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L’Europa d’Oltremare

Capitolo 1 – ROMPERE L’INCANTESIMO


Le riflessioni presentate in questo capitolo sono frutto di una ricerca sul campo
condotta presso la comunità maorese residente sull’isola di La Réunion
(settembre 2018 – dicembre 2019) – Università degli Studi di Milano - Bicocca.
Mayotte  piccolo arcipelago di origine vulcanica situato a nord del Canale di
Mozambico. È una delle isole Comore.

Le isole Comore, ovvero Grande Comore, Mohéli, Anjouan e Mayotte


condividono una lunga storia condizionata dall’intensa circolazione interna dei
loro abitanti. L’unità culturale che caratterizza la realtà comoriana non ha mai
rappresentato un elemento di cooperazione e coesione: questo gruppo insulare è
conosciuto storicamente come “l’arcipelago dei sultani battaglieri” a causa della
loro rivalità, dei vari colpi di Stato e recentemente delle spinte separatiste come
ad Anjouan e a Mohéli – 1997.
1974 – 1976: proclamazione unilaterale d’indipendenza dello Stato Comoriano,
oggi Unione delle Comore.

CIRCOLAZIONI E RICOMPOSIZIONI
A Mayotte, la ricca varietà di apporti culturali austronesiani, bantu, arabo-
persiani, malgasci ed europei hanno dato vita a una particolare forma di
convivenza.
È il “più giovane” Dipartimento francese, riconosciuto nel 2011.
Nel 2014 Mayotte viene riconosciuta come Regione ultra-periferica della UE.
Mayotte è diventata meta privilegiata di un’immigrazione massiva (proveniente
dalle Comore, dal Madagascar e dall’Africa centro-orientale), per via delle sue
potenzialità economiche.
Ciò porta ad un malessere generale diffuso, alimentando l’emigrazione dei
maoresi verso La Réunion e la Francia continentale. I maoresi a La Réunion
subiscono una forte stigmatizzazione dettata principalmente da fattori culturali e
in parte socioeconomici.
Colonia francese dal 1843, Mayotte è l’unica isola delle Comore a rivendicare
un legame nei confronti della Francia. Mayotte è l’unica realtà francese a
maggioranza mussulmana (95% della popolazione) e fino al 2011 ha
rappresentato un contesto a parte rispetto a vieilles colonies (Martinica,
Guadalupa, Guyana Francese e La Réunion). L’incapacità di gestire tali
specificità, unita al conflitto tra Francia e Comore sulla sovranità, ha portato
allo statuto di “Collettività Territoriale” nel 1976. Tale politica della
responsabilità (sfociata nel 2011 con il riconoscimento dello statuto
dipartimentale), ha comportato l’applicazione di nuovi codici giuridico-
amministrativi. Nel 1995 viene introdotta la visa Balladur, ovvero il visto
obbligatorio per Mayotte.

I migranti (provenienti principalmente dall’Unione delle Comore, dal


Madagascar e dall’Africa dei Grandi Laghi), raggiungono Mayotte tramite
piccole imbarcazioni da pesca chiamate kwassa kwassa. A causa dei molti
naufragi, il braccio di oceano che divide Anjouan da Mayotte viene definito
come uno dei più grandi cimiteri marini del mondo.
Il Dipartimento di Mayotte, oltre ad essere il Dipartimento più popolato
nell’Oceano Indiano sudoccidentale, è oggi primo per numero di residenti
stranieri. Più della metà degli stranieri vi risiede irregolarmente, e ciò è causa
del malessere sociale. Mayotte registra inoltre il più alto tasso di natalità della
Repubblica (38 nascite ogni 1000 abitanti), ma resta la regione più povera di
Francia, con un PIL pro capite di 9.220 euro.
IL “MAORESE VIAGGIATORE”
Nel 2012, oltre il 45% dei maoresi tra 18 e i 24 anni risiedeva fuori dal
Dipartimento, principalmente in Francia e in misura minore a La Réunion. La
questione demografica ha contribuito a rendere il maorese “viaggiatore”, stando
alle parole di Mohamed Boura, ex presidente della FAMAR (Federazione delle
Associazioni Maoresi Attive a Réunion).
Mayotte è ricca di risorse idriche indispensabili alla fertilità del suolo e alla
produzione di un surplus alimentare. I maoresi che emigrano sono facili
bersagli di commenti e atti discriminatori.
I MAORESI A LA REUNION
La storia di Mayotte e la cultura della sua popolazione restano per lo più ignoti
tanto sul continente, quanto su un’isola “vicina” come la Réunion, la cosiddetta
île du vivre-ensemble. La Réunion è destinazione privilegiata per i migranti
originari del Madagascar, di Mauritius, Comore e Sri Lanka. Le origini della
presenza maorese a La Réunion risalgono all’epoca coloniale, dando vita a una
società multiculturale “creola”. Tra il 1940 e il 1970, il Territorio d’Oltremare
delle Comore avviò la sua marcia verso l’indipendenza, intensificando le rotte
migratorie e commerciali con gli Stati e i Territori adiacenti per sganciarsi dal
monopolio francese e aprirsi al mercato regionale.
A modificare gli equilibri migratori della regione furono il conflitto franco-
comoriano su Mayotte, la cacciata da Zanzibar 1964-1972, il massacro di oltre
2000 maoresi e comoriani nella città di Majunga (Madagascar) nel 1976 e altri
eventi drammatici, che contribuirono alla creazione di un flusso di esodati verso
la Francia e la Réunion. Una diaspora che ha raggiunto il suo apice all’inizio
degli anni Ottanta e la fine del millennio, per poi decrescere e invertire la
tendenza nel primo decennio del 2000. Nel 2010 non vi era quasi più traccia dei
maoresi residenti a La Réunion nel 1999. Il carattere spesso provvisorio della
residenzialità dei maoresi a La Réunion costituisce un elemento di stigma:
l’isola ha rappresentato a lungo una terra di transito per i maoresi, un luogo di
passaggio prima di raggiungere la Francia. Questa percezione distorta della
comunità deriva dalla tendenza a generalizzare le esperienze di mobilità:
raramente si presa attenzione alla differenza tra installazione a breve termine e a
lungo termine.
CARATTERISTICHE DELLA MOBILITA’ MAORESE
I fattori che contribuiscono alla mobilità maorese – generalmente definiti
push/pull nella letteratura sulle migrazioni – possono essere riassunti con
l’espressione “fuga dai taāmbu” (termine che indica l’insieme di
preoccupazioni e inconvenienti che spingono a partire). Tra questi vi sono
problemi economici sociali, tra cui la povertà, scarse opportunità di formazione
e di impiego, desiderio di emancipazione. A seconda della destinazione è
possibile evidenziare le differenze rispetto alle classi sociali e professionali. Ad
esempio, a La Réunion giungono soprattutto donne con figli e la maggior parte
di esse costituiscono gruppi domestici monoparentali. Più degli uomini, queste
donne sono soggette alla disoccupazione in mancanza di un diploma o una
qualifica. La métropole (la Francia) è la destinazione privilegiata dai giovani,
studenti o diplomati, soli o in coppia senza figli. L’esperienza di mobilità può
rilevarsi dura, a causa della discriminazione, ma anche di una possibile
nostalgia di casa, fallimento scolastico/lavorativo, ecc. A Mayotte sono stati
registrati più ritorni che partenze (tendenza opposta rispetto alla media degli
altri Dipartimenti d’Oltremare). Sembra però che la decisione di tornare a casa
rappresenti una soluzione estrema. Tra i fattori che frenano il ritorno a casa
spiccano il desiderio di offrire ai propri figli una scolarizzazione gratuita e il
desiderio di emancipazione. L’emancipazione è spesso cruciale nei casi di
mobilità femminile: lasciare Mayotte si traduce in una fuga da relazioni
coniugali complicate e dalla poligamia che, sebbene ufficialmente proibita nel
2005, continua a essere praticata attraverso matrimoni plurimi non registrati
presso l’anagrafe. Dramma del migrante: sospeso tra un mondo che non gli
appartiene più e uno che non gli appartiene ancora. A Mayotte non è raro
riferirsi a un maorese di ritorno come a un “je-viens-de”. Je-viens-de  colui
che non ha mai rinnegato le proprie origini, ma ha inglobato pratiche e stili di
vita altri rispetto al contesto di appartenenza.
Bounty  maoresi che hanno acquisito competenze e una formazione
strategica in métropole. Questi individui avrebbero assimilato schemi e logiche
di mercato tipiche del funzionario “mzungu” (termine usato per riferirsi a
persone europee); per cui bianco dentro ma nero fuori.

