A soli sei mesi dal maquillage della disciplina in materia di condominio ad opera della legge 11
dicembre 2012, n. 220 (entrata in vigore il 18 giugno 2013), le disposizioni codicistiche si rifanno
nuovamente il trucco a seguito del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 - recante “Interventi urgenti di
avvio del piano ‘Destinazione Italia’, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei
premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure
per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015” - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23
dicembre 2013 (salva la conversione, con eventuali modifiche, entro il termine di 60 giorni).
In particolare, tra le pieghe del solito provvedimento omnibus - in ordine al quale si nutrono dubbi circa
il requisito della “straordinarietà” del caso e la “necessità ed urgenza” di intervenire ex art. 77 Cost., ma
oramai occorre rassegnarsi sulle modalità operative del patrio legislatore - l’art. 1, avente ad oggetto
“Disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, e per l’introduzione di un sistema
incentivante opzionale offerto ai produttori di energia elettrica rinnovabile, per gli indirizzi strategici
a) con Regolamento del Ministro della Giustizia, emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, sono determinati i requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli
amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della
formazione iniziale e periodica prevista dall’art. 71-bis, comma 1, lett. g), disp. att. c.c., come modificato dalla
legge n. 220/2012;
b) all’art. 1120, comma 2, n. 2, c.c. - come modificato dalla legge n. 220/2012 - le parole “, per il
c) all’art. 1130, comma 1, n. 6, c.c. - come modificato dalla legge n. 220/2012 - dopo le parole:
“nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza” sono inserite le seguenti: “delle parti comuni
dell’edificio”;
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d) all’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. - come modificato dalla legge n. 220/2012 - è aggiunto, in fine, il
seguente periodo: “; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento
graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai
e) all’art. 70 disp. att. c.c. - come modificato dalla legge n. 220/2012 - dopo le parole: “spese ordinarie”
sono aggiunte le seguenti: “l’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di
Tali integrazioni - come evidenzia la Relazione che ha illustrato tale decreto d’urgenza - introducono
alcuni correttivi mirati, volti a superare le difficoltà che si sono manifestate nella fase di prima applicazione
della riforma di cui sopra, anche se forse erano maggiori le aspettative poste dagli operatori pratici a fronte
Più nel dettaglio - in estrema sintesi - la modifica sub a) si occupa espressamente del c.d. pacchetto
formativo, ed è volta colmare quel vuoto legislativo esistente nella legge n. 220/2012, la quale, pur
prevedendo la formazione obbligatoria degli amministratori di condominio - iniziale e periodica - non recava
alcun rinvio ad una fonte secondaria che individuasse sia i requisiti che dovevano essere posseduti per
Orbene, la lacuna viene colmata - sia pure con un certo ritardo - prevedendo che vengano stabiliti, in
modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, gli standards per lo svolgimento della suddetta formazione,
sperando, ovviamente, che il competente Ministero provveda rapidamente a regolamentare questo aspetto
Per quanto concerne la modifica sub b), il decreto d’urgenza introduce un’importante novità per il
settore delle fonti rinnovabili, tutte improntate al fine di ridurre il peso sui consumatori dei costi dell’energia
In quest’ottica, al fine di stimolare e favorire gli interventi volti a conseguire il risparmio energetico, si
riduce la maggioranza richiesta per l’adozione delle relative decisioni da parte dell’assemblea condominiale:
eliminando il quorum della metà del valore dell’edificio, al suo posto viene inserito quello pari a un terzo
limitatamente ai lavori attinenti il risparmio energetico, purché sempre gli interventi de quibus, volti al
contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia, siano individuati attraverso
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Tale modifica, tuttavia, è stata eliminata in sede di conversione ad opera della legge n. 9/2014,
facendo, in pratica, retroagire la situazione a quella delineata dalla Riforma della normativa condominiale,
In ordine alla modifica sub c), ossia quella concernente la c.d. anagrafe condominiale, i dati relativi
alle condizioni di sicurezza da inserire in essa solo quelli relativi alle parti comuni dell’edificio di cui all’art.
