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La questione sociale

Il processo di industrializzazione fu favorito dalla disponibilità di risorse e manodopera, resa


possibile dalla crescita demografica e dall'arrivo nelle città di tante persone in cerca di guadagno.
La popolazione aumentò grazie anche alla scomparsa di grandi epidemie, all'aumento dell'igiene
pubblica, alla creazione di reti fognarie ed acquedotti. Nel 1900 la popolazione di Londra per
esempio raggiunse più di 4 milioni di abitanti.
L'industrializzazione portò alla nascita del proletariato industriale, che si ritrovò però ad abitare in
quartieri con abitazioni misere e fatiscenti nei pressi delle industrie.
I grandi profitti, (cioè guadagni superiori all'investimento) accumulati dalla borghesia industriale
derivarono anche dallo sfruttamento degli operai, soprattutto delle donne e dei bambini.
Infatti i salari erano bassissimi e diminuivano se a lavorare era una donna o un minorenne, le
giornate lavorative erano sei a settimana e arrivavano per tutti a quindici ore, spesso si svolgevano
in ambienti malsani e insicuri. L'elevata disponibilità di manodopera portava con sé la possibilità di
essere facilmente licenziati in qualunque momento in caso di malattia ad esempio.
Le città si stavano rapidamente trasformando grazie anche alle infrastrutture necessarie all'utilizzo
dei treni e delle nuove attrezzature a vapore.
Nel tempo però le dure condizioni di lavoro portarono gli operai a protestare, talvolta con
violenza, contro i padroni delle fabbriche. Misero in atto ad esempio sabotaggi contro le macchine
che portavano via lavoro agli operai (movimento Luddista alla fine del 1700).
In Inghilterra, primo paese nel quale l'industrializzazione si avviò, a lungo gli scioperi e i sindacati
furono illegali (anche se proprio qui erano sorti i primi sindacati nel 1834, le "Trade Unions"),
tuttavia le agitazioni alla fine portarono ad ottenere una riduzione dell'orario di lavoro e migliori
condizioni per donne e bambini.
Verso la metà dell'800 gli operai si organizzarono in cooperative di consumo (per commerciare con
prezzi inferiori al mercato) di produzione (i soci sono operai che producono) e in società di mutuo
soccorso (che aiutavano i soci in caso di malattia, infortunio o vecchiaia) queste ultime
sovvenzionate talvolta da aristocratici e borghesi filantropi.
In ascolto ed aiuto degli operai alcuni pensatori diedero vita movimenti politici e partiti, a teorie
socialiste secondo le quali all'uguaglianza civica si doveva affiancare un'uguaglianza sociale (ossia
economica).
Tra le teorie socialiste ci furono quelle degli utopisti (che puntavano ad una società più giusta) e
degli anarchici (portate avanti da Bakunin che allargava l'idea di libertà di vita, senza vincoli
religiosi né statali, comprendendo non solo gli operai ma anche contadini, braccianti, vagabondi);
nel 1848 quelle comuniste (del socialismo scientifico) di Marx ed Engels (riportate nel Manifesto
del partito comunista) che, dopo aver attuato una profonda analisi della società industriale,
ritenevano inevitabile uno scontro tra borghesia capitalista e proletariato (lotta di classe) e la
possibilità di quest'ultimo di ottenere il potere tramite una rivoluzione, l'abolizione della proprietà
privata della produzione che doveva essere gestita dallo stato, la creazione di una società senza
classi, la società comunista.
A Londra, nel 1864, si organizzò la così detta "Prima Internazionale", un'Associazione
internazionale dei lavoratori per coordinare e guidare le attività dei movimenti operai e socialisti e
di diffonderli. Tuttavia le diverse visioni portarono alla fine dell'Associazioneall'inizio degli anni '70
dell'800.

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