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knuttie93
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CAPITOLO 1
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Cosa c'era di più noioso di una proposta di matrimonio in
uno dei ristoranti più lussuosi di Londra, dove una
cinquantina di estranei assistevano curiosi a un evento
così intimo?
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soltanto che si stava divertendo e che aveva portato una
sorpresa da Manchester.
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Gli era sempre piaciuta quella zona di Londra, anche
perché il suo palazzo e quello di Niall erano a pochi isolati
di distanza tra loro. Gli piaceva anche camminare in
quelle strade piene di vita, dove il giorno e la notte non
mostravano poi grandi differenze: Brick Lane era
diventata un calderone di culture diverse che si
intrecciavano tra loro, di studenti, di artisti e di mercati
all'aperto, dove lui si perdeva ogni mattina prima di
frequentare le sue lezioni universitarie. La giovialità di
quel quartiere gli ricordava leggermente Eastbourne, la
sua città natale. Tuttavia, quest'ultima scoppiava di vita
soltanto nel periodo estivo prima di prepararsi al lungo
letargo invernale. Brick Lane, invece, non si fermava
neanche per un istante: ogni mattina le sue strade si
affollavano per il mercato o per i tanti progetti che
miravano a riqualificare l'area, mentre la sera una
moltitudine di locali accoglieva i suoi avventori fino
all'alba. Brick Lane e le persone che la frequentavano
erano alla mano, in netto contrasto con la Londra per
bene e altezzosa che imparava a conoscere alle noiose
cene di Ian.
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suo zigomo sinistro. Niall diceva sempre che lo rendevano
più affascinante o intellettuale, Louis non faceva altro che
alzare gli occhi al cielo in risposta: per lui erano soltanto
la dimostrazione tangibile del fatto che non fosse
perfetto. Si spogliò del trench, arrotolò frettolosamente i
polsini della camicia bianca per scoprire i suoi avambracci
e ne sbottonò il colletto: fu come tornare a respirare dopo
una lunga apnea, fu come ritornare se stesso con i suoi
pregi e i suoi difetti.
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fidanzato - ma non oltrepassava mai i limiti. Non lo
infastidiva quell'atteggiamento, anzi. Era simpatico e le
tecniche stereotipate che utilizzava per rimorchiare
qualcuno nei bar e nei club lo facevano sempre sorridere.
Era certo che, se non avesse usato così tanti cliché,
avrebbe sicuramente fatto colpo su qualcuno un giorno:
dopotutto, i capelli castani modellati in un ciuffo che
sfidava la gravità e il fisico statuario lo aiutavano la
maggior parte delle volte.
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«Io sono un amico di Niall.» affermò quasi per
rassicurarlo. «Di solito uso spesso questa stanza per
poggiare le mie cose durante una festa.»
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«Beh, per fortuna qui non ci sono squali.» ridacchiò
nervoso.
«Lou!»
«La cena è finita prima del solito ed era troppo stanco per
venire qui.» mentì su due piedi.
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Per alcune ore sarebbe stato felice: ora la serata avrebbe
potuto cominciare per davvero.
«Quindi, novità?»
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«Sempre e solo lei.» sbuffò, pensando che l'indomani
avrebbe dovuto dedicarsi allo studio, nonostante i
postumi della sbronza.
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«Tu sei triste.» lo corresse l'altro, prima di prendergli la
sigaretta dalla mano e spegnerla sul battuto in cemento.
«Io mi sto adattando al tuo umore nero, ma
credimi...sono molto felice.»
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«Non lo so, Lou. A me piace la mia vita. Ho la mia
famiglia, ho Lisa e ho un lavoro per il momento. Mi
manca un po' casa mia, ma ho anche te per quanto tu sia
un rompipalle e faccia questi discorsi così complicati da
ubriaco.» Gli fece cenno di staccarsi dal parapetto così da
poter avvolgere le sue spalle con un braccio, Louis lo
lasciò fare perché accadeva spesso che avesse bisogno di
contatto fisico, di qualcuno che lo stringesse e gli dicesse
che sarebbe andato tutto bene. «Se non ti piace la tua
vita, cambiala. Compirai venticinque anni a dicembre, sei
ancora giovane. Quindi, agisci e non lamentarti, no?»
«Importa a me.»
«È soltanto un periodo.»
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Louis si specchiò nei suoi occhi chiari con un sorriso
accennato sulle labbra e gli chiese flebilmente «posso
rimanere a dormire qui?».
«Buonanotte, Lou.»
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suoi ancora spenti e vuoti, esattamente come lo erano
stati la sera precedente.
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Louis non avrebbe dovuto guardarlo.
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dire di fare a meno della colazione e di andare
direttamente alle spiegazioni che gli spettavano,
quell'Harry si incamminò verso la porta e prese una
valigetta di pelle nera.
«Cosa ti aspettavi?»
Louis agitò una mano, quasi a dirle che ormai non avesse
più importanza. Dopo aver appurato che Harry non fosse
un maniaco, cominciava quasi ad accettare la sua
presenza nell'appartamento. Quasi, però, perché i
Tomlinson erano possessivi da morire e Louis non
sarebbe stato disposto a dividere il suo migliore amico
con quell'usurpatore.
«E poi?»
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«E poi, io mi sono trasferito a Londra per l'università e lui
è rimasto a Manchester per finire il liceo. Siamo rimasti in
buoni rapporti e negli ultimi due mesi ci siamo visti
spesso...è come se questi anni non fossero mai passati
del tutto.»
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«Non lo è affatto, Lou.»
«Nottata impegnativa?»
«Avevo il silenzioso.»
«Louis, lo sai...»
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«Hai provato a suonare? O sei rimasto qui fuori come una
guardia svizzera volutamente?» chiese, sfilandosi la felpa
e gettandola insieme al trench sul divano.
«E la colazione?»
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«A chi importa della colazione, Ian.» sbuffò, liberandosi
dei pantaloni e dei boxer insieme e incamminandosi verso
la porta del bagno.
«Voltati, Lou.»
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ferme alla parete alle sue spalle. A corto di respiro e di
spiegazioni, perché il sesso era l'ultima cosa che entrambi
si sarebbero aspettati di fare quella mattina, Ian gli lasciò
un bacio sulle labbra, un bacio diverso da tutti i
precedenti.
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CAPITOLO 2
D'altra parte, Louis non era stato molto presente nel loro
appartamento ultimamente e la causa non andava
ricercata in Harry, ma nella statistica e nell'ansia che essa
gli aveva causato. Trascorreva intere giornate con il capo
chino su quel tomo e il fondoschiena ben piantato alla
sedia, abbandonava la sua stanza soltanto per mangiare -
cibo spazzatura, possibilmente - o andare in bagno o far
sapere alla sua famiglia che fosse ancora vivo. Durante le
sessioni d'esame era solito nascondere il suo cellulare tra
i cuscini del divano per distrarsi di meno e non finire a
cercare su Google le cose più strampalate. Da poco aveva
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scoperto che per poco più di mille sterline poteva
comprare un alpaca e rimpiazzare il suo coinquilino:
sfortunatamente non aveva quei soldi da spendere, né
una stalla con del fieno, né lo spazio per ospitare un
intero gregge visto che quegli animali vivevano bene solo
in compagnia. Eppure, nascondere il suo cellulare o
studiare senza pause non erano serviti a molto perché, a
meno di due settimane dal suo esame, Louis aveva
scoperto dei nuovi esercizi che non sapeva risolvere e il
mondo gli era crollato addosso all'improvviso. A niente
servì piangere o digitare strane funzioni sulla sua
calcolatrice perché lui quegli esercizi non li avrebbe mai
capiti, non senza il supporto di qualcuno che se ne
intendeva.
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«Ma di quale proposta parli?»
«Ah.»
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Niall gli aveva ripetuto più volte che Harry non amasse
particolarmente i ritardatari e Louis non avrebbe detto
altrimenti. C'era qualcosa che quel ragazzo sopportava
oltre Niall, Lisa o il suo lavoro? Non lo sapeva e neanche
gli interessava. Per questo, quando le lancette
dell'orologio segnarono l'orario esatto, Louis premette il
campanello e prese un profondo respiro.
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Nei giorni successivi non parlarono molto durante le
ripetizioni, ma Harry cominciò a salutarlo senza il suo
solito cipiglio e a uscire più spesso dalla sua stanza
quando Louis si presentava nel loro appartamento. Le
partite a scarabeo procedevano speditamente e Harry
non faceva altro che accumulare vittorie su vittorie, ma
Louis non si infastidiva.
Per come erano iniziate le cose tra loro non era molto, ma
era abbastanza.
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«Hai finito?»
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Louis si aggirava per Trafalgar Square da qualche minuto
cercando di individuare Niall e Harry tra le tante persone
che l'affollavano: quel clima mite aveva fatto sì che
migliaia di turisti e londinesi si riversassero per le strade
della città e a lui non dispiaceva perché Londra era bella
con i nuvoloni grigi a farle da sfondo, ma quando il sole la
baciava lo era ancora di più.
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Di tutto ciò che avrebbe potuto dire sulla città, Harry
scelse l'unica cosa che Louis non si sarebbe mai
aspettato. In tanti avevano parlato della capitale nei modi
più disparati, Samuel Johnson aveva persino detto che un
uomo stanco di Londra fosse stanco della vita stessa.
Eppure, per Harry Styles Londra era "abbastanza grande"
e la sua preoccupazione maggiore era "perdersi" al suo
interno. Louis si disse che non avrebbe mai capito quel
ragazzo, prima di continuare la loro conversazione.
«No, mai.»
«Più o meno.»
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Indicò un angolo della strada in cui un musicista stava
cantando e suonando la sua chitarra. Era questo ciò che
amava maggiormente di Londra, la sua capacità di
sorprenderlo sempre, anche in una semplice passeggiata.
L'artista era piuttosto bravo e radunò presto una cospicua
folla intorno a sé che batteva le mani a tempo e cantava
al suo seguito, persino Harry sorrideva in quel momento.
Quando la folla li spinse sempre più vicini e le loro mani si
sfiorarono gentilmente, Louis percepì una leggera scarica
elettrica percorrergli l'intero corpo e fece un passo
indietro per allontanarsi, ma finì soltanto per pestargli il
piede. Si ritrovò a scusarsi per la sua goffaggine e, se
fosse stato tutto come un istante prima, Harry gli avrebbe
sorriso scrollando le spalle.
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Louis guardava il panorama oltre il finestrino per non
concentrare l'attenzione su Harry, impegnato a torturarsi
le mani e ad avere un'espressione dispiaciuta sul viso.
Non riusciva a non sentirsi in colpa per ciò che era
successo, per la reazione di Harry e la sua incapacità di
calmarlo così come aveva fatto Niall. Quel silenzio venne
spezzato soltanto mezz'ora dopo, quando i tre arrivarono
all'appartamento e Harry si rinchiuse nella sua stanza
prima che Louis potesse chiedergli come si sentisse.
«Sei sicuro?»
«Harry?»
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rivelava molto più di ciò che Harry aveva condiviso con lui
fino a quel momento.
«Sto bene.»
«No.»
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momento, rimpianse il momento esatto in cui aveva
deciso di entrare nella stanza e porgergli il suo aiuto.
Sembrava persino che Harry si fosse dimenticato
dell'attacco di panico o del fatto che fosse stato Louis ad
aiutarlo, che poi fosse stato proprio lui a scatenarlo era
decisamente un'altra storia. Così uscì dalla stanza
sbattendo la porta alle sue spalle e si precipitò in
soggiorno, dove Niall lo aspettava con un'espressione
furba sul viso.
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CAPITOLO 3
«Andiamo, Ian!»
«Cosa c'è?»
«I-io...»
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«Harry.»
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di vento. «Sono certo che Niall abbia già chiesto la tua
vera ordinazione.»
«Non so se mi va.»
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Louis gli tese una mano e Harry la accettò, stringendola
forte. Era convinto che la serata non fosse ancora del
tutto perduta, che Harry potesse divertirsi in compagnia e
facendo nuove esperienze, che fosse bello vivere senza
quel velo di tristezza a oscurargli lo sguardo.
Camminarono mano nella mano fino all'entrata del pub,
dove incontrarono Niall. Il suo sguardo preoccupato si
soffermò prima sulle loro mani intrecciate e poi sui loro
volti. Si assicurò che Harry stesse bene e poi li invitò ad
entrare, intimando loro di sciogliere quell'intreccio e
lanciando a Louis un'occhiata che non seppe decifrare. E
non fu capace di decifrare neanche le parole che Harry
sussurrò al suo orecchio prima di allontanarsi.
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«Sei sicuro di non voler tornare con noi a casa?» chiese
Niall, mentre lo stringeva in un abbraccio veloce.
«Possiamo ospitarti, il nostro divano è sempre libero per
te.»
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Un occhiolino e una pacca sulla spalla dopo, Niall andò via
e Louis si rifugiò nell'automobile di Ian, non incontrando i
suoi occhi color caramello neanche per errore.
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«Non è assurdo, sto cercando di proteggere soltanto ciò
che mi appartiene.»
«No.»
«No?»
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«Non possiamo perché c'è Harry a casa tua.»
«Andiamo, allora.»
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Louis bofonchiò qualche insulto, ma dovette riconoscere
che l'amico avesse ragione. Ultimamente le cose tra lui e
Ian erano peggiorate e viveva con la costante
preoccupazione che potessero lasciarsi da un momento
all'altro, nonostante lui provasse a stargli vicino e ad
assecondare le sue esigenze. Capitava che Louis
giungesse a sorpresa nel suo appartamento soltanto per
fargli compagnia e con del cibo d'asporto, ma che Ian non
distogliesse quasi mai l'attenzione dalle scartoffie che
aveva tra le mani. Tuttavia, non c'era bisogno che lo
sapesse anche Niall.
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riccio.» spiegò. «Perché lui è così...» esitò per trovare le
parole giuste, ma non ci riuscì. «...così strano?»
«Nemmeno a Ian.»
«Soprattutto a Ian.»
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Louis si mostrò confuso, non era la prima volta in cui
ascoltava quella parola, ma non riusciva a ricordarne il
significato. Per questo, ammessa la sua ignoranza in
materia, gli chiese in cosa consistesse.
Ora Louis capiva. «È per questo che abita con te, vero?
Tu sei uno dei suoi punti fissi.»
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conosciuto nuove persone e mi ha promesso di uscire
dalla sua stanza alla nostra festa di Halloween.»
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complimento o che gli stringeva la mano nel momento del
bisogno.
«Lou?»
«Sì?»
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con lui: non vuole che le persone lo sappiano perché
cominciano a comportarsi diversamente.»
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sapeva come comportarsi con Harry dopo le rivelazioni
del suo migliore amico. Tuttavia, si ripeteva che Harry
fosse Harry e che quei comportamenti così inusuali
facessero parte di lui: forse, erano proprio loro a renderlo
così speciale si suoi occhi. E un mese e mezzo prima lo
avrebbe negato a tutti costi, ma ora a Louis piaceva quel
legame nato tra loro.
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CAPITOLO 4
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nell'appartamento di Niall, a pochi minuti di distanza
dall'edificio.
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Louis era imbarazzato e mortificato, ma incapace di
mentire. «Sì.» affermò con un filo di voce.
«Cultura generale.»
«No, io...»
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«Non riuscite proprio a non discutere voi due, eh?»
sospirò Niall, quando lo raggiunse. «Oggi avete battuto
ogni record: Harry non era entrato in casa neanche da
venti secondi e già ti stava urlando addosso.»
«No.»
«Qualcosa di fattibile?»
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Niall gli diede le spalle e si diresse in cucina in silenzio, si
alzò sulle punte dei piedi e aprì lo sportello più in alto
della dispensa. Infine, lanciò un pacchetto di orsetti
gommosi nella sua direzione.
«Harry?»
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più della delusione o della rabbia provate nei suoi
confronti poco prima.