1117 c.c., evitando così che la formulazione normativa previgente, nella sua genericità, potesse dar luogo a
intromissioni nelle proprietà individuali, anche quando le attività ivi realizzate non interferissero in alcun
modo con la tutela delle strutture essenziali e comuni (tra cui quelle portanti dell’edificio), indicate nello
In concreto, non saranno più indispensabili le dichiarazioni emesse dai singoli condomini sulle
condizioni di sicurezza delle loro unità immobiliare, e la modifica non è di poco conto, considerando che, fino
ad oggi, sia i condomini che gli amministratori, in base alla precedente norma, erano stati chiamati a
svolgere un'attività particolarmente complicata, piena di difficoltà operative e fonte di possibili responsabilità;
si ricorda, infatti, che, fino al 23 dicembre 2013, l'amministratore doveva richiedere ai condomini - e questi
ultimi erano tenuti conseguentemente a fornirgli - i dati relativi ai propri impianti o, addirittura, doveva essere
Circa la modifica sub d), si mira a superare le problematiche che si erano riscontrate, da parte di
amministratori e proprietari, a causa dell’obbligatorietà dell’integrale costituzione anticipata del c.d. fondo
lavori: invero, l’esborso integrale ed anticipato dell’intera somma impegnata costituiva uno dei principali
disincentivi all’adozione di nuove deliberazioni per l’avvio di ampi lavori di ristrutturazione, provocando un
sensibile impatto negativo sul settore dell’edilizia (peraltro, mercato che già da tempo risentiva della
La norma proposta, senza snaturare la ratio della riforma, reca un correttivo all’istituto del suddetto
fondo, contemperando le ragioni creditorie dell’appaltatore con le esigenze economiche dei condomini, i
quali - specie in questo momento di recessione economica - hanno notevoli difficoltà ad anticipare l’intera
somma dovuta.
In concreto, si contempla la possibilità di costituire il fondo - che, comunque, resta obbligatorio e che
deve sempre essere anticipato, ma - in relazione ai singoli pagamenti dovuti all’appaltatore per ogni stato di
avanzamento dei lavori, presupponendo, però, che i lavori debbano essere eseguiti in base ad un contratto
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In altri termini, a seguito di questa modifica, il c.d. fondo speciale per l'esecuzione dei lavori di
manutenzione straordinaria e per le innovazioni potrà essere costituito, anziché con l'immediato versamento
integrale del complessivo ammontare dei lavori, con versamenti parziali, corrispondenti alle singole rate dei
S.A.L. (a questo punto, risulta importante il riferimento al contratto di appalto, che dovrà contenere una o più
Si tratta sempre di un'alternativa - la norma stabilisce che “il fondo può ” - rispetto all'obbligo sancito
dalla formulazione originaria della norma di costituire un fondo pari all'intero importo dei lavori, nel senso che
la nuova disposizione prevede una possibilità di scelta lasciata interamente ai condomini fra questa
possibilità e l'altra, cioè quella di costituire il fondo per stati di avanzamento lavori.
Relativamente alla modifica sub e), si colma un’altra lacuna della recente riforma, nella quale il
meccanismo per l’irrogazione delle sanzioni per la violazione del regolamento condominiale non era stato
specificato dalla legge n. 220/2012, vanificando, di fatto, ogni possibilità di ottenere qualcosa dai condomini
inadempienti agli obblighi imposti dal regolamento condominiale: l’integrazione proposta affida le scelte
sanzionatorie in proposito direttamente all’assemblea, che decide con la maggioranza degli intervenuti e con
ostruzionistiche e dilatorie dei condomini, viene così ribadito il ruolo centrale dell'assemblea con riferimento
alle deliberazioni relative all'ammontare delle sanzioni da infliggere ex art 70 disp. att. c.c. ai condomini per
le infrazioni al regolamento di condominio, anche se, già in precedenza, alcuni sostenevano che, pur
spettando all'amministratore, quale organo esecutivo del condominio, irrogare la sanzione, ciò potesse
Per completezza, va segnalato che, nello stesso decreto-legge n. 145/2003, è stata prevista una
(A.P.E.), nel senso che non comporterà più la nullità del contratto, bensì una vera e propria sanzione
pecuniaria.
