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Fondamentalismo - Tendenza a considerare la propria fede religiosa, politica fondamentale rispetto alle altre,
applicandone i principi in modo rigido e intransigente.
Kitsch - di cattivo gusto, pacchiano.
Etnologia - disciplina che studia l’origine, la struttura e i modi di vita delle società umane.
Radicale - che riguarda la profonda essenza di qualcosa.
Epistemologia - Parte della teoria della conoscenza che studia il sapere scientifico.
Capitolo 2
I geografi all'inizio del 1900 si erano posti domande superficiali, la natura era vista come realtà superiore, ignoravano i
problemi posti alla trasmissione del sapere, trascuravano gli aspetti normativi della civiltà.
In Francia vengono descritti sempre più l'evoluzione dei paesaggi modellati ad opera della cultura umana.
Oggi gli antropologi americani analizzano con precisione (come faceva Carl Ortwin Sauer) i rapporti tra gruppi ed
ambiente.
L'ecologia (più moderna) presta attenzione ai bilanci energetici.
Nei primi decenni del 1900 i geografi che si interessavano alla cultura (intesa come tale) si dedicavano allo studio delle
piccole etnie delle campagne del mondo tradizionale.
Il progresso tecnico, industriale, la comunicazione, inizia a rosicchiare questi “tratti”.
L'inquietudine e la paura della (la chiamo globalizzazione ma non è propriamente corretto) uniformazione del mondo
era già viva nei geografi in questo periodo, anche se fino alla seconda guerra mondiale le campagne mantenevano una
loro specificità, da una parte si continuavano ad usare aratri, da altre animali, ecc.
La comparsa del trattore, il motore a scoppio, l'elettricità assicurano l'accesso a nuove forme di energia.
L'interesse dei geografi, che fino ad allora si incentrava sull'habitat, i mezzi e strumenti degli uomini per sfruttare
l'ambiente, è messa a dura prova in quanto questo “progresso” porta ad una sorta di standardizzazione dei mezzi
adottati dall'uomo, facendo conseguentemente perdere interesse su quest'ultimo.
La geografia culturale è in declino in quanto a cultura tecnica non spiega più la diversità delle distribuzioni umane.
Il modello Videliano (la capacità di organizzare il proprio lavoro, la propria vita in relazione all'ambiente in cui mi trovo,
es del pastore sulla montagna) dei quali i francesi andavano molto fieri è inadatto nel mondo urbano e industrializzato.
Le società di allora erano omogenee, oltre l'80% della popolazione si concentrava nel mondo rurale.
La modernizzazione dell'economia spinge una parte della popolazione ad investire nel secondario e terziario. Qui gli
orari, gli stili di vita sono diversi dalla “società rurale”, conseguentemente a ciò pur non riuscendo inizialmente a
superare il limite imposto dal modello Videliano si apprende fin da subito che il metodo è inadatto x le nuove società
emergenti, il tutto sembra condannare la geografia culturale
A differenza di quanto previsto la Geografia Culturale negli anni 70 NON scompare, al contrario si rinnova. Nonostante
questa sia l'era del viaggio immobile (spostarsi da una stanza ad un altra di un altro luogo per avere le stesse o quasi
comodità ed uguaglianze). Abbiamo un ritorno di movimenti ecologisti, fontamentalisti in medio oriente, nazionalisti
nell'est, crisi religiose in occidente.
Il mondo in cui viviamo è quello del consumo culturale di massa, questo obbliga i geografi a NON trascurare le
dimensioni culturali di ciò che viene osservato, le tecniche sono diventate troppo uniformi, ma LE
RAPPRESENTAZIONI meritano di essere studiate.
Negli ultimi 40 anni (dal dopo guerra) la ricerca si è interessata molto alle dimensioni economiche, sociali e politiche
della geografia, i geografi hanno messo in evidenza l'organizzazione dei trasporti, dei sistemi di comunicazione e delle
località centrali.
Il sistema concepito da Vidal de la Blache era troppo sintetico e globale per analizzare la diversificata struttura della
società contemporanea, invece di considerare gli spostamenti degli individui in unità monolitiche perché non dividerle
in segmenti più piccoli? L'analisi dei ruoli propone questo, la realtà non è più una soltanto, ognuno ne riceve una che
modifica secondo la propria esistenza.
La Time Geography ricostruisce le traiettorie nello spazio distinguendo i luoghi e i momenti in cui i diversi ruoli
vengono assorbiti; modernizza le tecniche di analisi, una sorta di “geografia della storia” più ampliata là come Jean
Brunhes l'aveva concepita.
I rapporti sociali sono spesso istituzionalizzati costituendo la struttura sociale di un gruppo.
I lavori di geografia economica, sociale, politica portano a i seguenti punti:
- la vita sociale ed economica riflette la diversità dei comportamenti culturali, il rendimento di una organizzazione
cresce quanto più i suoi membri sono convinti dell'importanza della loro missione.
