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Unità Operativa n° 8
Rapporto tecnico n° 4
Rapporto Conclusivo
Unità Operativa n° 8
Coordinamento Dr. Paolo A. Bragatto
Fattori normativi
L’approccio contenuto dalla Direttiva IPPC, fortemente incentrato sullo stato dell’arte dello sviluppo
teconologico, sta avendo un impatto enorme sui settori industriali considerati “pesanti” quali oil&gas,
chimica, siderurgia, carta e cemento. Le BAT sono diventate la forza che guida tutti i futuri
investimenti industriali. Questo orientamento induce senz’altro un grande miglioramento nel parco
industriale italiano ed europea. Poiché la sicurezza degli apparecchi e degli impianti è uno dei fattori
che vengono considerati per individuare le BAT, l’applicazione dell’IPPC dovrebbe avere ricadute
positive anche da questo punto di vista. L’approccio IPPC, fortemente incentrato sull’aspetto
tecnologico, assegna implicitamente una minore importanza allo studio del territorio. In questo senso
la vulnerabilità del territorio rispetto ai potenziali incidenti industriali potrebbe non essere
adeguatamente valutata nelle procedure IPPC. In particolare questi problemi potrebbero emergere nei
territori a forte vocazione industriale, che per il loro assetto organizzativo attirano anche nuovi
investimenti industriali. È dunque importante integrare la valutazione della sicurezza “intrinseca” già
presente nella definizione delle BAT, con metodologie, anche semplificate, per la valutazione del
rischio nelle zone interessate dalle procedure IPPC per l’insediamento di nuovi impianti o per
l’adeguamento degli impianti esistenti.
Nell’area industriale di Taranto, presa come caso studio, le principali installazioni produttive,
petrolifere e siderurgiche, sono interessate allo stesso tempo dalle direttive SEVESO sul rischio di
incidente rilevante e dalla direttiva IPPC sulla prevenzione ed il controllo integrato delle diverse forme
di inquinamento industriale. Gli impianti possono anche essere soggetti alle procedure di valutazione
di impatto ambientale che, tuttavia, nel nuovo codice dell’ambiente sono state inserite all’interno delle
procedure di autorizzazione ambientale previste dalla normativa IPPC. La realizzazione di nuovi
impianti è soggetta ad un regime di autorizzazioni definito ed incentrato prevalentemente sugli schemi
della Direttiva IPPC. Restano esclusi da queste considerazioni gli stabilimenti soggetti alla Direttiva
Seveso, ma non alla Direttiva IPPC; tuttavia questa situazione si verifica più per i depositi di sostanze
Un esempio significativo può essere quello della denitrificazione dei fumi da acciaeria con sistema SCR
(Selective Catalytic Reduction), che risulta il sistema più efficace per ridurre le emissioni di NOx. Nel
sistema SCR gli NOx vengono ridotti cataliticamente, per mezzo di ammoniaca (NH3), in N2 ed H2O. Il
catalizzatore può essere pentossido di vanadio (V2O5) o ossido di tungsteno supportato su ossido di
titanio (TiO2). Queste tecniche presentano notevoli problemi in quanto sul catalizzatore viene a
formarsi il nitrato di ammonio (NH4NO3) che ha caratteristiche esplosive e determina, unitamente al
particolato, un decadimento dell’efficienza di conversione. Inoltre l’ammoniaca in eccesso trascinata
dal reattore può reagire con gli ossidi di zolfo contenuti nei fumi di processo, portando alla formazione
di particelle di solfato o bisolfato di ammonio, che possono provocare fouling, erosione e corrosione
delle superfici degli impianti e più in generale si hanno rischi aggiuntivi dal punto di vista ambientale e
per la sicurezza il trasporto e lo stoccaggio dell’ammoniaca. Nel confronto fra diverse tecnologie
disponibili per alcuni settori la tecnologia non è stata considerata come BAT per le acciaerie proprio
perché intrinsecamente più pericolosa delle soluzioni concorrenti, anche se ha prestazioni ambientali
migliori.
Il sistema di definizione delle BAT, inoltre, comprende meccanismi di continuo aggiornamento, sia a
livello europeo che nazionale in modo da mantenere allineate le BAT al progresso della tecnologia.
Considerando il buon livello di accuratezza e completezza raggiunto nei documenti europei e nazionali
in proposito e la relativa lentezza dell’evoluzione tecnologica relativamente bassa dei settori industriali
interessati, si può pensare che le scelte restino d’ordinario entro lo schema definito dalle BAT, anche
se naturalmente viene salvaguardata la libertà di inventare nuove soluzioni tecnologiche, sempre a
patto di dimostrare la loro equivalenza o superiorità rispetto alle BAT già definite. Di fatto la scelta
delle tecnologie intrinsecamente meno pericolose non dovrebbe essere disgiunta da quella della
tecnologia meno inquinante, sempre a condizione che sia economicamente sostenibile nel contesto di
interesse. La questione della scelta delle soluzioni intrinseca più sicure, anche se meno stressata è
presente comunque nei criteri di definizione delle BAT. Anche per gli stabilimenti non di processo, i
criteri di approvazione di nuovi impianti definiti dalla Seveso fanno si che comunque le scelte
In Italia, come pure nel resto di Europa vi è una tendenza verso un numero crescente di parchi
industriali o comunque aggregazioni in varia forma di stabilimenti industriali in qualche modo collegati
fra di loro. In passato le aggregazioni industriali si sono sviluppate in modo abbastanza casuale.
All’inizio vie erano solo grandi imprese industriali, con un solo proprietario, spesso pubblico, che si
insediavano su grandi aree poste presso grandi infrastrutture di trasporto, di frequente messe a
disposizione a condizioni di particolare vantaggio per favorire lo sviluppo economico di aree
economicamente deboli. Esempi possono essere negli anni trenta il polo di Marghera, negli anni
cinquanta il polo di Priolo, negli anni sessanta il polo di Taranto, oggetto in particolare della
sperimentazione del presente progetto di Ricerca. All’inzio ogni singola ditta era autosufficienti in
termini di servizi richiesti per la propria principale attività produttiva. C’era un responsabile del sito che
era il capo diretto di tutti i lavoratori del sito ed era direttamente in carico della sicurezza del sito ed
aveva un potere decisionale diretto sugli investimenti e sulla gestione, anche per quanto attiene agli
aspetti di sicurezza e ambiente. Queste aziende tendono a suddividersi in aziende più piccole per
ragioni economiche. In molti casi le funzioni di servizio vengono trasferite a ditte esterne. Spesso
viene costituita una società che gestisce i servizi di sito. Siti che erano precedentemente posseduti da
una unica compagnia ed eserciti attraverso una unica struttura sono oggi diventati un parco
industriale con parecchi gestori.
Le stesse autorità locali incoraggiono i parchi e le aree industriali nella speranza di attirare nuove
attività economiche e creare nuovi posti di lavoro. Le aree industriali di solito offrono la possibilità di
Un ampia gamma di differenti parchi industriali si è sviluppata come risultato di storie differenti e
differenti concetti applicati dai gestori. La stessa terminologia è molto varia. Si parla di parco
industriale quando il sito è adatto a tutti i settori industriali, ma si parla anche di parco chimico
quando si ha una specializzazione più spinta. Oggi i parchi industriali coprono l’intero spettro,
passando dai siti gestiti da un operatore unico, a complessi con moltissime attività commerciali ed
industriali di vario tipo. La maggior parte dei parchi industriali ospitano numerosi impianti industriali
uno vicino all’altro, ma di rado sono tutte industrie chimiche (o stabilimenti Seveso). Gli stabilimenti
hanno proprietari e gestori differenti, ma condividono le infrastrutture che sono di solto, ma non
sempre, fornite da una terza parte. Solo in certi casi l’intera area può essere circoscritta da un unico
recinto, con controlli di accesso unificati. Si possono avere Poli industriali tradizionale come quello di
Taranto, dove operano poche grandissime compagnie, che svolgono direttamente buona parte delle
attività. Le ditta appaltatrici operano comunque in esclusiva per ogni singola compagnia. La vicinanza
fra gli stabilimenti è quasi casuale, favorita dalla comodità alle infrastrutture di trasporto, dalla
disponibilità di aree e dalla facilità di reperire sul territorio alcuni servizi industraili di tipo generale. In
altre situazione si va verso il Parco industriale, che un sito attrezzato che ospita attività industriali in
settori diversi, con eventuali sinergie. Ogni attività è posseduta e gestita in modo indipendente; ma
esiste una, o più ditte che offrono servizi industriali integrati, utili a tutte le azienede ospitate. Fra i
servizi più comuni depurazione acque, gestione rifiuti, prevenzione incidenti rilevanti, gestione
emergenze, vigilanza, formazione. All’estremo opposto del parco tradizionale il Parco chimico. Si tratta
di un sito che ospita attività industriali nel medesimo settore, con condivisione di materiali. Le singole
attività sono possedute e gestite in modo indipendente, ma esistono una o più ditte che offrono servizi
generali; ma anche sistemi tecnici essenziali quali tubature, gestione fluidi di servizio, gestione
energia, ecc.
Gli schemi piuttosto rigidi che si sono definiti nell’ambito delle direttive IPPC e SEVESO, guidano lo
sviluppo dei nuovi impianti produttivi verso la scelta delle soluzione tecnologiche intrinsecamente più
pulite e sicure, compatibilmente con le potenzialità tecniche ed economiche dei settori industriali
interessati. In condizioni “normali” di esercizio è comunemente accettato che le attività produttive
non debbano avere effetti sulla sicurezza e sulla salute della popolazione. Questo fatto è, in definitiva,
la vera base di tutte le normative sulle emissioni industriali. I vari limiti che le normative in Italia come
nel resto d’Europa pongono alle emissioni di natura fisiche e chimiche derivano quasi sempre dalla
priorità della sicurezza e della salute umana rispetto alle altre esigenze. Diverso è invece la
La valutazione delle conseguenze di un guasto è basata sulla definizione dei possibili “scenari”. Nel
sistemi di gestione basati sul rischio uno scenario è definito comunemente come una serie di eventi
che cominciano da un determinato meccanismo di degrado, ad esempio su un certo apparecchio, che
conduce un componente, un apparecchio, un impianto alla perdita della funzione. Prendendo a puro
titolo di esempio le apparecchiature statiche, la perdita della funzione si traduce in una perdita del
contenimento. La perdita di contenimento condurrà al rilascio del fluido contenuto con conseguenze
per la sicurezza, la salute e l’ambiente. Inoltre, la perdita di contenimento causa solitamente pure
conseguenze economiche. Dal punto di vista delle autorità competenti, le conseguenze per sicurezza,
salute e ambiente sono ovviamente più importanti di quelle economiche. Di conseguenza, questo
ricerca si limita alle perdite di contenimento con rilascio di fluido. Le conseguenze delle perdite di
contenimento dipendono in parte dallo specifico settore industriale. Nel settore chimico e
petrolchimico le conseguenze possono risultare sia caratteristiche di tossicità, iinfiammabilità e di
esplosività delle sostanze come pure dalle temperature massime interne e dalla pressione.
Nell'industria energetica gli scenari più rilevanti saranno basati sull'energia interna di vapore alle alte
pressioni ed al liquido surriscaldato. Nell'industria siderurgica la temperatura elevata dell'acciaio ed i
gas usati nel processo determineranno gli scenari incidentali.
In Europa alcuni siti industriali sono stati oggetto sin dagli anni Ottanta di studi completi di analisi
quantitativa dei rischi di incidenti rilevanti (la cosiddetta Quantified Area Risk Analysis): un esempio
sono le aree di Rijnmond, Olanda, (progetto sviluppato nel 1982) e di Canvey Island, Inghilterra
(1978). In quest’ultimo studio, l’area delle sorgenti di rischio non comprendeva solo l’area degli
impianti, ma anche il porto di smistamento merci in quanto, in questo caso, i trasporti connessi alle
attività industriali presenti costituivano una fonte di rischio aggiuntiva a causa della movimentazione di
materie prime e/o prodotti pericolosi ad essi associata. Lo studio del rischio d’area può fornire un
significativo supporto a diverse attività di prevenzione rischi, di pianificazione territoriale, di gestione
dei trasporti, di pianificazione e gestione delle emergenze. Infatti, se da una parte la previsione dei
rischi e la quantificazione della relativa magnitudo può indicare alcune proposte di interventi
impiantistici realizzabili per incrementare il livello di sicurezza complessivo, dall’altra può indurre scelte
diverse circa la pianificazione dell’urbanizzazione e delle possibili tipologie di trasporti e relativi
percorsi. Infine, la conoscenza della localizzazione e della estensione delle zone a rischio, risultato
della mappatura delle conseguenze degli scenari incidentali, consente di ottimizzare gli interventi di
emergenza.L’importanza che assume oggi la valutazione dei rischi, sia in riferimento agli impianti che
Fin dal 1960 alcuni incidenti rilevanti in installazioni con sostanze pericolose hanno sottolineato la
necessità di un criterio per giudicare la tollerabilità/accettabilità di tali attività. Sono stati allora messi a
punto analisi di rischio quantitative che hanno portato dapprima verso i diagrammi F-N, nati per
stabilire l’accettabilità in campo nucleare allo scopo di stabilire la sicurezza dei reattori nucleari (Regno
Unito).
Attualmente, gli approcci adottati per stabilire la tollerabilità del rischio nei diversi Paesi mostrano
notevoli differenze, come illustrato prima. Per approfondire i contenuti delle analisi di rischio d’area e
della sua accettabilità occorre innanzitutto procedere alla definizione dei concetti di rischio
individuale/locale e di rischio collettivo. Gli eventi pericolosi, infatti, possono manifestare il loro effetto
in un modo duplice, da una parte provocando danni ai singoli individui presenti nell'area di influenza,
dall’altro dando origine a catastrofi che per la loro rilevanza interessano l'intera società [Galatola et al.,
1998]. In relazione all’accettabilità del rischio, occorre evidenziare come, se il rischio individuale (RI)
rappresenta, come già detto, il rischio a cui un individuo singolo, in un dato periodo di tempo, è
sottoposto, esso riflette sia la severità del pericolo che il tempo di permanenza del soggetto in
prossimità dello stabilimento. La valutazione e limitazione del rischio individuale é molto simile nei
diversi Paesi Europei e non, in particolare varia tra 10-5 e 10-6 morti/(anno persona) come evidente
dalla tabella riportata di seguito. Dall’analisi della tabella si evince, inoltre, che la maggior parte dei
Paesi in esame consideri accettabile un livello di rischio individuale inferiore a 10-6 morti/(anno
persona): tale valore risulta inferiore da 1 a 10 volte al rischio di morire a causa di una catastrofe
RI RI
(morti/anno/persona) (morti anno/persona)
Soglia di accettabilità Soglia di non accettabilità
Olanda 10-6 10-5
Regno unito 10-6 10-4 (pubblico) - 10-3 (lavoratori)
Canada 10-6 10-4
Australia 10-6 Non utilizzato
Russia 10-6 10-4
Hong Kong 10-5 Non utilizzato
Valori accettati per il rischio individuale in diversi Paesi
Per la situazione italiana, la soglia di accettabilità è pari a 10-6 morti/(anno persona): tale valore risulta
ragionevole in quanto in Italia si ha ogni giorno una media di rischio individuale per incidenti stradali
pari a circa 2·10-4 morti/(anno persona) secondo i dati ISTAT 2001.
Vrijling et al. (1995) propongono la seguente formula per stabilire il livello di rischio massimo
accettabile:
10 −6
Pfi < anno
(1)
Pd / fi
dove Pd/fi indica la probabilità di rimanere uccisi se coinvolti in un incidente.
In sintesi, il massimo livello di rischio individuale accettato per il caso di installazioni industriali a
rischio di incidente rilevante esistenti è fissato pari a :
• 10-5 eventi letali anno per impianti esistenti;
• 10-6 eventi per impianti in fase di progetto (nuovi).
Questo ha un riflesso diretto nella pianificazione del territorio nelle zone circostanti gli impianti: non è,
infatti, consentita la costruzione di edifici residenziali nelle suddette aree in cui sono posti in essere
rischi individuali che superano la soglia prefissata.
Se il RI dà un valore di probabilità annua di morte per una certa posizione, il rischio collettivo o rischio
sociale (RS), invece, fornisce un numero in relazione alla collettività. La metodologia di valutazione del
RS che utilizza le curve F-N necessita di alcune informazioni per la costruzione come il punto di
partenza, la pendenza, etc. Una prima indicazione sull’andamento delle curve di rischio sociale è data
dalle curve storiche degli incidenti già avvenuti di cui si riporta di seguito un esempio ricavato
dall’elaborazione dei dati contenuti nel database MHIDAS [OSH-ROM, 2001].
In generale, dalla valutazione di alcune delle curve storiche presenti in letteratura si può notare come
l’andamento abbia pendenze circa pari a -1 (su diagramma bilogaritmico). Per la definizione della
curva di accettabilità è necessario studiare due punti caratteristici: il punto di partenza (anchor point)
e il gradiente. Per il punto base di ancoraggio spesso è accettato una frequenze di 10-4 eventi/anno in
corrispondenza di un valore 10 di morti (basandosi sul giudizio professionale); in modo alternativo,
invece, nel Regno Unito il punto fisso (N = 500, F = 2·10-4) deriva dall’analisi dei maggiori incidenti
storici, in particolare quelli che hanno visto una maggiore esposizione al pubblico.
Per il rischio sociale, normalmente si definisce un valore limite pari a 10-3/N2 (dove N è il numero di
morti per evento incidentale). Tale soglia vale sia per le installazioni esistenti che per quelle in
progettazione; il valore di soglia può essere innalzato qualora ritenuto necessario. In tale criterio si
tiene conto del fatto che l’opinione pubblica tende ad accettare con maggiore ritrosia eventi incidentali
che comportino un elevato numero di vittime indipendentemente dalla (bassa) probabilità di
accadimento.
Vrijling et al. (1995) presentano uno standard per l’accettabilità del rischio totale (total risk, TR)
considerando un fattore politico β. Deve, infatti, risultare
TR < β ⋅ 100 (2)
TR = E ( N ) + k ⋅ σ ( N ) (3)
Questo criterio, stabilito a livello nazionale, può essere traslato anche a livello locale. Esso ha la tipica
forma delle curve limite F-N, con un pendenza α=2:
C
1 − FN ( x) < (4)
x2
Supponendo che il valore medio atteso di decessi sia molto minore della sua deviazione standard
(vero per incidenti con bassa probabilità e gravi conseguenza) e assumendo una distribuzione di
Bernoulli, il fattore C può essere scritto come una funzione del numero di installazioni nazionali (NA) e
del fattore politico β:
2
⎡ β ⋅ 100 ⎤
C=⎢ ⎥ (5)
⎣⎢ K ⋅ N A ⎦⎥
Jonkaman et al. (2003) propongono un confronto tra le diverse misure possibili per il rischio
individuale e sociale.
Molteplici sono le definizione di rischio individuale (Individual Risk, IR): per il Dutch Ministry of
Housing, Spatial Planning and Environment (VROM) coincide con la probabilità che una persona senza
dispositivi di protezione, presente in modo permanente in un dato luogo, perda la vita. Risulta, allora:
IR = P f ⋅ Pd f (1)
Linee di contorno per il rischio individuale nel caso di installazione (sorgente fissa) o di strada di
trasporto (sorgente lineare)
dove β indica il grado di partecipazione volontaria all’attività. L’Health and Safety Executive (HSE)
stabilisce, invece, una regione di rischio inaccettabile, tollerabile, ampiamente accettabile. U
tilizzando la definizione precedente di rischio, il valore di 10-6 può rappresentare il confine tra la
regione con rischio ampiamente accettabile e quello tollerabile sia per i lavoratori che anche per il
pubblico, mentre non è data alcuna indicazione per il limite tra la regione a rischio tollerabile e
inaccettabile. Per gli impianti nucleari si stabilisce un valore limite tra il rischio inaccettabile e
tollerabile per IRHSE pari a 10-3 per i lavoratori e 10-5 per gli altri [HSE, 1992]. L’ Institute of Chemical
Engineering (1985) definisce il rischio sociale (Societal Risk, SR) come la relazione tra la frequenza e il
numero di morti in una data popolazione a causa dell’accadimento di un incidente. Se il rischio
individuale dà la probabilità di morte in una data locazione, il rischio sociale fornisce il numero
sull’intera area, non solamente nella zona prossima alla sorgente dell’incidente.
Il rischio aggregato pesato (Aggregated Weighted Risk), AWR, è definito da Piers (1998) come il
prodotto del numero di case in una data zona h(x,y) per l’indice di rischio individuale IR in una data
posizione (x,y).
Integrando il livello di rischio individuale IR(x,y) e la densità di popolazione m(x,y) in una data
posizione, si determina il valore atteso di numero di morti per anno E(N) [Laheij et al., 2000].
Queste prime due espressioni sono ricavate dalla definizione di rischio individuale, ma si può far
riferimento anche alla definizione densità di probabilità. Il rischio sociale o collettivo è spesso
rappresentato nelle curve F-N, rappresentanti la probabilità in funzione del numero di morti, su una
scala doppio logaritmica.
∞
1 − F ( N ) = P ( N > x) = ∫f
x
N ( x) (10)
dove fN(x) è la funzione densità di probabilità delle morti in un anno, FN(x) è la funzione distribuzione
di probabilità del numero di morti in un anno, pari alla probabilità di avere meno di x decessi in un
anno.
Un efficace indicatore del rischio sociale è il valore atteso per anno, E(N):
∫
E ( N ) = x ⋅ f N ( x) dx
0
(11)
Ale et al. (1996) propongono come misura del rischio sociale l’area sotto le curve F-N, che coincide
con il numero atteso di decessi l’anno.
Hirst & Carter (2000) hanno definito il rischio integrale come misura del rischio sociale:
∞
∫
RI = x ⋅ (1 − FN ( x))dx
0
(12)
Hirst & Carter (2002) suggeriscono anche un parametro integrale di rischio definito come:
∞
∫
RI COMAH = x α ⋅ f N ( x)dx
0
(13)
dove α (≥1) rappresenta l’avversione nei confronti di incidenti con un elevato numero di vittime.
Basandosi su una campagna sperimentale, il valore per α proposto è pari a 1.4.
Stallen et al. (1996) suggerisce una misura similare:
1000
∫x
α
RI = ⋅ f N ( x)dx (14)
1
Non considerando i limiti di integrazione, le due espressioni precedenti (9) e (10) sono completamente
uguali. Con α = 2 l’espressione diventa eguale alla funzione densità di probabilità:
∫
E ( N 2 ) = x 2 f N ( x)dx (15)
Bohnenblust (1998) definisce il rischio collettivo percepito come una misura del rischio sociale:
∞ ∞
∫
RP = x ⋅ ϕ ( x) ⋅ f N ( x)dx =
0
∫
0
0.1x1.5 f N ( x)dx (16)
∫
U sys = xα ⋅ P ( x) ⋅ f N ( x)dx
0
(17)
Si può notare come RICOMAH e le formule proposte da Bohnenblust (1998), Stallen et al. (1996), Kroon
& Hoej (2001), sono tutte misure della disutilità attesa che può essere espressa con la seguente
equazione, in cui gli autori hanno scelto diversi valori per l’indice α (compreso tra uno e due) e per la
costante C.
∞
∫x
α
⋅ C ( x) ⋅ f N ( x)dx (18)
0
Dalla precedente sintesi delle espressioni usate per il rischio sociale, si intuisce come esse possono
essere messe in relazione alle curve F-N o al valore atteso (derivato direttamente dalla funzione
densità di probabilità) o possono essere ricavate da una curve che soppesano il valore atteso con un
parametro α [Jonkman et al., 2003]. Gli indici precedentemente indicati hanno avuto diverse
applicazioni: l’area al di sotto della curva F-N (valore atteso) è stato utilizzato come primo parametro
nel per quantificare il rischio indotto dall’installazione dell’aeroporto nazionale in Olanda, raffinando in
un secondo momento l’analisi attraverso la quantificazione del parametro AWR. Le curve F-N
Alcuni incidenti, avvenuti anche in Italia [Egidi et al., 1995], hanno sottolineato come il rischio
associato al trasporto di merci pericolose può essere significativo. Il rischio è, in particolare, connesso
alla presenza della popolazione in prossimità della zona dell’incidente più che dalla scala dell’incidente,
in quanto le dimensioni dei container/mezzi di trasporto sono normalmente limitate (poche decine di
metri cubi). Teoricamente l’analisi del rischio associato ai trasporti (la cosiddetta Transportation Risk
Analysis – TRA) deriva dall’analisi quantitativa del rischio (Quantitative Risk Analysis – QRA), ma
l’applicazione pratica di questa metodologia ad una fonte di rischio mobile presenta in realtà ben altri
problemi. Ad esempio, molti dei parametri utilizzati per effettuare l’analisi delle conseguenza di un
incidente, come il tasso incidentale o la densità di popolazione, normalmente variano lungo l’itinerario.
Un approccio rigoroso dovrebbe, quindi, calcolarne il valore punto per punto, riformulando per ogni
istante il computo del rischio associato. In realtà, questo orientamento risulta impraticabile e si
preferisce suddividere la strada in porzioni omogenee per le quali tutti i parametri possono essere
reputati costanti [Center for Chemical Process Safety, 2000]. Da un’analisi bibliografica risulta evidente
come tra le sostanze pericolose più frequentemente coinvolte in incidenti da trasporto c’è il GPL. Nel
rapporto realizzato dal Ministero degli Affari Interni Italiano (Ministero dell’Interno, 1986) si
individuano tre tipologie di incidenti nel periodo 1970-1986: UVCE, fireball, incendi. In particolare,
dalla valutazione delle informazioni contenute nel database MHIDAS [OSH-ROM, 1998] si può
estrapolare dalla tabella seguente.
L’EFFETTO DOMINO.
Il termine effetto domino indica “catene di incidenti” o situazioni dove un incendio, un’esplosione, una
dispersione di sostanza generata da un incidente in un’unità dell’impianto genera incidenti di più grave
entità in un’altra zona vicina. L’amplificazione delle conseguenze incidentali può essere sia spaziale,
In letteratura, come già visto nei precedenti capitoli, sono molteplici gli studi volti ad analizzare alcune
sfumature del rischio d’area: l’analisi delle cause e conseguenze degli incidenti (Khan e Abbasi, 1999;
Vrijling, 1995; Graziani, 1993, Porter e Wettig, 1999; Hirst e Carter, 2002; etc.), la pianificazione delle
aree industriali (Christou et al., 1999; Chapin e Kaiser, 1979; Briassoulis, 2003, etc.), lo studio delle
aree di danno (Baker at al., 1983, Bellasio, 1999; Birk, 1996; Bianconi et al., 1993; Latha et al., 1992;
Quaranta et al., 2002; etc.), la valutazione del rischio associato ai trasporti (Egidi et al., 1995; Cozzani
et al., 2000; Bubbico et al., 2004; etc.), la valutazione dell’effetto domino (Kourniotis et al, 2000;
Khan e Abbasi, 2001, Fargione et al, 2002; Delvosalle, 1996; Cozzani et al., 2004; Contini et al.,
1996). Ciascun aspetto all’interno della valutazione del rischio d’area, se affrontato in modo rigoroso,
necessita di un forte dispendio di risorsa umana e temporale: risulta, quindi, evidente come
l’implementazione di una metodologia completa ad una generica area industriale, potenzialmente
realizzabile, abbia molte difficoltà applicative.
Come già visto, un’utile applicazione della valutazione quantitativa del rischio (Quantitative Risk
Assessment, QRA) consiste nella stima del rischio sociale. In realtà, come rilevano Hirst & Carter
(2002), questa tecnica richiede un forte impiego della risorsa temporale, oltre che una spiccata
capacità tecnica. Ciò porta a non utilizzare tale metodologia nel redigere, ad esempio, documenti quali
la valutazione del rischio nei rapporti di sicurezza, documenti previsti dalla Direttiva Seveso II. Gli
autori, invece, propongono un metodo efficace anche se non pienamente completo per poter dare una
rapida indicazione sulla magnitudo del rischio: esso rappresenta un primo strumento di screening,
adoperato poi per redigere un adeguato piano di emergenza. La metodologia proposta nel lavoro
prende spunto da tale modellazione apportando spunti originali al fine di determinare in modo
preliminare il rischio indotto in un’area industriale complessa; questa si basa su un indice integrale di
rischio, che si presta ad essere facilmente calcolato e comparato ai parametri proposti dagli altri
criteri. Se il suo valore è sufficientemente basso, non occorre alcuna altra analisi aggiuntiva; se invece
risulta piuttosto alto allora è il caso di ricorrere ad uno studio più dettagliato. Lo scopo del presente
lavoro è di proporre un metodo semplificato, capace di comprendere sinergicamente e
sistematicamente i diversi aspetti necessari per una corretta analisi del rischio d’area (rischio
tecnologico del singolo impianto e analisi delle conseguenze, rischio associato ai trasporti di merce
pericolosa, effetto domino, etc.) attraverso una implementazione speditiva.
La metodologia con cui, note le curve F-N, si ricava l’indice RICOMAH parte dall’individuazione del “worst
case”, che corrisponde al massimo numero di morti in relazione all’evento incidentale. Per tali
incidenti, i calcoli riguardo allo specifico sito sono effettuati considerando le quantità di sostanze
pericolose presenti e le conseguenze che l’incidente avrebbe sulla popolazione circostante: si
considera il maggior numero di persone possibili. Tutto questo porta ad individuare la gravità e la
probabilità di accadimento del peggior incidente. In questo modo, si individua il tratto finale in basso a
destra della curva. A questo punto, partendo dalle osservazioni in precedenza fatte sulla forma delle
curve F-N, se il caso peggiore coincide con un incidente omni-direzionale, allora la curva F-N sarà
approssimata da una retta di pendenza ” -1”; se, invece, coincide con un evento mono-direzionale
⎡ N max −1 N a −1 ⎤
ARI COMAH = f ( N max ) ⋅ N max ⋅ ⎢ ∑ a −1
+ N max ⎥ (22)
⎣⎢ N =1 N + 1 ⎦⎥
Le due equazioni (25) e (26) non possono essere ulteriormente semplificate, né sono implementabili
manualmente, ma si può realizzare una routine in BASIC (come hanno fatto i due autori) oppure
utilizzare un software di calcolo (Mathcad 7.0), come fatto nel presente lavoro di tesi.
Nel caso in cui esiste una scala d’avversione con a > 1, l’indicatore di rischio è accresciuto tanto più
quanto maggiore è il parametro a. Il fattore d’incremento in relazione alla scala di avversione (scale-
aversion enhancement factor) per la maggioranza dei casi, come ragionevole, varia tra 1 e 10. Hirst e
Carter propongono, dopo un’analisi di differenti alternative, un valore a = 1.4. Con un valore di “a”
pari a 1.4, il parametro ARICOMAH per la più bassa linea di delimitazione è 2000, mentre per la linea
superiore è 500.000.
La possibilità di arrivare ad una rapida valutazione del rischio in aree dove è forte la concentrazione di
installazioni industriali è stata riconosciuta come una tappa fondamentale per l’analisi preliminare del
rischio sia delle aree industrializzate esistenti sia per quelle aree suscettibili di nuovi insediamenti
industriali, in modo da promuovere la protezione dell’ambiente e la pianificazione razionale dell'uso del
territorio [Carcassi et al., 1998].
Di seguito si descrivono le fasi della metodologia proposta:
1. Individuare gli impianti soggetti a rischio di incidenti rilevanti e acquisire le informazioni
relative attraverso la notifica o il rapporto di sicurezza.
2. Acquisire le cartografie relative alla zona industriale (ad esempio di Taranto) in scala 1:10000
e, attraverso l’utilizzo della piattaforma software GIS, georeferenziare le cartografie e localizzare i
diversi impianti in modo macroscopico.
3. Per ogni stabilimento effettuare un’analisi dettagliata per:
3.1 Localizzare i confini di stabilimento in relazione ai principali elementi vulnerabili del
territorio: infrastrutture (strade, ferrovie, aeroporti, porti, etc.), reti tecnologiche, ospedali e
case di cura, scuole (dalle materne alle superiori), attività commerciali (medie e grandi
strutture), poli funzionali (impianti sportivi, teatri, sale multimediali, etc.).
3.2 Individuare le sorgenti di rischio all’interno dell’impianto.
3.3 Localizzare le sostanze.
3.4 Individuare gli scenari incidentali credibili.
3.5 Stimare le conseguenze e l’estensione delle aree di danno (considerando tra gli
elementi vulnerabili anche i mezzi di trasporto).
3.6 Analizzare l’effetto domino all’interno dell’impianto.
3.7 Quantificare il rischio sociale se esso non risulta accettabile proporre alcuni interventi,
valutandone i costi e i benefici.
1
Si utilizza una metodologia semplificata proposta da Bubbico et al. (2004) “che permetta anche a un utilizzatore
non eccessivamente esperto o non specialista di implementare una valutazione, ricavando dei risultati affidabili in
relazione al rischio associato al trasporto di sostanze pericolose, ma in modo celere e senza eccessivo dispendio di
tempo”.
2
Si adopera una metodo speditivo per la valutazione dell’effetto domino [Fargione et al., 2002].
In relazione alle strade (sia interne che esterne allo stabilimento), per calcolare il numero di veicoli
presenti e quindi probabilmente coinvolti nell’incidente, si fa riferimento alle seguenti ipotesi. Si
considera un ingombro longitudinale del singolo veicolo pari a 5 m (valutando una media a favore di
sicurezza tra la lunghezza di una generica autovettura/motociclo e di un mezzo di trasporto).
Considerando la condizione peggiorativa, di veicoli incolonnati ad una distanza pari a quella di
Il rischio
Fine della valutazione no Proposta di intervento di
del rischio sociale per
si sociale è
riduzione del rischio
tollerabile?
la singola unità.
Riquantificazione
del rischio sociale
Valutazione del
rischio d’area
Il rischio
no Proposta di intervento di
si d’area è
riduzione del rischio
tollerabile?
Fine della valutazione
del rischio d’area Riquantificazione
del rischio sociale
Fg ,i ,k = T ⋅ A ⋅ R i ⋅ L g ⋅ Pi ,k (25)
mentre Ng,i,k è il relativo numero di fatalità.
N g ,i ,k = CA i , k ⋅ PD g ⋅ PFi ,k (26)
3
In mancanza delle frequenze di percorrenza delle singole strade si può optare per la modellazione fortemente
cautelativa adottata precedentemente nella quantificazione della popolazione mobile delle infrastrutture. La
densità media di popolazione su strada è assunta pari a 0.1 persona/m a corsia, su rotaia 4 persone/m.
4
La quantificazione del rischio và promossa per il trasporto su strada, rotaia e per via marittima, in quanto tutti e
tre gli elementi partecipano al rischio d’area complessivo. In questa sede, si omette lo studio dell’area portuale a
causa dell’indisponibilità da parte dell’Autorità Portuale a fornire i dati relativi (perché utilizzati al momento per la
riproposizione del Piano di Emergenza Esterno dell’area portuale).
Attualmente in Italia 1116 attività industriali sono soggette al D.Lgs. 334/99; di queste 468 sono
sottoposte ai maggiori obblighi: risultano interessati circa 700 Comuni italiani. In Puglia, i comuni
interessati dal RIR sono complessivamente 23, di cui 12 per bassa pericolosità, 11 per alta. Entrando
nello specifico della zona industriale di Taranto, studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno
collocato la città ai primi posti in Europa nella graduatoria dell’invivibilità ambientale. La città presenta
un comparto industriale contiguo alla “cinta urbana”, d’estensione pari al doppio di quella occupata
dall’area urbana: questa eccessiva vicinanza rappresenta inevitabilmente un elemento di profonda
penalizzazione.
Nella figura successiva si riporta la distribuzione degli stabilimenti a RIR nella regione Puglia.
4 6
bari
11 bari
9 brindisi
brindisi
foggia
foggia
3 lecce
5 taranto
taranto
2 2 5
Inoltre, per ogni stabilimento è indicata la quantità presente della singola sostanza pericolosa quella
sostanza e la classificazione del pericolo (ad esempio R12 per riferirsi ad un gas estremamente
infiammabile); le informazioni sono state fornite dal gestore.
5
Esplosivi 1: esplosivi da mina a base di tritolo e ammonio nitrato, ANFO, slurries, emulsioni, micce di sicurezza a
lenta combustione.
6
Esplosivi 2: esplosivi da mina a base di nitroesteri, dinamiti, micce detonanti a base di pentrite essiccata; polveri
nere.
L’esigenza di un approccio globale al rischio che superi i confini del singolo stabilimento, andando ad
individuare le interazioni spaziali tra diverse entità sul territorio, necessita del reperimento del
materiale e in particolare delle cartografie della zona industriale di Taranto. La scala di riferimento per
le rappresentazioni territoriali è di 1:10000 anche se possono essere utili delle scale minori (fino a
1:1000) per valutare particolari elementi o zone. Le ortofoto sono, quindi, importate all’interno del
software ARCGIS 9.0, indispensabile per la georeferenziazione delle immagini. Accanto alle ortofoto (si
veda ad esempio la figura successiva), occorre anche importare le cartografie, file CAD in scala
1:10.000, contenenti non solo informazioni grafiche dei layer ma anche annotazioni su vie, strade,
infrastrutture. Attraverso la conoscenza dell’indirizzo dei diversi stabilimenti e utilizzando lo stradario
interattivo, si possono individuare i baricentri dei singoli stabilimenti e quindi localizzare, seppur in
modo macroscopico, i siti nella realtà territoriale (in rosso gli stabilimenti soggetti all’articolo 8, in
giallo quelli soggetti all’articolo 6 del D.Lgs.334/99 nella figura IV.6 a destra).
Per incrementare il dettaglio delle informazioni note, si sono acquisite alcune immagini satellitari della
zona industriale di Taranto, utili per la localizzazione dei siti industriali e delle relative sorgenti di
rischio.
Si considera come esempio applicativo, tra gli stabilimenti soggetti all’articolo 8 l’ENI spa, Divisione
Refining & Marketing, Deposito di gas liquefatti, chiamato “Stabilimento A” nel seguito del
lavoro. L’impianto rientra nel campo di applicazione dell’art. 8 del D.Lgs.334 poiché sono presenti gas
di petrolio liquefatto GPL in quantità superiore al valore di soglia (200 t). All’interno dello stabilimento
non avvengono operazioni di processo, mentre si realizza lo stoccaggio, la movimentazione e
l’imbottigliamento del GPL. Sono presenti due bacini di serbatoi di stoccaggio in cui si hanno due
serbatoi sferici e due serbatoi cilindrici, contenenti butano e propano commerciale.
Serbatoi cilindrici
7
DM 13/10/94. “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione,
l'installazione e l'esercizio dei depositi di G.P.L. in serbatoi fissi di capacità complessiva superiore a 5 m3 e/o in
recipienti mobili di capacità complessiva superiore a 5.000 kg”.
8
Negli allegati si riporta una rapida spiegazione delle classi di stabilità di Pasquill, accanto all’analisi delle
condizioni meteorologiche della zona di Taranto.
9
Con l’espressione IL-D5 si indica la condizione corrispondente all’inizio della letalità e stabilità di Pasquill D, con
velocità del vento pari a 5 m/s. Analogamente per le successive condizioni.
Strada
interna
Ferrovia
Strada
esterna
10
Nel caso in cui si avessero a disposizione le informazioni circa la distribuzione del personale per aree o zone
dello stabilimento, specialmente nel caso in cui esso risulta di grandi dimensioni, si potrebbe raffinare la
quantificazione della popolazione indoor.
CASO OMNIDIREZIONALE
Nmax 35 valore del massimo numero di morti coinvolti nell'incidente - worst case
f ( Nmax) 22 cpm per year valore di probabilità associato all'evento worst case
a 1
N
f ( Nmax) . Nmax.
a 1
ARIcomah_omni Nmax
N 1
N
3
ARIcomah_omni = 8.573 10
Nmax 1
1
AEV f ( Nmax) . Nmax. 1
N 1
N= 1
3
AEV = 3.193 10
ARIcomah_omni
scale aversion factor
Area di danno per il jet-fire, R2/IL-D5 (sinistra)e macro di calcolo relativa (destra).
Si consideri ora il flash-fire (sempre nel caso di catena incidentale R2). L’area di danno - come
evidente dalla figura successiva - coinvolge un tratto esterno allo stabilimento (di lunghezza pari a
circa 100 m) e lambisce per un tratto pari a 30 m anche la strada interna: entrambe le strade sono a
doppia corsia.
Stimando la densità di popolazione pari a 0.1 persone/m, il numero di persone eventualmente
coinvolte è pari a 13 per singola corsia, per cui in totale si arriva a 26 persone sulle due corsie. Questo
valore risulta, in ogni modo, cautelativo, in quanto è altamente improbabile che ci siano
incolonnamenti in ingresso e uscita dall’area industriale su una strada percorsa principalmente dai
mezzi di trasporto da e verso lo stabilimento: si può quindi supporre che in questa cifra siano
eventualmente incluse le eventuali fatalità connesse con “visitatori esterni” che al momento
dell’incidente si trovino all’interno dell’area di stabilimento. Non si individuano, invece, vittime in altri
stabilimenti o nella popolazione. Risulta:
N max = 35 + 0 + 26 + 0 = 61
Noto il numero massimo di possibili decessi (pari a 61), occorre calcolare la frequenza di accadimento
del worst case per il fenomeno monodirezionale. La frequenza di accadimento dell’incidente (fattore
failure frequency) è fornita dal gestore dello stabilimento. Volendo rendere l’analisi molto speditiva e
non essendoci avendo alcuna informazione circa la semilarghezza massima e la distanza a cui si ha la
massima semiampiezza, si pone il fattore moltiplicativo chiamato conditional plume probability pari ad
1. Per il fattore weather and windspeed probability, considerando le informazioni meteorologiche
raccolte sull’area industriale di Taranto e inserite nell’allegato 2, si accetta una valore pari a 17%
(corrispondente alla probabilità di stabilità D con una velocità del vento di 5 m/s). Infine, per il
termine population distribution factor si accetta una valore pari a 0.5. È necessario inoltre, al fine di
valutare correttamente un fenomeno unidirezionale, considerare anche la probabilità che il vento soffi
in una direzione piuttosto che in un’altra. Si procede, allora, all’individuazione, per la categoria di
35-01
4
31-34 3,17 2-4
3
2,54
29-31 1,9 2 5-7
1
0,83 0,62
26-28 0,71 0 0,52 8-10 direzione dei venti
1,01 0,64
1,58 1,6
23-25 1,79 11-13
20-22 14-16
17-19
Diagramma polare della distribuzione dei venti di Taranto (velocità 5-10 nodi).
Per effettuare una stima corretta del fenomeno unidirezionale, occorrerebbe quindi calcolare il
parametro ARICOMAH per ogni settore. Al fine di rendere più speditivo il metodo si rappresenta il
fenomeno unidirezionale come se in realtà fosse omnidirezionale sulla cartografia della zona
industriale di Taranto e si calcola il valore di ARICOMAH considerando come probabilità corrispondente
alle condizioni worst-case la più alta tra quelle associate ai venti nei diversi settori (circa il 3.2% che
corrisponde alla probabilità che il vento soffi nella direzione Nord come evidente nella figura IV.13). In
base a queste considerazioni il valore del fattore wind rose bias factor è posto pari a 0.032. Si ricava il
valore del parametro ARICOMAH che risulta “tolerable if ALARP”.
Si considera ora il caso di UVCE, fenomeno omnidirezionale: il numero massimo di fatalità è 35,
essendo l’area di danno ampliamente all’interno dello stabilimento e, comunque, non coinvolgente la
strada interna allo stabilimento stesso. Ci si ritrova nella zona “tolerable if ALARP”, così come nel caso
di pool-fire.
Si considera l’evento R6.
N max = 35 + 0 + 2 + 0 = 37
Nota dal rapporto di sicurezza la relativa probabilità dell’evento, dal il valore risultante di ARICOMAH
ricade nella zona di rischio “tolerable if ALARP”.
Analogamente per il jet-fire, per cui l’area di danno è all’interno dello stabilimento e coinvolge tra gli
elementi vulnerabili la strada interna per un tratto di lunghezza pari a circa 40 metri. Il numero
massimo di fatalità è:
N max = 35 + 0 + 8 + 0 = 43
valore del parametro ARICOMAH per tale evento unidirezionale, risulta al di sotto di 2000, per cui cade
nella zona “brodly acceptable”.
Si considera l’evento R9.
Come evidente dalla figura successiva, le aree di danno dei scenari pur essendo in parte esterne,
lambiscono la strada esterna senza investirla. La strada interna non è coinvolta nello scenario
incidentale: si pone Nmax pari a 35. Per l’evento omnidirezionale UVCE, il valore del parametro ARI
cade nella zona “tolerable if ALARP”. Per quanto riguarda invece il flash-fire, poiché l’area di danno
lambisce senza coinvolgere la strada, il numero di fatalità è pari all’organico dello stabilimento. Il
parametro ARICOMAH risulta, allora, anche nella zona “tolerable if ALARP”.
N max = 35 + 0 + 0 = 35
Il parametro ARICOMAH cade nella zona “broadly acceptable”.
Per lo scenario UVCE è coinvolta la strada interna allo stabilimento per meno di venti metri: la
popolazione mobile eventualmente investita è stimata in 4 persone. La ferrovia interessata è invece
pari a 60 m (il numero di fatalità correlato è di 240 persone). Il parametro ARICOMAH risulta “tollerabile
se ALARP”.
N max = 35 + 0 + (240 + 4) + 0 = 279
Strada interna
Serbatoio 4 Ferrovia
Serbatoio 3
Area di danno della sequenza R12 per serbatoio 1 (sinistra) e per tutti e quattro i serbatoi (a
destra): in giallo per il serbatoio 3, in verde per il 4, in blu per il 2, in amaranto per il serbatoio 1.
Il tutto può essere ripetuto nel caso che lo scoppio avvenga in uno dei due serbatoi sferici 3 o 4. In
altri termini, considerare il serbatoio cilindrico 1 come sorgente dell’incidente è un’ipotesi cautelativa,
poiché coinvolge il numero massimo di elementi vulnerabili.
A valle dell’analisi effettuata, si propone una tabella sintetica che individua gli scenari a rischio su cui
intervenire con ulteriori analisi.
11
Occorre sottolineare come il calcolo degli effetti della sequenza R12 (rottura del serbatoio) nel rapporto di
sicurezza è stato implementato ipotizzando per tutti e quattro i serbatoi le condizioni peggiorative in termini di
sostanze e quantità.
Strada interna
Ferrovia
Strada esterna
L’area di danno per il flash-fire coinvolge la ferrovia per un tratto pari a 750 m circa (per un totale di
3000 persone secondo la modellazione proposta), investe completamente la strada interna allo
stabilimento (lunga 120 m) e coinvolge le strade esterne per un tratto di 800 m. La considerazione di
una densità di popolazione pari a 0.1 persone/metro porta ad un numero di eventuali fatalità pari a 92
per singola corsia, per cui in totale si arriva a 184 persone sulle strade. Non si individuano, invece,
vittime in altri stabilimenti; per la popolazione residente, si suppone una densità media abitativa di
200 persone/km2 [Bubbico et al., 2004]: moltiplicando tale valore per l’estensione dell’area di danno
(π·R2 = π·0.4152 km2 = 0.54 km2 con R raggio dell’area) e sottraendo l’area dello stabilimento (circa
0.0336 km2) si ottiene un totale di 101 decessi. Risulta allora:
N max = 3320
In questo caso il valore di ARICOMAH si trova nella zona di rischio inaccettabile (si veda il calcolo
riportato nella figura successiva). Nel caso di UVCE, è coinvolto un tratto esterno allo stabilimento per
una lunghezza pari a circa 100 m e per un tratto pari a 30 m anche la strada interna. La popolazione
coinvolta è quindi pari a 26 persone. Il valore di ARICOMAH è pari a cade quindi nella zona “tolerable if
ALARP”. Nel caso del pool-fire (numero di fatalità uguale a 35) risulta il rischio sociale tollerabile.
Si considera l’evento R6. Si rappresentano nella figura successiva gli endpoints per la sequenza R6.
Ferrovia
Strada esterna
Per il pool-fire, l’area di danno è all’interno dello stabilimento: malgrado la limitata estensione della
stessa, cautelativamente si pone il numero di fatalità indoor pari a 35, numero di addetti. La strada
interna è coinvolta per circa 10 metri (il coinvolgimento del personale mobile è di due persone sulle
due corsie). Il numero di fatalità è stimato pari a 37: ARICOMAH risiede nella zona di rischio “tolerable if
ALARP”.
Analogamente per il jet-fire, la cui area di danno è all’interno dello stabilimento e coinvolge la strada
interna per un tratto di lunghezza pari a circa 40 metri e per cui il numero massimo di fatalità diventa
allora 43, il valore calcolato per ARICOMAH cade nella zona “tolerable if ALARP”.
Nel caso UVCE, l’area di danno coinvolge la ferrovia, come evidente dalla figura precedente, per un
tratto pari a circa 70 m: avendo ipotizzato una densità di popolazione pari a 4 persone al metro di
rotaia, si ha un totale di fatalità di 280. La strada interna è coinvolta per un totale di 80 m (16 fatalità
sulle due corsie). Sono, invece, nulli i decessi in altri stabilimenti o tra la popolazione residente.
N max = 35 + 0 + ( 280 + 16) + 0 = 331
Il valore di ARICOMAH supera ampliamente il valore limite per la zona “tolerable if ALARP”: per cui lo
scenario è classificabile come “unacceptable”. Nel caso di flash-fire, l’area di danno è ancora
all’esterno dello stabilimento: in particolare investe un tratto di ferrovia pari a circa 410 m, l’intera
strada interna (120 m) e un tratto di strada esterna (di 140 m circa). Il numero massimo di decessi
(considerando che la popolazione residente coinvolta è pari a 24, moltiplicando l’area di danno per la
densità abitativa di 200 persone/km2) è pari a:
N max = 35 + 24 + (1640 + 52) + 0 = 1751
Accettando le ipotesi precedenti, il rischio sociale è inaccettabile.
Si considera l’evento R8.
Per le aree di danno relative alla sequenza R8, la strada esterna che conduce allo stabilimento risulta
coinvolta in tutti gli scenari incidentali analizzati, mentre la strada interna viene investita solo nel caso
di flash-fire (si veda la figura IV.25 a sinistra).
Nel caso degli eventi unidirezionali jet-fire, pool-fire, l’area di danno è in parte esterna allo
stabilimento, e coinvolge un tratto pari a circa 60 m della strada utilizzata per accedere all’interno
dello stabilimento determinando, in caso di incidente, un numero di decessi pari a 12 lungo l’intera
carreggiata.
N max = 35 + 36 = 71
Il relativo valore di ARICOMAH cade nella zona “tolerable if ALARP”.
L’evento unidirezionale flash-fire investe la strada limitrofa per circa 1300 m con un probabile
numero di fatalità di 520 persone, la strada interna completamente (24 eventuali decessi) ed un tratto
ferroviario di 830 m (con un numero di eventuali decessi 3320). La popolazione residente nell’area
esterna è stimata in 138 persone, come reso evidente dal calcolo successivo.
N max = 35 + 138 + (520 + 24 + 3320 ) = 4037
Calcolando il valore del parametro ARICOMAH per tale evento unidirezionale, risulta al disopra di 500000,
per cui cade nella zona “unacceptable”.
Si considera l’evento R9.
Nel caso di UVCE (si veda la figura IV.25 a destra), la strada esterna è lambita dall’area di danno per
un tratto trascurabile, per cui il numero di fatalità coincide con l’organico di stabilimento; il valore del
parametro ARI è tollerabile.
Per quanto riguarda il flash-fire, l’area di danno coinvolge circa 60 m della strada interna, e 260 m
per quella esterna. Complessivamente il numero di decessi arriverebbe allora a 64, a cui và sommato il
numero di fatalità pari all’organico dello stabilimento e quello dovuto alla popolazione esterna (circa
8).
Area di danno associata all’ED relativo al rilascio stazionario (a sinistra) e a UVCE (a destra).
Nel caso si consideri la sovrapposizione delle aree associate al fenomeno dell’UVCE, si ha una tratto di
strada esterna coinvolta pari a circa 200 m, interna pari a 120 m (completamente), e un tratto di
ferrovia di circa 240 m. Si trascurano le fatalità nella popolazione residente, vista la limitata estensione
dell’area di danno all’esterno dello stabilimento.
Per il jet-fire, pool-fire e UVCE, la strada interna è interessata per 30 m, con un numero di fatalità
pari a 41. Il parametro ARICOMAH è “tolerable if ALARP”.
Area di danno per l'ED il fenomeno stazionario (in basso a sinistra) e UVCE (in basso a destra), EL-
D5.
Evento Distanze
Sequenze
incidentale EL-F2
Jet-fire 50
Flash-fire 269
R2
UVCE 33
Pool-fire 8
Jet-fire 33
Flash-fire 121
R6
UVCE 30
Pool-fire 8
Jet-fire 33
Flash-fire 310
R8
UVCE 38
Pool-fire 27
Jet-fire 101
Flash-fire 4
R9
UVCE -
Pool-fire -
Jet-fire 33
Flash-fire 424
R12
UVCE 49
Pool-fire -
Si considera ora il fenomeno flash-fire: l’area di danno, come mostrato in figura IV.32 a sinistra, è
esterna ai confini dello stabilimento e coinvolge per 450 m la ferrovia, per 300 m la strada esterna e
investe completamente la strada interna. Essendo l’area molto estesa all’esterno, si contabilizza anche
il numero di vittime outdoor come il prodotto della densità media di popolazione (200 persone/km2)
per l’estensione dell’area (π·R2 = π·0.2692 km2 = 0.23 km2 a cui si sottrae l’estensione dello
stabilimento). Allora:
N max = 35 + 40 + 84 + 1800 = 1961
Per il flash-fire, infine, la strada esterna è coinvolta complessivamente per una lunghezza di 110 m,
mentre la strada interna è investita totalmente per i suoi 120 m; la ferrovia è interessata per 465 m.
Inoltre, lo scenario incidentale coinvolge una notevole area esterna di circa 0.3 km2 per un totale di 54
possibili fatalità. Si ha allora:
N max = N indoor + N outdoor = N indoor + N residenti + N mobili + N altri_stab ilimenti =
35 + 54 + ( 46 + 1860 ) + 0 = 1995
Il relativo rischio sociale è “tolerable if ALARP”.
La ferrovia è interessata per 840 m, la strada esterna per 730 m e la strada interna allo stabilimento
completamente. Le fatalità sono 3678 ed ARICOMAH inaccettabile.
N max = N indoor + N outdoor = N indoor + N residenti + N mobili + N altri_stab ilimenti =
35 + 113 + (3360 + 170) + 0 = 3678
Per il rilascio stazionario, l’area di danno compromette la strada interna per circa 30 m, generando
un numero complessivo di fatalità di 41: ARICOMAH è tollerabile.
UVCE interessa la strada esterna (30 m) e quella interna (50 m) e la ferrovia (40 m): si trascurano le
fatalità tra la popolazione residente, vista la limitata estensione dell’area di danno all’esterno. Il valore
di ARICOMAH è inaccettabile.
N max = 211
Sintesi dei risultati ottenuti con le quattro combinazioni di condizioni iniziali: IL-D5, IL-F2, EL-D5,
EL-F2.
La considerazione delle diverse condizioni climatiche può generare forti variazioni: ad esempio,
confrontando i risultati ottenuti con la combinazione IL-D5 e IL-F2, alcuni scenari incidentali da
tollerabili inaccettabili (flash-fire R12) o da accettabili inaccettabili (flash-fire R8). Analoghe
considerazioni possono essere fatte confrontando i risultati delle condizioni EL-D5 e EL-F2.
Analizzando i risultati ottenuti (si veda la tabella precedente) considerando la condizione IL-D5, si
verifica che i casi accettabili (classe di rischio 1) sono il 10% del totale numero di casi (20), i tollerabili
vicino al limite di piena accettabilità (classe di rischio 2) il 45%, i tollerabili vicino al limite di
inaccettabilità (classe di rischio 3) il 25%, gli inaccettabili (classe di rischio 4) il 20%. Analogamente
per la condizione IL-F2 risultano le seguenti percentuali: 5% (classe di rischio 1), 25% (classe di
rischio 2), 35% (classe di rischio 3), 35% (classe di rischio 4); per EL-D5: 20% (classe di rischio 1),
45% (classe di rischio 2), 30% (classe di rischio 3), 5% (classe di rischio 4); per la condizione EL-F2:
5% (classe di rischio 1), 40% (classe di rischio 2), 35% (classe di rischio 3), 20% (classe di rischio 4).
numero di casi
7 IL-D5
6 IL-F2
5
4 EL-D5
3 EL-F2
2
1
0
1 2 3 4
classi di accettabilità
12
Questa stima è ancora di carattere conservativo in quanto Lees (1996) suggerisce una probabilità di morte
inferiore all’1% per sovrappressioni inferiori a 1-2 bar e un valore di 1% di letalità per un irraggiamento di 10.2
kW/m2 della durata di almeno 45.2 secondi.
Sintesi della variazione del parametro ARICOMAH e accettabilità del rischio considerando una
diversa probabilità di morte nella zona ad EL (100%) e IL (10%).
Per la condizione IL-D5 si hanno le seguenti percentuali di casi: 65% (classe di rischio 1), 10% (classe
di rischio 2), 25% (classe di rischio 3), 0% (classe di rischio 4). Per la condizioni IL-F2 risultano
rispettivamente il 45%, il 30%, il 15%, il 10%; per la condizione EL-D5 il 20%, il 45%, il 30%, il 5%;
per EL-F2 il 5%, il 40%, il 35%, il 20%.
14
12
numero di casi
10 IL-D5
8 IL-F2
6 EL-D5
4 EL-F2
2
0
1 2 3 4
classi di accettabilità
Anche in questo caso, si propone un confronto tra i risultati ottenuti considerando la variazione del
parametro ARICOMAH e dell’accettabilità con le condizioni meteorologiche. Con riferimento alle equazioni
(1) e (2) precedenti, si propone la seguente tabella di sintesi.
Inizio Letalità Elevata Letalità
Sequenza Evento ΔARICOMAH(%) Δclasse ΔARICOMAH (%) Δclasse
Jet-fire 0 0 0 0
Flash-fire 99.7 1 -99.94 3
R2
UVCE 0 0 0 0
Pool-fire 0 0 0 0
Jet-fire 0 0 0 0
Flash-fire -81.55 0 99.87 2
R6
UVCE 0 0 0 0
Pool-fire 0 0 0 1
Si analizza uno stabilimento appartenente all’elenco dell’articolo 6 e si procede alla valutazione del
rischio sociale con il metodo proposto. Si considera come esempio applicativo lo stabilimento
IN.CA.GAL. SUD spa, che nel presente lavoro di tesi sarà chiamato “Stabilimento B”. L’impianto
rientra nel campo di applicazione dell’art. 6 del D.Lgs.334 poiché sono presenti gas di petrolio
liquefatto GPL, sostanze elencate nell’allegato I, in quantità superiore al valore di soglia (50 t). Le
quantità massime effettive previste sono: Nella notifica preliminare si individuano i seguenti scenari
incidentali, le cui conseguenze vengono distinte a seconda dell’entità del danno in tre zone:
Pool-fire 6 7 -
Jet-fire 7 9 -
Flash-fire 130 220 -
UVCE 10 50 105
Aree di danno relative allo stabilimento B.