uguali, una sanzione compresa tra € 3.000,00 e € 18.000,00, che scende in un range compreso tra €
1.000,00 e € 4.000,00 per i casi di mancata dichiarazione relativi ai contratti di locazione di singole unità
immobiliari (se la durata della locazione non supera i tre anni, la sanzione viene dimezzata).
Secondo quanto previsto, all’atto di acquisto o affitto di un immobile, il soggetto interessato dovrà
dichiarare di aver ricevuto informazioni e documentazione circa l’A.P.E. con un’apposita clausola ad hoc che
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viene inserita nei contratti di compravendita o di locazione; lo stesso attestato dovrà essere allegato al rogito
ed in qualsiasi atto di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile, così come ai contratti di affitto.
Peraltro, l’A.P.E. è obbligatorio anche per gli edifici in fase di costruzione, per i quali deve riportare la
futura prestazione energetica dell’immobile e che diverrà attestato definitivo al termine dei lavori (essendo
compito del costruttore redigerne una copia), e lo stesso dicasi per gli immobili sottoposti ad interventi di
Occorre prendere le mosse dall’art. 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 - recante “Norme per
l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e
di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” - il quale, al comma 2, recitava: “per gli interventi in parti comuni
di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi, ed all’utilizzazione delle fonti di
energia di cui all’articolo 1, ivi compresi quelli di cui all’articolo 8, sono valide le relative decisioni prese a
La nuova norma introduceva, dunque, una nuova maggioranza, che faceva riferimento ad un quorum
basato esclusivamente sulle “quote millesimali”, contrariamente alla generalità delle delibere condominiali
che, secondo il disposto di cui all’art. 1136 c.c., richiamavano la c.d. doppia maggioranza, vale a dire
rapportata sia alle quote di valore che alle “teste” relative agli intervenuti in assemblea o partecipanti al
condominio (maggioranza, peraltro, richiamata nelle altre leggi speciali che, specie a cavallo degli stessi
anni novanta, avevano introdotto quorum agevolati per altri settori specifici, come la legge n. 122/1989 sulla
Il legislatore si era nuovamente occupato della materia verso la fine del 2006, emendando un suo
precedente che non aveva rispettato i dettati comunitari, e disciplinando - diversamente dal passato e, forse,
in parte inconsapevolmente - la materia degli interventi sugli impianti condominiali volti al contenimento del
consumo energetico: segnatamente, la norma de qua (entrata in vigore il 2 febbraio 2007) è contenuta in un
(quasi nascosto) comma 1-bis dell’art. 7 del d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 311, avente ad oggetto “Disposizioni
correttive ed integrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della Direttiva
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2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell’edilizia” (decreto legislativo, quest’ultimo, entrato in vigore
Il disposto in questione prevedeva che il summenzionato comma 2 dell’art. 26 della legge n. 10/1991
fosse sostituito dal seguente: “per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo
energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di
certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni
condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali”.
Per comprendere appieno la portata della modifica - sempreché di modifica si tratti, v. appresso -
conviene confrontare il nuovo testo con quello previgente: a prescindere dal discutibile linguaggio giuridico
utilizzato - si parlava, in entrambi i casi, di “decisioni condominiali” quando sarebbe stato più appropriato
l’uso dell’espressione tecnica “deliberazioni dell’assemblea” che, d’altronde, compariva nella sedes materiae
dell’art. 1137 c.c. - dal raffronto tra le suddette norme risultavano due novità, che concernevano, da un lato,
Sotto il primo profilo, a parte qualche lieve differenza terminologica - la versione del 2006 parlava di
“interventi sugli edifici e sugli impianti” mentre quella del 1991 riguardava gli “interventi in parti comuni di
edifici” - interessava soprattutto il fatto che tali interventi fossero “volti al contenimento del consumo
energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia”, laddove il d.lgs. n. 311/2006 si riferiva a quegli interventi
di cui all’art. 1 della legge n. 10/1991, non richiamando più, come faceva il vecchio testo, il disposto dell’art.
