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I SALMI

“Il salterio è una collezione di poemi lirici, d’ispirazione religiosa, composte in epoche diverse della storia di
Israele, sia come formule ufficiali per le cerimonie del culto sia per uso privato dei devoti di Jahweh; presto
però, ricevettero una destinazione liturgica” (L. Jaquet).

I salmi sono come un arcobaleno (un arazzo carico di colori [Calmet]) con una molteplice sequenza
cromatica, paragonabile alle molteplici dimensioni dell’esistenza umana. I salmi sono come dei micro-cosmi.
Dal punto di vista teologico la salmodia è un compendio di tutta la teologia, di tutta la Scrittura. “Ridice,
sotto di forma lode e preghiera, tutto ciò che gli altri libri espongono in modo narrativo, esortativo e sotto
forma di dialogo (discussione)… Lo scopo è quello di far pregare, di elevare l’anima fino a Dio attraverso la
contemplazione della sua maestà infinita, la meditazione dell’eterna beatitudine, attraverso la comunione alla
santità di Dio e l’imitazione effettiva della sua perfezione” (S. Tommaso d’Aquino).

Il salterio, microcosmo dell’umanità


La collezione dei salmi, pur nel suo carattere officiale di voce della qehal Jahweh, (dell’assemblea di
Jahweh) è espressione della personalità umana nella sua sconfinata molteplicità. Il salterio abbraccia l’ampio
ventaglio delle vicende, delle emozioni e dei sentimenti umani… è un settore della psicologia religiosa.
Calvino nella prefazione al suo commento ai salmi scriveva: “Sono solito definire questo libro un’anatomia
di tutte le parti dell’anima, perché non c’e sentimento dell’uomo che non sia qui rappresentato come in uno
specchio. Anzi, per meglio dire, lo Spirito Santo ha messo qui, al vivo, tutti i dolori, tristezze,, timori, dubbi,
speranze, preoccupazioni, perplessità, fino alle più confuse emozioni da cui l’animo degli uomini è
continuamente agitato”.
“Il salterio narra la storia di tutti ed è anche infaticabile e penetrante ambasciatore della parola di Dio presso i
popoli della terra. L’orizzonte salmico è sconfinato e si estende a tutte le razze, le nazioni e le culture,
coinvolgendole in un unico coro di lode”. Ad esempio il Sal. 148:

Alleluia. Lodate il Signore dai cieli, lodatelo dalle altezze.


Lodatelo, voi tutti suoi angeli, lodatelo, voi tutte sue schiere.
Lodatelo, sole e luna. Lodatelo, voi tutte stelle lucenti.
Lodatelo, cieli dei cieli, e acque che state al di sopra dei cieli.
Lodino il nome del Signore, poiché comandò e furono creati;
li stabilì per sempre, in eterno: diede un ordine che non verrà mai meno.
Lodate il Signore dalla terra: voi mostri marini e tutti gli abissi;
fuoco e grandine, neve e nebbia; vento di tempesta che adempie la sua parola.
Voi monti e ogni specie di alture, alberi fruttiferi e tutti voi cedri.
Voi fiere e ogni specie di bestiame, rettili e uccelli alati.
Re della terra e voi popoli tutti, prìncipi e tutti voi, giudici della terra.
Giovani e ragazze, vecchi e fanciulli:
lodino il nome del Signore, poiché soltanto il suo nome è sublime,
la sua maestà è sulla terra e nei cieli.
Egli ha innalzato la potenza del suo popolo.
Lode di tutti i suoi fedeli, i figli d' Israele, popolo che gli è vicino. Alleluia.

I simboli salici non appartengono solo a modelli ideali come il re, il sacerdote o l’eroe, come avveniva nei
miti orientali ma, la fenomenologia interiore del salterio è quella di ogni uomo, di quel’«adamo» che è in noi,
in nostro padre, in nostro figlio.

Il salterio, microcosmo teologico


“La conoscenza semitica di Dio fatta di intelligenza, volontà passione e azione, si ramifica interrottamente
per tutto il salterio, che è quasi un ritratto mistico di Dio” (Claudel).
Non si tratta di un esplorazione sistematica e teoretica su Dio, ma è piuttosto la scoperta del suo svelarsi
nella relazione orante che si instaura tra lui e l’uomo. E’ un Dio personale, come dimostrano i ripetuti
pronomi o aggettivi possessivi o come testimonia la simbologia del possesso e della comunione.

