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Wallace è un autore fondamentale per il nostro secolo. La notizia del suo suicidio ha
raggiunto le persone che erano entrate in contatto con lui generando un vero e proprio
crollo generazionale -> perdita di una figura che ha espresso un modo di vivere.
Questa è l'acqua -> insieme di aforismi che include un discorso in cui si concentra
sull'importanza dello studio di materie umanistiche che in questo momento ci rende tutti
partecipi.
Elementi biografici
C'è un rischio nell'utilizzare in maniera massiva il dato biografico per leggere l'opera. È
possibile tuttavia individuare degli elementi importanti nella biografia dell'autore che
possono guidarci nella sua comprensione del suo pensiero. In particolare sono due le
figure di riferimento: la madre e il padre.
In Wallace troviamo quindi un'istanza filosofica proveniente dal padre e una letteraria
proveniente dalla madre.
Risultano rilevanti altri elementi biografici:
• Il padre di Wallace era solito leggere a lui e la sua sorella Moby Dick (quando
Wallace aveva solo 6 anni).
• I genitori di Wallace erano soliti leggere l'uno per l'altra l'Ulisse di Joyce
• Sally era solita tossire quando qualcuno in casa commetteva un errore di
grammatica
• Sally utilizzava un linguaggio sperimentale -> realizzava giochi e meccanismi in
un contesto familiare in cui Sally invitava i figli ad utilizzare delle parole da lei
inventate laddove credeva che mancassero delle parole per spiegare ciò che
voleva intendere (termine per indicare una paura viscerale, la polvere che va a
depositarsi sugli oggetti o qualcosa che viene dimenticato)
Wallace scrive da quando è molto piccolo -> in Texas esiste un archivio che contiene tutti
i materiali del fondo David Foster Wallace (documenti inediti e personali che riguardano la
sua vita), come ad esempio elementi che testimoniano il suo percorso scolastico -> tra
questi una poesia sui vichinghi, il primo testo nel quale Wallace utilizza anche il cognome
della madre (si ottiene quindi David Foster Wallace) -> letta come l'idea di includere
all'interno della sua scrittura, prima in maniera inconscia e poi sempre più consapevole, la
volontà di mantenere unita l'istanza letteraria e quella filosofica.
Pratica che aveva luogo nella dimensione familiare -> quando discuteva con i familiari
non si arrivava mai a una conversazione diretta quanto a uno scambio basato sulla
scrittura -> al posto di scambiare verbalmente i motivi per i quali si era arrivati a una
situazione di conflitto, si passava a un sistema di bigliettini -> non si è più implicati in uno
stato di agitazione -> siamo portati a riflettere, c'è una presa di distanza che ci fa
guardare le cose da un punto di vista oggettivo.
Quindi anche la dimensione di scrittura gravita nella vita di Wallace da quando è molto
piccolo -> l'unione di dimensione letteraria e filosofica sembra non essere un unicum ->
Sartre, Doetoesvkij hanno avuto la potenza letteraria di parlare di ciò che riguarda la
nostra modalità di stare al mondo in quanto esseri umani. C'è una tensione verso una
descrizione delle cose del mondo che riescono a descrivere il nostro stare al mondo ->
questa esperienza di scrittura si realizza attraverso un processo che ci vede coinvolti
come elettori.
La scopa del sistema è un'opera che trae origine dal lavoro concluso nel 1985, al
termine del suo percorso di studi, quando decide di discutere una tesi in letteratura e una
tesi in logica modale sull'argomento di Richard Taylor in merito al fatalismo.
Taylor afferma che il fatalismo è l'unico sfondo possibile per l'essere umano perché non
c'è alcuna possibilità di modificare il corso degli eventi con la propria azione -> Wallace
riprende questa posizione e, attraverso una serie di argomenti logico-formali, la smonta
per dimostrare che l'essere umano ha sempre possibilità di agire nel mondo con gli
strumenti che ha a sua disposizione, in particolare il linguaggio.
Questa tesi di logica modale è la seconda faccia di una medaglia al cui opposto si colloca
La scopa del sistema -> Sia la scopa del sistema sia la tesi che riguarda la discussione
dell'argomento di Taylor si interrogano sul modo in cui il linguaggio ci domina all'intero del
mondo -> siamo noi a poter avere agio nell'utilizzo del linguaggio o è il linguaggio che ci
impone di dire il mondo in un certo modo?
