va bene arriva un punto nella nostra vita


lavorativa, ma anche non lavorativa, in cui gli sforzi
che abbiamo profuso nella titanica impresa di fare
bene il nostro lavoro e venire pagati per farlo inizia-
no a dare i loro frutti.

A questo punto i contatti inizieranno ad aumen-


tare, così come il passaparola, che porterà a po-
tenziali clienti, i quali inizieranno a bussare alla
nostra porta. La prima e giusta reazione è accet-
tare ogni tipo di proposta che viene presentata.
In fondo è un po’ come quando improvvisamente
scopriamo che esiste l’altro sesso e magari piac-
ciamo pure, ma proprio come in quei momenti è
importante sapere quando dire no.

Sì, avere molti clienti e molto lavoro è bello, ma a


quel punto subentra un fattore molto importan-
te: la capacità di analisi non del cliente, ma di noi
stessi del nostro punto di rottura, del tempo di cui

Guida pratica per diventare se stessi 45


abbiamo bisogno di riposo prima di ricominciare,
di quanto abbiamo bisogno di quei momenti di de-
compressione che ci permettono di tornare a lavo-
rare in modo giusto.

Ecco perché è bello dire sì, ma è importante dire no.

Non devi per forza presenziare all’ennesimo evento


di networking/aperitivo/conferenza, anche se pen-
si che magari ci saranno tutti e potresti trovare altri
clienti o metterti in mostra. Hai già da fare.

Non sei obbligato ad accettare ogni cliente, soprat-


tutto se a naso ti sembra una persona problematica
o che potrebbe essere ancora peggio. Anche se sono
molti soldi. In alcuni casi evitare un profondo stress
non ha prezzo.

Non devi rispondere al telefono all’ennesima richie-


sta, domanda, telefonata di lavoro se in quel mo-
mento hai deciso che devi lavorare a testa bassa. Ri-
chiameranno o manderanno una mail.

Non sei obbligato a controllare e commentare ogni


cinque minuti sui social per fare presenza, anche se i
tuoi amici e colleghi stanno tutti dicendo la loro sul
tema del momento.

Tutto ciò ovviamente arriva solo dopo che abbiamo


capito e interiorizzato la differenza tra la responsabi-

Guida pratica per diventare se stessi 46


lità e la scelta. Perché anche nel lavoro che ci siamo
scelti e per il quale ogni giorno ringraziamo la sorte
ci sono momenti che non ci piacciono ma a cui dob-
biamo sottostare, ci sono bollette da pagare, conti da
far quadrare, libri da comprare per i figli che ti por-
teranno verso clienti che non toccheresti nemmeno
con un bastone. Queste sono le nostre responsabili-
tà, ma ciò di cui parliamo adesso è la scelta, ovvero
capire che di fronte al problema potrebbero esserci
soluzioni che si aprono dopo aver detto no. Ciò che
dobbiamo allenare è la capacità di trovarle.

Ad esempio, farsi conoscere in ogni possibile ambito


è fondamentale per ogni professionista, ma ci sono
quelli bravi nel public speaking, quelli che vanno for-
te in radio, chi si trova meglio con la scrittura. Se vi
invitano in radio, ma non vi sentite a vostro agio, de-
clinate gentilmente, se tutti fanno video ma non è il
vostro forte, non siete obbligati.

E lo stesso vale per i clienti, se siete già pieni non


siate ingordi, piuttosto dite di no sul momento, ma
lasciatevi la porta aperta, dichiarando serenamente
che in quel momento non potete e non riuscireste
a fare un buon lavoro. Sempre meglio fare così che
accettare, produrre qualcosa di frettoloso e rischiare
di perdere il contatto.

Guida pratica per diventare se stessi 47


Ricordatevi, cari freelance, che per quanto gli altri
vi paghino siete voi i vostri veri datori di lavoro e il
vostro capo.
Se il lavoro non vi piace potete solo prendervela con
voi stessi.
Se le regole del business che tutti seguono non fan-
no per voi, mollatele, se quel cliente rischia di farvi
scoppiare, non soccombete all’istinto della grande
abbuffata e dite di no.

Un antico detto giapponese dice che una decisione


va presa nello spazio di sette respiri, io invece vi pro-
pongo sette domande:

“Mi interessa veramente?”

“Va in conflitto con i miei valori, la mia personalità o lo


stile che ho scelto?”

“Mi farà felice e mi divertirà?”

“È qualcosa di cui adesso ho bisogno?”

“Mi permette di raggiungere un obiettivo di cui ho bi-


sogno?”

“Perché per me è importante?”

Ogni volta che vi sentite in dubbio, ricordatevele,


perché la risposta potrebbe suggerirvi cosa fare,

Guida pratica per diventare se stessi 48


ovviamente con un po’ di buon senso. È importan-
te spingersi oltre i propri limiti ogni tanto, perché se
non fai qualcosa che ti mette ansia probabilmente
non stai mai crescendo, ma se vedete che non vi in-
teressa, non vi fa raggiungere un obiettivo o che non
fa assolutamente per voi dite di no.

Poter gestire il proprio lavoro è una grande ric-


chezza e una grande responsabilità verso sé stessi,
perché alla fine siamo noi che decidiamo la qualità
della nostra vita, ricordandoci che c’è quasi sem-
pre una scelta.

Guida pratica per diventare se stessi 49


Valorizza la tua unicità

— Più ti piaci, meno sei come qualcun altro,


che è ciò che ti rende unico.
Walt Disney, autore

Guida pratica per diventare se stessi 50


Davide Zane — Il segreto
del successo non esiste: impegnati
e ce la farai

Viviamo in un’epoca in cui le storie di persone ec-


cellenti, come sportivi, startupper e giornalisti, sono
molto popolari. La domanda che mi pongo spesso è:
in che modo le loro “ricette” possono essere replica-
te per rendere eccellente una vita comune?

Partiamo, dunque, dal concetto stesso di successo.


Entrando in libreria e osservando i volumi del gene-
re “self help”, è facile notare come esistano, di fat-
to, due macro categorie. Da un lato quelle opere che
mostrano come l’autorealizzazione sia a portata di
mano (“Come ottenere il meglio da sé e dagli altri”
del motivatore Tony Robbins), dall’altro quei titoli
che, al contrario, mirano a far accettare le inevitabili
imperfezioni e delusioni dell’esistenza (per esem-
pio “Più forte dei no: corso intensivo di fiducia in sé
stessi” di Jia Jiang), quasi a comunicare che il succes-
so non è per tutti.

Di cosa parliamo dunque quando parliamo di suc-

Guida pratica per diventare se stessi 51


cesso? A volte, grandi personalità hanno saputo ri-
conoscere velocemente un proprio talento e colti-
varlo. Più spesso dimostrano di avere perseveranza e
metodo. Bebe Vio, straordinaria atleta paralimpica,
non ha dubbi: “A Jury Chechi dicevano che non era
bravo come atleta finché non ha vinto le olimpiadi
grazie alla passione”.

Quella passione che ha portato Nerio Alessandri, che


assemblava macchine da palestra in un garage del-
la provincia di Cesena, ad un impero come quello di
Technogym.

Talento e passione, dunque. E tre elementi tattici.

Coltivare la propria visione


Grandi successi nascono da motivazioni eccellenti.
Famoso l’aneddoto dell’inventore delle fibre ottiche
Peter Schultz: “Tre persone erano al lavoro in un
cantiere edile. Avevano il medesimo compito, ma
quando fu loro chiesto quale fosse il lavoro, le rispo-
ste furono diverse. «Spacco pietre» disse il primo.
«Mi guadagno da vivere» rispose il secondo. «Parte-
cipo alla costruzione di una cattedrale» disse il ter-
zo”. Avere chiaro il senso del proprio agire e sentirne
l’importanza e l’urgenza è l’elemento che più di altri
ci può motivare verso un obiettivo, sia esso correre
una maratona, fondare un’impresa o avere una fa-
miglia felice.

Guida pratica per diventare se stessi 52


Costruire un ecosistema favorevole
La retorica tutta genio e sregolatezza dei grandi arti-
sti si sta, fortunatamente, avviando alla fine. Certo,
scrittori come Charles Bukowski hanno fatto della
passione per l’alcool il proprio marchio di fabbrica,
ma la maggior parte delle persone di successo sono
immerse in un contesto, costituito da rituali e au-
tomatismi, che permette loro di seguire al meglio i
loro progetti. “The Tools of Titans” è il libro di Tim
Ferriss che ci guida alla scoperta delle abitudini quo-
tidiane delle eccellenze mondiali. Qual è il loro valo-
re? Non tanto il senso un po’ scaramantico di alcu-
ne piccole manie, ma la loro funzione di mantenere
alta la concentrazione su quello che conta davvero.
“La routine, per un uomo intelligente, è un segno di
ambizione” sosteneva il poeta Wystan Hugh Auden.

Sfruttare l’antifragilità
Secondo Nassim Nicholas Taleb, la resilienza è la ca-
pacità di resistere agli shock rimanendo immutati,
mentre l’antifragilità è la proprietà delle persone e
dei sistemi di migliorare in seguito ai traumi. Il fal-
limento, dunque, favorisce la personalità antifragile
perché le consente di apprendere. “Ho fatto 74 collo-
qui per cercare un finanziatore della mia start up di
vendita di cibo e vino online e per 11 mesi non ho po-
tuto pagare il mutuo. Alla fine ho incontrato Eataly,
ma se non avessi creduto così tanto nella mia idea
avrei mollato al ventesimo” racconta Franco Denari,
CEO di Eataly Net. Insomma, ad ogni porta in faccia

Guida pratica per diventare se stessi 53


si impara qualcosa, che consente di progredire.

“Non si può avere successo in tutto” sostiene Alain


DeBotton. “Sentiamo molto parlare dell’equilibrio
tra vita e lavoro. Assurdo. Non puoi avere tutto. Non
puoi. Qualsiasi idea di successo deve prendere atto
di cosa si stia perdendo, di dove sia l’elemento di per-
dita. E penso che qualsiasi saggia vita possa accetta-
re che esista qualcosa in cui non si abbia successo”. E
vivere tutto questo con serenità.

Guida pratica per diventare se stessi 54


Micaela Terzi — Scopri ed esalta
il tuo multipotenziale

Siete curiosi di tanti argomenti diversi, e volete fare


cose differenti nella vita? Quando vi interessate di
qualcosa, vi ci immergete, imparate tutto il possibi-
le, diventate degli esperti, ma dopo un po’ iniziate ad
annoiarvi e volete passare ad altro? Allora siete un
multipotenziale.

“Un multipotenziale è una persona con molti inte-


ressi e occupazioni creative”. È questa la definizione
che ne dà Emilie Wapnick, nel suo TEDTalk Perché
alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione. La
Wapnick è stata musicista e cantautrice, web desi-
gner, scrittrice, regista, studentessa di legge e im-
prenditrice ed è anche una career coach. Quando ha
notato che questo schema – appassionarsi di un ar-
gomento, impararlo benissimo, annoiarsi, passare
a un altro argomento – si ripeteva di continuo nel-
la sua vita, ha capito che si trattava di un tratto di-
stintivo che poteva essere usato a proprio vantaggio.
Ha smesso di considerarlo un difetto, gli ha dato un

Guida pratica per diventare se stessi 55


nome – multipotenzialità – e lo ha trasformato in un
business di successo. Oggi sul suo blog Puttylike si
rivolge ai multipotenziali di tutto il mondo, e ha co-
struito una comunità di persone che fanno di questa
caratteristica il proprio punto di forza. Nella vita e
nel lavoro.