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«E questi?» chiese Harry, sventolando il pacchetto
davanti al suo viso.
«Niall.»
Il suo sguardo si fece più duro e Louis capì che non fosse
stato ancora perdonato del tutto.
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«Perché vorresti aiutarmi?» gli chiese scettico. «Tutti
provano ad aggiustarmi, ma io non sono rotto. Io sono
semplicemente me stesso.»
«Non lo sarai.»
«Che c'è?»
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Louis arrossì e lui odiava arrossire. Odiava anche i
commenti sulla sua statura e sulla sua prestanza fisica,
ma quella volta non si infastidì. Dopotutto, Harry aveva
ragione: quella felpa di Niall era veramente abbondante
su di lui e si ritrovò presto a ridacchiare.
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E proprio quando l'indice di Louis stava per posizionarsi
sulla figura in divisa che quasi monopolizzava l'intera
fotografia, Harry la prese dalle sue mani e la ripose sul
comodino. Dopo averlo fatto, gli sorrise, quasi a volersi
scusare. Forse non era ancora pronto ad aprirsi
completamente e Louis non gliene faceva una colpa.
Ricambiò il suo sorriso con uno più radioso, lo stesso che
un giorno avrebbe voluto vedere sulle sue labbra piene e
rosse.
E che novità.
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«Allora, spiegami perché sei vestito da zebra!»
«Fammi un esempio.»
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«Il trucco sta tutto nel lucidalabbra al lampone, Harry.
Allora, come mai eri qui? La vera festa è in soggiorno.»
«Anche Caroline!»
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era riuscito a rifiutare i bicchieri che Niall e Nick gli
avevano offerto e da quel momento in poi non aveva
capito granché.
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«E cosa si prova?»
«A volte.»
«E ti senti meglio?»
«Un po'.»
«Notte, Lou.»
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con i nonni nella grande casa di Eastbourne: non aveva
mai avuto molta privacy, ma almeno si era garantito pasti
più che dignitosi con i manicaretti cucinati dalla nonna.
Ultimamente era migliorato e provvedeva alla sua
sopravvivenza da solo cucinando pochi piatti elementari,
ma non poteva propinare quelle ricette così semplici a Ian
quella sera di metà novembre, non in quell'occasione così
speciale.
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Lo portò sul divano dolcemente e si sedette al suo fianco,
pronto alle sue spiegazioni. A sorpresa era saltato fuori
un testimone che aveva stravolto le sorti del processo di
cui Ian si era occupato facendo crollare la sua difesa e il
signor Johnson non l'aveva presa bene: preoccupato per
la credibilità del suo studio, gli aveva negato l'assunzione
e il suo tirocinio era finito nel peggiore dei modi. Ian
continuava a ripetere di essere un fallimento e soltanto
un motivo di vergogna per i suoi genitori e a Louis si
stringeva il petto in una morsa dolorosa vedendolo
soffrire in quel modo.
«Scusa?»
«Dove vai?»
«Lo so, sì, ma forse questa cosa a me non sta più bene.»
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alla sua dignità e al suo benessere soltanto perché
sperava di salvare quello che rimaneva del loro amore.
Tuttavia, non era bastato.
«Ti sbagli, prima non eri così. Non avrei mai potuto
innamorarmi della persona che sei ora.»
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mai incontrati per davvero: si erano attratti, sfiorati per
alcuni istanti e poi allontanati.
«Lou?»
«C'è Niall?»
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sembrava quasi impalpabile, era un invito e non un
ordine.
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«Mi chiedevo come avesse fatto a lasciar andare uno
come te.»
«Okay.»
«Okay?»
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A quel punto Harry sembrò rilassarsi e sciogliere i
muscoli. Poi, un attimo dopo, si diede dei colpetti sulla
spalla e disse «andiamo, fallo». Accennò persino un
sorriso a un Louis quasi incredulo. «Lou, non fare
complimenti, tanto lo sappiamo entrambi che finirai per
addormentarti davanti a questo documentario e farlo
comunque.»
«Perché?»
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Con il profumo di vaniglia a solleticargli il naso e il calore
dei suoi sorrisi, Louis si sentì al sicuro e qualcosa gli
suggerì che avrebbe dovuto ringraziare soltanto Harry. E
lo fece a modo suo - anzi, loro - quando, dopo il
documentario, si ritrovarono a giocare a scarabeo ai piedi
del divano: vinse Harry anche quella volta perché
compose la parola "tirocinio" ridendo sotto i baffi, ma a
Louis non importò.
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CAPITOLO 5
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rialzarli da terra se non collaboravano e ridevano a
crepapelle.
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*
«Tutto bene.»
«C-cosa?»
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«Di solito prendermi la mano ti tranquillizza.» affermò
imbarazzato. «Se ti fa stare meglio, puoi farlo anche
ora.»
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Ian sospirò, mentre lo imitava e si sedeva al suo fianco
sui gradini in marmo della scalinata d'accesso. «Volevo
chiederti semplicemente scusa.»
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Ian annuì, ma non aggiunse nulla. Entrambi non
parlarono per alcuni minuti, godendosi quel silenzio che
servì a interiorizzare le loro parole, le scuse di Ian e i
pensieri di Louis. Ne avevano bisogno, dopo quei mesi
pieni di discussioni e litigi.
«Sei un idiota.»
«Con lui e con tutti i tuoi amici sono stato uno stronzo,
vero?»
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«La nostra relazione è servita a farmi capire che stavo
andando nella direzione sbagliata e che stavo diventando
un uomo orribile, Lou.» rispose Ian, scuotendo la testa.
«Grazie per avermi cambiato la vita, per avermi salvato.»
Si sporse verso di lui e lo abbracciò in un modo e con
intenzioni tutte nuove, tenere, amichevoli. «Buona
fortuna per tutto.» gli sussurrò all'orecchio, prima di
stringerlo forte un'ultima volta e poi lasciarlo andare.
«Pronto?»
«Ci siamo salutati poco più di un'ora fa, certo che va tutto
bene.»
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«Perché Niall non faceva altro che insistere. Ora può stare
tranquillo.»
«Ciao, Lou.»
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reperita dal fondo dell'armadio del suo migliore amico.
«Mai più.»
«Ehi.»
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legno e osservare con un'espressione sorpresa i
movimenti sicuri di Harry tra pentole e padelle.
«E come stai?»
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Si meravigliò comunque per il suo pensiero premuroso,
anche perché tra i due era Louis quello che avrebbe
dovuto preoccuparsi per Harry e il suo benessere psico-
fisico. Dopotutto, a soli ventidue anni, aveva già provato
sulla sua pelle la discriminazione e l'isolamento da parte
di chi percepiva la sua diversità come una minaccia. A
confronto, i problemi di Louis sembravano barzellette.
«Scrivi una lista di cose che vuoi fare e che non hai mai
fatto...grazie a me ora anche l'impossibile ti sembrerà
possibile!»
«Cosa?»
«Due settimane fa, non hai pattinato con noi perché hai
detto che...»
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«So cosa ho detto, ma io non volevo davvero pattinare.
Non mi piace il ghiaccio...è scivoloso e freddo.»
«Ragione.»
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«Beh, solo ciò che è legale.» scherzò Louis, tendendogli la
mano per suggellare il patto. «Quindi, affare fatto?»
Affare fatto.
«Giusto.»
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«Oh.» sussultò Harry. «I-io non ti ho preso nulla né per
Natale, né per il tuo compleanno...in realtà, sono una
frana con i regali. Se ne occupa sempre Will.»
«Non lo apri?»
«A gennaio.»
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«Louis William Tomlinson!» esclamò l'uomo, mentre
alzava le mani al cielo. «Non ci credo!» E, nonostante
l'imbarazzo di Louis, quando lo raggiunse, cominciò a
tastargli il viso delicatamente quasi ad accettarsi della
sua reale presenza. «Sei davvero tu? O sei un miraggio?»
«Sempre, Lou.»
«Bene ora che anche tu sei a casa.» rispose con quel tono
ruffiano. «E finalmente sono in vacanza!» esclamò,
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alzando il pugno chiuso in aria in segno di vittoria,
mentre si immetteva nelle strade poco trafficate della
città.
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Louis ridacchiò perché quelle discussioni riguardo i loro
gusti musicali inconciliabili erano all'ordine del giorno.
Tuttavia, quel giorno, pervaso dallo spirito natalizio, lo
accontentò e scelse uno dei suoi amati cd da ascoltare nel
loro tragitto verso casa. I gusti musicali di suo padre non
erano i soli a non essere cambiati in quei mesi, anche
Eastbourne era rimasta sempre la stessa. Un clima
rilassato aleggiava per le strade della cittadina
nonostante il Natale si avvicinasse, il lungo mare e il Pier
erano illuminati dalle luminarie a tema e diverse
ghirlande verdi e rosse decoravano gli ingressi dei negozi.
Non era cambiato neanche il suo quartiere, che diventava
una piccola Las Vegas inglese in quel periodo. E non era
cambiata neanche la grande casa a mattoncini rossi e
bianchi posta alla fine della strada che lo aveva visto
crescere.
«Oh, lo so bene.»
«Ben tornato a casa, Lou.» gli disse suo padre con il più
rassicurante dei toni, mentre gli cingeva le spalle con un
braccio e lo invitava a varcare il cancello di ferro.
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Finalmente era a casa.
«Nulla, mamie.»
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stabilità, protezione e sicurezza. Era quel qualcuno che
avrebbe potuto tenere insieme Louis e le sue fragilità,
anche se lui era forte e si teneva insieme da solo la
maggior parte delle volte.
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concentrati sul suo cellulare, in particolare sulla foto che
occupava parte dello schermo.
«È un amico.»
«E per te è...?»
«Nonna!»
«È bellissimo, ma...»
«...ma?»
«È complicato.»
«E perché mai?»
Sarà quel che sarà. Forse, aveva ragione sua nonna. Era
inutile preoccuparsi del futuro, era più utile vivere giorno
per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Non a caso,
al suo ritorno da Haiti, aveva scelto di tatuarsi sul petto
"it is what it is", è quello che è.
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E mentre Margot si alzava e andava via per concedergli
tempo e spazio per riflettere, Louis la richiamò.
«Mamie? Puoi mantenere il segreto con gli altri?»
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ottant'anni. Eppure, nonostante conducessero vite diverse
e avessero aspirazioni diverse, riuscivano ancora a
frequentarsi e a ridere insieme. Lucas era rimasto sempre
il ragazzo dai capelli corvini e occhi verdi con il quale
aveva condiviso il banco il primo giorno della scuola
media.
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«E sentiamo un po'...con chi vorrebbe incastrarti la dolce
Margot?»
«Con Harry.»
«Lo strambo?»
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«Allora, cosa fa Harry stasera?» gli chiese, mentre
camminavano sul lungo mare per raggiungere il Trick.
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mare era anche un luogo, quello del silenzio, dove Louis
di nascondeva spesso a pensare. La mezzanotte era
passata da un po' e ormai la luna si specchiava nelle
acque nere creando riflessi argentati tra le onde che ne
arricciavano la superficie. Louis pensò al potere rilassante
di quella piccola baia nascosta ai più e lontana dal Pier
illuminato a festa o dalle celebrazioni del nuovo anno. Lì a
far rumore erano soltanto le onde e i suoi pensieri.
«Lou.»
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«E com'è?»
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«A metà gennaio.»
«Ciao, Lou.»
«A chi?»
«Niall.»
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Ed era solo in parte una bugia, perché Louis aveva
chiamato Niall per davvero quella sera, poco prima di
rifugiarsi nella sua baia. Non avrebbe voluto mentire a
Lucas, ma voleva a tutti costi proteggere e tenere per sé
quel poco che aveva con Harry. Rimasero su quella
piccola rientranza per tutta la notte, fino a quando l'alba
non illuminò i loro volti stanchi e li convinse a tornare a
casa, non prima di aver fatto colazione nella loro
pasticceria preferita.
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CAPITOLO 6
143
«Non alzare gli occhi al cielo con me, Lou. Se vuoi dirmi
qualcosa, dimmela e basta.»
«Fare un viaggio.»
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Neanche Louis ne aveva mai avuto uno fino a quel
momento, pur desiderandolo molto, e gli sorrise
affettuosamente, anche se la frase che l'altro aveva
pronunciato a Capodanno per telefono ancora lo
perseguitava.
«Pilotare un aereo.»
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E Louis fu felice di prendersene tutto il merito.
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«Con i numeri è un asso e questo è abbastanza,
suppongo.» rispose Niall. «Ti ha fatto leggere la lista?»
«Chi?»
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«Harry.»
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cuscino nella sua direzione, ma fortunatamente il
tempismo non era un suo forte.
«Mamma!»
«Tu sei il traditore del pudding, vero?» gli chiese lui. «Sei
il divoratore di pain au chocolat.»
«E cosa ti dice?»
«E poi?»
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«Poi ho capito di essere soltanto un idiota.» gli confessò,
ridacchiando. «Non importa come appaia agli altri, Harry
è mio fratello e lo amo in un modo così profondo da non
riuscire neanche a spiegarlo. È una spina nel fianco la
maggior parte del tempo, ma è la mia spina nel fianco e
va bene così.»
«Lo è.»
«Sono felice.»
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«Will.» sospirò. «Deve sempre farsi bello agli occhi di
tutti...persino ai tuoi.»
«Non capisco.»
«Sei geloso.»
«Cosa?»
«Non è vero.»
«Forse.»
«Sì, invece.»
«Okay, è vero.»
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un giorno andrò a Manchester, tu stesso mi
accompagnerai al suo ristorante. Okay?»
«Decisamente.»
«Che intendi?»
«Lou.»
«Sì o no?»
155
Tornò giù soltanto qualche minuto dopo con l'aria di chi
aveva corso la maratona e una coppola grigia in testa.
«Cosa?»
156
«Harry, lui è George. Ci siamo conosciuti all'università
anni fa e oggi ci aiuterà a spuntare una voce della tua
lista.»
«Entrate pure.»
157
domestico e ora puoi averlo per davvero.» E Harry
strabuzzò i suoi occhi verdi a quella spiegazione. «Hai
anche il benestare di tua madre, glielo ha chiesto Niall
qualche giorno fa.»
«Leo?»
159
a quel momento, Leo non aveva rispettato soltanto una
regola: il suo posto preferito per sonnecchiare era il
divano e Harry non aveva fatto granché per impedire che
lo diventasse.
«Affatto!»
160
«Prendere con te questa piccola palla di pelo è stata la
scelta più giusta che potessi fare, lo sai?»
«Cosa?»
«Quel cane era così triste con loro. Erano due banchieri,
Harry! Due noiosi cinquantenni che lo avevano in casa
soltanto come soprammobile! Sono scappato con lui in
spiaggia e dopo un paio d'ore i miei genitori mi hanno
trovato.»
«Questo è strano.»
161
e lasciando soltanto un bigliettino di saluti. A mio nonno è
quasi venuto un infarto la mattina successiva la partenza
di mia madre!»
«E poi?»
«Wow.»
«E tu?»
162
«Quindi sai anche parlare il francese?»
«Dietro ogni nome c'è una storia, bella o brutta che sia.»
ribatté Louis solennemente. «Qual è la tua, Harry?»
163
gli accarezzò un braccio, cercando di strapparlo al
passato.
Più tardi, Niall tornò a casa per cena e, quando vide Harry
e Louis accoccolati sul divano con Leo in grembo, lanciò
loro un'occhiataccia.
«Lou?»
164
«Si?»
166
Louis era sul punto di addormentarsi, quando sentì le
chiavi girare nella toppa del portone. Leo scese dal suo
grembo con un salto e si precipitò all'ingresso per
accogliere con svariati «miao» proprio Harry. Fermo
sull'uscio con il cappotto piegato su un braccio, indossava
un completo blu notte abbinato a una camicia di seta
color panna e risultava bellissimo con i boccoli che gli
incorniciavano il viso e le gote leggermente arrossite.