Wallace si trova quindi immerso in un dibattito che già per la sua formazione familiare lo
interessa particolarmente -> nel corso degli anni in cui frequenta il college si rende conto
di non voler seguire la carriera del padre quanto di voler risolvere i dilemmi filosofici
attraverso una scrittura letteraria -> non si riduce a una finzionalizzazione di temi
filosofici né a un utilizzo della filosofia per portare avanti alcuni passaggi letterari, quanto
a una commistione tra filosofia e letteratura in cui non è più possibile scindere cosa sia
filosofico e cosa sia letterario. Wallace parla della nostra esperienza di stare al mondo in
quanto esseri umani che soffrono, che hanno difficoltà, che hanno dipendenze, che si
annoiano e hanno bisogno di essere intrattenuti -> si trovano in un dato momento in un
determinato spazio, e non possono prescindere da nessuno dei due.
Le interviste
È importante considerare l'opera di Wallace non nella sua singolarità ma nella sua
complessità -> non solo racconti e saggi ma anche i contributi che ha fornito in maniera
parallela rispetto alla pubblicazione degli essay.
Dopo aver intentato un percorso di dottorato ad Harvard nel 1989, si rende conto di non
riuscire a perseguire quel percorso con quell'interesse e quella profondità che gli avrebbe
potuto dare la scrittura letteraria -> da questa scelta deriva un periodo di profonda crisi
dal quale ci saranno anche i primi semi per la scrittura di Infinite jest -> in questo periodo
si verificano i primi tentativi di suicidio e la dipendenza da sostanze stupefacenti.
Dopo un periodo di riabilitazione, Wallace inizia un percorso di insegnamento di scrittura
creativa nell'Illinois University, dove resta nel 2003 fino all'accettazione di una nuova
proposta in California.
I documenti relativi a questo periodo sono utili per vedere quale sia l'ideale di scrittura di
Wallace, ovvero il modo in cui Wallace intende la scrittura -> modalità di comunicazione
tra autore e lettore -> Wallace crede che un certo tipo di scrittura letteraria sia l'unico
strumento per mettere in comunicazione concreta, reale e autentica due esseri umani
distinti (in questo caso l'autore e il lettore) -> comunicazione che avviene tramite un
supporto materico (libro) che è in grado di metterci in comunicazione con l'esperienza di
un altro essere umano in un modo che non potremmo mai replicare con la stessa
autenticità nella vita reale. Questa è una chiave di lettura che ci permette di entrare
nell'opera di Wallace in maniera autentica -> il modo in cui il linguaggio ci guida nel
mondo diventa una modalità attraverso cui può essere discusso il nostro legame affettivo
con gli altri, un legame che può essere osservato sulla base del rapporto che si instaura
tra autore e lettore.
Il linguaggio non garantisce la comunicazione tra gli esseri umani, perché non abbiamo a
disposizione abbastanza parole per dire le cose del mondo e non avremo mai la certezza
che ciò che diciamo sarà correttamente compreso dall'essere umano -> cosa che invece
viene evitata nella scrittura, perché:
• C'è il tempo per scrivere le parole giuste da parte dell'autore
• C'è il tempo per interpretare ciò che è stato scritto nella maniera corretta
C'è una mediazione affettiva che coinvolge il testo perché, attraverso le storie dei
personaggi, il lettore può confrontarsi con l'esperienza personale dell'autore mediata dal
linguaggio letterario -> riesco a confrontarmi con queste storie mettendo in
comunicazione la mia esperienza di essere un corpo situato con l'esperienza dei corpi
situati nel testo dei personaggi. Qui si gioca tutta la partita affettiva della scrittura di
Wallace -> le esperienze in cui ci sentiamo maggiormente coinvolti non sono quelle che
riguardano la nostra vita, il nostro modo di provare dolore ecc., quanto il momento in cui
entriamo in comunicazione con l'altro e con il mondo, la cui importanza non riusciamo a
comunicare perché il linguaggio stesso non ci garantisce totale comunicabilità.
Un antidoto contro la solitudine -> raccolta di interviste da cui sono tratte le citazioni
che seguono.
1. Lunga intervista tra Wallace e David Lispky (giornalista del Rolling Stone) nel 1996
in occasione del tour promozionale del romanzo infinite zest -> Lipsky era
incaricato di seguire Wallace per cinque giorni nei vari appuntamenti per la
promozione del romanzo.
Rolling Stone si aspettava il quadro di uno scrittore maledetto per via della
dipendenza di Wallace dalle sostanze stupefacenti e del suo tentativo di suicidio ->
si aspettava una qualche confessione dato che non era emerso granché su questo
tema -> si decide di non pubblicare questa intervista che torna ad essere
importante dopo la morte, perché ha effettivamente rivelato i problemi di
tossicodipendenza e tendenze suicide propri di Wallace.