8, che elencava dettagliatamente, incentivandoli in varia misura, una serie di iniziative dirette alle suddette
finalità, tra le quali: a) coibentazione negli edifici esistenti, b) installazione di nuovi generatori di calore ad
alto rendimento, c) installazione di pompe di calore per riscaldamento ambiente o acqua sanitaria o di
impianti per l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, d) installazione di apparecchiature per la produzione
combinata di energia elettrica e di calore, e) installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia
La norma entrata in vigore nel 2007, quindi, si rapportava soltanto all’art. 1 della legge n. 10/1991, il
che, però, comportava, stante la genericità delle espressioni ivi contenute, un allargamento dell’àmbito di
nonché intendendo favorire ed incentivare “l’uso razionale dell’energia”, “il contenimento dei consumi di
energia nella produzione e nell’utilizzo dei manufatti”, “l’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia”, “la
riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi”, “una più rapida sostituzione degli impianti
in particolare nei settori a più elevata densità energetica, anche attraverso il coordinamento tra le fasi di
Tale mancato richiamo, pertanto, ampliava lo spettro operativo della norma, finendo nel
ricomprendere nel suo raggio d’azione anche interventi, sempre strumentali alle finalità summenzionate, allo
Sotto il secondo profilo, un punto molto controverso era quello riguardante i quorum che dovevano
Anche qui, per una corretta risoluzione della questione, occorre riportare il testo delle norme in
raffronto: quello del 1991 prevedeva che fossero “valide le relative decisioni prese a maggioranza delle
quote millesimali”, mentre quello in vigore per le delibere condominiali assunte dopo il 2 febbraio 2007
prescriveva che fossero “adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali” (in buona sostanza,
l’art. 7, comma 1-bis, del d.lgs. n. 311/2006 aveva aggiunto soltanto l’aggettivo “semplice” alla maggioranza
Ad una prima lettura, si era ritenuto che il quorum fosse quello del comma 3 dell’art. 1136 c.c., ossia
un numero di voti che rappresentasse un terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore
dell’edificio (quindi, sarebbe stata valida la deliberazione che, presenti 400 millesimi, incontrasse il voto
favorevole di 334); tanto era dato intendere ponendo a mente al vecchio testo, che già consentiva
l’approvazione delle delibere del genere di quelle in discorso con 500 millesimi, e al senso della modifica che
era stata espressamente dettata dalla volontà di introdurre regole che rendessero più agevole il formarsi di
idonee maggioranze.
Al riguardo, era stato, innanzitutto, evidenziato che l’aggettivo “semplice” non compariva nel testo
dell’art. 1136 c.c.; piuttosto, secondo il suo significato semantico, tale aggettivo, riferito al principio
maggioritario che regolava gli organi collegiali, sembrava contrapporsi a quello di “qualificata”, nel senso di
Poteva, altresì, sostenersi che si fosse voluto ribadire il concetto secondo cui, per tale intervento, si
doveva prescindere dalle “teste”, sicché, in seconda convocazione, laddove sembrava che si potesse fare a
meno del quorum costitutivo, sarebbe bastata un’assemblea formata da un solo condomino rappresentante -
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prima 500, e ora - 334 millesimi per deliberare l’approvazione dell’intervento.