167
Louis mormorò semplicemente un «grazie» flebile che
Harry non avrebbe neanche ascoltato se non si fosse
seduto al suo fianco sul divano. Le loro ginocchia si
sfioravano, Louis si beava del profumo di quelle
margherite e Leo provava ad afferrarle con le zampette
per giocare.
«Credi?»
«Ho fatto tutto ciò che mi hai detto di fare. Gli ho aperto
la porta, siamo andati nel tuo ristorante italiano, non ho
parlato di statistiche, possibili morti, squali e aerei. Poi,
abbiamo fatto una passeggiata lungo il Tamigi.»
«E ti sei divertito?»
«L'hai baciato?»
«Cosa?»
Louis fece una smorfia perché non voleva che quella lista
si riducesse soltanto a un mero elenco di cose da fare:
doveva essere il suo riscatto, il suo momento per brillare.
Dopotutto, nel suo titolo c'era il verbo volere e
non dovere.
169
«Non giocherò a scarabeo con te anche questa sera.»
sussurrò Louis tutto d'un fiato e in completa confusione,
mentre il viso dell'altro si avvicinava sempre di più.
170
Recuperò il cappotto e lo infilò sotto gli sguardi scrutatori
dei presenti. Poi, quasi sull'uscio, notò l'espressione
dispiaciuta di Harry e le sue mani stringere il mazzo di
margherite, quasi a porgerglielo ancora una volta. Pensò
alla sua gentilezza, al suo coraggio, al loro bacio e si
diede dello stupido: ancora in completa confusione, lo
raggiunse e prese il mazzo di fiori dalle sue mani.
171
CAPITOLO 7
«Che intendi?»
172
Si sedette sul bracciolo del divano, stropicciandosi gli
occhi e sbadigliando. Dopotutto, Louis non era una
persona molto mattiniera e il fatto che lo avesse accolto
alle nove del mattino significava molto.
173
«Intendo il tuo gioco preferito, cercare l'anima gemella e
poi capire dopo un mese o tre anni che non lo sia più e
ricominciare tutto da capo.»
174
«Tu le conosci e sei ancora qui, sei rimasto.»
175
«Non lo penso, Niall. Non ho la sindrome della
crocerossina, se provo qualcosa per Harry è perché mi fa
ridere, perché con lui imparo sempre qualcosa di nuovo e
perché mi fa tremare anima e gambe ogni volta in cui mi
sfiora. So che ci saranno anche momenti difficili e bui, ma
voglio ugualmente esserci per lui.»
«È vero.»
177
interiorizzava un po' troppo le storie d'amore altrui. Niall,
invece, era più pragmatico, meno sognatore. Nel loro
caso, il detto "gli opposti si attraggono" aveva funzionato
alla grande, ma le loro opinioni non collimavano la
maggior parte delle volte. «Soltanto sei mesi fa si
odiavano e ora si baciano sul mio divano. Sono due mine
vaganti, come potrebbero farsi del bene?»
178
«E tu sei proprio un uomo delle caverne.» ridacchiò lei,
imprimendo un bacio sulle sue labbra. «Promettimi di
interrompere il tuo sciocco voto del silenzio e di fare pace
con Louis al più presto.»
«Sì, grazie.»
179
Quella colazione fu strana, esattamente come quelle dei
giorni precedenti. Ultimamente non c'erano le loro solite
chiacchiere a riempire la cucina, ma soltanto un grande e
imbarazzante silenzio, che li portava a consumare il pasto
di gran carriera e poi a rifugiarsi nelle loro rispettive
stanze per vestirsi e andare in ospedale o in ufficio.
Tuttavia, quella mattina il lavoro non poteva essere usato
come scusa perché nessuno dei due avrebbe dovuto
lavorare. Dopo qualche minuto, fu Niall a rompere il
silenzio nel peggiore dei modi.
«...e?»
«...e cosa?»
180
troppo buono e voleva soltanto vederti felice. E
comunque da quando ti fai consigliare da Will?»
«Sì.»
181
«Perché me lo chiedi ora? Insomma, lo hai già baciato.»
182
«Scusa.» mormorarono all'unisono.
183
aspetto. «Ah, e anche una bella dormita potrebbe farti
bene.»
«Vostra?»
«Tua e di tu-sai-chi!»
184
«Uno sportivo? Non pensavo che fosse un amante degli
sportivi.»
185
«Desidero con tutto il cuore che Harry sia felice, con o
senza di me.»
«È un'emergenza.»
186
«Cosa è successo? Stai bene?» chiese preoccupato.
«Vieni, entra.»
187
Valentino e gli altri sono decisamente degli stupidi se la
pensano come lui.»
«Ora?»
188
«...e sei bellissimo così come sei, Lou.» concluse al suo
posto. «Per favore, ho bisogno di te ora.»
189
volesse stare da solo con i suoi pensieri, non quel giorno
per lo meno, e accettò la sua proposta.
«Un tè nero.»
«Per esempio?»
190
neanche quando l'altro tornò da lui con le loro ordinazioni
e parlarono del più e del meno, di quanto la primavera
tardasse ad arrivare o di quanto il lavoro li avesse
fagocitati ultimamente. Harry lo invitò persino a tornare
nell'appartamento quanto prima perché «a Leo le mie
carezze non bastano mai e gli manchi molto». Non
accennarono alla sera di San Valentino, né a quel bacio
che aveva tolto a Louis sonno e vita nelle ultime due
settimane.
«Cosa?»
191
«Non mi interessa se al liceo baciavi il tuo bel calciatore.»
ribatté sbrigativo Louis, tradendo non solo la sua gelosia,
ma anche Niall e i suoi racconti. «Intendevo dire che non
puoi baciare qualcuno e poi far finta che non sia successo
nulla. Un bacio non è solo un bacio. Insomma, può
significare tante cose.»
«E perché?»
192
cambiato, perché mi rendi coraggioso. Mi sento più forte
con te al mio fianco.»
195
CAPITOLO 8
196
Ridacchiò, prima di terminare la telefonata, perché
sapeva bene quanto Harry odiasse i ritardatari. Una
settimana prima, Louis lo aveva raggiunto al cinema con
qualche minuto di ritardo e Harry non l'aveva presa bene
tanto da negargli ogni tentativo di corruzione per
ritrovare il suo buonumore. Aveva scoperto che non
potesse essere corrotto a suon di baci o carezze, ma a
suon di eccentriche promesse: Louis gli aveva promesso
di accompagnarlo a una fiera di modellismo che si
sarebbe tenuta agli inizi di aprile nelle vicinanze di
Londra. Non teneva particolarmente a essere circondato
da nerd o dall'odore di balsa e colla, ma parteciparvi
rendeva Harry felice e questo bastava. Temendo di fare
ritardo e dovere promettere altro, allora, si preparò con
cura e si ritrovò a camminare svelto verso la sua meta.
«Ciao, bellissimo.»
197
«Ho preparato la cena.» rispose Harry con fierezza, prima
di rabbuiarsi e fare un passo indietro. «Pensavo che
potesse essere più intimo, ma se non ti piace l'idea
possiamo andare fuori e...»
198
«No, sono stati i miei genitori. Non erano del mestiere,
perché mia madre aveva un negozio di fiori e mio padre
mancava troppo tempo da casa per pensare di avere un
ristorante tutto suo. Eppure, la domenica mattina ci
costringevano ad alzarci presto e a cucinare con loro.»
spiegò. «Terminati tutti i piatti della tradizione inglese,
siamo passati a quelli degli altri paesi.»
199
«Esatto!» gli confermò, non lasciando ancora la sua
mano. «Nonna Margot mi ricorda sempre che dovrei
sposare un ottimo cuoco così da non mandare in fiamme
la casa o non avvelenare i miei futuri figli.»
200
quel suo «je suis très heureux pour vous deux!». «Le sei
piaciuto subito.»
«Di già?»
202
«Qui?» Louis si accigliò. «Sul divano? Domani sarò
all'associazione tutto il tempo e non mi va di avere la
schiena dolorante, ma grazie della proposta.»
«Harry...»
«Davvero?»
«Davvero.»
203
«Leo ci ha abbandonato da un pezzo, Harry.» Indicò il
gatto raggomitolato su se stesso che sonnecchiava in
modo adorabile. «Siamo solo io e te.»
«Okay.»
«Okay.»
«Okay.»
«Ti ringrazio?»
206
«Non ti hanno mai dato problemi a lavoro?»
207
«Lo vedrai con i tuoi occhi prima o poi, immagino.»
«Sì.»
210
«Buonanotte, Lou.»
211
«Preferiresti annegare a causa di uno tsunami o morire
assiderato a causa di una tempesta di neve che ha invaso
Londra?»
«Azzoppare un gattino.»
213
confronti di Louis per non avergli mai detto quanto fosse
bello il suo ragazzo e aver ridacchiato di lei poco prima.
«Da Wendy.»
214
cui si era sentito particolarmente triste e quel locale
dall'arredo un po' rétro lo aveva accolto come le braccia
confortanti di una madre. Poi, qualche giorno dopo, ci
aveva trascinato anche Louis per una cioccolata calda e
da quel momento non l'avevano più abbandonato. A
Harry piaceva ritrovare i soliti avventori, amici e nipoti
della proprietaria per lo più, e Louis trovava buffo che il
suo ragazzo andasse così d'accordo con bambini e
anziani. Solitamente guardava assorto il menu per minuti
interi, indeciso se prendere il gelato al cioccolato o alla
vaniglia, e finiva sempre per strabuzzare gli occhi e
aprirsi in un sorriso contagioso quando Wendy glieli
portava entrambi nella coppa, insieme a della panna e
cialde extra che neanche gli avrebbe fatto pagare.
Successe anche quel pomeriggio e Louis ridacchiò
divertito quando l'anziana gli strizzò anche le guance
prima di tornare in cucina.
«Lou?»
«Sì?»
«Ho Leo...»
215
«Per me va più che bene. Hai più pensato al quinto
punto?»
216
«Hai finito?» chiese Louis, sedendosi sul bordo del letto.
«O cerchi prove per il mio coinvolgimento in un
omicidio?»
«Noioso, eh?»
217
vederlo ridere sempre con le labbra e con gli occhi,
voleva che fosse sempre felice. E Harry lo era, anche in
quel momento, quando fece scontrare la schiena di Louis
con il materasso e cominciò a baciarlo di nuovo sulle
labbra. Poi, i baci divennero più languidi e raggiunsero il
collo e le clavicole: a quel punto, la sua felpa risultò
essere di troppo e Harry gliela sfilò per osservare il suo
torace in ogni dettaglio, tatuaggio o piccola imperfezione.
Percorse con le labbra il tatuaggio che aveva sul petto e
andò a stuzzicare con la lingua i suoi capezzoli, facendolo
gemere oscenamente. Louis, colpito dalla sua
intraprendenza, ribaltò presto le loro posizioni e lo privò
della camicia e della t-shirt, rimanendo a bocca aperta
per il tatuaggio che gli monopolizzava l'addome.
218
«Harry?» lo chiamò, cercando di rimanere lucido. «N-ne
sei sicuro?»
C'era Harry e nessun altro nella sua mente, nel suo cuore
e intorno a lui.
219
«Fammi provare a farti stare bene. Voglio farti sentire
bene, così come tu hai fatto con me poco fa.»
220
«E tu di ripetermelo ogni volta.» Concluse la telefonata
con un «aprimi, sono alla porta!».
«Cosa?»
221
risate quando gli disse di essere stato abbandonato sul
letto nudo e con mille dubbi nella testa.
222
«Bleah.»
«È linguaggio tecnico.»
«Ehi.»
223
«Harry, che cosa stiamo combinando?»
«Dove?»
224
Harry chiuse gli occhi e rimase immobile per un tempo
che sembrò infinito. Quel posto stava facendo il suo
lavoro, lo stava calmando e stava eliminando il troppo, e
Louis non poté fare a meno di pensare che
quel troppo fosse proprio lui, lui e la loro relazione.
Quando li riaprì, incatenandoli ai suoi, i lineamenti del suo
viso sembravano meno tesi e le spalle meno rigide. Era
bellissimo anche alla luce calda del tramonto, con la pelle
ambrata e i ricci che si muovevano al venticello
primaverile.
226
Si baciarono famelicamente, come se anelassero a quel
semplice contatto da sempre. Fu un bacio profondo, che
esorcizzava il male dei giorni passati, ma che sapeva di
riconciliazione e di promessa, quella di non scappare più.
«Sì, certo.»
227
con così tanta minuzia e attenzione per ogni suo
particolare. Altri avevano saggiato quel corpo prima di lui
e non avevano fatto altro che prendere. Harry, invece,
con quelle carezze e quei baci, che sfioravano
delicatamente la sua pelle nuda, gli restituiva parti di sé
che pensava essere andate via per sempre.
«Sì.»
228
eccitato, desideroso di imparare e provare lo stesso
piacere che aveva visto negli occhi dell'altro pochi giorni
prima. Louis si posizionò tra le sue gambe e afferrò
l'aeroplanino d'argento che pendeva dalla collana per
attirarlo a sé in un bacio mozzafiato, poi spostò le labbra
sempre più giù. Sulla mandibola, sul collo e sull'addome,
prima di umettare i suoi capezzoli con la lingua e soffiarci
su, facendogli liberare un sottile gemito. Riservò la stessa
attenzione al bacino e, non appena fece scontrare la
bocca con le sue ossa sporgenti, agganciò le dita al bordo
elastico dei boxer e lo trascinò con estrema lentezza,
liberando il suo membro da ogni costrizione.
229
saliva la sua apertura piccola e stretta, per poi mozzarsi
del tutto quando queste cominciarono a premere contro
di lui e a scoprirlo in un modo che non aveva concesso a
nessuno, neanche a se stesso.
230
Lo soffiò sulle sue labbra e non gli importò che Harry non
capisse ciò che intendeva perché nella sua mente, ancora
obnubilata dall'orgasmo, aveva tutto un senso. A volte,
bisognava lottare per essere liberi e Harry in quel
momento aveva combattuto contro ogni sua incertezza
uscendone vittorioso. E, ancora una volta, quest'ultimo lo
sorprese.
231
CAPITOLO 9
Era una notte di fine aprile quando Louis scoprì che Harry
avesse un giorno buio, quello che poi avrebbe
rinominato il giorno buio per eccellenza.
«Cosa significa?»
«A-a Manchester?»
«A Manchester.»
Louis non osò ribattere, certo che Niall sapesse cosa fosse
più giusto fare in quella situazione. Avere uno scopo,
portare Harry dalla sua famiglia che avrebbe potuto
aiutarlo, sembrò rinvigorirlo e chiuse svelto la telefonata,
prima di preparare un borsone con il minimo
indispensabile. Prese Harry per mano e lo trascinò fuori
dall'appartamento, dopo essersi accertato che Leo avesse
abbastanza acqua e cibo fino al ritorno di Niall a casa.
Harry continuava a mormorare qualcosa che lui non
riusciva a capire e guardava fisso un punto davanti a sé,
ma non opponeva resistenza e questo bastava per il
momento. Lo fece entrare nell'automobile e gli allacciò la
cintura di sicurezza.
234
Harry si addormentò dopo la prima ora di viaggio e,
soltanto quando lo vide rilassare i lineamenti del suo viso,
Louis poté tirare un sospiro di sollievo.
235
«Non lo ero inizialmente. Ho lasciato che Harry rompesse
tutto ciò che aveva a disposizione...persino la vostra foto,
quella che ha sul comodino.»
236
Lei annuì prima di spostarsi in cucina e armeggiare ai
fornelli. «Hai guidato tutta la notte, vuoi fare colazione?»
«D-dove siamo?».
«Non è vero.»
238
Louis si limitò ad annuire, cercando di non focalizzarsi su
quel rifiuto. Scese al piano terra e fece capolino in cucina,
dove trovò Anne e William a spiluccare dei sandwich per
pranzo.
