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Appunti di filologia

Lezione 3 22/10/2021
La punteggiatura
Negli ultimi anni ci si è resi conto che la punteggiatura, sia molto importante, e che vada
studiata. È stato istituito un prontuario della punteggiatura. Ma non è l’unico che si è scritto,
come manuale per la classificazione e la spiegazione della punteggiatura.

Esempio: canto 5 dell’inferno. Francesca, racconta a Dante della sua storia. Caina attende
chi a vita ci spense,(chi ci ha ucciso è destinato a finire nella Caina, quindi traditori
della patria) chi lo pronuncia? Dante lo immagina pronunciato da Francesca. Cambio
di registro rispetto alla ripetizione di “amor” per tre volte, fa pensare che forse, a
pronunciare il verso fosse stato Paolo, perché chi li aveva uccisi, era il fratello di
Paolo, quindi suo famigliare. Se si immagina pronunciato da Paolo, ucciso dal
fratello, ci potrebbe sembrare quasi più giusta più sensata. Il motivo di questa
proposta, viene perché nella Commedia, la punteggiatura la mettiamo noi. Fa vedere
come la decisione di inserire un segno di punteggiatura di n segno o un altro può
coinvolgere il senso dell’intero punto della commedia. Chi ha avanzato questa
proposta, ha solo fatto un’ipotesi. Il dubbio sorge anche per il verso successivo
“Queste parole da lor ci furon date” quindi da loro, sia Paolo che Francesca.
Prendiamoci la libertà di pensare anche ad una possibile alternativa, senza farci
condizionare.

Allestimento dei testimoni manoscritti (come si costruisce)


Cominciamo a dire che si parte da un foglio, di carta o di pergamena (particolare materiale
che si ottiene tramite la lavorazione delle pelli di animale), più pregiato e costoso della carta,
consentono di venire riutilizzati per scrivere testi diversi da quello originale: ovvero i testi
palinsesti
Con il termine Palinsesti (dal greco e vuol dire “raschiato di nuovo”) si indicano quei
manoscritti in pergamena dai quali era stato raschiato via l’inchiostro del testo originario,
avendo quindi a disposizione un nuovo supporto per trascrive un nuovo testo. Molto spesso
riguardano le letterature classiche (greca e latina).
Nei secoli del Medioevo, in seguito alla scarsità di pergamena, i testi, che evidentemente
non interessavano alla pubblico, venivano raschiati via per trascriverne degli altri.
Il testo che prima era scritto sotto, tramite degli agenti chimici, è ancora di possibile lettura,
pur comunque rovinando l’essenza della pergamena.
Esempio: Nei primi anni del XIX secolo, il famoso bibliotecario della Biblioteca Vaticana
Angelo Mai, scopre che un manoscritto è in realtà un palinsesto che contiene il
verde pubblica di Cicerone.

Nel 1800 per cercare di leggere il testo che era stato raschiato via si faceva ricorso a delle
sostanze chimiche che danneggiano irreparabilmente il manoscritto.
Nel Novecento è stata scoperta la lampada di Wood. Una lampada a raggi UV posta sopra
alla pergamena supposta palinsesta, che consente di vedere l'inchiostro che era stato
raschiato via.

Adesso, attraverso particolare tecniche di fotografia multispettrale, consente di leggere in


modo ancora più nitido di quanto si possa fare ricorrendo alla lampada di Wood.

Tornando alla costruzione di un libro manoscritto, si parte da un foglio, di qualsiasi


dimensione esso sia, si piega in due e si mette all’interno del primo, creando quello che si
chiama fascicolo.

Nella descrizione del libro manoscritto si usa il termine carta sia che il manoscritto sia
costituito da carta o da pergamena. Per definire quella che oggi comunemente chiamiamo
pagine. Ogni carta ha due facciate, la numerazione viene posta sulla prima facciata. Quindi
le distinguiamo come: Carta 1 recto, carta 1 verso. Il numero lo troverò solo sul “recto” di
ciascuna carta.

In base al numero di fogli che lo compone viene chiamato in diversi nomi:


4 fogli, quaderno o quaternione: risulta quindi di quattro fogli piegati in due e costituito da
otto carte.
5 fogli, dieci carte
6 fogli: sesterno, 3 fogli piegati in due, 6 carte.
L’insieme di più fascicoli rilegati insieme forma il libro manoscritto.

Noi oggi nei libri che leggiamo, siamo abituati alla numerazione per pagine, ogni facciata di
un testo ha un suo numero. Invece nella numerazione che si impiega per numerare le carte
dei fascicoli del libri manoscritti, si numerano per carte, non per pagina. Ogni carta ha due
facciate, la numerazione viene posta sulla prima facciata. Quindi le distinguiamo come:
Carta 1 recto, carta 1 verso. Il numero lo troverò solo sul “recto” di ciascuna carta.

Di solito il rilegatore è una figura professionale diversa dal copista, per essere sicuri che
non facesse degli errori ma li rilegasse nell’ordine giusto, il copista si premura di ricorrere
all’espediente del richiamo: arrivato alla fine del fascicolo, anticipava una o più parole con
cui iniziava il fascicolo successivo, per dire al legatore che quella doveva essere l’esatta,
numerazione dei fascicoli, lo trovo su tutti i fascicoli, tranne l’ultimo.

Il richiamo non è qualcosa che troviamo solo nei manoscritti, ma lo troviamo anche nei libri a
stampa, realizzati per fascicoli che andranno rilegati insieme. Che la corretta rilegatura non
fosse scontata, è dimostrata dal fatto che, oltre il richiamo, c’era un’altra precauzione che i
copisti prendevano. Con lo stesso scopo, ogni fascicolo veniva indicato con una lettera
dell’alfabeto, detta segnatura.

Quando un copista inizia a trascrivere il suo testo poteva avere di fronte a sé un foglio
piegato in due, prima di iniziare la trascrizione, il copista stabiliva quale dovesse essere lo
spazio della carta destinato ad ospitare la scrittura, perché comunque bisognava lasciare
dei margini bianchi.
Doveva decidere lui le dimensioni di quello che si chiama spazio di scrittura, che doveva
rimanere il medesimo per le carte successive, cioè la parte di carta destinata ad essere
impiegata per la trascrizione del testo.

Il copista, una volta deciso lo spazio di scrittura, trascriveva delle righe per essere sicuro di
andare poi diritto nel momento della scrittura. In certi casi, il copista, poteva decidere di
articolare la sua trascrizione in due colonne di testo, e quindi predisponeva due spazi
distinti. Quindi avremmo una colonna a e una colonna b.

Se abbiamo una disposizione di questo tipo dovremmo distinguere la porzione di testo a e la


porzione del testo b, quindi 1 recto a e 1 recto b. Quando ci troviamo di fronte ad un
manoscritto in pergamena, è chiaro che sia stato di un personaggio importante, che si
poteva permettere la pergamena.

Il copista, in base a chi aveva commissionato il lavoro, decideva: carta o pergamena. Esiste
un certo numero di libri manoscritti in cui la maggioranza dei figli sono fogli cartacei ma nella
sua costruzione, allestimento, sono stati impiegati anche dei fogli di pergamena. Quando ciò
accade, di solito il foglio in pergamena, è il foglio più esterno di ogni fascicolo. Rilegando i
fascicoli, ogni fascicolo ha anche una maggiore protezione, essendo la pergamena il foglio
più resistente.

Copisti per mestiere e copisti per passione


I copisti per professione: coloro che trascrivevano a mano i testi, perché era la loro
principale professione la quale doveva bilanciare la velocità con l'accuratezza del testo, per
non scontentare il committente o il possibile acquirente.

Il copista per passione, non è qualcuno che vive trascrivendo manoscritti, ma che ha
un’altra mansione, e solo saltuariamente, o per ragioni di particolare interesse a possedere
quel determinato testo o quella determinata opera decide di copiarlo da solo, perché è
particolarmente interessato a quel testo.

La situazione si complica per un motivo in particolare: rispetto al copista di mestiere, il


copista per passione, può essere un copista infedele e inaffidabile, perché è particolarmente
interessato a quel testo e il modo per far proprio un testo, non è solo leggerlo con
attenzione, ma il modo migliore è quello di trascriverlo a mano per intero.

