CIRCOLAZIONI E RICOMPOSIZIONI
A Mayotte, la ricca varietà di apporti culturali austronesiani, bantu, arabo-
persiani, malgasci ed europei hanno dato vita a una particolare forma di
convivenza.
È il “più giovane” Dipartimento francese, riconosciuto nel 2011.
Nel 2014 Mayotte viene riconosciuta come Regione ultra-periferica della UE.
Mayotte è diventata meta privilegiata di un’immigrazione massiva (proveniente
dalle Comore, dal Madagascar e dall’Africa centro-orientale), per via delle sue
potenzialità economiche.
Ciò porta ad un malessere generale diffuso, alimentando l’emigrazione dei
maoresi verso La Réunion e la Francia continentale. I maoresi a La Réunion
subiscono una forte stigmatizzazione dettata principalmente da fattori culturali e
in parte socioeconomici.
Colonia francese dal 1843, Mayotte è l’unica isola delle Comore a rivendicare
un legame nei confronti della Francia. Mayotte è l’unica realtà francese a
maggioranza mussulmana (95% della popolazione) e fino al 2011 ha
rappresentato un contesto a parte rispetto a vieilles colonies (Martinica,
Guadalupa, Guyana Francese e La Réunion). L’incapacità di gestire tali
specificità, unita al conflitto tra Francia e Comore sulla sovranità, ha portato
allo statuto di “Collettività Territoriale” nel 1976. Tale politica della
responsabilità (sfociata nel 2011 con il riconoscimento dello statuto
dipartimentale), ha comportato l’applicazione di nuovi codici giuridico-
amministrativi. Nel 1995 viene introdotta la visa Balladur, ovvero il visto
obbligatorio per Mayotte.
Domesticare il nichel
In discussione l’immaginario sociale della miniera=luogo dello
sfruttamento/violazione dei diritti umani, delle lotte sociali, della resistenza
delle comunità locali.
Fine anni 80: kanak iniziano a percepire l’attività mineraria come strumento di
apertura e via di fuga dalla colonizzazione (intervista a Kone: “[…] il nichel che
parte verso l’esterno è una parte di noi che viaggia per condividere il nostro
avvenire”).
Rielaborazione culturale del metallo/risorsa: desiderio di essere presenti sulla
scena mondiale.
Discorso ambientalista mainstream: settore estrattivo rappresentato come spazio
razionale, economico, senza emozioni, che rende la terra sterile, “sconsacrata”
separazione uomo-natura (siti minerari in Papua nuova Guinea: emblematici
dell’abuso ambientale).
Ma dibattito non è solo in termini di difesa della natura, importante dimensione
sociale/culturale (problema non risolvibile solo con regolamentazioni
ambientali: risorse ambientali + risorse sociali).
Nuova Caledonia: resource-making, incontro tra forze culturali, sociali,
politiche e forze economiche intreccio di interesse monetario e sacralità della
terra
ingresso dei kanak nella filiera = inglobamento della società da parte
delle dinamiche neoliberiste/capitaliste O segnala l’emergere di una via
kanak al capitalismo?
INTRODUZIONE
Le isole di Saba, Sant’Eustachio (le più piccole giurisdizioni non sovrane dei
Caraibi1), insieme a Sint Maarten, Bonaire e Curaçao facevano parte delle
Antille Olandesi2 – Paese autonomo del Regno dei Paesi Bassi – fino allo
scioglimento delle stesse nell’Ottobre 2010 [vedi pag.2 qui + pag.117 libro].
1
NSJ = Non Sovereign Jurisdictions / SNIJ = Sub-National Island Jurisdiction 🡪 Paesi prevalentemente insulari
i quali, pur non accedendo alla piena sovranità nazionale, godono di ampia autonomia in relazione alle
rispettive ex colonie.
2
anche l’isola di Aruba faceva parte delle Antille Olandesi ma nel 1986 divenne paese autonomo all’interno
del Regno.