Capitolo 2 – VIVERE ALL’ESTERO RIMANENDO IN FRANCIA


1987  nascita del programma Erasmus. L’espressione “mobilità studentesca”
compare per la prima volta nelle politiche pubbliche europee. Il programma si
pone in continuità coi primi progetti presentati per promuovere la mobilità
giovanile a livello europeo, come l’Office Franco-Allemand de la Jeunesse nato
nel 1963.
Trattandosi di “semplici” spostamenti entro gli stessi confini nazionali, i viaggi
di studio di originari di Guadalupa, Martinica, Polinesia francese, Mayotte, La
Réunion e Nuova Caledonia, non erano presi in carico dal progetto Erasmus,
ma finanziati dal governo francese grazie a un sistema di dispositivi di
accompagnamento alla formazione universitaria e professionale creato nel 2003
col nome di Passeport Mobilité.
In queste terre (France d’Outre-mer), la mobilità studentesca si iscrive in una
dinamica di promozione sociale, poiché rappresenta un’importante opportunità
di riuscita.
Sebbene dal 2010 sia stato fondato un fondo economico unico per la continuità
territoriale gestito dall’agenzia nazionale LADOM (L’Agence de l’Outremer
pour la Mobilité), l’esperienza di un viaggio di studio in Francia è vissuta
diversamente da uno studente di Mayotte o di Martinica, rispetto a uno studente
della Nuova Caledonia (dove un servizio di orientamento e un fondo territoriale
di finanziamento alla mobilità esistono già dal 1989).
Gli studenti sono costretti a completare le procedure di iscrizione universitaria
attraverso i soli strumenti informatici tenendo conto dei fusi orari, se non
addirittura di calendari accademici differenti. La Nuova Caledonia, ad esempio,
segue un calendario australe, con inizio delle lezioni a febbraio e con chiusura
dell’anno accademico a dicembre. Solo per i caledoni esiste una realtà
istituzionale di accoglienza al loro arrivo: la Maison de la Nouvelle –
Calédonie.

La storia collettiva dei Paesi e dei Territori dell’Oltremare francese è segnata da


movimenti forzati della popolazione, iniziati con il reclutamento dell’esercito
nazionale durante le due guerre mondiali (ancora prima che venisse
riconosciuta loro la cittadinanza francese nel 1946) e continuati nel dopoguerra,
quando in molti migrarono in Francia; alcuni alla ricerca di un’occupazione,
finendo poi a lavorare come manodopera a basso costo; altri per ottenere
diplomi di studi ancora inesistenti nei loro Paesi d’origine. Tra i più fortunati
c’era chi riusciva a ottenere una borsa di studio grazie al programma di
formazione denominato Croissance des Jeunes Nations. Col passare del tempo,
queste associazioni divennero luoghi di condivisione e di confronto tra studenti
d’Oltremare, studenti di origine metropolitana e studenti provenienti da altre ex
colonie francese (malgasci, senegalesi, algerini), che si riunivano
spontaneamente per creare spazi di discussione e di riflessione sui problemi
relativi alla situazione politica, economica e culturale nella Francia continentale
e nei diversi Oltremare.
Nel 1962 i membri dell’Association Générale des Etudiants Caribéens (AGEC)
pubblicarono sulla rivista Présence Africaine gli esiti del IV congresso
dell’associazione riunitosi a Toulouse nel mese di dicembre dello stesso anno;
qualche anno dopo nacque un bollettino – “Trait d’Union” – dove studenti di
origine Kanak e di origine metropolitana scrivevano analisi economiche e
demografiche relative alla Nuova Caledonia, proprio mentre lì vigeva ancora un
sistema di forte diseguaglianza a danno dei kanak. Sull’onda delle mobilitazioni
studentesche, nel maggio ’68 francese, le associazioni presero una forma più
strutturata.

VIE DI FUGA VERSO LA METROPOLE


L’autore del libro racconta di aver iniziato il viaggio verso la Francia con
l’obiettivo di ricostruire la storia e le dinamiche di relazione tra le diverse
associazioni di studenti dell’oltremare. Prestò molta attenzione alle associazioni
di studenti kanak.
Le associazioni offrono un servizio di accoglienza e di ospitalità a coloro che
non hanno ottenuto o che sono ancora in attesa di una sistemazione presso la
residenza universitaria. Le associazioni più note hanno sede a Parigi, ma ve ne
sono anche a Nizza, Pau, Limoges, La Rochelle. L’associazione AESK a Parigi
è la discendente dell’Association des Jeunes Calédonien de Paris (1968), mentre
la Kaledonice a Nizza è nata nel 2009. Queste due associazioni furono quelle
frequentate dall’autore. Oggi partire è necessario per intraprendere un percorso
di studi altrimenti inesistente nell’università di provenienza, ma si tratta anche
di una via di fuga da una vita comunitaria costruita su dinamiche familiari di
condivisione, spesso difficile per le nuove generazioni.
Difficoltà riscontrate in Francia: nostalgia dovuto alla distanza, sentimento di
smarrimento, adattarsi a un clima più freddo, nuovo modo di vestire, nuovo
ritmo quotidiano, mezzi di trasporto prima sconosciuti. Questo sentimento di
spaesamento è spesso dovuto alla paura di non riuscire e di deludere i propri
cari che hanno investito tanto sia economicamente sia affettivamente,
permettendo ai figli di partire. Alcuni studenti decidono di restare nella Francia
continentale, convinti di trovare più opportunità lavorative.
Molti studenti in mobilità continuano a creare spazi di discussione sulle vicende
che animano i Paesi e i territori dell’Oltremare, partecipando anche a dibattiti
televisivi e spot radio. Esempio, il Centre pour le Destin Commun è
un’associazione nata nel 2013 per creare un polo di informazione e riflessione
tra i giovani caledoni partiti verso la métropole e quelli rimasti in Nuova
Caledonia. Ha affrontato temi importanti, come la consultazione referendaria
che si è tenuta il Nuova Caledonia nel novembre 2018 per decidere l’accesso
del Territorio alla piena sovranità o il mantenimento dello statuto di Collettività
d’Oltremare francese sui generis.
L’autore racconta inoltre di aver assistito più volte a situazioni in cui gli
studenti francesi provenienti dall’Oltremare hanno dovuto chiarire ai loro
coetanei dove fossero collocate geograficamente le proprie terre d’origine,
spiegando loro che queste sono considerate a pieno titolo “Francia”, sebbene
così distanti dalla métropole.
Capitolo 3 – RISORSE, MINIERE, CAPITALISMO INDIGENO, di Marta
Gentilucci
Attività estrattiva/mineraria + i suoi prodotti: raison d’être dell’imperialismo
coloniale.
La nostra epoca (mineral age) si contraddistingue dal processo di
industrializzazione precedente agli anni 90: oggi, per i Paesi in via di sviluppo,
imperativo dello sviluppo socioeconomico.
Conflitti minerari  argomento di protesta globale (anche grazie alla visibilità
delle ONG).
Ciò che indigna:
- Lang grabbing (accaparramento delle terre da parte delle multinazionali)
- “schizofrenia” del capitalismo: danneggiamento della purezza della
“Madre Terra”
Es: proteste a Standing Rock (blocco della costruzione dell’oleodotto
Keystone), disapprovazione per il consenso di Macron sul progetto “Montagne
d’Pr” in Guyana Francese.
Alcuni autori nativi di territori mineralizzata parlano di “estrattivismo” (≠
“estrazione”): suffisso -ismo richiama l’idea ideologica, idea capitalista della
massificazione del profitto/accumulazione.
Attività mineraria: non percepita dagli indigeni come antagonista (come nel
discorso ambientalista mainstream occidentale): fenomeno ambivalente, per
alcuni è uno strumento per raggiungere obiettivi economici/culturali/sociali 
no questione ideologica ma di sopravvivenza (anche riconoscimento culturale).
Industria “Koniambo Nichel” nel nord della Nuova Caledonia: rappresenta per i
kanak una vittoria simbolica e un tentativo di “ri-addomesticare” il capitalismo
estrattivo.