Il multipotenziale in realtà non è una vera e propria


novità. Questo tipo di personalità affonda infatti
le sue radici nell’uomo del Rinascimento, periodo
in cui era ritenuto ideale il fatto di essere portato
per molte discipline, invece di specializzarsi in una
cosa soltanto. Il merito della Wapnick è sicuramen-
te quello di aver riportato alla ribalta il concetto di
multipotenzialità, e di aver spiegato alle persone che
non si tratta di una limitazione o di un difetto.
Addirittura ha identificato i “tre super poteri dei
multipotenziali”.

Capacità di sintesi
Il multipotenziale è in grado di fare una sintesi tra
idee diverse: combinarne due o più per creare qual-
cosa di nuovo. “L’innovazione nasce nelle intersezio-
ni” dice la Wapnick. “È lì che vengono fuori nuove
idee. E i multipotenziali, con tutti i loro bagagli, sono
capaci di accedere a molti di questi punti di interse-
zione”.

Rapido apprendimento
Quando un multipotenziale si interessa a qualcosa

Guida pratica per diventare se stessi 56


ci si impegna con tutto se stesso. Inoltre è abituato
a essere un principiante, perché si avvicina sempre a
discipline diverse per imparare cose nuove. Questo
significa che è meno timoroso di uscire dalla propria
zona di comfort.

Adattabilità
Il multipotenziale è capace di trasformarsi in qualsi-
asi cosa ci sia bisogno di essere in una data situazio-
ne. È apprezzato perché fa un buon lavoro, ma anco-
ra di più perché può assumere diversi ruoli a seconda
delle esigenze del suo cliente. Secondo la Wapnick “il
mondo economico sta cambiando in maniera così
veloce e imprevedibile che sono gli individui e le or-
ganizzazioni che possono adattarsi per soddisfare i
bisogni del mercato che stanno davvero crescendo”.

Tra i multipotenziali più famosi la Wapnick ricorda


Leonardo da Vinci, Cartesio, Isaac Newton, Aristote-
le, ma anche Oprah Winfrey, Steve Jobs. Come a dire
– non vi preoccupate, siete in ottima compagnia!

La maggiore critica che viene fatta ai multipoten-


ziali è che disperdono la propria attenzione verso
mille cose diverse, senza specializzarsi. E che questo
rende difficile lavorare e fare business. In realtà la
Wapnick ha individuato quattro modelli di lavoro
comunemente adottati dai multipontenziali, dimo-
strando che è possibile fare soldi anche quando si
coltivano interessi diversi e non ci si concentra su

Guida pratica per diventare se stessi 57


un’unica specializzazione. Modelli che sicuramente
rispecchiano come il mondo del lavoro sia cambiato
in questi anni e come si svilupperà nei prossimi. Un
mondo dove avranno sempre più spazio le persone
in grado di integrare e utilizzare diversi interessi nel
proprio business, di rivolgersi a nicchie differenti
contemporaneamente (lateral freelnacer), oppure
di sviluppare le proprie passioni accanto a un’occu-
pazione principale, coltivando “side-projects” che
spesso si trasformano in business di successo grazie
alla dedizione che i multipotenziali mettono in tutto
ciò che fanno.

Guida pratica per diventare se stessi 58


Lorenzo Cavalieri — Trasforma le tue
passioni in un lavoro e non avrai rivali

Fino a qualche tempo fa nelle vostre vite esisteva


una chiara demarcazione tra il lavoro e “le passioni”.

Il lavoro come luogo della serietà, della responsabili-


tà, del sacrificio, “le passioni” come luogo dello sva-
go, dell’evasione, del sogno. Gli interessi extralavo-
rativi o extrascolastici erano visti da genitori, mogli,
mariti come un pericolo e una distrazione nel cam-
mino verso il successo negli studi o nella carriera:
“Lascia perdere questo maledetto modellismo chè
hai un’insufficienza in matematica”; “Lascia perdere
questa fissazione per il Giappone, che c’è da manda-
re avanti il negozio”.

Oggi le cose sono cambiate. Al di là della retori-


ca giovanilista dei talent show, degli startupper e
delle frasi motivazionali da Bacio Perugina, le pas-
sioni e gli interessi personali oggi sono davvero un
fattore critico di successo per l’affermazione pro-
fessionale. Devono essere scoperti e coltivati, per

Guida pratica per diventare se stessi 59


almeno 5 buoni motivi:

1. Il livello di competizione qualificata in tutti i set-


tori professionali e a tutti i livelli. A parità di tutto
il resto chi è mosso dalla passione ha una marcia in
più. Fa meno fatica, è più sorridente, resta dieci mi-
nuti in più al lavoro, sperimenta di più, cerca natu-
ralmente il perfezionamento. La passione ci rende
unici e speciali, più competitivi, più efficienti.
2. La rivoluzione tecnologica e il rimpicciolimento
del mondo, se da un lato hanno spinto verso la pre-
carietà mal pagata sempre più mestieri e professio-
ni, dall’altro offrono splendide opportunità di tra-
sformare una passione personale in lavoro. Grazie al
web oggi gli appassionati di vecchi trenini elettrici
o di contenitori di orologi di lusso si ritrovano sul-
la piazza virtuale, si conoscono, si scambiano idee,
prodotti e servizi. Così un campione di golf manca-
to magari non riesce a vivere delle sue performance
di giocatore, ma diventa ricco con le vecchie mazze
da golf che compra online dagli appassionati dei
circoli storici e rivende ai negozi di abbigliamento
che vogliono dare un certo sapore alle loro vetrine.
In questo contesto ogni area di attività umana che
suscita passioni dà luogo ad altrettanti mercati, ad
altrettante nicchie, dove qualsiasi buona idea si può
tradurre facilmente in buon lavoro e prosperità. Ciò
perché è molto facile conoscere ed entrare in rela-
zione con tutte le persone che hanno qualcosa in co-
mune con noi. Un tempo sarebbe stato impossibile.

Guida pratica per diventare se stessi 60


3. L’evoluzione, la sofisticazione e la personalizza-
zione dei servizi. Pensiamo agli interessi artistici,
alla musica per esempio. Un tempo un ragazzo che
studiava musica da grande avrebbe guadagnato di
concerti e di insegnamento. Prospettive tiepide che
spingevano migliaia di professionisti “poveri” a ri-
piegare sul posto in banca, sull’impiego, sulla ge-
stione del negozio di famiglia. Oggi chi conosce la
musica, oltre a guadagnare dai concerti e dall’inse-
gnamento, può guadagnare in mille altri modi va-
lorizzando il suo amore per la musica: può vendere
colonne sonore originali sugli store on line, può ven-
dere consulenze ai videomaker, può mixare compila-
tion tematiche per i centri benessere, per le palestre,
per le convention aziendali. E mille altre cose anco-
ra. Più il panorama dei bisogni diventa sofisticato,
più le passioni sono in grado di generare nuovi lavo-
ri. Riflettiamo per esempio sulle attenzioni crescen-
ti che oggi riversiamo sui nostri cagnolini. Quante
opportunità di lavoro nascono per un appassionato
di cani, che una volta per trasformare la sua passio-
ne in lavoro era obbligato a laurearsi in veterinaria?
4. Le passioni spesso ci portano a condividere mo-
menti speciali con chi condivide i nostri interessi.
Momenti speciali legami speciali, spirito di appar-
tenenza, solidarietà. In un mondo in cui si cambia
più spesso lavoro e in cui tutti i lavori acquisiscono
una più marcata connotazione imprenditoriale/
commerciale le relazioni contano sempre di più. E
più che l’estensione della rete conta la solidità dei

Guida pratica per diventare se stessi 61


legami. Coltivare una passione quindi significa
investire in rapporti umani di qualità, il migliore
investimento possibile, il più duraturo. Chi è stato
con te in regata in giro per il mondo non sarà mai
un semplice contatto.
5. Infine il network della passione comune trasfor-
ma frequentemente un interesse ludico in un pro-
getto professionale. Così chi giocava a basket e ha
continuato a frequentare “l’ambiente” pur avendo
smesso di giocare, si ritrova a valorizzare i suoi studi
giuridici facendo il procuratore sportivo. E’ questo
il percorso che spesso premia la passione dei nostri
figli. Non sfonda come stilista, ma il network di co-
noscenze che ha sviluppato la aiuta a inserirsi nel
settore, come fotografa, come pubblicitaria, come
visual merchandiser, ecc. E’ il meccanismo del “ter-
ritorio adiacente”. La passione mi porta a presidiare
uno spazio. Non centro il mio primo obiettivo (sti-
lista, giocatore di basket), e allora spontaneamente
mi sposto sullo spazio adiacente (agenzia fotografi-
ca di moda, procuratore sportivo).

Guida pratica per diventare se stessi 62


Mettiti alla prova

— La cosa più difficile è la decisione


iniziale di agire, il resto è solo tenacia.
Amelia Earheart, pilota

Guida pratica per diventare se stessi 63


Luca D'Elia — Tira fuori il tuo coraggio
da eroe

Vi propongo un semplice gioco. Pensate alla parola


“paura”: quanti sinonimi conoscete? Quali vi ven-
gono in mente in maniera istantanea? Probabil-
mente penserete a termini come ansia, spavento,
terrore, angoscia, timore, fifa, panico, sgomento,
tremarella. Pensate ora alla parola “coraggio”. Ri-
uscite a indicarne all’istante dei sinonimi? Con tutta
probabilità, vi occorrerebbe un pochino di tempo in
più. Per poi pensare a termini come temerarietà, ar-
dimento, audacia.

Cosa possiamo dedurre da questo piccolo esperi-


mento?
Sostanzialmente due cose:

1. La prima è che conosciamo diversi sinonimi di


“paura”, in numero superiore rispetto a quanti ne
conosciamo della parola “coraggio”. Probabilmente,
nella nostra vita abbiamo familiarizzato molto di
più con la paura che con il coraggio, tanto è vero

Guida pratica per diventare se stessi 64


che abbiamo a disposizione differenti modalità e
sfumature per definirla e nominarla.
2. La seconda è che i sinonimi di “paura” fanno
parte del nostro linguaggio quotidiano, mentre i
sinonimi di “coraggio” ci appaiono ormai desueti,
appartenenti ad epoche lontane, sicuramente non
propriamente attuali. Ardimento e temerarietà sono
caratteristiche di condottieri, eroi e leader del passa-
to. O per lo meno siamo soliti attribuire tali qualità
ai grandi personaggi che la storia ci ha tramandato.
Eppure, l’epoca incerta e liquida che stiamo vivendo
reclama a gran voce la necessità di esercitare il co-
raggio. Occorre coraggio nelle piccole o grandi scel-
te di ogni giorno, in ambito professionale così come
nella vita privata. In diverse aziende per le quali la-
voro come consulente mi imbatto in manager che
si lamentano di quanto poco i loro collaboratori si-
ano propensi ad assumersi maggiori responsabilità,
di come preferiscano mantenere un profilo basso,
evitando di esporsi troppo, temendo conseguenze
negative per la propria situazione lavorativa. D’al-
tro canto, possiamo chiederci: quanto realmente fa
un’organizzazione per stimolare comportamenti
orientati al coraggio nei propri dipendenti?

