Dalla seconda metà del XIX1, Vincent Van Gogh (n. Olanda, 1853) stravolse la pittura, portando lo
spettatore ad ammirare la natura attraverso una prospettiva totalmente interiorizzata, vitale e
selvaggia. Le sue rappresentazioni più mature sono la fotografia di un panorama interiore, a volte
più tormentato, a volte più pacato e sereno. L’uomo è lo spettatore dei propri stati d’animo,
raffigurati nelle sue riproduzioni di Montmartre e Arles, di parchi, vigne e campi arati, di artigiani
intenti nel proprio lavoro.
Seguendo la corrente impressionistica francese di Renoir, Cézanne, Manet, Degas, Pissarro e Monet
(nati nel decennio precedente al suo in Francia), oltre alle altre correnti di moda (realismo
paesaggistico, puntinismo) Van Gogh piegò il tratto impressionistico al proprio sentire personale,
arricchendo le sue raffigurazioni con emozioni profonde ed avvicinandosi sempre più al futuro
simbolismo artistico, dando così inizio al post-impressionismo ed all’arte moderna, grazie alla sua
rottura con tutti i vecchi tradizionalismi ormai diventati obsoleti per quell’epoca così dinamica e
ricca di scoperte scientifiche.
La sua enorme luna gialla nel Paesaggio con covoni (1889) rappresenta la sottomissione dell’uomo
ai cicli della natura ed alla potenza della natura stessa con uno spirito sereno, costruttivo e
vagamente romantico, oltre alla contemplazione della quiete notturna in tutto il suo splendore.
Anche l’ideale paesaggistico del XIX secolo andava via via modificandosi seguendo lo spirito dei
tempi: da una parte, vi fu il fiorire di tutti i revival del passato, dai giardini storici ai giardini
romantici; dall’altra, assistiamo alla nascita di nuovi stili ispirati all’Architettura visionaria ed al
miscuglio tra Neoclassicismo, Romanticismo ed Eclettismo.
L’opera paesaggistica europea ed americana diventava sempre più autoriale e modellata sulla
personalità e il gusto del suo creatore.
Grazie all’enorme interesse per le raccolte botaniche di specie esotiche ed all’acquisito gusto
giapponese, verso la metà dell’Ottocento esplose in Inghilterra la nuova follia per le orchidee
(Orchideomania), fiori costosissimi che necessitavano la coltivazione in serra. Il loro fascino era
dovuto alla sensualità delle forme, alla ricchezza dei colori, alle radici aree delle specie epifite ed al
mistero delle foreste tropicali dalle quali provenivano. A fine secolo, a tale mania seguì (sebbene in
minor misura) la corsa all’acquisto di narcisi e camelie.
1 Le notizie presenti in questo breve saggio sono tratte principalmente da Lapadula B. F., Giardini e paesaggi nella
storia, Roma, 2018, e da diverse riviste e siti, fra cui: www.MediterraneanGardenSociety.org; Architettura del
Paesaggio (www.perifericaproject.org); www.mediterraneangardensociety.org; Atti dei convegni della Società
Botanica Italiana.
L’arte dei giardini moderni otto-novecenteschi acquisì via via un carattere sempre più eclettico,
misto di schemi formali e informali nelle combinazioni più disparate ed originali, così come stava
accadendo nell’arte.
Il giardino inglese si divise in due grandi categorie principali: da una parte, i vastissimi giardini con
boschi delle grandi dimore aristocratiche, dall’altra (sulla stessa scia pittoresca ottocentesca inglese)
vediamo il sorgere dei cottage garden inglesi ed alle sue variazioni presso le case dei normali
cittadini.
Alcune grandi tenute da caccia, seppur private, cominciarono ad aprirsi ad un pubblico sempre più
vasto, fungendo da “polmone verde” di città come Londra presso le quali erano sorte grosse
industrie che ne avevano velocemente fagocitato le periferie.
Hyde Park rappresenta un tipico esempio di passaggio da una destinazione a riserva di caccia reale a
parco aperto permanentemente al pubblico. I 140 ettari di Hyde park e i 110 ettari dei Kensington
Gardens formano un’unica proprietà che venne separata soltanto nel 1728. All’interno di Hyde
Park, che mantenne sempre un aspetto molto naturale, venne realizzato il Serpentine Lake nel 1730
per volere di Wilhelmina Charlotte Caroline von Brandenburg-Ansbach, moglie di Giorgio II.