L’interpretazione data “a caldo” aveva l’indubbio pregio, aldilà di ogni aggancio normativo, di reinserire
anche questa decisione dell’assemblea condominiale nell’alveo codicistico - che contemplava il sistema c.d.
misto, per carature millesimali e per teste - abbassando il quorum dalla metà ad un terzo, ma offrendo
maggior peso al numero dei partecipanti (al condominio o presenti alla riunione); del resto, tale riduzione di
maggioranza avrebbe potuto trovare il suo “contrappeso” nella richiesta attestazione tecnica di cui sopra: era
vero che era sufficiente la maggioranza ordinaria, ma era altrettanto vero che i condomini dovevano adottare
quella delicata decisione con maggiore avvedutezza e, comunque, confortati dalla certificazione energetica
In realtà, era apparso ai più che - anche in questo caso e, purtroppo, come avveniva sempre più
spesso - si fosse trattato di una svista del legislatore, che si era fatto sfuggire l’aggettivo “semplice” senza
rendersi conto delle ricadute pratiche; peraltro, sembrava che fossimo in presenza di un eccesso di delega,
considerando che il d.lgs. n. 311/2006 era stato emanato solo per apportare le modifiche e le integrazioni
necessarie al fine di meglio conformare le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 192/2005 alla Direttiva
2000/91/CE, laddove l’Unione Europea aveva rimproverato l’Italia, mediante apposita nota di infrazione,
perché quest’ultima aveva applicato le norme comunitarie sul risparmio energetico soltanto agli edifici di
nuova costruzione, totalmente ristrutturati o demoliti e ricostruiti, comprendendo ora - sia pure con cadenze
temporali differenziate a seconda dell’anno di costruzione - tutti gli edifici esistenti adibiti a residenza.
Per completezza, si osserva che il comma 1-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 311/2006, rispetto al testo
precedente dell’art. 26, comma 2, della legge n. 10/1991, aggiungeva che le decisioni condominiali
dovessero essere “pertinenti”, con riferimento agli “interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento
del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia”, ma questo era implicito nel richiamo
espresso all’art. 1 della legge n. 10/1991, e poi ciò risultava supportato attraverso l’attestato di certificazione
energetica o la diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato (nemmeno poteva sostenersi che le
decisioni assembleari dovessero essere “pertinenti” rispetto agli argomenti di cui all’ordine del giorno, perché
In quest’ottica, era opportunamente intervenuto l’art. 28, comma 1, della legge 11 dicembre 2012, n.
220, di riforma della normativa condominiale (entrata in vigore il 18 giugno 2013), disponendo che, all'art. 26,
comma 2, della legge n. 10/1991 - come sopra modificato - le parole “semplice delle quote millesimali
rappresentate dagli intervenuti in assemblea” fossero sostituite dalle seguenti “degli intervenuti, con un
riconducendo la relativa decisione assembleare nell’alveo tradizionale dei quorum ordinari prescritti in
seconda convocazione dall’art. 1136, comma 3, c.c., che appunto prevedeva la validità della delibera “se
approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del
valore dell’edificio”.
Al contempo, però, lo stesso legislatore del 2013 era intervenuto disciplinando diversamente le
innovazioni, nel senso che, dopo il comma 1 dell’art. 1120 c.c. - che si occupava, come in precedenza, delle
innovazioni c.d. ordinarie, ossia “dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle
cose comuni”, che richiedevano l’elevato quorum di cui all’art. 1136, comma 5, c.c. (maggioranza dei
partecipanti al condominio e due terzi del valore dell’edificio”) - seguivano due capoversi, che si occupavano
delle innovazioni di interesse sociale o, comunque, volte a recepire le moderne tecnologie finalizzate al
complessivo miglioramento della qualità della vita, da un lato, specificando quali interventi nell’edificio
meritassero una particolare agevolazione e, dall’altro, prescrivendo modalità più stringenti per l’adozione
Eravamo in presenza, comunque, di innovazioni considerate dal legislatore, per così dire, virtuose e,
quindi, premiate con quorum più abbordabili, da incentivare proprio per la loro propensione sociale a
Per quel che rileva in questa sede, sotto il profilo della descrizione degli interventi facilitati, il comma 2
del novellato art. 1120 stabiliva che i condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’art.
1136 c.c., potevano disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, avevano ad oggetto:
“2) le opere e gli interventi previsti . per il contenimento del consumo energetico”.