239
«Ma io non sono "quasi tutti", quindi resto.» ribatté.
«Insomma, se per voi non è un problema.»
«V-vuoi parlarne?»
«Il ventotto aprile è una data particolare per tutti noi. Per
me, per mamma, per Harry. Soprattutto per lui, perché
quel giorno ha visto nostro padre morire davanti ai suoi
occhi e non ha potuto fare niente per impedirlo. E oggi è
il dodicesimo anniversario della sua scomparsa.»
240
psicologo che lo segue per il suo Asperger. Quello al quale
hai assistito la notte scorsa è il suo modo di affrontarlo,
l'unico modo che conosce. Quest'anno, però, pensavamo
che sarebbe andata diversamente.»
«P-perché?»
241
prontezza. Io ero agli allenamenti di calcio, mamma al
negozio di fiori, Harry era soltanto un bambino e
l'ambulanza non è arrivata in tempo.» Guardò
malinconico verso il giardino sul retro. «La casa non è
mai stata terminata e qualche mese dopo la mamma ha
fatto tagliare quell'albero.»
«Suppongo di sì.»
242
«Suppongo che arrossisci così anche quando ti dice che
sei bellissimo?»
«E tu come lo sai?»
243
*
247
«Buongiorno, Lou.» mormorò Harry, strofinando la punta
del naso contro la sua.
«Buongiorno.»
248
fredda del box doccia in un gesto repentino e si lasciò
cadere sulle ginocchia.
249
«Harry?» Lui non si mosse, continuando a nascondere il
viso nell'incavo del suo collo e a farsi cullare dalle sue
carezze. «Va tutto bene, giusto?»
250
accappatoio. Frizionò i suoi capelli in un asciugamano e
infilò dei boxer per poi tornare in camera, dove trovò
Harry già vestito sul letto e con un pc sulle gambe.
«Tutto okay?»
252
«Di questo passo mai.»
«Allora, andiamo?»
253
così come l'arredo dallo stile industriale e le tante
fotografie in bianco e nero scattate dallo stesso William
che l'affollavano, rendendo il locale più accogliente e
informale.
«E poi?»
«Sono felice per lui, Harry. Sono felice per tutti voi, ve lo
meritate.»
254
Attraversarono la piazzetta principale del quartiere, ormai
gremita di persone, ed entrarono in un tipico pub inglese,
caratterizzato da uno scuro rivestimento in legno e da
molti disegni caricaturali della Regina Elisabetta e dei suoi
soliti avventori. Louis era sul punto di fare una pessima
battuta alla quale Harry non avrebbe riso sicuramente,
quando la sua voce venne sovrastata da un'altra.
«Sono famoso?»
255
del loro primo incontro, degli anni trascorsi a scuola e di
come la loro amicizia fosse continuata anche dopo il
diploma, nonostante Harry frequentasse ancora il liceo. Ai
suoi occhi Liam sembrò l'anello di congiunzione tra Niall e
Harry, il perfetto equilibrio tra i loro caratteri così diversi
e agli antipodi.
«Grazie, Liam.»
256
Manchester per sempre, con la famiglia di Harry e i pochi
amici che lo mettevano a suo agio.
«Sono qui.»
257
Con la promessa di tornare presto a trovarlo salutarono
Liam e si diressero verso il negozio di fiori di Anne.
«Davvero?»
258
Cullati dal fresco venticello mancuniano, scoprirono ogni
centimetro di quel meraviglioso e ricco spazio verde.
Harry gli indicò persino l'albero contro il quale aveva dato
il suo primo bacio e Louis non poté che fare una smorfia
infastidita a quella informazione del tutto superflua per il
suo ego. Gli raccontò, poi, di quando da bambino era
scappato di casa e si era nascosto nella casetta di legno
del parco per ben dieci ore, prima di essere ritrovato dal
Tenente Hook e dalla sua squadra di ricerca: quel colpo di
testa - anche se ben organizzato, perché nel suo zainetto
aveva acqua, viveri e giochi - gli erano valsi un mese di
punizione e una strigliata da parte di Anne.
259
«Forte.»
260
Louis si emozionò nell'ascoltare quel racconto. Il giorno
precedente William gli aveva rivelato come Edward fosse
andato via, ma in quel momento Harry gli stava
raccontando un episodio estremamente intimo condiviso
con suo padre, un ricordo che per lui simboleggiava la
felicità più pura. E si sentì un privilegiato a poter
ascoltare dell'uomo che era stato Edward, perché
finalmente Harry stava condividendo con lui anche quella
parte della sua vita. Era sempre la Luna, sì, ma appariva
meno spaventosa o misteriosa ora.
261
«Lou.» ridacchiò Harry, quando le sue dita si
intrufolarono sotto la t-shirt e cominciarono a solleticargli
la pelle tesa dell'addome. «Basta!»
«E ti preoccupa?»
262
luce la sua forza e la sua voglia di combattere in una vita
che gli aveva tolto fin troppo.
263
CAPITOLO 10
264
amica per Louis perché lo aiutava a raggiungere il suo
scopo passando inosservato.
«Mamie?»
266
«C-cosa?»
«È il paese di Margot?»
«Alle sei del mattino? Lo sai che non sono per niente
mattiniero nei giorni feriali, figuriamoci di sabato.»
affermò divertito. «Va' a farti la doccia ora, al tuo borsone
ci penso io!»
268
non ti sbrighi, perderemo l'aereo e rimarremo nella
fredda e grigia Londra per sempre.»
270
frigorifero come dessert, Louis si lasciò consigliare da
Hugo per la cena e si fece preparare due baguette farcite
per pranzo. Lasciata la spesa a casa, i due esplorarono il
borgo. Percorsero la Rue Grande, la via principale che
attraversava tutto il paese, si soffermarono a mangiare
alla Grande Fontaine dalla quale zampillavano getti
d'acqua fresca e si persero in quel dedalo di viuzze
strette, archi e cordonate per arrivare a Place de l'Eglise,
dove si divertirono a guardare degli anziani giocare a
pétanque e ammirarono il municipio e la Chiesa
Collegiata.
272
ne compro un altro non appena torniamo in paese» - e i
loro respiri a mischiarsi. Si sorrisero e si lasciarono dolci
baci agli angoli delle loro bocche, sulle punte dei nasi e
sul mento.
274
«Tu non vieni con me?»
«Due calici?»
Era felice del fatto che Harry si fidasse di lui a tal punto
da includerlo in quasi tutte le sue prime volte. E Louis
275
pensò che quella fosse anche una sua prima volta, perché
non aveva mai portato un ragazzo a Saint Paul, non
aveva mai fatto il bagno in mare in intimo, non aveva mai
cenato con qualcuno davanti a un camino acceso. Non
aveva mai fatto nulla di così romantico prima di quel
momento, accadeva soltanto con Harry e doveva pur
significare qualcosa: Louis sapeva bene cosa significasse,
sapeva di essere innamorato nel modo più puro e vero e
anche quella era una prima volta.
276
prendere dei preservativi perché «ho fatto i controlli e
sono pulito, se anche tu lo sei vorrei sentirti a fondo e
senza barriere» disse. Louis gli accarezzò il viso per
tranquillizzarlo e annuì, perché la sicurezza di entrambi
era al primo posto, ancora prima del loro piacere. Lo fece
distendere sui cuscini e si sistemò tra le sue gambe
tremanti, percorse il suo torace tatuato e i suoi capezzoli
sensibili con la lingua. Le mani di Harry, intrufolatesi tra i
suoi capelli color miele, lo guidarono a scendere sempre
più in basso, verso il bacino. Louis mordicchiò la pelle
tesa del suo ventre, poi leccò la punta rossa del suo
membro e lo inglobò completamente tra le labbra.
Quando cominciò a scendere e a salire sul suo sesso, si
beò dei sottili gemiti di Harry prima di stuzzicare la sua
entrata con l'indice umido di saliva. Non incontrò la solita
resistenza e si accigliò, mentre l'altro lo guardava già e
mordeva il suo labbro inferiore con un'espressione
tutt'altro che innocente.
«Harry?»
277
E non importava quanto si fosse preparato da solo nella
doccia o quanto lo avesse fatto Louis pochi istanti prima,
Harry si adattò perfettamente a ogni venatura e
increspatura del membro di Louis, il quale non riusciva a
credere di essere l'unico e il solo ad averlo conosciuto in
quel modo così intimo. Le palpebre strette tra loro per
superare il dolore di quella penetrazione, il piacere che
cominciava a espandersi in ogni lembo del suo corpo, le
guance arrossate, gli occhi lucidi e le labbra leggermente
dischiuse per liberare i suoi gemiti e incontrare quelle
dell'altro, mentre Louis colpiva ripetutamente il suo punto
più sensibile. Se dapprima Harry risultava incerto e si
limitava ad accarezzare soltanto la sua schiena o a
lasciargli baci sul collo, più tardi, mentre il piacere
cominciava a montare nel suo bassoventre, incontrò gli
affondi di Louis sollevando il bacino e trasformò i baci in
morsi passionali.
278
Eppure, mentre la esplorava, sembrava meno spaventosa
e misteriosa del solito. Rimaneva sublime, però.
Rimaneva quella riverenza che Louis provava nei
confronti di Harry. Rimaneva quel velo di imprevedibilità
nei suoi occhi verdi, ora anneriti dal piacere. Louis lo
baciò ancora sulle labbra e sul collo, mentre sentiva
nell'orecchio il respiro affannato di Harry dettare il ritmo
delle sue spinte e colpiva ripetutamente il centro del suo
piacere. Bastarono poche stoccate per portarli al culmine.
Il membro di Harry, stretto piacevolmente tra i loro corpi,
si riversò con fiotti caldi sulla loro pelle e lui stesso si
liberò in un gemito più forte, capace di sovrastare quelli
di Louis, che venne nelle sue carni non appena le sentì
stringersi intorno al suo sesso.
279
Louis osservava le guance ancora arrossate di Harry alla
fioca luce del camino.
«Come ti senti?»
280
costringendolo a guardarlo. «Non so se devo arrabbiarmi
o meno in qualità del tuo ragazzo, ma è stato proprio
Nick a dire che il tuo fondoschiena fosse più magro.»
«Fare cosa?»
«Allora spiegamelo.»
281
«Louis, tu...»
«Più o meno.»
«Ma Lune.»
«Cosa vuoi?»
285
«Lou, ti prego.»
«Tutto okay?»
«Non ho detto che non sia stato bello.» ribatté Harry, con
un cipiglio quasi offeso. «È stato perfetto e non avrei mai
potuto immaginare qualcosa di più bello, Lou.»
«Davvero?»
287
«Perché immaginavo che fosse la prima cosa a cui avresti
pensato avendo uno come me al tuo fianco.» scherzò,
prima di cingergli i fianchi.
288
CAPITOLO 11
«Lou, slegami.»
«C-cosa?»
290
«No, assolutamente no.» si affrettò a rispondere,
rassicurandolo con delle carezze. «Non potrei mai
stancarmi di te, Harry.»
«Oh?»
291
«N-no, sempre che a te vada bene.» Louis annuì
frettolosamente, mentre il petto si alleggeriva di quel
carico. «Quando dovrebbero venire a trovarti?»
«E quando?»
«Dopodomani.»
292
«Anche io ho conosciuto Anne e William mesi fa ed è
andato tutto bene, no?»
«Oui.»
«Sì?»
293
«Questo mi è stato gentilmente donato da Madre Natura,
Harold.» ribatté solennemente. «Il francese è quel
qualcosa in più che mi permette di averti sempre pronto
per me.»
«E le bretelle?»
«Ora, allora.»
294
a quel piacere che soltanto Louis era in grado di
provocargli, sembrava sgretolarsi e poi ricomporsi grazie
alle sue carezze ogni volta.
«Buongiorno, capo.»
296
«Avresti potuto vederlo con i tuoi stessi occhi. Non avrei
avuto alcun dubbio ora, se fossi partito tu un mese fa al
posto di Mark.»
«Sei sicuro?»
299
«Mi dispiace, Harry.» sospirò, entrando nella stazione.
«Mi piaceva l'idea di noi due insieme a Eastbourne.»
302
Louis sbuffò, prima di salutarlo. Difficilmente Harry
chiedeva scusa, difficilmente parlava dei suoi sentimenti.
Stare con Harry era difficile e Louis lo aveva capito da
quel ventotto aprile o forse anche da prima. Conosceva il
suo carattere scontroso, le sue difficoltà a socializzare e
ad accettare programmi diversi dai suoi, le abitudini che
l'intrappolavano. Eppure, negli ultimi mesi, Harry
sembrava aver fatto grandi passi in avanti e Louis
ricercava la causa di quel miglioramento non solo nei suoi
sforzi, ma anche nella loro relazione e nel loro amore.
Forse, si era sbagliato. Forse, alla fine dei conti, Niall
aveva ragione: l'amore non poteva sistemare ogni cosa.
Louis trascorse l'intera durata del viaggio a guardare il
paesaggio scorrere velocemente al di là del finestrino e
riconoscere Eastbourne da lontano lo rincuorò. Tornare a
casa, lì dove si sentiva amato, lo faceva sempre stare
bene.
«I-io...»
304
Harry sembrava realmente distrutto. Insomma, nessuno
era perfetto al mattino, ma le occhiaie scure, il viso
smunto e il nido di rondini che aveva al posto dei capelli
la dicevano lunga sulla nottata tormentata che aveva
appena trascorso e non a causa del suo mal di pancia, ma
dei suoi sensi di colpa.
305
È innamorato di te, pensò.
«...deluso.»
«Già.»
«Cosa?»
«Davvero?»
308
«E va bene!» Johannah alzò gli occhi al cielo, prima di
passargli un altro piatto da asciugare. «Come stai?» E,
prima che Louis potesse rispondere, aggiunse «e non dire
"tutto bene"...ti vedo stanco.».
«A fare cosa?»
310
«Ammetto di averlo lasciato dormire sul divano un paio di
volte quando eri più piccolo, ma lui sapeva sempre come
farsi perdonare alla fine.»
«Lou...»
«Lo so.»
«Lo so.»
313
«Lo sai che non sono bravo con le parole, ma sono
mortificato per ciò che è successo questa mattina.»
aggiunse, posizionandosi a un soffio da lui. «Puoi provare
a perdonarmi?» lo disse con un filo di voce, con una
delicatezza che gli fece battere il cuore in modo erratico,
la stessa delicatezza che Harry impiegò nell'accarezzargli
la guancia. «Per favore, Lou?»
314
*
315
«Che ci fai qui?»
316
Tua madre andrebbe d'accordo con la mia, sarebbero
ottime amiche. E tuo padre...beh, ha dei gusti musicali
migliori dei tuoi.»
«Ehi!»
«Te lo prometto.»
317
«Non sarà così, perché sei il mio Sole e riuscirai sempre a
farmi splendere completamente, Lou.»
318
«Bonjour!» esclamò, avvicinandosi a entrambi e lasciando
sulle loro guance un bacio.
«Buongiorno, Lou.»
«Benissimo, mamie.»
319
Harry le sorrise e la ringraziò per i complimenti, ma Louis
poté soltanto dire «nah, lui basta per entrambi»:
dopotutto, sentirsi bravo in cucina era uno dei pochi modi
che Harry aveva per sentirsi una persona comune, per
prendersi cura degli altri e per dimostrare loro il suo
affetto. Trascorsero l'ora successiva a infornare i dolci e a
pulire la cucina, prima di consumare quella ricca colazione
con il resto della famiglia in giardino.
«Ti piace?»
320
«Intendi quando sono partito per Haiti? Ne avevo bisogno
non tanto per dimostrare qualcosa a qualcuno, ma per
dimostrare a me stesso che avrei potuto cambiare la mia
vita e quella di qualcun altro.»
«Cosa?»
321
«Non andarci proprio ora, per favore.» lo pregò,
prendendo le mani nelle sue. «Mi sentirei perso senza te
a Londra, senza te nella mia vita.»