In questo processo può accadere che chi trascrive quel testo si immedesimi a tal punto, da
arrivare al punto di ritenere opportuno inserire dei chiarimenti, a fin di bene secondo lui, per
renderlo più bello. Il copista per passione si senta autorizzato a modificare il testo che
trascrive, quasi si sentisse un collaboratore dell’autore. Ecco perché quando entrano in
scena i copisti per passione si possono incontrare una serie di difficoltà.

Esempio: uno dei più importanti è Giovanni Boccaccio quando si fa copista delle opere di
Dante Alighieri. Boccaccio è stato colui che viene ritenuto il fondatore del culto
dantesco nella storia letteraria italiana, lui che ha fondato le lecturae dantis, le
letture pubbliche dei canti della commedia, in modo che tutti potessero ascoltare
quello che aveva scritto Dante. Boccaccio fa di tutto per convincere Petrarca della
grandezza di Dante. Si fece poi trascrittore delle più grandi opere di Dante, come la
Vita Nova. Boccaccio non faceva il copista di professione, trascrive Dante per
passione. Arrivato a trascrivere la Vita Nova, apporta un grande cambiamento al
testo. La vita nova è un prosimetro, alcune parti in prosa svolgono una funzione di
commento, e alcune con una funzione esegetica dei sonetti. Nel copiare la vita
Nova dice “Si meraviglieranno molti, per quello che io vi sto dicendo, perché io la
divisione dei sonetti non ho nei testi riportate come ha fatto l’autore del libro del
primo, poiché più che testo sono commento e quindi come tali le ho riportate, quindi
non fanno parte del testo”. Quindi Boccaccio, sta annunciando di estrarre dal corpo
della vita nova e di trascriverle ai margini, come prosa. Afferma poi di avere due
ragioni per fare questa cosa: dice che ha sentito dire da persone di cui dì si fida che
Dante si era pentito di aver aggiunto le divisioni del testo, forse avendo la stessa
opinione di Boccaccio, che seguendo il desiderio di Dante le ha rimosse, la seconda
era che la prosa, secondo lui, non doveva mischiarsi con i sonetti e che quindi
debbano essere separati. Molti copisti che hanno avuto come modello la
trascrizione di Boccaccio: alcuni hanno scritto come ha fatto lui, ma ce ne sono stati
alcuni che hanno trascritto il testo ma hanno tralasciato le parti esegetiche della
prosa.

Questo è esempio delle conseguenze di trovarsi davanti a un manoscritto trascritto da un


copista per passione, cioè possono determinare delle profonde alterazioni ai testi originali.

Esempio: sono i molti copisti per passione che si sono trascritti per loro personale interesse
le cento novelle del Decamerone, una buona parte dei manoscritti in mercantesca.
Quindi sappiamo essere scritti da mercanti che desideravano possedere il testo
del Decamerone e che fossero i mercanti il pubblico più interessato al
Decamerone è facile da capire, molti protagonisti delle novelle sono mercanti.
In diversi di questi manoscritti in mercantesca, succede che i nomi dei personaggi
delle novelle o i luoghi delle novelle vengono modificati, i quali intendono
ambientare la novella nei luoghi in quale loro stessi vivono, così come cambiano i
nomi dei personaggi del Decamerone, che intendono attualizzare le vicende delle
novelle. Noi abbiamo molti manoscritti dove cambiano i nomi di persona di luogo
completamente diversi tra di loro.

Lezione 4 - 04/10/2021

Esercitazione trascrizione diplomatica.

Biancho, dolce, suave e vago fiore,


Fiorito fuor del tempo naturale,
Farai sapere a la mia donna quale “Errori” come Biancho, smensurato,
Et quanto è il smensurato nostro brusa, nella trascrizione diplomatica
non vanno ardore. corretti. Per
quella interpretativa invece
cambiano
Ch'ogni ghiazzo propinquo farei
foco.

quando abbiamo l’articolo oppure


Et di' che 'l foco ove mi brusa amore complemento oggetto; ch’el invecie
Senza mai riposare (senza dare pronome soggetto
tregua) fuoco d’amore nella quale mi trovo
tanto e tale fa si che l'inverno assomigli alla
Che fa l'inverno a primavera primavera
equale(uguale), che la donna che io amo pensi poi a
Et che ella pensi poi come sta il core. come sta il mio cuore
Vero è che 'l tristo et angoscioso consonanti doppie vengono
pianto scempiate, ad esempio ochi, senza il
Che mi piove da gli ochi nocte e raddoppiamento, a volte le grafie
giorno latineggianti avevano solamente
Tal hora extingue pur la fiamma un valore estetico, ma noi non
poco. possiamo immaginare la pronuncia
Se ciò non fosse ormai lo incendio è che gli attribuiva l’autore. In una
tanto, trascrizione interpretativa non si
Che adosso posto m'ha il suo cambiano le grafie, tranne u e v.
sguardo adorno,
Che la matina è fresco e colorito
La nostra giovenezza è proprio un E poi la sera è languido e smarito,
fiore
L'ameno odor perdendo e il bel
colore. Satifare dal latino, quindi rimane
Però (perciò) serebbe da seguire così.
amore Descrive la giovinezza. Determinare
E satisfare al tempo e a l'appetito se sia il pronome relativo, riferita
Mentre l'età ne fa quel dolce invito, all’età, oppure come pronome
Che da noi fugge e passa in sì poche relativo.
hore.
Che mi piove da gli ochi nocte e Ch'ogni ghiazzo propinquo farei
giorno foco.
Tal hora extingue pur la fiamma un Piena di giorni obscuri e penser egri,
poco. In noi mancha virtute e gentilezza,
Se ciò non fosse ormai lo incendio è Né per thesoro haver una giornata
tanto, Mai si puotrebbe de i dì primi alegri.
Che adosso posto m'ha il suo
sguardo adorno,
Che da noi fugge e passa in sì poche Et che ella pensi poi come sta il
hore. core.
Ché quando in noi gionta è poi la Vero è che 'l tristo et angoscioso
vechiezza pianto
Da infinita miseria acompagnata,

Catalogazione dei manoscritti conservati nelle biblioteche italiane.


Molto spesso le nostre biblioteche sono sprovviste di un modello di catalogo dei manoscritti.
In alcuni casi, questo catalogo lo troviamo in forma di manoscritto, a volte del XVIII - XIX
secolo, quindi non aggiornati seguendo le ricerche che sono state condotte negli anni più
vicini a noi. Questi sono molto poco dettagliati a fornire il tipo di testi all’interno delle
biblioteche, e presenta molti limiti.

Nel corso dell’ultimo secolo e mezzo sono state intraprese delle iniziative di catalogazione,
ad esempio si è cominciata la pubblicazione degli inventari dei manoscritti delle
biblioteche d’Italia. Inaugurata nel 1890 da Giuseppe Mazzantinti. Purtroppo, dal 1890 al
2021 non è stato prodotto nemmeno un volume l’anno.

Questo ci indica che la catalogazione dei manoscritti non ha mai interessato molto gli
eventuali finanziatori ed investitori. Oggi, se noi non avessimo chi si occupa di testi di
letteratura italiana, soprattutto delle opere scritte in latino, non avremmo il patrimonio
letterario di cui disponiamo adesso.

Per sapere quante delle biblioteche italiane sono provviste di un catalogo a stampa dei
manoscritti in esse conservati si può ricorrere all'Annuario delle Biblioteche italiane, F.lli
Palombi editori, Roma 1969 1981, in cinque volumi.

Un’opera fondamentale per quanto riguarda la catalogazione dei libri manoscritti è


dovuta all’operazione di uno scrittore tedesco: Paul Oskar Kristeller (1905-1999). Uno
dei maggiori studiosi dell’Umanesimo italiano. Ci si riferisce ai sei volumi dell’Iter
italicum. Essenzialmente è una grande lista di libri manoscritti umanistici catalogati, o
catalogati in modo parziale che si trovano nella biblioteche d’Italia e di altre nazioni.
Primi due volumi sono dedicati alla Città del vaticano, gli altri quattro sono dedicati ad
"alia itinera", da Australia a Jugoslavia, e a supplementi (è presente anche una sezione
denominata: "Utopia", riservata alla segnalazione di manoscritti presenti in collezioni
private, i cui proprietari hanno consentito a Kristeller di consultarli ma a condizione di
non fornire informazioni sulla loro localizzazione).