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La teologia del salterio è una celebrazione della mistica e della spiritualità. Il Dio dei salmi si svela come
vicino, come Emmanuele, inserito nella nostra storia, e non come un imperatore impassibile, anche quando è
apparentemente assente e silenzioso. Il silenzio di Dio, espresso con diverse metafore (l’allontanarsi di Dio
[10,1; 22, 2], il nascondere il suo volto [4, 7; 10, 11], nasce spesso da un silenzio dell’uomo, il peccato [151,
131]. Attraverso il ripudio di questo nemico insito nell’uomo stesso [32, 5; 38, 19; 41, 5; 51, 6; 106, 6] si
restaura il dialogo sigillato dal perdono di Dio

Il salterio, microcosmo della preghiera


Questo tesoro ecologico ha alimentato secoli di preghiera personale. Lutero, nella sua prefazione al salterio,
scriveva: “Ogni cristiano che voglia pregare e raccogliersi dovrebbe servirsi del salterio… perché,
veramente, tutto quello che un animo pio desidera esprimere con la preghiera lo trova formulato nei salmi in
maniera cosi perfetta e così commovente che nessuno potrebbe esprimerlo meglio. Il salterio ci ammaestra,
ci fortifica proprio con la preghiera…”.
Gi Agostino, appassionato lettore di salmi, esclamava entusiasticamente: “Psalterium meum, gaudium
meum!”. Delle 60 000 citazioni bibliche 11 500 provengono dai salmi.

Il salterio, microcosmo della liturgia


Il salterio raccoglie nel suo interno un repertorio molto vario di canti liturgici del tempio e che, alla fine,
anche l’innologia personale è confluita nel culto comunitario dopo subito opportuni rimaneggiamenti
redazionali. Non è possibile, perciò, usare romanticamente i salmi come liriche solo personali, espressioni
poetiche di stati d’animo strettamente individuali.
Il salterio appartiene a un tipo specifico di letteratura, quella liturgica. Questa letteratura possiede leggi sue,
pone problemi propri e reclama dall’esegeta un trattamento specifico sia per quanto concerne la
determinazione critica dei testi, sia per la traduzione, per lo studio dei loro ritmi e della loro teologia, sia per
l’uso che attualmente le diverse confessioni cristiane ne possono fare.

Il salterio, microcosmo cristiano


I salmi non sono solo il libro della preghiera nazionale e della liturgia ufficiale di Israele; non sono neppure
solo una testimonianza dell’universale interrogarsi dell’uomo davanti a Dio quando le tempeste del dolore,
della morte, della vita e della felicità lo avvolgono. I salmi sono divenuti anche il libro della preghiera
cristiana, come gia testimoniava la comunità cristiana delle origini, che ai salmi riservava nuove applicazioni
e una nuova ermeneutica.

Una particolare attenzione meritano i salmi imprecatori e il loro uso da parte dei cristiani. Gia da tempo Gv
Crisostomo vi vedeva il segno più vivo della condiscendenza di Dio, del suo «assumere linguaggio,
concezioni umane e verità ancora imperfette» proprio nello spirito della progressività e della storicità della
rivelazione.
Queste pagine coloratissime sono una testimonianza dell’incarnazione della parola di Dio; esprimono
l’eterno conflitto tra bene e male, rappresentato in forma simbolica ed esistenziale, con apertura affettiva al
bene. Sono anche una manifestazione letteraria dell’animo orientale la cui emotività deborda nel pittoresco e
nell’esasperato. La sensibilità accesa e mediterranea, la retorica quasi secentesca, i furori verbali delle
manifestazioni sanguinose, la violenza oratoria della polemica, la fiducia nell’efficacia della parola, l’assenza
stilistica del comparativo e del relativo sostituiti dal superlativo e dall’assoluto (vedi odiare padre, madre,
fratelli… di Lc. 14, 26) sono motivazioni che illuminano la psicolinguistica sottesa a questi salmi iperbolici.
Ad essi è da aggiungere la cornice socio-politica orientale, fatta di scene di violenza tribale e militare
(massacri, sventramenti di donne incinte [Sal. 137, 9]) che riescono a spiegare tanta truculenza.

Alcuni testi sono stati censurati o purificati dalla liturgia del Vaticano II.