Essere allineati a un’idea dominante è senza dubbio


più semplice che prendere una propria posizione
originale e magari contraria a un pensiero comune
e diffuso. Certamente occorre coraggio per espri-
mere le proprie idee, ma è necessario anche del co-

Guida pratica per diventare se stessi 65


raggio da parte di un capo per favorire il dissenso,
l’espressione di punti di vista differenti e l’emergere
di idee nuove.

Aristotele, nell’Etica Nicomachea, indicava nel co-


raggio la prima delle virtù umane: l’atteggiamento
improntato al coraggio rappresenta una via inter-
media tra una vile passività e un’ira incontrollata. Se
il non prendere una decisione, piuttosto che l’evitare
di affrontare una discussione spinosa, oppure il sot-
trarsi dal proporre una nuova soluzione rappresen-
tano situazioni in cui si manifesta una chiara assen-
za di coraggio, un’eccessiva determinazione nel voler
raggiungere ad ogni costo i propri obiettivi può sfo-
ciare in un comportamento aggressivo. Un eccesso
di coraggio può destare preoccupazione e scarsa
fiducia nelle persone attorno a noi, perché verrebbe
a mancare la giusta dose di sensibilità nei confron-
ti degli altri, delle loro esigenze e delle loro opinioni.
Seguendo il pensiero aristotelico, il coraggio rap-
presenterebbe un comportamento di equilibrio tra
la difesa delle nostre istanze e il riconoscimento di
quelle altrui. Come ebbe a dire Winston Churchill,
“il coraggio è ciò che ti fa alzare in piedi a parlare,
ma il coraggio è anche ciò che ti fa rimanere seduto
ad ascoltare”.

Spesso è la paura ad annientare il coraggio. D’altra


parte, il coraggio non si caratterizza per l’assenza
di paura, quanto piuttosto attraverso una sua effi-

Guida pratica per diventare se stessi 66


cace gestione. La paura è un normale meccanismo
che ci allerta ogni volta che ci troviamo di fronte
ad un potenziale pericolo. Avere paura, in genera-
le, è del tutto naturale. Il problema, quindi, non
sta nella paura, quanto nell’incapacità di gestirla
correttamente, così da sfruttarne il potenziale po-
sitivo. Molto spesso la paura è qualcosa di imma-
ginario: cresce e si sviluppa nella nostra mente,
alimentando visioni distorte della realtà che, nel
tempo, hanno il potere di frenarci nel nostro pro-
cesso di crescita. Il coraggio risiede nell’affronta-
re la paura, nel trovare la forza di agire e liberarci
dalla sua azione paralizzante. Come Goethe ricor-
dava, “Un giorno la paura bussò alla porta, il co-
raggio andò ad aprire e non trovò nessuno”.

Quale sarà la prossima occasione per mettere in


campo il nostro coraggio? Possiamo pensare a del-
le situazioni semplici, quotidiane, talvolta nem-
meno particolarmente significative, in cui tuttavia
abbiamo la possibilità di sviluppare ed irrobustire il
nostro coraggio, alimentando al tempo stesso una
maggiore fiducia in noi stessi. Eccone alcune:

1. Coraggio di ammettere un errore;


2. Coraggio di dire “no”;
3. Coraggio di chiedere scusa;
4. Coraggio di avanzare una critica;
5. Coraggio di dissentire da un’opinione comune;
6. Coraggio di esprimere una propria posizione in

Guida pratica per diventare se stessi 67


una discussione;
7. Coraggio di prendere una decisione importante;
8. Coraggio di congratularsi con un avversario;
9. Coraggio di avviare un nuovo progetto impren-
ditoriale;
10. Coraggio di abbandonare una situazione di vita
“comoda” ma limitante.
Sono solo alcuni esempi, situazioni in cui spesso la
tensione dialettica fra paura e coraggio ci mette
alla prova. Gestire la paura ed allenare il coraggio,
nelle piccole o grandi sfide di ogni giorno, rappre-
senta una via importante verso una progressiva e
costante crescita personale.

Guida pratica per diventare se stessi 68


Luciano Canova — Datti da fare
e costruisci il tuo capolavoro

Quello lì è un fottuto genio. È un’app geniale! “Sei un


genio!”

Quante volte, nella vita di tutti i giorni e con la leg-


gerezza di un commento o di un post su Facebook,
usiamo naturalmente la categoria del genio per
classificare il successo di una persona, che si tratti di
un’idea di impresa, di un successo sportivo o anche
solo di una battuta esilarante?

Ho sempre una sorta di timore a usare la parola


genio.

Personalmente, mi sono imposto una regola bianco


– nero piuttosto feroce, per cui “non si può dire ge-
nio se la persona non è morta”. Come a dire che, fino
a una settimana fa, era discutibilmente fuori dalla
mia classifica Stephen Hawking, così come non vi
compare e spero non vi comparirà a lungo Elon Musk.

Guida pratica per diventare se stessi 69


Il fatto è che preferisco andare per difetto, proprio
per questa specie di soggezione.

In generale, il fatto di classificare una persona come


geniale è legata a una questione di grande interes-
se, non solo nella letteratura scientifica ma anche, e
soprattutto, nel mondo del business: quanto conta,
insomma, il talento nei risultati che una persona ot-
tiene, e quanto, invece, la fatica per ottenerli?

In un certo senso, il genio ci rilassa.

Il che significa, spiegando un po’ meglio, che la ten-


denza degli esseri umani a raccontarsi una storia
quando provano a mettere in relazione due eventi è
in atto anche in questo caso.

Ci piace riconoscere il genio perché ci fa comodo.

È il fascino irresistibile del mistero e di una specie di


magia laica che, di fronte all’eccellenza, fa scattare
in noi la spiegazione: “Eh, ma quello è un talento na-
turale! Quello lì è un genio”.

Nel bellissimo libro Grit di Angela Duckworth, viene


raccontato un episodio interessante.

Rowdy Gaines, che è stato un grande nuotatore sta-


tunitense, un giorno si trovò ad allenarsi in piscina
con Mark Spitz che, per chi non lo sapesse, è stato,

Guida pratica per diventare se stessi 70


prima di Micheal Phelps, una leggenda del nuoto,
capace di vincere in un’unica olimpiade (Monaco di
Baviera,1972) 7 medaglie d’oro. I compagni di squa-
dra di Gaines, che erano anch’essi professionisti,
si misero tutti a guardare Spitz nuotare e molti di
loro rimasero incantati dallo stile dell’ex campione,
anche a distanza di anni, tanto da chiosare con un:
“Mio Dio, ma è un pesce”. Il fatto è che pure persone
con una comprovata competenza (nuotatori profes-
sionisti) trovavano agevole riconoscere l’unicità di
Spitz anche rispetto a un recordman mondiale dei
100 m stile libero, quale era Gaines.

E senza, in realtà, un’evidenza empirica precisa se


non la consapevolezza di avere di fronte a sé “una
leggenda” comprovata dai risultati già ottenuti.

Pure Nietzsche ne ha parlato, a proposito del ruolo


dell’artista. Secondo il filosofo tedesco, noi dell’arte
e del genio vediamo il risultato finale, mentre non ci
concentriamo su come si diventi artista o genio. È
come mettersi a tutti i costi in attesa che si schiuda
un fiore e doverne semplicemente ammirare il risul-
tato finale.

Perché ci piace rilassarci nel genio?

Perché in qualche modo ci deresponsabilizza ri-


spetto alle nostre possibilità e rispetto all’ipotesi
scomoda di un confronto.

Guida pratica per diventare se stessi 71


Mio Dio, la Cappella Sistina è sovrumana nella sua
unicità e non ha neppure senso mettersi a pensa-
re come sarebbe possibile partorire un capolavoro
simile.

La Duckworth, invece, e tutto un filone molto pro-


mettente della psicologia, si è messa proprio a stu-
diare e a formulare, in qualche modo, una teoria del
successo, arrivando, in estrema sintesi, a formulare
una relazione fatta di due sotto equazioni:

1. Talento x Fatica e desiderio di lavorare (effort in


inglese) = skill (competenza)
2. Skill x Fatica e desiderio di lavorare = raggiungi-
mento del risultato (achievement)
Con una rudimentale espressione analitica (ma ci
interessa poco la forma funzionale), la questione
chiave è una: la fatica (la perseveranza, comincia-
mo a usare la parola) entrano due volte nel proces-
so di produzione del successo, contro una sola del
successo.

E l’evidenza empirica attuale mostra in modo ab-


bastanza inequivocabile un risultato che conferma
questa teoria: a contare, più della capacità di impa-
rare rapidamente tipica di chi ha talento, che pure è
importante, è l’ostinazione a provare e riprovare.

Negli anni ’40 del Novecento è stato realizzato un

Guida pratica per diventare se stessi 72


esperimento diventato celebre perché è stato il primo
a raccogliere dati su uno stesso campione di persone
lungo diversi decenni: il Treadmill test (il test del tapis
roulant). Si facevano correre le persone su un tappeto
per 5 minuti (livello “Massima fatica”) e si misurava la
capacità di resistenza, ovviamente controllando per
le condizioni di salute psico-fisica iniziali.

Lo studio mostrò come la durata della resistenza fos-


se il miglior predittore possibile del futuro successo
dei soggetti dell’esperimento in ambito lavorativo,
finanziario e sociale.

Come a dire: testa bassa e lavoro costante. Keep


pushing, my friend.

È l’ostinazione che fa il genio che, a conti fatti, ri-


sulta come la somma maniacale di micro-gesti di
assoluta perfezione ma riferiti, ciascuno, ad attività
che ciascuno di noi potrebbe benissimo mettere in
pratica.

L’algoritmo del genio, insomma, è fatto da una se-


quenza di istruzioni in cui ciascuno di noi può ci-
mentarsi e dove le doti naturali contano, sì, ma conta
molto di più la voglia di faticare e di non arrendersi.

D’altro canto, in questo finale vintage, mi piace ri-


cordare il tenente Colombo che, in un illuminante
episodio della fortunata serie degli anni ’70, Prova

Guida pratica per diventare se stessi 73


d’intelligenza, venendosi a trovare invischiato in un
caso d’omicidio che implicava un club di geni, rac-
contava proprio la genesi della sua fortunata carrie-
ra: “Non ho niente di speciale rispetto agli altri. Io,
semplicemente, mi fermavo un’ora di più al corso
per allievi, leggevo un altro libro, cercavo di ridurre
il gap con gli altri, studiando e studiando ancora”.

Errare è umano, ma perseverare è geniale.