I Kensigton Gardens vennero invece annessi al vicino palazzo omonimo e sistemati da Charles
Bridgeman con la collaborazione del giardiniere inglese Henry Wise.
Nella nuova destinazione per il popolo, le vecchie tenute di caccia mantennero le caratteristiche
dell’impianto originario, con la sola aggiunta di alcune attrezzature come i pontili per il noleggio di
barche sulle rive dei laghi e la caffetteria aperta ai visitatori. Alcuni invece divennero
principalmente pleasure gardens, ovvero veri e propri parchi di divertimento destinati soprattutto al
tempo libero e ai giochi per i bambini.
Nel 1851, Joseph Paxton costruì il palazzo di cristallo per l’esposizione universale di Londra
all’interno di Hyde Park e, contemporaneamente, costruì a Bierkenhead (Liverpool, Merseyside) il
primo parco municipale del Regno Unito voluto e finanziato dall’amministrazione pubblica.
Il parco municipale di Bierkenhead divenne il modello sul quale fu costruito il Central Park di New
York nel 1856.
Il XIX secolo fu il teatro delle prime commistioni tra giardino e urbanistica in tutta Europa,
specialmente nella creazione dei parchi pubblici urbani nelle grandi città che cercavano di
soddisfare diverse esigenze: Parigi e Londra in primis, cercarono di focalizzare l'attenzione sui
"bisogni del popolo", ovvero la necessità di abitare uno spazio vivibile all'interno della città, e
pertanto dotato di sufficiente verde urbano, atto a migliorare le condizioni igieniche, il decoro
pubblico e ad accrescere il prestigio della città stessa.
Inoltre, in Inghilterra il people garden, concepito come spazio semi-pubblico, assurgeva a scopi
didattici e pedagogici, grazie alla progettazione ed alla costruzione di ambienti salubri per il gioco
dei bambini di cui era intrisa tutta la letteratura illuministica e vittoriana, avvalendosi di personalità
di spicco estremamente colte e specializzate come John Claudius Loudon (botanico e fondatore
della rivista The Gardener's Magazine, sulle cui pagine promulgava la necessità di mantenere alta la
percentuale di verde rispetto al costruito e alla densità abitativa).
Un esempio della frammentaria esperienza inglese è sicuramente il Regent's Park, progettato da
John Nash nel 1812, che diede la nascita al vero e proprio paesaggismo nei contesti urbani.
Il primo organo governativo londinese dedicato allo sviluppo dei parchi fu il Metropolitan Board of
Works nato nel 1855, che fu poi rinominato Greater London Council.
Contestualmente, in Francia nasceva il Service des Promenades et Plantations con il compito di
risolvere alcuni problemi urbanistici grazie alla creazione di ampie aree verdi. Tale organo si
adoperò per sventrare intere zone urbane al fine di realizzare parchi e zone verdi anche nel centro
della città.
Il committente Napoleone III affidò il compito di sviluppare un disegno unitario per la città al
progettista Georges-Eugène Haussmann con scopi manifestamente demagogici, soddisfacendo sia le
esigenze della classe fondiaria e mantenendone le rendite, sia rinnovando la città e coinvolgendo il
popolo nella creazione di questo progetto innovativo.
Abbiamo visto come i giardini ottocenteschi di gusto romantico e pittoresco avessero sostituito il
concetto medievale di giardino chiuso presso le comunità monastiche.
Nello stesso modo, il giardino urbano sostituì il concetto di giardino aperto e infinito tipico delle
monarchie: il giardino urbano si inscrive nello sviluppo economico e sociale della città, sotto la
spinta della stessa rivoluzione industriale. L’antica concezione del giardino-paradiso e quella di
giardino-paesaggio vennero sostituite con l’idea di parco urbano, un luogo multifunzionale
incastonato all’interno di città in pieno sviluppo demografico ed industriale lontane dalla campagna.
La fine dell’Ottocento vide il sorgere di pubbliche passeggiate con viali alberati e parchi urbani
nelle principali città europee e americane, realizzate sia all’interno delle stesse, sia fuori dalle mura.
Il gusto dei parchi pubblici può essere considerato tradizionale, un misto di semplicità che possa
dare sia un’accoglienza di carattere familiare, sia di multifunzionalità, essendo dedicato ad attività
molteplici per bambini e adulti. Questo stile rifuggiva il Barocco e quello alla francese di tipo
formale.