Nel caso di pool-fire, jet-fire, UVCE, vista la limitatissima estensione (al massimo una decina di
metri) si considera come numero probabile di fatalità l’organico di stabilimento (non sono coinvolti
elementi esterni vulnerabili). Non avendo a disposizione le informazione sul numero di lavoratori
presenti in stabilimento, si calcola in modo approssimativo come la densità media dell’area moltiplicata
per l’estensione dell’area di stabilimento (circa 24000 m2). Da questo calcolo si ottiene N max = 48 . Si
suppone di tener conto, in questo modo, anche eventuali visitatori esterni o elementi mobili su strade
interne.
Le quantità in ingresso/uscita dallo stabilimento (massime e non le medie per poter essere a favore di
sicurezza) sono sintetizzate nella tabella successiva. Si considera allora un totale di circa 2300 t/mese
sfuso e 1750 t/mese imbottigliato. Si ipotizza di non fare distinzione nella tipologia di trasporto in
relazione allo stato della merce. Per cui si ha una quantità massima trasportata di 4050 t/mese (48600
t/anno). La sostanza trasportata è GPL.
Movimentazione GPL in entrata Quantità massima (t/mese)
Sfuso via strada 400
Sfuso via gasdotto 1860
Movimentazione GPL in uscita Quantità massima (t/mese)
Imbottigliato 1725
Sfuso via strada 369
Si considera il percorso che porta dall’ingresso dello stabilimento alla zona di carico scarico.
Si descrivono di seguito i valori prescelti per i parametri.
13
Essendo tutto il percorso all’interno dello stabilimento, si suppone che le caratteristiche della strada e della
popolazione siano omogenee lungo l’intera lunghezza.
14
Non si considera il fenomeno del pool-fire associato al trasporto di GPL in quanto, come anche evidente
dall’analisi storica precedente, il pool-fire dall’emissione di sostanze liquide è raro. Si trascura anche il flash-fire. È
evidente come si possa raffinare la modellazione delle aree di danno dei diversi scenari incidentali attraverso
strumenti informatici di modellazione come, ad esempio, il software EFFECTS.
Area di danno dovuta fire-ball/EL (in basso a sinistra), jet-fire/EL (in basso a destra) nel
trasporto interno allo stabilimento A.
Gli elementi vulnerabili coinvolti all’esterno sono diversi a seconda della condizione considerata:
• IL/jet-fire – 55 m circa di strada esterna per un totale di 11 vittime;
• IL/UVCE - un tratto di strada (160 m) e un tratto di ferrovia (270 m): il numero di persone
coinvolte in totale Nvulnerabili_outdoor risulta 32 per il tratto stradale a doppia corsia (considerando una
densità media di 0.1 persone/m) e 1080 persone sul tratto ferroviario (considerando una densità di 4
persone/m).
• IL/fire-ball – un tratto di strada esterno di 70 m per un totale di 14 fatalità;
15
Avendo a disposizione l’informazione circa la percorrenza delle singole strade si può pensare di utilizzare,
invece, la formula più raffinata precedentemente descritta [Spadoni et al., 1995].
Si considera come quantità massima trasportata mediamente da e verso lo stabilimento 3600 t/mese
di GPL. Il percorso interno è lungo circa 180 m, come evidente dalla figura successiva. Si descrivono di
seguito i valori prescelti per i parametri.
3600t / mese ⋅ 12mesi / anno
• T – È: T = 485kg / m3 = 2970viaggi / anno
0.8 ⋅ 30m3 / viaggio
può essere trascurato. Nindoor è il pari al numero di lavoratori nello stabilimento cioè 48 (volendo
considerare la condizione cautelativa precedentemente adottata che tutti i lavoratori siano coinvolti
dall’incidente). Nmobili_indoor, è calcolato in relazione alla lunghezza della strada e alla densità supposta.
Gli elementi vulnerabili coinvolti all’esterno Nmobili_outdoor sono diversi a seconda della condizione
considerata:
• IL/jet-fire - un tratto di strada esterna (180 m circa) per un totale di 36 possibili vittime;
16 Essendo tutto il percorso all’interno dello stabilimento, si suppone che le caratteristiche della strada e della
popolazione siano omogenee lungo l’intera lunghezza.
Cinta di interazione
con NR003
Modello per il rischio sociale per la zona di interazione tra le cinte di interazione dei due
stabilimenti A e B.
Per il trasporto all’esterno si devono stabilire le arterie da considerare per il trasporto di sostanze
pericolose, le relative frequenze di percorrenza, le sostanze trasportate. Per il caso in analisi si
suppone di considerare solo i tratti delle strade contenute all’interno del cerchio di raggio pari a 1 km
con centro a metà tra i due impianti (rappresentato con una griglia rossa in figura successiva). Si
possono descrivere le principali caratteristiche di tali infrastrutture come mostrato nella tabella IV.32:
si individua per ciascuna strada un numero identificativo (ID), il nome, la tipologia, la lunghezza (L), la
probabilità incidentale (P), la densità di popolazione outdoor in relazione alla classe del segmento.
Area in analisi
(1) 1800 m
(4) 1800 m
(2) 1150 m
(5) 450 m
(3) 225 m
Sintesi dei risultati sul rischio sociale associato ai trasporti esterni (EL).
Fino ad ora si sono considerati i singoli stabilimenti e le infrastrutture da trasporto come elementi
separati, nel senso che si è calcolato il rischio sociale per ognuno di essi. Ora si vuole svolgere
un’analisi integrata in modo da modellizzare l’effetto domino (ED).
Gli incidenti dovuti all’effetto domino sono tra i più severi avvenuti nell’industria di processo e hanno
ricevuto un’ampia attenzione nella legislazione per la prevenzione ed il controllo degli incidenti
rilevanti: il DM 9/5/2001 richiede di tener conto dei possibili effetti domino anche ai fini della
pianificazione territoriale. La valutazione quantitativa del contributo dell’effetto domino al rischio
industriale è ancora un problema aperto nell’analisi di sicurezza.
La modellazione proposta nel presente lavoro di tesi consiste nel sovrapporre le aree di danno
associate a ciascuna tipologia di fenomeno (esempio jet-fire) sia per le sorgenti fisse che per quelle
mobili. Per il trasporto all’esterno lo studio guarda solo nella cinta di interazione: in base alla
modellazione effettuata, un incidente al di là della cinta non avrebbe alcuna influenza sull’impianto e
non può contribuire all’evoluzione della catena di eventi. Si considerano, inoltre, le aree di danno
corrispondenti all’EL (elevata letalità).
Di seguito si sovrappongono le aree di danno associate al fenomeno jet-fire.
Area danno
trasporto interno
NR003
Area danno
trasporto esterno
Area danno DR014
Effetto domino (ED) stimato come sovrapposizione delle aree di danno del jet-fire.
Per calcolare il valore complessivo, si considera la massima probabilità tra gli eventi la cui area di
danno potrebbe17 investire o essere investita da altre e come numero di fatalità, la somma delle
fatalità associate agli eventi la cui area di danno potrebbe investire o essere investita dalle altre.
Analogamente si valuta l’effetto domino per gli altri scenari incidentali (UVCE, fire-ball e flash-fire)
come sovrapposizione delle aree di danno. I risultati sono riassunti nelle tabelle successive.
17
Nel caso dei trasporti si considera come area di danno la sovrapposizione delle aree di danno possibili lungo il
percorso.
In questo caso si ipotizza di pesare la probabilità condizionata in base ai dati storici: moltiplicando la
probabilità dell’effetto domino (per le diverse categorie di scenari incidentali) per la probabilità di
avere almeno due effetti domino (0.164), si cerca di “raffinare” i risultati ottenuti (si veda eq.(6)).
Una volta effettuato lo screening della situazione attuale, si possono proporre degli interventi
migliorativi al fine di ridurre la probabilità di accadimento di un incidente o la magnitudo delle
conseguenze. È evidente che un cambiamento ad una qualunque sorgente fissa o mobile possa
indurre profonde modifiche al rischio sociale complessivo stimato. La variazione deve essere analizzata
globalmente, non solo in relazione alla sorgente fissa/mobile modificata ma all’intera area industriale,
individuando gli eventuali costi economici da sostenere.
Ipotizzando di modificare il percorso di movimentazione interno per lo stabilimento A, come
rappresentato nella figura successiva, il rischio associato al trasporto di sostanze pericolose subisce
una forte modifica (sebbene in termini percentuali ma non di classe di accettabilità del rischio).
Nuovo percorso
interno
Analisi delle aree di danno associate al trasporto interno (stabilimento A) con un percorso
alternativo.
Inoltre, elemento critico nella zona analizzata è l’eccessiva vicinanza della ferrovia Bari-Taranto allo
stabilimento A, specialmente in relazione all’evento flash-fire. Se tale studio del rischio d’area fosse
fatto in fase di pianificazione territoriale, si potrebbe pensare di garantire una maggiore distanza tra
l’elemento vulnerabile e la sorgente fissa, oppure di interporre delle barriere (anti-flashing) che
limitino il propagarsi degli effetti. Supponendo di poter allontanare lo stabilimento A dalla ferrovia in
modo che alcuna area di danno corrispondente alla soglia di elevata letalità dei fenomeni incidentali
che avvengono nell’impianto investa l’infrastruttura, si otterrebbe una forte riduzione del rischio
sociale corrispondente ad ogni sequenza incidentale. Nella tabella successiva si analizza che nel 30%
delle casi analizzati (rispetto al totale), garantendo una maggiore distanza tra ferrovia e stabilimento,
si avrebbe una riduzione della classe di rischio sociale associata (nel 15% dei casi si avrebbe la
variazione di una sola classe - Δclasse = 1, nel 15% di due – Δclasse = 2).
L’analisi effettuata ha permesso di stimare il rischio sociale considerando una parte dell’area
industriale di Taranto. In particolare, si sono prese in considerazione due sorgenti fisse (lo
stabilimento A e B) e le sorgenti mobili (cioè il trasporto su gomma all’esterno degli stabilimenti e
all’interno di essi). Da un’analisi di sensibilità del modello proposto ai parametri, si verifica che le
condizioni che meglio si adattano alla modellazione (poiché sufficientemente cautelative e realistiche)
per la quantificazione del rischio sociale sono “elevata letalità e F2”.
Considerando, quindi, i risultati ottenuti secondo questa ipotesi di condizioni iniziali (EL-F2), nella
tabella successiva si indicano per ciascuna sorgente di rischio, mobile o fissa, il numero percentuale
(rispetto al totale) degli eventi incidentali che ricadono nella classe di rischio i-esima (Nclasse,i) con i =
1, 2, 3, 4:
Risultati ottenuti sulle classi di rischio sociale per le sorgenti fisse e mobili.
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Relazione
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Premessa:
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1998 sono state organizzate nuove attività di monitoraggio finalizzate allo sviluppo della
modellistica messa a punto dall’U.O “Modellistica applicata ai comparti aria e suolo”.
1. Raccolta di tutti i dati di particolato fine rilevati nell’area di studio per l’analisi della
distribuzione (spaziale e temporale) e delle correlazioni con parametri meteo e
inquinanti normati;
2. Acquisizione di tutti i dati relativi ai parametri meteoclimatici e chimici della qualità
dell’aria esistenti nell’area di Taranto;
3. Campionamento di filtri di particolato atmosferico urbano in collaborazione con le
UU.OO. “Microinquinanti dell’aria” e “Fingerprints organici di inquinamento
ambientale”.
4. Rilevamento di dati o di elaborazioni già effettuate sul territorio circa le emissione da
sorgenti primarie rappresentative (fonti mobili, industrie, area portuale, ecc.);
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ATTIVITÀ SVOLTE:
Con riferimento ai compiti assegnati alla U.O. 9 nel corso delle riunioni operative in
Giugno, Luglio e Ottobre 2003 per la programmazione di due campagne intensive di
misura della durata di quindici giorni circa (effettuate nel mese di febbraio 2004 e nel mese
di Giugno 2004), di seguito vengono elencate le attività svolte dalla stessa U.O. :
• Sono stati acquisiti ed elaborati tutti i dati di monitoraggio della qualità dell’aria
pertinenti le attività di GECOM s.r.l. . In dettaglio sono stati processati i dati:
della rete di Monitoraggio aria del Comune di Taranto relativi agli anni
1999\2003 per renderli leggibili ed elaborabili dalle altre UU.OO. del gruppo
di lavoro “Aria
di una campagna di monitoraggio condotta nel Comune di Statte, nel mese
di Luglio 2003 con Laboratorio Mobile per la determinazione in continuo di
CO, NOx, O3, SO2, PTS, PM10 e Benzene;
di una campagna di rilevamento meteo (anno 2003) effettuata con
strumentazione SODAR posizionato c/o il Porto Mercantile di Taranto.
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alla più alta risoluzione disponibile. Tale attività è stata condotta anche per i periodi
intensivi di monitoraggio.
• In collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari sono stati
acquisiti i dati di emissione da sorgenti primarie rappresentative necessari per l’attività
della U.O.10. In particolare sono stati reperiti i dati inerenti le sorgenti puntuali (camini)
delle principali industrie presenti nell’area provinciale e dati, relativi a progetti condotti
in precedenza sul territorio, riferiti a stime dei flussi di traffico nelle principali strade
urbane e delle emissioni provenienti dalle attività portuali .
• Unitamente alle altre U.U. O.O del gruppo di lavoro ‘aria’ in data 2 e 3 Ottobre 2003,
sono stati condotti sopralluoghi per identificare i siti del territorio provinciale e del
Comune di Taranto nei quali effettuare le campagne di monitoraggio.
• Sono state condotte le due campagne di monitoraggio presso i siti individuati in
seguito alle attività di sopralluogo:
Via Orsini (rione Tamburi, Taranto), presso una delle cabine della rete
di monitoraggio della qualità dell’aria del Comune di Taranto.
Palagiano (area a ovest rispetto all’area industriale), presso l’impianto di
depurazione di proprietà del Comune di Palagiano.
Statte (area a nord-est rispetto all’area industriale) presso la scuola
Giovanni XXIII. (MM GECOM S.r.l.).
Di seguito vengono elencati i parametri monitorati in continuo durante le campagne e
la strumentazione accessoria utilizzata dalla U.O. 9 per la conduzione delle attività di
campionamento del gruppo di lavoro ‘aria’ :
Via Orsini
¾ PM10
¾ CO;
¾ SO2;
¾ NOx;
¾ O 3;
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¾ BTX;
¾ CH4, THC, NMHC;
¾ Parametri meteo (Temperatura, Umidità relativa percentuale, Radiazione solare, pressione
Palagiano
¾ PM10
¾ CO;
¾ SO2;
¾ NOx;
¾ O 3;
¾ BTX;
¾ Campionatore ad alto volume;
¾ Un sistema portatile programmabili per campionamenti diurni di VOC.
Statte
¾ PM10
¾ CO;
¾ SO2;
¾ NOx;
¾ O 3;
¾ BTX;
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¾ Parametri meteo (Temperatura, Umidità relativa percentuale, Radiazione solare, pressione
• Sono stati forniti alle UU.OO. 5 e 6, per l’esecuzione di test preliminari, alcuni filtri dei
campionatori di polveri ad alto volume campionati nell’ambito di una campagna
effettuata nel mese di ottobre 2003 dalla U.O.9.
CONCLUSIONI
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considerati, che presso le altre stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell’aria del
Comune di Taranto. In relazione alle richieste dell’U.O.10, l’U.O.9 sta verificando, inoltre,
la presenza sul territorio (Pretura, Provincia, etc ) di informazioni relative a monitoraggi
effettuati sulle emissioni convogliate di pertinenza industriale e quelli riguardanti le
discariche RSU attive, presenti nella Provincia di Taranto, condotte in concomitanza con le
due campagne intensive di monitoraggio.
___________________________ ___________________________
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Laboratorio: Via Spadaro, 2 – 74100 Taranto
Dipartimento Insediamenti Produttivi
e Interazione con l’Ambiente
territoriale”
Relazione finale
1
Autori e ringraziamenti
Dr. Claudio Gariazzo (responsabile scientifico dell’UO del progetto finalizzato Min. Salute)
Dr. Armando Pelliccioni
Dr.sa Patrizia Di Filippo
Sig. Fabrizio Sallusti
Si ringraziano la società GECOM S.r.l., Il Comune di Taranto, l’Autorità Portuale del porto
mercantile di Taranto, la raffineria ENI di Taranto, la società ENIPOWER, la società Edison S.p.a.,
il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari per i numerosi contributi sulla redazione
dell’inventario delle emissioni. Si ringrazia inoltre la società ARIANET S.r.l per i fondamentali
suggerimenti nella messa a punto dell’apparato modellistico.
2
INDICE
INTRODUZIONE ....................................................................................................................4
CONCLUSIONI .....................................................................................................................67
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................69
3
INTRODUZIONE
L’inquinamento atmosferico nelle aree urbane è ancora oggi un fenomeno di grande entità, di non
semplice quantificazione e di difficile soluzione. L’area di Taranto, insieme alle problematiche
ambientali comuni a tutte le aree urbane, presenta un’elevata concentrazione di diverse tipologie di
emissioni industriali che hanno provocato negli anni alti livelli di concentrazione di inquinanti in
aria ambiente con conseguenti gravi alterazioni degli equilibri ambientali. Già nel 1990 l’area fu
dichiarata “area ad elevato rischio di crisi ambientale”, anche per la presenza di aziende che
ricadono nella direttiva Seveso per il rischio di incidente rilevante. Studi edipemiologici hanna
anche evidenziato un problema sulla salute umana conseguente al degrado ambientale. A seguito di
ciò è stato definito il piano di risanamento del territorio teso ad individuare le misure urgenti atte a
rimuovere le situazioni di rischio ambientale, approvato con DPR del 23 aprile 1998. Nell’ambito di
tale piano sono stati individuati insediamenti industriali di rilevanti dimensioni con forte impatto
socioeconomico ed ambientale. Tale piano si è particolarmente concentrato sulle attività industriali
primarie dell’area di Taranto, quali l’acciaieria exILVA, la raffineria ENI, il cementificio
CEMENTIR, le centrali termoelettriche. Tuttavia nella zona sono anche presenti altre minori
sorgenti di emissione tra cui: la zona portuale, con numerosi cantieri militari e civili, numerose
industrie manifatturiere di medie e piccole dimensioni, discariche di rifiuti pericolosi quali materiali
provenienti da produzioni siderurgiche e cave di calcare. In tale contesto si inserisce il progetto di
ricerca “Impatto sulla salute di particolari condizioni ambientali e di lavoro, di provvedimenti di
pianificazione territoriale” che, sulla base dei dati ambientali ed epidemiologici esistenti e a seguito
di ulteriori campagne di misura, si pone l’obiettivo di valutare l’attuale livello di qualità
dell’ambiente, gli effetti sulla salute umana e, in relazione alle misure di controllo delle emissioni
già adottate, i punti suscettibili di interventi migliorativi.
La presente relazione descrive le attività e i risultati ottenuti dall’ Unità Operativa “Modellistica nei
comparti aria e suolo” del progetto suddetto, il cui scopo era quello di sviluppare una metodologia
in grado di fornire informazioni utili alla valutazione delle conseguenze delle emissioni in
atmosfera di sostanze pericolose per la salute umana da parte di sorgenti industriali ed antropiche.
Attraverso tale metodologia è stato possibile:
• realizzare una banca di dati meteorologici non convenzionali per una caratterizzazione
avanzata delle capacità fluidodinamiche dell’atmosfera per la ricostruzione delle principali
circolazioni atmosferiche presenti nell’area;
• realizzare un inventario delle emissioni in aria delle principali sorgenti presenti nel sito in
esame;
• individuare le aree maggiormente esposte a fenomeni di inquinamento in particolari
condizioni meteorologiche rappresentative dei fenomeni di circolazione locali;
• quantificare i contributi ai diversi inquinanti da parte delle diverse sorgenti presenti sul
territorio;
4
1. ANALISI DELLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE
Da quanto emerso dal “Rapporto sulla Qualità dell’Aria” del 2002 (Comune di Taranto, 2002),
l’inquinamento atmosferico nell’area del comune di Taranto non è limitato all’area urbana
principale, ma si estende all’intero territorio a causa della presenza di una zona industriale contigua
ad abitazioni, del tasso di urbanizzazione e dell’elevata mobilità di merci e persone. La zona
meridionale della città è quella che presenta livelli inferiori di concentrazione di inquinanti, in
quanto favorita da una densità abitativa inferiore e da un regime di brezze che la pone sopravento
all’area urbana principale ed alla zona industriale. L’analisi dei dati raccolti per la redazione del
rapporto conferma un quadro sostanzialmente sovrapponibile a quello degli anni precedenti
(periodo temporale di osservazione: 1998-2002), con problemi di qualità dell’aria ascrivibili alle
concentrazioni di alcuni inquinanti critici. Infatti, le concentrazioni di PM10 rilevate nel corso
dell’anno ecologico 2002 hanno registrato valori medi annui di 67.3 e 66.6 μg/m3 rispettivamente
nelle stazioni di Orsini e Garibaldi: tali concentrazioni sono superiori al valore posto dal
valore/obiettivo (media annua) per tutti i mesi dell’anno in esame in entrambe le stazioni, con un
andamento delle medie mensili che ha evidenziato una certa tendenza alla stazionarietà.
Per gli altri inquinanti la situazione appare sostanzialmente normalizzata, con l’eccezione di
qualche episodio critico per il biossido di azoto e per il benzene.
5
2. MATERIALI E METODI
2.1 Descrizione del sistema modellistico
Il Dipartimento DIPIA dell’ ISPESL, dispone attualmente di un sistema modellistico composto da
tre moduli: il modello meteorologico MINERVE, il modello turbolento SURPRO e il modello di
dispersione SPRAY.
Di seguito viene data una descrizione dei singoli moduli.
6
entrambi gli schemi indicati da Thomson nel 1984 e 1987 (Thomson, 1987; Thomson, 1984). Le
caratteristiche della turbolenza vengono descritte da matrici tridimensionali delle fluttuazioni
orizzontali e verticali della velocità del vento σ u 'x , σ u 'y , σ u 'z , delle skewness verticali u' 3z e dei
tempi di scala lagrangiani TL u'x , TL u' y , TL u'z .
In letteratura esistono numerose applicazione del modello SPRAY (Gariazzo et al., 2004; De Maria
et al., 2003; Finardi et al., 2002; Sansigolo et al., 2001). Esistono inoltre applicazioni di confronto
tra il modello Lagrangiano SPRAY e il modello gaussiano di riferimento EPA ISC (Brusasca, 2001;
Gariazzo et al., 2003) in cui si evidenziano differenze sostanziali nei risultati ottenuti, causati
principalmente dalle approssimazioni contenute nel modello EPA, che sopratutto in terreno
complesso, quale quello presente sul territorio italiano, sono inadatte a descrivere correttamente i
fenomeni in atto.
L’uso del territorio è stato ricavato da mappe europee CORINE Land Cover. Nella seguente figura è
visibile la mappa di uso del territorio dell’area di studio. Dalla classificazione suddetta viene
7
effettuata successivamente una riaggregazione in 21 classi. I modelli meteorologici necessitano
inoltre di mappe superficiali di rugosità, di riflessività della superficie terrestre (albedo) e di
rapporto tra flusso di calore sensibile e latente (Bowen ratio) per la ricostruzione del campo di vento
e di turbolenza atmosferica. Tali mappe vengono ricavate a partire dalla mappa di uso del territorio
utilizzando apposite tabelle di derivazione.
8
Taranto e una parte della sua provincia, con una risoluzione spaziale di 500 metri ed una temporale
di tipo orario.
Sulla base dell’inventario CORINAIR dell’area di Taranto sono state individuate le seguenti
sorgenti:
• SORGENTI INDUSTRIALI (CAMINI E FUGGITIVE)
• RISCALDAMENTO DOMESTICO
• ATTIVITA’ PORTUALI
• TRAFFICO STRADALE
prendendo in esame per ciascuna sorgente le seguenti specie chimiche: monossido di carbonio CO,
ossidi di azoto NOx, biossido di zolfo SO2, particolato fine PM10, particolato sospeso totale PTS,
metano CH4.
9
2.3.3 Sorgenti areali
Sono state considerate come sorgenti areali il riscaldamento domestico e le attività portuali. Le
emissioni sono state stimate statisticamente sulla base del dato di attività riferito all’area considerata
(es. quantità di metano consumato) e del fattore di emissione tipico dell’attività.
Per quanto riguarda il riscaldamento domestico per il settore residenziale dell’area di Taranto le
emissioni in atmosfera relative alle attività di riscaldamento, uso domestico ed altri usi civili sono
state acquisite dallo studio comunale sopramenzionato (ATI, 2003). Le stime delle emissioni sono
state basate sui consumi annui di gas metano nell’area comunale forniti dalla società Camuzzi
Gazometri S.p.A..
Per il calcolo dei dati emissivi del riscaldamento domestico degli altri comuni presenti nel dominio,
si è proceduto con la surrogazione in base alla popolazione di ciascuno degli altri comuni a partire
dai dati urbani di Taranto.
Per quanto riguarda la stima delle emissioni legate al porto di Taranto è stato necessario distinguere
le emissioni legate alle attività propriamente svolte nel porto (carico e scarico delle navi (polveri
fuggitive)), da quelle determinate dalle navi (combustione dei motori navali). Mentre le prime sono
state acquisite dallo studio comunale sopramenzionato (ATI, 2003), le emissioni da navi sono state
calcolate utilizzando sia dati sul traffico portuale contenuti nel medesimo studio che dati reperiti
presso la locale autorità portuale.
Per quanto riguarda la stima delle emissioni da carico e scarico, lo studio comunale suddetto ha
provveduto a caratterizzare l’attività portuale nell’anno 2002. Successivamente sono stati
individuati 18 accosti utilizzati dalle navi mercantili. Solo in 4 dei 18 accosti vengono effettuate
operazioni su materiali considerati possibili sorgenti di polveri fuggitive. La metodologia utilizzata
per la stima delle emissioni fuggitive, i cui dettagli sono riportati nello studio comunale (ATI,
2003), è basata sulla quantità di materiale movimentato, sull’intensità del vento al suolo e
sull’umidità del materiale stesso.
Il calcolo delle emissioni più propriamente navali è stato aggiornato rispetto ai risultati dello studio
suddetto tenendo conto delle diverse fasi di traffico all’interno del porto; in particolare sono state
individuate una fase di “movimento”, calcolata dal momento di entrata nel porto e considerando una
velocità di crociera di 6 nodi, ed una di “stazionamento”, composta dalle operazioni di manovra e di
stazionamento vero e proprio. Insieme ad alcuni dati forniti direttamente dall’autorità portuale
(come il tempo di stazionamento medio o il tonnellaggio totale relativo all’anno 2002), sono stati
usati valori derivanti da studi in materia (Trozzi e Vaccaro, 1998), tramite i quali si è potuti
pervenire ad una stima delle emissioni annuali delle navi di passaggio nel porto di Taranto.
10
Analogamente a quanto fatto per le emissioni da traffico veicolare, sono state utilizzate delle curve
di modulazione temporale anche per le emissioni da riscaldamento domestico. In questo caso non si
è reso necessario utilizzare delle modulazioni giornaliere, ma solo orarie e mensili.
Si può osservare che circa il 90% dell’SO2 viene emessa dai processi di combustione, che danno un
contributo significativo anche all’NOx (circa 60%) ed alla CO (circa 30%). Il trasporto su strada da
un contributo del 20% all’NOx e del 70% alla CO. Un 30% circa delle emissioni di CO proviene
dai processi di produzione e combustione.
11
Fig. 2.3: Laboratorio meteorologico mobile
Nella tabella seguente sono riportati i parametri meteorologici misurati, la strumentazione utilizzata
ed alcune caratteristiche significative della stessa.
12
Da queste misure primarie vengono poi calcolate altre grandezze meteorologiche descriventi la
turbolenza atmosferica superficiale. Nella tabella seguente sono riportate le grandezze suddette e il
metodo di calcolo utilizzato.
Tutte le grandezze primarie sono collezionate ogni secondo ed elaborazioni medie vengono eseguite
ogni dieci minuti sia per le grandezze primarie che per quelle secondarie. L’elevata risoluzione
temporale permette di seguire molto bene l’evoluzione dei fenomeni atmosferici e di individuare
tutte quelle strutture atmosferiche a carattere temporaneo quali movimenti di masse d’aria originate
da gradienti termici che hanno luogo nelle aree collinose.
Attraverso questo laboratorio è quindi possibile esaminare gli elementi turbolenti presenti
nell’atmosfera, analizzare la stabilità/instabilità della stessa e studiare i fenomeni di assorbimento,
riflessione ed emissione di energia in forma di radiazione elettromagnetica proveniente dal sole,
dalla terra e dall’atmosfera. In tali fenomeni hanno importanza prevalente le proprietà fisiche delle
superfici che caratterizzano il suolo (albedo, potenza emissiva, densità, calore specifico,
conduttività termica), le quali determinano il calore accumulato o ceduto in superficie che viene
successivamente rimesso in gioco attraverso i processi di flusso turbolento di calore sensibile e di
calore latente.
13
Fig. 2-4: Il sistema SODAR\RASS
E’ molto importante sottolineare che i dati forniti dal sistema SODAR\RASS vengono collezionati
unitamente ad un codice di plausibilità di 6 caratteri che rappresenta il risultato del test di
plausibilità eseguito dal sistema sullo spettro medio nel dominio della frequenza ottenuto per
ciascuna delle tre antenne. Vengono eseguiti 10 test che invalidano un certo numero di dati per
aspetti legati a fattori strumentali o ambientali: questo aspetto limita di fatto la massima quota di
sondaggio (circa 400m dal suolo) e chiarisce il motivo per cui i profili delle diverse grandezze
misurate possono presentarsi in alcuni casi con delle lacune, ma garantisce la bontà dei dati raccolti.
RASS
14
Tabella 2.4: Caratteristiche tecniche del RASS
ANTENNE
Tipo: Due parabole riflettenti - φ = 1.8 m
TRASMETTITORE
Frequenza: 1290 MHz
Modulazione: Onde continue
Potenza RF: 20 W circa
RICEVITORE
Frequenza: 1290 MHz
Figura di rumore: < 1 dB
Larghezza di banda RF: < 5 MHz
SODAR
Il SODAR è un sistema di misura che si basa sull’emissione in atmosfera di una serie di impulsi
acustici (in particolare di un pacchetto di onde acustiche di lunghezza d’onda fissata) che vengono
diffusi dalle disomogeneità termiche, rappresentate dalle masse di aria in movimento. La frazione di
segnale che viene retrodiffusa torna al sensore con una frequenza che differisce dalla frequenza del
segnale emesso per effetto Doppler, dato che la riflessione è stata causata da superfici in moto.
Dalla misura della frequenza Doppler, cioè dalla frequenza dell’eco, si ottiene la velocità del vento,
o meglio, la componente della velocità del vento lungo la direzione di propagazione del pacchetto
acustico. Analizzando il segnale di ritorno in funzione del tempo è possibile ricavare la componente
v del vento a varie quote. Per ottenere informazioni sul vettore vento è indispensabile effettuare
sondaggi in tre diverse direzioni, in modo da ricavare tre componenti. Dall’analisi nel tempo del
segnale e da tre sondaggi in tre differenti direzioni è così possibile effettuare misure profilometriche
di velocità e direzione del vento. Il periodo di ripetizione degli impulsi emessi definisce la portata
dello strumento, in quanto determina il tempo massimo dell’eco di ritorno e quindi la quota
massima raggiungibile. La durata dell’impulso acustico è invece direttamente correlata alla quota
minima di rilevamento, nel caso in cui l’antenna sia di tipo monostatico, dato che nel periodo di
trasmissione è disabilitata la funzione di ricezione. Anche la risoluzione in quota dipende dalla
durata dell’impulso, in particolare si considera la metà della lunghezza spaziale del treno di onde
15
(nλa/2). La risoluzione dipende inoltre dalle caratteristiche spettrali del ricevitore (banda passante,
campionamento della FFT, etc.), mentre l’accuratezza, oltre che dai precedenti fattori, dipende
soprattutto dal rapporto segnale/rumore.
Nella seguente tabella sono riportate le prestazioni del sistema SODAR installato nella zona del
porto di Taranto:
CARATTERISTICHE VALORE
velocità del vento 0-35 m/s
Intervallo di misura
direzione del vento 0-360°
vel. vento (0-5m/s) ± 0.5 m/s
Accuratezza vel. vento (5-35 m/s) ± 10 %
direzione del vento ± 5°
Minima altezza di misurazione 10 m
Risoluzione (variabile) 5-100 m
Quota massima di misurazione (tipica) 400 m
Disponibilità dei dati (dipendente dal livello di
80% fino a 200 m
rumore ambientale e dai parametri di lavoro)
Il sistema integrato RASS-SODAR prevede l’uso di una sola antenna acustica. Questa è di tipo
monostatico, funziona quindi sia in trasmissione che in ricezione; durante le misure il SODAR
alterna treni acustici nella direzione verticale e lungo altre due direzioni, ortogonali tra loro, in
modo da determinare tre componenti, per la ricostruzione del profilo del vettore vento. Si tratta di
un sistema innovativo, in quanto generalmente per la determinazione delle tre componenti del vento
vengono utilizzate tre antenne distinte, ciascuna orientata secondo la direzione di misura. In questo
caso le tre antenne, che emettono in contemporanea, utilizzano tre frequenze diverse, per evitare che
gli echi di ritorno interferiscano. Viceversa, questo sistema opera con una sola frequenza,
alternando le direzioni di misura. Il vantaggio principale consiste nel minor ingombro dell’apparato,
mentre le prestazioni sono sostanzialmente analoghe.
Il sistema SODAR utilizzato è stato sviluppato dalla ditta tedesca METEK: si tratta di un sistema a
Phase-array (Modello DSPA90) a 4x4 elementi disposti a matrice, in cui i tre impulsi acustici
richiesti per la misura vengono ottenuti mediante uno shift di fase del segnale elettrico fornito al
singolo elemento. Tale principio consente di controllare l’angolo di emissione dell’impulso
avvalendosi anche della frequenza acustica di emissione. Il SODAR, facente parte del laboratorio
meteorologico dell’ISPESL, è posto su un carrello mobile per facilitarne il trasporto e la
collocazione sul territorio. Al fine di ottenere delle misure più accurate, il sistema è fornito di alcuni
pannelli fonoassorbenti tesi a minimizzare l’influenza del rumore sul segnale rilevato. In particolare
gli schermi acustici che circondano l’antenna permettono di ridurre sia l’impatto acustico
sull’ambiente del suono emesso, che di limitare il disturbo del rumore ambientale sulla misurazione
eseguita. La quota massima di misurazione dipende in modo particolare dai livelli di rumore
ambientale presenti e dalla riflettività dell’atmosfera. Nella seguente tabella sono riportate le
grandezze misurate dal sistema.
16
Tabella 2.7: Grandezze misurate dal sistema SODAR
GRANDEZZA
Componenti cartesiane u, v, w del vento
Velocità e direzione orizzontali del vento
Componenti lungo gli assi acustici (radiali) del vento
Dev. Standard direzione del vento orizzontale
Dev. Standard angolo inclinazione verticale del vento
Classe di stabilità atmosferica
Sigma componenti radiali
Riflettività lungo gli assi acustici
Guadagno lungo gli assi acustici
Le componenti radiali del vento vengono collezionate ogni circa 5 secondi. I valori medi delle
grandezze sopra riportate vengono calcolati, come per le grandezze al suolo, ogni 10 minuti, in
modo da permettere lo studio dell’evoluzione dei fenomeni meteorologici con elevato dettaglio.
Al fine dell’integrazione delle misure dei parametri meteo nell’area di studio, sono state posizionate
due stazioni meteorologiche rispettivamente nei comuni di San Giorgio (UTM: X=701. 529 Y=4481.
066 Z=85) e di Monte Mesola (UTM: X=697. 861 Y=4492. 304 Z=75) per la misura di velocità e
direzione del vento, umidità relativa e temperatura. I dati sono stati collezionati con valori medi a
10 minuti partendo da misure con frequenza di un secondo. Nella seguente figura è visibile la
stazione di Monte Mesola.
17
Nelle seguenti tabelle sono riportate le caratteristiche tecniche degli strumenti utilizzati.
18
3. PRESENTAZIONE DEI DATI DI MONITORAGGIO
3.1 Campagna invernale
Il laboratorio meteorologico mobile è stato operativo durante la campagna invernale dal 18 febbraio
al 16 marzo 2004 ed è stato posizionato nella zona del porto di Taranto (UTM: X=688. 353 Y=4484.
187 Z=1). Nella tabella seguente sono riportati i valori minimi, massimi e medi delle grandezze
meteorologiche misurate e calcolate.
Tabella 3-1: Principali risultati delle elaborazioni statistiche eseguite sui dati del
LMM nella campagna invernale
GRANDEZZA STRUMENTO Unità Min Medio Max
Energia cineteca
Elaborazione di grandezze derivate (m/s)2 0.00 0.92 9.85
turbolenta
Stress di Reynolds
Elaborazione di grandezze derivate Kg/ms2 0.00 0.15 1.56
superficiale
Temperatura terreno Sensore temperatura terreno da YOUNG 26700 °C 1.90 12.51 32.10
Umidità relativa Umidità relativa VAISALA da YOUNG 26700 % 32.00 71.51 97.00
19
Dai valori statistici estratti emerge che nel periodo considerato la velocità del vento ha avuto
un’escursione compresa tra 0.1 e 39.1 m/s con un valore medio di circa 4.75 m/s. La temperatura
dell’aria ha coperto un intervallo compreso tra 3.4 e 18.1 °C con valore medio nel periodo di circa
11 °C. Per quanto riguarda l’umidità relativa è stato misurato un valore minimo di 32%, un valore
massimo del 97% e un valore medio del 71%.
Nella seguente figura è riportata la rosa dei venti dei dati raccolti dal LMM durante la campagna
invernale. Si può osservare che il 7.6% dei dati raccolti rappresenta dei venti sostenuti con velocità
superiore ai 9 m/s (velocità media di 11.2 m/s) e con direzione media SSE (dal mare): una
condizione di questo tipo può determinare un trasporto di inquinanti dalla zona industriale di
Taranto verso i paesi posti a Nord-Ovest (es: Statte, Palagiano) ma comunque con forti effetti di
diluizione. Percentuali significative con venti compresi tra i 3 e i 7 m/s si hanno nei settori NE e
NO; i venti da NO possono invece essere responsabili di un trasporto dalla zona industriale verso la
città di Taranto. L’ultimo settore significativo è il SO con venti compresi tra i 5 e i 9m/s.
Nelle seguenti figure viene riportato l’andamento del GIORNO MEDIO di alcune tra le grandezze
meteorologiche misurate e calcolate dal LLM durante la campagna invernale. Le prime due figure
rappresentano rispettivamente la velocità del vento al suolo e la velocità di attrito u*. Quest’ ultima
è una velocità di scala che permette di quantificare lo sforzo di taglio del vento dovuto all’attrito
con la superficie terrestre: risulta essere tanto più grande quanto più grande è la velocità del vento e
20
la rugosità del suolo. Considerando che il LMM è stato posizionato, come detto precedentemente,
nella zona del porto, in prossimità del mare e quindi in una zona a bassa rugosità, possiamo
osservare come l’andamento di u* rispecchia l’andamento della velocità del vento al suolo,
raggiungendo valori medi di circa 0.35 m/s tra le 14:00 e le 17:00 in corrispondenza dei valori medi
più elevati di velocità del vento di circa 5.8 m/s registrati nelle stesse ore.
8,0
7,0
6,0
5,0
VV (m/s)
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
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.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
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8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-2: Giorno medio della velocità del vento del LMM - Campagna invernale
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
U* (m/s)
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
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.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-3: Giorno medio della velocità di attrito del LMM - Campagna invernale
21
Nella seguente figura è riportato l’andamento del giorno medio dell’energia cinetica turbolenta, la
cui variazione è legata ai termini di galleggiamento ed allo sforzo turbolento. Possiamo osservare il
tipico andamento a campana: la TKE comincia a crescere a partire dall’alba e raggiunge il suo
massimo intorno alle 15:00 in corrispondenza del massimo spessore dello strato di mescolamento;
durante le ore giornaliere infatti, si sommano i contributi del termine di galleggiamento (che con i
moti convettivi dovuti al riscaldamento di masse d’aria produce turbolenza) con quelli legati al
vento medio. Con il diminuire della radiazione solare inizia una fase discendente in cui il termine di
galleggiamento diventa negativo (con effetto stabilizzante) ma rimane comunque il contributo del
vento medio.
1,80
1,60
1,40
1,20
TKE (m/s)2
1,00
0,80
0,60
0,40
0,20
0,00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
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0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-4: Giorno medio della TKE del LMM - Campagna invernale
Nelle seguenti figure sono riportati gli andamenti del giorno medio della radiazione solare globale,
della temperatura misurata a 2m dal suolo e dell’umidità relativa.
22
RADIAZIONE SOLARE GLOBALE - GIORNO MEDIO LMM
500
450
400
350
300
RG (Watt/m2)
250
200
150
100
50
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
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.0
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.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
16,0
14,0
12,0
10,0
T (°C)
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
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.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-6: Giorno medio della temperatura del LMM - Campagna invernale
23
UMIDITA' RELATIVA - GIORNO MEDIO LMM
100
95
90
85
80
UR (%)
75
70
65
60
55
50
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-7: Giorno medio dell’umidità relativa del LMM - Campagna invernale
La radiazione solare globale risulta essere abbastanza contenuta con valori massimi di circa 450
Watt/m2. La temperatura media giornaliera ha un’escursione di soli 3°C tra il giorno e la notte
intorno ad un valor medio di 11°C. L’umidità relativa è invece abbastanza elevata durante le ore
notturne (75% circa) e tende a diminuire di un 10% durante le ore di insolazione giornaliera.
Bisogna comunque tenere in considerazione anche il contributo all’umidità apportata dal mare
visto il posizionamento nel porto di questa stazione meteorologica.
Nella seguente figura è riportato infine l’andamento del giorno medio della deviazione standard
della velocità verticale del vento, legata ai fenomeni di rimescolamento turbolento dell’atmosfera.
L’andamento temporale medio di questa grandezza non sembra mostrare il tipico andamento a
campana centrato sulle ore di massima insolazione, in cui il contributo alla turbolenza è
prevalentemente di origine convettiva. La presenza del mare nelle immediate vicinanze del LMM
produce un contributo di natura prevalentemente meccanica, caratterizzato da un valore medio
pressoché costante intorno al valore di 0.4 m/s.
24
DEVIAZIONE STANDARD DELLA VELOCITA' VERTICALE DEL VENTO - GIORNO MEDIO LMM
0,6
0,5
0,4
SIGW (m/s)
0,3
0,2
0,1
0,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Le due stazioni meteorologiche MICROS sono state operative durante la campagna invernale dal 17
febbraio al 18 marzo 2004, posizionate nei comuni di San Giorgio e di Monte Mesola. Nella
seguente tabella sono riportati i valori minimi, medi e massimi delle grandezze misurate durante la
campagna. Si può osservare che la velocità media del vento risulta inferiore di circa 1m/s rispetto a
quella registrata dal LMM, ma soprattutto si registra un valore massimo di circa 12.5m/s in
entrambe le stazioni, decisamente inferiore a quello di 39.1m/s registrato dal LMM che, come detto
precedentemente, si trova in vicinanza del mare. La temperatura media risulta anche nelle due
stazioni MICROS di circa 11.1°C, mentre quella massima è di circa 4°C superiore a quella del
LMM. I valori di umidità relativa sono perfettamente in accordo con quelli registrati dal LMM,
salvo che per il valore minimo della stazione di Monte Mesola che risulta inferiore di 10 punti
percentuali.
Tabella 3-2: Principali risultati delle elaborazioni statistiche eseguite sui dati delle
stazioni MICROS nella campagna invernale
STAZIONE SAN GIORGIO
Velocità vento
Anemometro a coppe SVDV m/s 0.20 3.55 12.70
orizzontale scalare
25
STAZIONE MONTE MESOLA
Velocità vento
Anemometro a coppe SVDV m/s 0.10 3.35 12.50
orizzontale scalare
Nelle seguenti figure sono visibili le rose dei venti registrate dalle due stazioni durante la campagna
invernale. Si può osservare che il 21.5% dei dati raccolti nella stazione di San Giorgio rappresenta
dei venti con velocità media di 5.3 m/s e con direzione media SSE. Percentuali significative con
venti compresi tra i 3 e i 7 m/s si hanno nei settori Nord e Sud-Ovest. Anche in questo caso
possiamo osservare che vengono interessate principalmente quattro direzioni, di cui due (SSE e SO)
sono in accordo con le direzioni registrate dal LMM, mentre le altre due (Nord ed Est) sono ruotate
di circa 45° in senso orario rispetto a quelle del LMM (NO e NE).
26
I dati raccolti nella stazione di Monte Mesola indicano per il 40% circa dei venti con direzione
media NNO e velocità media di circa 4m/s. Venti più sostenuti con velocità media di 6.9 m/s sono
stati registrati nel settore SSE. In questo caso possiamo osservare che nei settori Est ed Ovest
ricadono meno del 2% dei dati raccolti dalla stazione durante la campagna invernale.
Nelle seguenti figure sono visibili gli andamenti del giorno medio per velocità del vento,
temperatura ed umidità relativa, rilevati nelle due stazioni di misura. L’andamento medio della
velocità è molto simile nelle due stazioni e ben in accordo con quello del LMM anche se con valori
medi giornalieri di circa 1.3m/s più bassi. Gli andamenti medi della temperatura nelle due stazioni
sono praticamente sovrapponibili ed in perfetto accordo con l’andamento rilevato dal LMM. Lo
stesso si può dire per l’andamento medio dell’umidità relativa che risulta leggermente superiore
durante le ore notturne e leggermente inferiore durante le ore giornaliere rispetto a quella del LMM.
27
VELOCITA' DEL VENTO - GIORNO MEDIO STAZIONI MICROS
8,0
7,0
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
6,0
5,0
VV (m/s)
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-11: Giorno medio della velocità del vento st. MICROS - Campagna invernale
16,0
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
14,0
12,0
10,0
T (°C)
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-12: Giorno medio della temperatura st. MICROS - Campagna invernale
28
UMIDITA' RELATIVA - GIORNO MEDIO STAZIONI MICROS
100
95
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
90
85
80
UR (%)
75
70
65
60
55
50
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-13: Giorno medio dell’umidità relativa st. MICROS - Campagna invernale
Per quanto riguarda l’analisi statistica dei venti in quota misurati con il sistema SODAR/RASS,
nella figura seguente è riportato il grafico della rosa dei venti ottenuta utilizzando tutti i dati in
quota collezionati durante la campagna invernale. Si può osservare che in quota vengono registrati
venti sostenuti, fino a 12 m/s, prevalentemente nei settori NNO e SSE.
29
Fig. 3-14: Rosa dei venti del SODAR - campagna invernale
Nella seguente figura sono visibili le rose dei venti rilevate dal sistema a diversi intervalli di quota.
Si può osservare che tra i 140 e i 220m si hanno essenzialmente due direzioni dominanti: SSE e
NNO, che possono essere responsabili di fenomeni di trasporto degli inquinanti emessi dai camini
più elevati della zona industriale, rispettivamente verso le città a nord di Taranto e verso le zone
occidentali della città. Con l’aumentare della quota si osserva una leggera rotazione oraria delle
direzioni dei venti più frequenti: a quote tra i 340 e i 400m i venti spirano essenzialmente da nord.
Bisogna comunque notare che l’effetto del codice di plausibilità, associato a ciascun dato, sulla
quota massima raggiunta da ciascuna misurazione, potrebbe dare luogo ad una differenza di
popolazione statistica su determinate quote che, ad esempio, potrebbero esser raggiunte solo in
determinate condizioni meteorologiche o ore della giornata (vento da terra notturno). L’errata
interpretazione potrebbe quindi facilmente condurre a valutazioni statistiche sulla rosa dei venti che
hanno rispondenza solo nelle condizioni meteo che le hanno determinate.
30
Fig. 3-15: RDV del SODAR a diverse quote - campagna invernale
Nella figura seguente è rappresentata la rosa dei venti ottenuta utilizzando tutti i dati in quota,
ripartendo i dati raccolti tra le ore giornaliere e quelle notturne. Si può osservare come la bassa
insolazione del periodo invernale non determini l’instaurarsi sistematico di fenomeni a scala locale,
come brezze di mare/terra; durante il giorno vengono interessati quasi tutti i settori tranne Est,
Ovest e Nord-Est con venti che frequentemente raggiungono i 12 m/s. Anche se in prevalenza sono
presenti venti da SSO provenienti dal mare, sono chiaramente visibili occorrenze di venti da NNO
provenienti dalla terra che spesso sono ascrivibili a fenomeni meteorologici su scala sinottica.
Durante la notte invece si registrano perlopiù venti con direzione NNO e velocità media di 6.5m/s,
anche se non mancano venti da sud con velocità medie più contenute. Questo risultato conferma
quanto detto sopra riguardo all’origine statistica dei venti prevalenti da nord a quote superiori a 250
m.
31
Fig. 3-16: RDV del SODAR giorno/notte - campagna invernale
Nelle due figure seguenti sono rappresentate le distribuzioni della velocità del vento e della
deviazione standard della velocità verticale del vento a diverse quote dai 40 fino ai 400 m. Si può
osservare che all’aumentare della quota aumenta il valor medio della distribuzione della velocità ed
inoltre si passa da una distribuzione asimmetrica vicino al suolo (dove si risente degli effetti della
rugosità) ad una distribuzione via via più simmetrica a quote elevate.
Fig. 3-17: Distribuzione della velocità del vento del SODAR - campagna invernale
Anche il valor medio della deviazione standard della velocità verticale tende a crescere leggermente
con la quota ed anche in questo caso la distribuzione tende a diventare simmetrica.
32
Fig. 3-18: Distribuzione della σw del SODAR - campagna invernale
Nella figura seguente è visibile la distribuzione delle classi di stabilità di Pasquill ottenute
utilizzando una tabella di associazione basata sui valori di velocità del vento e di deviazione
standard della velocità verticale del vento. Possiamo osservare che nel 50% dei casi le condizioni
atmosferiche sono neutre (classe D) e nel 22% debolmente instabili (classe C): sono condizioni che
normalmente si presentano durante il periodo invernale, con insolazione moderata o debole e
velocità superiori ai 3m/s.
33
Fig. 3-19: Distribuzione delle classi di stabilità di Pasquill - campagna invernale
Il laboratorio meteorologico mobile è stato operativo durante la campagna estiva dal 15 giugno al
21 luglio 2004 ed è stato posizionato ancora nella zona del porto di Taranto (UTM: X=688. 353
Y=4484. 187 Z=1). Nella tabella seguente sono riportati i valori minimi, massimi e medi delle
grandezze meteorologiche misurate e calcolate.
Dai valori statistici estratti emerge che nel periodo considerato la velocità del vento ha avuto
un’escursione compresa tra 0.01 e 11.2 m/s con un valore medio di 2.92 m/s. La temperatura
dell’aria ha coperto un intervallo compreso tra 19.6 e 36 °C con valore medio nel periodo di circa
26 °C. Per quanto riguarda l’umidità relativa è stato misurato un valore minimo di 19%, un valore
massimo del 85% e un valore medio del 56.6%.
34
Tabella 3-3: Principali risultati delle elaborazioni statistiche eseguite sui dati del
LMM nella campagna estiva
GRANDEZZA STRUMENTO Unità Min Medio Max
Energia cineteca
Elaborazione di grandezze derivate (m/s)2 0.00 0.52 8.50
turbolenta
Stress di Reynolds
Elaborazione di grandezze derivate Kg/ms2 0.00 0.09 1.22
superficiale
Temperatura terreno Sensore temperatura terreno da YOUNG 26700 °C 21.20 34.72 53.80
Umidità relativa Umidità relativa VAISALA da YOUNG 26700 % 19.00 56.66 85.00
Nella seguente figura è riportata la rosa dei venti dei dati raccolti dal LMM durante la campagna
invernale. Si può osservare che sono state registrate essenzialmente due direzioni prevalenti: il
37.4% dei dati hanno direzione media Sud-Ovest con velocità media di 3.3 m/s rappresentanti di
una brezza di mare; il 32.6% dei dati hanno invece direzione media Nord-Est con velocità media di
2.8 m/s rappresentanti di una brezza di terra.
35
Fig. 3-20: RDV del LMM - Campagna estiva
Nelle seguenti figure viene riportato l’andamento del GIORNO MEDIO per alcune tra le grandezze
meteorologiche misurate e derivate dal LLM durante la campagna estiva. Le prime due figure
rappresentano rispettivamente la velocità del vento al suolo e la velocità di attrito u*. Si può
osservare che il picco di velocità del vento è ottenuto verso le ore 15 quando la brezza di mare
raggiunge il massimo di intensità in corrispondenza dei massimi di intensità di radiazione solare. Si
può inoltre osservare come l’andamento di u* rispecchia l’andamento della velocità del vento al
suolo, raggiungendo valori medi di circa 0.30 m/s tra le 12:00 e le 16:00 in corrispondenza dei
valori medi più elevati di velocità del vento di circa 4.8 m/s registrati nelle stesse ore.
36
VELOCITA' DEL VENTO - GIORNO MEDIO LMM
8,0
7,0
6,0
5,0
VV (m/s)
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-21: Giorno medio della velocità del vento del LMM - Campagna estiva
0,50
0,45
0,40
0,35
0,30
U* (m/s)
0,25
0,20
0,15
0,10
0,05
0,00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-21: Giorno medio della velocità di attrito del LMM - Campagna estiva
Nella seguente figura è riportato l’andamento del giorno medio dell’energia cinetica turbolenta, la
cui variazione è legata ai termini di galleggiamento ed allo sforzo turbolento. Possiamo osservare il
tipico andamento a campana: la TKE comincia a crescere a partire dall’alba e raggiunge il suo
massimo intorno alle 14:00 in corrispondenza della massima intensità della brezza di mare; durante
le ore giornaliere infatti, si sommano i contributi del termine di galleggiamento (che con i moti
37
convettivi dovuti al riscaldamento di masse d’aria produce turbolenza) con quelli legati al vento
medio. Con il diminuire della radiazione solare inizia una fase discendente in cui il termine di
galleggiamento diventa negativo (con effetto stabilizzante) ma rimane comunque il contributo del
vento medio di terra caratterizzato da regimi anemologici più deboli.
1,80
1,60
1,40
1,20
TKE (m/s)2
1,00
0,80
0,60
0,40
0,20
0,00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-22: Giorno medio della TKE del LMM - Campagna estiva
Nelle seguenti figure sono riportati gli andamenti del giorno medio della radiazione solare globale,
della temperatura misurata a 2m dal suolo e dell’umidità relativa.
RADIAZIONE SOLARE GLOBALE - GIORNO MEDIO LMM
900
800
700
600
RG (Watt/m2)
500
400
300
200
100
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
38
TEMPERATURA 2 m - GIORNO MEDIO LMM
36,0
34,0
32,0
30,0
T (°C)
28,0
26,0
24,0
22,0
20,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-24: Giorno medio della temperatura del LMM - Campagna estiva
80
75
70
65
60
UR (%)
55
50
45
40
35
30
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-25: Giorno medio dell’umidità relativa del LMM - Campagna estiva
La radiazione solare globale,registrata durante l’estate, risulta essere abbastanza elevata con valori
massimi di circa 800 Watt/m2. La temperatura media giornaliera ha un’escursione di circa 6°C tra il
giorno e la notte intorno ad un valor medio di 26°C. L’umidità relativa ha un valor medio del 63%
durante le ore notturne e tende a diminuire di un 10% durante le ore di insolazione giornaliera.
39
Nella seguente figura è riportato infine l’andamento del giorno medio della deviazione standard
della velocità verticale del vento. Il contributo convettivo è, al contrario di quello rilevato nella
campagna invernale, presente nelle ore di massima insolazione. Tuttavia anche il contributo
meccanico al rimescolamento è presente sia nelle ore diurne, in conseguenza della brezza di mare,
che sopratutto nelle ore notturne con un valore medio di circa 0.25 m/s grazie alla bassa rugosità
superficiale presente nella zona portuale in cui è posizionato il LMM.
DEVIAZIONE STANDARD DELLA VELOCITA' VERTICALE DEL VENTO - GIORNO MEDIO LMM
0,6
0,5
0,4
SIGW (m/s)
0,3
0,2
0,1
0,0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Le due stazioni meteorologiche MICROS sono state operative durante la campagna estiva dal 16
giugno al 22 luglio 2004, posizionate, come per la campagna invernale, nei comuni di San Giorgio e
di Monte Mesola. Nella seguente tabella sono riportati i valori minimi, medi e massimi delle
grandezze misurate durante la campagna.
Si può osservare che la velocità media del vento risulta pressoché uguale a quella registrata dal
LMM e quella massima è di circa 2m/s inferiore. La temperatura media risulta anche nelle due
stazioni MICROS di circa 27°C presentando però un’escursione maggiore con valori minimi
inferiori e valori massimi leggermente superiori a quelli registrati dal LMM. Anche l’intervallo
coperto dall’umidità relativa nelle stazioni MICROS risulta leggermente più ampio, con un minimo
di umidità relativa del 12% nella stazione di Monte Mesola ed un massimo del 96.4% nella stazione
di San Giorgio.
40
Tabella 3-4: Principali risultati delle elaborazioni statistiche eseguite sui dati delle
stazioni MICROS nella campagna estiva
STAZIONE SAN GIORGIO
Velocità vento
Anemometro a coppe SVDV m/s 0.00 2.48 8.90
orizzontale scalare
Velocità vento
Anemometro a coppe SVDV m/s 0.00 2.72 9.60
orizzontale scalare
Nelle seguenti figure sono visibili le rose dei venti registrate dalle due stazioni durante la campagna
estiva. Anche la rosa dei venti della stazione di San Giorgio evidenzia la presenza di un regime di
brezza di mare con direzione media SSO e velocità media di 4m/s e di brezza di terra con direzione
media NNE e velocità media leggermente superiore a 4m/s.
41
Fig. 3-27: RDV della stazione di San Giorgio - Campagna estiva
La rosa dei venti della stazione di Monte Mesola permette di osservare oltre ad un regime di brezze
terra/mare, la presenza di venti con direzione media Nord-Est e velocità media di 3m/s per circa il
20% dei dati registrati.
42
Fig. 3-28: RDV della stazione di Monte Mesola - Campagna estiva
Nelle seguenti figure sono visibili gli andamenti del giorno medio per velocità del vento,
temperatura ed umidità relativa, rilevati nelle due stazioni di misura. L’andamento medio della
velocità è molto simile nelle due stazioni e ben in accordo con quello del LMM anche se il valore
massimo, registrato intorno alle 15, risulta di circa 1m/s più basso. Gli andamenti medi della
temperatura nelle due stazioni sono molto simili ed entrambi mettono in evidenza un’escursione
termica giorno/notte maggiore rispetto a quanto rivelato dal LMM. L’umidità relativa nella stazione
di San Giorgio risulta di circa il 7% superiore rispetto a quella misurata nella stazione di Monte
Mesola; inoltre entrambi gli andamenti presentano dei valori di umidità relativa più bassi durante il
giorno rispetto ai valori registrati dal LMM.