Il metallo strategico e la pluralizzazione dell’industria


USGS (United States Geological Survey): riserve mondiali di nichel=stimate a
più di 95 tonnellate (2018). Nuova Caledonia: ne detiene circa il 7% (5° posto).
XIX secolo: Napoleone III inviò l’ingegnere Jules Garnier per determinare la
presenza dell’oro nel sottosuolo caledone; nel 1864 scoprì gli allora sconosciuti
idrosilicati di nichel e di magnesio  da qui la storia economica e politiche
pubbliche della Nuova Caledonia dipenderanno dall’andamento del prezzo di
nichel sul mercato mondiale.
Processo di colonizzazione: si basò anche su scelte economiche + necessità di
approvvigionarsi materie prime.
Kanak: si sono scontrati con l’espropriazione, capitalizzazione e
“cancellamento” delle loro montagne (Paul Néaoutyne, presidente della
Provincia Nord).
SLN (Société Le Nichel, Parigi 1880): ruolo decisivo nella seconda
industrializzazione tra Europa e Nord America prima della Prima guerra
mondiale  fine secolo: nichel caledone rappresentava il 70% della produzione
mondiale.
Esigenza di manodopera: indocinesi, giavanesi, vietnamiti, ni-vanuatu,
“forzati”/bagnards (condannati o detenuti)  mosaico culturale della Nuova
Caledonia.
Non tutti beneficiarono dello sviluppo economico: regime dell’indigenato
(1887-1947) e politiche coloniali francesi kanak ai margini dell’attività
mineraria, e anche dopo restarono nelle fila più basse e marginali del settore
(“dans la benne”).
Esclusione è stata a lungo giustificata per l’inattitudine degli indigeni allo
sviluppo, ma la causa è strutturale. Piantagioni/miniere: forte impatto sulle
isole:
- Espropriazione delle terre
- Manodopera straniera
- Diminuzione dei prodotti di prima necessità
- Conseguenze ecologiche a lungo termine

Struttura di dipendenza/monopolio francese: scardinata all’inizio degli anni 90


 entrata del FLNKS (Front de Liberation Nationale Kanak et Socialiste) nella
gestione della risorsa mineraria. Industria di Konambo (“Usine du Nord”):
prodotto di concatenazioni storiche, “punto di incontro di tutto ciò che è
successo fino ad oggi” (tribù di Koniambo).
1998: accordo di Nouméa (oggi base dello Statuto politico della Nuova
Caledonia: progressivo trasferimento di competenze tra la métropole e il
Territorio, fino all’indipendenza per referendum; nel 2018 ha vinto il “no”,
secondo referendum a settembre 2020) 
- Riconobbe il fatto coloniale e l’esistenza di un “popolo kanak”
- Modificò la politica mineraria: proprietà del sottosuolo trasferita dallo
Stato francese alla Nuova Caledonia
Oggi il Congresso della Nuova Caledonia legifera sulle questioni minerarie, ma
le 3 Province (Nord, Sud, Isole della Lealtà) hanno la competenza applicativa e
decidono sui titoli minerari (NO diritti di proprietà MA concessioni per lavori
di ricerca e/o estrazione mineraria).
Industria mineraria in Nuova Caledonia: mono-produttrice  pluri-produttrice:
Industria di Koniambo + VALE-INCO (idrometallurgia, estremo nord della
Grande Terre), KONIAMBO NICHEL SAS (KNS, pirometallurgica, che
appartiene maggioritariamente a una collettività pubblica e istituzionale
caledone).
Qui non siamo di fronte al land grabbing: la società mineraria locale Société
Minière du Sud PAcifique (SMPS) iniziò un processo di negoziazione con la
compagnia canadese Falconbridge, a cui si propose di entrare nella partnership
al 49% se avesse finanziato interamente l’industria  indebolimento del
rapporto centro-periferia. La SMSP ha convogliato gli affari verso le potenze
asiatiche, più vicine, conquistandosi il 51% di 2 industrie offshore (corea del
Sud, Cina).
Nuovo assetto geopolitico: il nichel naviga sull’asse verso il Sud-est asiatico.
Fondamento/presupposti della gestione mineraria da parte del movimento
indipendentista:
- metallurgia
- protezione del capitale naturale
- scelta delle interdipendenze
Macron: promotore dell’asse indo-pacifico Parigi-Nuova Delhi-Canberra, ma
anche sostiene che la presenza francese oltreoceano è fondamentale per
contrastare le ambizioni geopolitiche cinesi nel Pacifico; ma leader
indipendentisti kanak, insieme all’Australia, sono “quasi-indifferenti” rispetto
all’asse indo-pacifico. Asse: condizione geopolitica/geografica che li
“costringe” a intrattenere buone relazioni internazionali con gli altri “occupanti”
del Pacifico.

Nichel: metallo strategico per la Francia, non l’unico a cui è interessata 


ricerche: indicatori di presenza di riserve offshore di idrocarburi e gas naturali
tra le ZEE della Nuova Caledonia e dell’Australia.
2011: Institut Français de Recherche pour l’Exploitation de la Mer ha
pubblicato uno studio sulle nuove prospettive di esplorazione di minerali nei
fondali maritini. Scoperti dei noduli ricchi in cobalto e platino (al largo della
costa occidentale della Polinesia francese) e ferro, manganese, cobalto (al largo
della Nuova Caledonia).

Domesticare il nichel
In discussione l’immaginario sociale della miniera=luogo dello
sfruttamento/violazione dei diritti umani, delle lotte sociali, della resistenza
delle comunità locali.
Fine anni 80: kanak iniziano a percepire l’attività mineraria come strumento di
apertura e via di fuga dalla colonizzazione (intervista a Kone: “[…] il nichel che
parte verso l’esterno è una parte di noi che viaggia per condividere il nostro
avvenire”).
Rielaborazione culturale del metallo/risorsa: desiderio di essere presenti sulla
scena mondiale.
Discorso ambientalista mainstream: settore estrattivo rappresentato come spazio
razionale, economico, senza emozioni, che rende la terra sterile, “sconsacrata”
 separazione uomo-natura (siti minerari in Papua nuova Guinea: emblematici
dell’abuso ambientale).
Ma dibattito non è solo in termini di difesa della natura, importante dimensione
sociale/culturale (problema non risolvibile solo con regolamentazioni
ambientali: risorse ambientali + risorse sociali).
Nuova Caledonia: resource-making, incontro tra forze culturali, sociali,
politiche e forze economiche  intreccio di interesse monetario e sacralità della
terra
 ingresso dei kanak nella filiera = inglobamento della società da parte
delle dinamiche neoliberiste/capitaliste O segnala l’emergere di una via
kanak al capitalismo?

Per molte società del Pacifico la terra è inalienabile, intrecciata alla


società/cultura. Terra al cuore delle strutture economiche.
Preoccupazione iniziale delle autorità tradizionali: reazioni degli spiriti
ancestrali che dimorano nel massiccio + rischi potenziali per le persone che vi
avrebbero lavorato.
Cultura kanak: conoscenza del mondo ha fondamenta logiche, si plasma sulla
relazione spirituale essere umano-ambiente (uomo appartiene alla terra).
Montagna: ufficialmente trasformata in un sito minerario grazie a una serie di
strategie culturalmente fondate, in virtù del consenso degli spiriti ancestrali.
Processo ritualizzato attraverso una coutume: autorità tradizionali di tutta la
Provincia del Nord donarono il massiccio agli operatori industriali (SMPS,
Falconbridge).
André Thean-Hiouen (allora presidente dell’area coutumière Hoot Ma Waap):
aprì la cerimonia a cui parteciparono quasi 500 persone (articolo del giornale
locale Tour d Côté). A ringraziare la coutume anche Oyvind Hushovd
(presidente della Falconbridge).
Creare una narrazione che rilegga l’attività mineraria come costruzione invece
che distruzione.
Coutume: modo di materializzare il movimento del pensiero, il modo di
conoscer kanak, momento in cui mondo visibile e invisibile si ricongiungono.
Scambio cerimoniale=contratto.
Falconbridge si fa umana: si manifesta dinanzi alla popolazione locale e si
inscrive in una storia di sfruttamento e redenzione che alimenta la percezione di
una partecipazione condivisa nella gestione del territorio.
Autorità acquisita dalla KNS non imposta ma accordata con una relazione di
fiducia, sorta di alleanza strategica. Rendendosi visibile/materiale: poté
intraprendere lo chemin coutumier, che aprì i lavori della costruzione
dell’industria e ne vide riconosciuta la presenza.
Storia di fiducia: vi si nasconde lo sforzo dell’industria di trasformarsi in un
luogo di costruzione di senso e di finalità condivise  per essere sancita come
un ordine accettabile e desiderabile.
Parole (concetto diverso da “discorso”, è rivolta verso l’intangibile,
l’immateriale, il sacro; al centro della società kanak, incarna lo spirito
dell’antenato): donata dagli anziani, mediatori degli spiriti; nascendo dal mondo
invisibile, è destinata a durare nel tempo e a circolare (non costretto nello
spazio-tempo).
Aspetti sanciti dal rituale:
- entrata dei kanak nel sistema mercantile
- decolonizzazione del nichel
- accresciuta importanza di un rito identitario kanak
- potenza degli spiriti ancestrali
- avvenuto riconoscimento della multinazionale di un suolo prettamente
kanak
Quando rapporti sociali coinvolgono sia le transazioni economiche che
l’intimità: si riserva più sforzo per negoziare e marcare le frontiere.
Nichel rivestito di nuove qualità simboliche, nella costruzione di un futuro che
permetta un pieno riconoscimento dei kanak quali abitanti aborigeni del paese.