Informazioni che un catalogo ci dovrebbe fornire:

- la datazione: a quando si crede che il manoscritto sia stato datato


- la struttura: materiale sulla quale è stato scritto, carta o pergamena,
- la consistenza: da quante carte è formato,
- le dimensioni: che misure ha, fornite in centimetri
- autore: se un manoscritto non ha informazioni sull’autore il manoscritto si dice: adespoto,
- titolo: se un manoscritto è sprovvisto di un titolo viene detto: anepigrafo.

Quando in un manoscritto non si ha nessun nome d’autore e il manoscritto non è particolarmente


noto, cominciamo con il trascrive gli incipit. Ci sono degli strumenti che possono in certi casi aiutare
ad attribuire l’autore a questi manoscritti, questi si dicono incipitali, chiamati:
- Incipitario unificato della poesia italiana. voll. III, a cura di Marco Santagata, Istituto di
Studi RinascimentaliEdizioni Panini, FerraraModena 1988, vol. III.
- Edizioni di lirica antica, a cura di Bruno Bentivogli e Paola Vecchi Galli, Istituto di Studi
RinascimentaliEdizioni Panini, FerraraModena 1990 e vol. IV.
- Bibliografia della lirica italiana nei periodici, a cura di Silvia Bigi e Maria Giovanna
Miggiani, Istituto di Studi RinascimentaliEdizioni Panini, FerraraModena 1996.

Sotto una stessa rilegatura possono essere affidati più di un solo manoscritto, questi si dicono
manoscritti compositi, questi possono essere di natura, epoca ed origine diversa.

Per quanto riguarda i testi in prosa non esiste un corrispettivo dell’Incipitario, quindi ci si deve
affidare alla memoria di qualche altro manoscritto. Il progetto Manus Online, contiene delle alcuni
testi e delle biblioteche italiane.

Libro a stampa.
La stampa a caratteri mobili fece la sua comparsa in Europa circa nella metà del XV secolo,
da Johannes Gutenberg, orafo di Magonza. Il primo libro stampato fu la Bibbia nel 1456.
Della Bibbia di Gutenberg abbiamo sia esemplari di pergamena sia esemplari di carta.
In Italia la stampa a caratteri mobili fu introdotta da Corrado da Schweinheim e Arnoldo
Pannartz da Praga.

Dal punto di vista terminologico, i libri più antichi (stampati nel 1400, più precisamente fino al
31 dicembre del 1500) vengono chiamati incunaboli (letteralmente significa fasce per
avvolgere i neonati) passando al significato di culla, infanzia, primo inizio. Viene integrato
nella bibbliografia dall’olandese Cornelio van Berghem che intitolò il suo catalogo di opere
stampate nel secolo XV Incunabula typographiae. Sono denominazioni date ai libri più
antichi rispetto agli incunaboli, stampati quindi dal 1 gennaio del 1501 al 31 dicembre del
1600, definiti cinquecentine.

I primi libri a stampa cercano molto spesso di assomigliare ai libri manoscritti della stessa
epoca. Questo perché alcuni stampatori non volevano perdere quel pubblico devoto ai libri
manoscritti. All’inizio il libro a stampa non ha sostituito il manoscritti, ma gli si è affiancato, al
punto che ancora alla fine del 1400 si incontrano manoscritti copiati da stampe e queste
ultime sono spesso oggetto di aristocratico disegno.

Questo spinge i tipografi a produrre “edizioni di lusso”, ad esempio stampati su pergamena


oppure rilegati in una maniera particolare in modo da distinguerli dagli altri esemplari.
Andava molto di moda farli stampare su carta colorata, specialmente su quella turchina.
Queste edizioni sono destinate a personalità religiose, politiche e culturali.
Esempio: Isabella d’Este Gonzaga aveva nella sua libreria un esemplare stampato su
pergamena de “Le cose volgari” di Petrarca, pubblicate nel 1501 a Venezia da
Aldo Manuzio, oggi conservato alla British Library.

Per le Cinquecentine va ricordato soprattutto il catalogo complessivo delle cinquecentine


italiane presenti nelle nostre biblioteche:
- Le edizioni italiane del XVI secolo. Censimento nazionale Roma, Istituto centrale per il
catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, 1985 (rist. 1990),
vol. I (A); 1989, vol. II (B); 1993, vol. III/1 (C). E' consultabile online.

- Edit 16 Censimento Nazionale delle Edizioni Italiane del XVI secolo: copre tutte le lettere
dell'alfabeto (non solo le prime tre, come nell'edizione cartacea), anche se l'immissione di
tutti i dati relativi alle circa 1200 biblioteche italiane partecipanti al censimento non è
completata.

Tra gli altri strumenti, di ha l’avvio di una collana bibliografica che intende offrire un catalogo
sistematico per generi letterari del libro quattro-cinquesco con il volume dedicato al libro di poesia:
Biblia. Biblioteca del libro italiano antico, diretta da A. Quondam, La biblioteca volgare, 1, Libri di
poesia, a cura di I. Pantani, Milano, Editrice Bibliografica, 1996.

Lezione 5 - 5/10/2021
Saggio di Ginzburg
Modello moreniano basato sui particolari secondari. Modo per distinguere la mano del maestro
da chi ha copiato il dipinto originale. Di alcuni dipinti esistono diverse repliche, e tutte non sono
firmate. Era quindi importante capire quali fossero originali, e quali fossero copie. Per escludere
che quella che si ha davanti si ha un originale e non una copia allora bisogna guardare i piccoli
particolari.

Metodo investigativo di Sherlock Holmes si basa sull’attenzione ai particolari di un indagine.


Per quanto riguarda Freud, la psicoanalisi cerca di analizzare le cose molto meno evidenti
della nostra mente e dei nostri comportamenti. Sappiamo per certo che Freud conosceva i libri
di Morelli, anteriore alla prima formulazione del loro tipo di analisi.

Ginzburg, dopo averli presentati, sottolinea ciò che questi tre avevano in comune (Morandelli,
Konandoil e Freud) erano tutti e tre medici. Sottolinea l’importanza di questa comune
formazione scolastica prettamente scientifica dei tre, perché aiuta a saper analizzare i sintomi e
da lì diagnosticare la malattia.

Operanti più o meno nella stessa epoca, sostanzialmente sincronica, orizzontale. Il saggio
passa ad una prospettiva diacronica, si risale dai primi del Novecento, ai tempi dei cacciatori
preistorici, perché i cacciatori prima di essere cacciatore di prede deve essere un attento
osservatore delle tracce che può aver lasciato il passaggio di questo animale.

Questo tipo di conoscenza è un sapere basato sugli indizi, che sembrava essere qualcosa di
ben colonizzabile all'inizio del Novecento o agli ultimi dell’Ottocento. Ma possiamo dire che
è vecchio quanto l'uomo. Dopo di che Ginzburg parla di altri personaggi e di altre discipline.
Arriva, poi, a trattare di personaggi meno noti come il medico Mancini, nella Roma del primo
seicento. Non era solo medico, ma intenditore di pittura, anche autore di un’opera in cui
Mancini tratta anche delle modalità in cui si può riconoscere un quadro autentico da una copia.

Finalizzata a conoscere qualcosa di importante ma finalizzata agli indirizzi e alle congetture. Il


paradigma indiziario, è una modalità basata sulla qualità e sull'unicità del caso analizzato, si
contrappone al paradigma scientifico, di tipo quantitativo; è un caso che va risolto, ma si
applica al caso che va risolto.

Così se vogliamo fare una riflessione sulla medicina, la considereremo più legata al paradigma
indiziario, o a quello scientifico, o ad entrambi? Rientra nel paradigma più o meno scientifico. Al
giorno di oggi, date le varie analisi alla quale possiamo sottoporci, capita in alcuni casi che ci
sono degli indizi che possono risolvere la diagnosi.