Guida pratica per diventare se stessi 74


Lorenzo Paoli — Smetti di pianificare,
comincia a fare

Quante volte hai pianificato un cambio di attività,


di vita, di lavoro, di città? Quante volte nel tragitto
dal lavoro a casa, hai preso una decisione, oppure hai
cominciato a pensare a una svolta, un cambiamen-
to significativo per te importante? Appena abbiamo
tempo – le vacanze ne sono un esempio – comincia-
mo a progettare un nuovo inizio. L’anno nuovo è il
momento in cui prendiamo tante decisioni – che ci
fanno sentire bene, ma che poi non cambiano nulla.

Passiamo moltissimo tempo a pianificare – e la ra-


gione per la quale pochi riescono a raggiungere i loro
obiettivi di vita, è che passiamo pochissimo tempo
ad agire.

L’azione ha in sé qualcosa di magico: ci fa sentire la


profondità della vita, la sua ricchezza e le opportuni-
tà e ci fa confrontare con le nostre sfide e gli osta-
coli che si frappongono tra noi e i nostri traguardi.

Guida pratica per diventare se stessi 75


L’azione di solito ci mostra che le nostre paure erano
infondate e ci permette di guardare la realtà da al-
tri punti di vista, trovando soluzioni inaspettate. Ci
permette soprattutto di confrontarci con la realtà e
non con una nostra fantasia, con opinioni infondate
o visioni strampalate. L’azione ci risveglia.

Noi siamo le nostre azioni, non i nostri pensieri:


siamo quello che facciamo ogni giorno nel mondo,
non quello che abbiamo intenzione di fare.

L’inizio ha un grande potere nelle nostre decisioni,


perché le basiamo sulla realtà e non fantasie o infor-
mazioni spesso quantomeno incomplete o viziate
dalla nostra visione del mondo.

1. Inizia subito, non sarai mai pronto. L’illusione


dell’azione “completa, pronta e senza rischi” è quella
che ferma molti di noi. La teoria dei piani, dei Busi-
ness Plan e dei propositi però non sopravvive alla re-
altà della vita. Un inizio aumenta la motivazione per i
primi, anche se piccoli, progressi, e diluisce le paure,
perché ridimensiona i pericoli e i problemi, che spesso
trovano soluzioni invisibili nei piani. Forse è proprio
questo il più grande vantaggio dell’inizio: dissolve e
paure e crea strategie pratiche e praticabili, che rende
il piano finalmente reale. Non vivi più in un mondo
di fantasia fatto di sogni ad occhi aperti e paure im-
maginarie – ti confronti con la realtà e con te stesso e
metti in moto energie che prima erano sopite.

Guida pratica per diventare se stessi 76


2. Impara a ricominciare. Un altro motivo per il
quale non iniziamo a perseguire obiettivi importan-
ti è che non consideriamo il fallimento come un mo-
mento di apprendimento. Oltre ad iniziare, devi im-
parare ad accettare di ricominciare: di ripartire da
due passi prima, perché hai sbagliato, e allo stesso
tempo di chiederti: “cosa ho imparato da questo er-
rore, e come posso modificare la mia strategia per
andare avanti?” Bisogna ricordarsi che, come dice-
va il buon Troisi, non si riparte mai da zero quan-
do si è già compiuta un’azione: si parte da grandi
apprendimenti, da esperienze, da esperimenti e
nuove prospettive. Da questo punto di vista, il suc-
cesso, in qualsiasi viaggio della nostra vita, è solo
una questione di tempo. Oggi purtroppo sembria-
mo sempre meno resilienti, allenati dalle soluzioni
pronte… che però non portano lontano. Impara a
gestire le cadute come nuovi, emozionanti inizi da
cui comunque hai appreso molto.
3. Dai fiducia al tuo inizio. L’inizio non è la soluzione
e non è la panacea. Il 95% delle persone fallisce la die-
ta perché la considera come la soluzione da seguire
per un tempo definito, quando invece è uno stile
di vita e deve essere pianificata come tale. L’inizio
deve essere preceduto dalla Visione: “dove voglio
essere alla fine del viaggio?” E soprattutto “chi vo-
glio essere, una volta arrivato?” Questo ci permette
di sapere perché stiamo iniziando, e qual è la dire-
zione da prendere.

Guida pratica per diventare se stessi 77


4. Smetti di raccontare il perché non puoi iniziare.
Gli inizi non avvengono mai perché siamo intrap-
polati nella storia del “perché” non stiamo agendo.
“Non ho i soldi,” “non mi risponderà mai,” “sono
troppo vecchio”, “in Italia non si può fare” sono al-
cune delle storie che giustificano il nostro non agire.
Sono le storie che uccidono i nostri sogni e incanala-
no le nostre energie verso il mantenimento di queste
storie. Se ti lamenti, perdi tantissima energia vitale
e sprechi giorni, mesi, anni della tua vita a raccon-
tare una storia sul perché non fai, mentre altri ogni
giorno la stanno contraddicendo con le loro azioni.
5. Scegli i tuoi inizi. Ogni cosa che inizi nella tua vita
toglie tempo, energia ed attenzione. Scegli con cura
cosa iniziare, come un artigiano sceglie con cura le
pietre preziose da mettere su un anello. “Non ho tem-
po” è la scusa di molti, che deriva da un’incapacità di
scegliere cosa iniziare e su cosa concentrare le pro-
prie energie. Scegli con cura cosa vuoi iniziare nella
tua vita e cosa vuoi creare ed elimina le distrazioni.
Ho vissuto anche io la paura di iniziare e per molto
tempo non ho iniziato percorsi di vita che poi invece
mi hanno portato grandi soddisfazioni e felicità. Du-
bitare degli inizi è facile: d’altronde, sono rischiosi e
non sai se arriverai dove vuoi. Anzi, non vedi nean-
che tutta la strada e questo fa paura.

Un giorno però ti pentirai di quello che non hai ini-


ziato, e non di quello che hai fatto, magari sbaglian-
do. Perché un errore, come dicevamo, è un trampo-

Guida pratica per diventare se stessi 78


lino di lancio verso nuovi successi e non una porta
che si chiude per sempre.

Se non avessi baciato quel ragazzo, oggi non avresti


tuo marito. Se non avessi lanciato la tua attività, oggi
non saresti un imprenditore. Se non avessi compra-
to quel piccolo appartamento, oggi non avresti una
casa più grande.

A volte la vita è molto semplice:


a volte bisogna semplicemente iniziare.

Guida pratica per diventare se stessi 79


Cambia

— Cominciate col fare ciò che è necessario,


poi ciò che è possibile. E all’improvviso
vi sorprenderete a fare l’impossibile.
San Francesco D’Assisi, monaco

Guida pratica per diventare se stessi 80


Oscar Di Montigny — Parti da te
stesso per rendere il mondo
un posto migliore

Quest’estate sono stato colpito dalle parole di una


canzone pop che passava alla radio: “Codardo chi non
c’era / A scrivere sul diario da che parte sta la verità /
Ma in piazza scendo solo con il cane”. Si tratta di alcuni
versi della canzone Non me ne frega niente della gio-
vane cantautrice Levante, anche giudice a X Factor.
Nel mezzo di una canzone apparentemente spen-
sierata quelle frasi mi hanno colpito perché profon-
damente vere: quante volte ci capita di assistere a
persone che s’indignano, protestano, criticano ma
solo se protetti dalla tranquillità di una tastiera e di
uno schermo? “Ho sempre poco tempo per lottare sen-
za il modem”, continua il brano.

Questo mi ha fatto molto riflettere. Ovvio che ca-


pita anche a me di esprimere, qui e sui miei profili
personali, posizioni più o meno dure rispetto alle
cose che accadono nel mondo. Eppure mi sembra
che l’atteggiamento di alcuni sia ambivalente: fin-
ché sono nell’ambiente “social” si esprimono, fan-

Guida pratica per diventare se stessi 81


no finta di essere interessati a ciò che accade nel
mondo, si lanciano contro le ingiustizie di questa
società; ma a questa furia digitale non corrisponde
quasi mai una corrispettiva azione concreta. Le ma-
nifestazioni sono vuote, le proteste vanno a vuoto, il
mondo continua ad andare per la sua strada.

Non c’è niente di più contraddittorio, secondo me. Le


idee – e (quasi) tutte le idee sono legittime, qualsi-
asi sia il loro modo di ritagliare o catalogare la realtà
– devono essere sempre il motore di qualcosa di più
grande, di qualcosa che non può rimanere nell’am-
bito della polemica astratta. Agiamo, contribuiamo,
sforziamoci di cambiare le cose. Ma facciamo sul se-
rio, intervenendo nella realtà senza intermediazio-
ni. Quell’abusatissima e spesso banalizzata frase del
Mahatma Gandhi, “Sii il cambiamento che vuoi ve-
dere nel mondo”, è così popolare solo perché è pro-
fondamente vera. Se vogliamo che le cose cambino
ci dobbiamo spendere in prima persona.

Nel mio libro Il tempo dei nuovi eroi parlo del “seme
della possibilità”, ovvero “quella possibilità che ulti-
mamente sta venendo invece rimossa dalle nostre teste
e dai nostri cuori da un sistema che ci vorrebbe sempre
più passivi e deresponsabilizzati rispetto a tutto quan-
to sta accadendo attorno a noi”. Eccola un’altra parola
chiave: la responsabilità. Quando si parla dei cosid-
detti “leoni da tastiera” che insultano e fanno i bulli
digitali una delle conclusioni a cui si arriva è: posso-

Guida pratica per diventare se stessi 82


no dire tutto quello che vogliono sul web tanto nes-
suno chiederà mai conto delle loro responsabilità.
Invece io vorrei ribaltare questa concezione: qualsia-
si cosa venga decantata sui social media deve essere
riferita alla persona che la esprime, alle sue azioni,
alla volontà di trasformare le idee in realtà. Basta
con le deleghe, il menefreghismo e la passività: dia-
moci da fare, smettiamola di nasconderci dietro
alle belle opinioni che spargiamo su internet.
“Ben fatto è meglio che ben detto”, diceva Benjamin
Franklin che, fra invenzione del parafulmine e l’im-
pegno politico nella Rivoluzione americana, di cose
ne fece eccome.

Certo, capisco anche l’obiezione di molti che dico-


no: ma cosa vuoi che faccia io, persona semplice
e senza un seguito, a imprimere la mia volontà nel
mondo? Anche qua mi sento di dire: usciamo dalla
nostra stanza e dalla nostra solitudine, andiamo là
fuori nel mondo a cercare persone che la pensano
come noi. Ne troveremo sempre qualcuna, se non
molte. E insieme compiremo il cambiamento, fare-
mo evolvere le cose. Tengo sempre ben in mente
questa frase di San Francesco: “Cominciate col fare
ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’im-
provviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Basta
il seme della possibilità, appunto, per realizzare cose
prima impensabili.