Ci sono parecchi libri che dopo averli letti mi hanno lasciato diverso da come ero
prima. Penso che tutta la buona letteratura affronti il problema della solitudine e
agisca come suo lenitivo. Siamo tutti tremendamente soli, ma c'è qualcosa
quantomeno nei romanzi e nei racconti che ti permette di entrare in intimità con il
mondo, con un'altra mente e con certi personaggi in un modo in cui non è possibile
nel mondo reale.
Si è ripetuto più volte il termine solitudine -> letteratura come lenitivo nei confronti
Sempre nella stessa intervista, Wallace si chiede: qual è lo scopo della narrativa?
Ciò che fanno la narrativa e la poesia e ciò che stanno cercando di fare da duemila
anni a questa parte, ossia toccare il lettore, fargli provare certe sensazioni e
permettergli di instaurare un rapporto con idee e personaggi che sarebbe
impossibile fare nel discorso parlato. Tu non vedi me e io non vedo te, ma ogni due
o tre generazioni il mondo diventa enormemente diverso, e diventa enormemente
diverso il modo in cui imparare e vivere come esseri umani o ad avere buoni
rapporti con gli altri, o a decidere se Dio esiste, se l'amore esiste e se può redimere
la gente.
Il compito della letteratura alta (c'è una distinzione con quella commerciale)
consiste in gran parte in dare al lettore - che come tuti noi è un po' impantanato
nella sua testa - nel dargli accesso, dicevo, alla vita interiore di altri individui, dato
che una parte ineluttabile dell'essere umano è la sofferenza. Ciò che noi cerchiamo
nell'arte è anche un esperienza di sofferenza che sarà necessariamente
un'esperienza mediata, o per meglio dire una generalizzazione della sofferenza.
Nel mondo reale tutti soffriamo da soli, la vera empatia è impossibile. Ma se
un'opera letteraria ci permette di identificarci col dolore dei personaggi, ci verrà più
facile pensare che altri possano identificarsi con il nostro. Questo è un pensiero che
nutre, che redime, ci fa sentire meno soli dentro.
La scrittura è una comunicazione affettiva -> mette in campo l'altro come essere
umano. Il personaggio ci parla di sé stesso tramite la voce di un autore. L'autore sta
cercando le modalità migliori per creare l'artificio letterario.
Come abbiamo visto, le varie opere di Wallace presentano sempre degli stratagemmi
originali e creativi Nell'ultima raccolta intitolata Oblio (2004) compare un testo molto
importante, Caro vecchio neon, in cui tuti questi meccanismi vengono spiegati -> c'è
un'ammissione da parte della voce narrante, secondo cui i pensieri sono troppo veloci per
essere riportati in maniera autentica nell'ordine del linguaggio -> impossibilità di trasferire
l'interno di me dall'esterno di me in maniera autentica -> all'esterno di me c'è un incontro,
un altro, e se non riesco a trasferire ciò che ho dentro ad un altro.
Se non riesco a fare questo passaggio dl mio corpo all'esterno del mio corpo, come
posso aggirare il problema del linguaggio? Attraverso la scrittura, che impone del
tempo -> nella scrittura sono obbligato a gestire il mio tempo, e questo mi porta a non
avere più una connessione diretta col mondo e con gli altri -> la mediazione di questa
connessione indiretta viene formalizzata in un testo di letteratura (non in tutti, ma in quei
testi di letteratura che tengono conto di una connessione tra un interno e un esterno).
Non tutti riescono ad entrare in risonanza con questi testi -> dipende dall'attitudine
personale. Wallace parla nelle sue opere di temi che lo riguardano direttamente e lo
coinvolgono direttamente -> a partire da questa esperienza c'è un incontro e una
comunicazione con un altro ->
L'impossibilità di comunicare figura come tesi principale dell'unico testo che Wallace
scrive a quattro mani nel 1990 -> un saggio sul rap, che non è una musica per persone
bianche ma appartiene a una specifica comunità -> come faccio ad accedere a quel
linguaggio e a quel codice senza appropriarmene? Descrivendolo, senza finzionalizzarlo.
C'è un attaccamento profondo ad un contesto nel quale si può parlare e agire -> non c'è
la pretesa di parlare dell'esperienza umana in senso lato, ma di una particolare
esperienza, che mi permette di entrare in connessione autentica con un altro essere
umano.
Breve estratto da un racconto scritto da Wallace nel 1987 che viene raccolto nella sua
prima raccolta di racconti nell'89, La ragazza dai capelli strani, ed è un racconto molto
particolare:
Per un aspetto contenutistico
Per un aspetto formale.
Caro vecchio neon -> tema del suicidio e, forse, collegamento con Mead nel paradosso
dell'impostore