43
VELOCITA' DEL VENTO - GIORNO MEDIO STAZIONI MICROS
8,0
7,0
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
6,0
5,0
VV (m/s)
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-29: Giorno medio della velocità del vento st. MICROS - Campagna estiva
36,0
34,0
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
32,0
30,0
T (°C)
28,0
26,0
24,0
22,0
20,0
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-30: Giorno medio della temperatura st. MICROS - Campagna estiva
44
UMIDITA' RELATIVA - GIORNO MEDIO STAZIONI MICROS
70
65
SAN GIORGIO
MONTE MESOLA
60
55
50
UR (%)
45
40
35
30
25
20
0
0
00
00
00
00
00
00
00
00
00
00
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
.0
0.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
Ora
Fig. 3-31: Giorno medio dell’umidità relativa st. MICROS - Campagna estiva
Per quanto riguarda l’analisi statistica dei venti in quota misurati con il sistema SODAR/RASS,
nella figura seguente è riportato il grafico della rosa dei venti ottenuta utilizzando tutti i dati in
quota collezionati durante la campagna estiva. Si può osservare la presenza di venti con direzioni
contenute essenzialmente nei settori Nord e Sud, rappresentanti rispettivamente un regime di brezza
di terra e di mare. La velocità media è di circa 5 m/s, ma vengono registrati valori massimi di 17
m/s.
45
Fig. 3-32: Rosa dei venti del SODAR - campagna estiva
Nella seguente figura sono visibili le rose dei venti rilevate dal sistema a diversi intervalli di quota.
Si può osservare che le direzioni dominanti sono sempre Nord e Sud, ma l’intensità della velocità,
soprattutto quella dei venti da Nord, tende a crescere con la quota. Si può inoltre osservare che a
quote superiori a 340 m diminuisce notevolmente la popolazione statistica dei venti provenienti da
Sud rappresentanti un regime di brezza di mare (giornaliera): questo aspetto è molto probabilmente
legato alla quota massima raggiunta dalle misure per l’effetto di validazione, sui dati raccolti, del
test di plausibilità. Normalmente, infatti, le quote più elevate vengono raggiunte durante le ore
notturne in presenza di un vento di terra. Bisogna quindi tenere conto di questo aspetto onde evitare
una errata interpretazione che può condurre a valutazioni statistiche sulla rosa dei venti che hanno
rispondenza solo nelle condizioni meteo che le hanno determinate.
46
Fig. 3-33: RDV del SODAR a diverse quote - campagna estiva
Nella figura seguente, la rosa dei venti ottenuta utilizzando tutti i dati in quota, è rappresentata
ripartendo i dati raccolti tra le ore giornaliere e quelle notturne. In questo caso emerge chiaramente
la presenza di fenomeni a scala locale legati alla forte insolazione del periodo estivo, che porta
all’instaurarsi di fenomeni di brezza. Durante il giorno si registrano perlopiù venti da Sud con
velocità media di circa 4 m/s, anche se non mancano venti da Nord con velocità medie leggermente
più elevate. Durante la notte i venti spirano esclusivamente da NNO con velocità media di 4 m/s,
con qualche occorrenza di venti da NNE con velocità media di 6 m/s.
47
Fig. 3-34: RDV del SODAR giorno/notte - campagna estiva
Nella figura seguente è rappresentata la distribuzione della velocità del vento a diverse quote dai 40
fino ai 400 m. Si può osservare che all’aumentare della quota aumenta il valor medio della
distribuzione della velocità che passa da 3,6 m/s, alle quote più basse, fino a 5 m/s a quote più
elevate. Inoltre si passa da una distribuzione asimmetrica e stretta intorno al valor massimo vicino al
suolo (dove si risente degli effetti della rugosità) ad una distribuzione via via più simmetrica a quote
elevate.
Fig. 3-35: Distribuzione della velocità del vento del SODAR - campagna estiva
Anche il valor medio della deviazione standard della velocità verticale (figura seguente) tende a
crescere leggermente con la quota ed anche in questo caso la distribuzione tende a diventare
simmetrica a quote superiori ai 340 m.
48
Fig. 3-36: Distribuzione della σw del SODAR - campagna estiva
Nella figura seguente è infine visibile la distribuzione delle classi di stabilità di Pasquill ottenuta da
una tabella che associa questa variabile con la velocità del vento e la deviazione standard del vento
verticale. Possiamo osservare che nel 45% dei casi le condizioni atmosferiche sono neutre (classe
D); percentuali significative indicano condizioni debolmente instabili (classe C), ma anche
condizioni debolmente e moderatamente stabili (classi E ed F), tipiche delle ore notturne con bassa
nuvolosità e venti tra i 2 e i 5 m/s.
49
Fig. 3-37: Distribuzione delle classi di stabilità di Pasquill - campagna estiva
50
4. SET-UP MODELLISTICO E PARAMETRI OPERATIVI
UTILIZZATI
Allo scopo di ottenere la migliore accuratezza possibile nei risultati ottenuti da ciascun modulo
componente il sistema modellistico, è stata eseguita una ottimizzazione dei parametri operativi
descrittivi delle modalità di funzionamento di ciascun modulo. Verranno quindi di seguito
presentate le diverse scelte operative effettuate per l’utilizzo dei diversi modelli.
51
4.3 Set-up del codice SPRAY
Il codice di dispersione Lagrangiano a particelle SPRAY è stato opportunamente configurato per
fornire in output campi tridimensionali di concentrazione oraria di NOx, SO2, CO e PM10 primario
oltre ai campi tridimensionali di turbolenza atmosferica. Tra i parametri di run forniti al modello
compaiono i tempi di emissione, integrazione e sincronizzazione. Il Δt di emissione rappresenta il
tempo trascorso il quale vengono emesse nuove particelle da ciascuna sorgente di emissione. Nel
presente studio si è optato per un tempo di emissione pari a 30 secondi calcolato come risultato di
un processo di ottimizzazione tra tempo di calcolo e risoluzione nell’emissione definita come
numero di particelle emesse per unità di massa. Per quanto riguarda il passo di integrazione si è
scelta l’opzione del tempo di discretizzazione variabile in cui il valore non è scelto dall’utente ma
determinato automaticamente dal modello. Il tempo di sincronizzazione prescelto in questo studio è
pari a 30 secondi.
Per quanto riguarda la definizione dello schema turbolento utilizzato dal modello è stato selezionato
lo schema di Thomson 87. La scelta rappresenta un ragionevole compromesso tra approssimazione
e tempo di calcolo (un giorno di simulazione pari ad un giorno di calcolo).
Il valore minimo del parametro di dispersione σw è stato scelto sulla base dei dati misurati dal
sistema SODAR in ciascuno dei periodi temporali simulati.
Allo scopo di calcolare le concentrazioni orarie sia su tutte le sorgenti che per ogni gruppo di
sorgenti (industriale, traffico, riscaldamento, attività marittime e fuggitive), il modello è stato
configurato per utilizzare una serie di matrici di calcolo corrispondenti al campo di concentrazione
generato da ogni macrosorgente per ogni composto considerato. A tale scopo il dominio di calcolo è
stato suddiviso in 71x71 celle con risoluzione di 500m e in 11 livelli verticali fino a una quota
massima di 1400 m.
52
5. RISULTATI MODELLISTICI
Le simulazioni eseguite hanno permesso la generazione di diverse mappe di concentrazione insieme
ai risultati ottenuti dalla ricostruzione dei campi meteorologici per ciascun giorno delle simulazioni
effettuate. Per ragioni di spazio non vengono qui presentati i risultati orari e giornalieri ottenuti per
tutti i periodi di simulazione prescelti. Maggiori dettagli sulla metodologia applicata e i risultati
ottenuti possono essere trovati in pubblicazioni specifiche (Gariazzo, 2006; Gariazzo ed al., 2005a;
Gariazzo ed al., 2005b, Papaleo, 2004).
I risultati ottenuti sono stati comparati con quelli misurati al fine di eseguire una validazione dei
medesimi. Si è potuto quindi constatare che il sistema modellistico MINERVE/SURPRO/SPRAY è
in grado di poter fornire risposte affidabili per la ricostruzione dell’inquinamento atmosferico
nell’area di Taranto: i risultati migliori sono stati ottenuti per l’NOx, in quanto il modello è stato in
grado di riprodurre con un buon grado di approssimazione gli andamenti delle concentrazioni orarie
misurate per questo composto nei giorni simulati. Per gli altri inquinanti sono state individuate delle
sottostime del modello conseguenti, a secondo del composto, ad una errata quantificazione
dell’emissione reale o ad una valore di fondo presente nei dati misurati e non preso in
considerazione da questo tipo di sistema modellistico.
53
Nella figura 5.3 sono riportate le mappe delle concentrazioni medie invernali di CO ed i contributi
alle concentrazioni totali dalle emissioni industriali, dal traffico autoveicolare, dal riscaldamento
domestico e dalle attività marittime. In questo caso possiamo osservare che tutte le macrosorgenti
analizzate contribuiscono, seppur in maniera diversa, alle concentrazioni di monossido di carbonio:
il contributo maggiore è quello del traffico autoveicolare, seguito da quello delle industrie e del
riscaldamento domestico con collocazioni spaziali ed aree d’impatto differenti ed infine da quello
delle attività marittime che viene messo maggiormente in luce osservando la mappa delle
concentrazioni massime invernali. I picchi di concentrazione pari a 100 μg/m3 sono collocati in
prevalenza nelle zone urbane e lungo le principali arterie di traffico ove hanno luogo le principali
emissioni.
Infine, nella figura 5.4 sono riportate le mappe delle concentrazioni medie invernali di PM10
primario ed i contributi alle concentrazioni totali dalle emissioni industriali, dal traffico
autoveicolare, dal riscaldamento domestico, dalle attività marittime e dalle fuggitive. Per questo
composto si può osservare che il contributo maggiore deriva dalle emissioni industriali e dalle
fuggitive, per le quali è ben visibile la collocazione sul territorio delle sorgenti di emissione che
corrispondono alle aree di stoccaggio e cave di calcare. La distribuzione spaziale del campo di
concentrazione al suolo mostra un’estensione di un’area 4x4 Km2 centrata sul polo industriale. I
picchi di concentrazione, dell’ordine dei 70 μg/m3 sono in prevalenza collocati nell’area industriale
e investono solo marginalmente l’area urbana di Taranto. Visti comunque i scarsi risultati ottenuti
per questo inquinante nella fase di validazione con le misure al suolo, questo risultato deve essere
sottoposto ad ulteriore verifica.
Per sintetizzare quanto presentato nel presente paragrafo, sono state calcolate e riportate nella
tabella 5.1 i contributi percentuali alle emissioni totali medie invernali e le concentrazioni medie
totali per ciascun composto analizzato e per alcuni punti sul territorio corrispondenti alle stazioni di
Dante, Orsini, Palagiano, Paolo VI, Peripato e Statte, in quanto rappresentanti di aree diverse sul
territorio studiato. Precisamente Dante e Peripato sono localizzate nell’area urbana della città di
Taranto; Statte e Palagiano si trovano rispettivamente a Nord ed a Nord-Ovest rispetto all’area
industriale; Orsini si trova a ridosso dell’area industriale; Paolo VI è localizzata a Nord di Taranto
ed a Est rispetto alla zona industriale.
Si può osservare che in quasi tutte le stazioni (tranne Palagiano) circa il 90% della concentrazione
di SO2 è di origine industriale, mentre la restante parte deriva dalle emissioni delle attività
navali.Contributi nulli o trascurabili sono invece previsti per le sorgenti traffico e riscaldamento
domestico.
Si può notare inoltre che circa l’85% delle concentrazioni di NOx in ciascuna stazione è dato dalla
somma dei contributi delle emissioni da traffico veicolare e delle industrie, in proporzioni variabili
a seconda della zona, mentre riscaldamento e attività portuali contribuiscono con circa il 9%.
Alcune differenze si possono notare tra i risultati nelle singole stazioni. Infatti il contributo
industriale maggiore viene rilevato nella zona di Orsini (65%) che, come detto, si trova a ridosso
dell’area industriale, mentre i contributi percentuali maggiori da traffico vengono rilevate nelle due
zone più lontane dall’area industriale (Statte e Palagiano). La stazioni urbana di Dante mostra una
prevalenza di contributo da traffico (43%). I risultati ottenuti per la stazione di Peripato, collocata in
un parco urbano, evidenziano una prevalenza di contributo industriale (64%), rispetto a quello di
traffico (24%). La stazione di Paolo VI risulta avere una leggera prevalenza della componente
industriale (47%) rispetto a quella da traffico (28%).
Per quanto riguarda i contributi percentuali di CO, si può osservare la chiara origine autoveicolare
(circa 80%) di questo composto, con qualche contributo marginale di origine industriale o da
riscaldamento domestico (7% e 10% circa rispettivamente).
Infine, dai risultati dei contributi percentuali alle concentrazioni di PM10 primario nella stagione
invernale, si può notare che un contributo medio del 65% deriva dalle emissioni di origine
industriale e che percentuali significative derivano dal contributo delle fuggitive. In particolare si
54
può osservare che nella stazione di Orsini il contributo delle fuggitive è pari al 36%, mentre quello
autoveicolare non è superiore al 2%. La stazione urbana di Dante mostra invece un maggiore
equilibrio tra i contributi di queste due sorgenti (14% traffico, 10% fuggitive). I contributi nelle
stazioni di Palagiano, Paolo VI e Statte sono circa dello stesso ordine di grandezza delle altre
stazioni ma con valori di concentrazione totale molto più bassi (2-3 μg/m3) a causa della loro
distanza dalla zona industriale considerata come la sorgente primaria di emissione di questo
inquinante.
55
Figura 5.1: Concentrazioni medie invernali e contributi di SO2
CONCENTRAZIONI MEDIE INVERNALI DI SO2
TOTALE INDUSTRIA RISCALDAMENTO DOMESTICO
56
Figura 5.2: Concentrazioni medie invernali e contributi di NOx
CONCENTRAZIONI MEDIE INVERNALI DI NOx
TOTALE INDUSTRIA RISCALDAMENTO DOMESTICO
57
Figura 5.3: Concentrazioni medie invernali e contributi di CO.
CONCENTRAZIONI MEDIE INVERNALI DI CO
TOTALE INDUSTRIA RISCALDAMENTO DOMESTICO
58
Figura 5.4: Concentrazioni medie invernali e contributi di PM10
CONCENTRAZIONI MEDIE INVERNALI DI PM10
TOTALE INDUSTRIA RISCALDAMENTO DOMESTICO
59
Tabella 5.1: Percentuali dei contributi e concentrazioni medie - Stagione invernale
STAGIONE INVERNALE
DANTE ORSINI PALAGIANO PAOLO VI PERIPATO STATTE
SO2 (%)
INDUSTRIA 92 97 70 91 95 94
TRAFFICO 2 1 7 2 1 2
RISCALDAMENTO 0 0 0 0 0 0
ATTIVITA' PORTUALI 6 3 23 7 4 4
TOTALE (μg/m3) 15 25 1 2 22 4
NOx (%)
INDUSTRIA 38 65 15 47 64 23
TRAFFICO 43 24 66 28 24 65
RISCALDAMENTO 13 6 7 15 7 9
ATTIVITA' PORTUALI 6 5 12 10 5 3
TOTALE ((μg/m3) 40 36 6 4 44 18
CO (%)
INDUSTRIA 7 7 1 7 12 3
TRAFFICO 78 80 97 79 77 93
RISCALDAMENTO 15 13 2 14 11 4
ATTIVITA' PORTUALI 0 0 0 0 0 0
TOTALE (μg/m3) 131 59 39 15 94 84
PM10 (%)
INDUSTRIA 72 62 78 58 82 65
TRAFFICO 14 2 18 11 6 14
RISCALDAMENTO 4 0 1 2 1 2
ATTIVITA' PORTUALI 0 0 0 0 0 0
FUGGITIVE 10 36 3 29 11 19
TOTALE (μg/m3) 14 51 3 2 22 3
60
brezza di terra e di mare è chiaramente visibile nei risultati ottenuti. Rispetto ai risultati invernali,
una maggiore porzione di territorio dell’entroterra è influenzato dal campo di concentrazione, con
un’estensione fino a 15 km dalla linea di costa. Anche l’estensione sul mare è maggiore di quella
invernale.
Nella figura 5.7 è riportata la mappa delle concentrazioni medie e massime estive di CO ed i
contributi alle concentrazioni totali dalle emissioni industriali, dal traffico autoveicolare e dalle
attività marittime. Quanto visto per le concentrazioni medie della stagione invernale si ripete nella
stagione estiva, in cui il contributo maggiore è quello del traffico autoveicolare, seguito da quello
delle industrie e delle attività marittime seppur con concentrazioni medie e massime maggiori. La
distribuzione spaziale delle concentrazioni non sembra essere affetta da differenze stagionali e
rimane quindi sostanzialmente analoga a quella ottenuta nella stagione invernale.
Infine, nella figura 5.8 è riportata la mappa delle concentrazioni medie e massime estive di PM10
primario ed i contributi alle concentrazioni totali dalle emissioni industriali, dal traffico
autoveicolare, dalle attività marittime e dalle fuggitive. Il contributo maggiore deriva ancora una
volta dalle emissioni industriali e dalle fuggitive, ma i valori medi simulati e soprattutto quelli
massimi risultano superiori ai corrispondenti simulati per la stagione invernale. I picchi, di intensità
fino a 120 μg/m3, sono prevalentemente posizionati in prossimità della zona industriale ed
interessano marginalmente la zona urbana di Taranto. I fenomeni di brezza sembrano dar luogo ad
una maggiore dispersione spaziale del campo di concentrazione al suolo.
Anche per sintetizzare i risultati della stagione estiva sono state calcolate e riportate nella tabella 5.2
i contributi percentuali alle emissioni totali medie estive e le concentrazioni medie totali per ciascun
composto analizzato e per alcuni punti sul territorio corrispondenti alle stazioni di Dante, Orsini,
Palagiano, Paolo VI, Peripato e Statte.
61
Ovviamente non è possibile effettuare un confronto diretto con i grafici corrispondenti della
stagione invernale, in quanto in questo caso viene a mancare il contributo del riscaldamento
domestico. Le osservazioni sui contributi delle sorgenti nelle singole stazioni sono comunque
sostanzialmente confermate dai risultati ottenuti nella stagione estiva con alcune differenze nei
valori di concentrazioni totali stimate e nei conseguenti rapporti percentuali. Si può però ancora
osservare che sono le attività industriali a fornire il maggior contributo alle concentrazioni di SO2 e
che, assieme alle emissioni da traffico contribuiscono a più dell’80% delle concentrazioni di NOx.
Le concentrazioni di CO sono quasi totalmente di origine autoveicolare, mentre per il PM10
contribuiscono maggiormente i contributi industriali seguiti da quelli di origine autoveicolare e
dalle fuggitive.
62
Figura 5.5: Concentrazioni medie estive e contributi di SO2
CONCENTRAZIONI MEDIE ESTIVE DI SO2
TOTALE INDUSTRIA
63
Figura 5.6: Concentrazioni medie estive e contributi di NOx
CONCENTRAZIONI MEDIE ESTIVE DI NOx
TOTALE INDUSTRIA
64
Figura 5.7: Concentrazioni medie estive e contributi di CO
CONCENTRAZIONI MEDIE ESTIVE DI CO
TOTALE INDUSTRIA
65
Figura 5.8: Concentrazioni medie estive e contributi di PM10
CONCENTRAZIONI MEDIE ESTIVE DI PM10
TOTALE INDUSTRIA ATTIVITA’ MARITTIME
TRAFFICO FUGGITIVE
66
CONCLUSIONI
L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di sviluppare una metodologia in grado di fornire
informazioni utili alla valutazione delle conseguenze delle emissioni in atmosfera di sostanze
pericolose per la salute umana da parte di sorgenti industriali ed antropiche in una realtà complessa
quale quella dell’area di Taranto e dei comuni limitrofi. La complessità e l’eterogeneità dell’area di
studio ha comportato un lungo e complesso lavoro per conseguire gli obiettivi prefissati, che è stato
articolato in diverse fasi.
La fase preliminare è consistita nell’analisi meteoclimatica del sito e nell’individuazione sul
territorio delle principali sorgenti di emissione, supportata dai rapporti annuali sulla qualità dell’aria
ambiente, che ha fornito le indicazioni per la collocazione spaziale sul territorio di studio di tutta la
strumentazione necessaria per la caratterizzazione meteorologica e chimica dell’area. Infatti, oltre ai
dati forniti dalla rete di monitoraggio esistente, sono stati collezionati, nel corso di due campagne
intensive stagionali, dati chimici e meteorologici non convenzionali mediante strumentazione fissa e
mobile disponibile presso il Dipartimento DIPIA dell’ISPESL.
Nella seconda fase i dati meteorologici raccolti nel corso di due campagne di misura sono stati
utilizzati per la successiva ricostruzione di campi tridimensionali di vento, temperatura e turbolenza
atmosferica per alcuni giorni scelti all’interno del periodo di misura.
La terza fase, propedeutica all’applicazione finale dei modelli di dispersione atmosferica degli
inquinanti, è stata quella di realizzare un inventario delle emissioni per l’area di studio. Partendo da
un inventario realizzato in precedenti studi, si è provveduto ad un suo aggiornamento e
ampliamento.
Nella quarta fase, i campi 3D di vento, temperatura ed i campi bidimensionali di variabili di scala
turbolente, come forniti da MINERVE/SURFPro, unitamente all’inventario delle emissioni, sono
serviti per fornire l’input al codice di dispersione Lagrangiano a particelle SPRAY, che è stato
opportunamente configurato per fornire in output campi tridimensionali di concentrazione oraria di
NOx, SO2, CO e PM10 primario oltre a campi tridimensionali di turbolenza atmosferica per ciascuno
dei 33 giorni simulati.
Al fine di valutare la bontà delle simulazioni è stata effettuata una validazione dei risultati ottenuti
per i diversi inquinanti. Essa ha permesso di constatare che il sistema modellistico
MINERVE/SURPRO/SPRAY è in grado di poter fornire risposte affidabili per la ricostruzione
dell’inquinamento atmosferico nell’area di Taranto soprattutto per l’NOx mentre per gli altri
inquinanti sono state individuate delle sottostime del modello.
La disponibilità di campi tridimensionali di concentrazione ha permesso di conoscere il valore di
concentrazione di ciascun composto analizzato in un qualsiasi punto dello spazio del dominio di
calcolo ed a qualsiasi ora all’interno dei giorni su cui è stata effettuata la simulazione. Inoltre,
avendo effettuato a monte, nell’inventario delle emissioni, una suddivisione per macrosorgenti è
stato possibile calcolare i singoli contributi alle concentrazioni dei diversi composti analizzati. Le
mappe di concentrazione medie giornaliere e stagionali per composto hanno consentito di rilevare
quanto segue:
• E’ stato possibile individuare i maggiori contributi alle concentrazioni dei singoli composti:
le industrie contribuiscono maggiormente alle concentrazioni di SO2, NOx e PM10 primario;
significativi i contributi alle concentrazioni di SO2 ed NOx da parte delle attività marittime,
mentre per il PM10 primario risultano importanti i contributi delle fuggitive; per quanto
riguarda le concentrazioni di CO i contributi più rilevanti derivano dal traffico veicolare.
• Le mappe stagionali di concentrazione, calcolate a partire dai dati ottenuti da tutte le
simulazioni eseguite, hanno dato una visione immediata, non solo sui livelli di
concentrazione media e massima, ma anche sull’area di influenza e di impatto dei diversi
inquinanti sul territorio. L’area urbana di Taranto risulta direttamente interessata dalle
ricadute delle emissioni industriali ed in particolare si conferma che il rione Tamburi, situato
67
a ridosso dell’area industriale, è il più direttamente esposto a questi inquinanti. Le polveri
sottili di origini industriale sembrano avere invece un’estensione più limitata alla zona di
emissione con concentrazioni più elevate nella stagione estiva.
• Dai risultati emerge inoltre che l’influenza delle emissioni della zona di Taranto sui comuni
a nord (es. Statte) è mediamente marginale rispetto a quanto prodotto localmente, in quanto i
fenomeni di dispersione atmosferica determinano una diluizione degli inquinanti. Esistono
tuttavia talune condizioni meteorologiche che determinano fenomeni di trasporto verso i
comuni a nord di Taranto (Statte, Palagiano) che possono avere una influenza locale soltanto
in caso di persistenza di queste condizioni .
Nel complesso il modello ha dimostrato, seppure con i limiti suddetti, di poter essere utilizzato per
descrivere l’andamento generale della qualità dell’aria nella zona oggetto dello studio, permettendo
di individuare le zone interessate dalla ricaduta degli inquinanti emessi dalle principali sorgenti
presenti e di analizzare i loro contributi. Nella configurazione attuale il modello potrà essere
utilizzato per individuare interventi sulle emissioni finalizzati al miglioramento della qualità
dell’aria ambiente anche in termini di rapporti costi/benefici. Inoltre tale strumento, pur essendo
indirizzato alla ricerca, se opportunamente configurato, può essere anche utilizzato per una
applicazione operativa (es. controllo real-time delle ricadute al suolo in un complesso industriale).
68
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70
PROGETTO
"IMPATTO SULLA SALUTE DI PARTICOLARI CONDIZIONI AMBIENTALI E DI
LAVORO, DI PROVVEDIMENTI DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE"
Secondo quanto riportato nel Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2006-2008, quello
delle neoplasie è uno dei maggiori problemi di sanità pubblica, dal momento che
“ogni anno in Italia si registrano circa 240.000 nuovi casi di tumori e 140.000 decessi;
l’incidenza delle neoplasie è in costante aumento sia a causa dell’invecchiamento
della popolazione sia per l’esposizione a fattori di rischio, noti e non, a sostanze
cancerogene, quali ad esempio il fumo di sigaretta ed alcuni inquinanti ambientali…”.
Nel suddetto PSN viene ricordato che “la lotta ai tumori si realizza in primo luogo
attraverso interventi finalizzati alla prevenzione sia primaria che secondaria; tra le
azioni da completare nel campo della prevenzione vi sono gli interventi di
informazione e di educazione sulla lotta ai principali agenti causali e sui
comportamenti positivi per ridurre il rischio”.
In considerazione di quelli che sono i “determinanti sulla salute”, fermo restando
l’impossibilità di agire sui “fattori non modificabili”, è necessario che si acquisisca
consapevolezza sui cosiddetti “fattori modificabili” ed, in particolare per le neoplasie, i
fattori ambientali di vita e di lavoro, gli stili di vita sia alimentari che voluttuari
(21,29,78,83,84,88,93,94,95,98).
L’evoluzione tecnologica ed industriale, se da un lato arreca enormi vantaggi,
dall’altro, liberando numerosi inquinanti, può causare numerosi rischi nell’ambiente di
vita e di lavoro che possono contribuire a modificare lo stato di salute delle
popolazioni interessate (35).
Pertanto, l’introduzione nell’ambiente di nuove sostanze cancerogene e l’aumento
della concentrazione, in alcuni ambienti di vita, di cancerogeni già conosciuti quali
l’amianto, gli IPA, l’arsenico, il cromo, potrebbero essere le principali cause
dell’aumento dell’incidenza anche di parte delle numerose neoplasie diagnosticate in
Italia.
Nel territorio italiano vi sono alcune aree particolarmente critiche sia dal punto di
vista ambientale che da quello sanitario per la concomitanza di una serie di fattori di
origine antropica, produttiva e ambientale; in particolare, nell’area tarantina sono
presenti diverse attività a rilevante impatto ambientale tra i quali un polo siderurgico,
una raffineria, un cementificio, cantieri navali.
Proprio L’Organizzazione Mondiale della Sanità (70) ha segnalato l’area di Taranto
tra le aree “ad elevato rischio ambientale” a causa dei complessi e critici
insediamenti industriali presenti sul territorio. Dalle ricerche condotte nello studio
dell’OMS, negli ultimi dieci anni emerge un aumento della mortalità, rispetto ai dati
nazionali, per le neoplasie del polmone, fegato e vescica, nonché, per Taranto città,
un incremento rilevante dei tumori della pleura e dei linfomi non- Hodgkin.
1
Le esposizioni professionali sono state tra le prime cause di neoplasia ad essere
state individuate ed, in molti casi, hanno portato alla identificazione di specifici agenti
causali; pertanto, lo studio dei tumori professionali ha offerto intuizioni e paradigmi
importanti per l’epidemiologia dei tumori. Dalla prima osservazione di Sir Percival
Pott (1775) riguardo all’associazione tra elevata incidenza di tumore allo scroto ed
esposizione professionale alla fuliggine negli spazzacamini, sono stati compiuti dalla
comunità scientifica importanti sforzi per la stima del rischio cancerogeno attribuibile
all’esposizione professionale.
Il dibattito circa la proporzione di neoplasie attribuibili ad esposizioni professionali è
già da molti decenni di ovvia rilevanza per la definizione di politiche di sanità pubblica
ed è stato ampiamente approfondito nei primi anni ’70, quando il numero rilevante di
cancerogeni occupazionali identificato ha fatto sorgere delle preoccupazioni circa le
dimensioni del problema.
Nonostante i primi tentativi per la stima della proporzione di neoplasie lavoro-
correlate abbiano prodotto risultati molto diversi, con percentuali stimate variabili tra il
4% e il 40%, difficilmente confrontabili poiché basati su metodi e approcci non
standardizzati, hanno avuto il merito di stimolare notevolmente il dibattito nella
comunità scientifica portando allo sviluppo di nuovi approcci metodologici negli anni
seguenti (10).
Le stime, ampiamente accettate nella comunità scientifica, sono state presentate nel
1981 da Doll e Peto i quali conclusero che circa il 4% di tutti i decessi per cancro
fosse attribuibile ad esposizioni lavorative con limiti variabili tra il 2% e l’8% (32). Tale
percentuale, successivamente discussa e aggiornata, varia a seconda del settore
economico e della sede anatomica della neoplasia; in particolare, si ritiene che, nella
popolazione maschile europea, possa variare tra il 13 e il 18% per il polmone, il 2 e il
10% per la vescica e il 2 e l’8% per la laringe; nelle donne queste percentuali si
riducono all’1-5%, 0-5% e 0-1% rispettivamente (17,18,62).
Sulla base della stima effettuata da Doll e Peto e in considerazione dei 164.000 casi
di decessi per tumore registrati in Italia nel 2001 (53), si stimano, anche applicando
la percentuale più conservativa del 4%, più di 6500 casi attribuibili ad esposizioni
lavorative.
Nella prima metà degli anni ’90, l’Unione Europea nell’ambito del programma
“L’Europa contro il cancro” ha avviato un progetto per la stima dell’impatto dei tumori
professionali, che ha portato alla creazione del sistema informativo CAREX
(CARcinogen EXposure), dalla cui applicazione ai 15 Paesi Membri dell’Unione
Europea per il periodo 1990-1993 è emerso che circa 32 milioni di lavoratori (23%
del totale degli occupati) è esposto ai 139 agenti cancerogeni inclusi nello studio e
così definiti dall’International Agency for Research on Cancer (IARC), (inclusi tutti gli
agenti del Gruppo 1 e 2A e alcuni agenti selezionati del Gruppo 2B) (56,65,96).
Tale studio, recentemente aggiornato per l’Italia per il triennio 2000-2003, ha valutato
per i 21,8 milioni complessivi di occupati (19,4 nel settore dell’industria e dei servizi e
2,4 nell’agricoltura) un totale di 4,2 milioni di esposizioni a cancerogeni valore che,
pur ignorando il problema delle esposizioni multiple, dovrebbe rappresentare circa il
19% di tutta la forza lavoro (66).
Le più comuni esposizioni sono state: fumo passivo (770.000 esposti), radiazione
solare (550.000), fumi di scarico diesel (550.000), amianto (350.000), polveri di legno
2
(300.000), silice cristallina (260.000), piombo e composti inorganici (220.000),
benzene (180.000), cromo esavalente e composti (130.000), IPA (130.000)
In ogni caso, l’INAIL riconosce annualmente circa 200-300 casi di tumori correlati al
lavoro (prevalentemente dovuti all’esposizione ad amianto); da ciò si deduce che la
gran parte dei tumori professionali sfugge alla diagnosi eziologica, in considerazione
dei circa 4,2 milioni di lavoratori esposti a sostanze cancerogene, secondo la stima
CAREX.
A fronte di tutta la serie di obblighi previsti, per la tutela della salute dei lavoratori
esposti ad agenti cancerogeni, (D.Lgs 626/94, così come integrato e modificato dal
DLgs 66/00 e dal DLgs 25/02), numerosi interrogativi restano per quanto concerne
l’applicabilità di una reale prevenzione primaria; inoltre, per quanto concerne in
particolare la valutazione del rischio o, meglio, la valutazione dell’esposizione, sono
da approfondire problematiche legate alla caratterizzazione quali/quantitativa del
rischio cancerogeno dall’evidenza del quale scaturiscono specifici obblighi, quali, ad
esempio, l’istituzione del registro degli esposti e, conseguentemente, la sorveglianza
sanitaria. In riferimento a quest’ultima, è tuttora acceso il dibattito, nella comunità
scientifica, sull’opportunità di effettuare una “sorveglianza medica” o una
“sorveglianza epidemiologica”, in relazione alla fattibilità o meno di efficaci screening
(30,31).
3
che va ad identificare i lavoratori da includere nel monitoraggio biologico attraverso
l’individuazione di criteri di inclusione ed esclusione per l’eliminazione di eventuali
fonti di bias di selezione, nonché degli specifici indicatori da utilizzare ai fini delle
attività di valutazione dell’esposizione professionale ad IPA.
Dopo l’analisi delle mansioni effettivamente, svolte sono stati identificati i lavoratori
da inserire nello studio; in considerazione dei dati già riportati nella letteratura
scientifica (15,22,54,60,77,79), relativamente alla tipologia di attività industriale in
esame (cokeria), si è deciso di arruolare lavoratori “addetti alle tre batterie” nonché
quelli “addetti alla manutenzione refrattari” e gli “addetti ai servizi generali”.
Per ottenere informazioni dettagliate sull’anamnesi lavorativa e sulle abitudini
extralavorative di ciascun soggetto, anche al fine di eliminare eventuali fonti di bias,
si è approntato, sulla base delle evidenze della letteratura scientifica (33,67,102), un
questionario adeguatamente testato che permetta di raccogliere le seguenti
informazioni:
- dati anagrafici e storia residenziale (localizzazione dell’abitazione rispetto al centro
urbano e/o ad insediamenti industriali, tipo di riscaldamento, mezzo di trasporto
utilizzato per raggiungere il luogo di lavoro);
- abitudini alimentari e/o voluttuarie, in particolare consumo e frequenza di
assunzione (giornaliera, settimanale e/o mensile) di cibi cotti alla brace;
- abitudine al fumo di sigaretta (n° di sigarette/die fumate attualmente e nel giorno
dell’esame, tempo trascorso dall’ultima sigaretta fumata), esposizione al fumo
passivo;
assunzione di farmaci nelle 24 ore precedenti all’esame;
- uso di cosmetici e di prodotti per l’igiene personale.
Dal momento che la letteratura riporta evidenze scientifiche (9,19,20,40,55) che
mostrano come, in funzione della determinazione della dose esterna, le misure
effettuate attraverso campionamento personale siano più affidabili del
campionamento di area, si è concordato che i livelli ambientali di IPA saranno stimati
mediante campionatori personali, secondo il metodo NIOSH 5506, per un periodo di
tempo prestabilito in condizioni standardizzate (68).
Per quanto riguarda le attività di monitoraggio biologico, dal momento che:
- attualmente l’idrossipirene urinario viene considerato il più affidabile indicatore
biologico di esposizione ad IPA (20,33,54,55);
- l’idrossipirene urinario è il principale metabolita urinario del pirene presente in
percentuale consistente e nota nelle misture di IPA ambientali (catrame, olii minerali,
prodotti petroliferi, carbon black, etc) ed in alcuni ambienti di lavoro (cokerie,
industrie dell’alluminio, etc) (22,57,60,71)
si è concordato di procedere alla determinazione dell’idrossipirene urinario, con il
metodo di Jongeneelen FJ. (54), all’inizio del turno di lavoro ed al termine dello
stesso.
E’ ormai riconosciuto che alcuni fattori legati all’ospite possono determinare una
diversa suscettibilità del soggetto all’azione di tossici; in effetti, il metabolismo dei
cancerogeni chimici e l’attività di riparazione del danno indotto al DNA è sottoposto a
variabilità interindividuale (11,13,41,61,76,91,92).
Nella letteratura scientifica è riportato che i metaboliti degli IPA sono influenzati in
modo significativo dal genotipo CYP1A1 o da quello GSTM1 null; molti studi che
hanno valutato gli effetti dei genotipi nel monitoraggio biologico dell’esposizione ad
IPA in ambito professionale, ambientale ed a stili di vita si riferiscono agli addotti al
DNA.
4
Negli ultimi anni sono stati effettuati numerosi studi che indagano la suscettibilità
individuale al cancro sulla base delle variazioni interindividuali dei livelli di
biomarcatori ed in particolare degli addotti al DNA (77,79,85,92) e, pertanto, si è
deciso di indagare su indicatori di dose biologicamente efficaci quali gli addotti totali
IPA-DNA ed indicatori di suscettibilità individuale quali i polimorfismi metabolici
(CYP1A1, GSTM1, GSTT1) e polimorfismi dei geni che codificano per enzimi che
intervengono nella riparazione del DNA (XPD) (1,5,58,76,87,90).
Sono state formalizzate le procedure operative standardizzate che hanno l’obiettivo
di identificare passaggi e responsabilità di ogni fase della raccolta, trasporto,
conservazione ed analisi dei campioni da analizzare.
I dettagli dello studio, nonché i risultati dello stesso sono riportati nella relazione della
U.O. 12.
5
Negli ultimi anni, a livello europeo, l’implementazione di normative specifiche in tema
di protezione da agenti cancerogeni ha introdotto, nell’ordinamento degli stati
membri, importanti principi di prevenzione. In particolare, in Italia, l’entrata in vigore
del DLgs 626/94 e la sua successiva integrazione con il DLgs 66/00 ed il DLgs 25/02,
ha significativamente modificato l’impostazione prevenzionistica in caso di
esposizione ad agenti cancerogeni, imponendo, tra l’altro, una serie di obblighi non
sempre di facile interpretazione ed attuazione, a carico dei datori di lavoro.
L’attuale orientamento dell’Unione Europea, nelle direttive emanate per la tutela della
salute e sicurezza dei lavoratori, riconosce un ruolo fondamentale al principio del
“tecnologicamente fattibile” rispetto a quello del “ragionevolmente praticabile”
nell’attuare un’efficace azione di prevenzione; si tratta dell’obbligo di adottare le
misure “attuabili concretamente” intese, quindi, non nel senso di “economicamente
compatibili”, ma di misure che corrispondono alle applicazioni tecnologiche praticabili
negli ambiti di quelle specifiche lavorazioni.
Anche l’International Labour Organization in diversi documenti, quali, ad esempio,
“Ambient factors in the workplace” e il più specifico “Code of practice on safety and
health in the iron and steel industry” (50,51), sottolinea l’importanza dell’attuazione di
una prevenzione secondo il principio del “tecnologicamente fattibile” ed indica gli
stessi strumenti di prevenzione individuati dall’Unione Europea nelle specifiche
Direttive.
Il principio del “tecnologicamente fattibile” va a permeare, pertanto, anche il D.Lgs
626/94 e s.m.i. con l’art. 62.
6
ugualmente produce una prevenzione primaria, a condizione, però, che, nel tempo,
venga attuata una precisa e puntuale manutenzione.
Se il rischio cancerogeno non è eliminabile o isolabile in un sistema chiuso, il livello
di esposizione deve, comunque, essere il più basso tecnologicamente possibile.
La valutazione del rischio per gli agenti cancerogeni, così come prevista dall’art. 63
del DLgs 626/94 e s.m.i., va intesa come una valutazione del cosiddetto “rischio
residuo”; questa, appunto, deve essere eseguita solo dopo aver applicato le misure
previste all’art. 62 e cioè sostituzione e riduzione, sistema chiuso, riduzione al
minimo, tecnologicamente possibile, del livello di esposizione.
Quindi, nel caso dei cancerogeni, al datore di lavoro è richiesta non una valutazione
del rischio intesa come “stima della probabilità di accadimento dell’evento” quanto
una valutazione, particolarmente approfondita, dell’esposizione, o, meglio,
dell’avvenuto controllo dell’assenza dell’esposizione. Tale valutazione deve
comprendere una misurazione dell'agente cancerogeno finalizzata a stimare se il
livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso tecnicamente possibile
(art. 62, comma 3).
La valutazione dell'esposizione del lavoratore, tramite misurazione dell'agente, deve,
comunque, tener conto del limite di rilevazione, cioè del fatto che ogni metodo di
determinazione di una sostanza ha un valore al di sotto del quale non è possibile
affermare con “certezza" se questa sia o meno presente e in quale quantità.
7
Tra le disposizioni dell'art. 64, il comma 1, lettera c, prevede la misurazione degli
agenti cancerogeni per verificare l'efficacia dell'aspirazione localizzata e per
individuare precocemente le esposizioni anomale.
Tali misurazioni devono essere effettuate (art. 64, comma 1, lettera d) in conformità
all'allegato VIII del D.Lgs 15 agosto 1991, n. 277; per i "requisiti dei metodi di
rilevazione" è previsto che siano noti e opportuni i limiti di rilevazione, la sensibilità e
la precisione, e che l'esattezza del metodo venga garantita; ad esempio,
periodicamente, Il N.I.O.S.H. pubblica un “Manual of Analytical Methods” nel quale,
per le sostanza per cui è previsto, vengono riportate le caratteristiche principali del
metodo di campionamento-analisi (68).
Oltre ai metodi chimico-fisici per la misura degli agenti cancerogeni, trova una
crescente applicazione l’uso di “indicatori biologici” per la valutazione
dell’esposizione e del rischio. Gli indicatori biologici di esposizione sono riconducibili
ad “indicatori di dose interna” (sostanze tal quali o loro metaboliti nei liquidi biologici)
e “indicatori di dose biologicamente efficace”; mentre questi ultimi restano ancora
nell’ambito della ricerca, l’uso di indicatori biologici di dose interna offre vantaggi
rispetto al monitoraggio ambientale nella valutazione dell’esposizione, correlando le
esposizioni ambientali con le quantità effettivamente assorbite attraverso qualunque
via d’introduzione. Pertanto, l’abbinamento di indicatori biologici di esposizione e
monitoraggio ambientale incrementa la possibilità di effettuare una corretta
valutazione dell’esposizione e dovrebbe costituire la via preferenziale da seguire per
8
la valutazione degli agenti cancerogeni soprattutto nel caso di presenza di basse
dosi.
Quanto all’identificazione di “quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a
taluni agenti cancerogeni presenta rischi elevati”, come riportato al comma 1 lettera
i), essa va considerata con estrema cautela; proposte di screening genetici per
identificare casi di ipersuscettibilità congenita o di ipersuscettibilità acquisita non
sono allo stato attuabili. Nel rispetto del principio che l’esposizione a cancerogeni
deve comunque essere tenuta al più basso livello possibile, potrebbe essere
ragionevole identificare alcune situazioni, verosimilmente poche, per le quali
particolari condizioni patologiche sconsigliano una esposizione a quantitativi,
ancorché minimi, di cancerogeni nell’ambiente di lavoro.
È proprio durante la valutazione dei rischi che il medico competente può procedere
alla definizione delle categorie di esposizione per lavorazione/mansione e individuare
i lavoratori addetti, costituendo così la base informativa per un registro degli esposti
utile e funzionale.
Il medico competente deve, infatti, collaborare con il datore di lavoro sia nella
individuazione delle mansioni a rischio, sia nella registrazione dei lavoratori esposti,
verificando l’entità e la qualità dell’esposizione.
Quanto sopra è necessario per gli adempimenti previsti dal comma 1 dell’art. 70 del
D.Lgs. 626/94, in particolare l’istituzione del “registro di esposizione” da parte del
datore di lavoro, il quale si avvale per questa funzione del medico competente che,
sulla base di procedure e protocolli definiti, lo compila e ne cura l’aggiornamento.
9
Il DLgs 626/94 e s.m.i. individua nella “formazione” intesa come modalità specifica di
apprendimento, lo strumento principale attraverso cui intervenire per costruire un
patrimonio di competenze specifiche e per promuovere la cultura della sicurezza e
della prevenzione all’interno delle organizzazioni del lavoro e della società. La
formazione agisce attraverso un processo che consente alle persone di diventare più
preparate nello svolgere un’attività lavorativa non solo perché dispongono di
maggiori conoscenze ed abilità ma soprattutto grazie all’acquisizione di una
maggiore consapevolezza del proprio comportamento. Un’attività di formazione
dovrebbe porre al centro dell’attenzione le esperienze quotidiane di lavoro per far
emergere tutte le conoscenze necessarie per individuare e valutare i rischi presenti
nell’attività lavorativa e soprattutto i comportamenti più opportuni per eliminarli e/o
controllarli integrando, quando necessario, le conoscenze mancanti, carenti o
distorte.
L’art. 66 elenca in dettaglio il contenuto della informazione/formazione.
10
Art. 60 (Campo di applicazione)
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono
essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che
istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
11
Art. 69 (Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche)
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono
sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e
protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno
stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne
informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per
verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui
sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche
dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
12
collettivi. A tal fine sarebbe auspicabile l’implementazione della mappatura di
occupazioni/mansioni ed attività industriale che comportano rischio cancerogeno; la
disponibilità di tali liste può contribuire ad identificare i comparti produttivi prioritari
per l’azione di controllo delle esposizioni professionali a cancerogeni.
Un ruolo di primo piano assume, nella sorveglianza medica, la raccolta anamnestica
in quanto foriera di informazioni utili all’inquadramento generale del soggetto in
esame; infatti, in presenza di un rischio cancerogeno, importanti sono i dati relativi
alla zona di residenza, alle attività hobbistiche svolte, agli stili di vita con le eventuali
abitudini voluttuarie, alle pregresse ed attuali patologie ed alla storia patologica
familiare.
L’esame obiettivo va condotto con particolare attenzione per gli organi bersaglio
dell’azione del cancerogeno, specie se direttamente esplorabili, quali ad esempio
fosse nasali, cute, linfoghiandole.
Il monitoraggio biologico assume un ruolo rilevante nella sorveglianza sanitaria
(come visto dallo studio della UO 12 la determinazione dell’idrossipirene urinario può
essere utilizzata come tracciante dell’esposizione globale ad IPA); relativamente
all’impiego del monitoraggio biologico in un programma di sorveglianza sanitaria, non
trascurabili risultano i problemi legati alla validazione degli indicatori in uso, ad
esempio in merito alla definizione di relazioni dose-risposta, variabilità
intra/interindividuale, finestre temporali etc (9).
Un modello utile è quello che prevede la determinazione dell’indicatore di dose
interna, ad esempio, idrossipirene urinario, condotto periodicamente sui lavoratori
delle tre batterie della cokeria; i risultati, corredati dai dati clinici, possono essere
utilizzati sia a livello individuale, per la valutazione del livello di esposizione in
funzione dei valori di riferimento, sia a livello di gruppo, per la valutazione dei
differenti livelli di esposizione in funzione delle mansioni e della batteria di
riferimento. In tal modo è possibile valutare anche la necessità di interventi
sull’ambiente di lavoro da monitorare poi nel tempo; ciò si potrebbe tradurre in un
abbattimento dei livelli di idrossipirene urinario sia a livello individuale che di gruppo.
Negli ultimi anni sono stati proposti gli “indici di dose biologica effettiva”, strumenti,
quali ad esempio gli addotti al DNA, atti a rivelare i cosiddetti “effetti precoci”; al
momento si ritiene necessario un approfondimento di tale tecniche, in particolare la
presenza di livelli misurabili di addotti (cosiddetti “addotti di fondo”) in soggetti non
esposti professionalmente.
Per quanto concerne gli “indici di effetti biologici”, essi sono definiti come “alterazione
biochimica o funzionale misurabile che in funzione della sua entità può indicare un
potenziale rischio per la salute o una malattia” (52); allo stato attuale delle
conoscenze, nessuno degli indicatori di effetto può considerarsi, a livello individuale,
predittivo di patologia neoplastica, eccezion fatta per l’esposizione professionale a
sostanze leucemogene.
Per quanto concerne il cosiddetto “screening genetico”, il Gruppo Europeo sull’etica
nelle scienze e nelle nuove tecnologie (36) ne ha bocciato l’utilizzo sui luoghi di
lavoro anche in quanto “nel contesto lavorativo si deve tener conto soltanto dello
stato di salute corrente del lavoratore”; il ricorso ai test genetici di screening deve
costituire un’eccezione al fine di garantire la tutela della salute dei lavoratori e deve
essere effettivamente necessario, deve fondarsi sulla provata validità scientifica del
test, deve essere proporzionato alle finalità da raggiungere e non deve comportare
alcuna discriminazione per i lavoratori coinvolti; i casi eccezionali nei quali è
ammissibile effettuare test genetici di screening sul luogo di lavoro devono essere
13
specificati espressamente per legge ed è indispensabile il consenso informato del
lavoratore.
A fronte del notevole progresso delle tecniche per la diagnosi precoce di alcune
localizzazioni neoplastiche, le indicazioni della Raccomandazione del Consiglio
d’Europa 2003/878/CE sottolineano che “…lo screening permette di individuare i
tumori in una fase precoce o eventualmente addirittura prima che diventino invasivi.
In tal modo è possibile trattare alcune lesioni in modo più efficace e offrire ai pazienti
una maggiore speranza di vita. L’indicatore principale dell’efficacia dello screening è
la riduzione della mortalità dovuta ai tumori…alle persone sane vanno proposti solo
esami di screening di comprovata efficacia nella riduzione del tasso di mortalità e di
morbilità dovute al cancro, che allo stato delle attuali conoscenze sono il Pap test, la
mammografia e la ricerca del sangue occulto nelle feci”.
In particolare, per la localizzazione polmonare di un tumore professionale, il più
importante riguardo ad incidenza e gravità della prognosi, allo stato attuale non vi è
evidenza di una riduzione della mortalità a seguito di campagne di screening basate
sulla radiografia del torace anche se in combinazione con la citologia dell’escreato;
d’altronde il DPR 1124/65 prevede ancora per gli esposti ad amianto l’esecuzione
annuale del radiogramma del torace. Negli ultimi anni si è andato sviluppando la
tecnica della TAC spirale a basse dosi (LDCT); allo stato attuale delle conoscenze, è
stata dimostrata una maggiore sensibilità nell’evidenziare alterazioni polmonari di
piccole dimensioni anche se l’efficacia dello screening non è stata ancora valutata in
trial clinici controllati (16,64,89). Gli aspetti critici comunque non sono di poco rilievo
in quanto vi è un certo numero di falsi positivi, con inutili conseguenti procedure
diagnostiche invasive di 2° livello, ed il rischio di eccesso di diagnosi di tumori
polmonari di scarso rilievo clinico.
In ogni caso, allo stato attuale delle conoscenze, anche nel rispetto della normativa
radioprotezionistica, per il tumore polmonare, il controllo radiologico del torace e la
LDCT possono essere eseguiti solo su base volontaristiche, previa informazione
sulla utilità e sui limiti della metodica.
Il momento della sorveglianza sanitaria offre una preziosa occasione di “counselling”
riguardo al significato, validità e limiti della stessa, nonché sull’importanza di corretti
stili di vita e del rispetto di norme di igiene personale.
Ad esempio, la grande quantità di evidenze scientifiche raccolte da studi prospettici
di coorte e da studi caso-controllo dimostra come la maggior parte dei rischi per la
salute possa essere ridotta, smettendo di fumare. L’esposizione al fumo attivo o
passivo in associazione all`esposizione a noxae professionali può produrre effetti
combinati di tipo additivo o moltiplicativo (38,72,82,88).
L`interazione tra esposizione a fumo di sigarette ed esposizione occupazionale a
sostanze tossiche può realizzarsi in diversi modi:
- il fumo diviene un vettore fisico di sostanze tossiche presenti nel luogo di lavoro
- il fumo può determinare un innalzamento della dose di sostanze tossiche assorbite
per la presenza nel fumo delle stesse sostanze presenti nell`ambiente di lavoro
- il fumo può interessare lo stesso organo bersaglio coinvolto dall`esposizione
occupazionale o produrre un danno biologico analogo a quello determinato
dall`esposizione professionale (es.: tumore della vescica da fumo e 2-naftilammina)
- il fumo può agire sinergicamente con le sostanze tossiche presenti nel luogo di
lavoro causando un più intenso effetto
Benché siano ormai accertati i gravi pericoli per la salute dovuti all’uso del tabacco
ed i benefici derivati dall’astinenza, gli studi condotti sull’argomento indicano che
14
molti operatori sanitari non forniscono ai propri pazienti che fumano consigli e
informazioni per indurli a smettere di fumare Questa riluttanza ad intervenire può
essere dettata da molti fattori, tra i quali la sfiducia nelle proprie capacità di riuscire a
fornire una consulenza adeguata, la mancanza di interesse da parte del paziente, la
mancanza di remunerazione economica o di incentivi personali, la mancanza di
tempo e la mancanza di un adeguato supporto da parte del personale. Come già
accennato in precedenza, alcuni studi hanno dimostrato che gli interventi di
educazione sanitaria e consulenza attuati dal medico possono modificare il
comportamento dei pazienti, anche nel caso in cui l’intervento sia relativamente
breve.
Particolare importanza assume quella parte del comma 6 dell’art. 69 che recita “Il
medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni...con particolare
riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell'attività lavorativa”. Infatti, se con l’emanazione, negli ultimi decenni,
di alcuni decreti (D.Lgs. 277/91, D.Lgs. 626/94 e s.m.i. e D.Lgs. 230/95 e s.m.i.) a
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori esposti, rispettivamente, ad amianto,
sostanze cancerogene e mutagene, radiazioni ionizzanti, vengono identificati ulteriori
obblighi del datore di lavoro e del medico competente in merito alle misure
preventive ed alle azioni di sorveglianza sanitaria da intraprendere nei casi di
esposizione ai suddetti fattori di rischio, per quanto concerne, invece, i casi di
cessazione dell’esposizione a sostanze cancerogene o di cessazione del rapporto di
lavoro, i suddetti decreti prevedono unicamente “informative al lavoratore” così come
riportato nella tabella di seguito riportata.
NORMATIVA
D.Lgs. 277/91 Art 29 c.4
Il medico competente fornisce ai lavoratori… adeguate informazioni sul
significato delle visite mediche alle quali essi sono sottoposti e sulla necessità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che
comporta esposizione alla polvere proveniente dall’amianto…
D.Lgs. 626/94 e s.m.i. Art. 69 c. 6
Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all’opportunità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività
lavorativa
Art. 72-decies c. 2 lett.. c)
La sorveglianza sanitaria viene effettuata:…
c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.
D.Lgs. 230/95 e Art. 85 c. 4
Il datore di lavoro ha l'obbligo di disporre la prosecuzione della sorveglianza
s.m.i.)
medica per il tempo ritenuto opportuno, a giudizio del medico, nei confronti dei
lavoratori allontanati dal rischio perché non idonei o trasferiti ad attività che non
espongono ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
Art. 85 c. 5
Prima della cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro deve provvedere
a che il lavoratore sia sottoposto a visita medica. In tale occasione il medico
deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni
mediche da osservare.
15
Alla cessazione del rapporto di lavoro, pertanto, la tutela della salute dell’ex-
lavoratore esposto passa dal medico competente al medico di medicina generale, il
quale diventa destinatario dell’obbligo deontologico della prevenzione anche delle
malattie neoplastiche lavoro-correlate, con tempo di latenza generalmente lungo.
La sensibilizzazione del medico di famiglia sia sulle problematiche comuni a tutte le
neoplasie (precocità diagnostica e adeguata gestione diagnostico-terapeutica), sia
sulle peculiari problematiche legate all’attribuzione sospetta o certa di “eziologia
professionale” rappresenta un punto nodale nella prevenzione; è compito del medico
di medicina generale quello di ricercare i cosiddetti “tumori perduti”. Il riconoscimento
di questi tumori da parte del medico di medicina generale rappresenta un passo
fondamentale non solo per un’adeguata gestione diagnostico-terapeutica, ma anche
normativa, in quanto comporta, da parte dello stesso medico, l’adempimento di
specifici obblighi di legge “dispersi” in tutta una serie di normativa (Codice Penale,
T.U. sull’assicurazione obbligatoria degli infortuni e malattie professionali, Decreti
Legislativi sulla tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro). In
considerazione della complessità delle problematiche connesse agli ex-esposti e
sulla base di uno studio relativo al fabbisogno formativo in medicina del lavoro, da cui
è emerso un alto livello di necessità formativa, riguardo al rischio da agenti
cancerogeni (43), per la valutazione dei rischi e per la sorveglianza epidemiologica,
l’ISPESL ha condotto uno studio (44) finalizzato a definire i bisogni formativi e il ruolo
dei Medici di Medicina Generale nella gestione delle possibili misure preventive e
previdenziali delle neoplasie professionali, attraverso la valutazione del livello di
conoscenza relativa a:
- epidemiologia occupazionale;
- assetto normativo nazionale, adempimenti formali e procedure da espletare per
l’indennizzo delle neoplasie professionali;
- importanza attribuita dai medici all’anamnesi lavorativa;
- grado di fattibilità che gli intervistati attribuiscono ad un programma di prevenzione
per ex-esposti ad alto rischio ad agenti cancerogeni professionali.
Dai risultati della ricerca è emersa la necessità e l’importanza di implementare e
favorire programmi e corsi formativi per i Medici di Medicina Generale relativi alla
cancerogenesi occupazionale e più in generale sulle modalità di ricostruzione della
storia lavorativa dei singoli pazienti nonché sulla gestione delle notifiche previste
dalla normativa.
Inoltre, se il luogo di lavoro può rappresentare il punto di partenza di rischi per futuri
danni alla salute dei lavoratori che possono estendersi alla popolazione ed
all’ambiente è sul luogo di lavoro che devono essere adottate tutte le possibili misure
preventive e protettive utilizzando il criterio della miglior tecnologia disponibile.
I principi dettati dalle normative in vigore per la tutela dai cancerogeni sui luoghi di
lavoro riprendono una gerarchia di misure da attuare per la protezione dei lavoratori.
La messa in atto di misure di prevenzione scaturisce da un’analisi attenta e puntuale
degli ambienti di lavoro basata su 4 punti fondamentali: 1) identificazione e 2) stima
del rischio, 3) valutazione della necessità di intervenire con ulteriori misure di
prevenzione e protezione, 4) gestione delle misure realizzate.
Gli addetti alla produzione devono essere preventivamente e costantemente
informati e formati dal datore di lavoro in merito ai rischi specifici cui possono essere
esposti durante lo svolgimento delle loro mansioni, al divieto di fumare, alle misure
16
igieniche da rispettare, alle modalità di utilizzo e conservazione dei dispositivi di
protezione individuale: Le norme essenziali di prevenzione devono essere messe a
conoscenza dei lavoratori con un’informazione e formazione permanente e non solo
mediante affissione negli ambienti di lavoro di segnaletica o di norme che riguardano
il rischio cancerogeno.
La definizione dei ritmi di produzione deve tener conto non solo dell’aspetto
economico ma anche dei fattori umani come la fatica fisica, il livello di attenzione, il
ripetersi delle operazioni nonché del corretto utilizzo degli impianti riducendo al
minimo possibile il numero dei lavoratori esposti.
E’ necessario individuare modalità per incoraggiare lo sviluppo delle strategie di
sostituzione, modalità per facilitare miglioramenti che siano tecnicamente fattibili e
permettere l’implementazione di buone pratiche.