CAPITOLO 5 - CON GLI OCCHI DEI BAMBINI di Georgeta Stoica 2014,

Progetto di ricerca interdisciplinare sulle rappresentazioni della barriera


corallina a partire dai disegni dei bambini. Progetto lungo e non semplice +
finanziato dalla Fondation de France (2014-2017, progetto RESO-ECORAIL).
BAMBINI alcune isole dell’Oceano Indiano (Mayotte, La Reunion) Nuova
Caledonia Francia metropolitana Madagascar1. Lavoro svolto in collaborazione
con etno-ecologi2 biologi marini biostatistici. Per STOICA non è prima
collaborazione con alcune delle discipline, ma si è chiesta come presentare
l’aspetto antropologico senza essere banale. Il suo obiettivo è far capire il modo
in cui gli antropologi comunicano e interagiscono con le persone e i gruppi +
mostrare come non sia semplice essere accettati nella comunità locale.
Nonostante tutto, ci sono stati frutti. Esempio, commento della biologa marina a
pag. 60. ANTROPOLOGIA. Per natura aperta ad apporti di altre discipline,
MA “essere sul campo dell’interdisciplinarità” è altra cosa. RICERCA.
Finalizzata ad affrontare il problema della scomparsa della barriera corallina.
Circa il 20% delle barriere sono distrutte + 15% sono in situazione critica
(Wilkinson, 2018). SI intensificano i progetti di ricerca e sensibilizzazione
soprattutto nelle giovani generazioni. RICERCA RESO-ENCORAIL si unisce
al corpus di ricerche di etnografia educazione ambientale + le pratiche
educative FORMALI e INFORMALI acquisite dai bambini nella vita
quotidiana. Helen KOPNINA parla di “etnografia dell’educazione ambientale”
parlando delle direzioni future della ricerca antropologica. “[…]
l’apprendimento che assume la forma di storie o di esperienze a esse correlate +
l’interazione effettiva con la natura, attraverso il gioco e l’osservazione.3” IL
DISEGNO. PER STUDIARE I RAPPORTI CON L’AMBIENTE MARINO
Metodologia di ricerca. Rappresentazioni dell’ambiente, studiate sia con
approcci QUALITATIVI che QUANTITATIVI. 1 l’attività di ricerca per
quest’isola è stata realizzata nel 2014-2015 2 etnografia + ecologia 3 resto della
quote a pag. 61 QUALITATIVI: MAYOTTE, LA REUNION,
MADAGASCAR (2014) Disegno come primo strumento di indagine + kit
educativo MARECO con lo scopo di sensibilizzare gli allievi rispetto
all’importanza della barriera e alle minacce alle quali è esposta. + sviluppare le
questioni di ricerca e per mostrare le rappresentazioni collettive dei bambini.
“ETNOGRAFIA DISEGNATA” (Calandra, 2013). Ha permesso di orientare gli
ulteriori sviluppi insieme ai dati QUALITATIVI e QUANTITATIVI. Disegno,
NON prima volta che viene utilizzato come MEZZO per rappresentare
ambiente circostante. Primi esploratori li usavano nei loro diari di viaggio,
STRUMENTO VISIVO insieme a descrizioni di “usi e costumi”. Haidy
GEISMAR afferma che si è dato a tale STRUMENTO poca importanza + Tim
INGOLD parla della POTENZIALITÀ del disegno di RICONNETTERE
osservazione + descrizione + pratiche dell’improvvisazione. Margaret MEAD,
una dei primi antropologi ad utilizzare il disegno come STRUMENTO DI
RICERCA nella visione del mondo dei bambini nelle sue ricerche. George-
Henri LUQUET, nel libro Il disegno infantile fa emergere 4 TAPPE di sviluppo
del disegno e i suoi vari significati. Disegno usato anche in psicologia geografia
Campo della TEORIA delle rappresentazioni SOCIALI, si sono focalizzate su
differenti tematiche come costruzione dello spazio pubblico nutrizione ecc.
Nature du monde, dessins d’enfants (Pagezy, Carrière, Sabinot, 2010). Raccolta
di rappresentazioni della Natura disegnate da bambini di vari Paesi. Vengono
presi in considerazione i differenti contesti geografici ecologici storici culturali
di luoghi quali Grande Nord Altipiani dell’Asia Centrale Foresta Amazzonica
ambienti marini + costieri dell’Africa Centrale Sud-est Asiatico MA ANCHE
ambienti URBANIZZATI, quali Saint-Denis (La Reunion). INTRODUZIONE
libro: Tutti i bambini del mondo vivono la natura alla stesso modo?
Parafrasando questa domanda, ci si chiede: i bambini di MAYOTTE, LA
REUNION e del MADAGASCAR rappresentano la natura e in particolare la
BARRIERA corallina nello stesso modo? DISEGNARE IL MARE. Protocollo
di ricerca ha richiesto una collaborazione continua tra le varie discipline.
PRIMA QUESTIONE, la terminologia da utilizzare per chiedere di disegnare la
barriera. LOCALMENTE i termini sono diversi: LA REUNION. “LAGUNA”
MADAGASCAR. “ANDOHARIAKE” - “TESTA DI MARE” perché il mare è
antropomorfizzato. Termine “BARRIERA CORALLINA” è risultato
CRIPTICO, NON DICEVA NIENTE oppure generava REAZIONI di
confusione o paura4 negli alunni. DI FRONTE A TALE REAZIONE, si è
chiesto di realizzare 2 DISEGNI MARE BARRIERA CORALLINA NELLO
SPECIFICO. A CHI conosceva i termini “BARRIERA CORALLINA” O
“CORALLO” si è chiesto di SPIEGARLO agli altri5. 20 minuti per realizzare il
disegno a cui sono seguite INTERVISTE con ogni singolo bambino per farsi
spiegare gli elementi disegnati + l’identificazione del titolo + ulteriori info
sull’esperienza dei bambini dell’ambiente costiero o di pratiche di attività quali
pesca o di svago. MAYOTTE. “Isola dei profumi”, Regione d’Oltremare
francese nell’Oceano Indiano tra Africa e Madagascar. DOPPIA BARRIERA
per 157 km + DOPPIA APPARTENENZA identitaria (Francia + Comore) +
RUP + isola dell’Oceano Indiano con forti contrasti e contraddizioni: isola
“francese a tutti i costi” 6 + “illusione di Francia”. OGGI situazione molto
complessa ed è sottoposta a “cambiamenti accelerati” su tutti i piani politico
socio-culturale ambientale ANCHE SE programmi di sensibilizzazione
all’ambiente sono molto diffusi e onnipresenti in scuola e media, risultati sono
assai deboli a livello LOCALE. Les Naturalistes de Mayotte “il 25% degli
alunni elementari verrà sensibilizzato tramite il progetto Avec mon ècole, je
protège ma mangrove!” 4 vedere pag. 64 5 ibid. zone ultra periferiche europee 6
Sensibilizzazione delle generazioni più giovani, ONNIPRESENTE. Addirittura
pannelli pubblicitari. Sensibilizzazione attraverso IMMAGINI per una
popolazione ALLOFONA che parla sono in parte francese, lingua ufficiale e
parlata solo in contesti istituzionali o scolastici. LINGUA MADRE
SHIMAORE: una delle lingue principalmente parlate a Mayotte. Lingua bantu
imparentata con lo swahili. SHIBUSHI: di origini austronesiane con affinità
alla lingua malgascia. MARE di Mayotte SCARSAMENTE usato e
frequentato. Come si può spiegare in un tale contesto? Persone intervistate da
STOICA PAURA del mare NON sanno NUOTARE fanno PAURA ai bambini,
esempio assaggiano la pelle per vedere se sono andati al mare. ANCHE SE ci
sono attività legate al mare vuolè di mabawa, grigliata di ali di pollo in riva al
mare POCHE PERSONE che si avventurano in mare per fare il bagno + i
bambini giocano A RIVA. DISEGNI di MAYOTTE sono rappresentazioni
POVERE del ambiente marino: MARE VUOTO (una semplice linea blu,
qualche pesciolino). PERO’ riferimenti a CESTI per l’immondizia + riciclo +
spiagge e baobab. ELEMENTO MOLTO IMPORTANTE che funge da
CHIAVE DI LETTURA per comprendere questo MARE VUOTO è la credenza
che spiagge rive dei fiumi zone umide baobab mangrovie siano dimora dei
DJINN. Michael LAMBECK descrive riti di possessione caratteristiche dei
DJINN maoresi (patrosi) MARE VUOTO + PAURA del mare/acqua dovuta
alla credenza che DJINN dimorino in ZONE ACQUATICHE o all’interno di
BAOBAB e MANGROVIE. TUTTAVIA, le cose stanno iniziando a
CAMBIARE grazie a lezioni di NUOTO MA paura dell’acqua ancora radicata
programmi di sensibilizzazione ambientale Esempio, Abdoul Aziz, 10 anni
“non ho paura dell’acqua come i miei genitori” e “ho imparato a nuotare DA
SOLO”. MAYOTTE. Rappresentazione del MARE e della BARRIERA:
VUOTA + specie marine SCARSE + conoscenze dei bambini si limitano a ciò
che richiama ambiente TERRESTRE ed elementi legati ad ambiente di VITA
ed ESPERIENZE. Gli alunni intervistati NON CONOSCONO i nomi dei pesci
né in SHIBUSHI o SHIMAORE, né in FRANCESE. Esempio, Fayal, 8 anni
“Ho disegnato un pesce! Non so il suo nome. E’ semplicemente un pesce!” LA
REUNION. In forte contrasto con Mayotte + territorio piuttosto urbanizzato e
con un sviluppo economico forte e visibile + “in una posizione
sistematicamente periferica: la cultura e la società dell’isola sono state recepite
in negativo, non esistendo che per un contratto con una metropole divenuta un
modello di riferimento, magari non adatto ma diffuso” (Benoit, 1999)
IMPORTANTE DIFFERENZA con Mayotte: rapporto con MARE e l’imporsi
di un MODELLO “FRANCESE” di rapporto “balneare” con alcun tratti di
costa. I geografi Gilbert DAVID + Esperance CILLAUREN sottolineano
l’importanza che le attività balneari e la frequentazione del litorale della costa
OCCIDENTALE dell’isola hanno assunto per la popolazione riunionese, che
considera queste spiagge come PARTE del LORO VISSUTO. CONTESTO
NON è quello di MAYOTTE! Anche per quanto riguarda l’ambito scolastico,
dove l’accesso alle info e la comunicazione sono PIU’ PRESENTI e
IMMEDIATI e gli alunni sono più esposti all’educazione ambientale +
all’interno delle FAMIGLIE. LA REUNION + MARE: rappresentazione
influenzata da ATTACCHI di SQUALI negli anni 2015-2016 che segnano la
popolazione. Nei disegni realizzati dai bambini di La Reunion la presenza di
squali è considerevole. Gilbert DAVID + Esperance CILLAUREN sulla CRISI
DELLO SQUALO: l’effetto principiale della crise requin (crisi dello squalo) è
stato il cambiamento nelle pratiche del litorale. I DUE TERZI delle persone
intervistate hanno affermato di aver cambiato le loro abitudini litorali […]
Questo spiega in modo chiaro la grade emozione creata dalla crise requin sul
grande pubblico. […] questa crisi ha indotto molti praticanti a RINUNCIARE
alle loro attività preferite […]7 Nelle interviste realizzate a CILAOS (centro
dell’isola), gran parte degli amanti del surf e delle persone che gestivano club di
surf hanno ABBANDONATO l’attività per “rifugiarsi” nella zona della
montagna, TRASFORMANDO le loro attività ludiche all’aperto e
SCEGLIENDO di impartire un’educazione ambientale ai loro figli. Quest
situazione si è manifestata in un contesto in cui ogni attività di pratica di sport
d’acqua è stata totalmente interdetta sull’isola.