Guida pratica per diventare se stessi 83


Anna Fata — Liberati della negatività
per tirare fuori il te migliore

La mente è fatta per pensare. La mente produce


di continuo pensieri. Si calcola che i pensieri pro-
dotti nell’arco di una giornata siano circa 60.000. La
mente in se stessa non è un problema per il nostro
benessere psicofisico, potrebbe diventarlo nella mi-
sura in cui la lasciamo vagare liberamente finendo
molto spesso con l’alimentare pensieri ed emozioni
per lo più negative.

I pensieri e le emozioni positive, infatti, tendono


ad essere alimentati in modo più spontaneo perché
l’istinto atavico di sopravvivenza ci ha lasciato dei re-
taggi tali per cui una parte di noi è costantemente in
allarme al fine di identificare possibili minacce per
la nostra vita. Per coltivare emozioni e pensieri posi-
tivi, invece, occorre uno sforzo e un impegno mag-
giori, almeno inizialmente. In questo processo non
si tratta di ignorare pensieri ed emozioni negative
o non attribuire loro una reale importanza e utilità,
ma saper discriminare cosa è bene coltivare inte-

Guida pratica per diventare se stessi 84


riormente e cosa, forse, è meglio lasciare andare.

Spesso ci complichiamo la vita immaginando cata-


strofi future che non hanno alcuna ragione d’essere.
A volte distruggiamo la nostra autostima a partire
da un piccolissimo insuccesso. In alternativa possia-
mo scegliere di evitare di alimentare questa rumina-
zione negativa e coltivare pensieri, emozioni, e di ri-
flesso anche azioni più costruttive, creative, positive
per noi e per chi ci sta intorno.

Secondo lo psicologo Guy Winch è possibile utiliz-


zare 5 strategie pratiche per ridurre la nostra ten-
denza a rimuginare negativamente:

1. Fare shopping con la mente


Ci si può immaginare in un negozio, ad esempio dal
fruttivendolo, in una boutique di alta moda, in una
libreria, o altro negozio a sé gradito, e visualizzare
con cura ogni oggetto che è presente in esso. E’ un
esercizio che mira a disciplinare la mente. Si può ef-
fettuare anche solo per un minuto ogni volta in cui
ci si scopre a ruminare mentalmente o in qualsia-
si altra occasione in cui lo si desidera. Col tempo la
mente si abitua ad essere più controllata, possono
migliorare le abilità decisioni e il tono dell’umore.

2. Frequentare persone positive


Secondo una ricerca effettuata presso l’Università di
Notre Dame è facile essere vittime della ruminazione

Guida pratica per diventare se stessi 85


mentale se anche le persone che stanno intorno, nel
caso della ricerca erano i compagni di stanza al colle-
ge, lo fanno. La ruminazione mentale spesso implica
anche preoccupazioni, pensieri ad alta voce, malu-
mori che inevitabilmente si ripercuotono anche su
coloro che stanno intorno. Evitare le persone nega-
tive o almeno essere più consapevoli di quali conse-
guenze possa comportare la loro frequentazione può
essere un utile modo per evitare di rimuginare.

3. Gettarli via fisicamente


Per liberarsi dai pensieri inutili, fastidiosi, distrut-
tivi, secondo una ricerca della Ohio State University
può essere utile scriverli su un foglio, farli a pezzi, o
gettarli direttamente nel cestino. Può essere altret-
tanto utile scriverli su un documento al computer e
poi cancellare il documento. Si è visto che coloro che
scrivono i loro pensieri negativi legati al proprio cor-
po e gettano via lo scritto hanno un’immagine di sé
più positiva di coloro che non lo fanno.

4. Bere una tazza di the


I pensieri negativi e le relative emozioni possono
presentarsi per diversi motivi. Quando nello speci-
fico questi sono associati al senso di solitudine una
ricerca condotta presso la Yale University ha eviden-
ziato che tenere in mano qualcosa di caldo può aiu-
tare a ridurre queste emozioni e pensieri negativi.
Tra l’altro si è rilevato anche che le persone che sof-
frono di solitudine tendono a fare delle docce calde

Guida pratica per diventare se stessi 86


di maggiore durata. Sostituire il calore emotivo con
quello fisico aiuta a placare la mente e l’animo, an-
che se questo ovviamente non vuole essere un modo
per rimpiazzare le relazioni umane.

5. Re-incorniciare la situazione
Quando la rimuginazione mentale è molto forte,
ripetuta, insistente, distrarsi con altri espedienti,
per quanto validi, non è sempre facile. Reinterpre-
tare la situazione, ridimensionarne la portata, può
essere un buon modo per alleggerirsi interiormen-
te. Ad esempio: se perdiamo la coincidenza per un
viaggio in treno, invece di focalizzarsi su quello che
stiamo perdendo potrebbe essere più utile pensare
a quello che stiamo guadagnando in termini di op-
portunità, ad esempio svolgere con calma del lavoro,
fare qualche telefonata senza interferenze né rumo-
ri, o semplicemente riposarsi. Nel momento in cui si
vede una situazione in modo differente può risultare
più facile effettuare altri esercizi per sviluppare atti-
vamente pensieri ed emozioni positive, oppure ma-
gari più semplicemente svuotare completamente la
mente tramite la Meditazione.

Guida pratica per diventare se stessi 87


Silvio Gulizia — Sfrutta il meccanismo
delle abitudini per diventare migliore

È passato un mese e la maggior parte dei buoni pro-


positi per l’anno nuovo, per alcuni, sono già un ri-
cordo. Questo accade perché per cambiare le cose
non basta assumere la decisione di farlo, ma occorre
compiere azioni concrete che quasi mai sono defi-
nite dai buoni propositi. Il fatto è che la forza di vo-
lontà degrada con il tempo, e quanto più dobbiamo
stare lì a pensarci, a come mettere in pratica questi
buoni propositi che ci cambieranno la vita, tanto più
ci dimentichiamo di farlo e non cambiamo più nulla.
In definitiva, i buoni propositi non servono a nulla.
Quello di cui abbiamo bisogno, sono nuovi sistemi.
Nuovi schemi per raggiungere gli obiettivi che fis-
siamo. Abitudini che ci portino a compiere le azioni
previste dai nostri schemi.

Buoni propositi vs nuovi sistemi

Che differenza c’è fra buoni propositi e nuovi siste-


mi? Un esempio renderà tutto più semplice. Innan-

Guida pratica per diventare se stessi 88


zitutto, cos’è un buon proposito? Proviamo a defi-
nirlo come qualcosa che vogliamo cambiare e che da
domani non sia più come prima. Un buon proposito
dovrebbe essere in definitiva un obiettivo, ma non
sempre i buoni propositi sono definiti come obietti-
vi. Un buon proposito, per esempio, non può essere
“dimagrire”, ma deve essere “perdere 15 chili entro
fine giugno”. Un obiettivo infatti si definisce attra-
verso un passaggio da una condizione A a una condi-
zione B in un determinato lasso di tempo.

Un sistema invece è il complesso delle azioni ne-


cessarie per passare da A a B entro il tempo defi-
nito. Nel caso specifico, ingerire ogni giorno l’esatto
numero di calorie necessarie a far calare il nostro
peso del tot definito entro la data prefissata. Un’a-
zione è qualcosa di concreto, qualcosa che dobbiamo
fare, non evitare. Un’azione non è “non mangiare
dolci fra un pasto e l’altro”, ma “mangiare frutta a
merenda”. Il risultato è lo stesso, ma non fare una
cosa non è una cosa che possiamo fare.
Creare un sistema significa definire dei processi da
eseguire. E il modo per eseguirli è trasformare le azio-
ni in abitudini. A quel punto, possiamo anche dimen-
ticarci degli obiettivi, e li raggiungeremo comunque.

Perché i buoni propositi sono negativi

Quando formuliamo dei buoni propositi, quello che


facciamo non è altro che definire degli obiettivi. E

Guida pratica per diventare se stessi 89


quando facciamo questo, diciamo a noi stessi che
non siamo felici dello status quo in cui ci troviamo, e
che abbiamo l’esigenza di agire per cambiare le cose.
E così, non appena l’euforia generata dall’idea del
cambiamento lascia spazio alle fatiche e al rischio
che esso comporta, ecco che ci ritroviamo in uno
stato di negatività: così come stanno, le cose non
vanno per niente bene, e ne siamo consapevoli.

Quando invece attiviamo delle abitudini, il nostro


cervello non ci fa più caso, a quello che stiamo facen-
do. Viaggia per così dire con il pilota automatico. E
tutt’al più quello che si ritrova a pensare è “sto facen-
do delle attività che mi portano dove voglio andare”.
Chiara la differenza?

Allo stesso modo, avere degli obiettivi non aiuta a


tenere traccia dei progressi che facciamo, che è
una cosa fondamentale per prendere il ritmo e rea-
lizzare i nostri progetti. All’interno di un sistema, un
processo invece definisce le attività da compiere per
avanzare dal punto A al punto A1, verso il punto B.
Ogni processo completato genera risultati, e que-
sti risultati ci gratificano e ci spronano a progredire
verso il completamente della nostra missione.

Dai processi alle abitudini

Creare un sistema per raggiungere i propri obiettivi,


come per esempio scrivere 500 parole al giorno per

Guida pratica per diventare se stessi 90


finire di scrivere un libro in un mese, non ci porta
direttamente all’azione. I processi infatti non produ-
cono azioni, ma si limitano a definirle. Per arrivar-
ci, è necessario praticare, e la pratica migliore per
mantenere attivo un sistema è stabilire delle abitu-
dini, delle pratiche da seguire senza starci più a pen-
sare. Per esempio, quella di scrivere appena svegli,
prima ancora di fare colazione.

A differenza di un processo, un’abitudine genera


azione sistematicamente. Essa è strutturata con
un innesco, un processo automatico e un premio.
L’innesco è qualcosa che ci mette in moto con il suo
semplice accadere, come lavarci i denti dopo aver
fatto colazione. Il processo a quel punto viene ese-
guito in maniera automatica (nessuno ha bisogno di
concentrarsi sulla sequenza di denti da pulire o sul-
la direzione in cui muovere lo spazzolino). E il pre-
mio finale ci gratifica per le azioni compiute (avete
presente quel sapore di fresco che rimane in bocca
dopo aver lavato i denti? Fu un’invenzione di Clau-
de C. Hopkins per vendere più dentifrici dell’azienda
per cui lavorava, come racconta il giornalista Char-
les Duhigg in La dittatura delle abitudini). Quello che
hanno in comune abitudini e sistemi è che si ripeto-
no nel tempo. E con il loro ripetersi ci guidano alla
realizzazione di quei propositi formulati alla vigilia
dell’anno nuovo.

Guida pratica per diventare se stessi 91


Una questione di volontà

Nel libro How to Fail at Almost Everything and Still


Win Big, Scott Adams, l’autore di Dilbert, una delle
strisce di fumetti più famose al mondo, sottolinea
come la differenza fra obiettivi e sistemi stia tutta
nel consumo della forza di volontà. Essendo questa
limitata, e consumandosi con l’uso, lo sforzo neces-
sario per andare in palestra tre volte alla settimana
prima o poi la esaurisce, mentre l’abitudine di tener-
si in esercizio quotidianamente e ricercare il modo
migliore per prendersi cura del proprio corpo prima
o poi rende la forza di volontà non più necessaria per-
ché fare esercizio diventa più semplice che non farlo.