In molti casi una malattia può manifestarsi con sintomi diversi nei singoli individui, e da qui
analizzare i vari indizi per arrivare ad una diagnosi. Per questo deve avere una certa precisione
nel sapere individuare il problema che affligge il paziente. La scienza medica potremmo
collocarla in entrambi i rami e i paradigmi.

La filologia si colloca nel paradigma più indiziario, dovendo cogliere gli indizi che ogni umano
mostra nella sua figura. Contando che si serve degli errori che i copisti hanno commesso per
poter risalire ad un archetipo il più simile possibile all’originale. Non veniva stampato nemmeno
tutto il testo

Intervista: Carlo Ginzburg, il mestiere di storico


I primi libri stampati cercavano di essere più simili ai libri manoscritti. Si cercava di non turbare
le abitudini dei lettori, presentare un prodotto sempre più simile al libro manoscritto. Tener
conto dell'orizzonte d’attesa di chi voleva leggere un libro.

Esempio: Se si mettessero a confronto due stampa della bibbia di Gutenberg, una su carta e
una su pergamena. Ci verrebbe subito da dire che siano entrambe dei libri
manoscritti. (vedi foto della stampa di Gutenberg). Il titolo, o meglio la rubrica (perché
ha l’inchiostro rosso) era stato apposto dopo a mano. I più antichi libri a stampa, sono
poi completati a mano. Se poi confrontate la rubrica della copia cartacea e quella
della copia su pergamena, notiamo che non sono uguali.

Può apparire strano che ,al momento, non da tutti fu accolta con grande soddisfazione
l’introduzione dei libri a stampa. Inizialmente suscitarono, perplessità e dubbi, fino ad arrivare al
vero e proprio rifiuto. C’era chi riteneva che la stampa a caratteri mobili fosse un'invenzione del
diavolo. La cosa importante è che di questo si discusse molto, che sia stato un processo
tortuoso.

I pochi lettori del tempo, alcuni erano abituati a possedere il loro libro manoscritto che per loro
era qualcosa di unico ed irripetibile. La loro biblioteca era fatta esclusivamente da libri
manoscritti. Il libro a stampa, non è unico, ma è un prodotto seriale.
Per quello che sappiamo, di un incunabolo venivano stampati circa 1200/1300 esemplari,
sapere che io compro un libro uguale a quello che può comprare qualcun altro, non era
considerato accettabile. Come tentativo di presentare meglio all’aristocrazia, accanto alle
copie realizzate su carta vengono stampate alcune copie utilizzando fogli di pergamena. Era
come un’edizione limitata, considerata di lusso.

Lezione 6 - 06/10/2021
I libri a stampa e la loro conseguenza sulla popolazione dell’epoca
La diffusione della cultura non fu più soltanto limitata a chi poteva permettersi un libro
manoscritto, grazie all’invenzione della stampa.

Aumenta il numero degli alfabetizzati, con la diffusione stampa si ha un allargamento del


pubblico dei lettori. Ora chi vuole, un libro lo può ottenere a prezzo nettamente inferiore. Alcuni
tipografi allestiscono delle edizioni per rivolgersi a questo tipo di pubblico, detti opuscoli.

La caratteristica più evidente è quella di essere costruita da poche carte dalle otto alle sedici
carte. Queste stampe popolari contenevano dei testi ricette varie, elenchi di rimedi contro le più
svariate malattie o morbi, vite dei santi, preghiere, storie d’amore.

Questi erano quelli che costavano di meno, nella gerarchia dei libri a stampa occupavano il
gradino più basso per quanto riguarda il pregio e la qualità. Ora sono molto rari, oggi chi
volesse collezionare queste stampe antiche dovrebbe avere a disposizione delle somme
ragguardevoli, data la loro poca consistenza materiale.

Detti anche opuscoli cerretani. I cerretani erano dei piccoli mercanti popolarI, della città di
Cerreto, vicino a Spoleto in Umbria. Piccoli commercianti ambulanti che giravano di fiera in
fiera nelle varie città proponendo in vendita i prodotti più svariati. Proponevano anche questi
opuscoli di poche carte insieme alla lora mercanzia. Non è detto da ritenersi meno antiche dei
libri manoscritti

A volte queste prime edizioni possono riprodurre manoscritti antichi che non si sono realizzati,
la sua priorità cronologica non è un criterio preferenziale, anzi, si constata che un manoscritto
conserva la propria opera in maniera indipendente dalla sua età. Da qui recentiores non
deteriores, non è detto che i libri a stampa siano più o meno attendibili dei libri manoscritti.

Quello che costituisce il libro antico a stampa


Alla figura del copista, si sostituisce quella del compositore. Questo compositore tipografico
lavora con davanti questo esemplare da cui sa che dovrà ricavare la composizione del libro a
stampa. Legge e memorizza la composizione del testo, prende i caratteri corrispondenti alle
lettere, e li posiziona al contrario ogni riga, e continua così riga per riga, fino a formare una
pagina. Legate poi insieme e tra loro legate in una forma, che dipende dalla struttura del
fascicolo.

La forma viene inchiostrata e viene premuta sul foglio di carta tramite il torchio. Se si deve
realizzare un libro in formato in folio dovrà comporre le pagine composte dalla pagina 1 e dalla
pagina 4, inchiostra le righe, mette il foglio, viene pressato dal torchio e viene fatto asciugare,
poi si passa alla forma interna. Se invece si vuole realizzare un libro a stampa in quattro, si
comincia sempre con la forma esterna, e questa volta il compositore dovrà mettere riga dopo
riga per quattro pagine, piegato in un certo modo si ottiene un fascicolo.

Le pagine sono costruite in modo da avere una successione logica nel numero delle pagine.
Nel formato in ottavo, per ogni facciata del foglio, vengono impresse su ciascuna delle facciate
otto pagine.

Per costituire un libro vero e proprio c’è poi la necessità di rilevare correttamente i fascicole e di
ordinarli secondo la sua successione. Già con gli incunaboli c’era l’uso della segnatura: ovvero
ordinare i fascicoli successivamente con le lettere dell’alfabeto. La cosa importante era che i
fascicoli venissero rilevati correttamente.

Nei libri antichi, come anche nei manoscritti è frequente trovare il registro. Il registro è
l'indicazione di quanti sono i fascicoli che costituiscono il libro e qual è la loro consistenza,
questo serve poi per controllare che l’esemplare del libro sia poi un esemplare completo. Nei
libri antichi a stampa alla fine del fascicolo, tranne l’ultimo, troviamo l’espediente del richiamo.

Il fatto che se io confronto tra loro più esemplare di una stessa edizione dello stesso testo, se
ho a che fare con dei libri antichi a stampa può risultare che i due non siano esattamente
uguali. Nei libri antichi a stampa, non accade che tutti gli esemplari di una stessa edizione
siano tra loro del tutto e per tutto uguali.

E questo è il terreno di analisi della bibliografia testuale. Questo avviene tenere conto ogni
tanto che il processo di stampa richiede molto tempo. Durante questo tempo poteva accadere
che, dopo tempo che si usava la stessa matrice, si rompevano le righe che costituivano i
caratteri, bisognava quindi ricomporla.

Nella ricomposizione, il compositore potrebbe fare degli errori che prima non aveva fatto. Si
controllava che nel testo stampato non ci fossere degli errori gravi. Anche se ci sono degli
errori o delle lacune, non si buttavano i fogli già stampati. Ci si premurava di ricomporre la
forma tipografica ma non si buttava via la pagina già stampata.

A processo di stampa già avviato, l’autore del testo poteva avere dei ripensamento. Dopo aver
consegnato il testo al tipografo, a processo di stampa avviato poteva decidere di introdurre
delle modifiche, delle varianti al tipografo. Quelle stampate, con una lezione testuale poi
cambiata dall’autore, componeva un certo numero di fogli con la versione aggiornata.

Anche nel caso di fogli con varianti poi cambiati dall’autore, venivano poi messi in circolazione
esemplari con la relazione ultima voluta dall’autore e altri invece come quella precedente. Un
autore che introduceva a processo di stampa avviato di introdurre una modifica, era Ludovico
Ariosto.

Strumento delle fotocopie trasparenti, si prende un esemplare e lo si fotocopia tutto.