Capitolo 7 – OLTREMARI DELL’EUROPA D’OLTREMARE

PITCAIR, MANGAREVA E LE PERSISTENTI INTERAZIONI TRA ISOLE


DIMENTICATE
 di Alexander Mawyer, Adrian Young, Joshua Nash, Tillman Nechtman

 DES ÎLES OBLIÉES: ISOLE DIMENTICATE DELL’OLTREMARE
EUROPEO
 Le isole dell’Oltremare europeo abitano un particolare spazio
dell’immaginario sociale e geografico, un immaginario che però corre
continuamente il rischio di essere falsato. La falsificazione è causata da
una visione egoistica che oscura la profonda pluralità delle relazioni
storiche, culturali e politiche di queste isole. Il rischio diventa ancora più
grave in Oceania, in quanto le isole più famose proiettano un’ombra tale
da nascondere stretti e a volte antichi legami regionali.
 In questo capitolo verranno prese in esame l’isola di Pitcairn, un
territorio dell’Oltremare britannico e Mangareva, l’isola principale delle
isole Gambier, uno dei cinque arcipelaghi che costituiscono la Polinesia
Francese. Questi due spazi insulari costituiscono due esempi significativi
delle principali dinamiche dell’immaginario sugli oltremare. Esse
rivelano i limiti della consapevolezza geo-sociale europea, ma evocano
anche relazioni interinsulari che, nonostante la divisione del Pacifico in
aree di influenza nazionali in epoca coloniale, persistono e si
ricostruiscono. Per Pitcairn e Mangareva, l’attuale separazione politica e
culturale è il frutto della spartizione coloniale dell’Oceania, che ha
costruito la “regione Pacifico” come un insieme di oltremari distinti.
Eppure queste due isole, intime vicine, hanno una lunga storia di relazioni
inter-insulari.
 Le Gambier, definite non a caso “isole dimenticate”, sono state
caratterizzate a livello regionale e extra-regionale da questa trascuratezza
durante tutto il periodo del consolidamento coloniale. Prima di entrare in
contatto con gli europei, tutte le isole dell’arcipelago erano il centro di un
vasto mondo oceanico. Con l’arrivo dei francesi, che hanno sfruttato,
assoggettato o annesso i territori (Polinesia Francese) però, questo tessuto
connettivo ha cominciato a modificarsi. I francesi, concentrando i loro
interessi su Tahiti, hanno gradualmente emarginato le isole Gambier.
 L’isola di Pitcairn, al contrario, ha mantenuto uno status privilegiato
dell’immaginario anglofono degli ultimi due secoli. Popolata già nel XV
secolo, l’isola si spopola poi ed è così che la trovano gli ammutinati del
Bounty e i loro prigionieri tahitiani quando vi giunsero nel 1790. La
famosissima storia del Bounty generò un notevole interesse da parte di
scrittori, lettori, cinefili e scienziati di lingua inglese che feticizzarono i
discendenti, culturalmente ibridi, degli ammutinati. Nonostante tutto
questo interesse, Pitcairn ricevette la sua prima Costituzione solo nel
1838 e da allora è stata controllata ad intermittenza da parte delle autorità
locale. Dal 2004 l’isola però è stata posta sotto stretto controllo dopo che
venne fuori che sei uomini dell’isola avevano commesso reati sessuali
contro minori. Ad oggi, Pitcairn rimane un Territorio d’Oltremare
Britannico, l’ultimo raggio di sole dell’Impero britannico nel Pacifico.

 SFERE D’INTERAZIONE: QUANDO I “MARGINI” DIVENTANO
“OMBELICO”
 Pitcairn e Mangareva sono spesso servite come “modelli” per sistemi
biologici ed ecologici o per processi storici di “collasso” oppure di
sostenibilità economica da parte di osservatori esterno. Prima che i
paesaggi marini e insulari dell’Oceania venissero ripensati dall’Europa
come Oltremare o descritti come “isole dimenticate”, le isole furono
immaginate e vissute attraverso concezioni più locali. Molte delle
comunità indigene del triangolo polinesiano definivano e vivano le loro
isole come un ombelico, un centro che diveniva il fondamento di mondi
locali, connesso da un’attiva e ampia rete d’incontri e scambi. Pitcairn e
Mangareva interagivano regolarmente in una miriade di modalità
culturalmente significative che includevano, per esempio, matrimoni e
pratiche parentali, diritti sull’uso delle terre e di altre risorse e lo scambio
di oggetti di cultura materiale. A partire però dal contatto occidentale
all’inizio del 1600, tutte le isole dell’arcipelago di Pitcairn furono
abbandonate, con una significativa contrazione dell’aria d’interazione. In
più, con l’imposizione di frontiere coloniali nel 1800, Pitcairn cadde sotto
la bandiera dell’Impero britannico e Mangareva sotto il tricolore francese.
L’evento però più grave fu l’inizio dei test nucleari francesi negli anni
Sessanta del Novecento con Mangareva che divenne uno dei più
importanti avamposti militari francesi a sostegno del CEP e che perciò si
vide imposto un regime di sorveglianza e isolamento che minacciava di
separare e allontanare ulteriormente le isole l’una dall’altra.
 Eppure, nonostante il cambiamento strutturale, le relazioni tra le due isole
continuano a persistere e riprodursi. Pitcairn persistette come luogo nella
storia della cultura mangareviana e nelle tradizioni orali; gli abitanti di
Pitcairn e Mangareva si sposarono tra loro tra il 1800 e il 1900; entrambe
le isole rivendicarono i diritti di accesso delle vicine Henderson, Oeno e
Ducie e il commercio interinsulare di frutta (es. angurie) o di altri prodotti
continuò.