Si trattava del quorum correlato ad un numero di voti che rappresentasse la maggioranza degli
intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio, aggiungendo che le innovazioni de quibus dovessero
avvenire, “nel rispetto della normativa di settore”, specificazione forse pleonastica, essendo pacifico che non
Pertanto, nel regime introdotto dalla Riforma, l’art. 1120, comma 2, n. 2), c.c. prescriveva il quorum
dell’art. 1136, comma 2, c.c., ossia un numero di voti che rappresentasse la maggioranza degli intervenuti
ed almeno la metà del valore dell’edificio, per “le opere e gli interventi previsti per il contenimento del
consumo energetico”, mentre il novellato testo dell’art. 26, comma 2, della legge n. 10/1991, così come
modificato dall’art. 28 della stessa legge n. 220/2012, prevedeva che “per gli interventi sugli edifici e sugli
impianti volti al contenimento del consumo energetico individuati attraverso un attestato di certificazione
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energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali
sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno
Era, dunque, pacifico che, dal 18 giugno 2013, tutti gli interventi, approvati dall’assemblea
interesse sociale e, come tali, agevolate sotto il profilo del quorum richiesto, che era meno elevato di quello
contemplato per le innovazioni c.d. ordinarie (maggioranza degli intervenuti e due terzi dei millesimi), ma
restava il fatto che l’art. 1120 c.c. prescrivendo una maggioranza correlata alla metà del valore dell’edificio
mal si conciliava con l’art. 26, comma 2, della legge n. 10/1991, che, per i medesimi interventi, riteneva
sufficiente quella di un terzo, a sua volta, aumentando rispetto a quanto richiesto fino al 17 giugno 2013,
ossia la “maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli interventi in assemblea” (che, in
certo qual modo, tendeva a invogliare i condomini alla partecipazione assembleare per far valere la propria
A soli sei mesi dall’entrata in vigore della riforma della disciplina in materia di condominio ad opera
della legge n. 220/2012, era opportunamente intervenuto il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante
“Interventi urgenti di avvio del piano ‘Destinazione Italia’, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,
per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015” (pubblicato nella Gazzetta
In particolare, tra le pieghe del solito provvedimento omnibus - in ordine al quale, peraltro, potevano
nutrirsi dubbi circa il requisito della “straordinarietà” del caso e la “necessità ed urgenza” ex art. 77 Cost. -
l’art. 1, avente ad oggetto “Disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, e per
l’introduzione di un sistema incentivante opzionale offerto ai produttori di energia elettrica rinnovabile, per gli
condominio” - introduceva, al comma 9, per quel che interessa da vicino, la seguente integrazione: “ b)
all’art. 1120, comma 2, n. 2, c.c. - come modificato dalla legge n. 220/2012 - le parole ‘, per il contenimento
Secondo la Relazione illustrativa del suddetto decreto d’urgenza, era stata introdotta un’importante
novità per il settore delle fonti rinnovabili, tutte improntate al fine di ridurre il peso sui consumatori dei costi
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In quest’ottica, al fine di stimolare e favorire gli interventi volti a conseguire il risparmio energetico, si
riduceva la maggioranza richiesta per l’adozione delle relative decisioni da parte dell’assemblea
condominiale: eliminando il quorum della metà del valore dell’edificio, al suo posto veniva inserito quello pari
ad un terzo limitatamente ai lavori attinenti il risparmio energetico, purché sempre gli interventi de quibus,
volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia, fossero individuati
abilitato.