A. PTO VISTA TERMINI ECONOMICI: giurisdizioni non sovrane dei
Caraibi superiori alle controparti indipendenti + relazioni continuative
con la metropole (aiuti econ., accordi di libero scambio, accesso
preferenziale ad alcuni mercati mondiali);
B. PTO VISTA POLITICO INTERNAZIONALE: legame con metropole =
maggiore sicurezza territoriale + sicuro soccorso x calamità;
C. PASSAPORTO: avere il passaporto di un Paese più grande e
industrializzato presenta chiare opportunità su mobilità e istruzione.
🡪 get the best of both worlds: + benefici, - responsabilità.
CONTRO
A. Autonomia pol. limitata (in uno o più settori) in quanto subiscono
“interferenza esterna”;
B. Popolazioni non ugualmente rappresentate nelle istituzioni pol nazionali;
C. Prospettiva psico-sociale > status di non sovranità = sentimenti identitari
conflittuali.
1986 – Aruba come Paese “a parte” all’interno del Regno dei Paesi Bassi 🡪
supremazia di Curaçao 🡪 anche Sint Maarten vuole status “a parte”.
MA insoddisfazione generale
vii. scontento degli isolani verso leggi progressiste olandesi (gay, aborto,
eutanasia etc…)
viii. preferenza e repentinità d’applicazione leggi morali vs lentezza nella
messa in pratica di leggi relative alle prestazioni sociali e salariali 🡪 l’Aia
ha stabilito che le popolazioni insulari dovrebbero accettare “livelli
ragionevoli” di salario rispetto alle disposizioni della metropole
ix. assenza interesse condiviso (sì tra Saba e Sant’Eustachio, no con Bonaire
– che tra l’altro è la più grande dei 3 Comuni e potrebbe suscitare negli
altri 2 sentimenti di nuova dipendenza da un’isola più lontana e grande)
🡪 mancanza di consenso popolare > no politica democratica duratura.
4
FRA – DOM = Départements d’Outre Mer / GB – BOT = British Overseas Territories
’70-’90) hanno compreso che l’obiettivo sarebbe stato a lungo termine, hanno
aumentato la pressione politica e l’influenza del Regno sulle isole caraibiche.
Dal 2010 forte presenza olandese nei Comuni dei Caraibi > nuova “ri-
colonizzazione”?
BES = DOM
i. diritto a standard di vita simili a quelli della metropole
ii. ma forse è più corretto parlare di una strategia globale di sviluppo
attraverso la dipendenza > flusso di denaro da Bruxelles ha permesso solo
ad alcune élite pol locali di intrattenere rapporti clientelari su interessi di
breve, piuttosto che lungo, termine
iii. come nei DOM, la pubblica amministrazione dei Comuni dei Caraibi
olandesi è in larga parte occupata da dipendenti pubblici provenienti dalla
metropole
BES ≠ DOM
i. grandezza territori e numero abitanti
ii. storia: FRA da sempre presente sui suoi territori x diffondere lingua e
cultura e tradizioni, NL solo da 2010
Capitolo 9 – INDIANOCEANIA
CULTURE E POLITICHE DI UNA REGIONE EMERGENTE
di Paola Schierano
5
COI = Commissione dell’Oceano Indiano (1982)
Concetto di Indianoceania > corrente “Indianoceanismo”: gli abitanti delle isole
australi costituiscono una “comunità” grazie agli scambi che interessano da
secoli queste aeree.
Scambi che hanno reso distinta e speciale ogni realtà e le realtà sono
caratterizzate da corrispondenze chiamate genealogie imbricate6 (Paul Horau)
la conoscenza delle quali non può che avvenire attraverso la comprensione
reciproca.
6
“In tutte queste isole c’è una toponimia di nomi francesi, malgasci, indiani […] Questa è unità! […] Ci sono
spesso matrimoni tra congiunti proveniente dall’una o dall’altra isola. Questa unità, esiste!
FRA può aiutare la nascita di un progetto federativo che avrebbe messo in
relazione La Réunion (DROM7) con i nuovi Stati indipendenti.
1982 = Madagascar, Mauritius e Seychelles firmano una dichiarazione d’intento
x dar vita alla COI
1984 = firma viene istituzionalizzata attraverso un “Accordo di Vittoria” >
nascita COI
1986 = La Réunion e Comore aderiscono alla COI.