In definitiva, concentrarsi su abitudini e sistemi


aiuta a realizzare i buoni propositi senza più biso-
gno di starci a pensare, e senza logorare la nostra già
scarsa forza di volontà. Così, anche quando arriva
febbraio e ce ne siamo dimenticati, le azioni neces-
sarie per cambiare lo status quo in cui ci troviamo a
disagio sono già radicate nella nostra routine quo-
tidiana. E questo, oltre a metterci in controllo del-
la situazione, ci mette decisamente di buon umore.
Dunque, mettiamo da parte i buoni propositi una
volta per tutte e iniziamo a definire nuovi sistemi.

Guida pratica per diventare se stessi 92


Diventa ciò che sei

— La vostra visione apparirà più chiara


soltanto quando guarderete nel vostro cuore.
Chi guarda l’esterno, sogna.
Chi guarda all’interno si sveglia.
Carl Gustav Jung

Guida pratica per diventare se stessi 93


Matteo Plevano — Ascolta te stesso
e libera la tua energia

Cosa genera il movimento? Cosa muove l’essere


umano, cosa lo spinge ad agire, prendere iniziativa,
ricercare, esprimere la propria energia? Sicuramen-
te la finalità, l’obiettivo, la visione di sé proiettata nel
futuro o il desiderio di un contesto differente attorno
(suggerisco a tal proposito la lettura di “Fine – Rea-
lizza la tua visione” di Daniele Salomoni). La visione,
la finalità, l’obiettivo sono calamite che ci attirano,
sono sirene che con il proprio canto ci inducono agi-
tazione, inquietudine, desiderio di azione. Tale canto
ci risveglia una forza atavica, probabilmente la forza
stessa che ci ha consentito di essere qui oggi, vivi: la
pulsione di vita. È naturale, ne siamo pervasi, è con-
naturata con la nostra stessa essenza, la abbiamo in-
cisa nel nostro DNA, è il carburante che alimenta il
motore delle nostre passioni.

Infatti è la domanda iniziale a essere sbagliata. Il


movimento non si genera; il movimento già c’è, è
connaturato in noi. L’essere umano per natura è in

Guida pratica per diventare se stessi 94


movimento, seguendo quella pulsione di vita che
gli ha consentito di nascere, crescere, esplorare il
mondo e imparare. Ma allora come mai le perso-
ne non sono costantemente in movimento, piene
di vita nel ricercare la propria felicità? Perché il
libero fluire della nostra energia vitale è costan-
temente minato da blocchi, ostacoli autogenerati
che spesso ci portano a rallentare fino all’immobi-
lismo. Sono le persone immobili, incastrate nel-
le proprie paure, ansie, piccole e misere certezze,
quelle più insoddisfatte e cupe.

Il movimento è connaturato a ogni essere umano,


ma è necessario non ostacolarne il libero fluire.

I blocchi sono ovunque, si annidano subdoli nei


percorsi di vita, si instillano timidamente dopo
una frase detta, una delusione, un rifiuto e piano
piano diventano grandi come macigni, si cingono
alla nostra caviglia e correre diventa impossibile.
Spesso la nostra forza vitale è talmente grande che
li rompe, superandoli e lasciandone solo un pal-
lido ricordo; ma purtroppo molti rimangono con
noi, ci conviviamo e li teniamo come compagni di
vita, accettando di non andare oltre, di non osare
mai l’inosabile. Eppure basterebbe così poco, ba-
sterebbe sapere che i blocchi si possono superare,
che in realtà sono frutto di nostre convinzioni er-
rate, che ci limitano nel perseguire i nostri desi-
deri. Una parola detta può generare un blocco, ma

Guida pratica per diventare se stessi 95


allo stesso modo può consentire di superarlo; ba-
sta una parola, un esempio di una persona vicina a
noi, un consiglio di un amico e improvvisamente
si accende la scintilla in noi, vediamo la strada che
pensavamo chiusa.

Per correre non serve la spinta, basta solo iniziare


e, uno a uno, a togliere i blocchi e gli ostacoli che
si frappongono tra noi e il nostro obiettivo, qua-
lunque esso sia. In psicologia questo concetto è
ben conosciuto, si chiama ‘autoefficacia’ e lavora-
re su questo tema è il modo migliore per consen-
tire alle persone di agire, muoversi, esprimere la
propria energia vitale, realizzare i propri obietti-
vi. C’è davvero tanta energia sprecata nel mondo,
un’energia potenziale che non trova libero sbocco,
ma che purtroppo implode in ansie, nervosismo,
rassegnazione. Se solo riuscissimo a rimuovere i
blocchi, o almeno alcuni di essi, consentiremmo
all’energia vitale di esprimersi, generando risulta-
ti impensabili.

Quando ciò accade a livello sociale, per una co-


munità di persone, il risultato è incredibile: pen-
so alla Polis dei filosofi greci, alla Firenze del ri-
nascimento, all’imprenditorialità illuminata di
Adriano Olivetti, così come alla Silicon Valley di
oggi. Ciò che lega questi momenti incredibili del-
la storia è la concezione che i sogni si possono
realizzare, che le grandi idee possono prendere

Guida pratica per diventare se stessi 96


forma e cambiare la società. Per lasciare il segno,
dunque, la miglior cosa che possiamo fare non
è cercare di risolvere rompicapi impossibili ma
iniziare a guardare dentro di noi per superare le
paure e liberare la nostra energia.

Guida pratica per diventare se stessi 97


Gian Luca Bianco — Allenati ogni
giorno e raggiungi i tuoi obiettivi

Più ci avviciniamo a un obiettivo, più lo sforzo ri-


chiesto è impegnativo e ci è necessario focus, ener-
gia e concentrazione.

All’inizio l’obiettivo è distante, è un filo arrotolato


sulla sua matassa di cui non conosciamo la lunghez-
za e così le energie troppe volte sono dissipate lungo
la strada; spesso il nostro piano per raggiungere ciò
che ci siamo prefissati non prende in considerazione
la relazione tra il tempo a disposizione con lo spazio
occupato dalle azioni. Ed è a questo punto che ci ren-
diamo conto che dobbiamo fare i conti con l’energia.

L’energia si produce attraverso il corpo e per farlo


dobbiamo divenire consapevoli di come funzionia-
mo, come possiamo generarla, come la sprechiamo,
come la orientiamo, per diventare in questo modo
capaci di conservarla, percepirla ed sfruttarla.

Prendersi cura della propria condizione fisica ener-

Guida pratica per diventare se stessi 98


getica ci può permettere un successo o una sconfit-
ta in relazione a un obiettivo che abbiamo prefigura-
to. Troppe volte i fallimenti sono la conseguenza di
una mancata gestione delle risorse e dell’energia a
disposizione.

Torniamo un momento al nostro obiettivo e cer-


chiamo di capire quel che è necessario: se abbiamo
un obiettivo a breve termine abbiamo certamente
bisogno di forza. Immaginate un centometrista o
uno scattista, la forza è in relazione al tempo neces-
sario per arrivare all’obiettivo, quindi in questo caso
dobbiamo essere capaci di erogare in un tempo ra-
pido tutta l’energia che abbiamo generato e imma-
gazzinato, abbiamo bisogno della massima potenza.

Pensiamo poi a una classica gara di ciclismo come


il Tour de France o il Giro d’Italia comprenderemo
subito che la nostra energia deve essere distribuita
e rilasciata in un tempo lungo e che dobbiamo ge-
nerare uno sforzo duraturo nello spazio che ci sepa-
ra dall’arrivo, sviluppando così non tanto la potenza
quanto l’endurance.

Se abbiamo necessità di sviluppare per il nostro


obiettivo flessibilità dobbiamo lavorare sulla gestio-
ne della forza nello spazio e nel tempo mettendo
insieme la potenza con l’endurance e questo possia-
mo osservarlo in una partita di tennis tra Roger Fe-
derer e Rafa Nadal.

Guida pratica per diventare se stessi 99


La visione e la missione non sono separati dalla
performance fisica, sono profondamente collegati
e ci permettono di comprendere che per realizzare
un obiettivo dobbiamo agganciare un altro livello,
quello spirituale, che rappresenta il vero e profondo
motivo per cui ci sentiamo chiamati al fare le cose.

L’energia è perciò una questione centrale che mette


insieme tutti i livelli coinvolti, dallo spirito al corpo:
viviamo tutti in una profonda crisi energetica de-
rivata dal fatto che siamo sempre più sotto stress,
costantemente connessi, senza sosta ed incapaci di
recuperare momenti di pausa davvero rigeneranti.

Lo stress di per sé è uno straordinario motore evo-


lutivo ma solo se associato alla capacità di recupero,
di comprensione, di distacco, di distanza che ci per-
mette di essere capaci di determinazione, che signi-
fica dosare le nostre energie esattamente con ciò che
dobbiamo realizzare, nulla di più, nulla di meno. La
vita è un esercizio meraviglioso, un’arte e possiamo
rendercene conto attraverso la pratica della grati-
tudine.

La gratitudine è un’energia purissima in grado di ri-


generare noi stessi e nello stesso momento gli altri
a cui è rivolta. Qualsiasi sia l’obiettivo, il sogno, il de-
siderio, l’ambizione, la visione non dimentichiamoci
di essere grati, la gratitudine è il più grande genera-
tore di energia pulita che possiamo immaginare.

Guida pratica per diventare se stessi 100


Facciamo un piccolo gioco, proviamo a ripensare
a tutte quelle persone che ci hanno donato qual-
che cosa che ci ha permesso di crescere, miglio-
rare e divenire quel che siamo oggi. Scriviamo su
un foglio il loro nome, il motivo e ringraziamole.
Scopriremo che questo semplice gesto innescherà
una serie di sorprendenti conseguenze che ci por-
teranno ad uno stato di grazia, fiducia, chiarezza,
apertura, benessere rendendoci pronti cosi a re-
alizzare qualunque desiderio, scoprendo che non
siamo soli ma che possiamo contare su noi stessi e
su chi ci circonda, questo di per sé onora qualsiasi
cosa decideremo realizzare.

Guida pratica per diventare se stessi 101


Lorenzo Fantoni — Libera la creatività
e diventa ciò che sei

Chiunque abbia provato il desiderio di esternare il


proprio punto di vista attraverso un articolo, un vi-
deo o una qualunque altra forma di espressione si è
trovato almeno una volta di fronte a un ostacolo.

Seppur non particolarmente alto, quell’ostacolo è


molto difficile da superare perché non si trova di
fronte a noi, ma dentro di noi e corrisponde alla
domanda “Ma a chi dovrebbe interessare ciò che
faccio?”. Se la sono posta centinaia di scrittori,
giornalisti, sceneggiatori, registi, fumettisti, autori
TV, blogger, pittori e in alcune fasi del proprio per-
corso è una domanda legittima, sana. Se non altro
denota umiltà e capacità di autoriflessione, ma at-
tenzione perché gli eccessi di modestia sono anco-
ra più dannosi degli eccessi di autostima. Nessun
grande avanzamento dell’uomo è arrivato da chi si
autolimitava.