Tra i principali interpreti dello stile georgiano, vi fu l’architetto inglese John Dobson (1787-1865)
autore di numerose residenze nel Nord dell’Inghilterra, come Meldon Park (Meldon,
Northumberland) presso le quali aveva impiegato una notevole varietà di stili.
Dopo il breve regno di Guglielmo IV, iniziò il lungo regno della Regina Vittoria, che durò dal 1837
al 1901.
L’architettura vittoriana abbandonava il gusto neoclassico per avvicinarsi ad uno stile storico-
descrittivo, che, sotto l’influsso del Romanticismo, si rifaceva soprattutto agli stili del Medioevo
inglese, del Gotico, del periodo Tudor e del primo Rinascimento elisabettiano (e per questa
molteplicità di stili, anche definito eclettico). Il gusto nazionalista retorico incontrava
l’approvazione sia della classe aristocratica, sia della borghesia.
I giardini pubblici e privati inglesi ottocenteschi continuavano comunque a seguire i dettami dello
stile paesaggistico, evolvendo in pittoresque, gardenesque e romantique, ma con un’apertura verso
fini utilitaristici e scientifici.
I parchi londinesi a metà dell’Ottocento raggiunsero un‘ampiezza di circa 600 ettari, comprendendo
Regent’s Park, Green Park, Saint James Park, i Kensington Gardens con Hyde Park e il Victoria
Park2.
La passione per i giardini botanici esplose nel XIX secolo, accrescendo la ricerca delle piante
esotiche che venivano collocate in serre con ambienti riproducenti il loro habitat naturale (pertanto
tale tipo di giardinaggio può essere definito “di imitazione”).
Le serre si erano sviluppate sin dal secolo XIV, poiché in tale periodo iniziò un peggioramento del
clima, protrattosi fino alla metà del secolo XIX. Conseguentemente, si rese necessaria la
costruzione di ricoveri per l’inverno o serre permanenti presso i giardini rinascimentali ricchi di
piante esotiche importate dalle colonie.
Nei paesi del Centro e Sud Italia, dove il clima non era così rigido, erano diffusi ripari temporanei
in legno, ferro e vetro con coperture provvisorie o locali in muratura ai quali, in estate, venivano
rimosse le coperture3.
In tali aree era diffusa la coltivazione degli agrumi e pertanto alcune zone erano destinate ad
arancere, cedraie, citroniere, fruttiere, limonaie e orangiere. La produzione commerciale dei limoni
era presente anche sulle rive occidentali del lago di Garda, dove il clima ne favoriva la crescita.
Nelle regioni più a Nord, il clima più freddo impose la costruzione di grandi serre permanenti
presso gli orti botanici. Gli esempi più importanti sono:
- il padiglione esagonale di Amsterdam, costruito nel 1690;
- la serra calda di Copenhagen del 1763;
- le grandi serre del Jardin des Plantes di Parigi del 1836;
- la serra delle palme dei Royal Botanic Gardens di Kew del 1841 in Inghilterra.
Il secolo XIX fu il teatro delle grandi ristrutturazioni ed ampliamenti di queste enormi serre e si
avviò la costruzione di serre anche presso i vivai.
2 Lasdun S., The English Park: Royal, Private & Public, New York, 1992.
J. Larwood J., The Story of the London’s Parks: St James’s Park, the Green Park (1872), Whitefish, 2010.
3 Anche sull’onda della moda orientale importata di recente.
Le serre rappresentavano dunque l’apice della tendenza al collezionismo di piante rare nel loro
ambiente originario. Gli esempi migliori dell’esperienza europea sono:
- il gigantesco Crystal Palace costruito nel 1850 per l’Esposizione universale di Londra a Hyde
Park;
- il Jardin d’hiver di Joséphine de Beauharnais alla Malmaison, collegato agli ambienti dedicati al
soggiorno. Fu fatto costruire dalla moglie di Napoleone I tra il 1803 e il 1805 per contenere la più
importante collezione privata di piante della Francia;
- le serre reali di Laeken, nei pressi di Bruxelles, una piccola città di ferro e vetro voluta da Léopold
Louis Philippe Marie Victor de Saxe Cobourg-Gotha (Leopoldo II, 1835-1909).