322
CAPITOLO 12
323
«...e potremmo divertirci per davvero se soltanto tu
abbandonassi quell'espressione schifata che hai sul tuo
bellissimo viso! Smettila di prenderti gioco dei francesi e
anche di torturare questa povera camicia. Eri così felice
quando l'abbiamo comprata, ricordi?»
324
Louis aggiunse «non così in fretta, se prendi un orsetto
dovrai concedermi un ballo!».
325
Harry si sporse a baciarlo delicatamente e Louis
dimenticò per un istante il suo cinismo e nervosismo,
concentrandosi soltanto su di loro. Sorrise quando la
canzone romantica si trasformò in una più ritmata e
Harry gli fece fare una giravolta. Ridacchiò quando provò
a fare lo stesso, ma non ci riuscì perché Harry era più alto
e scoordinato di lui. E non importava se stavano dando
spettacolo tra le altre coppie che affollavano la pista:
abbandonata l'insicurezza iniziale, i due non smisero di
sorridere e amarsi con gli occhi.
327
«Oh, e chi sarebbe? Sai, mi piacerebbe conoscere la
concorrenza.»
E lo disse con tono piatto perché, alla fine dei conti, Louis
era una persona piuttosto orgogliosa e sapere che Harry
non avesse mai detto di avere un fidanzato in ufficio o
non avesse mai accennato a lui lo ferì.
328
«Beh, non è poco. Ma io non me ne farei un cruccio,
sappiamo tutti quanto Harry possa essere "particolare" a
volte.»
«Lou!»
«Louis!»
329
«Che vuoi?» sbottò, mentre Harry lo raggiungeva col
fiatone.
«Cosa succede?»
«Cosa?»
330
«Dio santo, per lo meno Ian mi portava alle sue cene per
mettermi in mostra! Tu, invece, perché mi hai portato
qui? Per sbattermi in faccia che sono un dettaglio
trascurabile della tua vita?»
331
«I-io...»
«Io, io, io!» esclamò Harry. «Si tratta sempre di te, non è
vero? Perché non ti sforzi mai di metterti nei miei panni?
Dietro ogni mia azione c'è un ragionamento, Louis. Non
sono più un bambino e so cosa è giusto e cosa è
sbagliato. Se scelgo di non condividere una parte della
mia vita con i miei colleghi è perché non meritano di
conoscerla.»
«È tutto okay.»
«Aspetta, ennesimo?»
333
«Ti dà ancora fastidio?»
334
«Il signor Preston mi conosce, sa che aver partecipato
alla festa e aver ritirato il premio è già molto per me.
Abbiamo persino scattato le foto di rito per mamma e
Will, ora possiamo andare a casa da Leo.»
335
continuava a esasperarlo soltanto per farsi perdonare più
tardi a suon di baci, carezze e promesse.
336
Harry socchiuse gli occhi in due fessure, poi con un cenno
della mano lo invitò a spiegarsi.
337
Louis sembrò quasi rifletterci, poi rispose «nah» e lo fece
ridacchiare. «Per te, però, potrebbe avvicinarcisi! Ora va'
a renderti presentabile, io ti aspetto qui!»
«Ne hai già tre con cui giocare, Harry.» Louis le indicò
svogliatamente sulla guancia sinistra, prima di sollevare
la benda nera e aggiungere «questa, invece, serve a non
farti riconoscere la strada altrimenti rovinerai la mia
sorpresa!».
«Sicuro?»
342
«Voglio che lo prenda tu.»
«Non ne ho dubbi.»
343
esperienza. Louis sentì Anne liberarsi in un pianto di
commozione quando Harry ripeté più volte che quello
fosse stato il giorno più bello della sua vita e che Robert
gli avesse regalato persino il suo giubbetto di pelle da
aviatore. Lo disse stringendo ancora una volta
l'indumento al petto e Louis ne fu sorpreso, perché Harry
non aveva mai dimostrato il suo affetto per un oggetto,
all'infuori del ciondolo a forma di aeroplanino di carta, dei
suoi modellini in balsa o del suo amato scarabeo.
345
un neo, una particolare espressione, una linea del suo
corpo che non aveva mai tracciato prima.
346
di Louis e che Harry gli intimava di ripetere ancora e
ancora senza averne mai abbastanza.
347
«Merde!» esclamò, lasciando correre le dita tra i capelli
lisci per scompigliarli e massaggiarsi le tempie che
cominciarono a pulsare.
349
E forse lo erano per fargli cambiare idea o per fargli
accettare la sua partenza, perché Harry aveva sempre
fatto del cambiamento la sua più grande paura. Eppure,
si disse che ci avrebbe provato, perché non avrebbe
potuto mai arrendersi ora che le loro vite si erano
intrecciate. Quando abbandonò l'appartamento con il
ciondolo d'argento stretto in un pugno e quel post-it che
pesava quanto un macigno nella tasca destra del suo
pantalone, fuori pioveva.
350
CAPITOLO 13
352
per Louis, perché quest'ultimo meritava decisamente di
meglio. Prese un respiro profondo, prima di scendere gli
ultimi gradini della scala, ma il cigolio familiare del
portone lo immobilizzò, insieme a una voce familiare e
preoccupata.
«Tesoro.»
353
«...ancora quel bambino della foto.» concluse Anne.
355
«Come sei arrivato qui?»
«Harry, io...»
356
«Mi dispiace così tanto non avertene parlato prima, non
averti dato una data precisa o non averti aiutato ad
accettare la mia partenza. Mi dispiace davvero tanto,
Harry. Starò via soltanto per due mesi, ma non cambierà
niente tra noi due.»
«Tu non hai idea di cosa vogliano dire per me due mesi,
Louis. Non posso vivere senza di te, non dopo che ti ho
avuto accanto ogni giorno della mia vita per nove lunghi
mesi. Sei stato la mia guida ed è anche grazie a te che
non mi sono perso a Londra.» spiegò Harry. «Eppure, ora
lo capisco. Ora capisco che è sbagliato, che non posso
legarti a me per sempre. Devi capire anche tu che io non
sono altro che un peso per te, che niente è facile con
me.»
357
«Ma so cosa vuole il mio cuore. E lui non ti vuole. Io non
ti voglio con me.»
Harry poggiò i palmi delle sue mani sul petto di Louis per
spingerlo via, quel poco necessario ai suoi polmoni per
respirare aria pulita, non manipolata dal suo profumo,
dalla sua essenza. Tuttavia, Louis bloccò i suoi polsi in
una presa ferrea e si avvicinò a lui fino a far scontrare
dapprima le punte dei loro nasi e poi le loro labbra in un
gesto disperato. Voleva soltanto fargli sentire quell'amore
che bruciava in lui e che, per un motivo che non si
spiegava, Harry rifiutava.
359
«Posso farcela io per entrambi, tu dovrai soltanto tornare
a Londra, andare a lavoro, vederti con Niall nel tempo
libero e coccolare Leo al posto mio. Dovrai soltanto
aspettarmi.» Louis lasciò dei baci delicati sulle sue labbra,
quasi a convincerlo delle sue parole. «Ti prego. Je t'aime,
ma Lune.»
360
Louis si fermò sull'uscio della cucina a guardarlo per
l'ultima volta.
361
«Perché Louis merita di meglio.»
362
niente di male se sei arrivato a questo punto anche grazie
a Louis.»
363
«Perché è il suo lavoro, per il quale ha lottato
duramente.» sospirò Harry. «Non voglio essere la
persona per la quale abbandona i suoi sogni. Oggi è Haiti
e domani? Domani sarà un matrimonio, saranno dei figli.
E Louis vuole il pacchetto completo. Io non posso dargli
tutto questo, Will. E, allo stesso tempo, per quanto faccia
male, non voglio privarlo della possibilità di avere tutto
questo con un'altra persona, qualcuno più adatto a lui.»
«Io non voglio una vita normale per te, Harry.» precisò
William. «Voglio soltanto una vita che ti renda felice, una
vita piena, ricca di amore. Unica, così come sei unico tu.»
«I-io...»
365
Le giornate scorrevano lentamente nei sobborghi di
Manchester, soprattutto d'estate.
366
una piccola buca per la pianta. «Le margherite sono
molto più belle.»
«Mamma.»
367
«Che c'è? Era soltanto una considerazione.» spiegò con
un'espressione innocente sul volto. «E poi, se tu fossi a
Londra, non ti annoieresti di certo e non rovineresti le
mie aiuole!»
368
«Queste settimane senza di lui sono state un vero
inferno.» confessò, raccogliendo le ginocchia al petto e
poggiandovi il mento.
«Tesoro...»
«Colpa tua?»
369
«Sì, sono io che rovino la vita alle persone che mi
circondano. Quante volte William non è uscito con i suoi
amici per rimanere al mio fianco? Quante volte Niall ha
sprecato il suo tempo per me? E se non avessi conosciuto
Lou? Ora sarebbe ancora con il suo bell'avvocato e non
soffrirebbe a causa mia e del mio stupido
comportamento. E tu! Da quanto tempo non esci con
qualcuno? O per lo meno con le tue amiche?»
370
Harry non riusciva mai a risultare indifferente alle parole
di Anne, soprattutto se riguardavano suo padre: quel
qualcosa che li legava, anche oltre la morte, gli era
sempre sembrato magico. Harry ricordava il bacio che
suo padre lasciava sulle labbra di Anne quando tornava
da lavoro, gli abbracci che si scambiavano e persino le
volte in cui li scopriva a dirsi qualche romanticheria. Suo
padre c'era sempre stato per lei, quando si trattava del
negozio, del suo giardinaggio, di una visita o di una
questione che le dava delle grane. «Scegli una persona
che ti supporti sempre» gli ripeteva Edward quando era
più piccolo. E, anni e anni dopo, Harry aveva capito di
averla trovata ed essersela fatta sfuggire dalle mani come
sabbia al vento.
«Noi...»
*
372
Harry non metteva piede nell'appartamento di Brick Lane
da un mese.
«Harry.»
373
strano nodo alla gola gli impediva persino di deglutire
propriamente.
374
«Tutto. Il mio rapporto con Ian, noi, tu.»
375
matrimonio? Dei bambini? Non so neanche come si
cambia un maledetto pannolino e...»
381
Perché, quella mattina, Louis era andato via per davvero
e aveva salutato con un bacio a fior di labbra Harry, che
si era addormentato tra le sue braccia poco prima. Era
andato via, ma c'era ancora tutto di lui. C'era il suo
profumo impresso sulla pelle di Harry e sulla t-shirt che
indossava. C'erano la sua voce e la sua risata a
riecheggiare nelle stanze. C'erano in giro le sue
cianfrusaglie.
E Harry le amava.
382
EPILOGO
«Bonjour, ma Lune.»
385
Harry finse stupore a quelle parole perché era certo che
Daisy non avesse sognato nulla di quanto avesse
raccontato: il suo era soltanto l'ennesimo tentativo di
convincere i suoi genitori a portarla allo zoo di Nizza, una
meta che sognava da quando erano arrivati in Francia.
Louis gli aveva spiegato che suo figlio non avrebbe mai
potuto odiarlo grazie all'amore e alle premure che Harry gli
avrebbe riservato, che avrebbe potuto anche sbagliare
perché dagli errori avrebbe imparato e soprattutto che non
sarebbe stato da solo in quella nuova esperienza. Una
mattina, sopito ogni dubbio, Harry gli aveva mormorato
sulle labbra «vorrei tanto che uno dei nostri figli avesse i
tuoi bellissimi occhi azzurri» e a Louis erano tremate le
gambe, il cuore e l'anima. Un anno dopo, Harry aveva
preso tra le braccia Daisy per la prima volta e non aveva
più avuto bisogno di alcuna rassicurazione: quella bambina
era sua e lei l'avrebbe amato in ogni caso. Aveva i suoi
386
capelli ricci e i suoi occhi verdi, cercava le sue braccia
amorevoli dopo aver fatto un brutto sogno e rideva
sguaiatamente quando lui la sollevava per giocare
all'aeroplanino. Nonostante alcuni momenti no, Harry era
un padre perfetto per Daisy, che sembrava la sua copia in
miniatura. Louis non faceva altro che farglielo notare, ma
Harry scuoteva la testa perché «ha la tua stessa
testardaggine e la tua furbizia, è una vera Tomlinson».
Margot era andata via nel suo letto con Louis a stringerle
la mano per accompagnarla anche in quel viaggio e lui
aveva pianto per giorni, per settimane.
388
Harry la prese in braccio e si alzò con lei dal letto. «Daisy,
fa' la brava e andiamo a fare colazione.»
389
Tomlinson-Styles, un insieme di occhi azzurri, capelli
biondi e fiato da vendere, che da circa un anno riempiva le
loro notti e i loro giorni con gorgoglii e piccoli passetti,
peluche e pappette, sorrisi e pianti interminabili.
391
Louis guardava con diffidenza quegli intrugli che
realizzava, ma che Daisy in passato aveva mangiato
volentieri. Tuttavia, Edward era tutta un'altra storia ed era
certo che suo figlio avesse ereditato il disgusto per i cibi
verdi e mollicci proprio da lui. Il bambino scansò il
cucchiaio con la manina prima di indicare ancora una volta
il giardino e Louis poggiò il cucchiaio sul piattino. Sapeva
che Edward non avrebbe mai mangiato se avesse
continuato a vedere Harry e Daisy in giardino, accucciati ai
piedi di una pianta di lamponi. Al loro fianco c'era Olaf, lo
Shiba Inu che cercava di arrampicarsi sul ciliegio soltanto
per giocare con Leo, il quale, invece, sembrava piuttosto
indifferente alle sue moine. Avevano adottato Olaf circa un
anno prima, dopo il loro primo viaggio in Giappone: Harry
si era innamorato di quel paese, dei ciliegi in fiore, della
sua architettura sempre in lotta tra modernità e tradizione
e dell'atmosfera zen presente nei piccoli centri. Anche
Louis aveva amato quel viaggio, soprattutto il kimono di
seta che Harry aveva comprato in una boutique e che
indossava sul suo corpo nudo prima di fare l'amore con lui.
394
«Davvero?»
395
Le lasciò prima un buffetto sulla punta del naso e poi le
fece il solletico sul pancino, fino a quando la bambina non
soffiò «tregua» a qualche centimetro dal suo viso e gli
lasciò un bacio sulla guancia.
«No, tesoro.»
«E tu?»
«No.»
«Neanche Ed?»
396
«Non che io sappia, Edward è ancora troppo piccolo per
una diagnosi di questo tipo.»
«Lo è, amore.»
397
Harry aggrottò la fronte preoccupato. «Allora, cosa è
successo a Daisy?»
«Niente, amore.»
398
In dieci anni erano cambiate molte cose.
399
non era poi così male. «E noi siamo partiti soltanto una
settimana fa, lo sai che torneremo ad agosto!»
400
Harry lo ignorò e si portò a cavalcioni sul suo bacino, prima
di abbassare lo scollo della t-shirt che indossava e lasciare
altri baci sulle sue clavicole.
401
«Harry, ma i bambini?»
«Mi sei mancato tanto, Lou.» soffiò sul suo collo. «Ti voglio
così tanto.»
402
Quando Louis sfiorò i contorni della sua apertura e la
penetrò delicatamente, Harry aveva ancora gli occhi chiusi,
continuava a masturbarlo e si spingeva contro il palmo
della sua mano per assecondare i movimenti circolari delle
sue dita.
Nulla.
404
«Je t'aime, ma Lune.»
406
Anne sembrava essere rinata e qualcosa gli suggeriva che
fosse anche merito della famiglia che lui e Harry avevano
creato. Lo stesso Louis le ripeteva che non avrebbe più
dovuto preoccuparsi per Harry, perché non sarebbe più
stato solo, ma lei ribatteva con un sorriso affabile che le
preoccupazioni di una mamma nei confronti di un figlio non
terminassero mai.
«Ma papà!»