- le spiegazioni proposte dalla geografia economica, sociale o politica non sono universali in quanto la natura umana e
la sua azione sono fattori non prevedibili.
Entrambi i risultati vanno contro le teorie Marxiste le quali sostenevano che il tutto era ricondotto ai rapporti di
produzione.
La nuova Geografia degli anni 60 e 70 si occupa di questioni di natura culturale.
Il rinnovamento della geografia culturale si abbozza dall'inizio degli anni 70 manifestandosi allo stesso modo ovunque,
i luoghi non hanno solo una forma e colore, ma caricati da coloro che vi abitano, il romanzo diventa un documento.
Dal punto di vista umanistico c'è da notare come gli uomini si interroghino sulle ragioni della loro presenza, sentono il
bisogno di dare senso alla loro esistenza. Facendo un nome Yu-Fu Tuan si interessa all'attaccamento che le persone
manifestano per il loro paese.
Molti autori di origine ebraica, cristiana ecc si ritrovano su posizioni vicine e tutti prenderanno profitto dalle letture
filosofiche. Luoghi, importanza del vissuto, rappresentazioni religiose, il tutto rende indispensabile uno studio
UMANISTICO delle rappresentazioni delle culture.
All'inizio del 1900 i geografi concepivano il termine cultura come gli etnografi (che studia i popoli e le loro
manifestazioni culturali in maniera descrittiva) e etnologi (che studia l’origine, la struttura e i modi di vita delle società
umane). Tutti loro si interessavano agli attrezzi, ai manufatti, all'habitat ecc..
Gli etnologi aggiungevano un inventario di credenze, di miti e rituali interrogandosi sulla magia.
Successivamente il ruolo dell'etnologo sarà quello di dare la parola alle persone osservate esaminando le reazioni nelle
diverse circostanze condividendo i punti di vista delle popolazioni di cui si interessa.
GLI ANNI 80
Un allievo si Seur rinnova in ambiente anglosassone lo studio della geografia religiosa prendendo impulso dalle
diversità culturali delle Indie. Da qui lo studio dell'interpretazione simbolica che i gruppi e classi sociali danno
all'ambiente con giustificazioni ideologiche ed estetiche che ne propongono. Verso il 1970 i ricercatori anglosassoni
iniziano a parlare di New Cultural Geography che rompe definitivamente con i vecchi orientamenti della disciplina e
manifesta invece una viva e radiosa curiosità per la postmodernità.
In Francia non si ha intenzione di rompere con i lavori della prima metà del 1900 ma di arricchirli in una prospettiva
più globale. Viene compiuto un lavoro che permette di ampliare gli strumenti tradizionali, passando da i MODI di vita ai
ruoli per affrontare sinteticamente gli aspetti materiali delle società industrializzate e urbanizzate.
Un esempio di questa forma di analisi è lo studio sul modo in cui i giapponesi vivono lo spazio e concepiscono la
natura.
La geografia “alla francese” NON rinuncia allo studio degli aspetti materiali della cultura, ma lo fa sotto nuove
angolazioni dedicandosi ai paesaggi, descrivendo le passioni della gente, assumendo una dimensione etno-geografica
che rivolge la propria attenzione a ciò che le diverse culture dicono del mondo; ci si avvicina alle discipline
umanistiche.
In Germania la Landshaft è ancora oggetto di studio privilegiato, mentre in Italia si hanno ricerche in varie direzioni, a
partire dall'attenzione per i miti che permettono agli africani dell'ovest di pensare lo spazio e le società in cui vivono.
Tutte le ricerche si moltiplicano soprattutto intorno allo studio del paesaggio.
I geografi giapponesi si interessano alle forme tradizionali della loro cultura.
CONCLUSIONE
La geografia culturale si interessava agli individui, ai loro sogni e gusti, adesso lo scopo NON è più quello di parlare del
reale, ma diventa un discorso su i discorsi passati.
Il nuovo approccio culturale permette di dare alla geografia basi epistemologiche.
Le ricerche geografiche dell'inizio 900 prendevano a modello le scienze naturali, negli anni 50 e 60 ricalcavano le
scienze sociali in voga in quel tempo (come l'economia e la linguistica).
L'approccio attuale si interessa al senso che gli uomini attribuiscono al cosmo.
Il mondo in cui vive un gruppo sociale non è solo una conseguenza di cause precedenti, ma riflette il gioco delle
anticipazioni e come gli esseri umani si proiettano nel futuro.
I “compartimenti” che separavano i diversi campi vengono superati, si deformano, NON è possibile capire la geografia
economica se ci si dimentica che il consumo e l'impresa sono condizionati da preferenze culturali; non si può analizzare
la geografia politica ignorando il governo ecc.
L'attualità è segnata da crisi che sfuggono ai determinismi materiali su cui si insisteva 30 anni prima.
La mondializzazione dell'economia, il progresso, la comunicazione, rompono gli equilibri di molte società restate a
lungo fuori dalla storia