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DIPARTIMENTO DI MEDICINA INTERNA E MEDICINA PUBBLICA
Sezione di Medicina del Lavoro “B. Ramazzini”
Ministero della Salute – Direzione Generale della Ricerca sanitaria Ricerca finalizzata –
art.12 bis Decreto Legislativo 229/99 e della Vigilanza sugli Enti
PROGETTO FINALIZZATO
Obiettivi
Obiettivo del presente progetto è stato la definizione di procedure di valutazione dell’esposizione ad
IPA in soggetti professionalmente esposti. In particolare si è inteso:
Materiali e Metodi
Popolazione in studio e strategia di campionamento
Sono stati arruolati nello studio 100 lavoratori, attualmente esposti ad IPA, operanti nella cokeria dello
stabilimento siderurgico ILVA di Taranto. La cokeria è costituita da tre batterie: la batteria A, costruita
negli anni ‘60, mai sottoposta ad interventi di manutenzione e oggetto di chiusura nel 2002 a causa di
elevati livelli di inquinamento riscontrati nel corso di un’indagine penale: la batteria è stata riaperta nel
2004; la batteria B, costruita negli anni ’70; la batteria C, costruita alla fine degli anni ’90 e dotata delle
tecnologie di controllo di emissioni più avanzate. Inoltre, sulla cokeria operano gli addetti alla
manutenzione refrattari (attrezzisti, gruisti, saldatori, operatori porte) e gli addetti ai servizi generali
(pulitori e autisti). Dei lavoratori reclutati, 20 appartengono alla batteria A, 25 alla batteria B, 23 alla
batteria C, 23 alla manutenzione, 9 ai pulitori. I lavoratori, tutti di sesso maschile, sono stati inclusi
nello studio selezionandoli tra quelli che erano stati già oggetto in precedenza di analoghe campagne
di monitoraggio biologico.
Per l’arruolamento dei soggetti sono stati realizzati incontri con la dirigenza aziendale, con il personale
medico e tecnico che ha collaborato all’indagine e con le rappresentanze sindacali dei lavoratori per
illustrare i contenuti e le finalità del progetto.
Sono state predisposte delle istruzioni operative distribuite a tutti i componenti del gruppo di ricerca e
al personale ILVA che ha partecipato alle attività al fine di uniformare le procedure, nonché dei fogli di
campo per il monitoraggio ambientale: in tal modo sono stati descritte nel dettaglio le modalità di
raccolta dei campioni biologici, trasporto, conservazione e analisi. La strategia di campionamento è
stata disegnata sulla base della conoscenza del ciclo tecnologico, dell’organizzazione del lavoro (turni,
mansioni, tempi) e di precedenti indagini svolte nel 2002 (Assennato G, 2005).
A partire dal 18 luglio 2005 sono state avviate le attività di monitoraggio ambientale e biologico dei
lavoratori, che si sono protratte per quattro settimane, interrompendosi per la pausa estiva il 5 agosto
e riprendendo il 29 agosto per terminare il 5 settembre.
L’inizio tardivo delle operazioni di monitoraggio, dovuto ad esigenze aziendali, ha condizionato la
possibilità di ottenere nei tempi previsti i risultati delle analisi di laboratorio.
A tutti i soggetti reclutati per lo studio, dopo aver ottenuto il consenso informato, è stato somministrato
da parte di personale medico addestrato un questionario appositamente predisposto, con l’obiettivo di
raccogliere informazioni circa abitudini di vita (fumo di sigaretta, sigari, pipa attuale o pregresso);
storia residenziale (localizzazione dell’abitazione rispetto al centro urbano e/o a insediamenti
industriali, tipo di riscaldamento, mezzo di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro); dieta (abituale,
nella giornata precedente l’indagine e nella giornata in cui si è svolto lo studio); pregresse e/o attuali
patologie e terapie associate; uso di cosmetici; attività lavorativa. Il questionario è stato disegnato
sulla base delle evidenze di letteratura con lo scopo di raccogliere informazioni sul maggior numero
possibili di confondenti e/o modificatori di effetto che potrebbero distorcere/modificare l’associazione
tra esposizione e livelli dei bioindicatori selezionati (Dor, 1999; Nan, 2001, Buckley, 1992; Zhang,
2001).
Al fine di garantire la riservatezza dei dati personali, a ciascun soggetto è stato attribuito un codice
alfa-numerico, costituito dall’iniziale dell’Unità Operativa (B), seguito da un numero di tre cifre
generato casualmente.
Le attività sono state articolate in due fasi: all’inizio del turno, alle ore 06:00, presso l’infermeria
dell’ILVA, si è provveduto all’ottenimento del consenso informato da parte di ciascun lavoratore; alla
raccolta del campione di urina; al prelievo ematico di circa 20 ml di sangue; al posizionamento del
campionatore personale per la misurazione degli IPA aerodispersi. A tutti i campioni veniva attribuito il
codice opportuno e veniva realizzata l’aliquotazione di circa 5 ml di urina per la misurazione degli IPA
non metabolizzati come tali nelle urine. I campioni ematici venivano quindi consegnati entro tre ore dal
prelievo al Laboratorio di Epidemiologia Molecolare per l’isolamento dei linfomonociti e l’estrazione di
DNA, mentre i campioni di urina venivano portati al Laboratorio di Tossicologia Industriale e conservati
a una temperatura di -20°C. I lavoratori si recavano quindi sull’impianto per svolgere la propria attività
lavorativa seguiti dal personale che ha sovrinteso alle attività di monitoraggio ambientale per la
verifica del corretto funzionamento delle pompe.
Alla fine del turno, alle ore 14:30, i lavoratori, a cui venivano disinseriti i campionatori, venivano
ricondotti presso i locali dell’infermeria per essere sottoposti alla somministrazione del questionario da
parte del nostro personale e per consegnare i campioni di urina di fine turno, che venivano aliquotati e
conservati a -20°C.
In due casi è stato negato il consenso all’esecuzione del prelievo ematico.
I dati provenienti dai questionari e i risultati delle analisi di laboratorio sono stati quindi imputati in data
base in access predisposti ad hoc. Sono stati eseguiti controlli logico-formali sulla qualità degli archivi
informatici. Il linkage dei diversi data base è avvenuto tramite il codice attribuito a ciascun
partecipante.
IPA aerodispersi
Gli IPA aerodispersi e adesi al particolato presenti nella frazione inalabile sono stati misurati con
campionatore attivo indossato in zona respiratoria durante il turno di lavoro, per una durata media di 6
ore, secondo il metodo NIOSH 5506. I prelievi di aria sono stati effettuati utilizzando campionatori
attivi “Gilian 3500” operanti al flusso di 2 l/min. Per la raccolta degli IPA sono stati utilizzate membrane
in Teflon da 37 mm di diametro e fiale XAD 2.
I campioni sono stati desorbiti in acetonitrile e analizzati tramite HPLC con rivelatore a fluorescenza a
lunghezze d’onda programmata.
Sono stati determinati i 15 idrocarburi: composti non cancerogeni (acenaftene, fluorene, fluorantene,
pirene, antracene, fenantrene, crisene, benzo(g,h,i)terilene; composti definiti cancerogeni dalla IARC
(1983, 2002): naftalene, benzo(a)antracene, benzo(a)pirene, dibenzo(a,h)antracene,
benzo(k)fluorantene, indeno(1,2,3-cd)pirene.
Le determinazioni sono attualmente disponibili per 45 lavoratori
1-idrossipirene urinario
L’idrossipirene urinario, effettuato nelle urine di inizio e fine turno, è stato misurato secondo il metodo
descritto da Jongeneelen (1987), dopo idrolisi enzimatica dei ß-glucuronati e/o solfati coniugati,
seguita da analisi HPLC con rivelatore fluorimetrico: i risultati sono stati corretti per il valore della
corrispondente creatinina urinaria e sono espressi come microMol/Molcreat.
Cotinina urinaria
La cotinina è stata determinata nel campione di urine di inizio turno mediante estrazione dalle urine
con colonna di Extrelut, ed analizzata mediante HPLC con rivelatore UV.
IPA non metabolizzati nelle urine
L’urina, raccolta in vials da 7 ml chiusi ermeticamente entro 15 minuti dalla raccolta del campione,
viene sottoposta a microestrazione in fase solida seguita da analisi GC/MS. L’analisi, non ancora
effettuata, viene realizzata dal laboratorio di Tossicologia Industriale della Clinica del Lavoro di Milano.
Addotti totali IPA-DNA
Il DNA è stato isolato dai linfomonociti di sangue periferico secondo la metodica del kit Extragen
(Extragen BC by Talent). La determinazione degli addotti è stata effettuata attraverso la
multidirectional thin-layer chromatography (TLC), utilizzando substrati di polietilammnina-cellulosa
(Gupta et al., 1982; Izzotti, 1998), dopo postmarcatura con 32P.
Polimorfismi genetici
E’ stato valutato il polimorfismo MspI polymorphism nella regione 3’ del CYP1A1 attraverso la
polymerase chain reaction (PCR) e l’uso di restriction fragment length polymorphism (RFLP), secondo
il metodo descritto da Hayashi et al. (1991) definendo i soggetti come wild type omozigote, eterozigote
e omozigote recessivo
Il metodo PCR-RLFP è stato impiegato anche per la valutazione del polimorfismo GSTM1 e GSTT1:
l’assenza dello specifico frammento GSTM1 o GSTT1 indica il corrispondente genotipo null, secondo
il protocollo descritto da Hirvonen (1996).
Il polimorfismo XPD-312 è stato determinato secondo il metodo di Lunn et al., definendo anche i
questo caso soggetti wild type, eterozigoti e omozigoti mutati.
Per quanto riguarda i risultati inferiori al limite di rilevabilità (lod) per ciascuna metodica, si è ritenuto di
sostituirli con un valore pari alla metà di tale limite.
Analisi statistica
Sono state effettuate statistiche descrittive dei soggetti in studio: il confronto della distribuzione delle
caratteristiche individuali all’interno dei gruppi in esame (definiti in funzione del reparto di
appartenenza) è stato effettuato attraverso l’uso del test chi-quadrato. Le 16 mansioni sono state
raggruppate sulla base della posizione di lavoro prevalente nella batteria: lavoratori del piano di carico
(addetti caricatrice, addetti temperatura bariletti, addetti coperchi); lavoratori del lato banchina (addetti
sfornatrice, addetti carro spegnimento, addetti guida coke, capo turno, addetti regime termico);
manutentori (manutentori refrattari, saldatori in ceramica, attrezzisti, carpentieri, gruisti); pulitori
(addetti alle pulizie industriali; addetti ai servizi generali). Dopo opportuna verifica, le variabili non
distribuite normalmente (i 15 idrocarburi e gli IPA totali, l’idrossipirene urinario di inizio e fine turno; gli
addotti al DNA) sono state oggetto di trasformazione logaritmica e sono state adottate tecniche
parametriche: analisi univariate (differenze tra gruppi con test t di Student e con ANOVA) e
multivariate (regressione lineare multipla) per evidenziare le relazioni tra le variabili di esposizione
interna ed esterna, tra le variabile di esposizione e di dose, tra le variabili di esposizione e di effetto,
tenendo conto di covariate che possano agire come confondenti e modificatori di effetto. In particolare,
l’abitudine al fumo è stata valutata sia come variabile dicotomica (fumo attuale: sì/no), che come
variabile continua, utilizzando la concentrazione della cotinina urinaria. Per l’analisi è stato utilizzato il
software Stata vs.8 (StataCorporation), dopo aver convertito i data base in formato access con il
software StatTransfer 7.
Risultati
I soggetti in studio hanno un’età media di 33 anni (ds ±8 anni), con un’anzianità lavorativa media di 7
anni (range: 6 mesi-28 anni: il soggetto con la durata di lavoro minima è stato indicato dall’azienda in
sostituzione di un lavoratore impossibilitato a partecipare all’indagine). I fumatori rappresentano il 48%
dei lavoratori (42% in batteria A, 50% in batteria B, 66% in batteria C, 45% tra i manutentori e 22% tra
gli addetti ai servizi, chi2:5.678, p=0.225), con una media di sigarette fumate al giorno di 14 (ds ±8)
(Tabella 1).
Per validare l’informazione ottenuta dal questionario, abbiamo verificato le risposte fornite in funzione
della concentrazione di cotinina urinaria: La correlazione tra la cotinina e il numero di sigarette fumato
al giorno mostra un r di Pearson=0.58 (p<0.001), abbastanza simile sovrapponibile se si considera il
numero di sigarette fumato nel giorno precedente il prelievo (media di sigarette fumate: 13; r=0.56,
p<0.001) – valutato in considerazione del fatto che l’indicatore urinario è stato misurato nell’urina di
inizio turno. Categorizzando la variabile cotinina in due classi (inferiore/superiore al lod), si verifica che
14 soggetti dichiaratisi non fumatori presentano un valore di cotinina superiore al lod, mentre tutti i
fumatori sono correttamente classificati (sensibilità: 100%; specificità: 71.4%, area sotto la curva
ROC=0.85)
I dati del monitoraggio ambientale mostrano una situazione di elevata esposizione ad IPA, con una
concentrazione mediana di 83 μg/m3. Il naftalene rappresenta il componente principale della miscela:
in cokeria è pari al 56% degli IPA totali (calcolati come somma dei singoli IPA), seguito dal fluorantene
(14%), e dal fluorene (9%). Il pirene rappresenta il 4% della miscela, mentre il benzo(a)pirene lo 0,3%
(figura 1).
I livelli di inquinamento più elevati, considerando la mediana degli IPA totali, si riscontrano in
corrispondenza delle batterie A e B (92,2 μg/m3 - range: 11-219, in batteria A e 22-558 in batteria B),
contro i 79,3 μg/m3 (range: 5- 29) della batteria C e 78,6 μg/m3 (range: 7-316) dei manutentori – non
sono disponibili informazioni sui lavoratori addetti ai servizi generali - anche se le differenze non
risultano significative (F=0.92, p=0,43) Come atteso, i lavoratori che operano sul piano di carica sono
molto più esposti (mediana: 126,1 μg/m3 - range: 86-473) dei lavoratori impegnati sul lato banchina
(72,2 μg/m3 – range: 5-558), in modo però non statisticamente significativo (t=1.81, p=0.08). (Tabella
2).
Dal momento che l’indicatore di dose interna selezionato per il monitoraggio biologico, l’1-IP, è un
metabolita del pirene, abbiamo verificato la correlazione tra questo idrocarburo e gli IPA totali (meno il
pirene), che mostra una r di Pearson pari a 0.63 (p<0.001) (tabella 3, figura 2), abbastanza costante
tra i reparti.
Per quanto riguarda la valutazione dell’esposizione interna, la mediana dell’1-IP di inizio turno è pari a
0.88 microMol/Molcreat (range: 0.05-21.12), mentre la mediana dell’1-IP di fine turno è 1.01
microMol/Molcreat (range: 0.08-24.71). La differenza riscontrata tra le concentrazioni all’inizio e alla
fine del turno non sono significative (p=0.113).
Valutando l’indicatore di dose interna in relazione ai livelli ambientali di esposizione, non si osserva
alcuna correlazione tra gli IPA totali e l’1-IP, mentre si evidenzia una modesta correlazione con r=0,28
(p=0,06) tra il pirene e l’1-IP di fine turno (figura 3).
Considerando come limite biologico di esposizione (BEI) il valore di 2.28 microMol/Molcreat proposto
da Jongeneleen (2001), corrispondente al TLV statunitense di 0.2 mg/m3 di IPA (come benzene
soluble matter) e stimato associato ad un rischio relativo di 1.3 di tumore polmonare, si osserva che il
21% dei lavoratori (20 su 95) si pongono al di sopra: 4 di questi lavoratori appartengono alla batteria
A, 8 alla batteria B, 7 alla batteria C e 1 ai servizi generali.
Si osservano differenze in funzione del reparto di appartenenza nei valori di 1-IP di inizio turno
(p=0.004), con i valori mediani più elevati in batteria C (1.31, range 0.12-8.30), seguita dalla batteria B
(1.17; range 0.23-21.12), dalla batteria A (0.92; range 0.05-5.66), dai manutentori (0.73; range 0.12-
2.59) e dai servizi generali (0.28; 0.15-1.28); per quanto riguarda i valori mediani di 1-IP di fine turno,
la differenza tra reparti è ai limiti della significatività (p=0.06) e anche in questo caso i livelli più alti si
ritrovano in batteria C (1.70, range 0.09-13.15), quindi in batteria B (1.33, range 0.19-24.71), batteria
A (1.16, range 0.12-7.46), nei servizi generali (0.78, range 0.23-3.10) e tra manutentori (0.73, range
0.13-2.22).
L’1-IP discrimina anche le differenti mansioni con gli addetti al piano di carica che mostrano i valori
mediani più elevati sia all’inizio che alla fine del turno (1.17; 1.92), seguiti dagli addetti al lato banchina
(1.16; 1.07), dai manutentori (0.72; 0.75) e dagli addetti ai servizi generali (0.26; 0.77) (Figura 4)
L’abitudine al fumo di sigaretta influenza le concentrazioni di 1-IP di inizio turno (mediana dei fumatori
1.17 vs. non fumatori 0.65; t di Student su log-1-IP 2.44, p=0.02), mentre non determina sostanziali
variazioni nei livelli di fine turno (mediana dei fumatori 1.14 vs. non fumatori 0.95; t di Student su log-
1-IP 1.29, p=0.197).
Verificando la correlazione tra la concentrazione di cotinina e i livelli di 1-IP, si riscontra una relazione
tra la cotinina e l’1-IP di inizio turno con r=0.23 (p=0.02).
La relazione tra l’1-IP del solo fine turno e la concentrazione ambientale di pirene si osserva anche
dopo aver controllato per reparto, abitudine al fumo ed età (tabelle 5 e 6).
Esaminando l’eventuale influenza di polimorfismi metabolici sull’associazione evidenziata, si osserva
in primo luogo che non vi è significativa differenza nella distribuzione dei polimorfismi indagati tra i
lavoratori in studio in relazione al reparto di appartenenza.
La percentuale di lavoratori portatori di CYP1A1 mutato (considerando insieme gli eterozigoti e gli
omozigoti mutati) è pari al 19%; i portatori di GSTM1 deleto sono il 56% dei lavoratori; i portatori di
GSTT1 nullo sono il 27%, in linea con la distribuzione di tali polimorfismi nella popolazione caucasica
(Garte S et al., 2001).
Non è possibile riscontrare alcuna influenza dei polimorfismi indagati sui livelli dell’1-IP di inizio e fine
turno, né nell’analisi univariata (tabella 7) che in quella multivariata.
La misura degli addotti totali IPA-DNA, valutata come indicatore di dose biologicamente efficace,
risulta disponibile per tutti i soggetti in studio, con l’eccezione di due lavoratori che hanno rifiutato di
fornire il consenso all’esecuzione del prelievo ematico.
La mediana degli addotti nei lavoratori è pari a 0.53 addotti/10^8nucleotidi (range 0,03-7,9): valori di
mediana di 0.6 si riscontrano in batteria B e C, di 0.5 in batteria A e tra i manutentori e di 0.2 tra gli
addetti ai servizi generali. La differenza si pone ai limiti della significatività statistica (p=0.07),
essenzialmente in funzione dei bassi valori mostrati dagli addetti ai servizi generali. La distribuzione
degli addotti per mansione è illustrata in figura 5. Non appaiono differenze valutando la mansione o
l’abitudine al fumo (tabella 8).
Quando si valuta la relazione tra livello di addotti, indicatore di dose interna all’inizio e alla fine del
turno e indicatore di dose esterna, si evidenzia una associazione positiva, ai limiti della significatività
statistica (p=0,07) con la concentrazione di 1-IP di inizio turno (tabella 9). Nel modello di regressione
multipla, che considera come variabile dipendente il livello di addotti e come covariate la dose interna
e il fumo (cotinina), e l’età, l’associazione si conferma. Se invece dell’1-IP si considera come variabile
di esposizione le concentrazione degli IPA totali, non si osserva una relazione tra gli addotti e la dose
esterna.
Considerando l’eventuale influenza dei polimorfismi, si osserva che, mentre i polimorfismi metabolici
(CYP1A1, GSTM1 e GSTT1) non mostrano alcun effetto, il polimorfismo dei meccanismi del riparo del
DNA, XPD, sembra essere associato con il livello di addotti. I lavoratori portatori del gene mutato, che
rappresentano il 30%, presentano livelli di addotti più elevati rispetto ai soggetti wild type, in modo
statisticamente significativo. L’associazione si conferma nell’analisi multivariata che controlla il livello
degli addotti per idrossipirene alternativamente di inizio e fine turno, cotinina, età e reparto di
appartenenza solo per quanto riguarda l’1-IP di inizio turno (tabelle 10).
Discussione
I dati presentati nella relazione sono da considerare preliminari in quanto, per ciò che concerne
l’esposizione esterna, disponiamo dei risultati di meno della metà dei lavoratori indagati, mentre non
sono ancora state effettuate le determinazioni relative di biomarcatori di esposizione alternativi all’1-
IP. Tuttavia, qualche considerazione iniziale – suscettibile di successiva verifica – può essere fatta,
soprattutto in confronto con precedenti esperienze di monitoraggio biologico compiute nella cokeria di
Taranto.
I livelli di esposizione ambientale riscontrati sono piuttosto elevati e confrontabili con analoghe
indagini. I valori tra reparti sono compresi tra 92 μg/mc della batteria A e 79μg/mc della batteria C,
mentre per quanto riguarda le mansioni si osserva un valore pari a 126μg/mc per i topside e 72μg/mc
per gli addetti al lato banchina.
Bjoorseth et al. (1978) hanno misurato, sia con postazioni fisse che con campionatori personali, le
concentrazioni ambientali di IPA in cokeria. Sono state identificate fino a 39 sostanze tra IPA ed altri
composti eterociclici. L’esposizione ad IPA nel particolato stimata tramite campionamento personale
era compresa tra 5 e 1000 μg/mc. In particolare, i range per le varie mansioni erano i seguenti:
operatore caricatrice: 168.2-1044.92 μg/mc; operatore guida coke: 4.82-34.59 μg/mc; operatore porte:
14.48-17.27 μg/mc; operatore bariletti: 62.06-242.75 μg/mc; operatore sfornatrice: 9.41-62.44 μg/mc;
addetto alla banchina: 362.97 μg/mc.
Jongeneelen et al. (1990) misurarono le concentrazioni di IPA mediante campionatori personali su 56
lavoratori di due cokerie olandesi. La concentrazione massima ambientale riscontrata fu di 186 μg/mc;
i “topside workers” mostrarono i valori più alti (media: 17.0 μg/mc).
Nel 1991 Reuterwall et al., nel contesto di uno studio finalizzato a valutare varie metodiche di
monitoraggio biologico (escrezione di tioeteri urinari, mutagenicità urinaria, aberrazioni cromosomiche,
micronuclei, scambio fra cromatidi fratelli) su un gruppo di 44 lavoratori di cokeria svedesi, eseguirono
un’indagine igienico-ambientale nella cokeria in studio mediante campionamento personale.
L’esposizione totale a 14 IPA (espressa come media pesata per 8 ore) variava da 6 a 570 μg/mc. Il
B(a)P costituiva approssimativamente dallo 0.5% al 2.5% della concentrazione degli IPA totali. I valori
di B(a)P hanno sempre superato i valori di TLV svedesi (5 μg/mc) negli addetti alla manutenzione
delle porte dei forni e per il 70% delle volte negli addetti alla caricatrice.
Anche Buchet et al.(1992) hanno riscontrato i più alti livelli di IPA ambientali al livello del piano di
carica delle due cokerie in studio rispetto alle banchine laterali (media geometrica: 198.7 μg/mc contro
14.2 μg/mc). Naftalene, fenantrene, perilene, fluorantrene e fluorene rappresentavano gli IPA con
maggiori concentrazioni nell’atmosfera delle cokerie. I livelli di B(a)P erano il 2% di tutti gli IPA,
variando da 0.002 a 2 μg/mc sulle banchine laterali e da 0.8 a 31.8 μg/mc sui piani di carica.
In un lavoro condotto in un gruppo di lavoratori di cokeria altamente esposti (Grimmer et al., 1993),
sono state valutate mediante campionatori personali le concentrazioni ambientali di IPA. Le più alte
singole misurazioni riscontrate sono state di 170.3 μg/mc per il fenantrene, di 85.9 μg/mc per il
fluorantrene e di 40.2 μg/mc per il crisene. La più alta misurazione per il B(a)P è risultata essere 15.8
μg/mc.
Rojas et al. (1995), durante uno studio condotto in una cokeria francese riscontrarono mediante
campionatori personali livelli ambientali di B(a)P ≤ 0.15 fino a ≥ 4 μg/mc.
In un lavoro di Popp et al. (1997) in cui in un gruppo di lavoratori di cokeria in Germania sono stati
valutati DNA single strand breakage, addotti al DNA, scambi tra cromatidi fratelli e metaboliti del
pirene e del fenantrene nelle urine, è stato misurato un livello ambientale medio di IPA totali pari a
49.21 μg/mc con un range di 13.98-127.37 μg/mc.
Strunk et al. (2002) hanno condotto una campagna di monitoraggio ambientale e biologico in una
cokeria caucasica. Sono stati arruolati nello studio 24 lavoratori della cokeria divisi in tre gruppi:
topside, lavoratori in passerella e lavoratori dell’intera area. La concentrazione ambientale di IPA,
determinata mediante campionatori personali, era significativamente più alta sul piano di carica
(media : 491.2 µg/mc) rispetto agli altri luoghi di lavoro.
In una nostra indagine ambientale precedente, condotta nel maggio 2002 in corrispondenza della sola
batteria A, il riferimento di 0,2 mg/m3 (ACGIH) è stato superato nel 44% dei campionamenti (36/82
casi), mentre nel 28% dei casi di superamento (10/36 casi) si eccede il valore di oltre 5 volte, con
concentrazioni di IPA totali di 45 μg/mc in corrispondenza della sfornatrice e di 6 μg/mc sulla
caricatrice.
Per quanto riguarda il bioindicatore di dose interna, l’1-IP è stato utilizzato quale indicatore biologico in
studi su lavoratori esposti ad IPA in molteplici attività produttive. Concentrazioni medie di 1-IP
superiori rispetto a quelle dei soggetti di riferimento, non professionalmente esposti ad IPA, sono stati
riscontrate in addetti alla produzione di coke, di alluminio, di elettrodi di grafite, alla distillazione del
catrame, alla pavimentazione stradale, alla pressofusione di leghe di alluminio, al trattamento del
legno con creosoto in lavoratori di fonderie, in meccanici auto-riparatori, negli affumicatori di carne
(Jongeneelen et al., 1988).
Sono ben noti e studiati, oltre all’esposizione professionale ad IPA, altri fattori che sono in grado di
aumentare l’escrezione urinaria di 1-IP; in particolare:
- il fumo di sigaretta (fumo attivo e passivo);
- il recente consumo di carne cotta alla griglia e dia alimenti affumicati;
- un considerevole inquinamento atmosferico da IPA;
- l’uso di preparati dermatologici contenenti catrame.
Molti autori hanno confrontato i risultati delle misurazioni di idrossipirene urinario fra individui esposti
professionalmente in diversi ambienti di lavoro e gruppi di riferimento con nessuna esposizione
professionale agli IPA (Jongeneelen et al. 1988, 1990, Ovrebo et al.1994). Livelli interni di esposizione
sono stati comparati fra soggetti di differenti industrie (Levin 1995, Zhao et al.1995) e sono state
riscontrate differenze nell’escrezione urinaria di idrossipirene in lavoratori con diverse mansioni nello
stesso luogo di lavoro (Van Schooten et al.1995; Lue t al., 2003).
Tutti questi studi hanno mostrato che le concentrazioni di idrossipirene urinario sono più alte negli
individui esposti ad IPA rispetto alla popolazione di riferimento. La mediana delle concentrazioni di
fondo di 1-IP nelle urine di soggetti non esposti professionalmente varia da 0.03 a 0.68 µmol/ mol di
creatinina nei non-fumatori e da 0.07 a 0.76 µmol/ mol di creatinina nei fumatori, in dipendenza del
Paese di appartenenza. In molti studi è stato riportato che in individui con una bassa esposizione
ambientale a IPA il fumo di sigaretta causa un significativo incremento dell’1-IP urinario (Jongeneelen
et al. 1990), tuttavia a livelli di esposizione ad IPA più elevati, le differenze nell’escrezione urinaria di
1-IP fra fumatori e non fumatori scompaiono (Buchet et al. 1992). Tuttavia Jongeneelen et al. (1990),
Van Schooten et al. (1995), e Mielzynska et al (1997) osservano che le differenze nell’escrezione
urinaria di 1-IP fra fumatori e non fumatori sono maggiormente pronunciate nei lavoratori più esposti,
suggerendo un effetto sinergico in combinazione con l’esposizione ad IPA nell’ambiente di lavoro.
Negli studi in cui diversi campioni di urine sono stati raccolti per individuo, si mostra che l’escrezione
di idrossipirene urinario aumenta durante il corso della giornata lavorativa, raggiungendo il valore
massimo poche ore dopo la fine del turno (Jongeenelen et al.1990, VanRooij et al.1993 a, Wu et
al.1998). Anche nostre precedenti esperienze sui lavoratori di cokeria evidenziano un aumento dei
livelli di 1-IP di fine turno rispetto ai corrispondenti livelli di inizio turno e il dato viene confermato nella
presente indagine. Va sottolineato che gli attuali livelli mediani di idrossipirene di fine turno (1.01
microMol/Molcreat ) sono più alti rispetto a quelli riscontrati nel 2001 (0.65 microMol/Molcreat) e nel
2002 (0.56 microMol/Molcreat) mentre sono praticamente sovrapponibili a quelli osservati nel 2003
(1.05 microMol/Molcreat). Tuttavia, mentre nelle indagini precedenti, la percentuale dei lavoratori che
eccedevano il BEI di 2.28 microMol/Molcreat era pari al 35% nel 2002 (soli lavoratori della batteria A)
e al 25% nel 2003 (tutti i lavoratori della cokeria, 355), i risultati dell’attuale attività di monitoraggio
biologico evidenziano che tale percentuale appare essersi ridotta (21%).
Nel nostro studio, l’idrossipirene urinario di fine turno discrimina tra diverse condizioni di esposizione
mostrando valori più elevati nei lavoratori addetti al piano di carica e non risente dell’abitudine al fumo
di sigaretta – a differenza dell’1-IP di inizio turno che invece ne è influenzato.
Sono attese importanti indicazioni anche dalla misura degli IPA non metabolizzati nelle urine, in
funzione del fatto che l’1-IP, in quanto metabolita di un idrocarburo non cancerogeno, non risulta
specificamente correlato con l’esposizione ad IPA cancerogeni. In particolar modo verranno
considerati gli idrossi derivati del naftalene, uno degli IPA volatili maggiormente rappresentativi da un
punto di vista quantitativo, per il quale recentemente è stato evidenziato un possibile effetto
cancerogeno nell'animale da esperimento.
Per quanto riguarda l’influenza dei polimorfismi metabolici, non sembra emergere dalla nostra
valutazione alcun effetto e le evidenze di letteratura mostrano dati contrastanti. Per quanto riguarda il
CYP1A1, alcuni studi mettono in evidenza un aumento dei livelli dell’indicatore di esposizione
associato alla forma mutata (Wu et al, 1998), mentre la maggior parte non riscontra alcun effetto
(Apostoli P, 2003). Nel caso di GSTM1, vi sono alcune osservazioni circa la presenza di livelli più alti
nei soggetti con il gene deleto (Nan HM et al, 2001; Pan G et al., 1998) , ed altre che riportano invece
livelli più bassi nei soggetti con la variante genetica (Gabbani G, 1996). Alexandrie e collaboratori
(2000) riportano un’influenza sui livelli di 1-IP in presenza delle varianti polimorfiche di CYP1A1 e
GSTM1, mentre altri Autori non riferiscono di effetti legati alla presenza di GSTM1 o GSTT1 deleto
(Nerurkar et al., 2000; Zhang J, 2000; PanG, 1998; van Delft, 2001; Wu et al, 2004). Nell’indagine del
2003 su 355 lavoratori di cokeria, abbiamo evidenziato livelli più elevati dell’indicatore nei soggetti
portatori di delezione di GTT1, ai limiti della significatività statistica (p=0.06) ma consistenti in tutti i
confronti effettuati (per reparto, mansione, abitudine al fumo).
I livelli degli addotti riscontrati appaiono inferiori a quanto osservato da Brescia e collaboratori in 76
lavoratori della stessa cokeria esaminati nel 1999, quando la mediana risultava pari a 1.52 e 2,27
addotti/108 nucleotidi rispettivamente per i lavoratori con livelli di 1-IP inferiori e superiori al 66°
percentile della distribuzione: in quella circostanza un effetto sui livelli di addotti era stato evidenziato
che i soggetti con il genotipo “suscettibile” GSTM1 deleto e il genotipo suscettibile CYP1A1 Ile/Val
erano a maggior rischio di avere livelli di addotti più elevati: tale effetto veniva osservato solo nei
soggetti con concentrazioni dell’indicatore di dose interna più elevate, suggerendo che solo per
esposizioni ad alte dosi l’attività metabolica geneticamente determinata diventa rilevante nel
condizionare l’entità del danno al DNA.
In questa esperienza, ciò che i dati suggeriscono è un effetto legato al polimorfismo del gene del
riparo XPD: precedenti valutazioni di tale polimorfismo hanno esplorato in particolare la relazione con
l’addotto specifico del benzo(a)pirene, antiBPDE-DNA, mostrando come, in particolare alle alte dosi, vi
sia un’influenza di questo e di altri polimorfismi analoghi (XPA e XPC), (Pavanello S et al, 2005).
In conclusione, i dati di monitoraggio ambientale confermano un elevato inquinamento da IPA nella
cokeria dell’ILVA di Taranto, maggiore in corrispondenza del piano di carica e nella batteria A – la più
vetusta, riaperta nel 2003 dopo che un’’indagine della magistratura aveva evidenziato alti livelli di dose
interna, senza che però siano stati effettuati interventi di manutenzione e/o bonifica.
A conferma di quanto da noi in precedenza riscontrato l’1-IP sembra in grado di discriminare le
diverse condizioni di esposizione esterna, mostrando incrementi legati all’esposizione professionale
che si realizza durante il turno di lavoro. E’ stato possibile evidenziare una relazione, seppur debole,
tra i livelli di 1-IP di fine turno e le concentrazioni di pirene; alle alte dosi osservate di fine turno, il fumo
di sigaretta non influisce sui livelli del bioindicatore, mentre appare condizionare la concentrazione di
1-IP di inizio turno.
Per quanto riguarda il livello degli addotti IPA-DNA, abbiamo osservato anche in questo caso
concentrazioni inferiori al passato che appaiono però associate alla dose interna (1-IP di inizio turno).
I polimorfismi metabolici non sembrano condizionare i livelli del biomarcatore di esposizione né degli
addotti. Un’influenza, che deve essere accuratamente verificata, appare per XPD, in quanto soggetti
con il genotipo mutato mostrano livelli più elevati di addotti dei soggetti con il genotipo wild type: tale
relazione si riscontra nel modello di regressione lineare che tiene conto dei livelli di esposizione
interna (1-IP di inizio e fine turno), dell’abitudine al fumo, dell’età e del reparto di appartenenza.
Appare importante sottolineare che valori più elevati dei marcatori di dose interna e di dose
biologicamente efficace si riscontrano in corrispondenza della batteria C, ovvero della batteria
costruita in epoca più recente, che dovrebbe essere dotata di tecnologie più avanzate. Inoltre, il
confronto dei valori di 1-IP di fine turno dei lavoratori della batteria A evidenzia che, alla riapertura, le
condizioni di esposizione dei lavoratori non appaiono sostanzialmente migliorate.
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Tabelle
Batteria A 20 30 (±6) 42 15 40 20 35
Batteria B 25 35 50 30 56 35 26
(±10)
Batteria C 22 30 (±5) 66 15 60 25 25
Manutentori 24 37 (±5) 45 18 73 36 40
Servizi 9 36 22 14 43 0 43
Generali (±12)
Tutti 100 33 (±8) 48 18 52 25 32
F=4.16, Chi2=5,67 Chi2=2.41 Chi2=5.20 Chi2=4.79 Chi2=2.85
p=0.04 p=0.225 p=0.661 p=0.267 p=0.309 p=0.727
Tabella 2. Mediana dei livelli ambientali di alcuni IPA per reparto e mansione (μg/m3)
Reparto Mansione Naftalene Pirene Benzo[a]pirene IPA totali
Batteria A 30.85 0.67 0.12 92,15
Topside 15.49 0.34 0.06 126.20
Banchina 40.93 0.90 0.18 69,71
Batteria B 68,92 0,54 0.28 92,20
Topside 72,33 0,84 0.28 97,74
Banchina 59,29 0,25 0.28 76,10
Batteria C 48,18 0,40 0.09 79,38
Topside 104,46 2,70 3.93 277,84
Banchina 32,83 0,27 0.81 58,86
Manutentori 53,50 0,58 0.16 78,59
Manutentori 99,84 0,59 0.13 164,45
Saldatori 121,30 0,79 0.37 180,49
Carpentieri 193,89 1,62 0.23 32,61
Tabella 3: Correlazione tra IPA totali, pirene, 1-IP di inizio turno e 1-IP di fine turno
dopo trasformazione logaritmica (n.; valore di p)
------------------------------------------------------------------------------
log_ip_a | Coef. Std. Err. t P>|t| [95% Conf. Interval]
-------------+----------------------------------------------------------------
log_py | .0533041 .1181605 0.45 0.655 -.1861118 .29272
reparto | -.2587903 .1758317 -1.47 0.150 -.6150592 .0974786
cotinina | .0002393 .0002158 1.11 0.275 -.0001979 .0006766
eta | .026912 .0239845 1.12 0.269 -.0216852 .0755092
_cons | -.6445338 1.107565 -0.58 0.564 -2.888674 1.599607
Tabella 6: regressione lineare multipla, con l’1-IP di fine turno come variabile
dipendente e come covariate la concentrazione di pirene ambientale, il reparto di
appartenenza, la cotinina urinaria e l’età
------------------------------------------------------------------------------
log_ip_b | Coef. Std. Err. t P>|t| [95% Conf. Interval]
-------------+----------------------------------------------------------------
log_py | .2020883 .0975047 2.07 0.045 .0043395 .3998371
reparto | .0335893 .1472833 0.23 0.821 -.2651151 .3322937
cotinina | .0000909 .0001803 0.50 0.617 -.0002747 .0004565
eta | -.024569 .0198312 -1.24 0.223 -.0647885 .0156505
_cons | -.7472105 .9174784 -0.81 0.421 -2.607943 1.113522
Tabella 8. Livelli mediani di addotti IPA-DNA, stratificati per abitudine al fumo (n.
addotti/108 nucleotidi
Reparto Addotti Test
Tutti Fumatori Non
fumatori
Batteria A 0.51 0.61 0.52
Batteria B 0.57 0.49 0.68
Batteria C 0.60 0.59 0.97
Manutentori 0.50 0.63 0.47
Servizi 0.22 0.58 0.22
generali
Tutti 0.54 0.59 0.52 t=0.06,
p=0.952
Test F=2.20 F=0.50 F=3.42,
p=0.07 p=0.0.737 p=0.018
Tabella 9. Livelli mediani di addotti, stratificati per polimorfismi metabolici (n
addotti/108 nucleotidi)
Polimorfismi Addotti t-Test
Wild type 0.59
GSTM1 P=0.702
Null 0.53
GSTT1 Wild type 0.56
P=0.340
Null 0.52
CYP1A1 Wild type 0.58
P=0.886
MspI Mutato 0.49
Wild type 0.49
XPD - 312 P=0.011
Mutato 0.67
Tabella 10: Regressione lineare multipla: livelli di addotti in funzione dell’esposizione
esterna, dell’1-IP di inizio turno, del reparto di appartenza, della cotinina, dell’età e del
polimorfismo XPD
regress log_addotti log_ip_a cotinina reparto eta xpd
------------------------------------------------------------------------------
log_addotti | Coef. Std. Err. t P>|t| [95% Conf. Interval]
-------------+----------------------------------------------------------------
log_ip_a | .2439149 .0792598 3.08 0.003 .085796 .4020339
cotinina | -.000047 .0001016 -0.46 0.645 -.0002496 .0001557
reparto | -.0412842 .0683562 -0.60 0.548 -.1776511 .0950827
eta | .0004108 .0103356 0.04 0.968 -.0202082 .0210299
xpd_312asp~n | .3329556 .1076184 3.09 0.003 .1182629 .5476484
_cons | -.6128411 .3863437 -1.59 0.117 -1.383576 .1578934
------------------------------------------------------------------------------
Fitted values/log_py
N
4 6 8 10 12 AF
0,00
10000,00
20000,00
30000,00
40000,00
50000,00
TA
AC L EN
EN E
AF
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9
FL E
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10
AN
Figura 1. Profili degli IPA misurati
TE
BE NE
N
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11
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13
EN
E
Figura 2. Relazione tra il pirene e la miscela totale degli IPA (dopo log-trasformazione).
Figura 3. Relazione tra le concentrazioni (log) di pirene e le concentrazioni (log) di
idrossipirene di fine turno.
2
95% CI/Fitted values/log_ip_b
-2 -1 -3 0 1
4 6 8 10 12
log_py
95% CI Fitted values
log_ip_b
Figura 4: livelli di log(1-IP) di inizio e fine turno per mansione (Mediana e IQR)
4
2
0
-2
-4
Topside Banchina
Manutentori Pulitori
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI
DIPARTIMENTO DI MEDICINA INTERNA E MEDICINA PUBBLICA
SEZIONE DI MEDICINA DEL LAVORO “E.C. VIGLIANI”
Coordinatore: Prof. Leonardo SOLEO
Ricerca finalizzata svolta per conto del Ministero della Salute/ISPESL su “Impatto sulla salute di
particolari condizioni ambientali e di lavoro, di provvedimenti di pianificazione territoriale”.
PMS/022/2002.
RELAZIONE FINALE
INTRODUZIONE pag. 4
RISULTATI pag. 13
DISCUSSIONE pag. 16
BIBLIOGRAFIA pag. 20
ALLEGATO 1 pag. 61
3
INTRODUZIONE
L’area di Taranto è stata segnalata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità tra le
aree ad elevato rischio ambientale per via dei vasti insediamenti industriali presenti
(complesso siderurgico, cementificio, raffineria di petrolio, ecc.). Alcune ricerche condotte in
questa zona negli ultimi dieci anni hanno evidenziato un aumento della mortalità, rispetto ai
dati nazionali, per neoplasie del polmone, della vescica e del fegato (24). Per la sola città di
Taranto è stato inoltre evidenziato un rilevante incremento dei tumori della pleura e dei
linfomi non-Hodgkin (24).
4
Precedenti studi condotti nell’ambito dell’area ionico tarantina hanno indagato
l’esposizione a sostanze cancerogene in particolare a idrocarburi policlinici aromatici.
Scarsamente indagato nella letteratura esaminata, in quest’area, appare il ruolo
dell’esposizione ad altri cancerogeni per l’uomo quali alcuni metalli, come il cromo e
l’arsenico, entrambi essenziali e molto diffusi in natura, ma che possono essere presenti, in
quantità variabili, sia tra le emissioni degli stabilimenti industriali che come inquinanti delle
acque potabili, dell’aria e di alcuni alimenti (in particolare l’arsenico è contenuto nei crostacei
e nei molluschi) (7,17). Il cromo e l’arsenico sono stati definiti dalla IARC sostanze
sicuramente cancerogene per l’uomo e sono state classificate in classe 1 (15,20,21).
Proprio per la loro ubiquitarietà, il cromo e l’arsenico sono dosabili non solo nelle
urine dei lavoratori professionalmente esposti, ma anche in quelle dei soggetti appartenenti
alla popolazione generale. Il cromo e l’arsenico urinari rappresentano infatti indicatori di
esposizione ed, essendo stata evidenziata una buona correlazione tra l’escrezione urinaria e
l’entità dell’esposizione, sono largamente usati nel monitoraggio biologico dei lavoratori
esposti. I valori limite biologici urinari proposti dall’ACGIH nell’anno 2005 per i soggetti
professionalmente esposti sono di 10 μg/L (come aumento dopo turno) e di 25 μg/L (fine
turno fine settimana lavorativa) per il cromo e di 35 μg/L per l’arsenico (su urine di fine
settimana lavorativa) (3). Nella popolazione generale la SIVR riporta quali valori di
riferimento concentrazioni urinarie per il cromo variabili tra 0.05 e 0.32 μg/L (5° e 95°
percentile) che possono essere condizionate da fattori quali età, residenza e fumo di sigaretta,
e per l’arsenico inorganico (che comprende l’arsenico inorganico propriamente detto, l’acido
monometilarsonico e l’acido dimetilarsinico) comprese tra 2.0 e 15.0 μg/L, che possono
essere condizionate dal tipo di alimentazione, residenza, sesso, assunzione di farmaci
integratori (2,5,14,29,31,32).
5
Per quanto attiene l’azione cancerogena, sia il cromo che l’arsenico sono stati
segnalati come metalli in grado di provocare tumori polmonari e l’arsenico può determinare
anche tumori a carico della cute e del fegato. (20,21).
6
OBIETTIVO DELLO STUDIO
L’area tarantina è definita area a rischio di inquinamento ambientale per via dei vasti
insediamenti industriali presenti (complesso siderurgico, cementificio, raffineria di petrolio,
ecc.) e per l’alta incidenza di tumori polmonari. Il ruolo dei metalli cancerogeni, in particolare
cromo e arsenico, è stato scarsamente studiato quale fattore espositivo nei lavoratori e negli
abitanti dell’area circostante gli insediamenti industriali. Pertanto, lo studio ha avuto lo scopo
di verificare se l’esposizione a cromo e ad arsenico, valutata attraverso la eliminazione
urinaria di questi metalli, fosse più elevata nei lavoratori dell’impianto siderurgico di Taranto
rispetto ai soggetti residenti a Taranto in prossimità dello stabilimento (quartiere Tamburi) e
in questi ultimi rispetto a quelli residenti a distanza di circa 20 Km da esso (quartieri S. Vito-
Lama-Talsano).
7
MATERIALI E METODI
SOGGETTI ESAMINATI
Sono entrati a far parte dello studio, inoltre, due gruppi di soggetti, tutti di sesso
maschile, non professionalmente esposti a cromo e arsenico e che possedevano i requisiti
previsti, residenti nella città di Taranto in due quartieri situati a differente distanza dal
siderurgico: il primo gruppo composto da 105 soggetti residenti a ridosso dello stabilimento
nel quartiere Tamburi (Soggetti Gruppo B); il secondo gruppo formato da 144 soggetti
residenti a distanza di circa 20 Km dal polo industriale nei quartieri S. Vito-Lama-Talsano
(Soggetti Gruppo C) (Figura 1).
Lo studio prevedeva che il reclutamento dei soggetti dei tre gruppi avvenisse in
maniera tale che fossero ugualmente rappresentate le seguenti classi di età: 18-32, 33-46 e 47-
60. Tutti i partecipanti hanno fornito il loro consenso informato prima di partecipare allo
studio. L’indagine sanitaria ha avuto inizio nel mese di marzo 2005 ed è terminata nel luglio
2005.
In riferimento all’età i lavoratori del gruppo A sono apparsi più giovani rispetto ai
soggetti del gruppo C e di quelli del gruppo B (Tabella 1). La distribuzione di frequenza
8
dell’età nei tre gruppi ha evidenziato nei lavoratori del gruppo A un andamento bimodale con
due picchi massimi relativi, uno sui 25 anni e l’altro sui 47.5 anni, mentre negli altri due
gruppi l’andamento dell’età è apparso più uniformemente distribuito nelle varie fasce. (Figura
2). L’andamento della distribuzione dell’età nei lavoratori del gruppo A è dipesa
dall’anzianità lavorativa legata al turnover dei lavoratori che non è costante nei vari anni.
Pertanto, allo scopo di escludere la variabile età nel condizionamento dell’eliminazione
urinaria dei due metalli si è stabilito di analizzare le cromurie e le arsenicurie inorganiche
suddividendo ciascun gruppo in due sottogruppi di età ottenuti applicando un cut-off di 38
anni, che rappresenta la mediana dell’intero campione di soggetti reclutati (444).
La distribuzione della massa corporea è stata studiata nei tre gruppi attraverso
l’indice di massa corporea (BMI), ottenuto suddividendo per ciascun soggetto il peso in
kilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri. Per l’analisi dei risultati delle determinazioni
urinarie di cromo e arsenico nei tre gruppi esaminati sono state individuate tre classi di BMI:
fino a 25 (soggetti con rapporto altezza-peso normali), da 25 fino a 30 (soggetti in
sovrappeso), oltre 30 (soggetti obesi). Il confronto tra i tre gruppi sulla distribuzione della
massa corporea ha evidenziato che questi sono omogenei tra loro (Tabella 1).
I soggetti dei tre gruppi differiscono nettamente per il grado di scolarità (Tabella 2);
passando dai lavoratori gruppo A ai soggetti gruppo B e gruppo C si rileva un livello culturale
superiore.
La distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per abitudine al fumo di sigaretta ha
mostrato che questi differiscono tra loro (Tabella 3). In particolare, i fumatori sono presenti
con maggior frequenza tra i lavoratori gruppo A e tra i soggetti gruppo B ed i non fumatori tra
i soggetti gruppo C.
I tre gruppi, invece, non differiscono tra loro quando si considerano la distribuzione
per pacchetti/anno di fumo (Tabella 4), il numero di sigarette fumate/die (Tabella 5) e la
media dei pacchetti/anno (Tabella 1). Nella tabella 5 si rileva, inoltre, che in tutti e tre i gruppi
prevalgono i fumatori medi con numero di sigarette/die compreso tra 10 e 20.
9
La distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per tipo di residenza ha confermato come
i gruppi siano differenti tra loro, essendo stati individuati proprio in rapporto alla distanza
dallo stabilimento (Tabella 7).
Nella tabella 11 è riportata la distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per giorno
dell’ultimo pasto a base di crostacei e/o molluschi prima della raccolta delle urine per la
determinazione di cromo e arsenico. In essa non si rilevano differenze nei gruppi tra i soggetti
che avevano consumato crostacei e/o molluschi tre giorni prima o oltre tre giorni prima della
raccolta delle urine.
Da quanto sinora riportato emerge che i tre gruppi differiscono per residenza, età,
scolarità, abitudine al fumo di sigaretta, consumo di crostacei e molluschi e tipo di acqua
consumata, mentre non differiscono per BMI, pacchetti/anno di sigarette, numero di
sigarette/die fumate, consumo di alcol e giorno dall’ultimo pasto a base di crostacei e/o
molluschi.
10
CICLO PRODUTTIVO INDUSTRIA SIDERURGICA
Le materie prime giungono al porto attraverso navi. L’attività svolta negli Impianti
Marittimi consiste appunto nello scarico di queste (minerale di ferro, carbone fossile,
ferroleghe, rottame di ferro, coke, fondenti, ghisa granulata ecc.) dalle stive delle navi. Le
materie prime scaricate sono avviate, per mezzo di nastri trasportatori, ai Parchi Minerali dove
sono stoccate da apposite macchine e dislocate in aree prestabilite.
11
L’analisi mineralogica è stata effettuata, sia per il cromo che per l’arsenico, con il
metodo spettrofotometrico ad assorbimento atomico. I limiti di rilevabilità delle metodiche
per i due metalli sono stati di 0.1 μg/L.
MONITORAGGIO AMBIENTALE
L’esposizione professionale dei lavoratori gruppo A che operavano nei reparti del
siderurgico interessati allo studio è stata monitorata anche attraverso campionatori personali
indossati dai lavoratori per l’intero turno e attraverso campionatori fissi. I campionamenti
ambientali sono stati finalizzati a valutare in entrambi i casi la concentrazione di cromo e
arsenico contenuta nelle polverosità respirabile.
MONITORAGGIO BIOLOGICO
I campioni di urine raccolti sono stati trasportati in borsa termica a +4°C presso il
laboratorio di Tossicologia Industriale del Dipartimento di Medicina Interna e Medicina
Pubblica dell’Università di Bari e conservati a –20°C fino al momento dell’analisi. Su tutti i
campioni di urine è stata determinata la creatinina urinaria, utilizzando la metodica di Jaffé.
Le determinazioni per l’analisi del cromo e dell’arsenico nelle urine sono state
effettuate con uno spettrofotometro ad assorbimento atomico dotato di fornetto e correttore
del fondo con effetto Zeeman per il cromo e utilizzando la tecnica dell’arsina per l’arsenico
inorganico. L’arsenico determinato comprende l’arsenico inorganico più l’acido
monometilarsonico (MMA) e l’acido dimetilarsinico (DMA). Il limite di rilevabilità della
metodica è stato di 0,1 mcg/L per entrambi i metalli. Tutti i risultati del cromo e dell’arsenico
urinari sono stati espressi in mcg/L. Per l’analisi statistica dei dati i casi con concentrazione
urinaria del cromo e dell’arsenico al di sotto del limite di rilevabilità della metodica sono stati
inseriti nel data base con un valore di 0.05.
ANALISI STATISTICA
12
RISULTATI
La distribuzione delle cromurie nei tre gruppi per fasce di età inferiore o
uguale/superiore a 38 anni permette di osservare un lieve incremento delle cromurie nei
soggetti con età superiore a 38 anni in tutti i gruppi eccetto i soggetti gruppo B; in nessun caso
viene raggiunta la significatività statistica (Tabella 17).
La distribuzione delle cromurie dei soggetti dei tre gruppi per fasce di BMI non ha
evidenziato una particolare relazione tra concentrazione urinaria di cromo e massa corporea
(Tabella 18). Similmente non è risultata alcuna associazione tra cromuria e abitudine al fumo
di sigaretta (Tabella 19), consumo di alcol (Tabella 20), residenza (Tabella 21), consumo di
crostacei (Tabella 22) e consumo di molluschi (Tabella 23).
La distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per giorno dell’ultimo pasto a base di
crostacei e/o molluschi non ha evidenziato differenze nell’eliminazione di cromo urinario
13
(Tabella 24). Similmente non è risultata alcuna particolare tendenza dell’eliminazione di
cromo urinario distribuendo i soggetti di tre gruppi per tipo di acqua consumata (Tabella 25).
Non è stata osservata alcuna correlazione tra età, BMI, consumo di alcol, fumo di
sigaretta (pacchetti/anno), consumo di crostacei, consumo di molluschi, giorno dell’ultimo
pasto a base di crostacei e/o molluschi ed eliminazione urinaria di cromo.
L’età (Tabella 27) ed il BMI (Tabella 28) non influenzano l’eliminazione urinaria di
arsenico inorganico. I fumatori, invece, tendono ad eliminare meno arsenico inorganico
rispetto ai non fumatori ed agli ex fumatori, analizzati insieme (Tabella 29). L’alcol non
influenza l’eliminazione urinaria di arsenico inorganico (Tabella 30). La residenza influenza
l’eliminazione urinaria di arsenico inorganico; infatti, i residenti in area industriale eliminano
quantità di arsenico inorganico più elevate rispetto ai residenti in area urbana e rurale, con una
differenza significativa (Tabella 31).
I soggetti che hanno consumato crostacei e/o molluschi nei tre giorni precedenti la
raccolta delle urine hanno mostrato una più elevata e significativa eliminazione di arsenico
inorganico rispetto a quelli che li hanno assunti dal quarto giorno in poi, sia nei tre gruppi
esaminati singolarmente che nell’intero campione (Tabella 34).
In tutti e tre i gruppi è risultata una più elevata eliminazione di arsenico nei soggetti
che facevano uso di acqua minerale rispetto a quelli che assumevano acqua proveniente da
rete idrica o entrambe. Essa è apparsa ai limiti della significatività statistica nei lavoratori
gruppo A e nei soggetti gruppo C e statisticamente significativa sul campione totale (Tabella
35).
14
L’analisi di regressione multipla lineare effettuata per studiare la dipendenza
dell’arsenico inorganico da età, BMI, alcol, fumo di sigaretta, consumo di crostacei, consumo
di molluschi ed ultimo pasto a base di crostacei e/o molluschi ha mostrato solo nei soggetti
del gruppo C una dipendenza sia dal consumo di crostacei che di molluschi e pressoché nei
soggetti di tutti e tre i gruppi e sul campione totale una dipendenza dal giorno dell’ultimo
pasto a base di crostacei e/o di molluschi (Tabella 37).
15
DISCUSSIONE
Non è risultata una maggiore esposizione a cromo dei lavoratori dello stabilimento
siderurgico rispetto ai soggetti della popolazione generale residente in prossimità dello stesso
e di questi ultimi rispetto a quelli residenti a circa 20 Km di distanza.
16
I lavoratori del siderurgico non hanno presentato una eliminazione urinaria di
arsenico inorganico, comprendente l’arsenico inorganico propriamente detto e le due forme
metilate, cioè l’acido monometilarsonico (MMA) e l’acido dimetilarsinico (DMA), più
elevata rispetto ai soggetti residenti in prossimità dello stabilimento e di questi rispetto a
quelli residenti a distanza.
In tutti e tre i gruppi di soggetti esaminati il 95° percentile del valore dell’arsenico
urinario eliminato è superiore a 15 μg/L, che rappresenta il 95° percentile dei valori di
riferimento che la SIVR riporta per la popolazione generale non esposta professionalmente ad
arsenico inorganico (29). Inoltre, in tutti e tre i gruppi sono stati rilevati valori del limite alto
del range dell’arsenico inorganico che superano i 35 μg/L, che rappresenta il TLV biologico
proposto dall’ACGIH per il 2005 (3). Da quanto riferito emerge che in tutti e tre i gruppi di
soggetti analizzati ve ne sono alcuni che presentano una lieve sovraesposizione ad arsenico
inorganico che sembra indipendente da quella di origine professionale verificandosi sia tra i
lavoratori che tra i soggetti della popolazione generale. L’esposizione professionale, infatti,
misurata con campionatori sia fissi che personali, ha sempre evidenziato concentrazioni
ambientali di arsenico inorganico di due ordini di grandezza al di sotto del TLV dell’ACGIH
per il 2005, che corrisponde a 0.01 mg/m3(3).
In accordo con i dati di letteratura, l’abitare in area industriale condiziona una più
elevata eliminazione di arsenico inorganico rispetto al risiedere in area urbana o rurale
(20,21,29). Nei lavoratori e nel totale del campione esaminato, infatti, la maggiore
eliminazione di arsenico inorganico rispetto ai residenti nelle altre due aree è risultata
significativa.
L’aver consumato crostacei e/o molluschi negli ultimi tre giorni precedenti il
campionamento delle urine per la determinazione dell’arsenico inorganico si associa in tutti e
tre i gruppi e nel campione totale in maniera significativa alla maggiore eliminazione urinaria
17
di arsenico inorganico. Le quantità di arsenico inorganico riscontrate nelle urine di coloro che
avevano consumato l’ultimo pasto a base di crostacei e/o molluschi nei tre giorni precedenti la
raccolta delle stesse è risultata da due a tre volte più elevate rispetto a coloro che li avevano
consumati da quattro a più giorni antecedenti la raccolta (9).
L’età, la residenza e il fumo di tabacco non sono risultati associati ad una più elevata
eliminazione di cromo urinario sia nei tre gruppi analizzati separatamente che nel totale del
campione esaminato.
18
raccogliere le urine per la determinazione dell’arsenico inorganico almeno due giorni dopo un
pasto a base di crostacei e/o molluschi allo scopo di escludere l’influenza sull’arsenico
inorganico urinario della quota di arsenico inorganico proveniente dalla dieta (9).
19
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22
Tabella 1: Caratteristiche generali dei soggetti esaminati.