«Lo è.»
408
baciare le rughette d'espressione agli angoli dei suoi occhi,
la punta del naso all'insù, i tre piccoli nei sulla guancia.
409
provata, la stessa che gli aveva fatto tremare le mani e che
non gli aveva permesso di infilare subito la fascetta
d'argento con i turchesi incastonati all'anulare di Harry.
Entrambi si persero nei ricordi e si guardarono per un
istante, prima di arrossire e distogliere lo sguardo per
rivolgerlo al panorama.
«Lo è.»
«Anche del mio, Lou.» Harry gli prese le mani nelle sue e
lo fronteggiò. «Ricordi la tua lista?»
410
«Le cinque cose che hai sempre voluto fare, ma che a
causa del tuo Asperger non hai fatto.» affermò Louis. «Hai
avuto da ridire anche sulla lunghezza del titolo.»
«Pilotare un aereo.»
411
avventurasse mai per le campagne inglesi senza un co-
pilota con più esperienza.
«E lo sei, amore?»
Louis gli prese il volto tra le mani e soffiò sulle sue labbra
«poi, sei tornato da me».
412
Louis si sporse e incontrò le sue labbra ancora tremanti,
lasciandosi travolgere dal sentimento che provava per
Harry. Sapeva che suo marito fosse felice, ma quella
confessione a cuore aperto rese quella certezza una nuova
scoperta. Non rispose, ma impresse in ogni bacio, carezza
e sospiro tutto il suo amore, sperando che a Harry sarebbe
bastato. E gli bastò, perché Harry non smetteva di
sorridere tra un bacio e l'altro, mentre le sue mani
vagavano sulla sua schiena, sui fianchi e sul volto a
reclamare quell'amore. Le loro labbra si allontanavano le
une dalle altre soltanto per pronunciare dei semplici «ti
amo» e «je t'aime» detti all'unisono e sotto i loro sguardi
innamorati.
413
conoscenze e a farne tesoro. Un uomo che sapeva amare
ed essere amato. Harry era un figlio e un fratello
amorevole, un amico leale, il migliore analista della sua
azienda, un ottimo marito e un padre premuroso. Harry
non era soltanto il suo Asperger, come molti si
aspettavano. Harry avrebbe potuto essere esattamente chi
avrebbe voluto.
Fine
414
415
COME LA LUNA AMA IL SOLE
417
l'amore della sua vita. Louis era un piccolo Sole che con il
suo calore e il suo amore gli aveva donato nuovamente la
vita. Louis era colui che avrebbe mangiato tutti gli orsetti
gialli e verdi pur di lasciargli quelli rossi, che avrebbe
rinunciato a vedere una partita di calcio se giocare a
scarabeo lo avesse reso felice, che l'avrebbe portato a
vedere un noioso documentario pur di far parte dei suoi
interessi. Insomma, Louis era il suo tutto.
422
impassibile davanti alle condizioni in cui versano quei
bambini.»
«Lou.»
«E poi?»
423
Louis non replicò, ma si accoccolò al suo petto, mentre
Harry lasciava dolci baci tra i suoi capelli umidi. Non
importava quanto si mostrasse forte, a volte aveva
bisogno che Harry prendesse in mano le redini della
situazione e, soprattutto, di lasciarsi andare. Le lacrime
che la sua frustrazione aveva trattenuto fino a quel
momento finalmente fecero capolino e le sue labbra
liberarono soffici sbuffi e singhiozzi. In quei casi, Harry
aveva imparato ad accoglierlo tra le sue braccia e a
mormorare contro la sua pelle piccole parole di conforto,
a stringerlo più forte se necessario, a essere ciò che suo
marito era per lui stesso ogni giorno.
«È tutto okay.»
«E a lavoro?»
«Ma non lo hai scelto tu, visto che ora sei a capo del tuo
dipartimento?»
426
«Immagino.» Louis alzò gli occhi al cielo. «Sai essere
benissimo un buon capo e una persona affettuosa e
gentile allo stesso tempo. Quindi, cerca di sforzarti,
okay?»
«Lou?»
«Sì?»
O almeno, lo sperava.
427
*
428
«Ancora, Harry?» chiese Louis confuso. «Cosa significa
"ancora una volta"?»
«Quando?»
«Lou.»
429
«E cosa facevi invece di farmi preoccupare?»
430
«Lo so.» Harry alzò lo sguardo, annuendo flebilmente.
«Ho sbagliato, ma non riuscivo a dirtelo per telefono o
durante le nostre videochiamate. C'erano sempre i
bambini in casa e non volevo farli preoccupare.» spiegò.
«Non mi hanno mai visto in queste condizioni, credimi.
Soltanto Daisy ha intuito qualcosa dopo la prima
settimana ed è stata bravissima a starmi vicino. Insieme
ce la siamo cavata.»
«Sì, molto.»
431
La morte di nonno Robert aveva scosso profondamente
tutta la famiglia, soprattutto Harry, perché col passare
degli anni aveva visto nell'anziano una figura paterna da
rispettare e amare. Quando Louis gli aveva comunicato la
triste notizia, Harry era scoppiato in un pianto sommesso
e aveva trascorso l'intera notte rannicchiato su un lato del
letto, stringendosi al petto il giubbetto di pelle da aviatore
che il nonno gli aveva regalato anni prima. Inizialmente,
era stato difficile per lui abituarsi alla presenza di Robert,
non avendo avuto un bel rapporto con i suoi nonni,
soprattutto quelli paterni: eppure, dopo il loro primo
incontro a Eastbourne, la strada era stata tutta in discesa
e il loro rapporto si era rafforzato di giorno in giorno. Per
questo, era stato ancora più difficile abituarsi alla sua
mancanza e, soprattutto, processarla.
432
«Avete gli stessi lineamenti, gli stessi occhioni da
cerbiatto e lo stesso naso.» proseguì Louis, colpendo con
l'indice la punta del suo naso arrossato dal pianto e
facendolo sorridere, a tal punto da far comparire due
fossette sulle guance che si premurò di baciare. «E avete
la stessa forza, intelligenza e caparbietà.» aggiunse,
prima di concludere più serio «non lo perderai mai fino a
quando avrai te stesso, Harry».
433
Harry ridacchiò a quella proposta. La scatola dei
complimenti era stata un'idea di Louis risalente a qualche
anno prima, quando era tornato a casa dalla Thousand
Hearts e aveva trovato Harry e Daisy con due musi lunghi
a guardare la televisione in soggiorno, mentre Edward
giocherellava con Leo e Olaf davanti al camino. Entrambi
avevano avuto una brutta giornata e lui, che non poteva
sopportare quei bronci sulle loro labbra, si era messo
all'opera realizzando una scatola al cui interno aveva
inserito tanti piccoli bigliettini: ognuno di essi recitava
una frase di incoraggiamento o un complimento che
avrebbe dovuto rincuorare chiunque lo leggesse. Ogni
tanto ne aggiungeva di nuovi, ogni tanto ne trovava
qualcuno che aveva scritto Daisy come quel «sei un
unicorno» che li aveva fatti tanto sorridere, ogni tanto
buttava qualche incarto di caramella che Edward
nascondeva all'interno e andava bene così.
434
bisogno e chiese «vuoi le pesti qui nel lettone con noi
stanotte?».
435
e ad accettare l'ironia pungente di Louis la maggior parte
del tempo.
436
Harry annuì, accarezzandogli il dorso della mano con il
pollice. «Intendo che Edward e Daisy sarebbero dei bravi
fratelli maggiori per un ipotetico nuovo arrivato.»
437
furiosamente nel suo petto perché Harry ricordava ancora
quelle parole e lui stesso ricordava l'orgoglio provato nel
pronunciarle durante il loro primo appuntamento, giovani
come erano. «Hai il tuo lavoro all'associazione, un marito,
Olaf, Edward e Daisy.»
438
«O un piccolo te.» Harry ricambiò il suo sorriso, prima di
sussurrare «sono così felice che anche tu ti senta pronto
a farlo ancora, volevo chiedertelo da mesi».
«Sì?»
439
«Sì, un passo alla volta.» confermò Harry. «Pensi che ne
saranno felici?»
441
«Allora?»
«Harry, ti prego.»
«Ti odio.»
442
dentro Louis, penetrandolo e andando alla ricerca del suo
punto più sensibile. «Mi piace.»
444
«Papà! Olaf!» esclamò il bambino, inginocchiandosi
davanti al cane per accarezzargli il pelo fulvo, mentre
quest'ultimo cercava di leccargli il viso. «Sta' buono.»
«Forte!»
445
Quando entrarono in casa, Louis liberò Olaf dal guinzaglio
e aiutò premurosamente Edward a levarsi il piumino e la
giacca della divisa scolastica così da avere più libertà nei
movimenti. Fortunatamente, non faceva più capricci
nell'indossarla, ma ricordava quanto fossero stati
traumatici i suoi primi giorni di scuola: per far capire al
bambino che quella giacca in tartan verde non fosse poi
così male, l'intera famiglia aveva indossato delle giacche
simili per l'intera settimana. Era stata un'idea di Harry e
Louis, che non indossava una giacca da secoli, glielo
aveva rinfacciato ogni giorno per poi sentirsi dire «te lo
avevo detto», quando Edward aveva cominciato a
indossare la sua divisa senza pianti o capricci.
«Niente.»
446
Louis si accigliò davanti alla risposta asciutta di suo figlio.
«Niente?» chiese sospettoso, perché Edward era un
bambino fin troppo vivace ed estroverso per rispondere a
quella domanda con un semplice "niente". «Davvero?»
«Già, niente.»
447
provato soltanto mezz'ora prima a scuola di Edward
sembrava essere svanita all'improvviso.
«Dici?»
«Ma papà! Da quando Leo non c'è più, Olaf è così triste!»
448
primo impatto sembrava fin troppo distaccato e poi
donava tutto se stesso con un semplice "miao".
Non era del tutto vero, perché Harry non era un genitore
così severo: o meglio, lo era se si trattava dell'incolumità,
della salute e dell'educazione dei suoi figli. Per il resto,
diventava incredibilmente malleabile e Louis ne era fiero
perché il suo Asperger non definiva il rapporto con i suoi
bambini o quello con suo marito. Ormai il suo Asperger
non lo definiva più. Era lui a contare, lo facevano le sue
scelte, i suoi sentimenti e non le paure perché di giorno in
giorno Harry riusciva a spostare i limiti di quella sindrome
sempre più in là.
449
Louis pensò che non ci fosse nulla di più bello che rendere
felice il proprio figlio, vedendo finalmente un sorriso sulle
labbra di Edward. E non si sorprese di quel pensiero che
formulò perché amava i suoi figli, amava la sua famiglia
ed era diventato incredibilmente maturo. Era diventato
saggio? Più o meno. Era invecchiato? Decisamente.
Eppure, con Harry e i bambini al suo fianco non avrebbe
mai avuto nulla di cui preoccuparsi. Scosse la testa per
tornare alla realtà, ma non riuscì a trattenere un sorriso:
dopotutto, gli piaceva l'uomo che era diventato. Gli
piaceva un po' meno, invece, non essere migliorato in
cucina e aver dimenticato completamente le carote sul
fuoco fino a farle carbonizzare.
454
A Harry piaceva quando le sue labbra erano intorno al
membro bisognoso di Louis e quest'ultimo tirava i suoi
riccioli.
«Harry, ti prego.»
455
Vide Louis lottare per tenere gli occhi ben aperti,
nonostante il piacere stesse invadendo ogni fibra del suo
corpo. Percepì la mandibola sforzarsi e delle piccole
lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi ad ogni suo
affondo, ma ne valeva la pena soltanto per ascoltare i
gemiti sottili e dolci di Louis. Quando questi ultimi si
fecero più forti, utilizzò i palmi delle mani per bloccare il
suo bacino al materasso e velocizzò gli affondi per
portarlo all'orgasmo qualche istante dopo. Percepì sulla
lingua il suo sapore dolce e non poté fare a meno di
succhiare ancora la punta del suo membro per eliminare
ogni traccia di quel nettare, mentre con il palmo della
mano accompagnava l'orgasmo di Louis. Si accasciò
esausto sul suo ventre poco dopo, godendosi anche il
proprio piacere, perché Harry aveva raggiunto il suo
culmine nei boxer e non si vergognava affatto di
sembrare un ragazzino alla sua prima esperienza: Louis
lo faceva sentire in quel modo in ogni caso, giovane e
perdutamente innamorato.
456
«Sei proprio bello.» disse Louis, sistemandosi su un
fianco. «E credo anche che tu sia ancora troppo vestito.»
457
Come faceva a spiegargli che faceva tremare le pareti del
suo cuore, la sua anima e tutto il suo mondo standogli
semplicemente a fianco? Non poteva farlo a parole, ma
sperava che gli sguardi che condividevano da anni
bastassero.
459
«È bellissimo.» affermò Louis, mentre stringeva al petto i
bambini e allungava un braccio per includere in quella
stretta anche Harry, al quale lasciò un delicato bacio sulle
labbra. «Ora apro il regalo?»
«No, invece.»
461
«Sì, invece.» ripeté Harry paziente. «Però, quando l'hai
conosciuta eri davvero molto piccolo ed è normale se ora
non ricordi alla perfezione come fosse fatta o che suono
avesse la sua voce.»
«So come è fatta perché l'ho vista nelle foto e poi è tanto
simile a papà.» precisò Edward. «Ma non ricordo di averci
mai giocato, non come con nonno Robert. A papà non
posso chiedere nulla perché diventa triste e non voglio
che lo sia per colpa mia.»
«Migliore di te e di papà?»
«Davvero?»
462
tutto l'amore che aveva donato a chi faceva parte della
sua vita.
«Davvero? Le assomiglio?»
«Forte!»
463
«Sono un bambino e i bambini fanno tante domande.»
ribatté, alzando un sopracciglio. «Volevo chiederlo a
papà, ma lui non può rispondermi perché non lo ha mai
conosciuto.»
«Come te?»
464
Qualcosa in lui era cambiato da quel momento in poi e,
nonostante fosse ancora un bambino, il dolore smisurato
provato lo aveva portato a maturare in fretta.
«E lo hai scoperto?»
«Lou!»
466
«Una cena romantica.» affermò orgoglioso Harry.
«Abbiamo cenato, giocato a scarabeo e guardato un
documentario insieme.»
«Ah sì? Non lo hai fatto soltanto perché mi volevi nel tuo
letto?»
467
«Je t'aime, mon petit Soleil.»
Harry?
468
mondo da quell'altezza. Una volta l'anno, invece, Louis
convinceva Daisy e Edward a privarsi dei giochi che non
utilizzavano più per portarli alla serata di beneficienza
della Thousand Hearts Foundation.
«L-louis?»
470
dei bassi, come in tutte le famiglie, ma non cambierei mai
nulla di lui o di loro.»
473
«Non sto ridendo di te, amore, ma della tua gelosia e
anche di quel buffo soprannome.» chiarì. «È stata una
semplice casualità: ci siamo scontrati, riconosciuti e
abbiamo parlato un po'.» aggiunse, prima di affermare a
voce bassa e divertita «mi fai eccitare quando ti mostri
geloso».
476
I bambini gioirono felici perché una proposta simile,
soprattutto avanzata da Harry, era un'occasione più unica
che rara, dal momento che accadeva soltanto a Natale.
Gioì anche Louis perché amava quelle tradizioni tutte
loro.