In Italia, sebbene in ritardo rispetto agli altri paesi nordeuropei, i migliori esempi sono:
- la serra sabauda delle Margherie a Racconigi;
- la Serra moresca di Villa Torlonia a Roma;
- le Menagerie di Stupinigi, Racconigi e Torino per la custodia e l’acclimatazione di piante ed
animali esotici.
Le grandi collezioni di piante botaniche sorsero in Italia soltanto nel XX secolo, raccolte
nell’Erbario Tropicale di Roma, per essere poi trasferite a Firenze nel 1904 presso il neonato
Erbario Coloniale.
L’Orto Botanico di Palermo possedeva sin dal 1823 una grande serra per piante esotiche che si
arricchì di un settore dedicato alle piante grasse nel 1907.
In Inghilterra il Landscape Movement, che aveva dato vita al giardino paesaggistico romantico
inglese sette-ottocentesco, fu seguito da un’altra importantissima corrente, quella delle Arts and
Crafts che si rifaceva al Medioevo, in particolare per quanto concerneva le geniali invenzioni
funzionali dell’epoca e che, alla fine del XIX secolo, vennero riprese ed arricchite con un gusto
estetico nuovo: i teorici e i giardinieri di fine Ottocento, accanto al Gothic Revival di maniera
(neogotico) svilupparono un nuovo movimento che riprendeva alcuni motivi medievaleggianti,
come una maggiore attenzione alle piante da fiore e l’introduzione di alcuni elementi come il
pergolato e il gazebo.
I principali teorici progettisti giardinieri dell’epoca furono William Robinson e Gertrude Jekyll.
Quest’ultima, scrittrice e pittrice di paesaggi molto prolifica (oltrechè progettista con all’attivo oltre
400 progetti), è considerata la più celebre giardiniera inglese del periodo compreso tra la fine del
secolo XIX e gli inizi del XX.
La Jekyll ebbe grande seguito ed influenza anche nei periodi successivi soprattutto nei paesi di
cultura anglosassone. Il suo lavoro era, in parte, la continuazione della tradizione inglese del
giardino di fiori del Cinquecento e, in parte, lo sviluppo dell’idea di giardino come opera d’arte. La
sua arte, con il movimento precedente (il landscape movement) aveva in comune la ricerca di
ambienti adatti ad una società raffinata ed elegante, che però necessitava di spazi di contemplazione
ricchi di bellezza e serenità. I suoi giardini erano organizzati in terrazzamenti, compartimenti
collegati e articolati, abbelliti da svariati elementi decorativi fissi (come statue, fontane, muri, ecc.)
riempiti da masse di fiori ricche di colori e di forme esuberanti. Come lei stessa affermò, la sua
ispirazione proveniva dalla pittura di maestri come William Turner e Claude Monet, romantici e
impressionisti.
I suoi progetti erano dotati di aspetti formali ed informali, dove l’arte giardiniera si mescolava con
una natura più selvaggia.
Ai giardini di Monet a Giverny si ispirarono molti altri artisti come Pierre Bonnard, Camille
Pissarro, il russo Vasilij Vasil'evič Kandinskij e lo spagnolo Joaquin Sorolla y Bastida. Questi
ebbero una grande influenza sul giardinaggio inglese tra la fine del secolo XIX e il XX (il periodo
chiamato edoardiano da Albert Edward VII von Sachsen-Coburg und Gotha, alias Edoardo VII,
1841-1910, figlio di Vittoria) e che ancora oggi sono di riferimento nella progettazione dei giardini.
Il movimento Arts and Crafts diede vita al successivo “Stile floreale”, che in Italia venne chiamato
anche Liberty, ispirato alle sinuose forme della vegetazione e ai colori dei fiori. Nel resto d’Europa
ebbe nomi diversi: Jugendstil in Germania; Art Nouveau in Francia; Sezessionstil in Austria;
Modern style in Inghilterra; Glasgow Movement in Scozia; Modernismo in Catalogna.
Anche in Russia il XIX secolo fu il periodo in cui vennero creati alcuni fra i parchi più importanti a
firma di architetti di origine italiana, come Carlo Rossi (che realizzò a San Pietroburgo il palazzo
neoclassico Michailowski con il parco all’inglese dotato di ampi prati ed un laghetto artificiale per
Michail Pavolovič Romanov), l’architetto ticinese Domenico Gilardi (che a Mosca progettò in stile
neoclassico il palazzo Najdenov con parco all’inglese a terrazze), l’architetto Francesco Carlo Boffo
(attivo principalmente nella zona ucraina di Odessa, dove realizzò la celebre scalinata Primorsky nel
parco Lunniy, protagonista del film “La corazzata Potëmkin”).
