La Voce viene fondata a Firenze nel dicembre del 1908 da Giuseppe Prezzolini ed è pubblicata fino a dicembre del 1916 —> alla rivista si affianca la Libreria della Voce: pubblica diversi volumi sia di taglio storico-critico sia di argomento letterario. La Voce mira a impegnare le nuove forze intellettuali in un lavoro comune di analisi critica della realtà italiana, di revisione dei valori politici ed estetici => sul piano filosofico e scientifico: contro il tardo Positivismo; sul piano politico: contro il moderatismo e il trasformismo giolittiano. Confluiscono anche tendenze ideologiche molto diverse tra loro: 1. Accanto a un idealismo di matrice crociana 2. Trovano spazio uno spiritualismo laico e uno spiritualismo cattolico 3. E tendenze irrazionalistiche —> questa eterogeneità di indirizzi darà origine a molti contrasti: es. il dibattito che lo storico Gaetano Salvemini promuove sul problema del Mezzogiorno e sulle questioni del suffragio universale. Allo scoppio della Prima guerra mondiale Prezzolini lascia La Voce, che sotto la redazione di Giuseppe De Robertis si trasforma in rivista solamente letteraria. Tra i poeti: Aldo Palazzeschi, Clemente Rebora, Giuseppe Ungaretti. Tra i prosatori: Scipio Slataper, Carlo Michelstaedter. POETICA VOCIANA: - Predilezione per i contenuti autobiografici e diaristici; - La tendenza all’abbandono sentimentale ed emotivo; - Il rifiuto della struttura della poesia tradizionale; - Aspirazione a una comunicazione diretta e immediata; - Impressionismo soggettivistico, ma anche espressionismo, che attribuisce significati nuovi alle parole. Dopo il 1914 i poeti vociani arrivano a vagheggiare una poesia pura —> slegata da ogni vincolo della realtà storica. Essi tendono a una sorta di misticismo della parola, rifiutando di attribuire alla loro poesia qualsiasi contenuto politico, morale o ideologico —> il frammento sarà la soluzione formale più adeguata: nel frammento conta l’illuminazione puntuale, a prescindere da ciò che prende o segue. Molti di questi aspetti verranno ripresi dalla lirica italiana dei decenni successivi, da Ungaretti all’Ermetismo.
IL CLASSICISMO DELLA “RONDA”
Chiusa nel 1916 l’esperienza della “Voce”, nel primo dopoguerra nasce un altro periodo importante per la scena letteraria italiana: il mensile “La Ronda”, pubblicato a Roma tra il 1919 e il 1922. Gli scrittori della Ronda mirano a restaurare i valori di una letteratura intesa come ricerca di misura e compostezza. I rondeschi interpretano l’esigenza di un ritorno all’ordine sul piano dello stile. Gli intenti dei letterati della Ronda appaiono dal Prologo, una sorta di manifesto di poetica comparso nel 1919 sul primo numero della rivista a firma di Vincenzo Cardelli. Intento di un ritorno alla tradizione classica. Il loro programma di restaurazione estetica e stilistica si riallaccia alla grande tradizione classicistica della letteratura italiana, che aveva avuto in Carducci il suo ultimo rappresentante. Il modello di riferimento è il Giacomo Leopardi delle Operette morali. La critica: Ronda = involuzione culturale , caratterizzata da una chiusura nazionalistica —> la volontà di un ritorno all’ordine è stata valutata come aspetto di un disimpegno politico e civile. Tra l’altro la loro posizione per lo più neutrale può essere interpretata come una volontà di non aderire al fascismo. I principali membri del gruppo sono per lo più prosatori: il fiorentino Emilio Cecchi, il romano Antonio Baldini e il bolognese Riccardo Bacchelli. Tutti si esercitano in una prosa d’arte che si indirizza alla descrizione minuziosa della realtà, privilegiando soprattutto la tipologia giornalistica dell’elzeviro: scrittura calligrafica e rarefatta. Il più grande autore della rivista è però un poeta: Vincenzo Cardarelli, autore di poesie caratterizzate da notevole rigore compositivo e attenta cura formale.