Infatti l’insidia dietro a quesiti come questo è che

Guida pratica per diventare se stessi 102


spesso rappresentano una calda coperta in cui av-
volgersi per non affrontare l’eventuale gelo del
fallimento. Finché ci consoliamo dicendo “non mi
esprimo, perché tanto quello che penso non importa
a nessuno” non potremo mai avere la certezza che
sia effettivamente così. Un sogno che non viene
espresso rimane sospeso e non sbatte mai contro
la realtà, quindi possiamo anche tenerlo vivo in eter-
no, ma rimarrà sempre un sogno.

Eppure basta solo un attimo di coraggio, o di inco-


scienza, per assaporare il brivido di esprimersi.

1. Cominciate a creare, a comporre il contenuto


che vorreste condividere
Anche se non vedete l’ora che gli altri si interessino e
commentino il vostro lavoro, per prima cosa fatelo
perché ne sentite il bisogno. La risposta più sem-
plice alla domanda infatti è che ciò che fate deve in-
nanzitutto importare a voi. Cosa accade se nessuno
leggerà il vostro articolo, guarderà il vostro video o
condividerà il vostro disegno? Pazienza, complimen-
tatevi piuttosto con voi stessi perché avete comun-
que fatto qualcosa, il che vi pone più avanti rispetto
a chi quell’ostacolo non l’ha neanche approcciato.

2. È proprio cimentandovi e analizzando i risultati


ottenuti che potrete acquisire esperienza
Capirete come trasmettere un concetto, cosa pote-
vate fare meglio nel presentare il vostro progetto,

Guida pratica per diventare se stessi 103


cosa incuriosisce di più il pubblico a cui vi rivolgete,
come dare forma alla vostra idea in modo che sia ac-
cattivante. Ciò detto, sapete a chi interessa davvero
ciò che state facendo? Al voi di domani, quello che
imparerà dalle vostre esperienze, dai successi, ma
anche dagli errori.

3. Toglietevi dalla testa che i vostri modelli di rife-


rimento abbiano avuto successo così, improvvisa-
mente
Ogni cantante, scrittore, disegnatore, attore, perso-
na che oggi vedete là in cima e che in qualche modo
vi ispira o suscita ammirazione ha alle spalle anni
di porte in faccia, ansie, rodimenti e progetti che
nessuno ha considerato. Ci sono lavori in cui questo
continuo rimbalzare tra fallimenti e successi non fi-
nisce mai, spesso sono anche quelli più stimolanti.

Riuscire in qualcosa è una strana combinazione di


abilità, fortuna e perseveranza. La prima si può
migliorare, la seconda non si può controllare, la ter-
za è l’unico fattore su cui potete influire veramente.
Ecco perché dovete superare la domanda “a chi im-
porta ciò che faccio?”.

E se per tutta la vita disegnerete quadri che vedre-


te solo voi e scriverete pezzi che leggeranno in pochi
fa nulla, l’importante è che quel che fate vi faccia
stare bene e che teniate sempre a mente che ave-
te fatto comunque più di chi non ha mai superato

Guida pratica per diventare se stessi 104


quella domanda o si è limitato solo a criticare ciò che
hanno fatto gli altri.

N.B.
Lo stesso principio si può applicare anche in situa-
zioni meno creative, ma bisogna anche considera-
re un fattore importante: se da una parte non dob-
biamo aver paura di esprimere la nostra opinione,
dall’altra dobbiamo confezionarla in modo che sia
un parere costruttivo, aperto alle critiche e basato su
informazioni verificabili. L’errore più grande che si
possa fare è pensare che l’opinione di una persona
non informata abbia lo stesso valore di un esperto.

Guida pratica per diventare se stessi 105


Autori

Guida pratica per diventare se stessi 106


Gian Luca Bianco Ho scelto di me una fotografia non posata,
perché considero l’imprevedibilità della
vita la sua anima fondamentale.
Mi preparo molto, amo studiare, mi pia-
ce approfondire qualunque argomento
che riguarda l’essere umano, le relazioni
con l’insieme e con la natura. Sono sfac-
ciatamente curioso di ogni espressione
artistica, scientifica, tecnologica, filosofi-
ca, creativa e allo stesso tempo mi piace
dimenticare ogni cosa appresa per im-
mergermi nell’esistenza e vivere in libertà
lasciandomi sorprendere e cercando di co-
gliere le opportunità che mi raggiungono.
Sono regista, un’etichetta che vuol dire
tutto e nulla, mi piace pensarmi essere
umano di passaggio sulla terra insieme ad
altri 7 miliardi 380 milioni di persone. Mi
appassionano le storie. Mi piace raccon-
tarle attraverso le immagini, la musica, le
parole, i suoni, il silenzio. Ho prodotto e
diretto film, realizzato eventi, creato rela-
zioni, scritto soggetti, format e pubblicato
un libro, vissuto in luoghi diversi del pia-
neta, eppure ogni giorno mi sveglio con il
desiderio di imparare a ricercare la bellez-
za come se nulla fosse accaduto prima.

Giulia Blasi Giulia Blasi è scrittrice, autrice e condut-


trice radiofonica.
Fa parte della redazione del periodico di-
gitale di Treccani, Il Tascabile, e ha all’at-
tivo una lunga esperienza come content e
community manager nella rete italiana.
Il suo ultimo romanzo si intitola   Se basta
un fiore (Piemme, 2017).

Guida pratica per diventare se stessi 107


Franco Bolelli Scrittore e filosofo, anche se alla fine non
si ritrova in nessuna definizione. Asso-
luta passione per la costruzione di nuovi
modelli mentali, sentimentali, comporta-
mentali, vitali.
Tanti libri, in particolare Tutta la Verità
sull’Amore con Manuela Mantegazza (Sper-
ling & Kupfer, 2015),  Si Fa Così  (ADD Edi-
tore, 2013),  Giocate!  (ADD Editore, 2012),
e  Viva Tutto!  scritto in coppia con Loren-
zo “Jovanotti” Cherubini (ADD Editore,
2012). Prima ancora,  Con il cuore e con le
palle e Cartesio non balla(Garzanti, 2007). E
tanti altri prima ancora. Ha recentemente
fatto da coach e prefatore a Fabrizio Coro-
na per il suo  Mea Culpa  (Mondadori, 2014).
Mille conferenze, tanti festival progettati
e diretti, riviste, giornali e un sacco di al-
tre cose.

Luciano Canova Laurea e PhD in Economia, si occupa di


economia sperimentale, di qualità della
vita e felicità. Collabora con diverse testa-
te di divulgazione scientifica come lavoce.
info, GliStatiGenerali, Infodatablog, IlSo-
le24Ore e ha una passione per la comuni-
cazione scientifica in ambito economico.
Responsabile scientifico del progetto Ap-
pyMeteo insieme ad Andrea Biancini, in-
segna economia sperimentale alla Scuola
Enrico Mattei e collabora con diverse uni-
versità. È il Prof. di Economia della Felici-
tà sulla piattaforma  Oilproject.org.

Guida pratica per diventare se stessi 108


Lorenzo Cavalieri Fondatore e Direttore di Sparring, società
di formazione e consulenza che diffonde
la cultura della buona vendita: allenamen-
to, semplicità, emozioni.
Dopo un’esperienza manageriale come se-
lezionatore e cacciatore di teste si occupa
dal 2008 di sviluppo delle risorse umane,
outplacement e coaching (è un coach cer-
tificato ICF).
Da specialista di orientamento nel mon-
do del lavoro cura per scuole, università
e business school progetti di promozione
di un approccio imprenditoriale al lavoro.
Ha raccolto la sua visione del nuovo mon-
do del lavoro nel libro “Il lavoro non è un
posto”. Precedentemente aveva pubblicato
“Mi vendo bene ma non sono in vendita”
e “Vendere mi piace”, tradotto anche all’e-
stero. Scrive di lavoro, talento e carriera
sul suo blog.
È l’ideatore dell’ingegneria verbale, un
metodo di allenamento per semplificare il
nostro modo di scrivere e parlare.

Luca D'Elia Nato nel 1978, laurea in Filosofia presso


l’Università Statale di Milano, dal 2004 si
occupa di formazione manageriale e com-
portamentale. Consulente, formatore,
coach, ha finora lavorato per importanti
aziende nazionali e multinazionali. Mu-
sicista professionista e presentatore di
eventi, Luca porta in contesti organizzativi
la sua esperienza nell’ambito dello spet-
tacolo, intervenendo come  keynote spea-
ker in convention e meeting aziendali.
Parallelamente all’attività di consulenza,
si occupa di docenza accademica, colla-
borando negli anni con diversi istituti ed

Guida pratica per diventare se stessi 109


università, tra cui IULM, Università Catto-
lica, Istituto Marangoni, IED, Accademia
del Lusso.

Oscar Di Montigny Direttore Marketing, Comunicazione & In-


novazione di Banca Mediolanum.
Nella prima parte della sua carriera ha ma-
turato esperienze professionali come Di-
rettore Marketing e Comunicazione pres-
so importanti gruppi internazionali.
Dal suo ingresso in Banca Mediolanum
nel 2000, ha lavorato nella funzione For-
mazione e Sviluppo della Rete di Vendita
del Gruppo contribuendo alla creazione e
al lancio della Scuola di Formazione per
lo Sviluppo del Potenziale Umano; ha ide-
ato, progettato e seguito il lancio di  Me-
diolanum Corporate University, istituto
educativo al servizio della Community
Mediolanum (Rete di Vendita, Sede, clien-
ti), insignita, nel marzo 2013, dal Global
Council of Corporate University come 2°
miglior Corporate University al mondo  e,
nel settembre 2014, premiata come 1°
classificata al Positive Business Training
Award, dalla prestigiosa Scuola di Palo
Alto (Milano).
Dal 2011 ha assunto il ruolo di Direttore
Marketing e Comunicazione per diventa-
re poi ad aprile 2014 Direttore Marketing,
Comunicazione e Innovazione di Banca
Mediolanum.  Esperto di Innovative Mar-
keting, Comunicazione relazionale e Cor-
porate education, è ideatore e divulgatore
dei principi dell’ “Economia 0.0” in cui co-
niuga business e management con filoso-
fia, arte e scienza. Keynote speaker appas-
sionato e di forte impatto motivazionale, è

Guida pratica per diventare se stessi 110


stato invitato a partecipare a molti forum
e manifestazioni sia nazionali che interna-
zionali. 
Nell’ambito delle attività di MCU, motivato
dagli stessi valori ispirazionali, propone e
crea Centodieci.
Autore del blog Riflessioni per il terzo mil-
lennio  in cui indaga e analizza come i me-
ga-trend del futuro determineranno nuovi
scenari sociali e di mercato.
A settembre 2016 viene pubblicato da
Mondadori,   Il tempo dei nuovi eroi  , pri-
mo libro a firma Di Montigny.
«Ogni attimo è un dono e devo innanzitutto
educarmi a essere grato di tutto ciò. Provare
Gratitudine verso me stesso. Provare Gra-
titudine verso l’altro. Agire per generare la
Gratitudine dell’altro nei nostri confronti è
l’Elisir del mio Eroe. La Gratitudine è la ca-
pacità dell’uomo di mettere a fuoco il valore,
tralasciando ciò che non è utile, come i biso-
gni. Provare Gratitudine significa seminare
nell’altro la visione di un nuovo senso della
vita, di un nuovo senso di noi stessi nella
vita».