Nello stesso periodo, a causa delle svariate guerre di conquista dell’Impero Russo, andarono
distrutti i famosi frutteti-giardini del Caucaso sulle coste del Mar Nero.
Negli Stati Uniti, l’arte nazionale dei giardini si sviluppò sull’esempio dei giardini paesaggistici
inglesi: la differenza da quelli europei consta nel fatto che tali parchi erano inseriti in immensi
paesaggi selvaggi tipici dell’America del Nord.
Emily Dickinson, famosa scrittrice americana dell’Ottocento ed appassionata botanica, descrisse
ampiamente questi parchi circondati dai meadows (pascoli) del New England.
In Italia, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia (1870) Vittorio Emanuele II divenne
proprietario di un complesso di ville con parchi di notevole importanza: oltre agli antichi giardini
del Quirinale, vennero realizzati il parco di sant’Andrea al Quirinale, il parco dell’adiacente villa
Carlo Alberto al Quirinale, villa Ada (il cui parco fu ampliato per diventare una grande riserva di
caccia). Quest’ultima, fu poi acquisita dal nipote Vittorio Emanuele III nel 1904, che la destinò a
sua residenza privata.
Vittorio Emanuele II tenne Castel Porziano come riserva di caccia extra-urbana, ora divenuta una
delle residenze di rappresentanza del Presidente della Repubblica. Verso la fine del secolo XIX,
Elena di Savoia, moglie di Vittorio Emanuele III, volle realizzare al suo interno un giardino (detto
Orto della Regina) colmo di varietà di agrumi, come arancio tarocco, moro e sanguinello,
clementine, limone cedrato, mandarino, pompelmo, ecc.
Il giardino privato collegato alla residenza nobiliare di Elisabetta Brancaccio (la tenuta di Palazzo
Field-Brancaccio) fu progettato dall’architetto romano Gaetano Koch e realizzato in seguito
dall’architetto romano Luca Carimini e dall’ingegnere montaltese Carlo Sacconi, che lo completò.
In esso sono presenti svariati interventi del pittore romano Francesco Gai, in particolare presso il
ninfeo e nella coffee-house. Il parco all’inglese era sopraelevato, grazie a grandi muraglioni di
sostegno, e dotato di un laghetto, un belvedere con gazebo e varie fontane con giochi d’acqua. Il
verde (lecci, pini e specie esotiche come palme) era progettato per valorizzare le preesistenze
archeologiche delle terme di Traiano e di Tito. Successivamente, il parco fu drasticamente ridotto
proprio per gli scavi archeologici e la creazione del parco del Colle Oppio di Raffaele De Vico e,
con la realizzazione del teatro Brancaccio, una parte del giardino divenne pensile.
A Napoli, il teorico napoletano Vincenzo Marulli diede un’impronta personale all’assetto del verde
della città con i suoi due importanti trattati. Villa Pignatelli, progettata in stile neoclassico
pompeiano dall’architetto Pietro Valente, fu dotata del più importante giardino romantico all’inglese
di Napoli, realizzato nel 1826 dall’architetto Guglielmo Bechi per l’inglese Ferdinand Richard
Edward Dalberg-Acton.
A Catania la villa di Ignazio Paternò Castello (detta il Labirinto), risalente al secolo XVIII, venne
trasformata, nel 1854 in giardino comunale con il nome di Villa Bellini dall’architetto Ignazio
Landolina.
Nel 1846 a Caltagirone fu realizzata la Villa italica, un giardino pubblico dedicato a Maria delle
Grazie di Borbone: i dieci ettari di parco, progettati all’italiana, vennero successivamente
trasformati in un parco all’inglese dall’architetto Giovan Battista Filippo Basile, il quale, a Palermo,
realizzò il Giardino inglese e il giardino di villa Garibaldi, celebre per un gigantesco esemplare di
Ficus macrophylla.
Per quanto concerne i piccoli giardini privati contemporanei, possiamo dire che sono spesso
realizzati seguendo principalmente il gusto e i movimenti artistici nati dalla fine dell’Ottocento,
sviluppatisi poi pienamente nel corso del secolo successivo: nelle manifestazioni private vediamo
come tutti gli stili dei periodi storici precedenti vengano riproposti anche in versioni eclettiche ed
innovative, con esiti spesso sorprendenti.