Età* 195 36.2 10.8 33.0 19-60 105 42.8 13.2 46.0 19-60 144 38.5 13.0 39.0 19-60
BMI 105 26.3 3.9 25.9 17.8-43.2 105 26.1 3.9 25.6 16.3-37.6 144 25.7 3.9 25.2 17.3-39.1
Fumo di sigaretta:
102 16.5 14.8 12.0 1-72 47 16.4 12.4 13.0 2-44 49 16.7 13.0 15.0 1-48
Pacchetti/anno
* t = 7,28; p = 0.001.
Tabella 2: Distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per tipo di scolarità.
N % N % N %
Licenza elementare 13 6.7 18 17.1 4 2.8 35
23
Totale 195 100 105 100 144 100 444
Chi-quadrato = 60; p = 0.000.
COMPLESSO
SIDERURGICO
QUARTIERE
TAMBURI
Quartieri S.VITO-LAMA-TALSANO
24
Figura 1: Ubicazione del complesso siderurgico e dei quartieri di Taranto ove è stata condotta l’indagine.
Figura 2: Distribuzione di frequenza dell’età nei tre gruppi considerati.
40
30
Lavoratori Gruppo A 20
10
0
20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 50,0 55,0 60,0
22,5 27,5 32,5 37,5 42,5 47,5 52,5 57,5
ETÀ
20
Soggetti Gruppo B 10
0
20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 50,0 55,0 60,0
22,5 27,5 32,5 37,5 42,5 47,5 52,5 57,5
ETA'
30
20
Soggetti Gruppo C
10
0
17,5 22,5 27,5 32,5 37,5 42,5 47,5 52,5 57,5
20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 50,0 55,0 60,0
ETA'
25
Tabella 3: Distribuzione dei soggetti dei tre gruppi per abitudine al fumo di sigaretta.
N % N % N % N
26
Tabella 4: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per numero pacchetti/anno di fumo.
N % N % N % N
27
Tabella 5: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per numero di sigarette fumate/die.
28
Tabella 6: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per consumo di alcol.
29
Tabella 7: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per residenza.
N % N % N % N
Rurale
102 52.3 0 - 65 45.1 167
(area a bassa densità abitativa e
con scarso traffico
autoveicolare)
30
Tabella 8: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per consumo di crostacei.
Da raramente a due
133 68.2 42 40.0 77 53.5 252
volte/mese
31
Tabella 9: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per consumo di molluschi.
Da raramente a due
116 59.5 39 37.1 72 50.0 227
volte/mese
32
Tabella 10: Distribuzione dei soggetti esaminati per consumo di crostacei e molluschi.
Consumo di molluschi
N % N % N %
Da raramente a due
28 6.3 193 43.5 31 7.0 252
volte/mese
33
Tabella 11: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per giorno dell’ultimo pasto a base
di crostacei e/o molluschi precedente la raccolta di urine.
> 3 giorni
150 80.2 63 70.0 105 80.2 318
34
Tabella 12: Distribuzione dei soggetti appartenenti ai tre gruppi per tipo di acqua consumata.
35
Tabella 13: Concentrazione di cromo e arsenico nei minerali utilizzati come materie prime nel siderurgico.
36
Tabella 14: Concentrazioni ambientali di cromo e arsenico (frazione respirabile) valutate
mediante campionatori personali e fissi.
37
Tabella 15: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei lavoratori gruppo A a inizio e fine turno.
Lavoratori
Significatività
N Media SD Mediana Range
gruppo A t p
Tabella 16: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi esaminati.
Soggetti Significatività
N Media SD Frequenza casi con Percentili Range
Esaminati F p
valore 0.05 5 50 95
Lavoratori
195 0.15 0.13 18.5 0.05 0.10 0.40 0.05-1.20
gruppo A
Soggetti 0.20 0.821
105 0.17 0.21 31.4 0.05 0.10 0.60 0.05-1.60
gruppo B
Soggetti
144 0.18 0.34 23.6 0.05 0.10 0.40 0.05-3.30
gruppo C
38
Tabella 17: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per fasce di età.
Soggetti
Significatività
Cut-off N Media SD Mediana Range
Esaminati t p
Lavoratori ≤ 38 113 0.14 0.10 0.10 0.05-0.60
1.40 0.184
gruppo A > 38 82 0.17 0.15 0.10 0.05-1.20
Soggetti ≤ 38 40 0.19 0.29 0.10 0.05-1.60
0.75 0.455
gruppo B > 38 65 0.15 0.15 0.10 0.05-0.80
Soggetti ≤ 38 70 0.14 0.09 0.10 0.05-0.50
1.31 0.190
gruppo C > 38 74 0.23 0.47 0.10 0.05-3.30
Totale ≤ 38 223 0.15 0.15 0.10 0.05-1.60
1.16 0.246
> 38 221 0.18 0.30 0.10 0.05-3.30
39
Tabella 18: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per fasce di BMI.
Soggetti
Significatività
BMI N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori ≤ 25 78 0.15 0.10 0.10 0.05-0.60
gruppo A 25-30 86 0.16 0.16 0.10 0.05-1.20 0.18 0.833
40
Tabella 19: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per abitudine al fumo di sigaretta.
Soggetti
Significatività
Fumo N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Fumatori 102 0.16 0.14 0.10 0.05-1.20
gruppo A Non fumatori + ex fumatori 93 0.15 0.11 0.10 0.05-0.70 0.72 0.474
41
Tabella 20: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di alcol.
Soggetti
Significatività
Consumo N Media SD Mediana Range
esaminati t p
di alcol
Lavoratori No 39 0.14 0.12 0.10 0.05-0.60
gruppo A Si 156 0.15 0.13 0.10 0.05-1.20 1.87 0.064
42
Tabella 21: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per tipo di residenza.
Soggetti
Significatività
Residenza N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Industriale 10 0.16 0.10 0.10 0.05-0.40
gruppo A Urbana 83 0.15 0.11 0.10 0.05-0.60 0.16 0.856
Rurale 102 0.15 0.14 0.10 0.05-1.30
Soggetti Industriale 90 0.18 0.22 0.10 0.05-1.60
gruppo B Urbana 15 0.10 0.41 0.05 0.05-0.20 0.49 0.625
Rurale - - - - -
Soggetti Industriale - - - - -
gruppo C Urbana 79 0.18 0.29 0.10 0.05-2.50 0.30 0.765
Rurale 69 0.18 0.40 0.10 0.05-3.30
Totale Industriale 100 0.18 0.22 0.10 0.05-1.60
Urbana 177 0.16 0.21 0.10 0.05-2.50 0.39 0.681
Rurale 167 0.17 0.27 0.10 0.05-3.30
43
Tabella 22: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di crostacei.
Soggetti
Significatività
Consumo di crostacei N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Mai 14 0.20 0.18 0.10 0.05-0.70
Gruppo A Da raramente a 2 volte/mese 133 0.15 0.14 0.10 0.05-1.20 1.28 0.282
44
Tabella 23: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di molluschi.
Soggetti
Significatività
Consumo di molluschi N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Mai 31 0.19 0.15 0.20 0.05-0.70
Gruppo A Da raramente a 2 volte/mese 116 0.15 0.14 0.10 0.05-1.20 2.99 0.053
45
Tabella 24: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per giorno dell’ultimo pasto a base di crostacei e/o di molluschi.
Soggetti
Significatività
Giorni dell’ultimo pasto a N Media SD Mediana Range
esaminati t p
base di molluschi e/ di
crostacei
Lavoratori ≤ 3 giorni 37 0.12 0.05 0.10 0.05-0.20 1.19 0.235
Gruppo A > 3 giorni
150 0.15 0.13 0.10 0.05-1.20
Soggetti ≤ 3 giorni 27 0.14 0.13 0.10 0.05-0.60 0.77 0.441
Gruppo B > 3 giorni
63 0.16 0.13 0.10 0.05-0.90
Soggetti ≤ 3 giorni 26 0.28 0.47 0.10 0.05-2.50 2.24 0.026
Gruppo C > 3 giorni
105 0.17 0.32 0.10 0.05-3.30
Totale ≤ 3 giorni 90 0.17 0.27 0.10 0.05-2.50 0.05 0.958
> 3 giorni
318 0.16 0.22 1.00 0.05-3.30
46
Tabella 25: Concentrazione di cromo urinario (μg/L) nei tre gruppi per tipo di acqua consumata.
Soggetti
Significatività
Tipo di acqua consumata N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Minerale 117 0.15 0.14 0.10 0.05-1.20
Gruppo A Rete idrica 52 0.15 0.11 0.10 0.05-0.60 0.16 0.872
Minerale/rete idrica 25 0.14 0.09 0.10 0.05-0.40
Soggetti Minerale 73 0.17 0.22 0.10 0.05-1.60
Gruppo B Rete idrica 22 0.16 0.16 0.10 0.05-0.80 0.07 0.964
Minerale/rete idrica 10 0.18 0.22 0.10 0.05-0.80
Soggetti Minerale 107 0.12 0.39 0.10 0.05-3.30
Gruppo C Rete idrica 29 0.13 0.09 0.10 0.05-0.40 1.02 0.308
Minerale/rete idrica 6 0.13 0.08 0.13 0.05-0.20
Totale Minerale 297 0.17 0.28 0.10 0.05-3.30
Rete idrica 103 0.15 0.12 0.10 0.05-0.80 0.96 0.336
Minerale/rete idrica 41 0.15 0.13 0.10 0.05-0.80
47
Tabella 26: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi esaminati.
Soggetti Significatività
N Media SD Pecentili Range
Esaminati F p
5 50 95
Lavoratori
195 7.2 10.1 0.58 4.0 25.2 0.3-75.0
gruppo A
Soggetti 0.85 0.427
105 7.7 8.7 0.80 4.4 28.8 0.6-40.0
gruppo B
Soggetti
144 7.8 10.3 0.80 4.9 22.4 0.6-84.0
gruppo C
48
Tabella 27: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per fasce di età.
Soggetti
Significatività
Cut-off N Media SD Mediana Range
Esaminati t p
Lavoratori ≤ 38 113 7.33 10.55 4.4 0.3-75.0
0.32 0.751
gruppo A > 38 82 6.98 9.50 3.7 0.4-63.3
Soggetti ≤ 38 40 6.30 6.99 5.4 0.6-30.0
1.14 0.257
gruppo B > 38 65 8.57 9.58 4.8 0.6-40.0
Soggetti ≤ 38 70 6.18 6.46 4.0 0.6-29.0
1.67 0.097
gruppo C > 38 74 9.36 12.76 5.9 0.6-84.0
Totale ≤ 38 223 6.78 8.83 4.2 0.3-75.0
1.43 0.153
> 38 221 8.24 10.68 4.8 0.4-84.0
49
Tabella 28: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per fasce di BMI.
Soggetti
Significatività
BMI N Media SD Mediana Range
esaminati F p
Lavoratori ≤ 25 78 6.92 10.5 3.6 0.3-75.0
gruppo A 25-30 86 7.58 10.4 4.0 0.5-63.3 0.16 0.856
50
Tabella 29: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per abitudine al fumo di sigaretta.
Soggetti
Significatività
Fumo N Media SD Mediana Range
esaminati t p
Lavoratori Fumatori 102 6.31 9.32 3.7 0.3-75.0
gruppo A Non fumatori + ex fumatori 93 8.13 10.78 4.4 0.5-63.3 1.70 0.092
51
Tabella 30: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di alcol.
Soggetti
Significatività
Consumo N Media SD Mediana Range
esaminati t p
di alcol
Lavoratori No 39 5.65 5.65 4.2 0.5-25.6
gruppo A Si 156 7.56 10.70 4.0 0.3-5.0 0.11 0.913
52
Tabella 31: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per tipo di residenza.
Soggetti
Significatività
Residenza N Media SD MG Range
esaminati F p
Lavoratori Industriale 10 16.04 18.86 9.33 2.1-58.2
gruppo A Urbana 83 5.48 6.34 3.25 0.5-35.4 5.42 0.005
Rurale 102 7.70 10.93 4.41 0.3-75.0
Soggetti Industriale 90 8.27 9.21 4.87 0.8-40.0
gruppo B Urbana 15 4.31 3.42 3.06 0.6-14.2 1.63 0.107
Rurale - - - - -
Soggetti Industriale - - - - -
gruppo C Urbana 79 7.88 12.31 4.38 0.6-84.0 0.64 0.521
Rurale 65 7.75 7.18 4.90 0.6-28.2
Totale Industriale 100 9.0 10.68 5.20 0.8-58.2
Urbana 177 6.45 9.41 3.69 0.5-84.0 3.87 0.022
Rurale 167 7.72 9.62 4.60 0.3-75.0
53
Tabella 32: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di crostacei.
Soggetti
Significatività
Consumo di crostacei N Media SD Mediana Range
esaminati F p
Lavoratori Mai 14 6.21 4.66 4.8 0.5-16.0
Gruppo A Da raramente a 2 volte/mese 133 6.88 10.13 3.6 0.4-75.0 0.33 0.716
54
Tabella 33: Concentrazione di arsenico urinario (μg/L) nei tre gruppi per consumo di molluschi.
Soggetti
Significatività
Consumo di molluschi N Media SD Mediana Range
esaminati F p
Lavoratori Mai 31 4.71 4.53 3.5 0.5-25.6
Gruppo A Da raramente a 2 volte/mese 116 7.01 10.45 3.6 0.4-75.0 1.45 0.238
55
Tabella 34: Concentrazione di arsenico urinario (μg /L) nei tre gruppi per giorno dell’ultimo pasto
a base di crostacei e/o molluschi.
Soggetti Significatività
Ultimo N Media SD Mediana Range
esaminati t p
pasto
Lavoratori ≤ 3 giorni 37 14.26 15.34 9.4 0.4-75.0
gruppo A > 3 giorni 150 5.58 7.69 3.3 0.3-63.3 5.60 0.000
56
Tabella 35: Concentrazione di arsenico urinario (μg /L) nei tre gruppi per tipo di acqua consumata.
Soggetti
Significatività
Tipo di acqua N Media SD Mediana Range
esaminati t p
consumata
57
Tabella 36: Correlazione tra variabili continue ed eliminazione urinaria di arsenico.
r p r p r p r p
Età (anni) - - - - -
BMI (kg/m2) - - - - -
Alcol (g/die) - - - - -
Fumo (pacchetti/anno) - - - - -
Consumo di molluschi 0.16 0.029 0.24 0.012 0.24 0.003 0.21 0.000
Giorno ultimo pasto a - 0.40 0.000 - 0.30 0.004 - 0.39 0.000 - 0.38 0.000
base di crostacei e/o
molluschi
58
Tabella 37: Analisi della dipendenza dell’arsenico urinario dalle variabili continue.
F p F p F p F p
Età (anni) - - - -
BMI (kg/m2) - - - -
Alcol (g/die) - - - -
Fumo (pacchetti/anno) - - - - -
Giorno ultimo pasto a 30.84 0.000 - 0.077 20.17 0.000 56.20 0.000
base di crostacei e/o
molluschi
59
ALLEGATO 1
RESIDENZA
La sua abitazione è situata in un’area:
Industriale (area con presenza di industrie a meno di 500 m dall’abitazione)
Specificare………………………………………………………………………………………
Urbana (area ad alta densità abitativa e con intenso traffico autoveicolare)
Rurale (area a bassa densità abitativa e con scarso traffico autoveicolare)
Specificare, in caso di area rurale, la tipologia di coltivazioni
presenti……………………………….…………………………………………………………
60
Commercio
Altro………………………………………..
MANSIONE
………………………………………………………………………………………….
LAVORA in proprio
dipendente
occasionale
Ha lavorato in passato a contatto con una o piu' delle seguenti sostanze? ( barrare se si )
amianto e fibre minerali o artificiali
nichel e composti
Attualmente lavora a contatto con una o piu' delle seguenti sostanze? ( barrare se si )
Arsenico
Cromo
61
FUMO
Fumatore: Sì No Ex fumatore (da sei mesi)
Se fumatore:
A che età ha iniziato a fumare?………………………………….
Ha fumato:
per anni……………………………………………
sigarette/die…………………………………
per anni……………………………………………
sigarette/die…………………………………
per anni……………………………………………
sigarette/die…………………………………
Se non fumatore o se ex fumatore:
Esposizione a fumo passivo: Sì No
Quante ore/die: …………………
ALCOL
ABITUDINI ALIMENTARI
E’ vegetariano?
no
si
Consuma qualcuno dei seguenti alimenti:
Se si, con quale frequenza?
- prodotti caseari - n. di volte/settimana: .....................................................
- carni bovine - n. di volte/settimana: .........................................................
- pollame - n. di volte/settimana: ………………………………………....
- crostacei (gamberi, scampi, aragoste ecc) n. di volte/settimana ............................................
- molluschi (cozze, vongole ecc) n. di volte/settimana: ............................................................
Quanto tempo fa ha mangiato per l’ultima volta crostacei o molluschi?
…………………...........................................................................................................................
62
ANAMNESI FAMILIARE
ANAMNESI PATOLOGICA
Patologie cutanee no
si
quali...............................................................................................................................................
…………………………………………………………………………………………………..
Neoplasie no
si
quali……………………………………………………………………………………………...
…………………………………………………………………………………………………...
Patologie renali no
si
quali……………………………………………………………………………………………...
…………………………………………………………………………………………………..
Patologie epatiche no
si
quali……………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………………………..
Patologie vascolari (vasculopatie periferiche, ipertensione arteriosa) no
si
quali…………..…………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………..
Diabete no si
FARMACI
HOBBY
63
Studio caso-controllo relativo a casi di tumore incidenti nel comune di Taranto
. Sulla base delle evidenze scientifiche riportate dalla letteratura, sono state identificate, quali
patologie d'interesse, le seguenti cause:
− tumore polmonare;
− mesotelioma pleurico;
− tumore vescicale;
− tumori del sistema linfoemopoietico.
E' stato esplorato, quale fonte dei casi, il registro delle schede di dimissione ospedaliera (SDO)
relativo all'intera provincia di Taranto per il periodo 2000-2002.
Sono stati selezionati i soggetti (uomini e donne) con età compresa nell'intervallo 35-74 anni.
I numeri risultanti sono:
E' stata successivamente effettuata una ulteriore cernita atta ad eliminare tutti i soggetti non
residenti nel comune di Taranto. Si è così arrivati ad un blocco di 743 soggetti, che costituiscono il
database di casi incidenti nel periodo 2000-2002 nel comune di Taranto per le 4 patologie
considerate. I soggetti, uomini e donne nell'intervallo di età 35-74 anni, erano così ripartiti:
Contemporaneamente al reclutamento dei soggetti con una delle 4 patologie suddette (casi),
sono stati acquisiti i dati relativi ad un campione casuale della popolazione di Taranto (controlli). E'
stata individuata, quale fonte dei controlli di popolazione, l'anagrafe degli assistiti della provincia di
Taranto nel 2002 (circa 590.000 soggetti). Con adeguata procedura di estrazione randomizzata, che
teneva conto della distribuzione per età e sesso dei casi, è stato individuato un gruppo di controllo di
individui tutti residenti nel comune di Taranto.
I soggetti, reclutati nella misura di 3 per ogni caso, sono così distribuiti:
Per tutti i 2972 soggetti nello studio (2284 uomini e 688 donne) è stata raccolta la storia
residenziale, a cura dell’Ufficio Anagrafe del comune di Taranto. Sono stati così identificati una
serie di soggetti erroneamente reclutati (doppioni) o per i quali non era possibile ricostruire una
adeguata storia residenziale.
Per tutti i soggetti è stata stimata la “residenza principale”, intesa come la residenza di
maggiore durata con l’esclusione degli ultimi 10 anni. Per una quota di essi la residenza principale è
risultata essere al di fuori dell’area del comune di Taranto.
In considerazione di ciò 222 soggetti (7.5%) sono stati esclusi dallo studio, che è stato
concentrato sulla seguente base di dati:
Le età dei soggetti sono state codificate sulla base di 8 classi di età (35-39, 40-44, … 70-74).
La distribuzione dei soggetti per classe di età è mostrata nella tabella seguente (fra parentesi le
percentuali di colonna). Come mostrato dal valore del test di Pearson, le frequenze percentuali delle
osservazioni nelle celle non sono significativamente diverse.
26 3 0 1 4 34
35-39
(1.24 %) (1.15 %) (0.00 %) (0.55 %) (2.07 %) (1.24 %)
56 4 2 4 8 74
40-44
(2.68 %) (1.54 %) (8.70 %) (2.19 %) (4.15 %) (2.69 %)
130 12 1 9 20 172
45-49
(6.22 %) (4.62 %) (4.35 %) (4.92 %) (10.36 %) (6.25 %)
178 25 3 11 14 231
50-54
(8.51 %) (9.62 %) (13.04 %) (6.01 %) (7.25 %) (8.40 %)
262 27 1 29 25 344
55-59
(12.53 %) (10.38 %) (4.35 %) (15.85 %) (12.95 %) (12.51 %)
342 45 2 31 29 449
60-64
(16.36 %) (17.31 %) (8.70 %) (16.94 %) (15.03 %) (16.33 %)
479 63 6 44 35 627
65-69
(22.91 %) (24.23 %) (26.09 %) (24.04 %) (18.13 %) (22.80 %)
618 81 8 54 58 819
70-74
(29.56 %) (31.15 %) (34.78 %) (29.51 %) (30.05 %) (29.78 %)
2091 260 23 183 193 2750
χ2 = 25.53 (p = 0.599)
Per tutte le analisi epidemiologiche seguenti, ogni set di casi è stato confrontato con l’intero
set di controlli. Pertanto, i controlli originariamente campionati in ragione di 3 controlli per ogni
caso (matching ratio = 1:3), vengano a presentare valori di matching ratio molto elevati per ogni
singola patologia, realizzando una situazione di grande robustezza delle stime epidemiologiche
effettuate.
Ai fini di una stima epidemiologica dell’associazione fra ognuna delle patologie considerate
e la presenza di una possibile fonte di inquinamento ambientale, sono stati considerati 8 possibili
siti puntiformi:
1. L’impianto IP
2. I depositi IP
3. Il cementificio
4. Il deposito minerario
5. Le cokerie
6. Le acciaierie
7. I cantieri navali
8. L’arsenale militare
I siti puntiformi e le residenze principali di tutti i soggetti sono stati mappati utilizzando il
GIS MapInfo. Le figure seguenti mostrano le collocazioni geografiche dei soggetti per “caseness”.
Sono state successivamente calcolate le distanze della residenza principale di tutti i soggetti
nello studio da ognuno dei siti.
Per i soli controlli, da considerarsi come un campione casuale della popolazione, è stata
studiata la distribuzione delle distanze da ogni sito e sono stati stimati il 25°, il 50° e il 75°
percentile. Tali valori sono stati presi per la costruzione di 4 aree, concentriche rispetto ad ogni sito,
equivalenti in termni di numerosità della popolazione residente. La tabella seguente mostra le aree
identificate.
Corona n.
3 2 1 0
Distanza (km) da:
Impianto IP <5.16 5.16 - 6.12 6.12 - 6.87 >6.87
Deposito IP <5.28 5.28 - 6.23 6.23 - 6.99 >6.99
Cementificio <3.94 3.94 - 4.91 4.91 - 5.68 >5.68
Acciaierie <5.46 5.46 - 6.43 6.43 - 7.17 >7.17
Cokerie <4.79 4.79 - 5.64 5.64 - 6.35 >6.35
Deposito minerario <4.25 4.25 - 5.09 5.09 - 5.76 >5.76
Cantieri navali <3.85 3.85 - 4.27 4.27 - 4.97 >4.97
Arsenale militare <0.96 0.96 - 1.47 1.47 - 2.65 >2.65
Ogni soggetto è stato codificato in base alla corona di appartenenza e sono state stimate le
“odds ratio” per ogni patologia in rapporto ad ogni sito puntiforme.
Tumore polmonare
Interessanti i risultati che si ottengono per il tumore maligno della pleura in rapporto alle
distanze delle residenze principali dai cantieri navali. Un trend statisticamente significativo descrive
la relazione fra rischio di tumore pleurico e vicinanza ai cantieri navali, anche se l’esiguo numero di
casi (23) si riflette sugli intervalli di confidenza e sul test di omogeneità.
Nessuna associazione viene evidenziata in rapporto alla distanza da alcuno dei siti
puntiformi considerati.
Cokerie Acciaierie
Depositi minerari
Arsenale militare
Cementificio
Depositi IP
Depositi minerari
Cantieri navali
Impianto IP
Arsenale militare
Depositi IP Cementificio
Depositi minerari
Arsenale militare
Depositi IP Cementificio
Depositi minerari
Cantieri navali
Impianto IP
Arsenale militare
Depositi IP Cementificio
Depositi minerari
Arsenale militare
Depositi IP Cementificio
UNITA’ OPERATIVA 15
Realizzazione di una mappa dei rischi occupazionali e della prevalenza dei fattori di rischio
caratterizzati in termini di settori di attività economica.
RELAZIONE CONCLUSIVA
A cura di:
Alberto Scarselli *
Alessandro Marinaccio *
SINTESI ..................................................................................................................................3
1. PREMESSA ........................................................................................................................4
APPENDICE 2......................................................................................................................55
APPENDICE 3......................................................................................................................57
2
Sintesi
Lo scopo dell’analisi è verificare gli effetti sulla salute derivanti da esposizioni professionali
nella provincia di Taranto, con particolare attenzione all'eccesso di rischio per tumore del polmone
riscontrato nell’area di studio. L'analisi è stata condotta utilizzando l’approccio del progetto
OCCAM che consiste in uno studio caso-controllo in cui l’esposizione è rappresentata dalla attività
lavorativa svolta dai soggetti inclusi nello studio. Questa, a sua volta, è ottenuta mediante un
collegamento automatizzato con le storie professionali della banca dati INPS.
Sono state considerate sia la mortalità, ricavata dagli archivi ASL per gli anni 1998-2001, sia
l’incidenza, cioè i casi con nuova diagnosi, relativi al periodo 2000-2002 individuati mediante le
schede di dimissione ospedaliera. Sono state considerate le diagnosi di tutte le patologie
suddividendo lo studio per "tumore" ed "altre malattie".
Lo studio, sia sulla mortalità sia sull’incidenza, non ha mostrato alcun eccesso di carcinoma
polmonare per gli addetti al settore della siderurgia. Né sono stati rilevati eccessi in questo settore
tenendo conto della lunghezza del periodo lavorativo. Questo studio conclude escludendo che
l’eccesso per tumore del polmone presente nell’area possa essere attribuito alla attività lavorativa
direttamente connessa allo stato di dipendente da impresa classificata come appartenente al settore
della siderurgia. Questo è probabilmente dovuto ad una diluizione del rischio reale caratteristico di
alcune mansioni e lavorazioni non individuabili dall’approccio OCCAM.
Indica tuttavia che negli addetti alla siderurgia è presente un consistente eccesso di tumori
della vescica, consistente con i dati della letteratura. Lo studio rileva invece rischi aumentati nel
settore dei trasporti, nel settore delle costruzioni meccaniche e dell’edilizia. Identifica alcuni casi di
tumore meritevoli di approfondimento per la possibile etiologia professionale.
3
1. Premessa
Sono stati analizzati i dati ricavabili dai sistemi correnti, mortalità e schede di dimissione
ospedaliera (SDO) mediante la metodologia messa a punto dal progetto OCCAM.
4
di dati di patologia e di storie professionali.
Il progetto OCCAM (OCcupational CAncer Monitoring) consiste in uno studio caso-
controllo che confronta le storie professionali di chi si è ammalato (casi) con quelle di chi è senza
malattia (controlli).
Per fornire risultati validi i casi debbono essere tutti i soggetti di una popolazione che si
sono ammalati di tumore e i controlli debbono essere un campione delle popolazioni da cui
provengono i casi.
E’ così possibile stimare per quali tumori e in quali comparti produttivi vi sia una probabilità
(rischio) più elevata di malattia.
I risultati sono espressi in termini di rischio relativo (RR) che esprime il rapporto tra la
probabilità di ammalarsi di uno specifico tumore per i soggetti che hanno lavorato in uno specifico
ambito rispetto alla probabilità di contrarre la malattia del gruppo dei soggetti “non esposti”.
Ad esempio il rischio relativo 1.55 per tumore del fegato fra gli addetti alla siderurgia indica
che questi lavoratori hanno un rischio di contrarre questo tumore superiore del 55% rispetto ai non
esposti.
Come fonti informative, nell'ambito dello studio caso-controllo, è stato possibile utilizzare
sia i Registri di mortalità sia le schede di dimissione ospedaliera per la rilevazione dei casi e
l'Anagrafe degli assistiti per l'estrazione dei controlli.
L'utilizzo dei Registri di mortalità si presenta interessante per la possibilità di valutare il
ruolo delle esposizioni professionali anche nella etiologia delle patologie non neoplastiche. Gli
aspetti critici sono costituiti dalla qualità del dato e dal fatto di poter esplorare solo le patologie
letali.
La retribuzione da parte del sistema sanitario nazionale (SSN) delle strutture sanitarie in
base alle prestazioni erogate si basa sulla rendicontazione alla Regione in cui la struttura è ubicata
delle attività svolte. Per i ricoveri questo avviene mediante invio dei records individuali relativi a
ciascun ricovero. Le informazioni contenute comprendono da quattro a sei codici per identificare le
patologie di cui il soggetto è affetto, altri codici per identificare le prestazioni maggiori (es. gli
5
interventi chirurgici) ed altri dati relativi alla prestazione quali la data di accettazione, la data di
dimissione, i reparti di ricovero. Per esigenze di controllo relative alla sorveglianza delle
molteplicità dei ricoveri relativi allo stesso soggetto, e per verificare se dopo una dimissione vi sia
stato un altro ricovero per recidivare della patologia, dal 1997 i records, detti anche “schede”,
relativi alle dimissioni ospedaliere contengono anche un codice che identifica univocamente il
soggetto. Questo codice può essere sia il “codice assistito” che viene generato al momento della
iscrizione dell’individuo al SSN, ovvero il codice fiscale, che viene generato dal sistema della
Anagrafe Tributaria, spesso al momento della nascita, e che è univoco su tutto il territorio
nazionale. Si tratta di un codice generato mediante algoritmo pubblico che condensa in una stringa
di 15 caratteri il cognome, il nome, il sesso, la data ed il luogo di nascita di ciascun individuo. Per
quanto riguarda le SDO, in molte Regioni italiane è previsto che il soggetto possa essere identificato
sia con l’uno sia con l’altro codice.
Di fatto l’uso del codice fiscale sta sostituendo quello del codice assistito in quasi tutte le
Regioni.
Il sistema informativo basato sulle schede di dimissione ospedaliera (SDO) è nominalmente
attivato in tutte le Regioni italiane, trattandosi di un sistema previsto dalla legge.
Tuttavia la qualità delle informazioni registrate è differente da Regione a Regione e,
all’interno della stessa Regione, varia da presidio a presidio.
Tuttavia si tratta di un sistema in miglioramento costante, dato che è la base del sistema di
spesa per le prestazioni ospedaliere in regime di convenzione. Anche le strutture private
convenzionate sono tributarie alla regione di queste informazioni. Una puntuale attività di verifica
sulla qualità delle informazioni è attuata da molte regioni italiane.
Mentre le SDO sono finalizzate alla retribuzione delle prestazioni in regime di ricovero, le
anagrafi degli assistiti costituiscono un altro sistema informativo su base regionale destinato alla
retribuzione dell’assistenza sanitaria di base. In questi archivi sono inclusi tutti i soggetti che hanno
fatto richiesta di fruire della assistenza sanitaria di base, mediante la scelta del medico. L’assistenza
di base viene erogata in base al domicilio dell’assistito e non in base alla residenza. Tuttavia di fatto
la base degli assistiti viene a coincidere con la base dei casi residenti che alimentano il sistema della
Regione delle dimissioni ospedaliere, per tale ragione l’anagrafe degli assistiti costituisce quindi
una valida fonte per il campionamento dei controlli.
6
2.1.3. Gli archivi Inps per la ricostruzione delle storie lavorative
Come è noto, i tumori presentano una lunga latenza tra l’esposizione e la comparsa della
malattia. Per indagare la relazione che lega l’attività esercitata da un soggetto all’insorgenza di una
neoplasia è, quindi, necessario rilevare non la professione esercitata al momento della diagnosi,
bensì la storia delle professioni esercitate in passato.
Sebbene informazioni sulle professioni siano recuperabili mediante intervista, la loro
acquisizione richiede questionari estremamente dettagliati. Il costo di un’operazione siffatta è però
estremamente elevato.
Gli archivi informatizzati dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) riportano,
a partire dall’anno 1974, i contributi versati dai lavoratori dipendenti dell’impresa privata, il periodo
di lavoro, la qualifica del lavoratore e le imprese ove si è svolta l’attività lavorativa.
Le imprese, a loro volta, sono classificate secondo il ramo di attività economica.
E’ importante rilevare che i dati e le informazioni provenienti dagli archivi esistenti presso
l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, vengono raccolti per soddisfare le finalità istituzionali
di questo ente, non per produrre statistiche. Ciò nonostante, l’utilizzo statistico della fonte
amministrativa appare estremamente conveniente per l’economicità, l’ampiezza e l’accuratezza dei
dati forniti.
Il limite fondamentale riscontrato nell’utilizzo dei dati provenienti dagli archivi INPS
consiste nell’impossibilità di tenere conto della mansione specifica svolta dal singolo lavoratore. Lo
studio si deve necessariamente limitare a valutare i rischi per ambito di attività economica.
Inoltre, l'unico archivio per il quale si dispone del codice di attività è quello relativo al
lavoro dipendente delle imprese a partire dal 1974.
Queste limitazioni, d’altra parte, sono largamente compensate dalle notevoli dimensioni
dello studio, valutabili in questo progetto. Lo studio, infatti, ha analizzato nel suo insieme 18.940
casi di patologia e 22.227 controlli permettendo la ricostruzione delle attività professionali di
14.914 soggetti, pari al 36% del totale (va tenuto conto che sono disponibili solo le attività svolte
come dipendente nel settore privato).
Per quanto riguarda i rischi cancerogeni, lo studio è stato in grado di rilevare, accanto a
molti rischi già segnalati dalla letteratura in campo occupazionale (eccesso di tumori del polmone
nel comparto delle costruzioni meccaniche, tumori della vescica nel settore della siderurgia), anche
un elevato numero di associazioni, alcune delle quali già ipotizzate, che necessitano di conferma e
approfondimenti.
Lo studio ha, altresì, evidenziato, nel complesso, molti degli eccessi noti in letteratura. E'
7
questa una conferma indiretta della validità dell'approccio seguito, sia per quanto riguarda la
selezione del gruppo dei controlli, sia del gruppo di riferimento dei "non esposti".
E' possibile, quindi, disporre di dati circostanziati relativi all’insorgenza di varie tipologie di
cancro, la cui origine è connessa da principi di causa ed effetto ad alcune specifiche sostanze, o
condizioni lavorative, che si vengono a determinare in taluni comparti lavorativi, anch’essi
individuati dallo studio.
E' stato pianificato uno studio di tipo caso-controllo, in cui i casi sono tutti i casi di
neoplasia maligna ed alcune patologie non neoplastiche, rilevati dai registri mortalità e/o dalle
schede di dimissione ospedaliera ed i controlli sono estratti su base campionaria dalla popolazione
residente.
Tenuto conto dell’elevata numerosità delle casistiche e delle patologie da indagare, non sarà
possibile ricorrere alle tradizionali procedure (interviste ai soggetti, libretti di lavoro) per la
ricostruzione delle storie lavorative. Pertanto si è deciso di ricorrere ad un linkage con gli archivi
previdenziali dell’INPS per la definizione delle anamnesi professionali, tenuto conto che tale
metodologia è stata già testata in studi precedenti ed ha dato buoni risultati.
8
sulla malattia (sede del tumore e data di prima diagnosi). Tuttavia possiede indubbi vantaggi quali:
• è implementabile in tutte le Regioni in cui sia presente e funzionante il sistema
informativo delle SDO, cosa che avviene in quasi tutte le Regioni italiane;
• consente un monitoraggio continuo, in quanto il sistema SDO è funzionante su base
routinaria visto che è destinato alla retribuzione delle strutture sanitarie;
• consente un monitoraggio tempestivo, in quanto le basi informative, costituite dalle SDO
e dalle anagrafi degli assistiti sono regolarmente disponibili pochi mesi dopo gli eventi di
interesse: primo ricovero ed iscrizione/cancellazione del soggetto;
• consente un monitoraggio economico, in quanto non sono necessarie ulteriori
acquisizioni di informazioni rispetto a quanto già presente nei sistemi informativi
utilizzati (SDO, Anagrafe Assistiti, INPS);
• consente il monitoraggio anche delle patologie neoplastiche non letali, ed è
potenzialmente utilizzabile anche per altre patologie, croniche (ad es. le
broncopneumopatie croniche ostruttive) od acute (ad es. traumatismi);
• consente inoltre la notifica ai servizi territoriali in tempi utili per azioni di riconoscimento
e di prevenzione dei casi di sospetta origine professionale.
Sulla scorta dei risultati positivi conseguiti nell’intera Regione Lombardia sul tumore della
vescica, e nella Regione Toscana sui tumori della vescica, del polmone e della pleura, abbiamo
utilizzato la medesima metodologia per la valutazione dei rischi di tumore nella provincia di
Taranto.
1. Reclutamento dei casi rilevati dai Registri di mortalità e dalle Schede di Dimissione
Ospedaliera
I dati di natura sanitaria sono stati scelti fra i più recenti disponibili presso l'archivio dell'ASL,
In particolare i dati di mortalità si riferiscono al periodo 1998-2001 ed i dati di incidenza
(estratti dalle schede di dimissione ospedaliera) si riferiscono al periodo 1998-2002.
9
Registro Tumori di Macerata che presenta tassi di mortalità ISTAT simili a quelli della
provincia di Taranto.
Sono stati considerati i dati di mortalità più recenti disponibili presso l’archivio dell’ASL.
Per il periodo 1998-2001 (4 anni) sono stati estratti 17.632 decessi dei residenti nella ASL di
10
Taranto, di cui 8.647 femmine e 8.982 maschi. Tre records sono stati scartati per sesso mancante.
La Tabella 1 mostra le numerosità dei dati originali prima della elaborazione.
La Tabella 2 mostra i test di qualità relativi ai dati estratti dall’archivio ASL. I dati si
presentano di ottima qualità e senza vizi che possano invalidare le elaborazioni successive.
L’ultima riga della tabella si riferisce ad un set di codici di malattia definiti a priori ed
indicati nella Tabella 3. Nelle tabelle 4.1, 4.2 e 4.3 è riportato il numero dei soggetti che
appartengono all’intervallo di età 35-74 anni. Il limite inferiore è spiegato dal fatto che gli effetti
delle esposizioni lavorative possono infatti essere messe in relazione con la comparsa di patologia
oncologica solo dopo un certo periodo di latenza (almeno 10 anni). Inoltre i casi di tumore con età
inferiore a 35 anni sono in numero limitato. Il limite superiore di 74 anni è giustificato con la
necessità di indagare comunque esposizioni di un periodo recente e con il fatto che gli archivi INPS
sono comunque disponibili solo partire dal 1974; per soggetti molto anziani quindi la ricostruzione
della storia lavorativa sarebbe molto limitata. Il Codice Fiscale è stato generato a partire dai dati
costanti individuali mediante l’algoritmo pubblico, ed è indispensabile per l’accesso agli archivi
11
INPS. Il codice fiscale generato con l’algoritmo pubblico è uguale al 98.7 % rispetto a quello
dell’Anagrafe Tributaria, come valutato su più di 100.000 all’interno del progetto OCCAM.
Tabella 4.1 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso F
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
Sede ICDIX
cavità orale 141 - 145 . . . . . 1 1 1 3
faringe 146 - 148 . . . 2 1 . . . 3
altri e mal def. cavità orale 149 . 1 . . . 1 . 1 3
esofago 150 . 1 . . . . 2 1 4
stomaco 151 2 2 1 4 1 5 10 12 37
intestino tenue 152 . . . . . 1 1 2 4
colon 153 . 1 4 8 7 6 20 29 75
retto 154 . . 1 2 3 1 2 9 18
fegato 155 . . 1 3 8 12 24 22 70
vie biliari 156 . . 1 2 4 7 8 13 35
pancreas 157 . 1 2 5 3 11 13 16 51
retroperitoneo e peritoneo 158 . . . 1 1 3 3 2 10
altri e mal def. digestivi 159 . . . . 1 . . 1 2
cavità nasali 160 . . . . . . . 1 1
polmone 162 2 2 5 5 9 22 15 20 80
pleura 163 . . . 1 1 . 1 3 6
timo,cuore, mediastino 164 . . 1 . . 1 . . 2
osso 170 1 . . . . . 2 2 5
tessuti molli 171 . . . . 2 . 5 3 10
pelle,melanomi 172 2 . . 1 3 . 2 1 9
12
Tabella 4.1 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso F
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
pelle,altri 173 . 1 . . . 2 . 1 4
mammella donna 174 6 16 25 29 38 40 41 41 236
utero, n.a.s. 179 1 2 1 1 13 9 9 12 48
utero collo 180 . 1 2 . 2 1 . 2 8
utero corpo 182 . 1 1 2 3 5 3 3 18
ovaio 183 2 2 3 7 8 10 21 10 63
altri org.genitali femm. 184 . . . . 2 . . 2 4
vescica 188 . . . . . 3 3 5 11
rene,vie urinar. 189 . . . 2 1 4 2 3 12
occhio 190 . . . . 1 . . . 1
encefalo 191 2 3 4 3 9 8 6 15 50
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 . 1 . . . 1 . 1 3
tiroide 193 . . 1 . 1 1 1 . 4
altre endocrine 194 . . . 1 . . . . 1
altri e mal definiti tum.maligni 195 . . . . . 1 . 2 3
tum.mal. secondari 196 - 198 . . 1 . 1 . . 4 6
tum.mal.senza ind.sede 199 . . 1 1 2 2 2 2 10
linfosarcoma 200 . . . 1 . . . . 1
linfoma Hodgkin 201 1 . . . . . . . 1
altri tessuto linfoide 202 3 . . 1 . 6 6 12 28
mieloma 203 1 . 1 2 1 4 2 15 26
leucemie 204 - 208 1 3 1 1 5 6 6 16 39
tumori benigni 210 - 229 . . . . 1 . . 1 2
carcinomi in situ 230 - 234 . . . . . . 1 . 1
tumori di comport. incerto 235 - 238 . . 1 1 . 2 . 1 5
tumori di natura non specificata 239 . . . . 1 . . 1 2
disturbi psichici 290 - 319 . . . . 1 1 2 6 10
S.L.A. 335 . . . . 2 2 3 2 9
mal. cron. respiratorie 490 - 492 . . . 2 2 2 5 24 35
494 . . . . . . 1 . 1
515 . . . . 1 . . 1 2
cirrosi epatica 571 . 4 2 4 8 13 33 49 113
13
Tabella 4.1 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso F
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
traumatismi 800 - 999 7 9 6 3 6 8 17 19 75
Totale 31 51 66 95 153 202 273 389 1260
Tabella 4.2 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso M
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
Sede ICDIX
labbro 140 . . . . . . . 1 1
cavità orale 141 - 145 . . 1 3 4 1 7 2 18
faringe 146 - 148 . 1 2 1 2 3 5 1 15
altri e mal def. cavità orale 149 . . 3 1 2 3 3 3 15
esofago 150 1 . . . 4 3 5 4 17
stomaco 151 2 1 9 5 4 18 19 24 82
intestino tenue 152 . . 1 . 2 . 2 . 5
colon 153 . 2 4 3 7 15 10 30 71
retto 154 . . 1 3 1 5 7 10 27
fegato 155 . 1 3 13 10 32 32 62 153
vie biliari 156 . . . . 4 2 3 2 11
pancreas 157 . 2 3 4 10 5 18 14 56
retroperitoneo e peritoneo 158 1 . 1 . 3 1 . 3 9
altri e mal def. digestivi 159 . . 1 . 1 . 1 . 3
cavità nasali 160 . 1 . 1 . . . . 2
laringe 161 1 1 4 6 4 3 8 10 37
polmone 162 3 6 21 49 65 106 135 187 572
pleura 163 . . . 1 2 3 14 10 30
timo,cuore, mediastino 164 . . 1 1 . . 2 1 5
osso 170 . . . . 1 . 2 1 4
tessuti molli 171 1 . 1 . 1 1 1 2 7
14
Tabella 4.2 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso M
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
pelle,melanomi 172 1 2 1 2 1 3 4 1 15
pelle,altri 173 . . . 1 1 2 . 2 6
mammella uomo 175 . . . . 1 1 1 . 3
prostata 185 . . 1 . 2 10 10 37 60
testicolo 186 1 . 1 . . . . . 2
pene 187 1 . . . . 1 2 . 4
vescica 188 . . . 2 6 13 22 34 77
rene,vie urinar. 189 . . 3 3 3 6 7 14 36
encefalo 191 4 . 4 6 13 3 12 12 54
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 . . 1 . . . . 3 4
tiroide 193 . . . . . 1 1 1 3
altre endocrine 194 . . . . . 1 . 1 2
altri e mal definiti tum.maligni 195 . . . . 1 . . 2 3
tum.mal. secondari 196 - 198 . . 1 . 1 . 5 9 16
tum.mal.senza ind.sede 199 . . 1 2 3 2 8 8 24
linfosarcoma 200 2 . . . . . . . 2
linfoma Hodgkin 201 . 1 . . . 1 1 2 5
altri tessuto linfoide 202 3 3 2 5 6 7 16 13 55
mieloma 203 . . 1 1 2 6 7 8 25
leucemie 204 - 208 1 2 . 2 5 6 12 17 45
tumori benigni 210 - 229 . . . . . 1 2 1 4
tumori di comport. incerto 235 - 238 . . 1 . 2 3 3 2 11
tumori di natura non specificata 239 . . . 1 . 2 . 2 5
disturbi psichici 290 - 319 2 2 3 . 1 2 3 4 17
S.L.A. 335 . . 1 2 3 1 . 4 11
mal. cron. respiratorie 490 - 492 . 1 1 4 7 10 34 66 123
500 - 506 . . . . . 1 1 . 2
515 . . . . . . . 4 4
cirrosi epatica 571 3 9 7 26 24 47 52 71 239
traumatismi 800 - 999 20 23 22 25 15 21 14 31 171
Totale 47 58 107 173 224 352 491 716 2168
15
Tabella 4.3 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso M+F
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
Sede ICDIX
labbro 140 . . . . . . . 1 1
cavità orale 141 - 145 . . 1 3 4 2 8 3 21
faringe 146 - 148 . 1 2 3 3 3 5 1 18
altri e mal def. cavità orale 149 . 1 3 1 2 4 3 4 18
esofago 150 1 1 . . 4 3 7 5 21
stomaco 151 4 3 10 9 5 23 29 36 119
intestino tenue 152 . . 1 . 2 1 3 2 9
colon 153 . 3 8 11 14 21 30 59 146
retto 154 . . 2 5 4 6 9 19 45
fegato 155 . 1 4 16 18 44 56 84 223
vie biliari 156 . . 1 2 8 9 11 15 46
pancreas 157 . 3 5 9 13 16 31 30 107
retroperitoneo e peritoneo 158 1 . 1 1 4 4 3 5 19
altri e mal def. digestivi 159 . . 1 . 2 . 1 1 5
cavità nasali 160 . 1 . 1 . . . 1 3
laringe 161 1 1 4 6 4 3 8 10 37
polmone 162 5 8 26 54 74 128 150 207 652
pleura 163 . . . 2 3 3 15 13 36
timo,cuore, mediastino 164 . . 2 1 . 1 2 1 7
osso 170 1 . . . 1 . 4 3 9
tessuti molli 171 1 . 1 . 3 1 6 5 17
pelle,melanomi 172 3 2 1 3 4 3 6 2 24
pelle,altri 173 . 1 . 1 1 4 . 3 10
mammella donna 174 6 16 25 29 38 40 41 41 236
mammella uomo 175 . . . . 1 1 1 . 3
utero, n.a.s. 179 1 2 1 1 13 9 9 12 48
utero collo 180 . 1 2 . 2 1 . 2 8
utero corpo 182 . 1 1 2 3 5 3 3 18
ovaio 183 2 2 3 7 8 10 21 10 63
altri org.genitali femm. 184 . . . . 2 . . 2 4
16
Tabella 4.3 Soggetti per sesso, classe di età e patologia eleggibili per lo studio caso-controllo. Anni di
riferimento 1998 - 2001.- Sesso M+F
Classe di età
35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
prostata 185 . . 1 . 2 10 10 37 60
testicolo 186 1 . 1 . . . . . 2
pene 187 1 . . . . 1 2 . 4
vescica 188 . . . 2 6 16 25 39 88
rene,vie urinar. 189 . . 3 5 4 10 9 17 48
occhio 190 . . . . 1 . . . 1
encefalo 191 6 3 8 9 22 11 18 27 104
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 . 1 1 . . 1 . 4 7
tiroide 193 . . 1 . 1 2 2 1 7
altre endocrine 194 . . . 1 . 1 . 1 3
altri e mal definiti tum.maligni 195 . . . . 1 1 . 4 6
tum.mal. secondari 196 - 198 . . 2 . 2 . 5 13 22
tum.mal.senza ind.sede 199 . . 2 3 5 4 10 10 34
linfosarcoma 200 2 . . 1 . . . . 3
linfoma Hodgkin 201 1 1 . . . 1 1 2 6
altri tessuto linfoide 202 6 3 2 6 6 13 22 25 83
mieloma 203 1 . 2 3 3 10 9 23 51
leucemie 204 - 208 2 5 1 3 10 12 18 33 84
tumori benigni 210 - 229 . . . . 1 1 2 2 6
carcinomi in situ 230 - 234 . . . . . . 1 . 1
tumori di comport. incerto 235 - 238 . . 2 1 2 5 3 3 16
tumori di natura non specificata 239 . . . 1 1 2 . 3 7
disturbi psichici 290 - 319 2 2 3 . 2 3 5 10 27
S.L.A. 335 . . 1 2 5 3 3 6 20
mal. cron. respiratorie 490 - 492 . 1 1 6 9 12 39 90 158
494 . . . . . . 1 . 1
500 - 506 . . . . . 1 1 . 2
515 . . . . 1 . . 5 6
cirrosi epatica 571 3 13 9 30 32 60 85 120 352
traumatismi 800 - 999 27 32 28 28 21 29 31 50 246
Totale 78 109 173 268 377 554 764 1105 3428
17
Per quanto riguarda il tumore del polmone, sui 4 anni considerati e per l’intervallo di età 35-
74 i dati indicano 80 decessi tra le femmine e 572 tra i maschi. Al fine di valutare la completezza
dei dati ASL sono stati calcolati gli attesi nei due sessi a partire dai dati di mortalità ISTAT 1999
per la regione Puglia. La Tabella 5.1 e 5.2 mostrano tale calcolo per i due sessi.
Tabella 5.1 Calcolo dei decessi attesi nella ASL di Taranto - Femmine
162 Femmine tx di Puglia attesi 1 anno
35-39 22.208 0,00 0
40-44 20.684 3,66 1
45-49 19.384 3,79 1
50-54 20.063 9,72 2
55-59 17.072 12,44 2
60-64 16.647 27,56 5
65-69 14.790 24,80 4
70-74 13.804 42,65 6
Totale 144.652 20
Tabella 5.2 Calcolo dei decessi attesi nella ASL di Taranto - Maschi
162 Maschi tx di Puglia attesi 1 anno
35-39 20.886 4,18 1
40-44 19.435 12,30 2
45-49 18.081 28,34 5
50-54 19.281 54,79 11
55-59 16.214 98,03 16
60-64 15.217 192,86 29
65-69 12.849 324,70 42
70-74 10.628 483,61 51
Totale 132.591 157
Moltiplicando per 4 gli attesi di un anno abbiamo 80 attesi tra le femmine a fronte di 80
osservati, mentre abbiano 628 attesi tra i maschi a fronte di 572 osservati. Per le femmine la
completezza è pienamente soddisfacente, mentre per i maschi la mortalità ASL presenta un deficit
del 9% rispetto all’atteso. Anche in questo caso i dati si presentano nel loro complesso come privi di
importanti fattori di distorsione e la mortalità ASL può dirsi ragionevolmente completa.
Partendo dalle tabelle 4.1 e 4.2 è stato determinato il numero dei controlli per i due sessi e
per fasce di età quinquennali da campionare casualmente dall'Anagrafe assistiti del 31/12/2002 che
ammonta a 588.654 individui.
Il numero di soggetti per ciascuna classe è stato determinato in modo da avere un rapporto di
18
tre controlli per caso rispetto al tumore più rappresentato in quella classe di età per un numero di
casi inferiore a 100, di avere due controlli per caso se il numero di casi della classe è tra 100 e 200
ed un numero circa pari ai casi se il numero di casi per sede e classe è superiore ai 200. Così
facendo, per le sedi di tumore di numerosità inferiore ci si è garantiti un numero di controlli per
caso superiore a 4. Un rapporto inferiore si è verificato solo per i tumori più frequenti per i quali,
dato il numero elevato di casi, non è richiesto un rapporto elevato di appaiamento.
Il file di dati contenente sia i casi che i controlli è stato successivamente formattato sulla
base di un tracciato record standard concordato tra ISPESL ed INPS per consentire il collegamento
con l'Archivio Addetti ed Imprese e recuperare le storie lavorative dei soggetti appartenenti allo
studio.
Nella tabella 6 è riportato l’esito del collegamento con le informazioni INPS.
19
Tabella 6.2 Esito del linkage con INPS - Sesso =M
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
Classe d'età non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
20
Tabella 6.4 Esito del linkage con INPS - Sesso = F
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 1736 86.37 274 13.63 2010 100.00
Casi 1153 91.51 107 8.49 1260 100.00
Totale 2889 88.35 381 11.65 3270 100.00
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 1556 51.35 1474 48.65 3030 100.00
Casi 1215 56.04 953 43.96 2168 100.00
Totale 2771 53.31 2427 46.69 5198 100.00
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 3292 65.32 1748 34.68 5040 100.00
Casi 2368 69.08 1060 30.92 3428 100.00
Totale 5660 66.84 2808 33.16 8468 100.00
Le percentuali di soggetti con carriere professionali che costituiscono la base dello studio è,
come atteso, inferiore nel sesso femminile e nelle classi di età più avanzate. Le percentuali dei casi
che fanno parte della base è leggermente inferiore a quella dei controlli per ciascuna classe di età.
Questa differenza non appare comunque fonte di importanti distorsioni nei risultati.
21
5.2 Risultati
Le Tabelle 7.1 e 7.2 riportano in dettaglio i risultati dello studio caso-controllo per le
patologie studiate suddivise in "Tumori" ed "Altre malattie". Nella prima colonna è riportato il
sesso, nella seconda e nella terza sono elencate le sedi sia in codice che in chiaro.
Per talune sedi (cavità orale, colon-retto, leucemie, linfomi non Hodgkin) i relativi codici
sono stati raggruppati considerando i primi 3 digit della IX versione della classificazione
internazionale delle malattie. Segue il ramo di attività economica, che raggruppa le attività
economiche descritte da codici INPS relativi ad attività similari. Il valore del rischio relativo (OR) è
indicato nella colonna successiva. Questo è calcolato mediante regressione logistica aggiustata per
età all’interno di ciascuno strato di sesso e sede. Tale indicatore rappresenta di quanto è superiore la
probabilità di ammalarsi per gli addetti al comparto in esame rispetto al gruppo dei "non esposti".
Accanto ad esso vi sono i relativi limiti di confidenza al 90%. Le quattro colonne successive
indicano il numero di soggetti che è stato incluso nello strato: controlli esposti, che cioè hanno
lavorato prevalentemente nel settore esaminato, casi esposti che sono persone decedute per tumore
o altra malattia e che hanno prevalentemente lavorato nel settore, controlli non esposti e casi non
esposti. Per questi ultimi si tratta dei soggetti facenti parte della categoria di riferimento e che hanno
svolto la loro attività esclusivamente nel terziario o nei servizi.
Il numero dei controlli esposti fornisce una stima della presenza del comparto nell'insieme
dei dati considerati. Il numero dei casi esposti fornisce invece una stima su quanti casi sia stato
basato il rischio relativo, e quindi è un indicatore indiretto di affidabilità dello stesso, leggibile al
pari dei limiti di confidenza.
Viene poi riportato il valore del rischio relativo non aggiustato (OR_noadj), dato dal
semplice prodotto crociato che esprime il rapporto tra le proporzioni di esposti tra i casi rispetto ai
controlli. Confrontando questo indicatore con quello aggiustato è possibile stimare indirettamente il
ruolo delle variabili di confondimento (età) e stratificazione nel determinare il rischio aggiustato
per questi fattori.
L’ultima colonna riporta il valore di p per la distribuzione dei dati sotto l’ipotesi nulla,
ipotesi di non esistenza di rischio. Tale indicatore è classicamente usato nel riportare le analisi
statistiche ed ad esso ci si riferisce come "significatività statistica" quando è inferiore a un livello
determinato, ad esempio 0,05.
22
Tabella 7.1 Risultati - Tumori.
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
M 14 cavità orale SIDERURGIA 1,960 0,524 7,330 475 9 183 2 1,734 0,401
M 15 colon-retto SIDERURGIA 1,943 0,678 5,564 475 15 183 3 1,926 0,299
linfoma non
M 20 Hodgkin SIDERURGIA 0,395 0,161 0,968 475 7 183 7 0,385 0,088
M 21 leucemie SIDERURGIA 2,467 0,393 15,466 475 5 183 1 1,926 0,418
M 150 esofago SIDERURGIA 1,159 0,172 7,797 475 3 183 1 1,156 0,899
M 151 stomaco SIDERURGIA 1,182 0,389 3,590 475 9 183 3 1,156 0,804
M 152 intestino tenue SIDERURGIA 1,086 0,125 9,434 475 2 183 1 0,771 0,950
M 155 fegato SIDERURGIA 0,509 0,257 1,008 475 14 183 11 0,490 0,104
M 157 pancreas SIDERURGIA 3,565 0,623 20,409 475 9 183 1 3,467 0,231
M 161 laringe SIDERURGIA 0,130 0,019 0,875 475 1 183 3 0,128 0,078
M 162 polmone SIDERURGIA 0,864 0,593 1,258 475 73 183 33 0,852 0,522
M 163 pleura SIDERURGIA 1,476 0,370 5,885 475 6 183 2 1,156 0,643
M 185 prostata SIDERURGIA 0,420 0,107 1,652 475 3 183 3 0,385 0,298
M 188 vescica SIDERURGIA 2,048 0,562 7,455 475 10 183 2 1,926 0,362
M 189 rene,vie urinar. SIDERURGIA 0,293 0,082 1,041 475 3 183 4 0,289 0,111
M 191 encefalo SIDERURGIA 2,779 0,473 16,314 475 7 183 1 2,697 0,342
M 203 mieloma SIDERURGIA 0,579 0,128 2,619 475 3 183 2 0,578 0,552
altri mal def e
M 999 metastasi SIDERURGIA 0,135 0,020 0,916 475 1 183 3 0,128 0,085
PRODOTTI PER
M 151 stomaco EDILIZIA 7,318 1,826 29,333 25 3 183 3 7,320 0,018
PRODOTTI PER
M 161 laringe EDILIZIA 2,449 0,355 16,914 25 1 183 3 2,440 0,446
PRODOTTI PER
M 162 polmone EDILIZIA 0,444 0,127 1,552 25 2 183 33 0,444 0,286
PRODOTTI PER
M 191 encefalo EDILIZIA 6,004 0,452 79,732 25 1 183 1 7,320 0,254
COSTRUZIONI
M 14 cavità orale MECCANICHE 1,831 0,435 7,696 203 4 183 2 1,803 0,489
COSTRUZIONI
M 15 colon-retto MECCANICHE 0,301 0,045 2,025 203 1 183 3 0,300 0,300
linfoma non COSTRUZIONI
M 20 Hodgkin MECCANICHE 0,388 0,123 1,221 203 3 183 7 0,386 0,174
23
Tabella 7.1 Risultati - Tumori.