Stando così le cose, i rimanenti interventi, pur sempre diretti al contenimento del consumo energetico,
ma privi del suddetto attestato o della suddetta diagnosi, non potendo più beneficiare del regime agevolato
delle innovazioni c.d. speciali, avrebbero dovuto scontare l’ordinario quorum dei due terzi, per il combinato
Curiosamente, in sede di conversione, con la legge 21 febbraio 2014, n. 9 (pubblicata nella Gazzetta
ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2014), la lett. b) del comma 9 dell’art. 1 del decreto-legge n. 145/2013 è stata
soppressa, conseguendone il ripristino dello status quo ante: in pratica, sopprimendo la norma che
sopprimeva il riferimento al “contenimento del consumo energetico”, il testo dell’art. 1120, comma 2, n. 2,
c.c. è rimasto quello innovato dalla legge n. 220/2012; vanificando le positive novità apportate dal decreto-
legge c.d. destinazione Italia, per quanto concerne gli interventi lato sensu finalizzati al risparmio energetico
nel condominio, rimane sempre la difficoltà di coordinare questa norma con l’art. 26, comma 2, della legge n.
Nel tentativo di dare una razionale composizione tra le due disposizioni, si potrebbe sostenere che il
campo di applicazione dell’art. 1120, comma 2, n. 2), c.c. si riferisca solo alle “innovazioni”, ossia alla
realizzazione nel condominio di “opere” nuove, prima non esistenti, ma resta il fatto che anche il
summenzionato art. 26 utilizza la stessa espressione, ossia gli “interventi” sugli edifici, contemplata nella
norma codicistica; più semplicemente, può opinarsi che, nella seconda ipotesi, la decisione si fondi su un
preventivo attestato di prestazione energetica o su una diagnosi energetica - comunque, precedente alla
delibera e non rimandata alla fase attuativa - che consenta ai condomini di effettuare una valutazione più
precisa e una scelta più ponderata, meritando così il quorum più ridotto, mentre, ove lo stesso intervento,
pur volto al contenimento energetico, ne sia privo, rimane la maggioranza dei 500 millesimi.
Nulla esclude che, nel breve lasso di tempo di vigenza del decreto-legge di cui sopra, ossia dal 24
dicembre 2013 al 22 febbraio 2014, qualche assemblea condominiale abbia adottato delibere dirette al
risparmio energetico alla luce delle modifiche introdotte, approvando l’intervento innovativo con la
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maggioranza di un terzo purché “certificata” oppure, senza, con i due terzi; si conviene che il giudizio di
validità di tali decisione va correlato alla normativa vigente al momento della sua adozione, ma l’art. 77,
comma 3, Cost. prevede che i decreti-legge, non convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione, “perdono efficacia fin dall’inizio” (salva diversa regolazione, con la stessa legge di
conversione, dei rapporti giuridici sorti in base ad essi, situazione, però, non ricorrente nel caso di specie).
Resta fermo, sul versante operativo, il comma 3 del novellato art. 1120 c.c., il quale prescrive che, per
l’adozione delle delibere di cui al capoverso precedente - tra cui le (resuscitate) innovative opere per il
contenimento del consumo energetico - l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni
dalla richiesta anche di un solo condomino interessato; la richiesta di quest’ultimo “deve contenere
l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti” e, in mancanza,
“l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni”.
Viene così previsto un onere dell’amministratore connesso alla sollecitazione del condomino
interessato, sollecitazione che, però, deve essere corredata da tutte le informazioni utili per l’adozione
dell’intervento energetico di cui trattasi, mantenendo pur sempre il termine ordinario di cinque giorni per
l’adunanza ex art. 66, comma 3, disp. att., c.c., mentre non vengono contemplate le modalità più
impegnative di cui all’art. 1117-ter c.c. per le “modificazioni delle destinazioni d’uso” delle parti comuni
(quanto a affissione dell’avviso, convocazione con date forme, precisazione degli interventi a pena di nullità).
L’eventuale inerzia da parte del suddetto amministratore, a fronte della puntuale istanza del singolo
partecipante, può essere valutata dal magistrato ai fini della sua destituzione, costituendo “grave irregolarità”
ai sensi del novellato art. 1129, comma 12, n. 1, ultima parte, c.c. (“ l’omessa convocazione
Ai sensi del d.p.r. n. 115/2002 e succ. mod. e int., il valore della presente procedura si
dichiara pari ad € 13.728,60 e lo stesso, pertanto, va soggetto a contribuzione
unificata pari ad € 118,50.
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