La cultura contemporanea del giardino occidentale (pubblico o privato che sia) riassume pertanto
tutte le basi poste sin dalla fine dell’Ottocento, le cui caratteristiche possono essere descritte nei
seguenti punti:
1. emerge la figura e lo stile dell'architetto e la storia del giardino diventa sempre più la storia delle
realizzazioni di singoli architetti del giardino;
2. si ampliano gli orizzonti rispetto agli apporti formali della tradizione ed il giardino non è più la
rappresentazione di un complesso di istanze culturali e sociali;
3. è presente una grande libertà compositiva e nell’assenza di regole rigide e predefinite;
4. notiamo uno sviluppo di tutte le tendenze già emerse nel passato, con una grande ricerca di
soluzioni per le città industrializzate. Pertanto è presente una differenziazione tipologica molto
ampia nelle diverse esperienze delle varie metropoli nel mondo;
5. sono presenti varietà di soluzioni ideative, anche grazie alle infinite opportunità offerte dal
mercato per quanto concerne le varietà di piante e il loro acclimatamento a qualsiasi latitudine.
In Italia, il Novecento è anche il secolo dei grandi restauri degli antichi giardini pubblici e delle
piazze, tendenza protrattasi anche nel nostro secolo.
Roma, divenuta capitale del Regno d'Italia nel 1871 ebbe un governo che si occupò del ripristino e
restauro dei parchi pubblici. Un architetto comunale, Gioacchino Ersoch, tra il 1871 e il 1889 si
occupò dell’area del Pincio, dove realizzò numerosi interventi di riordino e abbellimento, tra i quali
la realizzazione di balaustre in ferro a protezione delle aiuole di rose, la collocazione di 40 busti
marmorei di personaggi illustri lungo i viali, la ristrutturazione della rete idrica, la ristrutturazione
della Casina Valadier, trasformata in caffetteria e ristorante, la costruzione di piccoli edifici destinati
a contenere il serbatoio dell'acqua per l'innaffiamento delle piante e l'idrocronometro. Il Pincio era
all’epoca la passeggiata preferita dell’aristocrazia presidiata da soldati francesi.
Attualmente, il settore dei grandi restauri pubblici contemporanei eredita dal passato alcune
importanti questioni tuttora da risolvere. Come nel caso del restauro del complesso di Piazza del
Popolo/Giardino del Pincio avvenuto alla fine del secolo scorso (1997-98), le responsabilità si
dividono fra gli organi istituzionali che programmano e finanziano gli interventi, gli specialisti del
settore (architetti e restauratori) ed i professionisti incaricati a determinare la destinazione attuale
dei siti e il rispetto delle vicende storiche e culturali precipue dei luoghi stessi. Ecco perché
l’importanza di tali ultime figure sta crescendo sopratutto negli ultimi tempi: basti dire che la storia
della zona Pincio/Piazza del Popolo risale ai tempi di Lucullo e subì la trasformazione della sua
porta in arco trionfale per l'ingresso nel 1655 di Cristina di Svezia, oltre ad essere stata
palcoscenico delle glorie di Napoleone I nei primi dell’Ottocento.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si affermò presto un’altra corrente relativa ai giardini aperti al
pubblico: il Giardino dei Giusti è un’area dedicata a persone di origine non ebrea che hanno
dedicato parte della loro vita a salvare quella di altri esseri umani di razza ebrea, anche in modo
eroico e rischiando la propria, a spese proprie e per lungo tempo. Questi eroi possono venire
nominati soltanto da persone di origine ebraica e ad essi viene assegnata una medaglia ed un
certificato d'onore. Alla memoria di ogni Giusto corrisponde la piantumazione di un albero. Il primo
Giardino dei Giusti nacque a Gerusalemme nel 1960 presso il museo di Yad Vashem. Su tale
modello, sono presenti in Europa altri giardini dedicati a eroi e vittime di guerra, fra cui ricordiamo:
- quello di Sarajevo in Bosnia-Erzegovina, dedicato alle vittime del conflitto bosniaco;
- quello di Yerevan in Armenia, in ricordo del genocidio del popolo armeno;
- quello di Catania presso l'area verde di Monte Pò;
- quello di Firenze presso il giardino degli orti del Parnaso.