COI è:
A. Primo tentativo di cooperazione istituzionale tra le isole
B. Organizzazione intergovernativa x rappresentare gli interessi
dell’Indianoceania
C. Lotta contro la pirateria marittima
D. Salvaguardia dei patrimoni terrestri e marini
E. Impegno sanitario
F. Valorizzazione risonanze culturali e identitarie
CONCLUSIONI
Concetto di Indianoceania
7
DROM = Dipartimento e Regione d’Oltremare
- come sostegno x nascita di un programma federativo volto alla
valorizzazione dell’appartenenza regionale x riconoscimento
internazionale
- minato alla base da disparità economica e distanza politico-
amministrativa tra le parti
- Oceano più come rete che influenza
- tentativo di costruzione remi per “navigare oltre l’oltremare” a partire dal
riconoscimento ufficiale quale regione geografica al pari delle altre.
Capitolo 10
Accanto al PIF ci sono dei sottogruppi che agiscono per riportare le voci delle
popolazioni indigene al di fuori delle relazioni classiche tra stati contrastando
così la presenza di Nuova Zelanda, Francia, Usa e Australia: Gruppo
Meanesiano Spearhead/Fer de Lance e Gruppo dei Leader polinesiani. Il primo
nato nell’88 ed è formato da Figi, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea,
Vanuatu e FLNKS la Federazione dei partiti indipendentisti kanak, è nato per
promuovere le culture melanesiani. Dal 2007 è diventato un’organizzazione
politica riconosciuta dall’ONU.
Dal 2011 il GLP gruppo dei leader polinesiani riunisce dirigenti politici
polinesiani con lo scopo fi farsi riconoscere come comunità politica x
proteggere le lingue, le culture e le tradizioni comuni.
Oltre al Forum ci sono altre istituzioni o gruppi informali con cui le Collettività
francesi interagiscono: Polinesia francese e Nuova Caledonia partecipano anche
al Forum femminista del Pacifico e al EWPL Engaging with the Pacific
Leaders e la reiscrizione della Polinesia nella lista dei territori da decolonizzare
nel 2016 è stata sostenuta da PSIDS Pacific Small Island Developing States
gruppo che da alcuni anni sta riflettendo sull’etichetta “piccoli stati insulari”
che è sempre meno appropriata. Questi piccoli stati insulari si rivendicano come
“grandi stati oceanici” che esercitano la sovranità su grandi porzioni di oceano.
Grandi stati oceanici e i loro territori d’Oltremare rivendicano il proprio
ruolo di stewardship sull’oceano. Nel Blue Continent si specchia un’Europa
d’Oltremare acquatica e indigena.
Nomen Omen
Dal XII secolo era conosciuta dai navigatori arabi come Dina Margabin.
Primo fenomeno di contaminazione linguistica "dina" termine che deriva
dall'hindi e significa "isola" e "marghrebin" dall'arabo che significa "ovest".
Nel 1642 l'isola viene occupata dai francesi, assumendo così il nome di
Bourbon pur rimanendo disabitata.
Tra il XVIII secolo e la prima decade del XIX si assiste a un boom del
commercio degli schiavi sulle Mascarene, nel 1788 vennero censiti 47.195
abitanti di cui l'80% erano schiavi.
I dati sembrano però poco affidabili per una serie di ragioni:
I proprietari delle piantagioni per evadere il fisco dichiaravano spesso meno
schiavi in loro possesso. Molti documenti furono distrutti nel 1848 quando fu
abolita la schiavitù. Molti schiavi venivano trasportati su navi commerciali e
non negriere. Non veniva contabilizzato il numero dei morti. Per ottenere cifre
più simili al reale, dovrebbero essere aumentate almeno del doppio.
Tra fine XVIII secolo e inizio XIX l'isola cambiò nome e bandiera, tornò a
chiamarsi La Réunion nel 1793, nel 1806 Ile Bonaparte e di nuovo Bourbon tra
1810-14 quando fu occupata dagli inglesi. Gli inglesi nel 1807 promulgarono
l'interdizione al commercio degli schiavi ma i francesi continuarono a compiere
un numero impressionante di sbarchi illegali.