La famiglia innica

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L’intero salterio è stato chiamato dagli ebrei tehillîm, lodi, inni, alleluia allo stato puro perché, l’inno, più che
un modello letterario è un atteggiamento fondamentale della preghiera, è “espressione del bisogno più
profondo e più nobile di ogni religione che è quello di adorare nella polvere chi è sopra di noi” (H. Gunkel).
L’inno è contemplazione libera e spontanea di Dio e delle sue opere; si loda e si ringrazia Dio.

Il modulo essenziale dei salmi in genere è il seguente:


- invitatorio alla lode: coortativo-imperativo, musicale (lira, cetra, tamburi ecc), rituale (applauso,
prosternazione, canto).

- corpus dell’inno: sviluppa le motivazioni della professione di fede. La lode può essere
descrittiva, generica cioè, o pure narrativa, più motivata e selezionata.

- conclusione: spesso è in inclusione con l’invitatorio.

INNI
a )Inno alla creazione
I salmi della creazione non sono delle poesie liriche ma sono delle guide che conducono il popolo di Dio a
trovare e onorare il Creatore del mondo nella grazia vissuta della salvezza. L’ideologia sottesa vuole esaltare
la trascendenza, il tremendum del divino che però, si rivela entrando in comunione con l’uomo.
Sal. 29; 104; 8; 11; 113 ecc.

b) Inni di Sion
Un antico midraş diceva: “Dieci porzioni di bellezza sono state accordate al mondo dal Creatore e
Gerusalemme ne ha ricevute nove. Dieci porzioni di scienza sono state accordate al mondo dal Creatore e
Gerusalemme ne ha ricevute nove. Dieci porzioni di sofferenza sono state accordate al mondo dal creator e
Gerusalemme ne ha ricevute nove”.
Sion è il centro del cuore, della gioia e del dolore di ogni fedele. Appena si para agli occhi stupiti del
pellegrino «la santa dimora dell’Altissimo» (46, 5), rinasce la speranza perché «Jahweh è per noi, è con noi».
«Jahweh ama le porte di Gerusalemme…» (87, 2). A Sion Dio è presente nello spazio (casa, tempio) e nel
tempo (l’eterna presenza secondo la dinastia davidica).
Sal 84; 46; 48; 76; 126; 132.

c) Inni di Jahweh, re
Al centro hanno l’invocazione Jahweh è divenuto re e una pittura del suo regno eterno, universale (94, 2; 96,
10), dialetticamente in lotta e trionfatore sui nemici di Israele e sulle forze del male (10, 6) attraverso
venature escatologiche. Cosi il Sal 47 che sembra un inno da parata, il fulminante Sal 93 in cui tempio e
cosmo si accostano, Sal 97 centrato sul giorno di Jahweh re e il Sal 98 che presenta un’epifania di Jahweh re
e salvatore.
I Sal 47; 93; 96; 97 ecc.

SUPPLICHE
Intrecci di parole di afflizione lamentose e strazianti. La tragedia del dolore e del male è personificata dal
salterio spesso attraverso simbologie terrificanti, in un nemico rappresentato anche sotto metafore belliche.
Queste composizioni umane e popolari, simili alla vita che conosce più spesso il colore della miseria che non
quello della gioia, occupano quasi un terzo del salterio.
Tre sono gli attori: Nemico-Dio-Io.
Il nemico può essere una malattia grave che minaccia la vita e nella prospettiva retribuzionistica è segno di
maledizione divina (i Sal 6; 38, 88; 102). Altre volte può essere un peccato che separa il credente dal suo
Signore facendogli esperimentare il silenzio di Dio (i Sal 6; 38; 51; 130). Talvolta è una tragedia nazionale o
l’incubo di un processo che può concludere con una condanna capitale, altre volte è un avversario
implacabile che con le sue persecuzioni (7; 142), il suo odio (35, 19; 38, 20; 69,5; 86, 17), o la sua violenza
(86, 14) sembra essere una potenza demoniaca contro il quale il fedele può solo invocare l’aiuto divino.

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Dio è il secondo attore del dramma che in certi casi assume i toni di un processo a porte aperte, in cui Dio è
chiamato in causa, come avviene anche in Giobbe. Nella tensione sorge l’eterna domanda che spesso si
spegne in un interrogativo senza domanda: «Perché? Fino a quando?» (6, 4; 13, 2-3; 35, 17; 42, 10; 43, 2; 90,
13). O si trasforma in un atto di accusa contro Dio e la sua indifferenza. A ciò si allegano i motivi per cui Dio
dovrebbe intervenire: la gloria del suo nome davanti ai nemici di Israele, la sua fedeltà alle promesse,
l’innocenza dell’orante.
Terzo attore è l’io del fedele che spesso articola il dramma in tre atti, distribuiti sulle tre dimensioni del
tempo: la felicità perduta del passato, il tragico presente che contrasta “il prima” gioioso e pieno di nostalgia,
la speranza del futuro. Il Dio muto e lontano esaudisce la supplica, interviene e libera; il fedele promette un
voto, assicura un sacrificio di ringraziamento e proclama all’assemblea la grazia ricevuta.