- a Milano è presente uno spazio dedicato ai Giusti di tutto il mondo nella grande area verde del
Monte Stella;
- quello di Genova in piazza della Vittoria;
- quello di Padova in cui si onorano i Giusti di tutti i genocidi a partire dal XX secolo, dove è stata
creato un luogo (Home of the Righteous) che ricordi le persone che, nelle varie parti del mondo, si
sono opposte ai genocidi.
Per quanto concerne l’arte contemporanea, da una parte venne mantenuto un rapporto con lo stile
classico grazie al più recente neoclassicismo, ma la corrente postimpressionistica aveva apportato
una decisa rottura con gli schemi del passato: l’arte contemporanea è in generale dominata da una
ricerca innovativa e da una forte spinta verso la sperimentazione, sia nelle tecniche, sia nei soggetti.
Come per l’architettura dei giardini, dal XX secolo l'arte scambiò, integrò e sovrappose temi e
tecniche con altre nuove discipline come l'urbanistica, il design, l'arte delle installazioni e delle
performances estemporanee, sull’ondata delle nuove avanguardie artistiche novecentesche che
avevano stimolato le contaminazioni artistiche di tutti i generi.
Artisticamente, sono tre le caratteristiche fondamentali che caratterizzano l’arte contemporanea: la
personalizzazione estrema dell’opera d’arte (cioè la riconducibilità netta allo stile di un autore), la
molteplicità delle tecniche e dei soggetti, la contaminazione fra artisti e fra diverse discipline.
Inoltre, l’attuale tecnologia ha consentito sperimentazioni sempre più evolute.
Nel caso dei giardini, ricordiamo ad esempio i Gardens by the Bay di Singapore che dal 2012 sono
aperti al pubblico, offrendo ai visitatori 101 ettari sui quali sono stati realizzati tre giardini sul mare
(il Bay South Garden, il Bay East Garden, il Bay Central Garden con una vegetazione compatibile
con il clima della Penisola Malese), due grandi serre (la Flower Dome e la Cloud Forest con un
clima umido e freddo tipico delle regioni tropicali di montagna, riproducendo, grazie a una collina
artificiale alta 35 metri, la stratificazione della vegetazione tra i 1000 e i 3000 metri sul livello del
mare) e 12 giardini verticali (Supertrees) sostenuti da strutture a forma di albero con altezze
variabili tra i 25 e i 50 metri.
Concludendo, i giardini e i parchi sono spazi rubati alla natura che l’uomo ha cercato di organizzare
secondo le proprie necessità e il proprio gusto estetico.
I paesaggi sono il risultato di questo mosaico di memorie artificiali e selvagge che si intersecano tra
loro, offrendo allo sguardo un insieme di testimonianze architettoniche e naturali che ci consentono
di tracciare e ricostruire un’avventura straordinaria: dalla ricostruzione dei paesaggi originari, siamo
passati alle tracce dell’Impero Romano, del Medioevo, del Rinascimento, del Barocco,
dell’Illuminismo, dell’Ottocento e del recente Novecento grazie alla storia dei giardini.
Una delle definizioni di paesaggio più care agli studiosi è la seguente: “per paesaggio si intende il
complesso di tutti i fenomeni naturali e antropici che, con la loro evoluzione e le loro interrelazioni,
caratterizzano una località e che sono riconosciuti da un gruppo di persone che condividono la
stessa cultura”4. L’analisi e l’interpretazione dei paesaggi che ci circondano, siano essi naturali,
rurali o urbani, nei quali si incastonano opere d’arte, architetture, giardini ed interi centri storici, è
una disciplina ancora più recente rispetto alla storia dei giardini, seppur anche i paesaggi siano
classificati tra i beni culturali degni di tutela. In parte, permane ancora la concezione che il
paesaggio sia res nullius o res derelictæ, ma si fa sempre più forte l’idea che il paesaggio sia una
località culturale, come lo ha definito il filosofo tedesco Martin Heidegger nel 1889: esiste un forte
legame tra la cultura di una popolazione e lo spazio da essa abitato, sempre soggetto a mutamenti
continui che vanno di pari passo con lo sviluppo della cultura. Ed il paesaggio nel suo complesso
(opere d’arte, giardini, parchi, edifici, agricolture e altre attività insediative) è l’insieme di tutte
queste tracce di memoria e culture parimenti degne di studio e tutela.
Ma di questo parleremo un’altra volta.
4 Lapadula, cit.