La lingua creola riunionese (parlata ancora oggi) nacque nel contesto delle
piantagioni dall'incontro fra popoli europei e extra europei. Gli inglesi grazie
alla padronanza lingua creola potevano capire se gli schiavi erano stati importati
da molto tempo o erano appena sbarcati.
Molti autori tra cui Toussaints, Fuma, Combeau segnano come evento
fondamentale per la storia di La Réunion il passaggio da un'economia basata
sulla produzione del caffè alla coltivazione della canna da zucchero. Avvenuto
nel 1815.
Questo fu causato dall'aumento degli schiavi e dalla perdita di Santo Domingo
che si dichiarò indipendente nel 1804 e che era il maggior produttore francese
di canna da zucchero.
Memorie terapeutiche
Il primo tassello di questa fase é l'istituzione nel 1982 della giornata della
memoria dedicata all'abolizione della schiavitù nel 20 dicembre. È un momento
di festa e raccolta per l'intera popolazione. Nel 1998 l'Università di la Réunion
istituì una cattedra dedicata all'interculturalità nella regione dell'Oceano Indiano
sud-occidentale.
Sudel Fuma si occupò di un progetto 'La route des steles' che aveva come
obiettivo onorare la memoria di quelle popolazioni segnate per la schiavitù.
Successivamente furono istituite sculture, giardini, statue in numerose zone
indoceaniche in onore e in ricordo di questa pagina di storia, come nel 2005 a la
Réunion nella città di Saint Paul furono inaugurate 6 sculture dedicate ai primi
schiavi malgasci arrivati sull'isola.
Capitolo 12 – Favole
Essere e apparire come “noi kanak” (nuova caledonia)
Ci troviamo in Caledonia (comunità francese d’oltremare situata nel
pacifico vicino all’australia) e riflettiamo su “noi, kanak” formato in epoca
coloniale. David Chappell, uno storico ne parla come un arena di
etnogenesi, dove le comunità culturali si differenziano dalla percezione
che ne hanno gli altri. Il festival della Melanesia del 2000 è considerato il
momento il cui il popolo kanak prende coscienza di essere tale, di essere
una realtà tangibile e visibile, portatrice di una cultura. Questi abitanti di
questa zona si riunirono per la prima volta in prossimità della città di
Noumea per esibire la propria cultura, seppur contente all’interno una
rilevante eterogeneità. Kanakè titolo di una pièce teatrale che metteva in
scena l’incontro tra i conquistatori europei (soldato, missionario,
commerciante) e il popolo kanak, con l’idea di far rivivere allo spettatore
quei momenti, per mettere in atto un nuovo modo di gestire in futuro le
relazioni fra etnie differenti, sulla base di un reciproco riconoscimento. La
trama della pièce è scritta da Jean Marie Tijbaou, leader del movimento
indipendentista kanak, con la collaborazione di uno scenografo europeo,
mise in scena la vita, la morte e la resurrezione della società kanak, mise
in scena l’incontro (Coutume = insieme di pratiche rituali, la vita di questa
comunità si divide in 3 grandi momenti, nascita, matrimonio, morte.) tra
la comunità autoctona e quella europea in uno slancio di rinascita
comune. I kanak dopo aver preso coscienza di essere stati messi nelle
riserve e considerati tribù durante il regime dell’indigenato (1887-1946) i
kanak rivendicano ora il primato di autoctonia del territorio, e chiedono di
essere riconosciuti come parte della storia. Questa colonia fu fondata nel
1853, era una colonia penale, fu il risultato di un esperimento sociale che
voleva costruire una nuova società mescolando i migranti condannati con
quelli attratti dalla promessa di un futuro brillante in queste terre
lontane. I francesi ne fecero un contenitore per le classi pericolose e
umili. Il codice civile francese non era esteso infatti a tutti gli abitanti delle
colonie, c’era differenza fra cittadini e soggetti francesi (solo nel 1946 si