Suppliche personali
Preghiere per malati, carcerati che protestano la loro innocenza, dichiarazioni di innocenza d’un sofferente…
Sal 3 e 5; 6; 10; 17; 22; 51; 130

La struttura
Introduzione invocazione-apello

Corpus della supplica Dio e il suo silenzio


io e la mia sofferenza
essi, i nemici

Conclusione voto di sacrificio


lode nell’assemblea
oracolo dell’esaudimento («sono io la tua salvezza»[35, 3])

Suppliche comunitarie
Protagonista è la nazione santa, colpita dall’abbandono di Dio, da un nemico politico, dagli eventi
terrificanti… a causa della sua infedeltà all’alleanza (1Re 8, 33-53). Si sviluppa in questi salmi la dottrina del
peccato che, irrompendo nella santa assemblea di Dio, semina rovina e lutti, secondo il tradizionale modulo
retributivo. La purificazione, dopo il pentimento, con tutta la sua coreografia rituale (lamentazione, acqua,
cenere, pianto, vestiti, ecc) è indispensabile. Attraverso l’espiazione e il castigo, che hanno una funzione
pedagogica e liberatoria (Dt 8, 2-5), il popolo ritrova la sua identità di nazione santa e benedetta (Es 19, 6).
Le lamentazioni comunitarie, il rituale della confessione dei peccati sono le vie “sacramentarie” per ottenere
questa riconciliazione.
Sal 44; 60; 80; 83; 85; 90; 123

La struttura
Introduzione appello a Jahweh, «pastore di Israele»
motivazione della speranza nelle azioni salvifiche della
passata storia della salvezza

Corpus della supplica Dio ora assente, un tempo presente (74, 12-77)
noi e la nostra sofferenza
auto-accusa per i peccati e accusa per il nemico

Conclusione oracolo di salvezza («Dio ha parlato nel suo tempio» 60, 8-10)

ESPRESSIONI DI FIDUCIA E GRATITUDINE


Tutto il salterio è permeato da questo atteggiamento di fiducia e gratitudine; in alcuni salmi è cosi intensa
che, si può dire, costituisce la radice e il tema portante.

Salmi di fiducia

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La fiducia sta alla base di ogni manifestazione religiosa. L’amen biblico è il verbo della fede;
simbolicamente suggerisce il basarsi su una roccia stabile, la sicurezza della certezza contro le sabbie del
dubbio. Paolo vide in Abramo il modello del credente che «spera contro ogni speranza» (Rom 4, 18).
Qui il credente non sollecita da Dio nessun beneficio ma solamente esprime la sua fiducia in Dio, sorgente di
quiete e di gioia.
Anche qui si separano la fiducia personale da quella comunitaria; si tratta però di una distinzione fragile,
diversamente dalla pietà occidentale spesso individualistica: “Io spero in te, per noi, Signore!” (G. Marcel)
I Sal 4; 11; 16; 23; 46; 125;

Salmi di gratitudine
Alla riconoscenza pura del singolo si sostituisce, in alcuni salmi, una riconoscenza più umana, più
interessata, per un dono o una grazia ricevuta.
Dal lamento rivolto al Dio silenzioso e ostile durante la prova si passa alla confessione fiduciosa delle
proprie responsabilità; ci si affida alla fedeltà incrollabile di Dio e si conclude con una lode di
ringraziamento. Dal passato tragico si passa alla certezza dell’esaudimento, basata non sul merito umano ma
sulla fedeltà misericordiosa di Dio e, alla fine si sfocia nella celebrazione di gratitudine. Spesso è avvolta in
abito di gioia che richiama l’accettazione della volontà divina, anche quando non coincide pienamente con le
attese dell’orante.
I Sal 32; 34; 92; 118; 124; 129