 JOSHUA W. HILL: STORIE CARISMATICHE CHE
ATTRAVERSANO I MARI
 Il fatto che la percezione di Mangareva e Pitcairn come di isole
periferiche e dimenticate offuschi altre potenziali relazioni e cornici è
particolarmente visibile se prendiamo in esame un caso rilevante che
riguarda Pitcairn agli inizi del XIX secolo. Le storie dell’Impero
Britannico spesso omettono il riferimento all’isola di Pitcairn, eppure
carismatici viaggiatori regionali e internazionali s’impegnarono nel
tentativo di re-immaginare la geo-socialità dell’Oltremare. Una di queste
figure fu Joshua W. Hill, che arrivò a Pitcairn nel 1832 e che la
amministrò dal 1832 al 1837 in base a un falso pretesto. Tuttavia, Hill
immaginò una Pitcairn tutt’altro che marginale, anzi come ombelico,
centro del mondo.
 Nel primo Ottocento, i sostenitori della politica coloniale di Londra
sottovalutarono le potenzialità dell’isola, soprattutto nei confronti
dell’influenza russa e americana. Ma secondo Hill, gli abitanti dell’isola,
anglo-polinesiani, sia per le loro origini etniche che per le loro abilità
linguistiche avrebbero potuto essere formati come “missionari nativi” per
diffondere il protestantesimo britannico nel vasto Pacifico. Questo
progetto riuscì a competere non solo con quello dei russi e degli
americani, ma anche con il progetto missionari cattolico sulla vicina
Mangarava. Sruttando le “qualità” offerte dall’isola, ne riposiziona
drasticamente il posto, riformulandolo come un sito vantaggioso nel cuore
del pacifico anglofono. Oltre all’evangelismo missionario, Hill era
coinvolto in altre forze transnazionali come l’imperialismo europeo e il
commercio globale della caccia alle balene.
 Il fatto che Hill sia riuscito a governare l’isola per quasi mezzo
decennio imbrogliando sia gli isolani di Pitcairn sia la leadership
coloniale di Londra mostra l’abbandono e la trascuratezza con cui
l’impero guardava alla lontana isola di Pitcairn.

 MARI DI ARCHIVI: DISTANZIAMENTI E DE-
TERRITORIALIZZAZIONI NELLE STORIE D’OLTREMARE
 Su Pitcairn e Mangareva è stato versato un mare d’inchiostro da
studi interdisciplinari. Soprattutto su Pitcairn si trovano articoli storici,
scientifici, romanzeschi, informativi, voci di enciclopedia, narrativa di
viaggio, poesia. Questo è principalmente dovuto al fascino del mondo
anglofono per il mito del Bounty e per il suo essere visto come un
“laboratorio naturale” per comprendere questioni di ibridismo linguistico
e razziale. Le case editrici di Londra sfornarono libri sull’isola e le
biblioteche anglofone li raccolsero in abbondanza. Ma ecco che solo
alcuni di questi testi si possono trovare a Pitcairn stessa. E lo stesso vale
per le fonti primarie dell’isola, prodotte da osservatori esterni e depositate
in lontane raccolte. Quindi mentre gli amministratori coloniali tendevano
a considerare l’isola priva di qualsiasi valore strategico o economico, gli
archivi custodivano un certo interesse per Pitcairn come sito di raccolta
informazioni.
 È un esempio di queste asimmetrie anche il materiale raccolto dalle
osservazioni britanniche e statunitensi sui testi nucleari francesi negli anni
Sessanta del Novecento, che non è conservato sull’isola. Pitcairn e
Mangareva, fino ad allora immaginate come le più marginali delle colonie
d’oltremare, divennero improvvisamente uno spazio in cui le tre grandi
potenze (Francia, Inghilterra, USA) mettevano in atto il loro potere
statale. Gli americani con i loro satelliti spia, i britannici con le loro
osservazioni navali e terrestri dei test nucleari dei test nucleari francesi, la
Francia con la sua massiccia e diretta presenza militare su Mururoa. In
questo contesto Pitcairn e Mangareva si scissero l’una dall’altra visto che
i cordoni militari separavano progressivamente lo spazio oceanico.
 Fa riflettere il fatto che i dati raccolti dagli osservatori della Royal Air
Force britannica per determinare le dimensioni e il tipo di test nucleari
francesi siano stati trasmessi alle Figi, a Londra, alla Five Eyes di Stati
Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda ma che abbiano fatto di tutto
per non arrivare nessuna informazione agli isolani. Le informazioni
erano, infatti, codificate per paura che la conoscenza di livelli pericolosi
di fallout potesse raggiungere gli abitanti di Pitcairn.

 L’EUROPA COME PROBLEMATICA LINGUISTICA
DELL’OLTREMARE
 La lingua di contatto di Pitcairn, scaturita dall’arrivo di nove
marinai britannici e di diciotto adulti polinesiani nel 1790 continua a
essere un enigma per gli studiosi. Lo sviluppo della lingua e della cultura
di Pitcairn ebbe però inizio l’anno precedente con il primo incontro
anglo-polinesiano a Tahiti. Al loro arrivo a Pitcairn, l’isola era un luogo
sconosciuto per tutti i suoi nuovi abitanti. L’ibridismo linguistico
dell’isola di Pitcairn inizia con questi arrivi. Si mescolano i modi di
parlare, di costruire relazioni pratiche e concettuali con l’ambiente
circostante e di modi di essere. La lingua si sagomò attorno alle loro
persone e al luogo.
 La toponimia, per esempio, raccoglie le memorie delle vite degli
abitanti del luogo e di coloro che giunsero da lontano. Lo stesso vale, per
esempio, per l’introduzione di forme di vita – vegetali e piante – che
prendono e portano il nome di coloro che le hanno introdotte o per primi
battezzate (e.g. la patata dolce detta Herbert introdotta in Polinesia da un
tale chiamato Herbert).

 ANTI PERIFERIE O OMBRE PERSISTENTI
 Il modo in cui si guarda alla mobilità, all’ambiente, alle dinamiche
interculturali e interregionali, alle autonomie e alle relazioni con le
métropole coloniali o post-coloniali dell’Oltremare dipende dalla
posizione dell’osservatore. Dal punto di vista delle comunità insediate
sull’isola, l’Oltremare è un ombelico, un centro da cui il mondo si irradia
verso l’orizzonte. Dal loro punto di vista, la Francia, l’Inghilterra, o
l’Europa stessa potrebbero essere l’Oltremare.
 Le riflessioni di questo capitolo ci spingono a chiederci che cosa
rappresenti l’Europa per Pitcairn o Mangareva e che cosa queste isole
rappresentino per l’Europa. Le isole di Pitcairn e Mangareva sono state
entrambe frequentemente descritte come margini estremi degli imperi
britannico e francese. Allo stesso tempo, sono entrambi ombelichi, centri
dei loro oltremare in un mondo tardo-moderno, oggi quasi sempre
connesso. Pitcairn e Mangareva sono situate sia ai margini sia al centro.
Capitolo 8 – UNA PROSPETTIVA COMPARATIVA SUI COMUNI
CARAIBICI OLANDESI
di Wouter P. Veenendaal

INTRODUZIONE
Le isole di Saba, Sant’Eustachio (le più piccole giurisdizioni non sovrane dei
Caraibi1), insieme a Sint Maarten, Bonaire e Curaçao facevano parte delle
Antille Olandesi2 – Paese autonomo del Regno dei Paesi Bassi – fino allo
scioglimento delle stesse nell’Ottobre 2010 [vedi pag.2 qui + pag.117 libro].

2 precisazioni x analisi status politico non sovrano:


1. Prospettiva giuridica entità non sovrana;
2. Prospettiva dello Stato nazionale con il quale viene mantenuto rapporto
politico

LE GIURISDIZIONI INSULARI NON SOVRANE NELLA LETTERATURA


ACCADEMICA

GB – NL 🡪 sì indipendenza alle ultime colonie nei Caraibi e nel Pacifico


vs
FRA - USA 🡪 no indipendenza x motivi geostrategici

PRO x status pol. non sovrano

1
NSJ = Non Sovereign Jurisdictions / SNIJ = Sub-National Island Jurisdiction 🡪 Paesi prevalentemente insulari
i quali, pur non accedendo alla piena sovranità nazionale, godono di ampia autonomia in relazione alle
rispettive ex colonie.
2
anche l’isola di Aruba faceva parte delle Antille Olandesi ma nel 1986 divenne paese autonomo all’interno
del Regno.
A. PTO VISTA TERMINI ECONOMICI: giurisdizioni non sovrane dei
Caraibi superiori alle controparti indipendenti + relazioni continuative
con la metropole (aiuti econ., accordi di libero scambio, accesso
preferenziale ad alcuni mercati mondiali);
B. PTO VISTA POLITICO INTERNAZIONALE: legame con metropole =
maggiore sicurezza territoriale + sicuro soccorso x calamità;
C. PASSAPORTO: avere il passaporto di un Paese più grande e
industrializzato presenta chiare opportunità su mobilità e istruzione.
🡪 get the best of both worlds: + benefici, - responsabilità.

CONTRO
A. Autonomia pol. limitata (in uno o più settori) in quanto subiscono
“interferenza esterna”;
B. Popolazioni non ugualmente rappresentate nelle istituzioni pol nazionali;
C. Prospettiva psico-sociale > status di non sovranità = sentimenti identitari
conflittuali.