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
COSTRUZIONI
M 21 leucemie MECCANICHE 1,783 0,236 13,476 203 2 183 1 1,803 0,638
COSTRUZIONI
M 150 esofago MECCANICHE 0,902 0,088 9,302 203 1 183 1 0,901 0,942
COSTRUZIONI
M 151 stomaco MECCANICHE 0,607 0,134 2,754 203 2 183 3 0,601 0,587
COSTRUZIONI
M 155 fegato MECCANICHE 0,506 0,215 1,191 203 6 183 11 0,492 0,191
COSTRUZIONI
M 157 pancreas MECCANICHE 3,644 0,574 23,119 203 4 183 1 3,606 0,250
COSTRUZIONI
M 161 laringe MECCANICHE 1,486 0,441 5,004 203 5 183 3 1,502 0,592
COSTRUZIONI
M 162 polmone MECCANICHE 1,197 0,787 1,820 203 43 183 33 1,175 0,481
COSTRUZIONI
M 163 pleura MECCANICHE 1,438 0,314 6,574 203 3 183 2 1,352 0,694
COSTRUZIONI
M 170 osso MECCANICHE 1,963 0,258 14,957 203 2 183 1 1,803 0,585
COSTRUZIONI
M 185 prostata MECCANICHE 0,929 0,239 3,613 203 3 183 3 0,901 0,929
COSTRUZIONI
M 188 vescica MECCANICHE 2,283 0,570 9,151 203 5 183 2 2,254 0,328
COSTRUZIONI
M 189 rene,vie urinar. MECCANICHE 0,900 0,278 2,917 203 4 183 4 0,901 0,883
COSTRUZIONI
M 191 encefalo MECCANICHE 0,950 0,092 9,835 203 1 183 1 0,901 0,971
altri mal def e COSTRUZIONI
M 999 metastasi MECCANICHE 0,618 0,136 2,807 203 2 183 3 0,601 0,601
INDUSTRIA
M 21 leucemie ALIMENTARE 8,906 0,834 95,125 20 1 183 1 9,150 0,129
INDUSTRIA
M 155 fegato ALIMENTARE 0,823 0,141 4,805 20 1 183 11 0,832 0,856
INDUSTRIA
M 157 pancreas ALIMENTARE 17,708 2,244 139,751 20 2 183 1 18,300 0,022
INDUSTRIA
M 162 polmone ALIMENTARE 1,038 0,397 2,713 20 4 183 33 1,109 0,949
M 185 prostata INDUSTRIA 2,903 0,416 20,259 20 1 183 3 3,050 0,367
24
Tabella 7.1 Risultati - Tumori.
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
ALIMENTARE
INDUSTRIA
F 191 encefalo ALIMENTARE 68,529 3,681 1275,685 3 1 129 1 43,000 0,017
INDUSTRIA
M 191 encefalo ALIMENTARE 18,057 2,294 142,116 20 2 183 1 18,300 0,021
M 14 cavità orale EDILIZIA 2,428 0,626 9,407 220 6 183 2 2,495 0,281
M 15 colon-retto EDILIZIA 1,345 0,399 4,528 220 5 183 3 1,386 0,688
linfoma non
M 20 Hodgkin EDILIZIA 0,372 0,118 1,174 220 3 183 7 0,356 0,157
M 21 leucemie EDILIZIA 2,446 0,361 16,576 220 3 183 1 2,495 0,442
M 150 esofago EDILIZIA 0,809 0,078 8,354 220 1 183 1 0,832 0,882
M 151 stomaco EDILIZIA 2,201 0,713 6,793 220 8 183 3 2,218 0,249
M 155 fegato EDILIZIA 1,111 0,566 2,182 220 15 183 11 1,134 0,797
M 157 pancreas EDILIZIA 4,103 0,671 25,094 220 5 183 1 4,159 0,200
M 161 laringe EDILIZIA 1,167 0,327 4,169 220 4 183 3 1,109 0,842
M 162 polmone EDILIZIA 1,050 0,692 1,593 220 42 183 33 1,059 0,848
M 163 pleura EDILIZIA 0,402 0,053 3,044 220 1 183 2 0,416 0,459
M 173 pelle,altri EDILIZIA 0,271 0,040 1,829 220 1 183 3 0,277 0,261
M 185 prostata EDILIZIA 1,589 0,487 5,191 220 6 183 3 1,664 0,520
M 188 vescica EDILIZIA 4,388 1,224 15,736 220 11 183 2 4,575 0,057
M 189 rene,vie urinar. EDILIZIA 0,221 0,035 1,410 220 1 183 4 0,208 0,180
M 191 encefalo EDILIZIA 1,769 0,233 13,455 220 2 183 1 1,664 0,644
altre e non spec.
M 192 SNC EDILIZIA 0,757 0,069 8,356 220 1 183 1 0,832 0,849
M 203 mieloma EDILIZIA 1,203 0,265 5,467 220 3 183 2 1,248 0,841
altri mal def e
M 999 metastasi EDILIZIA 0,280 0,041 1,887 220 1 183 3 0,277 0,272
M 14 cavità orale TRASPORTI 1,423 0,187 10,831 64 1 183 2 1,430 0,775
linfoma non
M 20 Hodgkin TRASPORTI 0,408 0,069 2,404 64 1 183 7 0,408 0,405
M 21 leucemie TRASPORTI 3,198 0,302 33,904 64 1 183 1 2,859 0,418
M 151 stomaco TRASPORTI 3,756 1,044 13,513 64 4 183 3 3,813 0,089
M 155 fegato TRASPORTI 0,808 0,269 2,433 64 3 183 11 0,780 0,751
M 157 pancreas TRASPORTI 2,825 0,272 29,321 64 1 183 1 2,859 0,465
25
Tabella 7.1 Risultati - Tumori.
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
F 162 polmone TRASPORTI 5,595 0,618 50,671 2 1 129 8 8,063 0,199
M 162 polmone TRASPORTI 1,340 0,758 2,367 64 15 183 33 1,300 0,398
M 185 prostata TRASPORTI 0,970 0,143 6,591 64 1 183 3 0,953 0,979
M 188 vescica TRASPORTI 1,421 0,187 10,817 64 1 183 2 1,430 0,776
M 189 rene,vie urinar. TRASPORTI 0,705 0,109 4,548 64 1 183 4 0,715 0,758
altre e non spec.
M 192 SNC TRASPORTI 2,837 0,273 29,449 64 1 183 1 2,859 0,464
M 203 mieloma TRASPORTI 1,482 0,194 11,328 64 1 183 2 1,430 0,751
26
Tabella 7.2 Risultati - Altre malattie
INDUSTRIA
F 80 traumatismi ALIMENTARE 6,573 0,800 54,018 3 1 129 6 7,167 0,141
INDUSTRIA
M 80 traumatismi ALIMENTARE 1,238 0,197 7,784 20 1 183 8 1,144 0,849
M 29 disturbi psichici EDILIZIA 1,858 0,243 14,184 220 2 183 1 1,664 0,616
mal. cron.
M 49 respiratorie EDILIZIA 1,445 0,567 3,681 220 9 183 5 1,497 0,518
M 57 cirrosi epatica EDILIZIA 0,561 0,281 1,123 220 10 183 15 0,555 0,171
M 80 traumatismi EDILIZIA 1,924 0,904 4,097 220 16 183 8 1,664 0,154
mal. cron.
M 49 respiratorie TRASPORTI 1,211 0,297 4,946 64 2 183 5 1,144 0,823
M 57 cirrosi epatica TRASPORTI 0,752 0,289 1,960 64 4 183 15 0,763 0,625
F 80 traumatismi TRASPORTI 11,044 1,301 93,728 2 1 129 6 10,750 0,065
M 80 traumatismi TRASPORTI 1,010 0,313 3,251 64 3 183 8 1,072 0,989
27
5.3 Discussione dei risultati e conclusioni relative ai dati di mortalità.
Il settore della siderurgia è ben rappresentato nel data set. Nel sesso maschile il campione di
popolazione ha fornito ben 475 controlli “esposti”. In questo settore i rischi non appaiono rischi già
segnalati in letteratura ed i rischi aumentati del cavità orale e del colon-retto, peraltro caratterizzati
da ampi limiti di confidenza, non sono interpretabili. Il tumore del polmone presenta un rischio
inferiore all’unità (0.86 90% CI 0.59-1.25), basato su 73 casi e con una categoria di riferimento che
ne fornisce 33. E’ invece importante il rischio di tumore alla pleura, basato su 6 casi che, come
previsto dalle vigenti disposizioni debbono essere indagati per accertare la pregressa esposizione ad
amianto. Sorprendente, data l’assenza di rischio per tumore al polmone, è il dato del tumore alla
vescica, caratterizzato da un rischio di 2.04 (90% CI 0.56-7.44), basato su 10 casi. Questo rischio è
ben documentato in letteratura. In linea con le indicazioni di letteratura vi è anche l’aumentato
rischio di morte per leucemia.
Il comparto “Prodotti per l'edilizia” è scarsamente rappresentato nella forza lavoro della
ASL di Taranto e non vi sono situazioni di rilievo.
Il settore delle “Costruzioni meccaniche” è ben rappresentato nel sesso maschile e presenta
alcuni rischi degni di approfondimento: leucemie (2 casi), laringe (5 casi), polmone (43 casi) e
vescica (5 casi). Si tratta di rischi ben documentati in letteratura conseguenti alle esposizioni a
solventi ed ad aerosol di oli minerali. Da indagare anche i 3 casi di tumore della pleura.
Il comparto della “Industria alimentare” è anch’esso scarsamente rappresentato nei dati.
Il comparto della “Edilizia” è ben studiabile in questo data set. Esso è caratterizzato da rischi
aumentati per cavità orale, laringe e vescica, mentre per quanto riguarda il tumore al polmone il
rischio è modesto e non differente dall’unità. Tuttavia è presente un rischio di 1.44 per malattie
croniche respiratorie (9 casi). Da segnalare un unico caso di tumore della pleura.
L’ultimo settore studiabile è quello dei trasporti. Già ben segnalato in letteratura è l’eccesso
per tumore al polmone (15 casi) ed alla vescica (1 caso).
Al fine di meglio caratterizzare i rischi, in particolare quelli relativi al tumore del polmone
nel è stata realizzata una analisi per durata di esposizione. Il rischio è stato rivalutato solo per i
soggetti “esposti”, sia casi sia controlli, per una durata superiore a 10 anni. La tabella completa è
riportata in Appendice 2. Nel settore della siderurgia il rischio di tumore del polmone permane
inferiore all’unità (0.87 90% CI 0.59-1.28) e non diverso da quello calcolato sull’intero data set,
mentre per i casi esposti si passa da 73 a 63 e per i controlli esposti da 475 a 427.
Per il settore delle “Costruzioni meccaniche” si passa per il tumore del polmone da un
rischio di 1.20 ad 1.26, in “Edilizia” da 1.05 ad 1.24 e nei “Trasporti” da 1.34 a 2.19. L’aumento di
28
rischio per durata di esposizione e la sua coerenza con i dati della letteratura riguardo a tutti i settori
produttivi esaminabili ad eccezione della “Siderurgia” suggerisce che lo studio sia stato realizzato
con dati di buona qualità e privi di distorsioni, e che il settore della siderurgia nel suo complesso
non presenti situazioni di rischio per tumore polmonare. Questo è probabilmente dovuto ad una
diluizione del rischio reale caratteristico di alcune mansioni e lavorazioni non individuabili
dall’approccio OCCAM.
6. Dati di incidenza
Il codice del comune di nascita era assente nel 70% delle SDO. E’ stato pertanto considerato
quello appartenente al codice fiscale, presente nel 75% delle SDO. La tabella 9 riporta gli indicatori
di qualità delle SDO considerate.
29
Tabella 9. Controllo di qualità sui dati delle SDO
Item No Si % di accettabilità
Codice Fiscale della SDO 44.344 132.210 75
Cognome 3.156 173.398 98
Nome 3.696 172.858 98
Sesso 0 176.554 100
Data di nascita 4 176.550 100
Comune di nascita ricavato dal C.F. 130.024 46.530 74
Codici ICD-9 inclusi nell’analisi 55.069 121.485 69
Le SDO 98-99 sono state utilizzate per l’individuazione dei casi prevalenti rispetto al
periodo di incidenza 2000-2002 considerato dallo studio. Ciò è stato ottenuto identificando prima la
patologia del soggetto ed eliminando successivamente i soggetti che avessero un ricovero per la
medesima patologia nel periodo 98-99. I soggetti sono stati identificati mediante il codice fiscale
della SDO. I casi incidenti per le patologie considerate nel periodo 2000-2002 sono stati 40.586 per
tutte le classi di età. Per ricavare i dati anagrafici in chiaro e per restringere la base dello studio a
coloro che appartengono all’Anagrafe Assistiti è stato effettuato un linkage con l’anagrafe assistiti.
Questo linkage è stato positivo nel 75% dei casi. Poiché l’Anagrafe Assistiti è utilizzata per il
campionamento dei controlli, è metodologicamente corretto restringere l’insieme dei casi a coloro
che appartengono a tale data set. In questo modo si è passati da 40.586 a 31.610, ridotti poi a 15.512
limitando l’intervallo di età alla fascia 35-74 anni, di cui 5.413 affetti da patologia neoplastica.
La Tabella 10 mostra per sesso e fasce di età il numero di casi incidenti per sede di tumore e
di malattia.
Tabella 10.1. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso F.
Classe di età
Sede
ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
labbro 140 . . . . . 2 1 1 4
cavità orale 141 - 145 1 . 4 1 2 2 2 4 16
faringe 146 - 148 . . 4 1 1 2 1 2 11
altri e mal def. cavità orale 149 . . . . 2 . . 1 3
30
Tabella 10.1. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso F.
Classe di età
Sede
ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
esofago 150 . . . . 1 1 2 2 6
stomaco 151 3 3 2 4 6 12 20 15 65
intestino tenue 152 . . . 2 . . 1 1 4
colon 153 2 3 12 22 13 31 40 41 164
retto 154 3 3 4 14 10 14 27 23 98
fegato 155 1 . 1 . 5 12 29 39 87
vie biliari 156 . . 1 1 7 13 8 9 39
pancreas 157 . 1 4 6 8 9 17 13 58
retroperitoneo e peritoneo 158 2 . . 2 1 1 3 4 13
altri e mal def. digestivi 159 . . 1 . 1 . 1 . 3
laringe 161 . . . . 1 2 . 2 5
polmone 162 3 5 4 10 17 15 19 15 88
pleura 163 . 1 1 2 1 2 6 3 16
timo,cuore, mediastino 164 . . . 2 2 1 4 . 9
altri org.tor. 165 . . . . . . 1 1 2
osso 170 . . 1 2 . 3 1 2 9
tessuti molli 171 2 2 2 1 4 1 5 2 19
pelle,melanomi 172 1 9 3 4 6 5 5 3 36
mammella donna 174 44 75 116 124 143 139 128 100 869
utero, n.a.s. 179 . . . 1 3 2 6 6 18
utero collo 180 2 10 10 7 15 15 11 9 79
placenta 181 . . . 1 . . . . 1
utero corpo 182 3 3 9 11 22 21 24 18 111
ovaio 183 5 9 15 15 19 21 23 26 133
altri org.genitali femm. 184 . . 1 1 2 1 8 8 21
vescica 188 . 1 3 10 6 13 16 20 69
rene,vie urinar. 189 . . 4 3 10 11 13 15 56
occhio 190 1 . 1 . . . 1 2 5
encefalo 191 5 2 5 10 12 10 16 8 68
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 1 . . 1 . 3 2 3 10
tiroide 193 5 9 11 10 7 4 6 2 54
altre endocrine 194 . . 2 . 5 . 1 3 11
31
Tabella 10.1. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso F.
Classe di età
Sede
ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
altri e mal definiti tum.maligni 195 . 2 2 1 4 2 2 3 16
linfosarcoma 200 2 . 5 3 6 4 8 11 39
linfoma Hodgkin 201 2 . 4 1 1 . 1 1 10
altri tessuto linfoide 202 3 4 3 7 11 2 11 12 53
mieloma 203 1 . 3 5 6 11 17 17 60
leucemie 204 - 208 1 8 4 7 10 9 8 25 72
Totale 93 150 242 292 370 396 495 472 2510
Tabella 10.2. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso M.
Classe di età
Sede ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
labbro 140 . . . 2 1 1 3 2 9
cavità orale 141 - 145 3 2 4 14 4 8 9 8 52
faringe 146 - 148 . 2 3 7 5 4 6 5 32
altri e mal def. cavità orale 149 . . . . . 1 . . 1
esofago 150 . . . . 2 6 6 4 18
stomaco 151 1 2 10 5 17 25 29 33 122
intestino tenue 152 . . 3 1 1 4 1 3 13
colon 153 1 6 4 10 29 19 41 47 157
retto 154 2 4 3 12 17 21 36 26 121
fegato 155 2 1 8 21 18 46 49 80 225
vie biliari 156 . . 1 4 2 3 5 10 25
pancreas 157 . 1 2 6 10 3 19 12 53
retroperitoneo e peritoneo 158 1 . 1 . 1 1 1 . 5
altri e mal def. digestivi 159 . . . . 1 1 1 . 3
cavità nasali 160 . . . 2 2 1 . 3 8
laringe 161 1 1 1 8 8 20 8 20 67
polmone 162 4 9 22 52 82 115 149 167 600
32
Tabella 10.2. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso M.
Classe di età
Sede ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
pleura 163 . 1 . 3 2 3 8 8 25
timo,cuore, mediastino 164 . . 2 . 2 1 . 1 6
osso 170 . . . 1 . 1 3 2 7
tessuti molli 171 1 3 1 3 4 5 3 3 23
pelle,melanomi 172 1 4 5 13 4 13 8 10 58
mammella uomo 175 . 1 1 . . 2 2 . 6
prostata 185 1 . 5 9 19 54 94 137 319
testicolo 186 10 1 3 3 2 1 . 2 22
pene 187 1 . 1 2 1 2 2 1 10
vescica 188 2 7 16 22 57 63 113 136 416
rene,vie urinar. 189 3 1 7 11 9 13 21 42 107
occhio 190 . . 1 . 1 . . . 2
encefalo 191 5 3 4 3 15 13 17 16 76
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 . . 1 . 2 1 . 1 5
tiroide 193 2 2 2 1 1 2 1 3 14
altre endocrine 194 . . 1 1 . 1 1 1 5
altri e mal definiti tum.maligni 195 1 . 1 1 2 2 1 1 9
linfosarcoma 200 3 1 2 11 7 4 11 9 48
linfoma Hodgkin 201 2 5 4 . 2 5 1 1 20
altri tessuto linfoide 202 2 3 5 7 9 20 17 14 77
mieloma 203 . 2 3 3 1 13 12 12 46
leucemie 204 - 208 . 1 8 5 13 11 24 29 91
Totale 49 63 135 243 353 509 702 849 2903
33
Tabella 10.3. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso M+ F.
Classe di età
Sede ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
labbro 140 . . . 2 1 3 4 3 13
cavità orale 141 - 145 4 2 8 15 6 10 11 12 68
faringe 146 - 148 . 2 7 8 6 6 7 7 43
altri e mal def. cavità orale 149 . . . . 2 1 . 1 4
esofago 150 . . . . 3 7 8 6 24
stomaco 151 4 5 12 9 23 37 49 48 187
intestino tenue 152 . . 3 3 1 4 2 4 17
colon 153 3 9 16 32 42 50 81 88 321
retto 154 5 7 7 26 27 35 63 49 219
fegato 155 3 1 9 21 23 58 78 119 312
vie biliari 156 . . 2 5 9 16 13 19 64
pancreas 157 . 2 6 12 18 12 36 25 111
retroperitoneo e peritoneo 158 3 . 1 2 2 2 4 4 18
altri e mal def. digestivi 159 . . 1 . 2 1 2 . 6
cavità nasali 160 . . . 2 2 1 . 3 8
laringe 161 1 1 1 8 9 22 8 22 72
polmone 162 7 14 26 62 99 130 168 182 688
pleura 163 . 2 1 5 3 5 14 11 41
timo,cuore, mediastino 164 . . 2 2 4 2 4 1 15
altri org.tor. 165 . . . . . . 1 1 2
osso 170 . . 1 3 . 4 4 4 16
tessuti molli 171 3 5 3 4 8 6 8 5 42
pelle,melanomi 172 2 13 8 17 10 18 13 13 94
mammella donna 174 44 75 116 124 143 139 128 100 869
mammella uomo 175 . 1 1 . . 2 2 . 6
utero, n.a.s. 179 . . . 1 3 2 6 6 18
utero collo 180 2 10 10 7 15 15 11 9 79
placenta 181 . . . 1 . . . . 1
utero corpo 182 3 3 9 11 22 21 24 18 111
34
Tabella 10.3. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo studio caso-controllo.
Anni di riferimento 2000-2002. Tumori -Sesso M+ F.
Classe di età
Sede ICDIX 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N Totale
ovaio 183 5 9 15 15 19 21 23 26 133
altri org.genitali femm. 184 . . 1 1 2 1 8 8 21
prostata 185 1 . 5 9 19 54 94 137 319
testicolo 186 10 1 3 3 2 1 . 2 22
pene 187 1 . 1 2 1 2 2 1 10
vescica 188 2 8 19 32 63 76 129 156 485
rene,vie urinar. 189 3 1 11 14 19 24 34 57 163
occhio 190 1 . 2 . 1 . 1 2 7
encefalo 191 10 5 9 13 27 23 33 24 144
altre e non spec. sist.nerv.centr. 192 1 . 1 1 2 4 2 4 15
tiroide 193 7 11 13 11 8 6 7 5 68
altre endocrine 194 . . 3 1 5 1 2 4 16
altri e mal definiti tum.maligni 195 1 2 3 2 6 4 3 4 25
linfosarcoma 200 5 1 7 14 13 8 19 20 87
linfoma Hodgkin 201 4 5 8 1 3 5 2 2 30
altri tessuto linfoide 202 5 7 8 14 20 22 28 26 130
mieloma 203 1 2 6 8 7 24 29 29 106
leucemie 204 - 208 1 9 12 12 23 20 32 54 163
Totale 142 213 377 535 723 905 1197 1321 5413
Tabella 11.1. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo
studio caso-controllo. Anni di riferimento 2000-2002. Altre malattie -Sesso F.
Classe di età
Sede 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N N
S.L.A. . . . 1 . . 1 . 2
cirrosi epatica 27 36 35 92 117 130 125 117 679
disturbi psichici 150 168 155 133 123 109 114 121 1073
35
Tabella 11.1. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo
studio caso-controllo. Anni di riferimento 2000-2002. Altre malattie -Sesso F.
Classe di età
Sede 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N N
mal. cron. respiratorie 3 1 4 4 6 8 18 26 70
traumatismi 257 217 239 336 374 389 480 548 2840
All 437 422 433 566 620 636 738 812 4664
Tabella 11.2. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo
studio caso-controllo. Anni di riferimento 2000-2002. Altre malattie -Sesso M.
Classe di età
Sede 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N N
S.L.A. . . . 1 . . . 1 2
cirrosi epatica 125 127 139 167 187 179 139 95 1158
disturbi psichici 147 104 91 76 57 79 57 55 666
mal. cron. respiratorie 5 7 11 29 28 36 63 47 226
Traumatismi 629 537 462 453 336 340 334 292 3383
All 906 775 703 726 608 634 593 490 5435
Tabella 11.3. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo
studio caso-controllo. Anni di riferimento 2000-2002. Altre malattie -Sesso M + F.
Classe di età
Sede 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N N
S.L.A. . . . 2 . . 1 1 4
cirrosi epatica 152 163 174 259 304 309 264 212 1837
disturbi psichici 297 272 246 209 180 188 171 176 1739
mal. cron. respiratorie 8 8 15 33 34 44 81 73 296
36
Tabella 11.3. Soggetti per sesso, classe di età e sede del tumore eleggibili per lo
studio caso-controllo. Anni di riferimento 2000-2002. Altre malattie -Sesso M + F.
Classe di età
Sede 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74
N N N N N N N N N
Traumatismi 886 754 701 789 710 729 814 840 6223
All 1343 1197 1136 1292 1228 1270 1331 1302 10099
Per valutare la completezza del sistema delle SDO e per limitare il set dei casi a coloro che
appartengono all’Anagrafe Assistiti è stato effettuato il calcolo dei casi attesi per il tumore del
polmone. Come sorgente dei tassi di riferimento è stato utilizzato il Registro Tumori di Macerata,
che presenta tassi di mortalità ISTAT simili a quelli della provincia di Taranto. La Tabella 12
mostra tale calcolo.
Tabella 12. Numero di casi attesi/anno per tumore polmonare in base ai tassi del Registro Tumori
di Macerata.
37
Gli attesi sui tre anni risultano 54 per le femmine e 375 per i maschi. Vi è quindi, utilizzando
le SDO, un eccesso del 35% di casi identificati come incidenti nelle femmine e del 15% nei maschi.
Questo rende i risultati dello studio caso-controllo accettabili per quanto riguarda eventuali
fenomeni di distorsione.
Tenendo conto del numero di casi per classe di età e sesso sono stati campionati in Anagrafe
Assistiti 7.810 soggetti (4438 di sesso femminile e 3372 di sesso maschile) per le neoplasie e 9.377
soggetti per le altre malattie. I soggetti sono stati poi ricercati negli archivi INPS ottenendo i
soggetti da includere nello studio, come mostrato nella tabelle seguenti.
38
Tabella 13.2 Esito del linkage con INPS - Tumori - Sesso M
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
Classe d'età
35-39 52 34.67 98 65.33 150 100.00 14 28.57 35 71.43 49 100.00
40-44 53 39.26 82 60.74 135 100.00 24 38.10 39 61.90 63 100.00
45-49 77 29.17 187 70.83 264 100.00 42 31.11 93 68.89 135 100.00
50-54 128 32.82 262 67.18 390 100.00 88 36.21 155 63.79 243 100.00
55-59 193 39.23 299 60.77 492 100.00 153 43.34 200 56.66 353 100.00
60-64 225 43.44 293 56.56 518 100.00 219 43.03 290 56.97 509 100.00
65-69 374 55.74 297 44.26 671 100.00 375 53.42 327 46.58 702 100.00
70-74 484 64.36 268 35.64 752 100.00 548 64.55 301 35.45 849 100.00
Totale 1586 47.03 1786 52.97 3372 100.00 1463 50.40 1440 49.60 2903 100.00
39
Tabella 13.4 Esito del linkage con INPS - Tumori - Sesso M + F
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 5273 67.52 2537 32.48 7810 100.00
Casi 3606 66.62 1807 33.38 5413 100.00
Totale 8879 67.15 4344 32.85 13223 100.00
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 3687 83.08 751 16.92 4438 100.00
Casi 2143 85.38 367 14.62 2510 100.00
Totale 5830 83.91 1118 16.09 6948 100.00
Tabella 14.1 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso F
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
Classe d'età non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
35-39 305 68.69 139 31.31 444 100.00 282 64.53 155 35.47 437 100.00
40-44 297 70.71 123 29.29 420 100.00 308 72.99 114 27.01 422 100.00
45-49 290 72.14 112 27.86 402 100.00 323 74.60 110 25.40 433 100.00
50-54 441 79.89 111 20.11 552 100.00 452 79.86 114 20.14 566 100.00
55-59 448 85.01 79 14.99 527 100.00 543 87.58 77 12.42 620 100.00
40
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
Classe d'età non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
60-64 538 91.97 47 8.03 585 100.00 580 91.19 56 8.81 636 100.00
65-69 524 93.07 39 6.93 563 100.00 694 94.04 44 5.96 738 100.00
70-74 497 94.31 30 5.69 527 100.00 784 96.55 28 3.45 812 100.00
Totale 3340 83.08 680 16.92 4020 100.00 3966 85.03 698 14.97 4664 100.00
Tabella 14.2 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso M
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
Classe d'età
35-39 192 34.10 371 65.90 563 100.00 322 35.54 584 64.46 906 100.00
40-44 215 37.59 357 62.41 572 100.00 274 35.35 501 64.65 775 100.00
45-49 202 32.27 424 67.73 626 100.00 216 30.73 487 69.27 703 100.00
50-54 212 28.19 540 71.81 752 100.00 215 29.61 511 70.39 726 100.00
55-59 324 38.48 518 61.52 842 100.00 232 38.16 376 61.84 608 100.00
60-64 348 43.18 458 56.82 806 100.00 290 45.74 344 54.26 634 100.00
65-69 326 52.08 300 47.92 626 100.00 332 55.99 261 44.01 593 100.00
70-74 389 68.25 181 31.75 570 100.00 313 63.88 177 36.12 490 100.00
Totale 2208 41.22 3149 58.78 5357 100.00 2194 40.37 3241 59.63 5435 100.00
Tabella 14.3 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso M + F
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
Classe d'età non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
35-39 497 49.35 510 50.65 1007 100.00 604 44.97 739 55.03 1343 100.00
40-44 512 51.61 480 48.39 992 100.00 582 48.62 615 51.38 1197 100.00
45-49 492 47.86 536 52.14 1028 100.00 539 47.45 597 52.55 1136 100.00
50-54 653 50.08 651 49.92 1304 100.00 667 51.63 625 48.37 1292 100.00
55-59 772 56.39 597 43.61 1369 100.00 775 63.11 453 36.89 1228 100.00
41
Controlli Casi
Non usabili / Non usabili /
Classe d'età non trovati Usabili Totale non trovati Usabili Totale
% % % % % %
60-64 886 63.70 505 36.30 1391 100.00 870 68.50 400 31.50 1270 100.00
65-69 850 71.49 339 28.51 1189 100.00 1026 77.08 305 22.92 1331 100.00
70-74 886 80.77 211 19.23 1097 100.00 1097 84.25 205 15.75 1302 100.00
Totale 5548 59.17 3829 40.83 9377 100.00 6160 61.00 3939 39.00 10099 100.00
Tabella 14.4 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso M
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 2208 41.22 3149 58.78 5357 100.00
Casi 2194 40.37 3241 59.63 5435 100.00
Totale 4402 40.79 6390 59.21 10792 100.00
Tabella 14.5 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso F
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 3340 83.08 680 16.92 4020 100.00
Casi 3966 85.03 698 14.97 4664 100.00
Totale 7306 84.13 1378 15.87 8684 100.00
Tabella 14.6 Esito del linkage con INPS - Altre malattie - Sesso M + F
Non usabili /
non trovati Usabili Totale
% % %
Controlli 5548 59.17 3829 40.83 9377 100.00
Casi 6160 61.00 3939 39.00 10099 100.00
Totale 11708 60.12 7768 39.88 19476 100.00
Anche a questi dati sono applicabili le considerazioni che sono state fatte per i soggetti
inclusi nello studio sulla mortalità.
42
6.2 Risultati
La Tabella 15.1 e 15.2 riportano in dettaglio i risultati dello studio caso-controllo per le
patologie studiate suddivise in "Tumori" ed "Altre malattie". Nella prima colonna è riportato il
sesso, nella seconda e nella terza sono elencate le sedi sia in codice che in chiaro.
Per talune sedi (cavità orale, colon-retto, leucemie, linfomi non Hodgkin) i relativi codici
sono stati raggruppati considerando i primi 3 digit della IX versione della classificazione
internazionale delle malattie. Segue il ramo di attività economica, che raggruppa le attività
economiche descritte da codici INPS relativi ad attività similari. Il valore del rischio relativo (OR) è
indicato nella colonna successiva. Questo è calcolato mediante regressione logistica aggiustata per
età all’interno di ciascuno strato di sesso e sede. Tale indicatore rappresenta di quanto è superiore la
probabilità di ammalarsi per gli addetti al comparto in esame rispetto al gruppo dei "non esposti".
Accanto ad esso vi sono i relativi limiti di confidenza al 90%. Le quattro colonne successive
indicano il numero di soggetti che è stato incluso nello strato: controlli esposti, che cioè hanno
lavorato prevalentemente nel settore esaminato, casi esposti che sono persone decedute per il
tumore o altra malattia e che hanno prevalentemente lavorato nel settore, controlli non esposti e casi
non esposti. Per questi ultimi si tratta dei soggetti facenti parte della categoria di riferimento e che
hanno svolto la loro attività esclusivamente nel terziario o nei servizi.
Il numero dei controlli esposti fornisce una stima della presenza del comparto nell'insieme
dei dati considerati. Il numero dei casi esposti fornisce invece una stima su quanti casi sia stato
basato il rischio relativo, e quindi è un indicatore indiretto di affidabilità dello stesso, leggibile al
pari dei limiti di confidenza.
Viene poi riportato il valore del rischio relativo non aggiustato (OR_noadj), dato dal
semplice prodotto crociato che esprime il rapporto tra le proporzioni di esposti tra i casi rispetto ai
controlli. Confrontando questo indicatore con quello aggiustato è possibile stimare indirettamente il
ruolo delle variabili di confondimento (età) e stratificazione nel determinare il rischio aggiustato
per questi fattori.
L’ultima colonna riporta il valore di p per la distribuzione dei dati sotto l’ipotesi nulla,
ipotesi di non esistenza di rischio. Tale indicatore è classicamente usato nel riportare le analisi
statistiche ed ad esso ci si riferisce come "significatività statistica" quando è inferiore a un livello
determinato, ad esempio 0,05.
43
Tabella 15.1 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Tumori
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
M 14 cavità orale SIDERURGIA 0,647 0,273 1,535 589 10 242 7 0,587 0,407
F 14 cavità orale SIDERURGIA 63,245 4,629 864,173 4 1 359 1 89,750 0,009
M 15 colon-retto SIDERURGIA 0,948 0,573 1,568 589 41 242 17 0,991 0,860
linfoma non
M 20 Hodgkin SIDERURGIA 0,870 0,441 1,715 589 21 242 9 0,959 0,735
M 21 leucemie SIDERURGIA 0,488 0,217 1,097 589 10 242 8 0,514 0,145
M 151 stomaco SIDERURGIA 0,736 0,394 1,373 589 23 242 11 0,859 0,418
M 152 intestino tenue SIDERURGIA 0,312 0,064 1,519 589 2 242 3 0,274 0,226
M 155 fegato SIDERURGIA 0,708 0,424 1,185 589 33 242 17 0,798 0,270
M 157 pancreas SIDERURGIA 0,516 0,193 1,383 589 7 242 5 0,575 0,270
M 161 laringe SIDERURGIA 0,704 0,304 1,627 589 12 242 6 0,822 0,490
M 162 polmone SIDERURGIA 0,791 0,554 1,130 589 79 242 37 0,877 0,280
M 163 pleura SIDERURGIA 1,191 0.191 7,56 589 4 242 1 1,733 0.882
M 170 osso SIDERURGIA 0,167 0,022 1,266 589 1 242 2 0,205 0,146
M 172 pelle,melanomi SIDERURGIA 3,464 0,814 14,751 589 9 242 2 1,849 0,158
M 175 mammella SIDERURGIA 0,331 0,032 3,423 589 1 242 1 0,411 0,436
M 185 prostata SIDERURGIA 0,769 0,471 1,256 589 41 242 18 0,936 0,379
M 186 testicolo SIDERURGIA 0,199 0,027 1,490 589 1 242 4 0,103 0,187
M 188 vescica SIDERURGIA 1,110 0,730 1,688 589 72 242 23 1,286 0,682
M 189 rene,vie urinar. SIDERURGIA 0,262 0,134 0,513 589 11 242 15 0,301 0,001
M 191 encefalo SIDERURGIA 0,418 0,205 0,852 589 12 242 11 0,448 0,044
M 201 linfoma Hodgkin SIDERURGIA 0,359 0,071 1,818 589 2 242 3 0,274 0,299
M 203 mieloma SIDERURGIA 0,967 0,212 4,408 589 4 242 2 0,822 0,971
COSTRUZIONI
M 14 cavità orale MECCANICHE 1,257 0,541 2,920 247 9 242 7 1,260 0,656
COSTRUZIONI
M 15 colon-retto MECCANICHE 0,748 0,400 1,397 247 13 242 17 0,749 0,444
linfoma non COSTRUZIONI
M 20 Hodgkin MECCANICHE 0,969 0,438 2,141 247 9 242 9 0,980 0,947
M 21 leucemie COSTRUZIONI 0,855 0,360 2,030 247 7 242 8 0,857 0,765
44
Tabella 15.1 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Tumori
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
MECCANICHE
COSTRUZIONI
M 151 stomaco MECCANICHE 0,669 0,304 1,475 247 8 242 11 0,713 0,404
COSTRUZIONI
M 152 intestino tenue MECCANICHE 0,653 0,144 2,954 247 2 242 3 0,653 0,642
COSTRUZIONI
M 155 fegato MECCANICHE 0,805 0,435 1,492 247 14 242 17 0,807 0,564
COSTRUZIONI
M 157 pancreas MECCANICHE 0,387 0,097 1,552 247 2 242 5 0,392 0,261
COSTRUZIONI
M 161 laringe MECCANICHE 0,472 0,144 1,542 247 3 242 6 0,490 0,297
COSTRUZIONI
M 162 polmone MECCANICHE 1,176 0,784 1,763 247 44 242 37 1,165 0,512
COSTRUZIONI
M 172 pelle,melanomi MECCANICHE 2,931 0,758 11,331 247 6 242 2 2,939 0,191
COSTRUZIONI
M 175 mammella MECCANICHE 0,953 0,092 9,850 247 1 242 1 0,980 0,973
COSTRUZIONI
M 185 prostata MECCANICHE 1,455 0,852 2,485 247 28 242 18 1,524 0,249
COSTRUZIONI
M 186 testicolo MECCANICHE 0,234 0,037 1,493 247 1 242 4 0,245 0,197
COSTRUZIONI
M 188 vescica MECCANICHE 1,428 0,882 2,312 247 34 242 23 1,448 0,224
COSTRUZIONI
M 189 rene,vie urinar. MECCANICHE 0,327 0,138 0,776 247 5 242 15 0,327 0,033
COSTRUZIONI
M 191 encefalo MECCANICHE 0,443 0,180 1,089 247 5 242 11 0,445 0,136
COSTRUZIONI
M 201 linfoma Hodgkin MECCANICHE 0,314 0,046 2,120 247 1 242 3 0,327 0,318
COSTRUZIONI
M 203 mieloma MECCANICHE 2,905 0,749 11,258 247 6 242 2 2,939 0,195
altri mal def e COSTRUZIONI
M 999 metastasi MECCANICHE 0,962 0,093 9,933 247 1 242 1 0,980 0,978
COSTRUZIONI
M 14 cavità orale ELETTRICHE 1,740 0,286 10,596 20 1 242 7 1,729 0,614
45
Tabella 15.1 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Tumori
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
COSTRUZIONI
M 15 colon-retto ELETTRICHE 1,425 0,393 5,171 20 2 242 17 1,424 0,651
COSTRUZIONI
F 15 colon-retto ELETTRICHE 2,863 0,407 20,148 4 1 359 18 4,986 0,375
COSTRUZIONI
M 21 leucemie ELETTRICHE 1,507 0,252 9,017 20 1 242 8 1,513 0,706
COSTRUZIONI
M 157 pancreas ELETTRICHE 2,760 0,425 17,915 20 1 242 5 2,420 0,372
COSTRUZIONI
M 161 laringe ELETTRICHE 2,573 0,379 17,448 20 1 242 6 2,017 0,417
COSTRUZIONI
M 162 polmone ELETTRICHE 1,018 0,342 3,032 20 3 242 37 0,981 0,978
COSTRUZIONI
F 162 polmone ELETTRICHE 39,829 4,245 373,697 4 1 359 3 29,917 0,007
COSTRUZIONI
M 163 pleura ELETTRICHE 10,25 0,93 112,4 20 1 242 1 7,69 0,11
COSTRUZIONI
M 172 pelle,melanomi ELETTRICHE 6,217 0,789 48,962 20 1 242 2 6,050 0,145
COSTRUZIONI
M 185 prostata ELETTRICHE 1,328 0,352 5,001 20 2 242 18 1,344 0,725
COSTRUZIONI
M 188 vescica ELETTRICHE 0,559 0,096 3,246 20 1 242 23 0,526 0,587
COSTRUZIONI
M 189 rene,vie urinar. ELETTRICHE 1,635 0,438 6,104 20 2 242 15 1,613 0,539
M 14 cavità orale ABBIGLIAMENTO 3,677 0,556 24,310 8 1 242 7 4,321 0,257
F 14 cavità orale ABBIGLIAMENTO 5,541 0,521 58,957 65 1 359 1 5,523 0,234
M 15 colon-retto ABBIGLIAMENTO 1,812 0,301 10,924 8 1 242 17 1,779 0,586
F 15 colon-retto ABBIGLIAMENTO 0,738 0,209 2,603 65 2 359 18 0,614 0,692
M 162 polmone ABBIGLIAMENTO 1,531 0,371 6,310 8 2 242 37 1,635 0,621
F 174 mammella ABBIGLIAMENTO 0,813 0,466 1,418 65 12 359 84 0,789 0,541
F 180 utero collo ABBIGLIAMENTO 3,440 0,442 26,809 65 1 359 2 2,762 0,322
F 182 utero corpo ABBIGLIAMENTO 0,652 0,113 3,773 65 1 359 9 0,614 0,689
F 183 ovaio ABBIGLIAMENTO 1,109 0,178 6,901 65 1 359 5 1,105 0,926
M 188 vescica ABBIGLIAMENTO 6,583 2,145 20,201 8 5 242 23 6,576 0,006
46
Tabella 15.1 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Tumori
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
F 188 vescica ABBIGLIAMENTO 1,557 0,243 9,972 65 1 359 5 1,105 0,695
M 189 rene,vie urinar. ABBIGLIAMENTO 2,136 0,341 13,393 8 1 242 15 2,017 0,496
M 191 encefalo ABBIGLIAMENTO 2,883 0,465 17,877 8 1 242 11 2,750 0,340
F 191 encefalo ABBIGLIAMENTO 1,200 0,193 7,471 65 1 359 5 1,105 0,870
F 193 tiroide ABBIGLIAMENTO 1,012 0,163 6,294 65 1 359 5 1,105 0,992
F 203 mieloma ABBIGLIAMENTO 5,075 0,548 47,018 65 1 359 3 1,841 0,230
M 14 cavità orale EDILIZIA 1,095 0,448 2,675 224 7 242 7 1,080 0,868
M 15 colon-retto EDILIZIA 1,145 0,645 2,034 224 19 242 17 1,207 0,698
linfoma non
M 20 Hodgkin EDILIZIA 0,709 0,294 1,713 224 6 242 9 0,720 0,522
M 21 leucemie EDILIZIA 1,356 0,617 2,979 224 11 242 8 1,485 0,525
M 151 stomaco EDILIZIA 0,549 0,233 1,291 224 6 242 11 0,589 0,248
M 152 intestino tenue EDILIZIA 0,370 0,055 2,492 224 1 242 3 0,360 0,391
M 155 fegato EDILIZIA 0,828 0,445 1,539 224 14 242 17 0,890 0,616
M 157 pancreas EDILIZIA 0,813 0,265 2,492 224 4 242 5 0,864 0,761
M 161 laringe EDILIZIA 0,496 0,152 1,617 224 3 242 6 0,540 0,329
M 162 polmone EDILIZIA 1,288 0,862 1,924 224 47 242 37 1,372 0,301
M 172 pelle,melanomi EDILIZIA 1,497 0,328 6,829 224 3 242 2 1,621 0,662
M 175 mammella EDILIZIA 1,031 0,099 10,699 224 1 242 1 1,080 0,983
M 185 prostata EDILIZIA 0,789 0,429 1,451 224 15 242 18 0,900 0,522
M 186 testicolo EDILIZIA 0,549 0,130 2,317 224 2 242 4 0,540 0,493
M 188 vescica EDILIZIA 1,081 0,650 1,799 224 24 242 23 1,127 0,801
M 189 rene,vie urinar. EDILIZIA 0,403 0,178 0,911 224 6 242 15 0,432 0,067
M 191 encefalo EDILIZIA 0,095 0,017 0,535 224 1 242 11 0,098 0,025
M 203 mieloma EDILIZIA 1,892 0,446 8,023 224 4 242 2 2,161 0,468
M 14 cavità orale TRASPORTI 1,364 0,476 3,904 103 4 242 7 1,343 0,627
M 15 colon-retto TRASPORTI 0,966 0,450 2,075 103 7 242 17 0,967 0,941
linfoma non
M 20 Hodgkin TRASPORTI 0,740 0,241 2,267 103 3 242 9 0,783 0,658
F 21 leucemie TRASPORTI 20,185 2,581 157,870 6 1 359 3 19,944 0,016
M 151 stomaco TRASPORTI 0,207 0,037 1,167 103 1 242 11 0,214 0,134
47
Tabella 15.1 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Tumori
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
M 155 fegato TRASPORTI 1,084 0,520 2,262 103 8 242 17 1,106 0,856
M 157 pancreas TRASPORTI 0,886 0,218 3,601 103 2 242 5 0,940 0,887
M 162 polmone TRASPORTI 0,981 0,571 1,687 103 16 242 37 1,016 0,954
M 172 pelle,melanomi TRASPORTI 2,317 0,441 12,159 103 2 242 2 2,350 0,405
M 175 mammella TRASPORTI 2,498 0,240 25,996 103 1 242 1 2,350 0,520
M 185 prostata TRASPORTI 0,974 0,464 2,044 103 8 242 18 1,044 0,953
M 186 testicolo TRASPORTI 0,674 0,104 4,351 103 1 242 4 0,587 0,728
M 188 vescica TRASPORTI 0,600 0,272 1,319 103 6 242 23 0,613 0,286
M 189 rene,vie urinar. TRASPORTI 0,303 0,086 1,066 103 2 242 15 0,313 0,119
M 191 encefalo TRASPORTI 0,412 0,114 1,484 103 2 242 11 0,427 0,255
M 201 linfoma Hodgkin TRASPORTI 2,510 0,641 9,831 103 3 242 3 2,350 0,267
M 203 mieloma TRASPORTI 1,126 0,148 8,594 103 1 242 2 1,175 0,923
altri mal def e
M 999 metastasi TRASPORTI 3,525 0,314 39,508 103 1 242 1 2,350 0,391
Tabella 15.2 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Altre malattie
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
M 29 disturbi psichici SIDERURGIA 0,751 0,526 1,072 872 64 444 67 0,486 0,186
F 29 disturbi psichici SIDERURGIA 0,539 0,092 3,153 8 1 327 89 0,459 0,565
mal. cron.
M 49 respiratorie SIDERURGIA 1,036 0,598 1,794 872 35 444 13 1,371 0,916
M 57 cirrosi epatica SIDERURGIA 0,795 0,630 1,003 872 186 444 115 0,824 0,105
F 57 cirrosi epatica SIDERURGIA 1,112 0,188 6,592 8 1 327 32 1,277 0,922
M 80 traumatismi SIDERURGIA 0,889 0,744 1,063 872 391 444 293 0,679 0,280
F 80 traumatismi SIDERURGIA 0,972 0,376 2,516 8 5 327 206 0,992 0,961
PRODOTTI PER
M 29 disturbi psichici EDILIZIA 0,684 0,278 1,679 41 4 444 67 0,647 0,486
F 29 disturbi psichici PRODOTTI PER 2,340 0,300 18,229 2 1 327 89 1,837 0,496
48
Tabella 15.2 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Altre malattie
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
EDILIZIA
mal. cron. PRODOTTI PER
M 49 respiratorie EDILIZIA 4,070 1,584 10,459 41 5 444 13 4,165 0,014
PRODOTTI PER
M 57 cirrosi epatica EDILIZIA 0,942 0,514 1,726 41 10 444 115 0,942 0,871
PRODOTTI PER
M 80 traumatismi EDILIZIA 1,164 0,761 1,780 41 29 444 293 1,072 0,557
PRODOTTI PER
F 80 traumatismi EDILIZIA 0,801 0,106 6,042 2 1 327 206 0,794 0,857
COSTRUZIONI
M 29 disturbi psichici MECCANICHE 0,809 0,584 1,119 464 53 444 67 0,757 0,282
COSTRUZIONI
F 29 disturbi psichici MECCANICHE 0,550 0,153 1,974 12 2 327 89 0,612 0,442
mal. cron. COSTRUZIONI
M 49 respiratorie MECCANICHE 1,077 0,567 2,045 464 15 444 13 1,104 0,850
COSTRUZIONI
M 57 cirrosi epatica MECCANICHE 0,820 0,638 1,054 464 99 444 115 0,824 0,194
COSTRUZIONI
F 57 cirrosi epatica MECCANICHE 2,148 0,576 8,007 12 2 327 32 1,703 0,339
COSTRUZIONI
M 80 traumatismi MECCANICHE 1,250 1,052 1,486 464 363 444 293 1,186 0,034
COSTRUZIONI
F 80 traumatismi MECCANICHE 1,505 0,743 3,048 12 11 327 206 1,455 0,341
COSTRUZIONI
M 29 disturbi psichici ELETTRICHE 0,984 0,394 2,455 36 4 444 67 0,736 0,977
COSTRUZIONI
F 29 disturbi psichici ELETTRICHE 0,808 0,130 5,032 5 1 327 89 0,735 0,848
mal. cron. COSTRUZIONI
M 49 respiratorie ELETTRICHE 0,705 0,122 4,057 36 1 444 13 0,949 0,742
COSTRUZIONI
M 57 cirrosi epatica ELETTRICHE 0,542 0,242 1,215 36 5 444 115 0,536 0,212
COSTRUZIONI
M 80 traumatismi ELETTRICHE 1,171 0,732 1,872 36 23 444 293 0,968 0,581
COSTRUZIONI
F 80 traumatismi ELETTRICHE 0,628 0,157 2,510 5 2 327 206 0,635 0,581
49
Tabella 15.2 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Altre malattie
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
INDUSTRIA
M 29 disturbi psichici ALIMENTARE 0,798 0,349 1,825 37 5 444 67 0,896 0,654
INDUSTRIA
F 29 disturbi psichici ALIMENTARE 0,423 0,071 2,513 7 1 327 89 0,525 0,427
mal. cron. INDUSTRIA
M 49 respiratorie ALIMENTARE 5,277 1,996 13,953 37 5 444 13 4,615 0,005
INDUSTRIA
M 57 cirrosi epatica ALIMENTARE 0,835 0,430 1,623 37 8 444 115 0,835 0,655
INDUSTRIA
F 57 cirrosi epatica ALIMENTARE 1,692 0,278 10,299 7 1 327 32 1,460 0,632
INDUSTRIA
M 80 traumatismi ALIMENTARE 1,077 0,693 1,674 37 27 444 293 1,106 0,783
INDUSTRIA
F 80 traumatismi ALIMENTARE 0,470 0,124 1,778 7 2 327 206 0,454 0,351
M 29 disturbi psichici ABBIGLIAMENTO 0,860 0,242 3,053 17 2 444 67 0,780 0,845
F 29 disturbi psichici ABBIGLIAMENTO 0,504 0,248 1,024 43 7 327 89 0,598 0,112
M 57 cirrosi epatica ABBIGLIAMENTO 0,682 0,240 1,938 17 3 444 115 0,681 0,547
F 57 cirrosi epatica ABBIGLIAMENTO 1,083 0,430 2,727 43 4 327 32 0,951 0,888
M 80 traumatismi ABBIGLIAMENTO 1,053 0,551 2,014 17 12 444 293 1,070 0,895
F 80 traumatismi ABBIGLIAMENTO 1,162 0,764 1,766 43 31 327 206 1,144 0,556
M 29 disturbi psichici LEGNO 0,319 0,094 1,082 38 2 444 67 0,349 0,124
mal. cron.
M 49 respiratorie LEGNO 1,060 0,183 6,149 38 1 444 13 0,899 0,956
M 57 cirrosi epatica LEGNO 0,102 0,019 0,544 38 1 444 115 0,102 0,025
M 80 traumatismi LEGNO 0,581 0,344 0,983 38 15 444 293 0,598 0,089
F 80 traumatismi LEGNO 0,795 0,105 5,994 2 1 327 206 0,794 0,852
M 29 disturbi psichici EDILIZIA 0,765 0,549 1,066 451 50 444 67 0,735 0,184
F 29 disturbi psichici EDILIZIA 3,287 1,126 9,599 5 5 327 89 3,674 0,068
mal. cron.
M 49 respiratorie EDILIZIA 1,810 1,012 3,239 451 25 444 13 1,893 0,093
M 57 cirrosi epatica EDILIZIA 0,833 0,648 1,073 451 97 444 115 0,830 0,235
F 57 cirrosi epatica EDILIZIA 5,026 1,193 21,170 5 2 327 32 4,088 0,065
M 80 traumatismi EDILIZIA 1,326 1,117 1,573 451 378 444 293 1,270 0,007
50
Tabella 15.2 Risultati dello studio caso-controllo sui dati di incidenza - Altre malattie
Attività economica
Sesso ICDIX Sede neoplasia (Ateco 81) OR inf90or sup90or n_ctrles n_casies n_ctrlne n_casine or_noadj p_value
F 80 traumatismi EDILIZIA 1,651 0,574 4,751 5 5 327 206 1,587 0,435
M 29 disturbi psichici PETROLIO 1,253 0,496 3,165 29 4 444 67 0,914 0,689
M 57 cirrosi epatica PETROLIO 0,266 0,079 0,899 29 2 444 115 0,266 0,074
M 80 traumatismi PETROLIO 0,510 0,259 1,005 29 8 444 293 0,418 0,103
M 29 disturbi psichici TRASPORTI 0,822 0,511 1,321 184 18 444 67 0,648 0,496
F 29 disturbi psichici TRASPORTI 0,371 0,063 2,167 8 1 327 89 0,459 0,355
mal. cron.
M 49 respiratorie TRASPORTI 1,463 0,700 3,059 184 9 444 13 1,671 0,396
M 57 cirrosi epatica TRASPORTI 1,008 0,731 1,392 184 47 444 115 0,986 0,966
F 57 cirrosi epatica TRASPORTI 1,571 0,262 9,406 8 1 327 32 1,277 0,678
M 80 traumatismi TRASPORTI 1,211 0,958 1,531 184 127 444 293 1,046 0,179
F 80 traumatismi TRASPORTI 0,409 0,110 1,515 8 2 327 206 0,397 0,261
COMMERCIO AL
M 29 disturbi psichici MINUTO 0,145 0,027 0,784 41 1 444 67 0,162 0,060
COMMERCIO AL
F 29 disturbi psichici MINUTO 0,788 0,341 1,820 23 5 327 89 0,799 0,639
mal. cron. COMMERCIO AL
M 49 respiratorie MINUTO 0,968 0,168 5,580 41 1 444 13 0,833 0,975
COMMERCIO AL
M 57 cirrosi epatica MINUTO 0,848 0,452 1,591 41 9 444 115 0,848 0,666
COMMERCIO AL
F 57 cirrosi epatica MINUTO 1,011 0,287 3,568 23 2 327 32 0,889 0,988
COMMERCIO AL
M 80 traumatismi MINUTO 1,105 0,729 1,673 41 32 444 293 1,183 0,694
COMMERCIO AL
F 80 traumatismi MINUTO 0,633 0,325 1,230 23 9 327 206 0,621 0,257
51
6.3 Discussione dei risultati e conclusioni relative ai dati di incidenza
Il settore della siderurgia è ben rappresentato nel data set. Nel sesso maschile il campione di
popolazione ha fornito ben 589 controlli “esposti”. In questo settore non appaiono i rischi già
segnalati in letteratura. Non si ritrovano i rischi per cavità orale e colon retto dei dati di mortalità,
peraltro non interpretabili. Il tumore del polmone presenta un rischio di 0.79 (CI 0.55-1.13), basato
su 79 casi e con una categoria di riferimento che ne fornisce 37. E’ questa una forte indicazione,
unitamente a quanto già rilevato dai dati di mortalità alla assenza di rischio per tumore del polmone
nel settore della siderurgia, così come osservabile mediante la metodologia OCCAM. E’ invece
importante il rischio di tumore alla pleura, basato su 4 casi che, come previsto dalle vigenti
disposizioni debbono essere indagati per accertare la pregressa esposizione ad amianto.
Sorprendente, data l’assenza di rischio per tumore al polmone ma confermato anche dai dati di
mortalità, è il dato del tumore alla vescica, caratterizzato da un rischio di 1.11 (90% CI 0.73-1.68),
basato su 72 casi. Questo rischio è ben documentato in letteratura. Nei dati di incidenza non si
ritrova l’eccesso dei tumori della vescica, ben evidente nei dati di mortalità.
Il settore delle “Costruzioni meccaniche” è ben rappresentato nel sesso maschile e presenta
alcuni rischi degni di approfondimento e riscontrati anche nei dati di mortalità: polmone (44 casi) e
vescica (34 casi). Si tratta di rischi ben documentati in letteratura conseguenti alle esposizioni a
solventi ed ad aerosol di oli minerali. Da indagare anche un caso di tumore della pleura ed un
eccesso di rischio per tumore della prostata di 1.45 (C.I. 0.85-2.48) con 28 casi.
Il settore delle “Costruzioni elettriche” non presenta rischi importanti e l’unico caso da
approfondire è un possibile tumore della pleura. Il settore dell’abbigliamento è ben rappresentato
nel sesso femminile ma non presenta rischi importanti compatibili con i dati della letteratura, fatta
eccezione per il tumore della vescica (5 casi nel sesso maschile; questo settore comprende anche le
stamperie).
Il comparto della “Edilizia” è ben studiabile in questo data set (224 controlli “esposti” nel
sesso maschile). Esso è caratterizzato da rischi aumentati per il tumore al polmone (47 casi) ed alla
vescica (24 casi) che sono con notevole frequenza segnalati in letteratura. Da segnalare un eccesso
di rischio per malattie croniche respiratorie (O.R.: 1.81 - C.I. 1.01-3.24) con 25 casi e nessun caso
di tumore della pleura.
L’ultimo settore studiabile è quello dei trasporti. In questi dati non si ritrova l’eccesso per
tumore al polmone ed alla vescica ben segnalati in letteratura.
Al fine di meglio caratterizzare i rischi, in particolare quelli relativi al tumore del polmone è
stata realizzata anche sui dati di incidenza una analisi per durata di esposizione. Il rischio è stato
rivalutato solo per i soggetti “esposti”, sia casi sia controlli, per una durata superiore a 10 anni. La
tabella completa è riportata in Appendice 3. Nel settore della siderurgia il rischio di tumore del
polmone si aggira intorno all’unità (0.99 90% CI 0.66-1.50) e non diverso da quello calcolato
sull’intero data set, mentre per i casi esposti si passa da 79 a 68 e per i controlli esposti da 589 a 489
soggetti.
Anche i dati di incidenza, sebbene di minor qualità e completezza rispetto ai dati di mortalità
sono spesso in accordo con i dati della letteratura. La mancanza di rischio per tumore polmonare nel
settore della siderurgia e l’accordo di questo dato con quanto emerge dall’analisi dei dati di
mortalità indica che, negli addetti al settore, il rischio non è rilevabile. Questo è probabilmente
dovuto ad una diluizione del rischio reale caratteristico di alcune mansioni e lavorazioni non
individuabili dall’approccio OCCAM.