478
Daisy amava alla follia quel carillon. In realtà, amava alla
follia tutto ciò che riguardava lo spazio e la scienza, con
particolare interesse verso il sistema solare e i suoi
pianeti. Quando a scuola aveva scoperto l'esistenza di
Plutone e che fosse stato retrocesso a pianeta nano dopo
alcune scoperte scientifiche, aveva voluto organizzare
una piccola festa per lui nella sua cameretta per
confortarlo: Louis aveva dovuto ricreare la superficie di
Plutone su un pallone da calcio e Harry dei cakepop che
richiamassero il suo aspetto. Era stato assurdo, lo
ammetteva, ma alla fine si erano divertiti. D'altro canto,
era merito o colpa dei suoi genitori se Daisy era cresciuta
con uno smodato interesse verso l'intero universo, perché
fin da piccola li aveva ascoltati chiamarsi a vicenda "mon
petit soleil" e "ma lune". Harry ricordava la curiosità che
aveva visto nei suoi occhi verdi quando, un pomeriggio di
molti anni prima, aveva chiesto a Louis il perché di quei
nomignoli. Insieme, le avevano spiegato che il Sole e la
Luna fossero inseparabili e che il primo illuminasse la
seconda continuamente con la sua gioia e felicità.
480
combaciavano mai con i loro. Non riuscivo neanche a
stare in una stanza molto affollata.»
«E come ha fatto?»
«Con papà?»
«Davvero?»
481
«Sono quattro!» esclamò lei. «E il quinto punto?»
482
«No, amore.» la tranquillizzò, prendendo le mani nelle
sue. «È che...» esitò per un istante, mentre lei si
accigliava e lui si apriva in un sorriso. «Mi fai un'altra
promessa?»
484
«È lei la psicologa tra i due, le lascio soltanto fare il suo
lavoro!» Gli fece un occhiolino e si incamminò verso il
soggiorno, prima di aggiungere «vado a salutare tutti gli
altri!».
485
«La chiamata che mi hai fatto dieci giorni fa dimostrava
tutt'altro.»
486
Non appena entrarono in casa, furono travolti dai
festeggiamenti e Louis poté finalmente rilassarsi e
lasciarsi alle spalle tutto ciò che era accaduto nell'ultimo
anno. Erano stati mesi difficili, mesi in cui avevano
dovuto lasciare cari affetti, affrontare la loro mancanza e
conviverci, ma coloro che erano rimasti erano ancora lì,
erano ancora tutti insieme.
488
dei bambini, Lou: écoute, notre avenir sera ce qu'il doit
être.»
489
«No, possiamo sceglierlo noi.»
«Sì?»
«Ti piace?»
491
Louis rimase in silenzio fino a quando, tendendo la mano
destra verso il suo petto, non chiese «posso?».
492
«Pensavo fossimo...non so, in crisi?» sbuffò Louis,
scuotendo la testa.
493
Le stelle erano i loro figli, tutti e nessuno escluso, Edward
e Daisy che già illuminavano la loro vita e il bambino che
sarebbe arrivato.
495
pelle e sulle sue palpebre strette tra loro per superare il
fastidio iniziale di quella penetrazione e godere del
piacere che piano a piano si espandeva nel suo corpo.
496
Quel disegno rappresentava i loro sogni trasformati in
realtà grazie all'amore e all'impegno che ogni giorno si
promettevano a vicenda. Quel Sole, quella Luna e quelle
Stelle erano una realtà che Harry non si era mai
permesso di desiderare prima dell'arrivo di Louis, prima
che quest'ultimo gli mostrasse non solo quanto fosse
bello sognare, ma anche realizzare i propri sogni. Erano
tutto ciò che aveva e per cui si sarebbe sempre sentito
grato e fortunato.
«Mi vuoi ancora una volta sulla tua pelle.» mormorò, non
trovando altre parole per descrivere il turbinio di emozioni
che provava. «Mi vuoi ancora.»
498
LE STAGIONI DELL’AMORE – L’AUTUNNO
499
Raggiungeva quasi la sua altezza e non dimostrava i suoi
quattordici anni: nei suoi lineamenti spigolosi c'erano
anche la durezza e l'asprezza di tutto ciò che aveva
vissuto, degli anni trascorsi in svariate case-famiglia e
delle mancanze che aveva sopportato. Gli occhi, però,
sembravano ancora quelli di un bambino: erano puri,
dolci, inesperti, forse anche impauriti per la nuova
avventura che l'avrebbe atteso.
«E poi migliorerà?»
500
Louis. E quest'ultimo amava vederlo così sicuro di se
stesso, perché non c'era nulla che Mikael non avrebbe
potuto fare con le giuste possibilità e il loro supporto.
501
Gli lanciò un'ultima occhiata, prima di infilare le chiavi
nella toppa del portone e aprirlo lentamente. E più il
portone color verde abete si apriva più il sorriso di Louis
si ampliava perché finalmente rivedeva tutto ciò che
aveva di più caro al mondo: la sua famiglia. Vide Harry
tirare un sospiro di sollievo alla sua sola vista e poi
ricambiare il suo sorriso dolcemente, Daisy essere al suo
fianco e stringere tra le braccia minute Ginger, Edward
fremere sul posto con un'espressione che era tutta un
programma e Olaf scodinzolare allegramente.
502
Mikael gli rivolse grato un sorriso quando Edward e Daisy
si allontanarono e lo invitarono ad abbandonare l'ingresso
per dirigersi in cucina, dove - a detta dei due - li
aspettava una cena buonissima preparata proprio con le
loro mani. Louis e Harry ridacchiarono, mentre li
ascoltavano battibeccare su chi avesse fatto di più in
quella cucina qualche ora prima: la verità era che Daisy
aveva soltanto condito le patate con sale e pepe e che
Edward aveva finito per mangiare quasi tutti i lamponi
utili a decorare il dessert, ma Harry non li corresse.
Dopotutto, volevano soltanto impressionare Mikael e farlo
sentire in qualche modo a casa. Quando le voci dei loro
figli divennero sempre più ovattate, i loro sguardi si
incrociarono, i loro sorrisi crebbero maggiormente e le
loro guance arrossirono persino. E non importava quanti
anni fossero passati o quanto amore l'uno avesse
respirato sulla pelle dell'altro, Harry e Louis avrebbero
sempre sentito le ginocchia tremolare, i loro cuori battere
all'impazzata e i loro occhi brillare ogni qual volta fossero
stati vicini.
503
«Ero così in ansia, Lou.» affermò Harry tra un bacio e
l'altro, mentre le mani inanellate gli accarezzavano il viso.
«Ho mangiato così tanti orsetti gommosi che Daisy e
Edward hanno dovuto nasconderli, altrimenti mi sarei
rovinato l'appetito per la cena!» aggiunse, mentre Louis
ridacchiava perché aveva riconosciuto quel familiare
sapore di fragola sulla punta della sua lingua. «Mi hanno
persino costretto a giocare a scarabeo fino a poco prima
che voi due arrivaste per tenermi impegnato in qualche
modo!»
«In realtà non hai mai vinto per davvero quel pomeriggio
perché quella partita non l'abbiamo mai terminata.»
ribatté Harry, curvando le sue labbra in un sorriso. «Mi
hai portato al centro di addestramento per piloti civili di
Southampton e sono tornato a volare, ma non sappiamo
con certezza come sarebbe finita quella partita. Eri
soltanto in vantaggio di qualche punto e hai anche
imbrogliato scrivendo saggio con tre "g"!»
504
era in quei momenti che capiva quanto il suo Asperger
fosse un'aggiunta e mai una sottrazione.
«E quale sarebbe?»
«Okay, forse non sono l'unico che ti rende felice visto che
ci sono anche loro...» ammise sbrigativo. «...ma io ho più
assi nella manica di loro dal momento che posso fare
questo in veste di marito!» aggiunse con un sorriso
malizioso, prima di rifugiare il suo viso nell'incavo del
collo dell'altro e baciare la sua pelle nivea a più non
posso, fino a farlo desistere e a farlo ridacchiare
rumorosamente.
«A proposito...»
505
proposito dei ragazzi...come mai avete impiegato tutto
quel tempo ad entrare tu e Mikael?»
«Oh.»
«Ragazzi.»
«Allora?»
508
«È andata bene, credo.»
511
Mikael lo guardò riluttante. Soltanto dopo aver preso un
respiro profondo, indossò la giacca e si voltò verso Louis
che lo fissava già sorridente. E Harry, ancora nascosto
dietro la porta di legno, provò quasi un moto di gelosia
nel vedere gli occhi blu di Louis brillare in quel modo.
C'era una connessione speciale tra Mikael e Louis,
qualcosa che Harry ancora non era riuscito a capire,
qualcosa che gli permetteva di abbracciarlo, di sfiorarlo e
semplicemente parlargli senza provocargli un sussulto o
del fastidio. Mikael si fidava ad occhi chiusi di lui e, ogni
qual volta lo notava, Harry si sentiva irrimediabilmente
tagliato fuori.
512
«Ma la camera di Edward è di sotto.» precisò, incrociando
le braccia al petto e curvando le labbra in un sorriso
sghembo. «Per caso hai perso il senso
dell'orientamento?»
«Mikael.»
514
minare la sua stabilità e la sua vita, che tanto aveva
ancora bisogno di ordine e punti fermi. Harry risultava
ancora preoccupato e timoroso, esattamente come lo era
stato circa due anni prima, quando Louis era tornato a
casa dal suo viaggio a Minsk per conto dell'associazione e
gli aveva raccontato di aver incontrato Mikael. Gli aveva
parlato di un ragazzino che si era aggrappato al suo
cappotto per non farlo andare via dalla casa-famiglia e
che lo aveva guardato con gli occhi verdi colmi di
speranza. Quegli occhi dicevano tra le tante altre cose
anche «rimani». E Louis era rimasto un altro giorno, poi
un altro e un altro ancora: i due non parlavano molto a
causa della barriera linguistica che li divideva, ma si
capivano a gesti e con un solo sguardo. E non c'era
nient'altro da capire, oltre al fatto che Mikael avesse
disperatamente bisogno di una famiglia che lo amasse.
515
traduzione dell'assistente sociale che si occupava del loro
caso e qualche esitazione, lo aveva accettato e lo aveva
stretto al petto.
517
«Ottimo, io odio le piscine e gli sport d'acqua.» ribatté
con un broncio. «E pensavo che li odiasse anche Mika dal
momento che si è fatto comprare quasi una muta da sub
per le lezioni di nuoto a scuola.»
518
Il tempo di rivolgergli un sorriso genuino e le labbra di
Louis furono catturate da quelle di Harry.
519
Ed era questo l'amore, quello che sentiva insinuarsi
sottopelle e in ogni lembo del suo corpo, tra anima e
cuore, ogni volta che Harry lo guardava e gli diceva
quanto fosse perfetto anche se era quanto più lontano
dalla perfezione in quel momento.
520
«Sempre mio.» disse Louis, prima di muovere in cerchi
morbidi le sue dita per prepararlo e sfiorare il suo punto
più sensibile. «Sempre nostri.»
521
Da qualche anno festeggiare Halloween a casa
Tomlinson-Styles era una questione importante.
522
recinto e prendere tra le braccia suo figlio quando
quest'ultimo esclamò «guarda papà senza mani!».
523
«Sei bravissimo, Mika.» si complimentò Louis, osservando
il volto terrificante che il ragazzo aveva intagliato sulla
superficie ruvida e arancione della zucca. «Ora che
abbiamo scoperto questo tuo talento, Harry ti farà
intagliare tutte le zucche che comprerà oggi!»
524
«Benvenuto nel club, Harry. I gemelli si ribellano a me e
a Lisa dal momento esatto in cui sono nati.» ridacchiò
Niall e lui non stentava a crederlo perché James e Noel
mettevano a dura prova l'esistenza e la pazienza di
chiunque. «Vedrai che questa storia passerà in fretta, tra
qualche giorno non ci penserai più.»
«E con me?»
529
Devi soltanto essere paziente, vedrai che quel momento
arriverà da sé e sarà bellissimo.»
«Un po'.»
532
«Amerò ogni tuo travestimento, anche il più eccentrico,
perché è una parte di te che vale la pena di scoprire.»
O almeno lo sperava.
533
LE STAGIONI DELL’AMORE – L’INVERNO
535
Harry sospirò stringendosi il ponte del naso tra pollice e
indice e serrò le palpebre. «Lou, sono a lavoro anche io.
Non posso uscire subito dopo la pausa pranzo e...»
«Harry? C-cosa hai detto? Non sento quasi nulla, qui non
prende bene il cellulare e non posso stare fuori ancora
per molto perché ho un ragazzino che mi aspetta
dentro. Ti prego, va' a scuola dei ragazzi. Ti prometto che
mi farò perdonare stasera con la pizza di Marco.»
536
«Mikael e Daisy.»
Due su tre?
«Non lo so, Mika. Non sono mai stata dalla preside prima
d'ora. Notre avenir sera ce qu'il doit être.»
538
«Cosa?» chiese lui: dopotutto, aveva trascorso quasi due
anni a migliorare il suo inglese e sentire di tanto in tanto
Louis, Harry, Daisy e Edward parlare la lingua francese lo
incuriosiva e lo confondeva allo stesso tempo. «Perché
avete l'ossessione per il francese nella vostra famiglia?»
«Lui ti piace.»
541
«Chi?»
«No, affatto.»
«Cosa?»
«Che patto?»
«E tu cosa ne guadagni?»
544
Entrambi non osarono ribattere ad alcuna parola
pronunciata da Harry, lo seguirono in silenzio e
aspettarono pazientemente che Edward uscisse
dall'edificio delle scuole elementari con il suo zaino giallo
e il suo cappottino blu addosso, mentre si stringevano nei
loro Montgomery scuri e guardavano annoiati l'asfalto
bagnato dalla pioggia.
«Ma papà!»
545
Louis lo guardava contrariato, soltanto il letto c'era a
dividerli e una strana atmosfera fatta di parole taciute e
tensione aleggiava tra loro, rendendo insopportabile
persino trovarsi nella stessa stanza. «Dico soltanto che
avresti potuto consultarmi prima di comportarti da
Giudice della Corte Suprema, Harry!» ribatté, sfilandosi i
pantaloni beige e cercando il suo pigiama. «Hai punito
persino Edward per nulla!»
546
non cambiano né a suon di punizioni, né a suon di
pugni.»
554
abbracciarlo per sedare ogni discussione, ma lo sguardo
algido di Harry lo inchiodò al pavimento.
«Lou?»
556
«Ehi, Mika.» mormorò, mordendosi il labbro inferiore e
facendogli un cenno con la mano. «Vieni qui.»
«A causa mia?»
557
«Ed era così, è ancora così.» ribatté subito per
rassicurarlo. «A volte succede di discutere, di scontrarsi
per qualcosa, ma non necessariamente tutto questo porta
a conseguenze più gravi. Abbiamo discusso perché
ultimamente il lavoro mi impegna troppo, a detta sua, ma
io non me ne sono reso conto.»
558
«E che Edward vuole fare danza classica! Insomma, è la
persona con meno grazia che io abbia mai conosciuto, ma
sono sicuro che sarà adorabile con la calzamaglia e
l'espressione concentrata sul viso quando dovrà fare plié
e piroette.»
559
Mikael deglutì, prima di spostare i suoi occhi verdi sulle
sue dita che giocherellavano tra loro nervose. «Anche io
faccio parte del lavoro, Lou?»
561
«Abbiamo tutta la notte.» ribatté, alzandosi dal divano e
lasciando un buffetto sulla testolina fulva di Olaf. «Ma sali
su. Questo divano non sembra così comodo e il mio letto
è abbastanza grande per entrambi.»
«Per ora ti basti sapere che è iniziato tutto con una festa
a casa di Niall, delle lezioni di statistica e una lista di
cinque cose da spuntare.»
562
amasse trascorrere del tempo con Mikael, Louis sperava
soltanto di sbagliarsi.
«Sembra difficile.»
564
Mikael ascoltò attentamente le parole di Harry, ascoltò
una storia che gli era già stata raccontata da un altro
punto di vista, quello di Louis, nelle notti che
trascorrevano insonni nella sua stanza.
565
pomeriggio, soprattutto per loro due che non si erano mai
avvicinati così tanto prima di quel momento.
«Sì?»
«I-io e te?»