Sovrapponendo a ciascuna pagina ogni copia trasparente, si vede ad occhio se è uguale
oppure diversa. Questa tecnica è stata trovata dallo studioso Conor Fahy, iralndese studioso di
bibliografia testuale. Ha suggerito come modo per rendere più veloce il confronto tra originale e
fotocopia, il metodo delle fotocopie trasparenti. La copia trasparente funziona solo se devo
confrontare tra di loro due copie dello stesso libro a stampa e della stessa edizione.

La bibliografia testuale si è sviluppata in particolare in area anglosassone e per quanto riguarda


la nostra tradizione filologica italiana, è stata una scoperta relativamente recente. Per la
filologia inglese la questione filologica è quella della fissazione dell’ordine delle opere di William
Shakespeare, e l’originale.

Confrontando tra loro gli esemplari originali di shakespeare si sono resi conto che non sono
tutti uguali. Quindi, dovendo risolvere questo problema, si spiega perché in terra inglese si sia
sviluppata la bibliografia testuale. Per quanto riguarda la filologia italiana il problema
fondamentale era l’edizione critica della Commedia di Dante.

Da notare è che in italia la tradizione dei libri, è molto spesso tramandata grazie al libro
manoscritto. Catalogazione degli incunaboli sono delle descrizioni molto dettagliate per quanto
riguarda il contenuto del libro.

Non solamente: autore, data di stampa, luogo di stampa, titolo. C'è anche l’indicazione di tutte
le biblioteche del mondo in cui quell’esemplare è conservato. Per quanto riguarda la situazione
in Italia abbiamo l’Indice generale degli incunaboli in Italia.

Sono sei volumi redatto dal 1943 al 1981. L’Indice è un'opera completa, però raccoglie i dati
solo sommariamente. Per gli incunaboli da qualche anni è disponibile uno strumento, ovvero il
sito della British Library.

Con esemplare ideale si intendono tutti i libri prodotti di una determinata edizione , concetto
che vale soprattutto in bibliografia. Non abbiamo mai a disposizione quella quantità media del
numero di esemplari prodotti normalmente. Insieme di esemplari conservati e giunti fino a noi.
Una prima definizione è questa, esemplare ideale è .

Con esemplare ideale si intende quell’esemplare, che poi può esserci giunto o meno, in cui
ciascun fascicolo che compone il libro è un fascicolo che corrisponde all'ultimo stato di stampa
del libro. Ci sono i casi in cui l’autore può essere estraneo al fenomeno di diversità delle
edizioni, ma può anche essere stato il tipografo che accorgendosi dello sbagli ricompone la
madrice.

Caso dell'Ariosto del 1532, ci è giunto un esemplare in cui tutti i fascicoli che lo compongono
corrispondo all’ultimo stato di stampa. La fase del passaggio dal libro manoscritto al libro a
stampa. I più antichi libri a stampa cercassero di imitare nella maniere più chiara possibile il
libro manoscritto. Il rapporto con la società dei due sono ben diversi.

Dal punto di vista dell’autore, per lui rappresenta un diffusione attraverso il libro manoscritto o
del libro a stampa dei suoi testi. La diffusione attraverso il libro manoscritto, può facilmente
tenerlo sotto il proprio controllo, fa trarre copia del suo autografo a chi vuole lui.

Può quindi decidere lui il pubblico dei suoi lettori, perché è lui l’autore del libro. Anche perché
non dobbiamo pensare che allora chi scriveva un testo non voleva che il testo possa essere
letto o conosciuto da un gran numero di persone. La diffusione del suo testo attraverso il libro a
stampa, è un tipo di diffusione che sfugge all’autore, perché sarà il tipografo che venderà a chi
vuole lui il libro stampato delle opere dell’autore. Con la diffusione del libro a stampa non potrà
più decidere chi sarà il suo pubblico.

Ci sono casi di autori che non mandano mai in tipografia i loro libri, come se la stampa a
caratteri mobili non fosse mai stata inventata, in modo da raggiungere un pubblico in grado di
giudicarlo e di criticare. Le rime di Ariosto, quello che si può definire il suo canzoniere, queste
rime lui vivo non le portò mai in tipografia, perché voleva che venissero lette da un selezionato
pubblico di autori.

Vennero stampate da un selezionato gruppo di eredi. Portano in tipografia oltre le rime di


Ariosto, anche le rime di altri poeti. Pietro Bembo deciderà di mandare in tipografia le sue rime,
soltanto nel 1530, a sessant’anni. Le faceva leggere a pochi letterati di cui aveva fiducia,
voleva una diffusione che poteva essere tenuta rigidamente sotto il proprio controllo.

L’autorità costituita, una diffusione manoscritta dei testi è molto difficilmente regolabile dal
potere, attività libera. Invece la diffusione dei testi a stampa è un diffusore che molto facilmente
può essere attenzionata da tale autorità. Nel 500 ricordiamo la censura, organizzazione per
tenere sotto controllo la diffusione a stampa dei testi.

Censura librario del 500, censura librario che non è che la censura proprio classica. Nel 500
viene avvertita dalla chiesa cattolica la necessità delle idee religiose attraverso i libri a stampa.
La diffusione della dottrina protestante è in parte dovuta al mezzo del libro a stampa. La Chiesa
quindi si era resa conto di quanto potere aveva avuto.

La censura librario esercitata dalla chiesa di Roma era interessata a controllare quei testi che
potevano essere ulteriore veicolo delle idee protestati. Più o meno a metà 500 vengono creati
degli enti preposti al controllo e all’esame di ciò che veniva stampato e lo strumento che venne
elaborato si chiama l’Index librorum prohibitorum (indice dei libri proibiti).

Viene stampato a Roma nel gennaio del 1559 poi verranno fatte tante edizioni successive con
tante modifiche e aggiunte. Sarà poi un efficacia molto forte da tutte quelle parti dell’europa
rimaste con la Chiesa cattolica, come Italia e Spagna. In prima istanza interessata ad impedire
la lettura di un determinato numero di testi.

Era un ordine alfabetico di cui non si poteva stampare, vendere, possedere, prestare un libro,
salvo finire sotto processo. Viene organizzato in ordine alfabetico, con tre classi o categorie di
proibizione. Prima classe in cui sono inseriti gli autori della quale sono condannate tutte le
opere.

La seconda classe contiene gli autori di cui è proibita qualche opera, pii in seguito specificate.
Nella terza classe sono elencati per titolo i libri stampati anonimi, quindi privi di nome d’autore,
proibiti. Piccola sottolineatura con il criterio con la quale si indicizzano gli autori dei libri.

Oggi indicizzati in base alla lettera del cognome, ma nell’index indicizzati secondo l'iniziale del
nome non del cognome. Proseguirà per secoli, anche nel libro del settecento con le grandi
storie della letteratura, cercando Petrarca dovremmo cercarlo sotto la F. Attraverso i falsi luoghi
di stampa poteva ovviare alla censura, sempre rischioso per via delle spire. Uno poteva
sempre denunciare un concorrente o uno stampatore. Oppure venivano esportati in città
straniere, come Londra e Amsterdam. Di Dante invece viene censurato solamente il suo
trattato politico. Furono nel corso dei secoli i paesi sotto la Chiesa cattolica.

Viene abolito negli anni 60 del Novecento da Paolo VI. La sua efficacia nel corso del tempo fu
massima nel 500. Sono moltissime le edizioni dell’indice dei libri proibiti, perché qualcosa
veniva tolto, qualcosa veniva modificato quindi il codice va ristampato. A partire dal primo
indice, quello ufficiale della chiesa di Roma del 1559, c’è anche la Bibbia se tradotta nelle
lingue volgari, sono proibite.

Di questo si discusse in una delle più animate sessioni del Concilio di Trento. C’è una
particolare eccezione, per quanto riguarda la letteratura italiana. Al decamerone viene usato un
trattamento di favore, fino ad ora è stato stampato con errori intollerabili.

Quindi finché questi errori non sono tolti questo non potrà essere stampato. Se io pongo e uso
e applico la categoria di errore intolerabile, vuol dire che esiste la categoria tollerabile, è un
modo per spalancare un portone alla censura a cui era sottoposto il decamerone alla seconda
metà del cinquecento.