53
Appendice 1
Raggrupamenti dei codici ATECO in comparti
54
Appendice 2
Analisi della mortalità per i soggetti con esposizioni superiori a 10 anni
Ssso Sede Attività economica or inf90 sup90 ctrles casies ctrlne casine or_noadj p_value
M cavità orale SIDERURGIA 1,69 0,43 6,61 427 7 183 2 1,5 0,52
M colon-retto SIDERURGIA 1,57 0,53 4,63 427 11 183 3 1,57 0,49
M linfoma non Hodgkin SIDERURGIA 0,43 0,18 1,05 427 7 183 7 0,43 0,12
M leucemie SIDERURGIA 1,55 0,22 10,99 427 3 183 1 1,29 0,71
M esofago SIDERURGIA 1,35 0,2 9,27 427 3 183 1 1,29 0,8
M stomaco SIDERURGIA 1,21 0,39 3,78 427 8 183 3 1,14 0,78
M intestino tenue SIDERURGIA 1,14 0,13 9,91 427 2 183 1 0,86 0,92
M fegato SIDERURGIA 0,45 0,21 0,96 427 10 183 11 0,39 0,08
M pancreas SIDERURGIA 3,46 0,6 19,96 427 8 183 1 3,43 0,24
M laringe SIDERURGIA 0,14 0,02 0,96 427 1 183 3 0,14 0,09
M polmone SIDERURGIA 0,87 0,59 1,28 427 63 183 33 0,82 0,55
M pleura SIDERURGIA 2,37 0,56 10,05 427 6 183 2 1,29 0,33
M prostata SIDERURGIA 0,15 0,02 1,03 427 1 183 3 0,14 0,11
M vescica SIDERURGIA 1,91 0,51 7,25 427 8 183 2 1,71 0,42
M rene,vie urinar. SIDERURGIA 0,32 0,09 1,14 427 3 183 4 0,32 0,14
M encefalo SIDERURGIA 3,47 0,58 20,84 427 7 183 1 3 0,25
M mieloma SIDERURGIA 0,64 0,14 2,91 427 3 183 2 0,64 0,63
M cavità orale COSTRUZIONI MECCANICHE 1,26 0,24 6,61 145 2 183 2 1,26 0,82
M colon-retto COSTRUZIONI MECCANICHE 0,42 0,06 2,84 145 1 183 3 0,42 0,46
M linfoma non Hodgkin COSTRUZIONI MECCANICHE 0,54 0,17 1,72 145 3 183 7 0,54 0,38
M leucemie COSTRUZIONI MECCANICHE 1,32 0,13 13,67 145 1 183 1 1,26 0,85
M esofago COSTRUZIONI MECCANICHE 1,27 0,12 13,07 145 1 183 1 1,26 0,87
M stomaco COSTRUZIONI MECCANICHE 0,86 0,19 3,9 145 2 183 3 0,84 0,87
M fegato COSTRUZIONI MECCANICHE 0,48 0,18 1,29 145 4 183 11 0,46 0,22
M pancreas COSTRUZIONI MECCANICHE 2,52 0,33 19,06 145 2 183 1 2,52 0,45
M laringe COSTRUZIONI MECCANICHE 0,84 0,18 3,8 145 2 183 3 0,84 0,85
M polmone COSTRUZIONI MECCANICHE 1,26 0,8 1,98 145 32 183 33 1,22 0,4
M pleura COSTRUZIONI MECCANICHE 1,38 0,26 7,29 145 2 183 2 1,26 0,75
M osso COSTRUZIONI MECCANICHE 2,95 0,38 22,64 145 2 183 1 2,52 0,38
M prostata COSTRUZIONI MECCANICHE 0,87 0,19 3,98 145 2 183 3 0,84 0,88
M vescica COSTRUZIONI MECCANICHE 2,57 0,61 10,81 145 4 183 2 2,52 0,28
M rene,vie urinar. COSTRUZIONI MECCANICHE 0,94 0,26 3,36 145 3 183 4 0,95 0,94
M encefalo COSTRUZIONI MECCANICHE 1,38 0,13 14,41 145 1 183 1 1,26 0,82
M cavità orale EDILIZIA 2,55 0,48 13,47 72 2 183 2 2,54 0,36
M colon-retto EDILIZIA 2,53 0,65 9,92 72 3 183 3 2,54 0,26
M linfoma non Hodgkin EDILIZIA 0,37 0,06 2,18 72 1 183 7 0,36 0,36
M leucemie EDILIZIA 3 0,27 32,83 72 1 183 1 2,54 0,45
M stomaco EDILIZIA 1,7 0,37 7,82 72 2 183 3 1,69 0,57
M fegato EDILIZIA 0,7 0,23 2,12 72 3 183 11 0,69 0,6
M pancreas EDILIZIA 2,62 0,25 27,37 72 1 183 1 2,54 0,5
M polmone EDILIZIA 1,24 0,71 2,16 72 16 183 33 1,23 0,52
M prostata EDILIZIA 0,85 0,13 5,81 72 1 183 3 0,85 0,89
55
Ssso Sede Attività economica or inf90 sup90 ctrles casies ctrlne casine or_noadj p_value
M vescica EDILIZIA 7,55 1,92 29,62 72 6 183 2 7,63 0,01
M rene,vie urinar. EDILIZIA 0,67 0,1 4,31 72 1 183 4 0,64 0,72
M encefalo EDILIZIA 2,54 0,25 26,3 72 1 183 1 2,54 0,51
M cavità orale TRASPORTI 3,95 0,46 33,62 27 1 183 2 3,39 0,29
M linfoma non Hodgkin TRASPORTI 1,04 0,17 6,44 27 1 183 7 0,97 0,97
M leucemie TRASPORTI 5,87 0,55 62,29 27 1 183 1 6,78 0,22
M stomaco TRASPORTI 7,26 1,74 30,23 27 3 183 3 6,78 0,02
M fegato TRASPORTI 1,08 0,29 4,02 27 2 183 11 1,23 0,92
M polmone TRASPORTI 2,19 1,12 4,27 27 11 183 33 2,26 0,05
M prostata TRASPORTI 2,13 0,3 15,05 27 1 183 3 2,26 0,52
M vescica TRASPORTI 4,75 0,52 43,23 27 1 183 2 3,39 0,25
M altre e non spec. SNC TRASPORTI 8,29 0,7 98,39 27 1 183 1 6,78 0,16
56
Appendice 3
Analisi della incidenza di tumore per i soggetti con esposizioni superiori a 10 anni
Ssso Sede Attività economica or inf90 sup90 ctrles casies ctrlne casine or_noadj p_value
M cavità orale SIDERURGIA E METALLURGIA 0,4 0,16 1 489 7 223 8 0,4 0,1
F cavità orale SIDERURGIA E METALLURGIA 46,85 3,1 706,96 4 1 350 1 87,5 0,02
M colon-retto SIDERURGIA E METALLURGIA 0,81 0,49 1,37 489 35 223 18 0,89 0,52
M linfoma non Hodgkin SIDERURGIA E METALLURGIA 0,86 0,43 1,72 489 20 223 9 1,01 0,72
M leucemie SIDERURGIA E METALLURGIA 0,4 0,16 1,01 489 7 223 7 0,46 0,1
M stomaco SIDERURGIA E METALLURGIA 0,62 0,31 1,23 489 17 223 10 0,78 0,25
M intestino tenue SIDERURGIA E METALLURGIA 0,2 0,03 1,51 489 1 223 3 0,15 0,19
M fegato SIDERURGIA E METALLURGIA 0,86 0,48 1,53 489 29 223 13 1,02 0,66
M pancreas SIDERURGIA E METALLURGIA 0,52 0,19 1,42 489 7 223 5 0,64 0,29
M laringe SIDERURGIA E METALLURGIA 1,91 0,58 6,34 489 10 223 3 1,52 0,37
M polmone SIDERURGIA E METALLURGIA 0,99 0,66 1,5 489 68 223 27 1,15 0,98
M pleura SIDERURGIA E METALLURGIA 1,27 0,2 8,08 489 4 223 1 1,82 0,83
M osso SIDERURGIA E METALLURGIA 0,36 0,03 3,92 489 1 223 1 0,46 0,48
M tessuti molli SIDERURGIA E METALLURGIA 1,74 0,39 7,73 489 6 223 2 1,37 0,54
M pelle,melanomi SIDERURGIA E METALLURGIA 17,77 2,16 146,5 489 9 223 1 4,1 0,02
M mammella SIDERURGIA E METALLURGIA 0,31 0,03 3,19 489 1 223 1 0,46 0,41
M prostata SIDERURGIA E METALLURGIA 0,78 0,45 1,36 489 33 223 14 1,07 0,46
M testicolo SIDERURGIA E METALLURGIA 0,21 0,03 1,63 489 1 223 4 0,11 0,21
M vescica SIDERURGIA E METALLURGIA 1,47 0,89 2,43 489 60 223 15 1,82 0,21
M rene,vie urinar. SIDERURGIA E METALLURGIA 0,34 0,15 0,79 489 8 223 10 0,36 0,03
M encefalo SIDERURGIA E METALLURGIA 0,45 0,2 0,99 489 10 223 9 0,51 0,1
M linfoma Hodgkin SIDERURGIA E METALLURGIA 0,36 0,07 1,82 489 2 223 3 0,3 0,3
M mieloma SIDERURGIA E METALLURGIA 3,54 0,47 26,58 489 5 223 1 2,28 0,3
M altri mal def e metastasi SIDERURGIA E METALLURGIA 1,53 0,07 35,48 489 1 223 1 0,46 0,82
M cavità orale COSTRUZIONI MECCANICHE 0,94 0,36 2,43 150 5 223 8 0,93 0,91
M colon-retto COSTRUZIONI MECCANICHE 0,25 0,09 0,7 150 3 223 18 0,25 0,03
M linfoma non Hodgkin COSTRUZIONI MECCANICHE 0,64 0,24 1,76 150 4 223 9 0,66 0,47
M leucemie COSTRUZIONI MECCANICHE 1,22 0,48 3,11 150 6 223 7 1,27 0,73
M stomaco COSTRUZIONI MECCANICHE 0,14 0,03 0,82 150 1 223 10 0,15 0,07
M intestino tenue COSTRUZIONI MECCANICHE 0,5 0,07 3,4 150 1 223 3 0,5 0,55
M fegato COSTRUZIONI MECCANICHE 1,23 0,61 2,47 150 11 223 13 1,26 0,63
M pancreas COSTRUZIONI MECCANICHE 0,58 0,14 2,35 150 2 223 5 0,59 0,52
M laringe COSTRUZIONI MECCANICHE 1 0,22 4,52 150 2 223 3 0,99 1
M polmone COSTRUZIONI MECCANICHE 1,74 1,09 2,79 150 33 223 27 1,82 0,05
M pleura COSTRUZIONI MECCANICHE 1,43 0,14 14,87 150 1 223 1 1,49 0,8
M tessuti molli COSTRUZIONI MECCANICHE 0,76 0,1 5,75 150 1 223 2 0,74 0,82
M pelle,melanomi COSTRUZIONI MECCANICHE 7,32 1,2 44,78 150 5 223 1 7,43 0,07
M prostata COSTRUZIONI MECCANICHE 1,61 0,84 3,07 150 16 223 14 1,7 0,23
M vescica COSTRUZIONI MECCANICHE 1,72 0,93 3,18 150 18 223 15 1,78 0,15
M rene,vie urinar. COSTRUZIONI MECCANICHE 0,73 0,29 1,83 150 5 223 10 0,74 0,57
M encefalo COSTRUZIONI MECCANICHE 0,66 0,24 1,8 150 4 223 9 0,66 0,5
M linfoma Hodgkin COSTRUZIONI MECCANICHE 0,54 0,08 3,66 150 1 223 3 0,5 0,59
57
Ssso Sede Attività economica or inf90 sup90 ctrles casies ctrlne casine or_noadj p_value
M mieloma COSTRUZIONI MECCANICHE 7,29 1,19 44,68 150 5 223 1 7,43 0,07
M altri mal def e metastasi COSTRUZIONI MECCANICHE 1,64 0,16 17,19 150 1 223 1 1,49 0,73
M cavità orale COSTRUZIONI ELETTRICHE 1,3 0,22 7,77 21 1 223 8 1,33 0,81
M colon-retto COSTRUZIONI ELETTRICHE 1,2 0,33 4,36 21 2 223 18 1,18 0,81
M linfoma non Hodgkin COSTRUZIONI ELETTRICHE 1,25 0,21 7,43 21 1 223 9 1,18 0,84
M laringe COSTRUZIONI ELETTRICHE 3,57 0,51 24,81 21 1 223 3 3,54 0,28
M polmone COSTRUZIONI ELETTRICHE 0,42 0,08 2,4 21 1 223 27 0,39 0,42
F polmone COSTRUZIONI ELETTRICHE 36,43 3,95 335,64 2 1 350 4 43,75 0,01
M pleura COSTRUZIONI ELETTRICHE 13,42 1,2 150,45 21 1 223 1 10,62 0,08
M vescica COSTRUZIONI ELETTRICHE 0,77 0,13 4,58 21 1 223 15 0,71 0,81
M rene,vie urinar. COSTRUZIONI ELETTRICHE 1,1 0,19 6,45 21 1 223 10 1,06 0,93
M colon-retto EDILIZIA 1,26 0,58 2,72 67 7 223 18 1,29 0,63
M linfoma non Hodgkin EDILIZIA 0,74 0,2 2,73 67 2 223 9 0,74 0,7
M leucemie EDILIZIA 0,47 0,08 2,77 67 1 223 7 0,48 0,48
M stomaco EDILIZIA 0,65 0,18 2,4 67 2 223 10 0,67 0,59
M intestino tenue EDILIZIA 1,12 0,17 7,61 67 1 223 3 1,11 0,92
M fegato EDILIZIA 0,5 0,14 1,78 67 2 223 13 0,51 0,37
M pancreas EDILIZIA 1,25 0,3 5,15 67 2 223 5 1,33 0,79
M polmone EDILIZIA 1,3 0,68 2,48 67 11 223 27 1,36 0,5
M prostata EDILIZIA 2,04 0,95 4,38 67 9 223 14 2,14 0,12
M vescica EDILIZIA 1,13 0,47 2,75 67 5 223 15 1,11 0,82
M rene,vie urinar. EDILIZIA 0,33 0,06 1,88 67 1 223 10 0,33 0,29
M encefalo EDILIZIA 0,37 0,06 2,11 67 1 223 9 0,37 0,34
M mieloma EDILIZIA 3,25 0,31 33,9 67 1 223 1 3,33 0,41
M cavità orale TRASPORTI 1,11 0,35 3,52 76 3 223 8 1,1 0,88
M colon-retto TRASPORTI 0,62 0,24 1,6 76 4 223 18 0,65 0,41
M linfoma non Hodgkin TRASPORTI 0,29 0,05 1,67 76 1 223 9 0,33 0,25
F leucemie TRASPORTI 59,42 5,88 600,19 3 1 350 3 38,89 0
M fegato TRASPORTI 1,27 0,54 2,97 76 6 223 13 1,35 0,64
M pancreas TRASPORTI 0,45 0,07 2,81 76 1 223 5 0,59 0,47
M polmone TRASPORTI 0,75 0,37 1,53 76 8 223 27 0,87 0,51
M pleura TRASPORTI 2,52 0,24 26,68 76 1 223 1 2,93 0,52
M pelle,melanomi TRASPORTI 6,81 0,85 54,46 76 2 223 1 5,87 0,13
M mammella TRASPORTI 3,54 0,32 38,77 76 1 223 1 2,93 0,39
M prostata TRASPORTI 0,49 0,17 1,45 76 3 223 14 0,63 0,28
M testicolo TRASPORTI 1,08 0,16 7,31 76 1 223 4 0,73 0,95
M vescica TRASPORTI 0,84 0,35 2,05 76 5 223 15 0,98 0,75
M rene,vie urinar. TRASPORTI 0,28 0,05 1,6 76 1 223 10 0,29 0,23
M encefalo TRASPORTI 0,29 0,05 1,7 76 1 223 9 0,33 0,25
M linfoma Hodgkin TRASPORTI 1,33 0,19 9,53 76 1 223 3 0,98 0,81
M mieloma TRASPORTI 2,21 0,21 23,48 76 1 223 1 2,93 0,58
M altri mal def e metastasi TRASPORTI 15,48 0,76 316,51 76 1 223 1 2,93 0,14
58
Istituto Superiore Istituto Superiore per la
di Sanità Sicurezza sul Lavoro
U. O. n. 16 - Relazione finale
maggio 2006
Studio dell’esposizione della popolazione di Taranto, Statte, Crispiano e Massafra ad
inquinanti presenti nell’aria ambiente
Population exposure studies in urban areas, where are located industrial plants, require to
perform surveys able to comprehend variability in human behaviour and lifestyles with the aim
to describe personal pattern related to higher health risks. This approach require the knowledge
of variables influencing personal exposure. Population studies, carried out using questionnaires
specifically predisposed, can provide a valid support in acquiring information on individual
variability in order to perform the exposure evaluation. A population survey, specifically
designed in order to acquire information on individual exposure variability, was performed in
the Taranto area. Information analysis, referred to 1066 individuals residing in Taranto, Statte,
Crispiano e Massafra, showed differences in behaviour among age-sex population groups and
permitted to reconstruct inhalation rates for each age-sex group, suggesting risk profiles which
characterize the population under study.
2
Sintesi della ricerca
Obiettivo del presente studio era quello di analizzare i comportamenti delle
popolazioni residenti nell’area di Taranto, Crispiano, Statte e Massafra per
giungere alla ricostruzione dei pattern giornalieri di attività finalizzati alla stima
dei ratei inalatori. Le stime effettuate costituiscono la base per effettuare
un’analisi del rischio di esposizione a contaminazione atmosferica qualora si
rendano disponibili dati locali di qualità dell’aria.
Allo scopo, è stata pianificata un’indagine di popolazione su un campione di
387 famiglie residenti nei comuni dell’area in studio, per un totale di 1066
individui rappresentativi per sesso ed età della popolazione locale.
La rilevazione è stata effettuata tramite intervista domiciliare da
intervistatori formati nelle tecniche di rilevazione e con un questionario
predisposto ad hoc per la rilevazione delle variabili individuali e di
comportamento che influenzano l’esposizione inalatoria ad inquinamento
ambientale.
L’analisi dei dati ha confermato la validità dell’approccio utilizzato ai fini di
descrivere adeguatamente i pattern giornalieri delle attività svolte dai diversi
individui e, contemporaneamente, di evidenziare la variabilità comportamentale
sia tra individui appartenenti allo stesso gruppo di popolazione, sia tra gruppi
diversi.
I risultati evidenziano alcune modalità di comportamento della popolazione
dell’area in studio probabilmente dovuti a specifiche caratteristiche economiche,
sociali e culturali dell’area in studio. Il dato distintivo, che emerge nella realtà
osservata, disegna una popolazione che conduce una vita prevalentemente
all’interno della casa, dove vengono svolte, oltre alle usuali attività casalinghe,
anche la gran parte delle attività ricreative. Ne risulta un profilo di popolazione
prevalentemente sedentaria e con abitudini ed attività molto tradizionali.
Alcune analogie di comportamento sono comunque presenti nel confronto
con popolazioni del nord d’Italia, soprattutto tra sessi diversi, tra cui emerge il
maggior tempo trascorso in casa dalle femmine rispetto ai maschi e una
tendenza maggiore all’utilizzo del mezzo privato (automobile, moto) da parte
dei maschi e del mezzo pubblico (autobus) da parte delle femmine.
Analogamente l’attività sportiva, complessivamente inferiore presso questa
popolazione, è comunque più frequente nei maschi.
I risultati dello studio, confortati dai risultati ottenuti in analoghi studi
realizzati in altre aree italiane, sottolineano l’importanza di svolgere indagini sui
comportamenti delle popolazioni con osservazioni puntuali e ripetute, poiché i
comportamenti e le abitudini individuali sono ampiamente influenzati
dall’ambiente in senso ampio ed una conoscenza limitata nel tempo e nello
spazio potrebbe condurre a stime di esposizione distorte.
Il presente studio potrà contribuire, insieme ai risultati prodotti dalle altre
unità operative del progetto, a delineare un quadro esauriente delle
problematiche di rischio presenti nell’area in studio.
3
U. O. n. 16 dell’ Istituto Superiore di Sanità:
Dott. Giuseppe Viviano, Direttore del Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e
connessa prevenzione primaria. Responsabile scientifico
Dott.a Anna Bastone, Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e connessa
prevenzione primaria
Dott.a M.Eleonora Soggiu, Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e connessa
prevenzione primaria
Dott.a Caterina Vollono, Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e connessa
prevenzione primaria
Sig.ra Mascia Masciocchi, Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e connessa
prevenzione primaria
Sig.ra Grazia Rago, Reparto di Igiene dell’aria, Dipartimento Ambiente e connessa prevenzione
primaria
Rilevatori
Dott. Emanuela d’Ippolito
Dott. Andrea Guido
Doot. Francesco Mingolla
Dott. Michele Lo Noce
Dott.ssa Antonella Caroppo
Dott. Leo Mezzana
Dott.ssa Eleonora Pacelli
4
INDICE
INTRODUZIONE......................................................................................................................................6
1. LA VALUTAZIONE DELL'ESPOSIZIONE......................................................................................7
2. L’INDAGINE DI POPOLAZIONE NELL’AREA IN STUDIO......................................................9
2.1 METODOLOGIA E STRUMENTI DI RILEVAZIONE ..................................................................................10
2.1.1 Selezione del campione..............................................................................................................10
2.1.2 L’intervista della famiglia .........................................................................................................11
3. ANALISI DEI DATI ............................................................................................................................11
3.1 CARATTERISTICHE DEL CAMPIONE ....................................................................................................11
3.2 LE CARATTERISTICHE ABITATIVE ......................................................................................................16
3.3 LE CARATTERISTICHE FISICHE INDIVIDUALI ......................................................................................16
3.4 ANALISI DEI COMPORTAMENTI ..........................................................................................................20
3.4.1 Luoghi frequentati .....................................................................................................................20
3.4.2 Trasporto ...................................................................................................................................21
3.4.3 Attività .......................................................................................................................................22
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO...............................................................................................................29
5
INTRODUZIONE
La gestione dei rischi derivanti da inquinamento ambientale rappresenta oggi un
obiettivo centrale nelle politiche dei paesi occidentali, sottolineato anche dalla
pressione dell’opinione pubblica che manifesta i propri timori per gli impatti sanitari
dell’inquinamento e chiede l’adozione di strategie di sviluppo compatibili con standard
accettabili di qualità ambientale, sanitaria e di vita.
In questa ottica, sempre più forte è l’esigenza di disporre di strumenti di
valutazione del rischio che consentano di mettere in atto misure efficaci per ridurre gli
effetti dannosi prodotti dall’inquinamento ambientale, ma, al tempo stesso,
commisurate alle esigenze sociali e di sviluppo del territorio.
E’ in questo ambito che si collocano gli studi di esposizione realizzati in comuni
italiani dai tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con le strutture
amministrative e tecniche presenti sul territorio. Obiettivo degli studi è quello di
quantificare l’esposizione dei cittadini all’inquinamento atmosferico presente nell’area di
residenza, adottando un approccio metodologico volto a cogliere la variabilità del
fenomeno espositivo. Come noto, infatti, l’esposizione per via inalatoria ad inquinanti
atmosferici è un fenomeno complesso, influenzato dalle concentrazioni dei singoli
inquinanti nell’atmosfera, ma, anche dalle caratteristiche biologiche individuali e dalle
abitudini e comportamenti individuali legati alle attività giornaliere e ai luoghi
frequentati.
L’approccio, utilizzato negli studi, fa riferimento alle indicazioni suggerite
dall’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (U.S. EPA) nel documento
“Sociodemographic data using for identifying potentially highly exposed population”
(EPA, 1999) e alla metodologia applicata in un’indagine nazionale, realizzata negli Stati
Uniti, finalizzata alla valutazione dell’esposizione umana (National Human Exposure
Assessment Survey - NHEXAS) promossa dall’EPA e i cui risultati sono stati pubblicati
nel 1999 (A.V., J. Of Exp. Anal. and Environ. Epid., 1999).
Con riferimento alle indicazioni fornite dall’ U.S. EPA, oltre alla misura delle
concentrazioni di vari inquinanti presenti nei diversi media, particolare rilevanza
assume la rilevazione di quei parametri utili a descrivere la variabilità individuale e che
possono influenzare l’esposizione umana quali, il sesso, l’età, lo stato di salute, il luogo
di residenza, le caratteristiche dell’abitazione, le abitudini personali, i luoghi
frequentati chiusi e aperti, le attività quotidiane e i tempi impiegati nelle diverse attività
svolte. A tal fine è necessario sviluppare una procedura di indagine rigorosa e
procedere con accuratezza alla rilevazione delle informazioni.
La metodologia, applicata in questi studi, consente di acquisire informazioni utili
per meglio definire il complesso fenomeno dell’esposizione a contaminanti ambientali
nella popolazione, consentendo di identificare quei sottogruppi di popolazione che per
loro particolari caratteristiche o comportamenti potrebbero sperimentare più alte
esposizioni, e, qualora fossero disponibili i dati di qualità dell’aria, consentendo di
ricostruire i profili di rischio della popolazione esposta. Al tempo stesso, dal punto di
vista della ricerca il metodo adottato consente di valutare e migliorare i modelli
utilizzati per la stima dell’esposizione.
Il presente studio è stato realizzato nell’area dei comuni di Taranto, Massafra,
Crispiano e Statte, con riferimento all’esposizione inalatoria ad inquinamento
atmosferico della popolazione residente, attraverso la rilevazione delle informazioni utili
a caratterizzarne specificità socio-demografiche, fisiche e di comportamento di un
campione di cittadini, rappresentativo della popolazione locale per sesso ed età,
6
selezionato nei comuni interessati. Complessivamente la rilevazione ha riguardato 387
nuclei familiari residenti nell’area in studio per un totale complessivo di 1066 individui
di entrambi i sessi e di ogni età.
L’analisi delle informazioni ottenute, secondo la metodologia illustrata in questo
rapporto, ha consentito di descrivere la popolazione dell’area in studio per le variabili
demografiche, fisiche e di comportamento che influenzano l’esposizione degli individui,
di mettere in evidenza la variabilità individuale e tra gruppi, sesso ed età specifici.
I risultati, ottenuti da questa U.O con i dati provenienti dalle ricerche delle altre
Unità afferenti al progetto complessivo, potranno offrire suggerimenti utili per
intervenire su due aspetti entrambi fondamentali per la riduzione dell’esposizione,
quello tradizionale delle politiche ambientali per la riduzione del fattore di rischio e
quello dell’informazione e della educazione dei cittadini volte a modificare quegli
atteggiamenti ed abitudini che aggravano l’esposizione individuale, come
raccomandato dall’OMS.
1. LA VALUTAZIONE DELL'ESPOSIZIONE
La valutazione dell'esposizione rappresenta quella parte della più ampia disciplina
della valutazione del rischio che quantifica l'assunzione di una sostanza, tossica per
l'uomo, in conseguenza del suo contatto con il mezzo ambientale in cui è presente
(aria, acqua, suolo, cibo). Lo studio dell'esposizione descrive quindi la natura e la
numerosità della popolazione esposta insieme alla intensità, frequenza e durata
dell'esposizione stessa.
Il processo attraverso il quale una sostanza penetra nel corpo umano può essere
concettualmente distinta in due parti: il contatto (esposizione) dell'esterno del corpo
umano con il mezzo dove è presente la sostanza tossica, e l'assorbimento (intake),
ovvero il passaggio della sostanza all'interno del corpo umano attraverso una delle sue
barriere esterne (pelle, naso, bocca). L’assorbimento o intake definisce quella che
viene detta dose interna o semplicemente dose.
Successivamente i processi fisiologici di metabolismo, trasporto ed escrezione
modificano a loro volta la quantità di sostanza che è disponibile per gli organi ed i
tessuti del corpo. Tale quantità è detta dose disponibile e rappresenta generalmente
solo una piccola parte di quella inizialmente assorbita. Gli studi che arrivano alla
definizione della dose disponibile sono studi sperimentali indirizzati alla conoscenza e
comprensione dei meccanismi biologici che inducono a specifici effetti (es.
cancerogeni).
Due sono gli aspetti importanti che vanno analizzati quando si vuole eseguire una
valutazione dell'esposizione: da una parte è necessario conoscere la concentrazione
della sostanza nel mezzo ambientale che determina la dose individualmente assorbita,
dall'altra è necessario rappresentare le modalità con cui i diversi individui si espongono.
Mentre il primo aspetto attiene al settore delle misure ambientali condotte con
strumenti analitici e, in alcuni casi, supportate della modellistica matematica in grado di
stimare il rilascio, il trasporto ed infine il destino ambientale delle sostanze, il secondo
aspetto richiede la conoscenza dei comportamenti e degli stili di vita individuali dai
quali dipende l'ampia variabilità osservata nell'esposizione stessa.
Se ci soffermiamo sull'esposizione inalatoria a contaminazione atmosferica, che
rappresenta sicuramente la via d'esposizione più rilevante a sostanze tossiche, la
concentrazione ambientale è funzione delle sorgenti d'inquinamento mobili e fisse che
ne determinano un andamento temporale variabile sia giornalmente che
7
stagionalmente. Nel caso di un ambiente urbano, quale quello in studio, il ciclo
giornaliero del traffico, la variabilità emissiva delle sorgenti industriali e le condizioni
meteorologiche portano ad una curva giornaliera specifica per ognuno degli inquinanti.
Infatti, le sostanze principalmente emesse dalle sorgenti mobili avranno un andamento
che segue il ciclo del traffico giornaliero e stagionale, sul lungo periodo, mentre gli
inquinanti emessi dalle sorgenti industriali mostreranno una curva di concentrazione,
nelle diverse aree della città, funzione sia delle condizioni meteorologiche che ne
regolano il trasporto atmosferico sia della variabilità emissiva. La comprensione della
variabilità temporale e spaziale degli inquinanti diventa quindi essenziale in uno studio
quantitativo d'esposizione.
L'inalazione individuale dei soggetti presenti in una popolazione dipende da una
molteplicità di fattori che influiscono modulando l'esposizione. Anche in questo caso i
comportamenti individuali quali i tempi trascorsi in ambienti esterni o interni, il tipo e la
durata delle attività giornalmente condotte, portano a definire modalità d'esposizione e
ratei d'inalazione diversi all'interno di una stessa popolazione. Ne consegue che
caratterizzare l'esposizione di una popolazione, o di qualsiasi gruppo o individuo in essa
presente, vuol dire comprendere la variabilità nell'esposizione, soprattutto quando lo
studio è indirizzato a definire programmi ambientali per la protezione della salute
pubblica. Infatti, l'identificazione di gruppi di popolazione che per specifici
comportamenti, stili di vita, caratteristiche fisiche o luoghi frequentati, possono essere
soggetti ad hanno un'esposizione più elevata è propedeutico all'adozione di azioni
mirate ad ottenere un'efficace riduzione del rischio stesso. Un esempio è rappresentato
dal problema dell'esposizione nei bambini i quali, a causa delle differenze fisiologiche e
comportamentali, sperimentano esposizioni diverse dagli adulti. Infatti essi presentano
ratei inalatori elevati per unità di peso corporeo che portano generalmente a stimare
dosi superiori rispetto a quelle degli adulti.
Se la variabilità esplicitata consente di mettere in luce le differenze temporali,
spaziali ed individuali nell'esposizione, e di conseguenza permette ai decisori di
comprendere quali individui sono sopra o sotto qualsiasi valore scelto di riferimento per
la protezione della salute pubblica, un altro elemento, l'incertezza, non può essere
trascurato nella stima dell'esposizione ai fini della gestione del rischio. L'incertezza degli
studi dipende, diversamente dalla variabilità, dall'incompleta conoscenza del fenomeno
che si osserva. Essa può essere generata, ad esempio, da errori di misura o da stime
modellistiche di un fenomeno, come nel caso di misure o stime di concentrazione
d'inquinanti in atmosfera, e può quindi essere ridotta conducendo misure più precise e
indagini mirate. Ne consegue quindi che uno studio d'esposizione, e più in generale
una valutazione del rischio, che esplicita la variabilità e l'incertezza delle stime può
fornire una più ampia base di conoscenza ai decisori sia in termini di efficacia di azioni
pianificate per la riduzione del rischio sia in termini di indirizzo di risorse per una
miglior conoscenza del fenomeno.
In tale contesto, la valutazione probabilistica dell'esposizione, e quindi del rischio, è
l'approccio più idoneo a quantificare la variabilità e l'incertezza contenute nelle stime.
Infatti, mentre la stima deterministica o puntuale del rischio, generalmente basata su
assunzioni conservative delle variabili che definiscono il fenomeno, a causa delle
incertezze presenti, non sempre conduce a stime del rischio conservative (con
conseguente adozione di misure di mitigazione non efficaci per le popolazioni esposte),
l'approccio probabilistico, caratterizzando la variabilità e l'incertezza dei fattori che
determinano l'esposizione, quantifica sia l'intervallo di valori, sia la probabilità
dell'esposizione ad essi associata per gli individui di una popolazione, consentendo in
8
tal modo ai decisori di valutare il peso delle azioni pianificate in termini di riduzione del
rischio.
Le problematiche brevemente esposte illustrano la necessità di condurre indagini
ad hoc sul territorio per comprendere le dinamiche esistenti all'interno di una
popolazione esposta quantificando le variabili che regolano il fenomeno dell'esposizione
inalatoria ad inquinamento atmosferico ed identificando i principali fattori responsabili
della variabilità osservata.
9
nelle tecniche di rilevazione dell durata di tre giorni a ridosso dell’inizio della
rilevazione.
La rilevazione è stata localmente coordinata da tecnici operanti presso l’ARPA di
Bari.
Nei centri di Massafra, Crispiano e Statte la dimensione territoriale e la più facile
comunicazione tra popolazione e istituzioni locali ha consentito il raggiungimento di
gran parte delle famiglie del campione base. Nella città di Taranto si è dovuto
procedere ad un maggior numero di sostituzioni. In totale sono state contattate 387
famiglie per un totale di 1066 individui.
10
un secondo campione di famiglie (elenco suppletivo) allo scopo di effettuare
sostituzioni in caso di irreperibilità o rifiuto di partecipare alla rilevazione da parte delle
famiglie dell’elenco base.
Operate le dovute sostituzioni, sono state realmente raggiunte 387 famiglie (di cui
290 a Taranto, 51 a Massafra, 22 a Crispiano e 24 a Statte), per un totale complessivo
di 1066 individui di tutte le età, che costituiscono il campione di rispondenti su cui è
stata effettuata l’analisi.
La selezione per nucleo familiare è stata preferita in quanto consente di
raggiungere un numero di soggetti sufficientemente ampio attraverso un numero di
contatti relativamente molto più basso.
La percentuale di sostituzioni più alta si è verificata a Taranto (il 32% delle famiglie
inizialmente contattate), seguita dal 25% di Statte , 9% di Crispiano e 8% di
Massafra..
11
Tabella 1: Distribuzione del campione per sesso età e comune di residenza
età
femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi
(anni)
0-5 14 25 8 1 4 3 3 3
6-10 21 13 3 5 4 3 3 1
11-18 39 43 8 9 1 3 2 3
>65 64 52 13 14 4 0 6 5
12
Tabella 2. Statistica del livello d’istruzione del campione per sesso e comune di residenza
licenza
laurea licenza licenza media livello
Comune sesso analfabeta laurea media senza titolo *altro
breve elementare inferiore prescolare
superiore
1 femmina 3 3 31 90 115 116 16 30
1 maschio 2 1 23 52 118 137 26 13 1
2 femmina 1 1 5 16 23 19 8 10 1
2 maschio 1 2 10 21 24 1 14 1
3 femmina 1 6 6 11 4 6
3 maschio 2 9 12 3 3
4 femmina 2 9 12 7 4 5
4 maschio 2 11 10 1 3 2
Totale 8 6 64 196 314 327 65 83 3
Media
femmina 1.1 0.7 6.6 21.6 27.8 27.3 5.7 9.1 0.2
(%)
Media
maschio 0.4 0.4 5.4 14.9 31.3 34.5 6.5 6.3 0.4
(%)
1-Taranto; 2-Massafra; 3-Crispiano; 4-Statte; *altro= altro titolo diverso da quelli codificati
13
Tabella 3: Statistica della condizione lavorativa del campione per sesso e comune di residenza
età prima occupato
comune sesso casalinga disoccupato inabile occupato ritirato studente *altro
prescolare occupazione saltuariamente
1 femmina 16 161 8 6 3 76 23 34 76 1
1 maschio 27 21 4 1 144 13 88 74 1
2 femmina 8 26 4 1 17 7 7 14
2 maschio 1 3 1 2 24 7 17 17 2
3 femmina 4 13 5 1 4 6 1
3 maschio 3 14 1 5 6
4 femmina 4 10 1 2 1 2 8 5 5 1
4 maschio 3 3 10 1 7 5
Totale 66 210 40 13 8 292 61 167 203 6
Media
femmina 8.9 33.7 2.3 1.7 1.1 14.7 9.4 10.3 16.5 1.4
(%)
Media
maschio 7.3 0 5.0 0.6 0.7 38.5 4.4 21.9 20.2 0.7
(%)
1-Taranto; 2-Massafra; 3-Crispiano; 4-Statte; *altro= condizione lavorativa diversa da quelle codificate
14
Tabella 4 :Statistica della posizione lavorativa del campione per sesso e comune di residenza
collaboratore lavoratore libero
comune sesso apprendista coadiuvante dirigente impiegato imprenditore operaio *altro
Co.co.co. in proprio professionista
1 femmina 1 3 7 1 49 2 6 11 10 8
1 maschio 1 2 2 4 52 5 16 13 57 13
2 femmina 2 2 7 4 2 4 2
2 maschio 1 7 3 3 13 4
3 femmina 4 1 1
3 maschio 3 1 2 9 1
4 femmina 1 1 1 1 6
4 maschio 3 6 2
Media (%) femmina 0.7 2.9 7.3 2.2 44.5 2.2 8.0 9.5 15.3 7.3
Media (%) maschio 0.4 0.9 1.3 1.8 29.1 2.7 9.4 7.2 38.1 9.0
1-Taranto; 2-Massafra; 3-Crispiano; 4-Statte; *altro= posizione lavorativa diversa da quelle codificate
15
3.2 LE CARATTERISTICHE ABITATIVE
L’analisi sulle caratteristiche abitative ha evidenziato che, a Taranto, la
maggior parte delle famiglie risiede in appartamenti in condominio, l’86% del
campione, mentre il 14% risiede in case indipendenti; nei comuni di Massafra e
Crispiano il 55% vive in case indipendenti ed a Statte la ripartizione tra famiglie
che abitano case in condominio ed indipendenti è esattamente del 50%.
L’ampiezza delle abitazioni è mediamente maggiore per quelle indipendenti
dove i valori variano tra 104 e 147 m2, mentre quelle in condominio variano tra
85 e 108 m2.
Nell’85% delle abitazioni esiste un impianto di riscaldamento; di questi, il
95% è un impianto autonomo mentre solo il 5% è gestito centralmente dal
condominio. Le caldaie sono generalmente posizionate in ambiente esterno
(75%) ed il combustibile utilizzato è prevalentemente il gas (91%). La durata di
accensione degli impianti autonomi è mediamente di 4 ore al giorno, mentre il
riscaldamento centralizzato ha un accensione media giornaliera di 7 ore. Alcuni
appartamenti sono dotati di pompe di calore la cui accensione giornaliera è di
circa 3 ore.
16
Tabella 5 : Valori medi di peso (kg) ed altezza (cm) per sesso, età e comune di residenza
<5 anni 6-10 anni 11-18 anni 19-40 anni 41-65 anni >65 anni
comune sesso peso altezza peso altezza peso altezza peso altezza peso altezza peso altezza
SOTTO
10 5 8 - 3 2 6 3 2 4 1 - 2 - - - - - 1 1 - 1 - -
peso
NORMO
3 15 27 93 82 25 2 - 5 15 13 3 1 2 - 9 5 1 1 1 2 11 3 1
peso
SOVRA
3 1 4 20 44 25 - - 1 6 9 8 - 2 1 3 3 1 - - - 3 4 2
peso
OBESO - - - 6 17 11 - - - 2 2 1 - - - 1 - 2 - - - - 3 3
OBESO
- - - - 1 1 - - - - - 1 - - - - - - 1 1 - - - -
grave
* classe di età: 1 <5 anni; 2 6-10 anni, 3 11-18 anni, 4 19-40 anni, 5 41-65 anni, 6 >65 anni
18
Tabella 7: Distribuzione dell’indice di massa corporea (IMC) tra gli individui maschi, per gruppi di età e comune di
residenza
Comune
TARANTO MASSAFRA CRISPIANO STATTE
*classe di
età 1 2 3 4 5 6 1 2 3 4 5 6 1 2 3 4 5 6 1 2 3 4 5 6
SOTTO
13 5 14 1 - 1 - 2 2 2 - - - 2 - - - - - - - 1 - -
peso
NORMO
7 8 20 67 49 16 1 3 6 16 7 5 2 1 3 6 3 - 2 - 2 5 2 2
peso
SOVRA
1 - 7 43 62 28 - - 1 5 11 4 1 - - 6 2 - - - - 3 4 3
peso
OBESO 4 - 2 4 13 6 - - - 2 2 5 - - - 2 1 - - - - - 2 -
OBESO
- - - 1 - 1 - - - - - - - - - - - - 1 1 - - - -
grave
*classe di età: 1 <5 anni; 2 6-10 anni, 3 11-18 anni, 4 19-40 anni, 5 41-65 anni, 6 >65 anni2
19
Lo studio ha raccolto informazioni individuali relativamente alla presenza di
alcune patologie nella popolazione dell’area in studio e precisamente è stato
chiesto di indicare se l’individuo è affetto da ipertensione, malattie
cardiovascolari, malattie dell’apparato respiratorio, allergie respiratorie,
disabilità ed altro.
La voce altro è sempre inserita per consentire agli individui di dichiarare, se
lo desiderano, anche le patologie diverse da quelle richieste e da cui sono affetti
o per inserire, nelle categorie di interesse, patologie che l’individuo riporta
diversamente.
Dai dati dichiarati, risulta che il 15.4% della popolazione soffre di
ipertensione, il 12.5% di allergie dell’apparato respiratorio, il 5% dichiara di
soffrire di malattie cardiovascolari, il 3% di malattie dell’apparato respiratorio,
circa 1% dichiara di essere disabile mentre il 3.5% della popolazione dichiara
patologie diverse.
20
Tabella 8: Tempi giornalieri (minuti) trascorsi al chiuso e tempi giornalieri
trascorsi in casa
classe
Femmine Maschi
di età
T T T T
chiuso casa chius casa
<5
1290 1204 1305 1157
anni
6-10
1304 1030 1286 999
anni
11-18
1190 944 1144 897
anni
19-40
1152 985 1181 792
anni
41-65
1158 1045 1120 815
anni
>65
1221 1221 1018 1017
anni
3.4.2 Trasporto
Un altro aspetto indagato è stato l’uso dei mezzi di trasporto, pubblici e
privati, ed il tempo medio giornaliero trascorso per gli spostamenti utilizzando i
vari mezzi.
L’analisi mostra che i maschi trascorrono sui mezzi di trasporto (auto, moto,
bicicletta, autobus, treno) un tempo superiore alle femmine; mediamente i
maschi trascorrono sui mezzi di trasporto giornalmente 61 min e le femmine 37
min.
I tempi medi trascorsi sui mezzi di trasporto sono dati nella tabella 9 e sono
calcolati rispetto ai soli utilizzatori dello specifico mezzo.
Analizzando l’utilizzo dei diversi mezzi risulta che l’automobile è il mezzo più
usato dal 51% delle femmine ed dal 67% dei maschi. Queste percentuali
variano tra gruppi di età diversa ed infatti, tra le femmine, varia dal 29% nel
gruppo di età maggiore di 65 anni al 63% nel gruppo di età 19-40 anni. Nei
gruppi maschili le percentuali sono più elevate passando dal 41% dei maschi
11-18 anni al 84% dei maschi 19-40 anni.
La moto è utilizzata da poco più del 4.5% della popolazione; mediamente il
6.4% della popolazione maschile usa la moto, con la percentuale massima del
12% tra gli 11-18 anni, mentre per le femmine solo 1% usa la moto, con la
percentuale massima del 5% nel gruppo di età 19-40 anni.
Il mezzo di trasporto pubblico è utilizzato dal 15% delle femmine e dal 10%
dei maschi. Le percentuali più elevate corrispondono, sia per i maschi sia per le
femmine, al gruppo degli adolescenti con il 43% riferito alle femmine ed il 26%
ai maschi.
La bicicletta è utilizzata da circa il 6% della popolazione, con il 5% delle
femmine ed il 7.5% dei maschi. Spesso l’uso della bicicletta è riferito comunque
ad attività ricreativa o ludica.
Il treno è utilizzato solo da 4 individui ed è utilizzato per gli spostamenti di
studio e lavoro.
21
Gli spostamenti a piedi sono comuni a tutta la popolazione; mediamente le
femmine camminano per circa 40 min al giorno ed i maschi per 47 min.
Moto 72 69
Bicicletta 53 84
Autobus 51 59
Treno 60 80
3.4.3 Attività
Sono stati rilevati i tempi dedicati alle principali attività quotidiane svolte
dalla popolazione. E’ stato chiesto di riportare i tempi giornalieri trascorsi a
dormire, a lavorare, a studiare, a fare sport, giocare o svolgere attività
ricreativa. I valori medi delle diverse attività per maschi e femmine dei diversi
gruppi di età sono mostrati in tabella 10. Tali valori sono calcolati come media
tra coloro che dichiarano di svolgere la specifica attività, il cui numero assoluto
è fornito in tabella 11.
Dai risultati è evidente come l’attività di sonno diminuisca passando dai
gruppi dei più giovani ai gruppi più anziani, non mostrando differenze di rilievo
tra gruppi di sesso diverso e di stessa età.
Nei gruppi adulti è evidente come il tempo dedicato al lavoro sia maggiore
per i maschi, 1h13m nel gruppo 19-40 anni e 1h49m nel il gruppo 41-65 anni;
inoltre, la percentuale di lavoratori è più alta tra i maschi (72% vs. 38% nel
gruppo 19-40 anni e 62% vs 34% nel gruppo 41-65 anni).
Il tempo trascorso a scuola, per i gruppi di età minore di 19 anni, non
mostra particolari differenze tra maschi e femmine. Anche le percentuali di
coloro che frequentano la scuola sono simili e si differenziano solo per il gruppo
11-18 anni. Di fatto, l’indagine è stata svolta nel periodo maggio-giugno 2005
ed alcuni studenti non hanno dichiarato di frequentare la scuola perché già
chiusa per le vacanze estive.
Nella fascia d’età 19-40 anni, vi sono studenti universitari che
rappresentano l’ 8% delle femmine ed il 10% dei maschi del gruppo.
Tre femmine al di sopra dei 40 anni dichiarano di frequentare la scuola e
verosimilmente frequentano l’ università della terza età.
Il tempo dedicato allo studio extrascolastico aumenta con l’aumentare
dell’età per il diverso impegno richiesto.
22
Circa il 28% della popolazione intervistata dichiara di svolgere un’attività
sportiva, e le percentuali sono più elevate tra i maschi (38%) rispetto alle
femmine (26%).
I gruppi che maggiormente dichiarano un’attività sportiva regolare sono i
giovani nelle età comprese tra 6 e 18 anni.
I tempi dedicati allo sport sono espressi in ore alla settimana e variano da
un minimo di 2h40m per le femmine di 6-10 anni ad un massimo di 6h18m tra i
maschi over 65 anni.
Il gioco viene svolto dai giovani, anche se alcuni adulti dichiarano attività di
gioco che si riferiscono al gioco con i figli o nipoti. I tempi dedicati al gioco
vanno chiaramente diminuendo con l’età.
Infine, l’attività ricreativa identifica le varie attività che gli individui svolgono
come passatempo; alcuni bambini hanno indicato in questa categoria attività
che sono di gioco. A questa attività sono dedicati tempi variabili tra 2 e 4 ore al
giorno. I gruppi che dedicano a questa attività il maggior tempo sono, a parte i
bambini più piccoli, le persone anziane che non lavorano.
Le attività che vengono svolte sono state distinte in attività di tipo
sedentario e non sedentario. Queste ultime in alcuni casi sono attività di
movimento vero e proprio, altre sono attività di tipo moderato.
Dai dati emerge che prevalgono le attività di tipo sedentario; nelle femmine
queste rappresentano l’83% delle attività ricreative dichiarate, mentre nei
maschi rappresentano il 76%. Solo il 17% ed il 24% delle attività, per femmine
e maschi rispettivamente, non sono di tipo sedentario.
Le principali attività citate sono la lettura, la televisione, l’ascolto musica, e
nelle donne le attività di cucito, ricamo e lavoro a maglia. Nei maschi è molto
presente, oltre la televisione, le attività al computer e il gioco della playstation.
Tra le attività di movimento le più citate sono il giardinaggio e le passeggiate.
Alcuni, tra i più giovani, indicano giochi vari all’aperto e la bicicletta.
Le attività di gioco nei ragazzi/e di età minore di 18 anni sono ripartite tra
attività di gioco sedentarie e non sedentarie secondo le seguenti percentuali: le
femmine 56% gioco sedentario e 44% gioco in movimento, i maschi 65% gioco
sedentario e 35% gioco in movimento.
23
Tabella 10: Tempi medi giornalieri dedicati alle attività indicate, calcolati su coloro che dichiarano di svolgere la
specifica attività
studio attività
età sonno lavoro scuola sport* gioco
sesso extrascolastico ricreativa
(anni) (min) (min) (min) (min) (min)
(min) (min)
<6 femmina 608 291 340 399 240
<6 maschio 593 323 90 330 385 180
6-10 femmina 526 305 133 161 203 183
6-10 maschio 528 315 108 158 203 163
11-18 femmina 489 337 168 251 140 146
11-18 maschio 490 420 324 124 276 176 142
19-40 femmina 462 413 275 272 218 270 152
19-40 maschio 446 522 290 233 239 90 172
41-65 femmina 422 427 150 234 190 149
41-65 maschio 422 500 120 90 219 120 156
>65 femmina 429 600 60 312 226
>65 maschio 427 300 498 243
*il tempo dedicato allo sport è riferito alla settimana
24
Tabella 11: Numero di individui che dichiarano di svolgere le attività indicate
26
Tabella 12: Distribuzione dei ratei inalatori giornalieri (m3/giorno) della popolazione in studio
classe di età sesso Media Sd P25 Mediana P75 P95 Min Max
<6 anni Femmine 7.8 0.92 7.2 7.6 8.4 9.3 6.2 10.3
<6 anni Maschi 8.4 1.25 7.4 8.0 9.1 10.1 6.5 12.3
6-10 anni Femmine 8.1 0.94 7.4 8.3 8.8 9.2 6.6 10.7
6-10 anni Maschi 9.2 1.47 8.23 8.9 9.5 11.4 7.6 5
11-18 anni Femmine 10.6 1.56 9.7 10.4 10.95 14.3 8.8 16.6
11-18 anni Maschi 14.1 2.18 12.9 13.4 14.7 18.9 11.4 23.3
19-40 anni Femmine 13.9 2.38 12.1 13.3 15.5 18.2 10.9 22.9
19-40 anni Maschi 17.4 2.24 16.3 17.5 18.7 20.4 12.3 26.4
41-65 anni Femmine 13.6 2.29 12.1 13.2 15.4 17.7 10.9 27.3
41-65 anni Maschi 17.1 1.85 15.5 17.4 18.2 19.9 13.8 27.4
>65 anni Femmine 12.7 1.71 11.2 12.2 13.6 15.6 10.9 19.7
>65 anni Maschi 15.5 1.55 14.6 15.4 16.0 18.0 13.7 22.6
27
CONCLUSIONI
Lo studio riferito all’area di Taranto, Crispiano, Statte e Massafra ha
raggiunto l’obiettivo di analizzare i comportamenti delle popolazioni residenti
per giungere alla ricostruzione dei pattern giornalieri di attività finalizzati alla
stima dei ratei inalatori e a fornire le basi per effettuare un’analisi del rischio di
esposizione a contaminazione atmosferica.
L’analisi conferma la validità dell’approccio utilizzato, mostrando di essere in
grado di descrivere adeguatamente i pattern giornalieri delle attività svolte dai
diversi individui e, contemporaneamente, di evidenziare la variabilità
comportamentale, sia tra individui appartenenti allo stesso gruppo di
popolazione, sia tra gruppi diversi.
I risultati mettono in luce alcune modalità di comportamento della
popolazione dell’area in studio, probabilmente, dovuti ad una realtà socio-
economica e culturale diversa da quella di altre aree italiane, che sono state
osservate in analoghi studi.
Il dato distintivo che emerge nella realtà osservata è caratteristico di una
popolazione che conduce in prevalenza una vita all’interno della casa, dove
vengono svolte, oltre alle usuali attività casalinghe, anche la gran parte delle
attività ricreative.
L’analisi mostra nel complesso una popolazione prevalentemente sedentaria,
caratterizzata da abitudini ed attività piuttosto tradizionali, tipiche di una realtà
meridionale (ricamo, cucito, lettura del giornale, passeggiata in piazza, giochi in
cortile). Alcune analogie di comportamento sono comunque presenti, se
confrontiamo i risultati con quelli di popolazioni del nord d’Italia, soprattutto tra
sessi diversi, tra cui emergono il maggior tempo trascorso in casa dalle femmine
e una tendenza all’utilizzo del mezzo privato (automobile, moto) da parte dei
maschi e del mezzo pubblico (autobus) dalle femmine. Analogamente, l’attività
sportiva, complessivamente poco esercitata presso questa popolazione, è
comunque più frequente nei maschi.
Le indicazioni che emergono dallo studio potranno essere utilizzate dalle
competenti autorità locali quali elementi tecnico-scientifici di supporto
all’adozione di misure di mitigazione dei rischi. Ad esempio, con riferimento alla
promozione del mezzo pubblico per il trasporto urbano e ad una maggiore
offerta di spazi e servizi dedicati ad attività ricreative e sportive soprattutto per
le fasce di popolazione più giovane.
I risultati dello studio, confortati dai risultati ottenuti da analoghi studi
realizzati in altre aree italiane, sottolineano l’importanza di svolgere indagini sui
comportamenti delle popolazioni con osservazioni puntuali e ripetute, poiché i
comportamenti e le abitudini individuali sono ampiamente influenzati
dall’ambiente in senso ampio ed una conoscenza limitata nel tempo e nello
spazio potrebbe condurre a stime di esposizione distorte.
28
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corso di stampa. Available from http://www.iss.it, last visited 15/05/06.
30
IMPATTO SULLA SALUTE E DI PARTICOLARI CONDIZIONI
AMBIENTALI E DI LAVORO, DI PROVVEDIMENTI DI PIANIFICAZIONE
TERRITORIALE.
RELAZIONE
Introduzione
Descrizione dati
La realizzazione del GIS per la gestione delle informazioni raccolte che consenta la sovrapposizione
dei vari strati informativi ed evidenzi lo stato di qualità ambientale e la sensibilità del territorio ai
fattori di rischio deve quindi essere preceduta da una attività di elaborazione dei dati che consiste
prevalentemente in:
• Geocodifica
• Conversioni raster - vettoriale
• Delimitazione geografica dell'area di studio
• Eliminazione delle ridondanze di informazione e definizione del
database
Successivamente sono stati individuati i livelli di informazioni e le interconnessioni tra gli stessi
attraverso uno approfondito studio degli elaborati tecnici che accompagnano i dati.
Una fase fondamentale della strutturazione del GIS è costituita dalla selezione dell’area analizzata,
dalla scala e dal dettaglio delle informazioni riportate. E’ stata fatta la scelta di indagare tutto il
territorio che poteva essere interessato dagli effetti delle attività produttive del distretti industriale
di Taranto cioè quella inclusa nei comuni Taranto, Statte, San Cristiano e Massafra.
L’elaborazione dei dati su supporto GIS ha permesso di gestire in modo simultaneo e di integrare
informazioni ottenute con metodologie di indagini molto differenti tra loro.
Ciò ha consentito di fornire una visione di insieme della problematica indagata e dei rischi connessi
alle interazioni fra attività produttive, ambiente e salute umana.
All. 1 Zone urbane costiere
L’area oggetto della presente analisi è il comprensorio terra-mare del Mar Piccolo di Taranto,
definibile come l’ambito territoriale costituito dallo specchio marino interno denominato Mar
Piccolo e dal territorio che, fisiologicamente gravitante su quello specchio d’acqua, scambia effetti
con esso.
Il bacino del Mar Piccolo è suddiviso in due seni, aventi rispettivamente, il primo, una superficie di
8.056 Kmq ed il secondo di 12.432 Kmq, per una superficie totale di 20.488 Kmq. e un perimetro di
costa che si estende per circa 28 Km.
Il rapporto fra estensione dell’intera area esaminata e la lunghezza della costa è un dato che, già da
solo, permette di individuare l’importanza che la fascia costiera ha nel sito esaminato. Il territorio,
relativamente al rapporto fra aree costiere e spazi urbanizzati, evidenzia due tipologie di sviluppo
distinte e quasi del tutto antitetiche. Una prima parte della costa del bacino del Mar Piccolo è
caratterizzata da totale assenza d’urbanizzazione; una seconda è invece sede di strutture, civili e
militari, che cingono completamente la costa. Questa caratteristica era presente in epoche piuttosto
remote; almeno dal Neolitico Medio, infatti, esisteva una netta differenziazione tra l’area
peninsulare stretta fra i due mari intensamente abitata e la sponda nord, oggetto di sfruttamento
agricolo e di utilizzi legati alla presenza d’aree incolte paludose e di ampie zone di pineta delle
quali rimangono pochi indizi lungo la sponda destra del Galeso, a ridosso dell’area militare di
Buffoluto e fra la palude La Vela e la pineta di Cimino.
In particolare, l’area del primo seno di Mar Piccolo (quello situato ad ovest), è densamente
contornata da insediamenti urbani che, partendo da sud-est e percorrendo il bacino in senso orario,
corrispondono alle circoscrizioni amministrative denominate: Solito Corvisea, Tre Carrare Battisti,
Borgo, Isola Porta Napoli, Tamburi, Paolo VI. In tali aree risiede quasi il 50% della popolazione
della città di Taranto.
Sia il centro antico — la città vecchia situata sull’isola, ad est ed ovest della quale il Mar Piccolo
entra in contatto con il Mar Grande — sia il centro ottocentesco, sviluppatosi nel quartiere Borgo, si
sviluppano per intero a brevissima distanza dal Mar Piccolo; gli edifici da esso più lontani distano
soltanto alcune centinaia di metri.
Il centro antico è per metà del suo perimetro e per l’intera sua lunghezza direttamente in contatto
con il Mar Piccolo. Il Borgo invece è separato dal bacino interno dalla presenza di importanti
installazioni della Marina Militare.
Le limitazioni che al Borgo sono poste dall’esistenza dì strutture militari sono estese più
complessivamente all’intera area del Mar Piccolo. Ampie aree, collocate a sud dei due seni ed a
nord-ovest del secondo seno, sono sede di importanti insediamenti militari (Marina ed Aeronautica).
In particolare, le aree militari collocate lungo il lato sud del Mar Piccolo limitano fortemente la città
nella fruizione della fascia litoranea.