Lorenzo Fantoni Classe 1981, nasce con l’Atari in mano, gra-


zie a un padre che prima ancora di svezzar-
lo lo introduce a Star Wars, al rock e a tutto
ciò che poteva essere nuovo, tecnologico e
fantastico.
Dopo una laurea in Media e Giornalismo,
nel 2007 decide di diventare scrittore,
storyteller e divulgatore, esperto in cultu-
ra pop, tecnologia, gadget e videogiochi.
Da anni collabora con le maggiori realtà
del settore come Wired, Vice, Multiplayer.
it, Corriere della Sera, PlayStation Magazi-

Guida pratica per diventare se stessi 111


ne Ufficiale, per i quali è spesso all’estero
per reportage su eventi speciali, press tour
e racconti dedicati alle mille sfaccettature
del mondo “geek”.
La sua conoscenza di vari aspetti della cul-
tura contemporanea lo ha portato a essere
ospitato su Virgin Radio all’interno della
trasmissione Dr. Feelgood con uno spazio
dedicato a videogiochi, serie TV e tecnolo-
gia.
Recentemente ha partecipato su Rai 3 ad
Agorà per spiegare il fenomeno Pokémon
Go. Ha scritto per Sky documentari dedi-
cati al mondo del cosplay e delle compe-
tizioni di videogiochi (Cosplay Stories e
Esports People), andanti in onda su Sky
Generation e attualmente in replica su Sky
Atlantic.
Vive a Milano e cura un blog dedicato alla
cultura nerd (n3rdcore.it), letto ogni gior-
no da migliaia di persone.

Anna Fata Anna Fata èP   sicologa & Coach di orientamento


olistico (dal greco olos, tutto), che lavora con-
giuntamente su mente - corpo - spirito, Scrit-
trice, Presidente ArmoniaBenessere®Errore.
Riferimento a collegamento ipertestuale
non valido.  Associazione e Metodo di lavo-
ro che opera per il ben-essere globale della
persona, nella sua vita privata e professio-
nale, della società, dell’ambiente. Attiva
come Psicologa e nel Web dal  1998, tiene
corsi e consulenze per il benessere psicofi-
sico di persone e aziende.
Autrice, tra gli altri dei  libri:
• Aspetti psicologici della formazione a di-
stanza, FrancoAngeli Editore
• Il cibo come fonte di essere e ben-essere, Ar-

Guida pratica per diventare se stessi 112


mando Editore
• Armonia, Benessere, Felicità, Punto di
Fuga Editore
• Lo zen e l’arte di cucinare,Edizioni Il Punto
d’Incontro
• Amore Zen, Crisalide Edizioni
• L’etica del cuore, Edizioni Psiconline
• Un modello per il ben-essere in azienda,
Nuova Ipsa Editore
• Vivere e lavorare meglio, Edizioni Paoline
• La vita professionale e la pratica meditati-
va, Edizioni Il Punto d’Incontro
• Cosa ho imparato dalla vita, Edizioni Segno
• #MyWebIdentity–Aspetti psicosociologici
dell’identità online, Edizioni Psiconline
• 99 Esercizi per il Benessere e la Felicità nella
Vita e nel Lavoro, in fase di pubblicazione.

Claudio Gagliardini Nato a Roma nel 1970, manca per pochi de-
cenni la natività digitale, ma recupera con
insospettabile freschezza alla fine degli
anni Novanta, dopo numerose esperienze
in ambito turistico-ricettivo, in giro per
l’Italia.
Il demone del web s’insinua in lui agli
esordi della rete nel Bel Paese, fino a di-
ventare una professione, con l’avvento dei
media sociali e del web 2.0, che integra
l’impegno sino a quel momento speso in
comunicazione e marketing tradizionali.
Oggi è consulente, formatore e relatore in
Web Marketing, Social Media e comunica-
zione online. Lavora in proprio, socio fon-
datore di  seidigitale.com  a Cremona, e per
numerose aziende nazionali, soprattutto
in ambito food e turismo, settori nei quali
progetta e curo strategie di Comunicazio-
ne & Marketing online.Tra le altre attività

Guida pratica per diventare se stessi 113


è blogger e scrittore a tempo perso (o gua-
dagnato, a seconda dei punti di vista).

Silvio Gulizia Giornalista professionista e consulente di


comunicazione.
Responsabile della comunicazione e degli
eventi per Pi Campus, fondo di venture ca-
pital e distretto di startup. In precedenza
è stato responsabile della comunicazione
online per il VC LVenture Group e l’acce-
leratore LUISS ENLABS, e ha supportato
diverse altre aziende e startup nel raccon-
tare le proprie storie online.
Silvio ha scritto e scrive di tecnologia e
innovazione su quotidiani e magazine
come  Wired,  Huffington Post, e  La Repubbli-
ca. Ha inoltre collaborato con il blog del
progetto Telecom Working Capital e lan-
ciato il canale tech di  Leonardo.it.
Nel 2016 ha lanciato  Vivere intenzional-
mente,  un blog in cui sono raccolti spunti
e riflessioni per aiutare i lettori a spendere
il proprio tempo nelle cose per loro più im-
portanti e realizzare i propri progetti.
Sul proprio  sito  scrive di comunicazione,
produttività e startup.

Giovanni Lucarelli Giovanni Lucarelli  è sociologo, scrittore,


speaker e trainer in creatività ed inno-
vazione. Svolge attività di formazione e
di consulenza, presso istituti scolastici,
università e aziende, aiutando le perso-
ne a lavorare efficacemente in gruppo e
a sviluppare le abilità creative (creative
thinking, problem solving, ecc.).  Ha pub-
blicato numerosi articoli e alcuni volumi,
tra cui «L’arte di essere creativi» (Quattro-

Guida pratica per diventare se stessi 114


venti, 1998), «L’arte di rendere creativo un
gruppo» (Quattroventi, 1999), «Il gruppo al
lavoro» (Franco Angeli 2005), «Team In-
novativi» (Ticonzero, 2011) e «Lavorare in
gruppo non è mai stato così facile» (selfpu-
blishing, 2017).  Scrive articoli e approfon-
dimenti scientifici sullo sviluppo delle abi-
lità creative e sul lavoro in gruppo su www.
wired.it e nel blog, giovannilucarelli.it

Lorenzo Paoli Lorenzo Paoli è leader in Italia nello sviluppo


di abitudini efficaci a livello mentale, emo-
zionale e comportamentale. Lavora per mul-
tinazionali come Vodafone, Footlocker, Dell,
Tupperware, Molteni Farmaceutici, Elica e
molte altre ed è chiamato in tutta Europa
come keynote speaker sul tema dello svilup-
po del potenziale attraverso le abitudini.
Autore di quattro libri sul Coaching e lo svi-
luppo personale.
È fondatore e Direttore dei Programmi Cor-
porate in Novaxia, l’azienda di Coaching che
ha sviluppato la piattaforma di formazione
delle abitudini efficaci “Habit Coaching”. È
anche direttore della scuola per Coach di No-
vaxia, Coaching University, che forma Coach
professionisti in tutta Italia.

Matteo Plevano Psicologo del Lavoro, founder di Green Jobs


Hub, acceleratore motivazionale che faci-
lita il cambiamento verso l’economia so-
stenibile e socialmente responsabile. Con-
vinto sostenitore che il futuro di individui,
imprese e intera società possa evolvere
attorno a questi 5 assi: autenticità, fiducia,
responsabilità sociale, sostenibilità e qua-
lità della vita.

Guida pratica per diventare se stessi 115


Massimo Temporelli Laureatosi in Fisica all’Università di Mila-
no, Massimo Temporelli ottiene nel 2000
una borsa di studio presso l’azienda ST
Microelectronics, leader mondiale nel set-
tore dei microchip, con la quale sviluppa i
percorsi scientifici dei laboratori del Mu-
seo Nazionale della Scienza e della Tec-
nologia di Milano. La sua attività gli vale,
nel 2003, la nomina a curatore responsa-
bile del Dipartimento Comunicazione. Dal
2010 lavora come libero professionista
alla realizzazione di mostre temporanee
e permanenti, eventi culturali ed editoria.
Innovazione, tecnologia, comunicazione e
FabLab sono i temi più presenti nella sua
ricerca e nel suo lavoro. Su questi temi di-
rige la collana scientifica   Microscopi   edi-
ta da Hoepli e svolge lezioni e seminari
nelle più importanti università milanesi.
Nel 2012 è stato speaker al Ted di Firenze
e dallo stesso anno è iProf di fisica sulla
piattaforma Oilproject, la più grande scuo-
la online d’Italia. Ha fondato   The Fablab a
Milano.

Micaela Terzi Mi occupo di coaching e formazione sui


temi dell’innovazione e delle startup. Nel
2007 ho fondato Urbano Creativo Srl, so-
cietà che sviluppa progetti e strategie per
Smart Cities e Social Innovation. Poi sono
venute  Mobirev (startup specializzata in si-
stemi intelligenti per la mobilità) e la Rete
di Imprese  Connected City Council, che ha
messo a punto un modello di assessment
gamificato per Smart Cities. Lavoro come
Business Developer & Communication
Strategist in Accademia della Felicità.

Guida pratica per diventare se stessi 116


Carolina Traverso Psicologa, psicoterapeuta e insegnante di
mindfulness formatasi negli Stati Uniti
presso il Center for Mindfulness della Uni-
versity of Massachusetts Medical Scho-
ol, insegna mindfulness da diversi anni
conducendo corsi per aziende e privati.
Mente Calma, Cuore Aperto, il suo primo
libro uscito a maggio 2016 con Sperling &
Kupfer, è già alla sua prima ristampa. Vive
e lavora a Milano, dove si dedica a cam-
biare il mondo curando Semplicemente
Mindfulness, il progetto antistress dedi-
cato a tutti coloro che desiderano coltiva-
re l’arte di vivere momento per momento,
stando bene con se stessi e con gli altri an-
che quando la vita si fa un po’ complicata.
Potete trovarla in Semplicemente Spazio,
il centro di mindfulness e di psicoterapia
che dirige. Scrive su Yoga Journal, nella
sua rubrica fissa Consapevolezza in tasca.

Davide Zane Ha vissuto per molti anni di marketing e


comunicazione ed ha lavorato per grandi
gruppi come Fastweb, Edison e Caterpil-
lar. Ha conseguito un MBA alla SDA Boc-
coni nel 2011 e da allora coltiva un grande
amore per l’innovazione e la creatività. È
un consulente di Ars et Inventio | Bip ed
aiuta le aziende nei loro processi di cam-
biamento. Davide è un runner appassio-
nato e per allenarsi si alza molto presto al
mattino.

Guida pratica per diventare se stessi 117


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