e disagi psicologici che egli attribuì almeno in parte — come la presunta scoliosi
— all'eccessivo studio, isolamento e immobilità in posizioni scomode delle lunghe
giornate passate nella biblioteca di Monaldo.[44] La malattia esordì con affezione
polmonare e febbre e in seguito gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui
la doppia "gobba"), con dolore e conseguenti problemi cardiaci, circolatori,
gastrointestinali (forse colite ulcerosa o malattia di Crohn[8]) e respiratori
(asma e tosse), una crescita stentata[9], problemi neurologici alle gambe
(debolezza, parestesia con freddo intenso[45]), alle braccia e alla vista, disturbi
disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto di essere sul punto
di morire.[46]
Egli stesso si ispira a questi seri problemi di salute, di cui parlerà anche a
Pietro Giordani, per la lunga cantica L'appressamento della morte[47][48][49] e,
anni dopo, per Le ricordanze, in cui ripensa a questo e definisce la sua malattia
come un "cieco malor", cioè un male di non chiara origine, che gli fa pensare al
suicidio assieme all'angusto ambiente:
«Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro quell'acque / La speme e
il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la
bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva…[50]»
L'ipotesi più accreditata per lungo tempo (diffusa già nel XIX secolo e sostenuta
da medici di Recanati e da Pietro Citati) è che Leopardi soffrisse della malattia
di Pott (gli studiosi scartano la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche
nel Novecento, di una normale scoliosi dell'età evolutiva)[9][51], cioè tubercolosi
ossea o spondilite tubercolare[52], oppure dalla spondilite anchilosante giovanile
(secondo Erik P. Sganzerla), una sindrome reumatica autoimmune che porta a una
progressiva ossificazione dei legamenti vertebrali con deformazione e rigidità del
rachide, uniti ad ampi disturbi infiammatori sistemici, oculari e neurologici-
compressivi[53] in casi gravi[8][54][55][56], il tutto unitamente a problemi
nervosi. Altri hanno parlato di concomitanza tra sindrome di Scheuermann e una
forma di diabete mellito[57] aggravata dalla nota passione del poeta per i
dolci[57], e altre diagnosi retrospettive.[54]
Nel decennio seguente l'apparire dei disturbi, alcuni medici fiorentini, come altri
medici consultati in gioventù, a parte la deformità fisica asseriranno —
probabilmente in maniera erronea — che numerosi disturbi del Leopardi erano dovuti
a nevrastenia di origine psicologica (sempre in questo periodo comincia a soffrire
di crisi depressive che taluni attribuiscono all'impatto psicologico della malattia
fisica), come lui stesso a tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi
dottori.[60][61][62][63]