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slittamento su fratture preesistenti e del flusso viscoso con legge di potenza. Tale
ipotesi, basata su varie evidenze sperimentali (Shimada, 1993; Kohlstedt et al., 1995).
comporta una considerevole riduzione della resistenza meccanica della crosta rispetto
all’impostazione classica. La stima della resistenza al flusso viscoso implica inoltre la
conoscenza della geoterma crostale. A tale proposito, per ciascun dominio tettonico si
è ipotizzata una geoterma conduttiva stazionaria, definita dalle caratteristiche termiche
e strutturali della crosta e dal flusso di calore superficiale.
La resistenza (T) alla subduzione di litosfera oceanica, o al sottoscorrimento di
litosfera continentale, è ottenuta moltiplicando la lunghezza della faglia di
subduzione/sottoscorrimento per la resistenza al taglio media stimata per le zone di
subduzione e per i thrust continentali.
Particolare attenzione è stata dedicata alla valutazione delle incertezze sulle
forze tettoniche coinvolte nel meccanismo di collasso. L’incertezza sulla forza di
espansione deriva principalmente dall’indeterminazione sull’andamento verticale della
densità nella catena e nell’avampaese. Tenendo conto dell’intervallo di variazione
della densità delle rocce litosferiche, per ciascuna zona è stata calcolato un valore
minimo ed uno massimo di F, corrispondenti a modelli di catena “pesante” e “leggera”
in rapporto alla densità dell’avampaese. L’incertezza sulla resistenza meccanica della
crosta dipende invece dalla limitata conoscenza della composizione litologica e dello
stato termico della crosta. Tenendo conto di possibili, differenti modelli litologici per la
crosta superiore e inferiore e della variabilità regionale del flusso di calore, è stato
stimato per ciascuna zona un limite inferiore e superiore per R e C. L’incertezza sulla
resistenza della faglia di subduzione/sottoscorrimento (T) è stata valutata in base
all’intervallo di variazione del corrispondente sforzo di taglio che emerge dalle stime
riportate in letteratura.
I risultati ottenuti indicano chiaramente che le catene orogeniche del
Mediterraneo (Appennini, Calabria, Arco ellenico) risultano stabili rispetto al collasso
gravitazionale, poichè la forza di espansione risulta sempre inferiore alla resistenza
tensionale stimata per tali catene. Per gli altri sistemi orogenici considerati, la notevole
incertezza sulle stime dei termini del bilancio delle forze non consente di trarre una
conclusione definitiva sulla possibilità o meno del collasso gravitazionale.
BIBLIOGRAFIA