🡪 se da un lato indipendenza = prerequisito x costruzione Identità Nazionale ed


emancipazione politica, dall’altro, per ragioni pragmatiche, viene mantenuto
legame con la metropole.

SULLO SFONDO: LO SCIOGLIMENTO DELLE ANTILLE OLANDESI

1954 - Carta per il Regno dei Paesi Bassi


I. regola le relazioni politiche e costituzionali tra i Paesi Bassi continentali e
i Territori caraibici d’oltremare
II. rafforza l’autonomia dei vari Paesi all’interno del Regno stabilendo il
diritto di autogoverno
III. data l’equivalenza politica tra Paesi, modifica delle disposizioni della
Carta solo su concordanza di tutti i Paesi membri

Composizione Antille olandesi:


3 isole anglofone sopravento > Saba, Sant’Eustachio, Sint Maarten +
3 isole di lingua papiamentu sottovento > Bonaire, Curaçao, Aruba
🡪 forti antagonismi e tendenze secessioniste nelle relazioni tra le isole (causa
distanza di 900km)

1986 – Aruba come Paese “a parte” all’interno del Regno dei Paesi Bassi 🡪
supremazia di Curaçao 🡪 anche Sint Maarten vuole status “a parte”.

10 OTTOBRE 2010 – scioglimento delle Antille


i. Curaçao e Sint Maarten (le 2 isole maggiori) riconosciuti come Paesi
separati all’interno del Regno
ii. BES3 (le 3 isole minori) riconosciute come integrate costituzionalmente
nel sistema giuridico e politico olandese: relazioni politiche dirette,
miglioramento degli standard di vita, istruzione, servizi sanitari
🡪 nuovo inizio x relazioni politiche transatlantiche.

IL NUOVO STATUS POLITICO DEI COMUNI OLANDESI DEI CARAIBI


BES sempre subordinati, politicam. ed econom., alle isole più grandi della
federazione (in particolare Curaçao, dove si trovava l’amministrazione centrale
del Paese) quindi “colonie di una colonia?” NO perché a differenza di Aruba e
Sint Maarten non avevano le dimensioni e le risorse politiche atte a sfidare
Curaçao.
BES (dal 10 ottobre 2010) come Comuni Speciali dei Paesi Bassi:
3
Bonaire, Sant’Eustachio, Saba
iii. potere politico condiviso tra i comitati dell’isola eletti a livello locale
iv. guidati da un “Sindaco” nominato da Corona Olandese + Governo
olandese centrale
v. rappresentato sulle isole da un “Ufficio nazionale dei Paesi Bassi
caraibici”
vi. guidato da un “Tenente governatore”.
🡪 “governo locale” coinvolge istituzioni e attori sia locali sia metropolitani

MA insoddisfazione generale
vii. scontento degli isolani verso leggi progressiste olandesi (gay, aborto,
eutanasia etc…)
viii. preferenza e repentinità d’applicazione leggi morali vs lentezza nella
messa in pratica di leggi relative alle prestazioni sociali e salariali 🡪 l’Aia
ha stabilito che le popolazioni insulari dovrebbero accettare “livelli
ragionevoli” di salario rispetto alle disposizioni della metropole
ix. assenza interesse condiviso (sì tra Saba e Sant’Eustachio, no con Bonaire
– che tra l’altro è la più grande dei 3 Comuni e potrebbe suscitare negli
altri 2 sentimenti di nuova dipendenza da un’isola più lontana e grande)
🡪 mancanza di consenso popolare > no politica democratica duratura.

I CARAIBI IN PROSPETTIVA COMPARATIVA


Politica di decolonizzazione olandese caratterizzata dal disimpegno > Aia ha
cercato di concedere sempre l’indipendenza alle sue colonie caraibiche (vs
politica USA, FRA-DOM, GB-BOT4) ma quando i politici olandesi (anni

4
FRA – DOM = Départements d’Outre Mer / GB – BOT = British Overseas Territories
’70-’90) hanno compreso che l’obiettivo sarebbe stato a lungo termine, hanno
aumentato la pressione politica e l’influenza del Regno sulle isole caraibiche.
Dal 2010 forte presenza olandese nei Comuni dei Caraibi > nuova “ri-
colonizzazione”?

BES = DOM
i. diritto a standard di vita simili a quelli della metropole
ii. ma forse è più corretto parlare di una strategia globale di sviluppo
attraverso la dipendenza > flusso di denaro da Bruxelles ha permesso solo
ad alcune élite pol locali di intrattenere rapporti clientelari su interessi di
breve, piuttosto che lungo, termine
iii. come nei DOM, la pubblica amministrazione dei Comuni dei Caraibi
olandesi è in larga parte occupata da dipendenti pubblici provenienti dalla
metropole

BES ≠ DOM
i. grandezza territori e numero abitanti
ii. storia: FRA da sempre presente sui suoi territori x diffondere lingua e
cultura e tradizioni, NL solo da 2010

BES ≠ BOT [anni ‘90]


i. BOT non sono Comuni Speciali e quindi no pol integrati con il Regno
Unito
ii. autorità britanniche influenza su governance (BES = BOT)
iii. governatore BOT nominato direttamente dalla Corona
iv. parlamento britannico può in qualsiasi momento attuare leggi vincolanti
v. no funzionari pubblici lavorano nei BOT
CONCLUSIONI
BES = DOM x integrazione con la Nazione
BES = BOT x controllo politico in termini di riforme
🡪 Governo NL + attenzione a contesto regionale dei Caraibi > isole hanno
problemi di integr. pol.

Capitolo 9 – INDIANOCEANIA
CULTURE E POLITICHE DI UNA REGIONE EMERGENTE
di Paola Schierano

LE FRONTIERE INVISIBILI DELL’INDIANOCEANIA


“I geografi ci hanno dimenticati”;
“se dare un nome significa far esistere, questa assenza marca una negazione in
sé”
 così recita l’intro al rapporto 2016 della Commissione dell’Oceano Indiano5
 è richiesta da parte delle Isole dell’Oceano Indiano sud-occidentale di un
riconoscimento identitario che passa per una battaglia toponomastica
 conosciuti storicamente come Îles d’Afrique, ma è più prossimità geografica
che culturale
Infatti
- Madagascar: popolamento austronesiano
- La Réunion + Mauritius: popolamento influsso europeo, malgascio e
indiano
- Comore: popolamento discendenze arabo-persiane
Però criterio linguistico comune: francofonia > Franconesia (sebbene Mauritius
e Seychelles siano anglofone).

5
COI = Commissione dell’Oceano Indiano (1982)
Concetto di Indianoceania > corrente “Indianoceanismo”: gli abitanti delle isole
australi costituiscono una “comunità” grazie agli scambi che interessano da
secoli queste aeree.
Scambi che hanno reso distinta e speciale ogni realtà e le realtà sono
caratterizzate da corrispondenze chiamate genealogie imbricate6 (Paul Horau)
la conoscenza delle quali non può che avvenire attraverso la comprensione
reciproca.

VECCHIE COSMOGONIE E NUOVE SINTESI INDIANOCEANICHE


Il mito di Lemuria
Lemuria, grande continente nel cuore dell’Oceano Indiano, sarebbe sprofondato
(al pari di Atlantide) lasciando emergere solo qualche picco qua e là dando così
origine alle isole sud-occidentali. Lemuria avrebbe un tempo riunito Mauritius,
Madagascar e India meridionale.
XX sec. > scema mito di Lemuria, prende vita concetto Enfants des Îles (figli
delle isole): rintracciare una propria origine, ripercorrere una genealogia,
autodefinirsi.
Horau invita a prendere coscienza di questa parenté indianocéanienne
(parentela indianoceanica) che permette alle popolazioni di ripensare a sé stesse
attraverso una lente regionale inclusiva  la forza dell’Indianoceania sta nella
molteplicità di riferimenti che sono un freno alla formazione di pericolose
derive identitarie.

LA COI E I LIMITI DELL’INDIANOCEANIA


Anni ’80: prende forma la cooperazione regionale tra le isole dell’Oceano
Indiano con l’obiettivo di ridurre la dipendenza amministrativa dei DOM >

6
“In tutte queste isole c’è una toponimia di nomi francesi, malgasci, indiani […] Questa è unità! […] Ci sono
spesso matrimoni tra congiunti proveniente dall’una o dall’altra isola. Questa unità, esiste!
FRA può aiutare la nascita di un progetto federativo che avrebbe messo in
relazione La Réunion (DROM7) con i nuovi Stati indipendenti.
1982 = Madagascar, Mauritius e Seychelles firmano una dichiarazione d’intento
x dar vita alla COI
1984 = firma viene istituzionalizzata attraverso un “Accordo di Vittoria” >
nascita COI
1986 = La Réunion e Comore aderiscono alla COI.