Il motivo di questo trattamento, presenta come modello della lingua poesia deve seguire il
Canzoniere di Petrarca. Se invece intende comporre un'opera in Prosa deve seguire come
modello il Decamerone di Boccaccio.

La soluzione di Bembo, ebbe grandissimo successo, fu quella che si affermò. Nel 1559, non c’è
solo di mezzo la fama e la popolarità del testo, che aveva poi avuto la benedizione di Bembo,
come modello della prosa. Realizzazioni più o meno riuscite o più o meno convincenti.

Ci sono molte novelle in cui il comportamento e la morale degli ecclesiastici fa fare brutta
figura. Era un testo diffusissimo, che poi costitutiva da modello, quindi decidono di governare il
problema offrendo come via d'uscita la censura delle parti che si ritengono intollerabili. Ecco
che si aprì così la via il testo del Decamerone censurato che uscì nel.

Quando nel frontespizio si trova l’avverbio nuovamente, significa orora, quindi appena. Per
stampare questo testo furnoo nominate due commissioni, una a Firenze presieduta da
Vincenzio Borghini, quale non solo si occuparono del lavoro censorio, ma cercavano anche,
attraverso il confronto con antichi manoscritti, cercavano di ricostruire l’originale del testo.

Cercavano di emendare questa azione di censura con il cerca di dare una lezione che fosse il
più vicina possibile all’originale. Cioè il più consapevolmente vicina da quello che era il
messaggio originale.

E poi quella romana, composta solamente da ecclesiastici. Si sviluppò tra le due un acceso
dibattito, che ancora oggi ci è rimasto attraverso le lettere che venivano spedite. La
commissione fiorentina, censura molto di meno di quello che poi volevano gli ecclesiastici.
L’edizione che uscì fini poi nell’indice nuovamente.
Venne poi istituita una nuova commissione per ritentare di censurare il Decameron, in modo
più radicale rispetto alla prima. Per due secoli il Decamerone venne letto e stampato in questo
modo.

Lezione 7 - 12/10/2021.
Le novelle di Boccaccio.
Hanno segnalato il luogo del loro intervento apponendo un banale asterisco. Tutto sommato i
censori lo furono, molto più di quanto quelli della commissione fiorentina precedente.
Come Salviati, alle prese con questa lunga falsa confessione si sono comportati.
Quando sia nato il simbolo dell’asterisco, e come venne utilizzata.

La differenza tra le due, esempio di come si potrebbe effettuare il potere. Nella seconda metà
del Cinquecento viene pubblicata la prima edizione a stampa della vita nova di Dante, integra e
in prosa, prima solamente in poesia. Il curatore che si trovava davanti ad un testo non inserito
nell’indice dei libri, si sente di modificare quegli accenni dove la figura di Beatrice poteva venire
paragonata alla figura di Cristo.

Quando accade la morte di Beatrice si dice che il cielo si fece nero su tutta la terra, e ci fu un
terremoto, si fa riferimento agli avvenimenti della morte di cristo in Croce.

Altre componenti di censura


Dopo aver sottolineato come la censura può aver alterato la trasmissione dei testi, c’è un’alta
forma di condizionamento, che si è tradotta in un'alterazione dei testi letterari.
Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, si cominciano a stampare anche testi letterari
in volgare.

Gli stampatori avevano ben chiara la necessità che i testi in volgare, fossero stampati in una
lingua che potesse essere compreso da il più vasto pubblico possibile, quindi aveva di mira il
mercato nazionale. Prestava attenzione alla lingua nella quale questo manoscritto era
composto.

Quando questi autori erano settentrionali, oppure meridionali bisognava assicurarsi che non ci
fossere elementi che ostacolano la facile comprensione dei testi da altre popolazioni.

Il volgare letterario del 400 emergerebbero tre fondamentali componenti linguistici: il volgare
municipale e locale di dove l’autore è vissuto e cresciuto (che veniva usato dalla popolazione, e
che veniva parlato da chi conosceva), il latino (chi imparava a scrivere, imparava a scrivere in
latino, comunque nel 400 il volgare si trova in una posizione di sudditanza, subordinato alla
lingua latina, considerata unica lingua letteraria, tanto che alcuni autori utilizzano solamente il
latino, altri infilano un po’ di latino nelle loro opere, ad esempio vespertilio al posto di
pipistrello), il toscano (non il toscano parlato nel 400 o nel primo 500 ma il toscano letterario
appreso leggendo le opere di Dante, Petrarca e Boccaccio. Per un autore non toscano). In
misura differente da autore ad autore, è presente in tutti gli autori della metà del 400.

Eliminazione di forme troppo legate al volgare municipali, oppure eliminazione dei latinismi. Lo
stampator, per garantire al su prodotto un mercato molto più ampio, affidata il testo ad un
correttore linguistico, che ha la funzione di revisionare linguisticamente i testi in volgare,
eliminando dal testo latinismi e forme dialettali. Il filologo deve cercare di riprodurre l’originale,
dal punto di vista del filologo interessa anche l’uso dei latinismi e delle parole dialettali utilizzate
dall’autore. La via del toscano letterario, era già intrapresa da i copiatori, perché molti lettori
che già leggevano, era abituato a leggere Dante, Petrarca e Boccaccio.

Sono molto interessanti dal punto di vista dello storico della lingua, la produzione via via più
toscaneggiante, può seguire l’affermazione graduale del toscano come lingua letteraria italiana
e di come diventerà poi itlaiano.

Ripresa linguistica con autore vivente oppure autore morto. Se l’autore è ancora in vita si apre
un ventaglio di possibilità. Autore vivente che segue da vicino la stampa della sua opera, a
quella data non esisteva il diritto d’autore, almeno non nelle forme che conosciamo oggi. Prima
chi veniva tutelato era lo stampatore, il quale chiedeva il privilegio di stampa che di solito
durava 10 anni, la garanzia che nessuno stampatore poteva stampare quel libro per dieci anni.

Ci sono casi in cui l’autore si disinteressa e lascia fare a qualcun’altro la revisione. Il


cortegiano, al quella data Baldassar Castiglione nel 1528, si trova in Spagna, come inviato del
papa da Carlo V. Dalla Spagna decide di mandare a Venezia una copia della sua opera a
Venezia. Prima di stampare, lo stampatore fa revisionare il testo da un linguista e viene
fortemente toscanizzata.

Questa copia del cortegiano, è stata conservata e possiamo ancora vedere gli interventi della
revisione e correzione linguistica. I revisore erano preferibilmente di origine toscana oppure
esperti di letteratura toscana. Grande secolo dello Sperimentalismo. Dal punto di vista
linguistico poteva accadere di tutto. Due esempi estremi, due esempi di opposti estremisti, il
maccaronico e il poliferistico.

Macaroni: sono un tipo di gnocco fatto con diversi ingredienti, una lingua inventat ains sede
letteraria che h ala sua capitale in Padova, è anche il luogo in cui fu messa a punto questa
manifestazione linguistica e che troverà in Teofilo folengo aka Merlin Cocai che porterà questo
tipo di lingua alla sua massima espressione.

Presenta una base latina, sostanzialmente latina dal punto di vista grammaticale e sintattico,
fortissimo innesto di un componente volgare settentrionale (dialetti settentrionali) parole volgari
che vengono latinizzate. I macaronici prendono la forma volgare e la declinano come un
sostantivo della prima declinazione.

Polifilesco
Libro uscito a stampa nel 1449 a Venezia, libro uscito con molte illustrazioni. Che cosa vuol
dire il titolo, hypnerotomachia polifilo(battaglia d’amore in sogno di chi ama Pollia). Dal punto di
vista sintattico riprende il volgare, un fortissimo innesto di latinismi e grecismi.

L’autore di quest’opera, sul nome Francesco Colonna, si è d’accordo, il problema è che a


questo nome si possono risalire a due identità, c’è chi ritiene che sia stato un domenicano
vissuto a Venezia, e chi crede che sia il principe di Palestrina. Più che un sogno di amore è un
sogno archeologico, in cui c’è una descrizione dettagliatissima di molte azioni.