da la cittadinanza anche agli abitanti delle colonie). Secondo Isabelle
Merle nella nuova caledonia gli autoctoni furono lasciati in una situazione
di non definizione, in un testo giuridico del 1915 si definiva indigeno chi
era di razza malesiana o polinesiana, e non avevano gli stessi diritti dei
cittadini francesi. Qui a differenza di altre zone dell’oceano indiano non si
formarono gruppi intermedi fra kanak e non kanak, il bambino nato da un
matrimonio misto, poteva diventare sia kanak sia europeo a seconda
della linea di discendenza. Era quindi lo statuto giuridico insieme
all’appartenenza e non il colore della pelle a decretare se si apparteneva a
una o all’altra società. Gli anni 70 del 1900 furono molto importanti per
tutta l’Oceania, perché alcune isole ottennero l’indipendenza dai governi
coloniali europei. In caledonia ci furono numerosi fermenti, assistiamo a
forti ondate migratorie da isole vicine a causa della crescita del prezzo del
nichel. Dall’altra parte questa zona si stava occidentalizzando grazie a
gruppi rivoluzionari. In questi anni emerge la figura di Jean Marie Tjibaou
che ebbe l’abilità di proiettare la società kanak nel “non ancora”, si
chiedeva come si poteva essere kanak nel mondo moderno, di fronte ai
cupi scenari della colonizzazione. Questo lo portò a domandarsi chi è
kanak e da dove proviene, il suo testo “come un vasto inventario
culturale” aveva l’obiettivo di svegliare un popolo oppresso da una
condizione di sfiducia e vergogna e portare alla luce le proprie
fondamenta storiche e culturali ricordando i legami sociali fra le varie
tribù che erano state spazzate via dal regime indigeno. Questa necessità
di identificarsi come kanak è il primo passo per una conquista identitaria.
Ci si chiede se questa necessità di auto identificarsi nasce come risposta
alla presenza coloniale, in che misura era già presente questo popolo
kanak. In questo capitolo ci si domanda se i kanak siano un’invenzione
coloniale o occidentale.
Oltre il paradigma “costruzionista”
Nonostante il grande successo il festival Melanesia 2000 venne criticato e
boicottato dagli estremisti kanak, alcuni di loro laureati in Francia
accusarono il festival di aver folklorizzato e prostituito la cultura kanak.
Mentre Tjibaou considerava l’emancipazione politica in termini culturali,
psicologici e etnici, Fote Trolue uno tra gli studenti dissidenti era convinto
che il più grande errore di Melanesia 2000 era quello di voler fare della
cultura un strumento politico di rivendicazione, in quest’ottica il festival
appare come una strumentazione della cultura kanak. L’antropologo Alain
Badadzan nel suo “le spectacle de la culture” secondo lui con il festival si
volle promuovere il valore della cultura indigena con fini nazionalistici. Tra
gli anni 80 e 90 in ambito antropologico si sviluppò un dibattito sulle
politiche della tradizione, con riferimento ai movimenti autoctoni e
anticoloniali che pervasero le società native delle isole del pacifico. Negli
anni 70 quando emersero alcuni stati indipendentisti queste popolazioni
iniziarono a domandarsi quale stile di vita se quello Occidentale o quello
Malesiano oppure entrambi potessero resistere al mondo moderno.
Questa rinascita culturale venne analizzata da alcuni antropologi tra cui
Tonkinson come un’ideologia politica malesiana. Questo paradigma detto
anche “invenzione delle tradizioni” venne studiato da molti antropologi
per comprendere gli usi politici e strategici nelle aree francofone. Da qui
le posizioni dei costruzionisti e dei primordialisti, per i primi il processo di
etnogenesi della società kanak si ridurrebbe alla fabbricazione della
cultura occidentale, mentre per i secondi i kanak sarebbero sempre
esistiti come gruppo etnico che ha una propria cultura, religione e storia.
