La Malattia Emolitica del Feto e del Neonato (MEFN)
Anche nota come eritroblastosi o idrope fetale, la MEFN è rappresentata da un insieme di
manifestazioni cliniche, più o meno gravi, conseguenti all’emolisi dei globuli rossi fetali e neonatali ad opera di anticorpi materni di isotipo IgG, capaci di attraversare la placenta, rivolti verso alloantigeni eritrocitari del feto. Storicamente, la forma più diffusa e più severa di MEFN è dovuta alla formazione nel siero materno di anticorpi rivolti verso RhD, a causa della relativa frequenza del fenotipo RhD negativo, alla immunogenicità dell’antigene e al potenziale emolitico degli anticorpi anti-RhD. Successivamente, in seguito all’utilizzo routinario, agli inizi degli anni ‘70, della immunoprofilassi anti-D in periodo ante- e post-natale, l’incidenza di MEFN da anti-D si è drammaticamente ridotta, almeno nei paesi industrializzati. Attualmente la causa più frequente di MEFN, anche se di gravità estremamente minore, è rappresentata dall’isoimmunizzazione AB0, ma più di 50 antigeni eritrocitari diversi dall’AB0 sono stati chiamati in causa, tra i quali i più importanti sono rappresentati da antigeni dell’Rh diversi dal D (c, E), l’antigene Kell, antigeni dei sistemi Duffy, Kidd e MNS. Sebbene la MEFN rappresenti tuttora un problema clinicamente significativo, che può potenzialmente complicare ogni gravidanza, sono stati fatti grandi passi avanti nei metodi per identificare precocemente e monitorare il feto a rischio di MEFN. Innanzi tutto, la titolazione seriata degli anticorpi anti eritrocitari in corso di gravidanza, l’identificazione del genotipo paterno, la determinazione precoce del gruppo fetale con metodiche non invasive, il monitoraggio ultrasonografico del feto per identificare la precoce comparsa di ascite, monitorare la frequenza cardiaca, ma soprattutto per evidenziare una eventuale anemia tramite lo studio della velocità di flusso dell’arteria cerebrale media. Prima ancora, è risultata fondamentale la prevenzione della isoimmunizzazione materno-fetale, mediante l’attenta scelta delle eventuali unità da trasfondere in giovani donne e ovviamente l’utilizzo sistematico della immunoprofilassi anti-D, possibilmente calibrata sulla base dell’entità del passaggio di globuli rossi fetali nel circolo materno. Anche dal punto di vista terapeutico è migliorata la capacità di effettuare con successo trasfusioni intrauterine, è stata messa a punto una fototerapia più efficace per ridurre l’iperbilirubinemia e prevenire il kernicterus, associata all’utilizzo di immunoglobuline ad alte dosi per via endovenosa.