Lezione 8 - 13/10/2021
Perché l’autorgafo del Decamerone si trova a Berlino?
Perché il governo prussiano ha acquistato tutta la collezzione.

L’asterisco
Libri angolamericani dedicati ad alcuni segni di interpunzione. All’intereno della quale non si
parla dell’asterisco. Vuol dire piccola stellina. Indica che in quel punto qualcosa è stato tagliato,
o intere pagino oppure solamente alcune frasi.

La questione dell’importanza la filologia e storia della lingua > un buon filologo deve avere
acquisito delle buone conoscenze della storia della lingua > testi che costituiscono la letteratura
ita > particolarità linguistica molto elevata.

Fondazione della lingua italiana>1525 con la soluzione di Pietro Bembo.


Poeti della scuola siciliana > volgare siciliano diverso dal volgare utilizzato in Umbria da S.
Francesco> diverso dal volgare settentrionale.
Il panorama linguistico dei testi letterari italianai è un panorama molto variegato. Sapere che la
letteratura italiana non è solo scritto in volgare italiano. Tradizione di grandi testi letterari
composti in dialetto.

es: commedie di Pusante in dialetto paduano, quadro molto complesso.

Ibridismo linguistico.
Ibridismo non volontario: poeti non toscani che cercano di avere degli elementi di toscanità più
assoluta
es: Boiardo, Ariosto e Manzoni (le lingue più familiari a Manzoni erano il dialetto milanese e il
francese) il volgare toscano è stata una conquista

Ibridismo voluto: quegli autori che consapevolmente desiderano impiegare una lingua, un
linguaggio composto da elementi provenienti da diversi dialetti.
es: molti dei testi di Carlo Emilio Gadda (misto di romanesco, veneto, toscano ecc..) la
cognizione del dolore (la Brianza trasferita in Sud America, dialetto milanese e spagnolo, ci
sono personaggi di origine partenopea, quindi mi chiamo anche il napoletano)

Ibridismo subito: non voluto ma obbligatorio


es: testi della scuola poetica siciliana. Di fronte alle forme linguistiche, fonetiche, morfologiche
sono intervenuti apportando più vicini ai propri > frutto della modificazione dei copisti toscani.

Qualche raro testo è rimasto nella sua veste originale. Se la confrontiamo con per esempio la
lingua in cui c’è giunta una canzone una canzone in originale. Toccare il sistema vocalico
voleva dire anche far saltare una rima perfetta (es: cruci e luici tradotto in croce e luce) viene
fuori la rima siciliana, quindi diversa dalla rima perfetta.

Concetto di originale.
Quando si sia conservato e giunto fino a noi, può essere giunto sotto forma di autografo (es:
Decamerone di Boccaccio, il riconoscimento dell’autografia di boccaccio è risalibile alla metà
del novecento, non c’era la consapevolezza di avere tra le mani l’autografo dell’autore.
Idiografo: quel testimone manoscritto non realizzato per mano dell’autore ma realizzato da un
copista di sua fiducia e seguito in maniera diretta dall’autore.
es: come riguarda le ultime volontà rispetto al Canzoniere di Petrarca (trascrizione del
Canzoniere) copista malpaghini, copista di fiducia di Petrarca, si licenza prima di finire la
trascrizione del suo canzoniere da solo (in parte idiografo e in parte autografo).

Dall’originale alla copia


Non è detto che originale voglia dire una sola copia. Il concetto di originale non va associato al
concetto di originalità
es: tre redazione dell’Orlando furioso di Ariosto. Abbiamo una pluralità dell’originale. Il sentiero
dei nidi di ragno è un esempio di originale della redazione, plurimo. La terza riedizione dei nidi
di ragno, ha una breve introduzione. Anche in questo caso abbiamo tre originali

Concetto di tradizione
tradizione: insieme dei testimoni manoscritti e a stampa che trasmettono l’opera.
es: la tradizione della commedia di Dante, tutti i manoscritti e i libri a stampa che mi
trasmettono la commedia di Dante

Distinzione tra trazione con l’originale con originale conservato, e con originale perduto. Due
casi molto diversi tra loro

originale conservato: confrontare l’originale con la copia e stabilire gli eventuali errori dei copisti
originale perduto: ricostruzione dell’originale in tutti quei casi in cui l’originale è andato perduto.
Hanno tutti lo stesso testo ma non tutti nello stesso modo, il filologo deve decidere quale delle
copie si avvicina di più a quello che doveva essere l’originale. Per cercare di ricostruire da un
numero di libri a stampa, è un'operazione molto complessa, che può essere tentata attraverso
determinati strumenti.

Dobbiamo distinguere quella che si chiama tradizione diretta e indiretta

tradizione diretta: quei testimoni che mi trasmettono l’opera in quanto tale.


es: tutta la commedia di Dante, ma anche solo un canto v7

tradizione indiretta: solamente attraverso la citazione in alcuni dei brani.


es: Dante nel de vulgari eloquentia che cita il Contrasto di Cielo d’Alcamo (tragemi d’este
focora, se t’este (copio da slide), scritto in maniera diversa per far combaciare lo schema
metrico.

Se per le letterature abbiamo un notevole numero di opere andate perdute. Magari abbiamo
testimonianza solamente attraverso i loro titoli oppure per tradizione indiretta, si parla di
tradizione greca e latina.

Nella letteratura italiana ci sono testi perdute. (es: canzone di dante “Tragemi de la mente amor
la stiva” ormai andata perduta della quale abbiamo solamente un incipit. Satira de “Il Colosso”
di Goldoni, in questa satira descrive una grandissima statua di una donna le quale parti erano
dedicate alle donne della Pavia bene dell’epoca, ha determinato una svolta nella vita del
Goldoni ma non abbiamo il testo. Anche alcune opere teatrali giovanili di Pirandello risalenti
agli anni 1887-91, sono andati perduti abbiamo solo i titoli “La moglie fedele, Provando la
commedia).

Fosse andato perduto il manoscritto vat. lat 3793, contiene molti testi poetici. Se fosse andato
perduto quello noi avremo una conoscenza della letteratura italiana dimezzata.

Distanza temporale dei testimoni conservati rispetto all’originale perduto. Nei primi secoli della
nostra letteratura non intercorre di solito un grande intervallo (es: primo manoscritto della
commedia di dante è datato nel 1536, quindici anni dopo la morte di Dante).

Se dai testimoni manoscritti passiamo dai testimoni a stampa, qualcuno può obbiettare che la
stampa sia più resistenze (es: prima edizione a stampa del poema di Boiardo, Inamoramento
dell’Orlando, è andata perduta. Nel primo furioso del 1516 abbiamo solamente 12 copie).
Quando l’originale è andato perduto, compito del filologo è quello di ricostruire l’originale.

I procedimenti, le operazioni da seguire quando la tradizione è solo copie. Affrontato dalla


filologia biblica o classica. Il metodo di Lachmann, dato razionalità ad una serie di procedimenti
che pre esistevano nella filologia classica e biblica. Come sia arrivato a ottenere l’originale
perduto. Riuscire a capire che cosa è frutto dell’autore e su cosa sia stato frutto dei copisti che
in seguito hanno copiato l’opera.

Prevede delle fasi


1 recensio/recensione. accertamento delle dimensione e della natura della tradizione,
censendo i testimoni. Una volta stilato l’elenco di questi testimoni manoscritti bisogna affidare
una sigla, per poi essere studiato con cura in relazione all’opera trasmessa.

2 collatio/confronto: si mette a confronto i vari testimoni parola per parola dei testi presi in
esame. Prendendo nota di tutte le differenze che riportano rispetto al testo di Collazione. Da
questo lavoro non deve essere separata l’interpretatio. Una volta terminato il filologo deve
essere in grado di individuare gli errori, che non servono a stabilire che tipo di rapporti sono
intercorsi tra testimoni conservati e l'originale

3 interpretatio/interpretazione: non mi devo limitare a sottolineare solamente le differenze, ma


anche valutare le varie lezioni, che possono essere erronee, sospette.

Gli errori poligenetici. commessi indipendentemente da copisti diversi, non mi servirà a stabilire
le relazioni tra i testimoni che ci sono giunti (errori di aplografia, omissione di lettere identiche o
consecutive, errori di dittografia, errori di omissione).