Per l’antropologo Paul Connerton ogni inizio è collegato a qualcosa di
preesistente, noi fondiamo le nostre esperienze su un contesto
preesistente, e queste tradizioni, questi pensieri impediscono la creazione
di una nuova realtà. Questa idea ci riporta al pensiero di Tijbaou primo a
aver teorizzato la “riformulazione permanente” si tratta per lui della
capacità di dialettica di posizionarsi nel presente storico e allo stesso
tempo di guardare oltre, verso il futuro kanak degli anni 2000, un
costante gioco di equilibrio fra la ricerca dell’identità e l’acquisizione di
nuovi elementi culturali che fanno parte della vita quotidiana. Tuttavia
Tijbaou non si inserì mai completamente dentro l’idea del “pacif way”
può forse essere accostato all’esperienza del “we are oceans” proprio
perche rifiutò di confinarsi in un politica esclusivamente etnica o
nazionale, progettò più una politica indigeno-cosmopolita, qui si cita
Remotti secondo cui per la costruzione di un noi bisogna guardare si alla
coerenza e alla stabilità del noi ma anche ai valori della molteplicità e del
mutamento. Malesia 2000 fu una sorta di sintesi identitaria della società
kanak risultato dell’unione fra lo sguardo esterno e interno. Secondo Eric
Wittersheim furono 2 gli aspetti principali dei movimenti di rinascita
culturale degli anni 70: la riappropriazione e la rivitalizzazione, spinti dalla
necessità di conoscere la propria cultura. Così il noi kanak viene
incorporato al noi europeo. Fabietti infatti afferma che i nomi dei popoli
sono spesso il frutto di un’imposizione esterna e di un’elaborazione
culturale del gruppo dominante. Kanaka è un termine polinesiano di
origine hawaiana che significa essere umano. Grazie ai marinai e ai
commercianti anglofoni si diffuse in tutto il pacifico. Come afferma
Frederich Angleviel, caledone, autore di uno studio approfondito tra il
1840-72 il termine kanak venne assorbito nel francese locale per indicare
gli indigeni del territorio. Secondo il suo studio dal 1970 il termine
“canaque” venne via via sempre più utilizzato per indicare gli indigeni,
mentre per i coloni si utilizzava il termine caledoni. La dicitura kanak è
stato il frutto di un’elaborazione interna, inizialmente kanak veniva usato
dai francesi in termini dispregiativi, ma gli indigeni lo utilizzarono come
segno di protesta per identificarsi, e alla fine diventò un termine di
orgoglio etnico. Simile è la storia del termine “coutume” termine che gli
europei utilizzano per indicare tutte le cose che non comprendono, per i
kanak è invece la loro maniera di vivere. L’associazione tra kanak e
coutume divenne fondamentale nel processo di creazione dell’identità
kanak. Ci si domanda se in qualche modo l’assenza di un etnonimo in età
coloniale potesse rappresentare l’assenza di un’unità collettiva. I francesi
hanno gettato senza dubbio le basi per un’organizzazione sociale o
politica, ma prima del loro arrivo esistevano già raggruppamenti di
persone che parlavano uno stesso dialetto, avevano un gruppo parentale
e appartenevano a un territorio, che poi nel XIX saranno chiamati clan.
Maurice Lenormand figura di spicco nella Caledonia degli anni 50 e 60 del
900 affermava che inizialmente il concetto di collettività si legava a quello
di parentela, e così si nascevano questi clan che si spartivano il territorio e
la politica. Nonostante le cose oggi siano cambiate, persiste il concetto di
clan. La sua organizzazione è così ripartita: chef ovvero il primogenito,
colui che è legato con lo spirito ancestrale, il garante della memoria e del
passato del gruppo, come si legge nella charte du peuple kanak, il ruolo
dello chef assicura la coesione del clan, consulta gli altri capi clan prima di
prendere decisioni importanti. Ci troviamo di fronte a un’organizzazione
“radio-concentrica” questa si riflette anche nella forma architettonica, la
capanna è il simbolo della società kanak. Sul tetto delle case, spicca una
figura di legno, che rappresenta l’essere ancestrale. Il potere dello chef è
un potere spirituale. La società kanak è forma da gruppi individuali, anche
se con Melanesia 2000 si è arrivati a una nozione unitaria fra tutti questi
vari clan sparsi sul territorio.
Capitolo 14