Uno dei giorni più felici della sua vita, ricordò Mikael. E,
allora, capì che quegli aeroplanini di balsa fossero un
simbolo, che i ricordi e il significato che portavano con
loro fossero più importanti. Importante come
l'aeroplanino tatuato che si intravedeva sull'avambraccio
di Harry e che Mikael aveva notato anche su quello di
Louis. Importante come quello d'argento che Harry
portava sempre al collo e dal quale non si separava mai
se non per affidarlo a Louis quando quest'ultimo partiva
per uno dei suoi viaggi. Importante come quello di carta
che era ancora custodito nel cassetto del suo comodino e
sul quale c'era la lista che gli aveva cambiato per sempre
la vita.
571
«Persino un cieco riuscirebbe a vederlo. Andiamo,
raccontami tutto.»
573
deve essere più forte di qualsiasi orgoglio e sono certa
che il vostro lo sia.»
Anne annuì. «Tuo padre era spesso via per lavoro e nelle
missioni rischiava la sua stessa vita, credi che non
impazzissi al solo pensiero di non vederlo tornare mai più
a casa? Non riuscivo mai a fargli promettere che quella
missione sarebbe stata l'ultima, però, perché lui mi
diceva sempre che avrebbe servito la sua patria fino al
suo ultimo respiro.» raccontò, i suoi occhi blu visibilmente
lucidi. «E Louis in un certo senso me lo ricorda, sai?»
«E come?»
575
parlare della loro giornata, stanchi ma felici di averla
vissuta insieme.
576
LE STAGIONI DELL’AMORE – LA PRIMAVERA
Sapeva, però, che nulla fosse più come prima dalla loro
discussione.
E Louis non era affatto pronto per ciò che Johannah gli
domandò un attimo dopo: quel «quindi ora vi parlate di
nuovo?» lo fece sobbalzare tanto da fargli andare un
sorso di tè di traverso e farlo tossicchiare per il minuto
intero seguente. «Calme-toi un peu, chéri!» aggiunse lei
innocentemente, mentre gli lasciava qualche pacca sulla
schiena.
«Beh, se hai parlato con Anne sai già cosa non va. Hai dei
consigli da darmi o solo dei rimproveri?»
580
«Perché mi vergogno. Perché pensavo di essere un buon
padre e un buon marito, perché non avevo mai visto
Harry così deluso dai miei comportamenti o dalle mie
parole, perché ogni volta che siamo nella stessa stanza
mi torna in mente la nostra discussione e alzo la guardia
per non essere giudicato ulteriormente.»
581
storia d'amore per un po' di orgoglio o di vergogna, non
credi?»
582
azzardo, per digitare col fiato sospeso un «e allora cosa
aspetti a raggiungerci?» e attendere una reazione che
quella volta non arrivò per davvero. Non importò, però,
perché quel «mi mancate anche voi» era già stato una
vittoria, un passo in avanti. Gli permise di addormentarsi
con un po' di speranza a scaldargli il petto e di svegliarsi
il mattino successivo con il sorriso sulle labbra, un sorriso
che non smise di indossare neanche quando entrò nella
stanza dei ragazzi e trovò Edward imbronciato davanti lo
specchio a parete.
«Davvero?»
584
aveva da lavorare, ma non ha mai mancato una visita al
cimitero prima d'ora.»
«Sì?»
585
Varcare le soglie del cimitero di Eastbourne era diventata
un'azione familiare per Louis negli ultimi anni, durante i
quali si era convinto del fatto che i cimiteri servissero più
ai vivi che a chi non c'era più.
587
tasca del suo jeans un post-it identico al suo per
dimostrargli le sue buone intenzioni. «Lo avevo qui!»
588
«Vuoi davvero salirci?» chiese lui titubante. «Quando ieri
sera ti ho mandato tutte quelle foto non ho pensato alle
conseguenze sinceramente. Se ti sono sembrato
indelicato, mi dispiace...insomma, so bene che una casa
sull'albero era tutto ciò che desideravi da bambino e non
ho dimenticato i ricordi dolorosi che hai a riguardo.»
«Davvero?»
589
l'idea che fossi solo a casa nostra, senza compagnia e
senza i ragazzi. Senza di me.»
E in un istante accadde.
«Dov'è papà?»
591
E Harry la capiva perché non c'era altra cosa che voleva
anche lui, perché nelle ultime settimane i ragazzi si erano
abituati nuovamente ad avere Louis al loro fianco e non
avrebbero sopportato vederlo ancora scegliere il lavoro al
posto loro.
«Daisy!»
«Ero...»
«Lou, io...»
596
Chiusa la porta della sua stanza, Harry tirò un sospiro di
sollievo. Era sollevato per essere sopravvissuto anche a
quella giornata perché, da quando lui e Louis non erano
più una squadra, pensava alla sua vita come una continua
lotta ed era stanco di farlo. Era stanco di non trovare più i
suoi occhi blu ad osservarlo innamorati, di non sentire più
le sue braccia intorno alla vita e di non percepire le sue
labbra sulle sue. Si portò mogiamente al piano terra,
diretto in cucina per una tazza di tè caldo, quando
qualcosa posizionato sul tavolo in legno del soggiorno
colpì la sua attenzione.
Poi, percepì il bacio tenero che Louis gli lasciò sulle labbra
prima di andare via e finalmente si sentì completo,
nonostante non ci fosse ormai nessuno al suo fianco.
598
Una lacrima scese silenziosamente sulla sua guancia e le
punte delle dita sfiorarono delicatamente le sue labbra,
quasi per accertarsi che quel bacio non fosse stato un
sogno.
599
Lo disse in modo sbrigativo, mentre continuava a
spostare dal letto al borsone e viceversa i suoi indumenti,
con gli occhi bassi e poco coraggio di guardarlo in faccia
perché altrimenti la sua calma apparente si sarebbe
sgretolata in mille pezzi.
601
«Harry ama il fatto che tu sia un gran lettore proprio
come lui, lo sai?»
604
ginocchiate di Edward lasciavano pur di riavere la sua
quotidianità e la sua famiglia indietro.
E bastò un attimo.
606
E gli sembrò di tornare a diciassette anni prima. A
quando aveva svegliato il migliore amico del suo
coinquilino sul vecchio divano dell'appartamento di Brick
Lane e aveva scoperto un cielo che non aveva mai visto
in vita sua. A quando Louis lo aveva guardato per un
istante meravigliato e lui aveva creduto di essere bello, di
esserlo per davvero per qualcuno che non fosse sua
madre o suo fratello. A quando Louis aveva corrugato le
sopracciglia e un cipiglio confuso era comparso sul suo
viso, così come stava accadendo anche in quel momento.
Louis non si tirò indietro quella volta, né si spaventò o
urlò. Frettolosamente circondò i polsi di Harry con le sue
mani e si leccò le labbra prima di chiedere con voce roca
e tono confuso «cosa succede?».
«I ragazzi.»
607
intrecciate automaticamente e sollevare lo sguardo
ancora assonnato sul suo viso. «E quindi?»
«E quindi ti amo.»
610
«Oh, sta' zitto!» ribatté Harry, pronto a metterlo a tacere
con qualunque mossa a sua disposizione. «Ora baciami,
sciocco!»
«Per sbaglio?»
612
settimane senza di te. Ti amo e brucio dalla voglia di
sentirti ancora mio.» ansimò, mentre i loro bacini si
sfioravano lentamente ed entrambi rabbrividivano per
quel contatto così sfrontato. «Je t'en prie, ma Lune.»
613
dell'altro fino a consumarsi. E mentre il fondoschiena
sodo di Harry veniva a contatto con la sua erezione
pulsante e lui massaggiava il suo membro bisognoso,
Louis approfondì sempre di più quei baci fino a quando
non fu inevitabile allontanarsi per riprendere fiato.
«La luna.»
«Il sole.»
«E cosa?»
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«Mi sono chiesto se mio padre sarebbe stato fiero di me e
la risposta mi è sembrata quasi ovvia. No, non sarebbe
mai stato fiero di me se avessi continuato a comportarmi
in quel modo, se non ti avessi dato il modo di farti
perdonare e se fossi stato sempre sulla difensiva. Quindi,
stamattina, era già nei miei pensieri porre fine a questa
stupida guerra fredda che portavamo avanti da
settimane. Poi, ho sentito quel tonfo e ho raggiunto i
ragazzi e...vederli tutti e tre così affiatati in cucina o
sapere che stavano facendo qualcosa per noi, soltanto
per noi, mi ha aiutato a capire che non volevo svegliarmi
da solo neanche un giorno di più.» Scosse la testa,
lasciando che il calore del petto di Louis scaldasse anche
la sua guancia. «È qui che voglio stare ogni mattina, così,
con te.»
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«Il tuo francese è perfetto e lo saranno anche questi pain
au chocolat, Mika.» aggiunse Louis, affiancando il marito.
«Dovremmo sporcarci di farina e cioccolato anche io e
papà o andiamo bene così per questa occasione?»
domandò, facendo ridacchiare i ragazzi, per poi invitarli a
sedersi e a provare i loro esperimenti culinari.
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LE STAGIONI DELL’AMORE – L’ESTATE
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C'era stato Niall, che gli era stato vicino come un fratello
e che lo ascoltava parlare di cose che non gli
interessavano minimamente sempre col sorriso perché
era anche quella l'amicizia. C'era stato il suo primo
fidanzato, lo sportivo della sua scuola, ma Harry
supponeva che quel ragazzo lo ascoltasse soltanto per
aver il permesso di baciarlo un attimo dopo. C'era stato il
signor Preston il primo giorno in cui era arrivato a Londra,
durante il colloquio di lavoro, ad ascoltarlo meravigliato
per le sue conoscenze e a dargli una possibilità. Infine,
c'era stato e continuava a esserci Louis, che sembrava
ascoltarlo e capirlo anche quando Harry non emetteva un
fiato la maggior parte delle volte.
«Si può?»
«Allora?»
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specchiarono in quelli gemelli di Mikael, che lo
guardavano ancora incerto. «Se hai le giuste persone
accanto, qualcuno che ti supporta e che crede in te, non
dovrebbe importarti ciò che il resto del mondo pensa di
te. Fa' ciò che desideri per te stesso e per chi ti vuole
bene, tutto il resto non conta.»
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«Mika.» mormorò, tendendo una mano verso di lui.
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come dovermi comportare con gli altri bambini e i ragazzi
più grandi. Con alcuni andava bene, con altri un po'
meno. Alcune di queste cicatrici risalgono ai tempi in cui
vivevo con mia madre, altre sono più recenti.»
«Mika, i-io...»
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abusi.» confessò. «Mi sono fidato di Louis ad occhi chiusi
quando è tornato dal suo viaggio a Minsk: mi ha detto
soltanto che tu avevi bisogno di noi, di una famiglia, e io
non ho avuto dubbi, volevo soltanto aiutarti. Louis si è
occupato della maggior parte delle questioni burocratiche
e l'assistente sociale che si è interessata al caso non
faceva altro che mettermi in guardia, ma non capivo mai
realmente per cosa. Ora capisco tutto, però. Louis non mi
ha mai detto nulla, credo che volesse proteggermi, ma
sospettavo che ci fosse molto di più.»
«E come?»
«Ti capisco, Mika. Sei molto di più delle tue cicatrici o del
tuo passato così come io sono molto di più del mio
Asperger.» mormorò Harry, prima di corrugare le
sopracciglia e chiedere «ma allora è per questo che le
copri con quella muta quando nuoti?».
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complimenti per tirarti su il morale e l'uno accusava l'altra
di averne inseriti troppi e di farlo sfigurare.»
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«...sei soltanto un ragazzo, un ragazzo al quale sono
capitate molte cose brutte in passato, ma che cerca di
vivere al meglio il suo presente e che può ancora
plasmare il suo futuro.» concluse Harry al suo posto. «E
non mi hai deluso, anzi. Sono fiero di te, di come sei ora
e del fatto che tu sia rimasto qui, anche quando le cose
tra me e Louis andavano male. Sono io che devo dirti
grazie, grazie per esserti preso cura di lui quando io non
potevo.»
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Una storia che aveva la necessità di essere scoperta e
raccontata per far capire che un cambiamento fosse
possibile, anche nei casi più difficili e disperati, con il
giusto supporto e amore. Una storia che non era solo
sinonimo di dolore e sofferenza, ma anche di speranza,
quella alla quale si era aggrappato Mikael durante gli
ultimi mesi trascorsi all'orfanotrofio e che stringeva nel
palmo della sua mano. E ora era Harry a stringerlo forte a
sé perché aveva imparato anche questo col passare degli
anni. Forse, agli occhi di Mikael non sarebbe mai stato un
papà, così come lo era per Edward o Daisy, ma ci sarebbe
stato ugualmente e avrebbe continuato a stringerlo, ad
abbracciarlo, a farlo sentire al sicuro. Non sapeva
neanche se da quel momento in poi il ragazzo si sarebbe
aperto maggiormente a lui o se le sue ferite si sarebbero
rimarginate del tutto, ma sapeva che quella confessione e
quell'abbraccio avevano fatto breccia nel muro che Mikael
aveva erto e che Louis aveva cominciato ad abbattere
mattoncino per mattoncino due anni prima.
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Mikael si allontanò da lui tanto quanto bastava per
guardare il suo viso. Le sue lentiggini si intravedevano a
malapena sul volto paonazzo dal pianto e delle lacrime
bagnavano ancora i suoi occhi fino a rendere il loro
caratteristico verde quasi trasparente, quasi come la
rugiada che rinfrescava le foglioline degli alberi al
mattino.
«Cosa?»
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«C'est rien, mon ange.» ribatté Louis, cercando di
distrarlo dalle sue elucubrazioni mentali con il francese:
prima di quel momento non aveva mai fallito. «Tu me
rends fou.»
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«Più che altro ami i tuoi genitori che tengono impegnati i
ragazzi affinché tu possa svegliarti così.» precisò Harry,
guardandolo dalla sua posizione e tracciando con l'indice
linee immaginarie sul suo addome.
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nonna Margot tempo prima. In una delle ultime festività
natalizie trascorse insieme, la donna aveva confessato a
Harry di volere una casa più ampia a Saint Paul per
ospitare l'intera famiglia e gli amici. Allora Margot non
pensava che i figli della sua amica Clementine potessero
vendere la casa di famiglia ed era certa che il suo sogno
sarebbe rimasto soltanto tale, ma Harry ricordava ancora
le sue parole e le aveva ripetute a un Louis che lo aveva
guardato di rimando commosso.
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pareti, ma per i tanti volti familiari che l'affollavano.
Perché casa non erano le quattro pareti che sorreggevano
un tetto, casa erano i ricordi, i volti felici e i cuori colmi
d'affetto delle persone che l'abitavano.
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sembrava aver trovato la sua dimensione in quel paesino
tra una passeggiata al chiaro di luna mano nella mano
con Timothée e una partita a scarabeo con Harry, tra una
nuotata al mare con Louis e la costruzione di un castello
di sabbia con Edward e Daisy sulla riva.
«No, no.»
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Harry per essere precisi, ma quello non era il momento
adatto per le puntualizzazioni.
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E all'improvviso lo fecero.
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Louis lo vide prendere un respiro profondo prima di
sfilarsi la t-shirt bianca che indossava, rimanere soltanto
con i suoi bermuda addosso e prendere la rincorsa per poi
tuffarsi nelle acque calde e cristalline della caletta. E si
sentì fiero di lui perché finalmente aveva sconfitto il
giudizio altrui e aveva messo da parte i ricordi legati alle
cicatrici che ora non nascondeva più. Mikael scompariva e
poi faceva capolino tra le onde, sorrideva quando Edward
gli chiedeva un altro tuffo e non sobbalzava più quando le
sue mani si aggrappavano alla schiena, non abbassava
più lo sguardo quando sorprendeva quello di Daisy fermo
a osservare le sue cicatrici.
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«Come si misura un anno, Harry?» chiese Louis d'un
tratto.
«E perché?»
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