Operazione in cui si può scomporre l’atto di copia.


Chi trascrive a mano, errori come quelli sopracitati vengono inevitabilmente commessi. In realtà
è un’operazione piuttosto complessa che va scomposta in quattro momenti:
- lettura. prima leggiamo una parte del testo
- memorizzazione: memorizziamo quello che abbiamo letto
- autodettatura: ci autodettiamo il testo, per trascriverlo
- scrittura: scrivo il testo.

Si possono commettere errori ottici, dovuti alla confusione di . Oppure errori dovuti a
interferenze psicologiche sull’atto di lettura, leggiamo una parte e l’altra parte proviamo a
indovinare, magari sbagliando

Errori significativi, oppure errori guidi, che ci aiutano a capire le relazioni tra la copia e
l’originale.

Lezione 9 - 18/10/2021

errore monogenetico (definizione del tutto sovrapponibile ad errore congiuntivo)


è monogenetico l’errore che, ricorrendo identico in due o più copie della stessa opera, ha
caratteri tali da rendere inverosimile l’ipotesi che un copista lo abbia compiuto
indipendentemente dall’altro (tale sarebbe l’omissione (lacuna), non spiegabile per omoteleuto,
di un medesimo verso tra i 14233 della Commedia da parte di due diversi copisti). L’errore
monogenetico mette dunque in sicura relazione i testimoni nei quali compare.

Mette in sicura relazione i due manoscritti nella quale questo errore è presente, quindi
evidentemente legati.

errori d’autore l’esperienza concreta degli originali conservati mostra che gli errori d’autore
esistono, anche negli autografi, tanto più se essi sono vere e proprie copie in pulito, trascrizioni
in bella copia, in cui l’autore si fa copista di sé stesso, esponendosi ai rischi di errore in cui
possono cadere tutti i copisti. In questi casi si interverrà a correggere (caso di Boccaccio,
copista patologicamente distratto).

Ma esistono errori d’autore che risultano legati alla cultura dell’autore, dipendono dalle sue
fonti, dai libri che cita. Questi vanno scrupolosamente conservati e accompagnati da note
esplicative: correggere sarebbe infatti falsificare, in quanto si sostituirebbero, a dati
storicamente certi, dati astrattamente veri.

Compito del filologo: ricostruire originale (testo autentico che corrisponde alla volontà
dell’autore.
Nell’originale, non debbano esserci errori, cioè che come tale sia un testo nella quale non ci
siano errori. In alcuni casi, anche gli autori sbagliano, per cui anche se in certi casi fortunati,
dove l'originale si è conservato, non garantisce che non ci sia nessun errore

alcuni che non vanno corretti ma che vanno segnalati. Quelli che dipendono dalle sue fonti

es: lettera di Machiavelli indirizzata a Francesco Guicciardini, in cui a un certo punto, ai fini del
discorso, cita una terzina della commedia di Dante, uno dei tre versi è sbagliato,
completamente diverso. Nel caso segnaleremo che questa terzina non è stata riportata in
modo corretto ma non dobbiamo correggerla. Fa capire che citava a memoria. All’epoca l’uso
della memoria era più esteso di quanto se ne faccia oggi. Gli studiosi, avevano memorizzato
un'ingente quantità di testi.

es: Montale, Elegia di Pico Farnese (uno dei testi più enigmatici della poetica italiana) a un
certo punto, al verso 38 c’è una parola più misteriosa del resto “diaspori” (che nel dizionario
indica un minerale,non avendo senso nel contesto) quando le sue poesie vengono tradotte in
tedesco, davanti alla parola diaspore si ricorre ad un mediatore: Roberto Bazlen (letterato
triestino, non ha scritto molto ma si è occupato molto dei libri degli altri, ha lavorato per delle
case editrici, cofondatore della casa di Adelphi) il traduttore tedesco, si rivolge a Roberto, che
domanda a Montale e lui dice che indica la stagione dei cachi, ha un momento di incertezza e
consulta la sua governante Gina Chiossi, e gli comunica che si dice diospori, quindi un errore di
Montale.

Quindi errori legati alla cultura dell’autore, ma non nel caso di Montale, in quanto è stato lui
stesso a rendersi conto del suo errore e di quello che ha sbagliato.

Stabilire i rapporti tra i testimoni

Quali sono gli originali, ed accertarsi che i testimoni non siano copie di altri testimoni.

Errori significativi
Gli errori significativi o errori-guida sono quegli errori che servono a separare o a congiungere
testimoni e gruppi di testimoni, grazie a loro peculiari caratteristiche.

Errore separativo
ha caratteristiche tali che un copista non avrebbe potuto correggerlo per congettura. Perciò il
testimone che ne è privo non sarà copia del testimone dove tale errore compare, ma
indipendente;

Definizione che in realtà semplifica, perché non sappiamo la condizione in cui lavorava il
copista. Il testimone in cui non c’è questo errore, non può esser copia di quello in cui l’errore
c’è. Quando un errore non è correggibile per congettura (attraverso un'operazione mentale che
dice: qui c’è un errore e dice che secondo me la nozione giusta è quello giusto).

Errore congiuntivo
ha caratteristiche tali da far ritenere improbabile che diversi copisti lo abbiano prodotto
ciascuno per proprio conto e probabile invece che esso sia monogenetico. I testimoni dove tale
errore compare sono in connessione, sono imparentati tra loro.

Rispetto (composto da otto endecasillabi sdruccioli, rima alternata e rima baciata)


Angelo Poliziano

Non m’è rimaso del cantar più che pare un lusignuol fuor di caluggine.
gocciola, Ell’è la cerbia, e io sono una chiocciola;
la moglie rode come ’l ferro ruggine: ell’è il falcone, i’ sono una testuggine.
canti costei che ben te la disnocciola, Della matassa non ritruovo el bandolo:
però dipana tu, ch’i’ farei scandalo. nessuno dei dieci è copia di uno dei
due in cui viene riportata: la moglie.

Congiuntivo per i due che hanno la


andrebbe “l’amor mi”, valore separativo stessa scrittura
nei confronti degli altri dieci, quindi
Se io trovo la stessa lacuna in due testimoni, posso concludere che effettivamente la lacuna in
omoteleuto, può essere normale. Non faccio di questa lacuna un errore di valore congiuntivo.
Se io ho un testimone in cui ho una lacuna per omoteleuto e un altro testimone in cui la lacuna
non c’è. Cioè se io ho da una parte un testimone in cui manca qualcosa nel testo perché il testo
abbia senso, e un testo in cui la lacuna non c’è. Posso dire che il testimone in cui non c’è la
lacuna non può essere disceso da quello in cui la lacuna c’è. Non ha valore di errore
congiuntivo ma di errore separativo.

stemmi della diversa collazione.

Archetipo:

stemma 4:
condizione: errore congiuntivo tra a e b; tra c e d ed e e f
errore comune di valore congiuntivo presente in CDEF che mi fa postulare l’esistenza del
subarchetipo b,
errore separativo tra b e c, che è uguale in B e F.

Utilità degli stemmi e a cosa servono queste rappresentazioni grafiche.


Possono essere molto utili. Quando noi collazioniamo più testimoni di una determinata opera,
collazioniamo un numero di dati.
Varianti o lezioni adiafore (indifferenti, equivalente, entrambe ammissibili) sono copie di lezione
tra le quali è difficile capire quale sia più vicino alla volontà dell’autore oppure capire se sia
stata opera di un copista.

La legge di maggioranza.
Difficile stabilire tra caro e vago, quale sia stato utilizzato dall’autore e quale sia stato introdotto
dall’autore. Sono tutte e due lezioni che potrebbero andare bene entrambi. Prima di Lachman,
sceglieva in maniera soggettiva, con Lachman si comincia a basare la scelta su basi il più
possibile oggettive, consistono in quella che poi è stat chiamata la legge della maggioranza.
Con la precisazione fondamentale che non si intende genericamente la maggioranza dei
testimoni, ma va calcolata all’interno di ciascun raggruppamento.

es: da un originale, sono derivanti a, b e c

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