Struttura (formale)
Invitatorio appello alla lode riconoscente

“Sitz im leben” cultico. L’ex-voto è sciolto nell’assemblea


a) liturgica ufficiale (forse i pellegrinaggi a Sion per pasqua,
pentecoste, capanne)
b) liturgica privata (in un giorno qualsiasi, con la famiglia e gli amici e
con un sacrificio votivo di comunione)
c) liturgia solenne (con coro e sacerdoti e rito solenne)
d) liturgia speciale (i pii)
e) liturgia cosmica (i pagani e gli avversari)

“Corpus dell’inno” secondo tre direttrici:


a il dittico del passato tragico e del presente felice: è la lode
descrittiva vera e propria, più ampia nel caso del ringraziamento
nazionale
b) appello agli uditori perché si uniscano alla lode del miracolato (vedi i
sal 32; 34; 39)
c) descrizione dell’atmosfera e dello stato d’animo gioioso

Finale con sacrificio. Altre volte si conclude con una semplice preghiera nello spirito della teologia profetica
(49, 31-32).

Salmi affini
Raggruppa alcune rappresentazioni della difficile collocazione con caratteristiche affini ai ringraziamenti o ai
canti di fiducia.
Un altro modello affine è rappresentato dai salmi di protezione divina, caratterizzati da un oracolo di
salvezza o di protezione.
I Sal 1; 73; 112; 128

LA FAMIGLIA DEI SALMI REGALI


Il termine “Messia” che caratterizza questa famiglia è riferito innanzitutto al re davidico,
con diverse sfumature.

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2Sam 7: alla volontà di Davide di inquadrare Dio nello spazio sacro di un tempio Dio risponde con la sua
scelta di essere nella linea temporale dinastica davidica.

Salmi che fanno riferimento al giorno dell’intronizzazione. Quel giorno il re veniva chiamato «figlio di Dio»
(Sal 2, 7). Non è alla pare del resto della cultura orientale perché per Israele “figlio di Dio” era riferito alla
sua adozione ma non al seme di Dio; non un erede dinastico ma «servo di Jahweh».

Un terzo elemento è dato dalla simbologia regale con una ricca tipologia.
Si potrebbe disegnare un certo quadro dei salmi regali a partire da:
- salmi d’intronizzazione (Sal 2; 72; 110),
- preghiere per il re (Sal 18; 144/A; 60)
- preghiere per il re (20, 10; 21, 2-7, 72, 1-17; 99; 132.
- canti in onore del re (20; 21; 45, 89)
- canti attribuiti al re (27; 51)

LA FAMIGLIA LITURGICA
L’intera collezione dei salmi è divenuta il fondamento della liturgia ebraica e cristiana. E’ importante per noi
imparare a collocare sullo sfondo della teologia dell’alleanza le preghiere anche individuale, perché chi prega
è sempre un membro del popolo eletto e il Dio invocato è sempre Jahweh.

I Salmi d’ingresso
Paragonabili all’attuale atto penitenziale antecedente alla celebrazione liturgica cristiana, queste “liturgie
d’ingresso” o “della porta” contengono le condizioni richieste per accedere al culto, condizioni basate sulla
fedeltà al decalogo, testo fondamentale dei rapporti uomo-Dio e uomo prossimo, verifica essenziale
dell’autenticità del culto nella teologia profetica. Il profetismo aveva richiamato con insistenza il
collegamento tra preghiera e vita, tra culto e società, combattendo ogni forma di sacralismo superstizioso. Il
culto non deve essere un alibi per sottrarsi agli impegni di giustizia e di fedeltà interiore; Dio rifiuta la
compensazione di esercizi cultuali (vittime, incenso, offerte, feste) per un atteggiamento religioso globale
mancante. Se così non fosse la liturgia sarebbe ipocrisia, i riti non sarebbero più simboli della realtà che
devono significare, il sacrificio gradito a Dio non sarebbe più il «cuore contrito». In questa linea si intravede
la profonda divergenza tra Bibbia e l’ideologia celtica orientale.

La struttura dei rari salmi d’ingresso è abbastanza semplice e dialogica.


Il fedele e la domanda di accesso al tempio (15, 1)
Il coro sacerdotale e la risposta con le condizioni (15, 2-5)

I salmi requistitoria
Questo genere è legato al precedente soprattutto a causa della matrice profetica che suppone. Il modello
letterario che lo guida è quello della “lite giudiziaria”, escogitato soprattutto dai profeti per denunciare le
violazioni del diritto dell’alleanza da parte di Israele: il profeta funge da legale di Jahweh e l’intervento è
ambientato in contesto cosmico.
I Sal 50; 81, 7-17; 95

A questo modello si possono associare anche i salmi del giudizio di Dio: i Sal 58; 75; 82.