All. 2 Aspetti meteo-climatici
Nella provincia di Taranto sono attive numerose stazioni termo-pluviometriche del Servizio
Idrografico per le quali è disponibile una lunga serie storica di dati di pioggia e di temperatura.
Poiché le stazioni sono distribuite su tutto il territorio della provincia di Taranto, queste consentono
di fare valutazioni significative per l'intera area di indagine.
Per ciascuna stazione considerata sono stati analizzati i valori di pioggia mensili ed i valori medi di
temperatura, rilevati dal Servizio Idrografico e Mareografico dei Servizi Tecnici Nazionali (già del
Ministero dei Lavori Pubblici).
L’analisi è stata estesa fino al 1996, ultimo anno per il quale sono stati pubblicati gli Annali
Idrologici della Sezione di Bari, da cui dipende la zona di Taranto, e per il quale sono pertanto
disponibili i dati di pioggia.
Inquadramento climatico
L’area oggetto di studio è soggetta ad un regime climatico di tipo marittimo mediterraneo, con estati
lunghe e calde ed inverni miti e non particolarmente piovosi. I climogrammi relativi ad alcune delle
stazioni considerate evidenziano un ampio periodo di aridità convenzionale.
Il clima può essere classificato come semiarido con eccedenza idrica modesta. Le temperature
Minime invernali (gennaio-febbraio) raramente scendono al di sotto di 5-6°C; le massime estive
(luglio-agosto) possono superare i 30°C. Le temperature medie annue sono intorno ai 17°C. Le
piogge sono concentrate prevalentemente fra ottobre e marzo (2/3 della pioggia totale annua).
Le medie delle precipitazioni oscillano fra 450 e 650 mm/anno in funzione della posizione rispetto
alla costa, Sono maggiori nelle zone più interne e minori in prossimità della costa.
Lo studio dei trend climatici in atto, inizialmente, è stato svolto attraverso lo studio dell'andamento
nel tempo del totale annuo delle precipitazioni. Come è facile immaginare, tale grandezza è soggetta
a forti fluttuazioni nel corso del tempo.
Nella tabella che segue e nel grafico sottostante sono riportati gli andamenti temporali delle
precipitazioni nelle stazioni pluviometriche considerate.
anno anno anno anno anno anno anno anno anno anno
1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976
MASSA 416, 411 619, 327, 486 903, 658, 679, 408, 1094
FRA 2 4 9 6 1 8 2 ,6
CRISPIA 516, 521, 777, 379, 518, 935, 558, 701, 433, 1020
NO 1 8 4 6 4 6 6 4 0 ,4
GROTT 337, 540, 670, 448, 411, 819, 583, 691, 407, 927,
AGLIE 4 4 0 4 6 4 3 6 0 0
S.G.IONI 356, 571, 687, 388, 386, 916, 722, 698, 1082
CO 6 4 8 7 8 8 4 4 ,4
TARAN 372, 378, 540, 261, 398, 752, 633, 638, 438, 965,
TO 0 4 2 0 6 8 0 0 8 2
TALSA 822,
NO 2
Stazione anno anno anno anno anno anno anno anno anno anno
1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986
MASSA 335, 465, 562, 599, 445, 629, 512, 663, 390, 442,
FRA 4 2 6 4 0 0 0 6 2 0
CRISPIA 390, 582, 563, 475, 475, 490, 600, 420, 443,
NO 4 0 0 8 6 6 4 2 4
GROTT 454, 431, 414, 596, 422, 566, 548, 463, 419, 361,
AGLIE 2 2 2 4 8 4 0 8 0 6
S.G.IONI 455 554, 576 665 410, 542, 470, 581, 476, 440,
CO 4 7 8 2 8 0 2
TARAN 397, 485, 449, 565, 372, 528, 460, 647, 532, 435,
TO 8 6 4 8 8 8 4 0 4 8
TALSA 353, 379, 405, 568, 295, 480, 543, 543, 546, 370,
NO 6 2 8 6 0 4 8 8 8 6
Stazione anno ano anno anno anno anno anno anno anno anno
1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996
MASSA 418, 428, 279, 339, 388, 334, 539, 397, 736, 1048
FRA 8 4 2 8 4 8 4 8 8 ,8
CRISPIA 398, 484, 334, 417, 397, 398, 585, 516, 686, 990,
NO 2 6 8 4 0 0 0 6 6 4
GROTT 386, 510, 353, 448, 479, 418, 624, 487, 594, 948,
AGLIE 8 8 0 4 0 8 0 2 0 6
S.G.IONI 455, 590, 280, 408, 477, 562, 452, 582, 756,
CO 6 0 8 4 8 2 8 6 2
TARAN 373, 426, 313, 323, 354, 357, 531, 416, 579, 857,
TO 6 8 2 0 8 8 2 0 0 0
TALSA 386, 370, 243, 311, 317, 335, 466, 392, 455, 614,
NO 6 6 6 0 8 0 4 2 0 8
Andamento precipitazioni totali annue (periodo 1967-1996)
1200
1000
Piovosità totale annua (mm)
800
MASSAFRA
CRISPIANO
GROTTAGLIE
600
S.G.IONICO
TARANTO
TALSANO
400
200
0
no 7
no 8
no 9
no 0
no 1
no 2
no 3
no 4
no 5
no 6
no 7
no 8
no 9
no 0
no 1
no 2
no 3
no 4
no 5
no 6
an 87
no 9
no 0
no 1
no 2
no 3
no 4
no 5
96
no 8
an 196
an 196
an 196
an 97
an 197
an 197
an 197
an 197
an 97
an 197
an 197
an 197
an 97
an 198
an 198
an 198
an 98
an 198
an 198
an 198
an 198
an 199
an 199
an 99
an 199
an 199
an 199
an 98
19
19
1
1
1
no
o
an
Si osserva, oltre alla variabilità annuale delle precipitazioni, anche il delinearsi di un trend generale
di diminuzione delle precipitazioni. Una regressione lineare relativa ai dati studiati conferma un
trend in diminuzione. Si ritiene, tuttavia, che si tratti di un fenomeno che richieda un'analisi più
approfondita.
Per attenuare l'influenza della naturale variabilità annua delle precipitazioni, ed evidenziare meglio
gli eventuali trend di variazione in atto, si è scelto di utilizzare una grandezza stabile rispetto alla
naturale variabilità annuale delle precipitazioni. Di norma 30 anni è un periodo di tempo ritenuto
adeguato per valutare in maniera affidabile il valore medio della piovosità in un determinato sito.
In assenza di variazione climatica la media trentennale delle precipitazioni misurate in una stessa
stazione pluviometrica in trentenni differenti dovrebbe subire variazioni percentualmente molto
modeste. Variazioni percentualmente significative possono, pertanto, essere ritenute sintomatiche di
variazione climatiche in atto,
Studi svolti hanno permesso di evidenziare che, sia pur con oscillazioni, vi è un trend generale di
diminuzione della media trentennale delle precipitazioni in tutta l'area, che è risultato
particolarmente accentuato nel decennio 1985-94 che, in tutta l'Italia meridionale, è stato
caratterizzato da una forte siccità.
Nelle tabelle e grafici che seguono sono quindi riportati gli andamenti temporali delle temperature
registrate nelle stazioni termometriche considerate.
Temperature medie Gennaio (periodo 1967-1996)
T e m p e ra tu re m e d ie g e n n a io (p e rio d o 1 9 6 7 -1 9 9 6 )
13 ,0
12 ,0
11 ,0
10 ,0
M ASSAFRA
Temperature (°C)
C R IS P IA N O
9,0
G R O T T A G L IE
S .G . IO N IC O
8,0
TARANTO
TALSANO
7,0
6,0
5,0
4,0
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
19
An n o d i riferim en to
ANNO MASSAFR CRISPIAN GROTTAG S.G. TARANTO TALSA
1996 26,6 24,7 25,1 25,4 24,1 23,4
1995 25,1 27,7 25,7
1994 27,9 25,8 26,8 26,6 25,7
1993 26,4 24,5 24,6 24,7 24,6
1992 25,8 24,5 24,5 25,1 24,6 24,5
1991 26,4 25,3 24,9 25,0 24,0
1990 26,9 26,3 26,3 26,6 26,7 24,3
1989 26,7 25,4 26,3 24,2
1988 28,5 28,7 27,7 26,9
1987 28,6 27,5 27,4 27,3
1986 25,8 24,5 26,1 25,2 23,5
1985 26,0 26,4 27,3 27,1 25,0
1984 25,0 25,5 25,9 25,1 24,5
1983 26,5 26,8 26,7
1982 26,0 25,9 27,1 27,9 25,9
1981 23,7 23,9 24,8 25,5 24,0
1980 24,7 24,6 25,1 25,1 26,0 23,9
1979 24,6 24,4 25,0 26,2 26,0 24,4
1978 24,6 24,3 24,6 25,3 25,1 24,0
1977 25,5 24,5 25,6 26,6 24,9
1976 24,2 23,6 24,7
1975 25,3 25,1 24,9 25,6 24,3
1974 26,3 25,5 26,2 25,4
1973 27,0 25,3 26,2 26,5 26,1
1972 25,9 24,4 24,7 25,1 24,7
1971 26,1 24,0 24,8 26,4
1970 25,6 24,6 25,2
1969 24,4 23,0 24,6 23,1 24,1
1968 26,1 24,2 25,9 24,6 25,6
1967 26,9 25,5 26,7 26,1
Venti dominanti
L’analisi dei venti è stata condotta per mezzo dei dati forniti dall’aeronautica Militare, riferiti alla
stazione n. 324 presso Grottaglie.
Il periodo base cui si riferisce l'elaborazione climatica coincide con il trentennio 1961-1990.
Nel presente lavoro i dati sono stati elaborati in modo da ottenere la media giornaliera delle
frequenze dei venti.
In questo modo si sono potuti elaborare dei grafici di rapida e facile lettura.
Nell’intestazione delle serie è riportata la velocità del vento in nodi, suddivisa in 8 classi (SUP 33
indica una velocità superiore a 33 nodi); nell’intestazione delle ascisse è riportata la direzione di
provenienza del vento rispetto al Nord geografico, espressa in decine di gradi sessagesimali,
suddivisa in 12 classi.
Sulle ordinate sono riportate le frequenze percentuali.
La frequenza delle calme di vento -ad eccezione del grafico n.1 - forma un raggruppamento a parte.
Nel grafico n.1 sono riportate le frequenze percentuali giornaliere con cui nell’anno si sono
osservati, nel loro complesso, venti con la direzione indicata dall’intestazione delle ascisse,
indipendentemente quindi dalla velocità.
Com’è possibile osservare, i venti dominanti sono quelli provenienti dai quadranti settentrionali,
che complessivamente rappresentano il 22,07%.
I venti provenienti dai quadranti meridionali rappresentano il 15,64%, mentre quelli provenienti dai
quadranti orientali ed occidentali rappresentano rispettivamente i’8,31% ed il 6,97%.
Nei grafici n. 2-3-4-5–6, sono messe in relazione le frequenze dei venti sia per classi di direzione,
sia per classi d’intensità.
In particolare il grafico n. 2 è su base annuale, mentre i grafici n.3,4, 5 e 6 sono su base stagionale.
Dall’analisi dei succitati grafici si osserva come le frequenze d’intensità prevalenti sono comprese
tra le classi che vanno da 4 a 15 nodi.
In particolare, su base annua, dai quadranti settentrionali e meridionali prevalgono i venti con classe
d’intensità compresa tra 7 e 10 nodi, mentre dai quadranti orientali ed occidentali quelli con
intensità tra 4 e 6 nodi.
La medesima prevalenza delle classi d’intensità è osservabile dai grafici su base stagionale, anche
se nella stagione estiva, nei quadranti meridionali sembrano prevalere i venti con intensità compresa
tra 4 e 6 nodi.
GRAFICO N.1
50,00 47,00
45,00
40,00
35,00
Percentuali
Serie1
30,00
25,00
20,00
15,00
8,75
10,00 7,11 6,21
5,30 5,33 5,01
2,53 1,90 2,54 3,38 2,36 2,57
5,00
0,00
calma 35-01 02-04 05-07 08-10 11-13 14-16 17-19 20-22 23-25 26-28 29-31 32-34
Classi direzione dei venti
Tabella n.1
calma 47,00
35-01 8,75
02-04 7,11
05-07 2,53
08-10 1,90
11-13 2,54
14-16 5,30
17-19 5,33
20-22 5,01
23-25 3,38
26-28 2,36
29-31 2,57
32-34 6,21
GRAFICO N.2
Frequ enze dei venti per classi d'in tensità e direzio ne - an nu ale
3,50
3,00
2,50
Percentuali
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
35 -01 0 2-0 4 05 -07 0 8-1 0 11 -13 1 4-1 6 17 -19 2 0-2 2 23 -25 2 6-2 8 29-31 31 -3 4
C lassi d irezio n e d ei v en ti
Tabella n. 2
Anno 01-03 04-06 07-10 11-15 16-20 21-26 27-33 sup. 33
35-01 0,51 1,86 3,17 2,18 0,78 0,14 0,02 0,01
02-04 0,88 2,58 2,54 0,82 0,15 0,03 0,00 0,00
05-07 0,47 1,22 0,62 0,13 0,03 0,00 0,00 0,00
08-10 0,35 0,82 0,52 0,12 0,02 0,01 0,00 0,00
11-13 0,34 0,84 0,64 0,36 0,16 0,08 0,04 0,00
14-16 0,36 1,23 1,60 1,11 0,55 0,25 0,06 0,01
17-19 0,43 1,57 1,79 0,93 0,34 0,10 0,01 0,01
20-22 0,58 1,93 1,58 0,58 0,17 0,03 0,01 0,00
23-25 0,46 1,34 1,01 0,34 0,12 0,02 0,00 0,00
26-28 0,33 0,95 0,71 0,22 0,07 0,02 0,00 0,00
29-31 0,27 0,77 0,83 0,43 0,17 0,04 0,01 0,00
31-34 0,40 1,43 1,90 1,50 0,70 0,16 0,04 0,01
GRAFICO N.3
3,00
2,50
2,00
Percentuale
1,50
1,00
0,50
0,00
35-01 02-04 05-07 08-10 11-13 14-16 17-19 20-22 23-25 26-28 29-31 31-34
Classi direzione dei venti
Tabella n.3
Inverno 01-03 04-06 07-10 11-15 16-20 21-26 27-33 sup.-33
35-01 0,42 1,68 2,79 1,94 1,00 0,19 0,02 0,02
02-04 0,78 2,21 1,89 0,82 0,23 0,07 0,00 0,00
05-07 0,41 1,25 0,71 0,23 0,06 0,01 0,00 0,00
08-10 0,34 1,00 0,83 0,23 0,05 0,02 0,00 0,00
11-13 0,36 1,20 0,99 0,72 0,35 0,18 0,09 0,01
14-16 0,35 1,27 1,85 1,65 0,78 0,42 0,09 0,01
17-19 0,33 1,19 1,43 0,98 0,51 0,15 0,03 0,00
20-22 0,37 1,48 1,22 0,70 0,30 0,05 0,02 0,00
23-25 0,52 1,16 0,76 0,36 0,15 0,02 0,00 0,00
26-28 0,35 1,05 0,77 0,36 0,14 0,03 0,01 0,00
29-31 0,29 0,90 1,14 0,73 0,32 0,07 0,02 0,00
31-34 0,41 1,61 2,24 1,99 1,09 0,31 0,08 0,02
GRAFICO N.4
3,00
2,50
Percentuale
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
35-01 02-04 05-07 08-10 11-13 14-16 17-19 20-22 23-25 26-28 29-31 31-34
Classi direzione dei venti
Tabella n.4
Primave 01-03 04-06 07-10 11-15 16-20 21-26 27-33 sup.33
ra
35-01 0,35 1,55 2,65 2,1 0,70 0,13 0,01 0,01
02-04 0,70 2,13 2,27 0,68 0,08 0,00 0,00 0,00
05-07 0,46 0,99 0,48 0,03 0,01 0,00 0,00 0,00
08-10 0,39 0,71 0,31 0,05 0,01 0,00 0,00 0,00
11-13 0,44 1,02 0,63 0,29 0,09 0,04 0,02 0,00
14-16 0,43 1,50 2,07 1,14 0,55 0,15 0,05 0,00
17-19 0,53 1,98 2,25 0,98 0,25 0,04 0,02 0,01
20-22 0,68 2,46 2,22 0,68 0,20 0,03 0,00 0,00
23-25 0,60 1,80 1,45 0,46 0,16 0,03 0,00 0,00
26-28 0,33 1,01 0,72 0,20 0,04 0,01 0,00 0,00
29-31 0,27 0,68 0,66 0,25 0,10 0,03 0,00 0,00
31-34 0,35 1,16 1,83 1,36 0,61 0,12 0,02 0,00
GRAFICO N.5
5,00
4,50
4,00
Percentuale
3,50
3,00
2,50
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
35-01 02-04 05-07 08-10 11-13 14-16 17-19 20-22 23-25 26-28 29-31 31-34
Tabella n.5
Estate 01-03 04-06 07-10 11-15 16-20 21-26 27-33 sup.33
35-01 0,73 2,21 4,42 3,05 0,84 0,13 0,02 0,00
02-04 1,02 3,18 3,85 1,09 0,16 0,01 0,00 0,00
05-07 0,55 1,26 0,58 0,08 0,01 0,00 0,00 0,00
08-10 0,32 0,63 0,29 0,02 0,00 0,00 0,00 0,00
11-13 0,23 0,30 0,23 0,05 0,01 0,00 0,00 0,00
14-16 0,30 0,83 0,84 0,34 0,09 0,02 0,00 0,00
17-19 0,48 1,93 2,00 0,57 0,15 0,03 0,00 0,00
20-22 0,76 2,39 1,73 0,30 0,05 0,02 0,00 0,00
23-25 0,41 1,37 1,15 0,23 0,08 0,01 0,00 0,00
26-28 0,36 0,91 0,62 0,13 0,04 0,00 0,00 0,00
29-31 0,34 0,76 0,55 0,28 0,08 0,03 0,02 0,00
31-34 0,48 1,48 1,90 1,40 0,60 0,08 0,01 0,00
GRAFICO N.5
3,00
2,50
Percentuale
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
35-01 02-04 05-07 08-10 11-13 14-16 17-19 20-22 23-25 26-28 29-31 31-34
Tabella n.6
Autunno 01-03 04-06 07-10 11-15 16-20 21-26 27-33 sup.33
35-01 0,53 2,01 2,81 1,64 0,56 0,13 0,02 0,02
02-04 1,02 2,80 2,16 0,70 0,14 0,03 0,00 0,01
05-07 0,45 1,36 0,71 0,17 0,03 0,00 0,00 0,00
08-10 0,35 0,96 0,67 0,17 0,03 0,01 0,00 0,00
11-13 0,34 0,84 0,73 0,36 0,18 0,10 0,03 0,00
14-16 0,37 1,33 1,64 1,31 0,76 0,43 0,09 0,02
17-19 0,38 1,17 1,48 1,18 0,43 0,18 0,01 0,01
20-22 0,51 1,41 1,17 0,63 0,15 0,03 0,02 0,01
23-25 0,33 1,01 0,67 0,30 0,08 0,03 0,00 0,00
26-28 0,30 0,82 0,72 0,20 0,06 0,02 0,00 0,00
29-31 0,19 0,72 1,00 0,45 0,17 0,05 0,01 0,00
31-34 0,38 1,48 1,61 1,26 0,51 0,11 0,04 0,00
Correnti marine interne
Il regime delle correnti imposto dal fenomeno di marea, che è caratterizzato dagli spostamenti
principali rappresentati dalle correnti entranti ed uscenti, viene alterato, più o meno sia in superficie
che negli strati sottostanti, dagli affluenti continentali, rappresentati da corsi d'acqua non tanto
importanti, e dalle sorgenti subacquee note sotto il nome di «citri».
Il regime che cosi viene a stabilirsi, con i suoi rapporti fra Mar Grande e Mar Piccolo, appare,
ovviamente, del tutto indipendente dai citati grandi movimenti delle masse acquee del
Mediterraneo, che in superficie si sviluppano, per quanto possa interessare l'Italia meridionale, negli
imponenti circuiti Tirrenico, Jonico ed Adriatico. inferiore.
Difatti, questi «circuti» di correnti hanno contatto diretto con le coste interessate, del Tirreno, della
Sicilia, della Calabria meridionale, dell'estremo meridionale pugliese a Capo S. Maria di Leuca,
ecc.
Il circuito jonico invece, neanche col moto superficiale di Aretusa [ENE-0,25 + 0,45 (An. Es.)] che
passa al largo del Golfo di Taranto sviluppandosi dalla costa greca verso l'estremo sud-est della
Sicilia, non influisce per nulla sul regime del Mar Grande e del Mar Piccolo.
Qualche corrente profonda, indubbiamente, si incunea nel solco centrale del Golfo, portandovi la
fauna abissale, i cui campioni ittici (Nettastoma melanurum, Sudis hyalina, Lampanyclus
crocodilus, Hymenocepha1us italicus, iVarrurus coelorhynchus, ecc.) si pescano, di tanto in tanto,
nella zona pescosa poco a sud di Taranto. Ma non è questa fauna che può spingersi verso il Mar
Piccolo, ovviamente, mentre la corrente superficiale dei circuiti adriatici (superiore, medio e
inferiore), gira al Capo Santa Maria di Leuca, incontrando la corrente del circuito ionico, ripiegando
nel Golfo di Taranto verso settentrione, lungo la costa pugliese.
Nella via di ritorno, scendendo la corrente lungo la costa calabra, essa va ad inserirsi nel circuito
jonico, portando la acqua adriatica verso la costa di Catania. Una parte, però, a metà del Golfo,
incontrando le acque dell'Adriatico che si espandono i ventaglio verso settentrione, è costretta a
girare nel centro del Golfo, ritornando verso Taranto.
Queste sono le acque che per il gioco della marea penetrano nel Mar Piccolo, ove subiscono una
lieve desalinazione per l’apporto dei piccoli corsi d'acqua superficiali e dei «citri» già menzionati.
Prima però di ripiegare verso il Golfo di Taranto si mescolano alle acque adriatiche anche quelle
della corrente dell'Egeo, alimentata dal contributo dei circuiti pontici.
Ma nel fondo del Golfo di Taranto i movimenti delle masse acquee si attenuano, in favore
dell'attecchimento e dello sviluppo delle specie biologiche delle svariate provenienze. Verso lo
Stretto di Messina, in margine ai grandi circuiti ionico e tirrenici si inseriscono le correnti proprie
dello Stretto, che in superficie sono influenzate dalle correnti profonde, per un gioco di movimenti
condizionati dalla particolare struttura del fondo dello Stretto stesso, che si eleva, dalle notevoli
profondità dei due mari opposti, in una soglia che raggiunge i 105 metri dal livello del mare,
all'altezza di Punta Pezzo.
Si tratta di forti correnti periodicamente alternate nei due sensi, in dipendenza fondamentalmente
della marea. «Rema montante» è chiamata la corrente che va da sud a nord, «rema scendente»
quella che va, al contrario, dal Tirreno allo Jonio. Sono correnti classiche, quelle che formano i
famosi vortici di Scilla e Cariddi, di cui si occuparono vari studiosi.
Le correnti nel Mar Piccolo sono quindi provocate essenzialmente dai movimenti di marea.
L’entrata e l’uscita delle acque avviene attraverso tutti e due i canali tarantini, quello navigabile e
quello di Porta Napoli, quest’ultimo con portata nettamente maggiore.
Le correnti di entrata e di uscita hanno entrambe una durata di 6 ore e vengono chiamate
rispettivamente “chioma” e “serra”.
Vi è però una complicazione: i periodi di inversione, a seconda delle condizioni concomitanti dei
venti e delle condizioni atmosferiche in generale, sono in generale più lunghi nei periodi di entrata,
e non interessano ugualmente tutta la massa acquea dalla superficie al fondo. La corrente presenta
una direzione contraria al di sotto dei tre metri. Questa corrente contraria va man mano
estinguendosi coi l'approfondirsi della corrente di superficie, finché questa, acquistata la massima
intensità, occupa tutto il canale fino al fondo.
Il sensibile apporto di acqua dolce fa si che la “serra” sia quantitativamente maggiore della
“chioma”.
E' assodato infatti che la quantità dell'acqua di uscita, è maggiore di quella di entrata; ma ciò è
logico. Difatti, la sorgente del Galeso erogherebbe approssimativamente dai 30.000 ai 60.000 mc
d'acqua al giorno; i piccoli corsi di acqua e canali della parte orientale del 2° seno almeno una o due
decine di migliaia di metri cubi, i «citri» complessivamente oltre un milione di mc al giorno.
I periodi in cui, per l'inversione dei moti d'acqua, si ha una tregua completa, sono detti « periodi di
stanca », e in essi la velocità della corrente è pressochè nulla, sono più o meno lunghi a seconda che
essi siano più 0 meno. vicini alle sizige equinoziali.
La velocità delle correnti d'entrata e di uscita varia normalmente da 8/10 ad 1 miglio orario,
eccezionalmente ha raggiunto le 2 miglia, senza mai superare tale velocità.
La corrente del canale navigabile è ovviamente più debole che non quella del canale di Porta
Napoli. Questa, entrando, si apre a ventaglio con direzione principale verso NE. Una parte di essa si
dirige verso settentrione, lambendo la costa occidentale del Mar Piccolo; la parte di destra invece,
più consistente, ripiega verso oriente, lambendo la riva della città vecchia, dirigendosi verso il
canale navigabile, dove incontra la corrente che da quel canale entra.
Queste acque spingono i rifiuti della città, compresi quelli delle fognature, verso il centro del primo
seno, ove però si depositano molto prima di raggiungere la fascia occupata dai parchi mitilicoli.
E' cosi che al centro del primo seno del Mar Piccolo, che rappresenta anche la parte più profonda
del bacino, si deposita un fango inquinato, più o meno ricco di idrogeno solforato, contrario allo
sviluppo di una vegetazione algosa ed alla formazione di una qualsiasi biocenosi bentonica.
A circa 1800 metri da terra, le correnti entranti dai due canali si mescolano. Nello, scontro delle due
correnti però nascono due correnti nuove: una, debolissima, che ripiegando verso la città vecchia si
perde; l'altra, più ampia e più forte, costituisce la vera corrente principale del Mar Piccolo; si dirige
verso NE, cioè verso il «citrello», dove piega ancora a destra, costeggiando la costa orientale del
bacino verso Punta Penna.
Questa corrente discendente, ripiegando, a Punta Penna, verso il secondo seno, si incontra con la
corrente litoranea che dal Canale Navigabile scorre lungo l'Arsenale.
La corrente principale, che entra da Porta Napoli, è quella che ha il maggior influsso sulla
circolazione delle acque all’interno dei due seni; non appena entrata nel I seno dal canale essa si
apre a ventaglio, una parte si dirige verso Ovest lambendo le coste occidentali mentre la parte più
consistente piega verso oriente, lambisce la costa della città vecchia e quindi si incontra con la
corrente più debole che entra dal canale navigabile.
A circa due chilometri da terra, verso il centro del I seno, le due correnti si mescolano
completamente; dall’incontro-scontro di queste due correnti ne nascono due nuove, la più debole
ripiega su sé stessa e torna verso la città vecchia esaurendosi lungo il cammino, la più forte si dirige
verso il “Citrello” e percorre tutta la costa di Punta Penna da dove si riversa sul Pizzone, dopo
essersi unita alla debole corrente litoranea proveniente dal canale navigabile che lambisce
l’Arsenale; da qui la corrente si riversa nel II seno.
Nel II seno la corrente segue la costa del Buffoluto e, non trovando alcuno sfogo, innalza il livello
dell’acqua in misura sensibilmente maggiore di quanto l’alta marea faccia nel I seno.
Con l’instaurarsi del regime di bassa marea nella zona Nord-Est del II seno si inizia a muovere
l’acqua che formerà la “serra”; come già spiegato la massa di acqua che si muove è maggiore di
quella della “chioma” data la notevole quantità di acque dolci di origine continentale che si riversa
nel Mar Piccolo durante il periodo di inversione delle maree; questa corrente percorre la costa
settentrionale del II seno e si dirige quindi verso Punta Penna dove si incontra con la debole
corrente litoranea in uscita proveniente dalla zona orientale del II seno; unitesi e superata la strettoia
di Punta Penna – Pizzone, la maggior parte dell’acqua in movimento ripiega verso Nord e percorre
la costa fino al “Citrello” dove ripiega ancora e si dirige verso i canali di uscita, mentre una piccola
parte prosegue con scarse deviazioni dopo il Pizzone direttamente verso la città vecchia. Le due
correnti si uniscono a circa mille metri dalla costa e si dividono quindi per dirigersi verso i due
canali di uscita.
Il movimento delle acque all’interno di uno specchio d’acqua costiero rappresenta un dato
fondamentale di cui tenere conto ogni qualvolta si voglia progettare un intervento che insista per
qualche sua componente sulla massa d’acqua (p.es.: attività ricreative sulle spiagge, linee di
vaporetti, costruzione di stabilimenti e quant’altro).
All. 3 Geologia dell’area
1) C11-7 - Calcare di Altamura: calcari compatti con intercalati calcari dolomitici e dolomie
compatti (Turoniano-Senoniano con possibile passaggio al Cenomaniano); spessore
massimo affiorante circa 300 m.
Si tratta della più antica unità affiorante nell'area del foglio « Taranto »; essa è esposta
ininterrottamente nel settore nord del foglio dove forma i maggiori rilievi che tuttavia non superano
in genere i 400 m.
Una serie di affioramenti discontinui si hanno inoltre più a sud, dai dintorni di Mottola a
Lizzano, dove i lembi calcarei si restringono e danno luogo alla struttura presente tra S. Giorgio
Jonico e Lizzano. Inoltre, si possono avere affioramenti di limitata estensione sul fondo delle
gravine dove i depositi più recenti sono stati completamente erosi.
La formazione è costituita da più tipi litologici di cui non è possibile individuare la esatta
successione. Si tratta soprattutto di calcari compatti, ceroidi, grigio-nocciola, grigio-rossastri in
superficie ed a frattura concoide, nonché di calcari più o meno compatti, bianchi, grigiastri in
superficie, con frattura irregolare. Sono spesso associati calcari cristallini vacuolari, rosati,
biancastri per alterazione ed a frattura irregolare. I calcari sono generalmente molto puri, con anche
il 100% di CaCO3 e tracce di residuo. Dal punto di vista petrografìco, essi sono rappresentati in
prevalenza da micriti fossilifere con intraclasti e biomicruditi. Da Monte della Gravina fino a
Masseria Calvello, lungo la scarpata tra Monte Papa Ciro e Monte Trazzonara e lungo la dorsale S.
Giorgio Ionico-S. Crispieri si possono localmente distinguere dolomie calcaree e calcari dolomitici
grigio-nocciola o nerastri, sempre nerastri in superficie e con frattura scheggiosa. Le dolomie
contengono una percentuale di CaMg (CO3)2 che in media è dell'86-87%.
La stratificazione è sempre evidente, di solito in banchi fino a 2 m, ma nei livelli inferiori, come
a sud di Crispiano, la stratificazione è varia e la roccia appare talora laminata.
Lo spessore massimo misurabile direttamente in affioramento si aggira sui 150 m. In base alle
condizioni di giacitura, si può ritenere che esso sia dell'ordine di 300 m circa; questo valore è però
parziale in quanto non affiora mai il limite inferiore della formazione. Valduga (1965) valuta lo
spessore totale intorno a 900 m. Depositi analoghi a quelli considerati sono stati attraversati da
pozzi perforati dall'AGIP Mineraria nella zona di Pisticci più ad ovest nel foglio contiguo, per uno
spessore superiore a 400 m. Sembra quindi che nel sottosuolo il Calcare di Altamura abbia una
potenza sicuramente maggiore di quanto risulta dal rilevamento in superficie.
L'unità stratigraficamente sottostante a quella in esame è il « Calcare di Bari » che non affìora
nell'area del foglio « Taranto ».
Più ad oriente, invece, è nota nel Salento la formazione delle Dolomie di Galatina che stanno alla
base della serie calcarea locale e che hanno analogie litologiíche con i litotipi affioranti nella zona
di S. Crispieri.
Il Calcare di Altamura è delimitato superiormente da superficie di erosione e ricoperto su vaste
estensioni da depositi trasgressivi plio-pleistocenici, rappresentati nella maggior parte dei casi dalla
Calcarenite di Gravina (P-Qc). Il contatto con questi depositi, non sempre facilmente individuabile,
è a quota variabile ed in genere decrescente da nord verso sud (270 m a nord di Mottola, 20-25 m
presso il Mar Jonio).
I fossili sono rappresentati da Rudiste tra cui: Hippurites lapeirousei GOLDFUSS, Hippurites
socialis DOUVILLE', Hippurites sulcatus DEFRANCE, Radiolites angeiodos LAMARCK,
Radiolites praegalloprovincialis TOUCAS Radiolites squamosus d'ORBIGNY, Biradiolites
lumbricoides DOUVILLE', Durania martellii PARONA, Joufia reticulata BOEHM, Bournonia
retrolata (ASTRE), Medeella acuticostata TORRE. Le microfacies si presentano costituite da
frammenti di Rudiste e grossi Foraminiferi arenacei (Verneulinidae); sono talora intercalati calcari
che hanno fornito associazioni con Verneulinidae, Miliolidae, Ophthalmidiidae e rari Ostracodi.
Eccezionalmente sono presenti Dicyclina schlumbergeri MUNIER CHLMAS, Cuneolina pavonia
parva HENSON, Aeolisaccus kotori RADOICIC.
Le faune rinvenute permettono di riferire il Calcare di Altamura al Turoniano-Senoniano con
possibile passaggio al Cenomaniano.
L'ambiente di sedimentazione dell'unità in esame è di mare poco profondo, con episodi lagunari
di acque salmastre che permettevano lo sviluppo di Ostracodi.
2) PQCC - Calcarenite di Gravina: calcareniti in genere fini, pulverulente, talora molto compatte,
ghiaie e brecce calcaree (Pliocene superiore - Calabriano); spessore massimo affiorante
45 m circa.
Questa formazione, con la quale si apre il ciclo plio-pleistocenico, compare in genere ai bordi
degli affioramenti del Calcare di Altamura. Nell'area del foglio essa è esposta in una larga fascia
continua orientata ovest - est, tra Palagianello e Statte mentre più ad oriente si smembra in numerosi
lembi più o meno estesi.
Si tratta di calcareniti organogene, variamente cementate, porose, biancastre, grige e giallognole
(« tufi »), costituite da clastici derivati dalla degradazione dei calcari cretacici nonché frammenti di
Briozoi, Echinoidi, Crostacei e Molluschi. Talvolta nella parte basale della formazione, a contatto
con il calcare, si ha un conglomerato a ciottoli calcarei più o meno arrotondati, con matrice calcarea
bianca, gialla o rossastra, localmente anche molto esteso, come nella parte nord-orientale della Tav.
« Massafra », al bordo degli altopiani calcarei. In linea di massima, la granulometria delle
calcareniti, grossolana al contatto con i calcari, diviene più fine verso l'alto fino a stabilizzarsi su
dimensioni dei clastici che non superano pochi millimetri; verso la sommità si hanno nuovamente
clastici grossolani e compare in genere un crostone terminale compatto e tenace.
La Calcarenite di Gravina si presenta massiccia o con qualche cenno di stratificazione in banchi.
Lo spessore della formazione è estremamente variabile da luogo a luogo, in funzione
dell'andamento irregolare del substrato calcareo. La sezione completa è raramente visibile in
superficie e solo quando l'unità in questione compare tra il Calcare di Altamura e l'Argilla del
Bradano, come accade ad est di Mottola, lungo il corso del torrente S. Vito, dove però si ha uno
spessore limitato. Più frequentemente, si può misurare quanto ora rimane dell'unità sopra ai calcari,
come nella fascia compresa tra la Gravina di Palagianello e la Gravina di Capo di Gavito a sud di
Mottola, dove lo spessore raggiunge 45 m circa. Grazie agli elementi ricavati dai pozzi per acqua
perforati dall'E.I.P.L., si è potuto seguire a grandi linee la variazione di potenza anche nel
sottosuolo. La potenza massima, 46,5 m, si riscontra presso Masseria Mucchio a sud di Lizzano,
nel settore orientale del foglio; valori superiori a 30 m si hanno in località I Lupini a nord-est di
Palagiano ed a sud-est di Palagiano, presso Masseria Conca d'Oro.
La Calcarenite di Gravina si è deposta in trasgressione sul Calcare di Altamura talora con
visibile discordanza angolare come nella Gravina di Palagianello dove è dell'ordine di 15°. La
formazione passa superiormente e lateralmente all'Argilla del Bradano con la quale è parzialmente
coeva. Nella parte orientale del foglio si ha la sovrapposizione diretta delle Calcareniti di M.
Castiglione alla Calcarenite di Gravina, in tal caso il limite, dove la litofacies è analoga, diviene a
volte del tutto convenzionale.
I resti fossili sono rappresentati da Echinoidi e da Molluschi tra cui: Turritella tricarinata
tricarinata (BROCCHI), Thericium vulgatum (BRUGUIERE), Aporrhais pespelecani (LINNEO),
Lunatia catena (DA COSTA), Argobuccinum marginatum (MARTINI), Murex brandaris
(LINNEO), Nassarius mutabilis (LINNEO), Nassarius prysmaticus (BROCCHI), Turricula
dimitdiata (BROCCHI), Conus antidiluvianus BRUGUIERE, Pecten jacobaeus (LINNEO),
Peplum septemradiatum (MULLER), Aequipecten opercularis (LINNEO), Chlamys latissima
(BROCCHI), Spondylus crassicosta LAMARCK, Pycnodonta cochlear (POLI), Saxicava arctica
(LINNEO), Varicorbula gibba (OLIVI); inoltre sono presenti Terebratula ampulla (BROCCHI) e
terebratula scillae SEGUENZA.
Le microfaune sono raramente abbondanti e spesso mal conservate; si riconoscono: Textularta
concava iugosa SILVESTRI, Spiroplectammina wrighti (SILVESTRI), Dorothia gibbosa
(d'ORBIGNY), Globulina gibba fissicostata CUSHMAN & OZAWA, Bulimina marginata
d'ORBIGNY, Bolivina catanensis SEGUENZA, Cassidulina carinata SILVESTRI, Cassidulina
crassa d'ORBIGNY, Nonion padanum PERCONIG, Discorbis globularis (d'ORBIGNY),
Valvulineria complanata (CUSHMAN), Eponides frigidus granulatus Di NAPOLI, Anomalina
ornata (COSTA), Cibicides boueanus (d'ORBIGNY), Cibicides floridanus (CUSHMAN),
Cibicides pseudoutigerianus (CUSHMAN), Planulina ariminensis (d'ORBIGNY), Globigerina
pachyderma (EHRENBERG), Orbulina universa d'ORBIGNY, Globorotalia inflata
(d'ORBIGNY), Elphidium complanatum (d'ORBIGNY), Elphidium crispum (LINNEO).
La presenza di Globulina gibba fissicostata CUSHMAN & OZAWA, Valvuineria complanata
(CUSHMAN), Anomalina ornata (COSTA), di frequenti Elphidium complanatum (d'ORBIGNY) e
di Globigerina pachyderma (EHRENBERG) indicano, tenuto conto della mancanza di Hyalinea
balthica (SCHROTER), la parte sommitale del Pliocene. Nella parte superiore della formazione
compaiono tipiche associazioni calabriane con Hyalinea balthica (SCHROTER), Giobigerina
pachyderma (EHRENBERG), Globigerina quinqueloba NATLAND.
In conclusione, la Calcarenite di Gravina è riferibile nelle sue aree di affioramento, al Pliocene
superiore - Calabriano. Nel sottosuolo invece (campioni provenienti da pozzi per acqua perforati
nella parte sud-occidentale del foglio) è stata documentata, nella parte basale dell'unità, la presenza
della zona a Globorotalia crassaformis s.1. che consente una attribuzione al Pliocene medio.
L'ambiente di sedimentazione della formazione risulta di mare poco profondo o litorale
(associazioni con abbondantissimi Elphidium e Discorbis) e sembra approfondirsi localmente in
corrispondenza dei livelli più alti come indicano alcune microfaune più ricche di individui
planctonici e di Buliminidae.
3) Qca - Argilla del Bradano: marne argillose e siltose con talora intercalazioni sabbiose
(Calabriano); spessore massimo affiorante 100 m circa.
L'Argilla del Bradano affiora in vaste placche allineate in corrispondenza della blanda sinclinale
Mottola-Crispiano-Monteiasi-Lizzano. Le più estese fra queste si incontrano a nord di Mottola, nel
settore nord-occidentale del foglio e nella parte orientale dello stesso, tra Montemesola, Grottaglie e
Monteparano. Inoltre, la formazione è esposta in corrispondenza di profonde incisioni; affioramenti
limitati si hanno lungo la costa del Mar Piccolo, del Mar Ionio a sud-est di Taranto e nella zona
delle Saline di Taranto dove le argille dell'unità in esame costituiscono la scarpata del terrazzo
altimetricamente più basso.
La formazione è costituita da argille marnose e siltose, marne argillose, talora decisamente
sabbiose come nelle località Semeraro, Selvapiana e Serra Pizzuta. Il colore è grigio-azzurro o
grigio-verdino; in superficie la colorazione è bianco-giallastra e caratterizza i campi coltivati in
questi terreni. Di solito si incontrano i litotipi più argillosi e plastici nella parte bassa della
formazione, mentre verso l'alto prevalgono litotipi marnosi, spesso con concrezioni calcaree
biancastre che talora, come presso Villa Obaldo (bordo orientale della Tav. « Mottola »), prendono
addirittura forma di lenti e arnioni. Verso la sommità si ha spesso un esile livello di alternanze
argilloso-marnose e sabbioso-calcaree. I tipi litologici dominanti contengono una percentuale di
CaCO3 variante tra il 21% e il 27% che li colloca al passaggio tra le marne argillose e le argille
marnose.
La stratificazione spesso manca o dà luogo a banchi di notevole spessore; solo quando
compaiono le intercalazioni si riscontrano strati di spessore vario.
L'Argilla del Bradano costituisce in genere un livello ininterrotto con spessore che in linea di
massima aumenta da nord verso sud; verso il mare essa viene a contatto diretto con il substrato
calcareo. La potenza calcolata in località Pantoni (Tav. « Mottola »), dove la formazione è
compresa tra la Calcarenite di Gravina e le Calcareniti di Monte Castiglione, si aggira sui 40 m; nei
dintorni di Montemesola è invece di circa 100 m. Dai pozzi per acqua perforati dall'E.I.P.L. si
deduce che l'unità in esame ha nel sottosuolo della regione una potenza ben maggiore, almeno in
talune località e soprattutto nella parte meridionale e occidentale del foglio. Infatti, si constata una
potenza massima di 227 m presso la foce del fiume Lato, di 230 m presso Palagiano ed un
chilometro ad est di Leporano.
La formazione non è sempre presente essendo eteropica con la Calcarenite di Gravina. Dove
essa viene a mancare si ha la sovrapposizione diretta delle Calcareniti di M. Castiglione sulla
Calcarenite di Gravina; come già si è detto, tale fatto si verifica spesso nella parte orientale del
foglio. Quando la serie è completa in tutti i suoi termini l'Argilla del Bradano passa superiormente,
in maniera piuttosto netta, alle Calcareniti di M. Castiglione.
I macrofossili sono abbondanti solo localmente, nelle porzioni più sabbiose. Sono state
riconosciute, tra le forme più comuni: Turritella tricarinata pliorecens SCALIA, Thericium
vulgatum (BRUGUIERE), Nassarius mutabilis (LINNEO), Conus mediterraneus HWASS, Arca
noae LINNEO, Peplum clavatum (POLI), Peplum septemradiatum (MULLER), Flexopecten
flexuosus (POLI), Aequipecten opercularis (LINNEO), Chlamys multistriata (POLI), Arctica
islandica (LINNEO), Venus verrucosa (LINNEO), Callista chione (LINNEO), Acanthocardia
echinata (LINNEO), Cerastoderma edule (LINNEO). Le microfaune sono quasi sempre ricche di
individui e di specie; tra le forme individuate, presentano maggior frequenza, spesso anche con
numerosi esemplari: Textularia aciculata d'ORBIGNY, Spiroplectammina wrighti (SILVESTRI),
Dorothia gibbosa (d'ORBIGNY), Bigenerina nodosaria d'ORBIGNY, Triloculina trigonuta
(LAMARCK), Sigmoilina celata (COSTA), Pyrgo bulloides (d'ORBIGNY), Pyrgo depressa
(d'ORBIGNY), Robulus cultratus MONTFORT, Oolina hexagona (WILLIAMSON), Lagena
marginata (WALKER & JACOB), Sphaeroidina bulloides d'ORBIGNY, Bulimina etnea
SEGUENZA, Bulimina fusiformis marginata FORNASINI, Buimina marginata d'ORBIGNY,
Bulimina elegans d'ORBIGNY, Uvigerina epregrina CUSHMAN, Bolivina alata (SEGUENZA),
Bolivina catanensis SEGUENZA, Cassidulina carinata SILVESTRI, Nonion padanum
PERCONIG Nonion pompilioides (FICHTELL & MOLL), Discorbis orbicularis (TERQUEM),
Valvulineria bradyana (FORNASINI), Gyroidina soldanii (d'ORBIGNY), Eponides frigidus
granulatus DI NAPOLI, Cibicides foridanus (CUSHMAN), Cibicides pseudoungerianus
(CUSHMAN), Planulina ariminensis (d'ORBIGNY), Globigerina pachyderma (EHRENBERG),
Orbulina universa d'ORBIGNY, Globorotalia inflata (d'ORBIGNY), Elphidium complanatum
(d'ORBIGNYI), Elphtdium crispum (LINNEO), Hyalinea balthica (SCHROTER), Ammonia
beccarii (LINNEO), Ammonia i'nflata (SEGUENZA).
Nella maggior parte dei campioni la fauna è analoga a quelle calabriane più tipiche. Localmente,
in pochi campioni, l'associazione presenta caratteri di fauna più litorale con abbondanti Miliolidae,
Discorbis, Elphidium, Ammonia beccarii (LINNEO); conseguentemente diminuiscono Lagenidae,
Buliminidae e può scomparire Hyalinea balthica (SCHRO ER). Solo alla Gravina di Mesole le
condizioni anzidette si mantengono per tutto il tempo di deposizione della formazione. Presso
Palude Rotonda (PULSANO), si ha un'associazione oligotipica quasi esclusivamente a Uvigerina
peregrtna CUSHMAN e Cassidulina carinata SILVESTRI; al Vallone d'Aiedda (Grottaglie) si
rinviene una microfauna molto simile a quella del Calabriano salmastro del Torrente Stirone,
associata a macrofauna oligotipica con Cerastoderma edule (LINNEO).
Sulla base di questi dati paleontologici, l'Argilla del Bradano risulta riferibile al Calabriano.
Va però rilevato che alcuni campioni prelevati nel sottosuolo (pozzi per ricerche idriche), nella
parte sud-occidentale del foglio, documentano la prima comparsa di Globorotalia inflata
(d'ORBIGNY) e Globorotalia tosaensis TAKAYANAGI & SAITO ed indicano quindi un inizio
della deposizione di questa unità, almeno per il settore considerato, già nel Pliocene superiore.
L'ambiente di sedimentazione è abbastanza profondo, con oscillazioni del livello marino che
instaurano temporanee condizioni di mare basso; verso l'alto ed al passaggio con la formazione
soprastante, le faune denotano un ambiente in genere litorale.
4) Qcc - Calcareniti di M Castiglione: calcareniti per lo più grossolane, calcareniti farinose, calcari
grossolani con talora brecce calcaree (Calabriano - Tirreniano); spessore massimo
affiorante 15 - 20 m.
Le Calcareniti di M. Castiglione sono esposte in due aree di affioramento separate verso sud
dai rilievi che si estendono da Mottola a S. Crispieri e comprendono i monti Forcellara, S. Angelo,
Castello e S. Elia. Alle due zone di affioramento corrispondono, come viene di seguito esposto,
tipi litologici differenti.
La formazione è costituita in generale da calcareniti grossolane, compatte o friabili, che
rappresentano la chiusura del ciclo di sedimentazione iniziatosi con la Calcarenite di Gravina.
Questi depositi sono tipicamente terrazzati e localmente si possono distinguere fino a 11 ordini di
terrazzi.
Nella zona nord-occidentale si incontrano calcareniti molto compatte, vacuolari, a grana
grossolana. con elementi abbastanza selezionati, arrotondati, immersi in una matrice calcarea
contenente resti organici ricristallizzati; il colore è grigio-giallastro, giallo-rosato, grigiastro o
rossastro in superficie. Tipi più grossolani sono reperibili nelle placche a sud-ovest di Mottola ed a
Monte S. Pietro, Vigna Vecchia, Masseria Fogliano (zona Crispiano-Statte); essi sono costituiti da
elementi calcarei ed ocraceo-argillosi di dimensioni fino a 1 cm, accompagnati da abbondanti
frammenti fossili (Molluschi, Coralli) e possono assumere l'aspetto di una « panchina ».
La stratificazione è in genere presente sotto forma di straterelli o lamine; talvolta è invece
indistinta.
Lo spessore è sempre ridotto, con valori medi oscillanti tra 2 e 7 m. In particolare, esso è di
pochi centimetri nei depositi detritici ferrettizzati e trasformati in terreno vegetale a est di Crispiano,
nei pressi di Monteiasi, Carosino, Rocca Forzata e nelle tasche di erosione presenti nella Calcarenite
di Gravina in corrispondenza dell'angolo nord-orientale dell'area di affioramento. I valori massimi
raggiungono i 10 m presso Masseria Ingegna dei Preti a nord-ovest di Montemesola ed i 20 m al
Monte Specchia presso Statte.
Nella zona nord-occidentale il passaggio alla sottostante Argilla del Bradano è netto, con perfetta
concordanza stratigrafica. Talora si interpone un livello di 1-2 m di calcareniti farinose, a grana
finissima, biancastre che possono rappresentare da sole le Calcareniti di M. Castiglione, come
avviene in contrada Polo a sud-ovest di Masseria Orimini. Ai bordi del bacino di sedimentazione il
limite con l'unità sottostante diviene graduale, con passaggi laterali e ripetizioni (stazione di
Crispiano).
− Nella zona sud-occidentale la facies delle Calcareniti di M. Castiglione è meno uniforme, ma
mantiene nel complesso il carattere grossolanamente detritico che le distingue dalla Calcarenite
di Gravina; è possibile riconoscere alcuni litotipi con diversa distribuzione areale.
− In corrispondenza dei terrazzi di q. 25 m (Tav. « Fermata Bellavista », « Isole Coradi », «
Taranto » a sud delle Saline e Talsano) e di q. 40 m affiorano calcareniti piuttosto friabili, a
grana media, contenenti abbondanti frammenti organici; il colore è grigio-rossastro. La potenza
varia da 1 a 4 m. Esse sono costantemente situate al tetto dell'Argilla del Bradano, alla quale
passano attraverso un livello di calcarenite finissima, biancastra.
− In corrispondenza del terrazzo di q. 25 m (Tav. « Statte », « Taranto » a nord delle Saline)
affiorano calcareniti poco compatte, costituite da abbondanti resti fossili inglobati in una
matrice calcarea pelitica; l'aspetto è quello di una calcilutite bernoccoluta, pulverulenta,
biancogiallastra. La potenza complessiva varia tra 0,5 e 8 m, con valori medi intorno a 2-4m.
Esse succedono sempre stratigraficamente all'Argilla del Bradano.
− Nelle Tav. « Statte » e « Fermata Bellavista » (terrazzi di q. 25, 40, 75 e 120 m) sono esposte
brecce ad elementi calcarei di dimensioni variabili, talora poligenici (chiari e scuri), immersi in
una matrice calcarea rossastra. Queste si evolvono superiormente, attraverso forme di
transizione, verso calcareniti grossolane, molto compatte, a cemento rossastro, inglobanti
frammenti di calcare e resti di Coralli. La potenza varia da 0,5 a 2 m. Tali brecce sono deposte
in netto contatto di erosione sul Calcare di Altamura o sulla Calcarenite di Gravina, senza
l'interposizione dell'Argilla del Bradano e passano lateralmente ai litotipi precedentemente
descritti.
− Tra Capo S. Vito e Torre Canneto (Tav. « Talsano »), in corrispondenza del terrazzo di q. 7 m, è
visibile una « panchina » compattissima, tipo calcare detritico ricementato, con resti di Coralli e
Molluschi; il colore è grigio-biancastro. Si intercala una calcarenite pulverulenta alla quale
passa lateralmente la « panchina ». La potenza è di 3 - 4 m. Inferiormente si verifica il passaggio
all'Argilla del Bradano attraverso alternanze.
Le Calcareniti di M. Castiglione sono limitate al tetto da superficie topografica di erosione.
L'unità in esame contiene abbondanti resti di Molluschi tra cui sono particolarmente frequenti:
Patella ferruginea GMELIN, Thericium vulgatum (BRUGUIERE), Aporrbais pespelecani
(LINNEO), Strombus bubonius LAMARCK, Polinices lacteus (GUILDING), Semicassis saburon
(BRUGUIERE), Charonia nodifera (LAMARCK), Spondylus gaederopus LINNEO,
Acanthocardia echinata (LINNEO), Venus verrucosa (LINNEO), Dosinia lupinus lincta
(PULTENEY), Solenocurtus chamasolen (DA COSTA).
La microfauna, di ambiente caldo e poco profondo, manca delle forme tipiche delle associazioni
calabriane e presenta notevole affinità con le associazioni tirreniane descritte dai vari Autori; talora
sono presenti elementi calabriani rimaneggiati. Sono comuni i Briozoi e tra i Foraminiferi risultano
particolarmente frequenti le Miliolidae tra cui Quinqueloculina contorta d'ORBIGNY,
Quinqueloculina dutemplei d'ORBIGNY, Quinqueloculina longirostra d'ORBIGNY, Spiroloculina
depressa d'ORBIGNY, Spiroloculina grata TERQUEM, Triloculina tricarinata d'ORBIGNY,
Triloculina trigonula (LAMARCK); inoltre Nonion depressulum (WALKER & JACOB), Discorbis
globularis (d'ORBIGNY), Discorbis orbicularis (TERQUEM), Cibicides boueanus (d'ORBIGNY),
Cibicides lobatulus (WALKER & JACOB), Planorbulina mediterranensis d'ORBIGNY, Elphidium
aculeatum (d'ORBIGNY), Elphidium crispum (LINNEO), Elphidium decipiens (COSTA),
Ammonia beccarii (LINNEO).
Solo nella parte inferiore (calcareniti farinose) sono state rinvenute faune calabriane tipiche con
Hyalinea balthica (SCHROTER). In base al contenuto faunistico, le Calcareniti di M. Castiglione
possono essere riferite al Calabriano-Tirreniano.
L'ambiente di sedimentazione della formazione è costantemente di tipo litorale; esso è
sottolineato in particolare dallo sviluppo di Miliolidae, Elphidium, Discorbis ed Ammonia.
5) Qcg, qcg - Conglomerati, ghiaie e sabbie poligenici terrazzati, conglomerati calcarei alluvionali
(Pleistocene); spessore massimo affiorante 9 m circa.
In corrispondenza del settore sud-occidentale del foglio, nella pianura costiera ad ovest di Punta
Rondinella, sono esposti depositi marini, tipicamente terrazzati, e continentali.
I primi (Qcg) sono rappresentati da conglomerati, ghiaie e sabbie ad elementi arrotondati e
spesso allungati, di dimensioni dell'ordine del millimetro fino ad 1 cm, di provenienza appenninica.
I clastici sono costituiti da quarzo bianco e rosso, ofioliti, scisti cristallini di colore scuro, calcari
neri e sono immersi in una matrice calcarenitica grigio-giallastra, passante a sabbia, la quale è talora
anche assente. Sugli orli dei terrazzi sono identificabili antichi cordoni litorali caratterizzati da
aumento della granulometria ed ispessimento del deposito. In corrispondenza di ciascun terrazzo,
all'interno dei cordoni litorali, la granulometria diminuisce, passando da ciottoli a ghiaie e sabbie
grossolane.
I depositi continentali (qcg), localizzati nella parte più interna dei terrazzi, in corrispondenza
dello sbocco su questi delle incisioni apportatrici di materiali. sono rappresentati da conglomerati
con elementi arrotondati di calcare e calcarenite di dimensioni fino a 10 cm, immersi in matrice
rossastra; essi passano a depositi ciottolosi sciolti, ugualmente di natura calcarea. E' evidente il
carattere alluvionale, talora deltizio, di questi materiali che, verso l'esterno dei terrazzi, passano ai
conglomerati poligenici marini anzidetti dei quali sono coevi.
La stratificazione è presente in forma di banchi, strati e straterelli. Lo spessore varia da 2 a 5 m
nella Tav. « Fermata Bellavista » e raggiunge i 9 m nella zona di Palagiano; i conglomerati
alluvionali hanno spessore variabile da 2 a 6 m.
I conglomerati poligenici di origine appenninica sono eteropici con le Calcareniti di M.
Castiglione alle quali passano gradualmente da ovest verso est. La linea di indentazione ha un
andamento da sud-est verso nord-ovest dai terrazzi più bassi ai più alti. Nel terrazzo di q. 7 m
l'eteropia si manifesta ad est di Punta Rondinella (Tav. « Isole Coradi »). Nel terrazzo di q. 15 m il
passaggio avviene nella zona a sud di Masseria Gennarini e presso S. Cataldo (Tav. « Fermata
Bellavista »). Qui è possibde seguire l'indentazione di questi conglomerati poligenici con le
Calcareniti di M. Castiglione, le quali sono rappresentate da brecce calcaree in cui si nota la
comparsa di minuti elementi di quarzo rosso. Nel terrazzo di q. 25 m l'eteropia è spostata ancora
più ad ovest, in località Pozzo del Mago-Masseria Ciura (Tav. « Fermata Bellavista »). A ovest di
Palagianello i conglomerati poligenici si ritrovano a q. 184 m il che testimonia lo spostamento
sempre più verso est, in epoche via via più recenti, delle correnti di provenienza appenninica.
Al loro limite inferiore questi depositi passano bruscamente all'Argilla del Bradano (come è
dimostrato dagli elementi emersi dai pozzi per acqua). In corrispondenza dell'orlo nord-orientale
dell'area di affioramento essi sono direttamente trasgressivi sul Calcare di Altamura e sulla
Calcarenite di Gravina.
I resti fossili, presenti solo nel depositi marini, sono dati da frequenti colonie di Cladocora
cespitosa (LINNEO) e Molluschi tra cui Ostrea lamellosa (BROCCHI), Veneridae, Tturbinidae,
Cerithiidae, Naticidae e Conus mediterraneus HWASS. I campioni raccolti in diversi affioramenti
non hanno fornito microfaune. Dati più precisi si desumono invece da campioni provenienti dalla
parte basale dell'unità, incontrata nel sottosuolo da pozzi per ricerche idriche. Tali campioni
contengono infatti associazioni microfaunistiche con Hialinea balthica (SCHROTER) che ne
consente una sicura attribuzione al Calabriano.
In sostanza, il contenuto paleontologico è significativo solo per quanto riguarda i livelli basali;
tuttavia, la continuità laterale con le Calcareniti di M. Castiglione e la posizione stratigrafica al
disopra dell'Argilla del Bradano, permettono l'attribuzione di questa unità al Pleistocene ed in
particolare al Calabriano e probabilmente al « Postcalabriano ».