Salmi di pellegrinaggio
Alcuni salmi rivelano le tracce di veri e propri canti di pellegrinaggio (non proprio come i salmi delle
ascensioni o graduali [i Sal 120-134]): i rituali professionali li compongono (vedi il Sal 95).
I Sal 24, 7-10 (il più arcaico rituale conosciuto); 84; 122.

LA FAMIGLI SAPIENZIALE

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Essa abbraccia temi sociali, etici, teologici, filosofici, esistenziali, catechetici e valorizzano integralmente
l’uomo e la vita presente senza mettere tra parentesi zone cosi dette “profane”, proprio come fa la letteratura
sapienziale.

Salmi sapienziali
Seguendo lo stile e certi accenti tematici, si possono individuare indizi sapienziali.
Sal 127; 133. Qui s’intravede lo stile proverbiale in ogni frase del salmo. Altri salmi invece, sono più
frammentari: i sal 49; 73; 94

Salmi alfabetici
“Ritenuti in passato espressione di crittogrammi esoterico-cultici, i salmi acrostici alfabetici sono più
semplicemente da ricondurre allo stile mnemotecnica (memorativo?) proprio delle civiltà a prevalente
struttura orale. Iniziare ogni versetto od ottonario con un vocabolo che corrisponda alla sequenza delle lettere
dell’alfabeto è certamente un procedimento artificioso, che raffreda il fluire vivo del canto, anche se,
dall’altro canto, favorisce la didattica mnemonica(?).
Gli esemplari di questa sottospecie letteraria, tra l’altro, hanno come carme-principe l’immenso ed intenso
canto della torah che è il Sal 119, proveniente da un ambito sacerdotale sapienziale”. Pascal aveva
trasformato questo salmo in preghiera quotidiana, proprio perché il suo procedere semitico “a ondate”
ricopre le opere e i giorni dell’esistenza giusta.
Si possono aggiungere i Sal 9-10; 37; 112.

In alcuni casi la sovraimposizione del modulo alfabetico estrinseco serve a coordinare il ventaglio di idee e a
dare maggior rigore ai simboli e alle strofe. L’esempio più nobile di questa armonia e della permanenza di
una grande arte, pur nello stampo rigido dell’acrostico, è offerto dal libro delle Lamentazioni, una collezione
di suppliche ad altissima tensione poetica e morale.

LA FAMIGLIA STORICA
Questo settore dei salmi è isolato dagli altri perché i carmi di cui si compone possono essere comodamente
catalogati sotto altri generi (soprattutto inni e salmi sapienziali). Tutta via hanno qualcosa di specifico e
soprattutto, si connettano ad una delle qualità fondamentali della fede ebraica. Il credo di Israele è vincolato
non da astratti tesi teologiche, ma all’intervento salvifico di Dio nella trama della nostra storia, che si
trasforma in storia di salvezza, storia sacra. Questi atti divini proclamati in quel frammento arcaico di piccolo
credo storico che è Dt 26, 5-9 (rielaborato in Gs 24, 2-13) sono il dono della fede ai patriarchi stranieri in
Canaan, il dono della libertà nell’epoca esodica, il dono della terra promessa e della successiva storia
nazionale davidica.
La storia sacra è letta lungo due versanti antitetici dai Sal 105 e 106; il primo è ottimista, sicuro della
prevalenza della bontà di Dio sugli ostacoli frapposti dall’uomo; il secondo, invece, è pessimista e vede la
storia come una sequenza continua di «no» dell’uomo all’amore di Dio.ò
Il Sal 111 è una nomenclatura condensata dei grandi benefici di Jahweh e il Sal 114 è un inni al Dio
delol’esodo mentre il Sal 135 narra le azioni storiche di Jahweh in favore di Israele.

La parola passa alla Bibbia stessa dove protagonista è la fede e gli attori sono Dio e l’uomo. Tre sono i cerchi
che stringono la fede. Primo è la città santa, Gerusalemme-Sion, segno della presenza di Dio nella casa
davidica, segno della presenza spaziale di Dio nel tempio. Il secondo che si allarga intorno al primo è il
popolo dell’elezione e dell’alleanza, con la sua storia. Il terzo è quello cosmico, grande meraviglia della
regalità trascendente di Dio su tutto l’essere. Tutto ciò diventa oggetto di lode e di preghiera.

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