COI è:
A. Primo tentativo di cooperazione istituzionale tra le isole
B. Organizzazione intergovernativa x rappresentare gli interessi
dell’Indianoceania
C. Lotta contro la pirateria marittima
D. Salvaguardia dei patrimoni terrestri e marini
E. Impegno sanitario
F. Valorizzazione risonanze culturali e identitarie

COI manca di:


a. Dimensione politica
b. Assenza di istituzioni proprie > no capacità giuridica/competenza politica
c. Unità decisionale sulle contese territoriali [es. Chagos p.145 – Mayotte
p.146]
d. Architettura coerente capace di federare e strutturare le componenti
dell’Indianoceania
 COI è quindi + agenzia di coordinazione e progetti, - Federazione

CONCLUSIONI
Concetto di Indianoceania

7
DROM = Dipartimento e Regione d’Oltremare
- come sostegno x nascita di un programma federativo volto alla
valorizzazione dell’appartenenza regionale x riconoscimento
internazionale
- minato alla base da disparità economica e distanza politico-
amministrativa tra le parti
- Oceano più come rete che influenza
- tentativo di costruzione remi per “navigare oltre l’oltremare” a partire dal
riconoscimento ufficiale quale regione geografica al pari delle altre.

Capitolo 10

OCEANIA, IL BLUE CONTINENT – GLI OLTREMARE NEGLI


INTRECCI AMBIENTALI E POLITICI DELL’OCEANO PACIFICO. Di
Emanuela Borgnino e Lara Giordana.

Contaminazione nucleare dell’oceano  simbolo della colonizzazione del


pacifico. Gli abitanti convivono con esiti sociali e ambientali di 50 anni di test
nucleari  il primo nel luglio 1946 sull’atollo di Bikini sulle Isole Marshall e
l’ultimo esperimento fatto dai francesi nel 1996 a Fangatufa (Polinesia
Francese).
Solo nel 2019 il parlamento francese ha riconosciuto le conseguenze sul
benessere e sulla salute degli abitanti in Polinesia Francese.
Sperimentazione bellica e contaminazione radioattiva  innescato un’ondata di
reazioni in tutta l’Oceania.
In epigrafe del capitolo (vedi p. 149) opera di 2 poetesse e attiviste: Dewè
Gorodè e Kathy Jentil Kijiner esprimono il legame con l’oceano e la
riscoperta delle connessioni tra le società insulari.
 La prima autrice  indipendentista kanak, coinvolta nel Nuclear Free and
Indipendent Pacific Movement, affida al rumore delle onde del mare la
trasmissione delle urla di protesta che attraversano il Pacifico, da Rapanui
fino alla Nuova Caledonia passando per la Polinesia francese.
 La seconda  nativa delle Isole Marshall, attivista ambientale in Two
degrees riflette sull’eredità dei test nucleari uniti ad altre problematicità
attuali come l’aumento delle temperature.
Per entrambe ambiente e sovranità sono connessi attraverso il rapporto tra
l’oceano e i suoi abitanti.

Blue continent: una storia comune legata all’oceano.

Esordi della ricostruzione di reti pan-oceaniane si rintracciano nella Pacific


way fermento culturale che attraversa il Pacifico da fine anni Sessanta del
XX secolo fino a inizio XXI secolo legato al processo di decolonizzazione, alla
rivitalizzazione linguistica e culturale, al recupero di “tradizioni”.
L’espressione “Pacific way” si diffuse tra politici, studiosi e abitanti delle isole
in seguito a un discorso tenuto dal primo ministro delle Figi Ratu Mara poco
dopo l’indipendenza del suo paese dichiarata il 10/10/1970.
In un saggio di Stephanie Lawson (2010) evidenzia come Ratu Mara usò
l’espressione “pacific way” per indicare “la transizione pacifica
dell’indipendenza” che aveva caratterizzato le Figi, West Samoa e gli Stati del
Pacifico da poco indipendenti. Il fascino di questa espressione fece se che negli
anni successivi un’ampia mole di lavoro facesse della “Pacific way” un
concetto chiave per ripensare le società del Pacifico. Obiettivo della “Pacific
way”: riscoperta della lingua comune austronesiana, riflessione attorno al
cristianesimo, la riscoperta di gesti rituali e di stili culturali e artistici.
Anni ’70, rinacque la tradizione della navigazione (scomparsa da secoli a causa
delle trasformazioni subite dalle società del Pacifico), l’8/3/1975 con la
Polynesian Voyging Society venne replicata una canoa polinesiana a doppio
scafo che nel 1976 riuscì un’impresa considerata da tutti impossibile: viaggiare
con tecniche esclusivamente polinesiane dalle Hawaii a Tahiti. Questo primo
viaggio segnò la riapertura delle rotte del pacifico unendo mondi che erano stati
divisi da divisioni coloniali e riportando in vita i Pacific wayfinders, navigatori
in grado di orientarsi nella distesa d’acqua più grande del mondo e di
individuare un’isola a 4000km di distanza grazie all’osservazione di venti e di
stelle. Il co-protagonista di questa impresa è l’oceano.
Canoa  simbolo di unione, di memorie condivise dei viaggi che popolarono
l’Oceania. Viaggi – riconfermano le relazioni al di là dei confini nazionali.
2 testi di riferimento del discorso sulla riscoperta della centralità dell’oceano:
“Our Sea of Island” 1993 e “The Ocean in Us” 1998 di Epeli Hau’ofa, nato in
Nuova Guinea nel 1939, scrittore, antropologo e insegnante di letteratura e
cultura del Pacifico, fondatore dell’Oceania Center all’università del Pacifico. Il
suo lavoro è importante per capire le dinamiche regionali del Pacifico. Nella
visione coloniale l’Oceania era costituita da entità sparse, isole vulnerabili e
carenti mentre nel lavoro Di Hau’ofa l’oceano diventa spazio di connessione e
intimità.
Pensiero di Hau’ofa non è un’accusa al colonialismo, ma un’autocritica
all’atteggiamento delle popolazioni del Pacifico. Lui vuole una comune e
condivisa identità regionale oceaniana  identità che per lui è lontana da una
forma di omogeneità culturale: le diverse appartenenze e le genealogie insulari
sono troppo forti perché un’identità regionale possa cancellarle. Si basa infatti
su una responsabilità nei confronti dell’oceano. La responsabilità nei confronti
dell’oceano e dell’ambiente sta diventando un’espressione chiave nelle
rivendicazioni di sovranità di molte società del Pacifico.
Blue Continent  l’oceano ritorna ad essere la principale via di comunicazione.
Non si appartiene solo a un gruppo umano, ma a un insieme di relazioni che si
estendono anche a persone non umane. Lo slogan dell’ultimo viaggio della
canoa è “prendersi cura dell’isola-Terra”. Il legame con un continente fatto
d’acqua permette alle culture native di riconoscere un sapere geo-storico, frutto
della relazione tra ambiente insulare e popolazione.
Il sapere ecologico insulare si è costituito nel tempo diverso dal discorso
ambientale mainstream  c’è infatti una differenza tra le propensioni alle
relazioni ecologiche delle popolazioni del Pacifico e il discorso ambientale
contemporaneo di tutela del pianeta. Il sapere ecologico del Blue Continent può
dare risposta per affrontare l’Antropocene  ci obbliga a un ripensamento del
ruolo dell’essere umano e a una rivalutazione delle relazioni con il mondo-
extraumano. Favole dice: “natura è un concetto di cui siamo sempre più
insoddisfatti”. il concetto di natura che fa parte dell’umanità sta morendo. Al
suo posto c’è sempre + la consapevolezza che la Terra e tutti i suoi elementi
sono vivi, interagiscono e rispondono alle azioni umane.
L’oceano riconnette società e unisce gli esseri viventi in unico respiro vitale
perché è il principale produttore di ossigeno. L’ossigeno proviene infatti al 21%
da organismi marini. Il discorso ambientale che sta emergendo da Pacifico
riguarda l’interconnessione di tutti gli organismi viventi. L’interconnessione
riguarda diversi livelli: dall’associazionismo ambientale locale ai forum politici
internazionali e negli ultimi 10 anni attraverso la narrazione del Blue Continent.
Il forum delle isole del Pacifico è portavoce della visione del Blue Continent. Il
blue Continent non riguarda solo l’aspetto geo-politico, ma esemplifica il
contributo del Pacifico all’umanità in un momento di cambiamento dato dal
surriscaldamento globale, pandemie, inquinamento atmosferico e marino. Il
blue continent si costruisce come collaborative stewardship sull’Oceano ossia
un atteggiamento consapevole nei confronti dell’ambiente.

Gli oltremare europei nel “mare di isole”.

Oceano= collante delle relazioni sociali a livello locale e di quelle regionali


pan-oceaniane. le Popolazioni locali si stanno riappropriando del mare aperto
partecipando alla gestione delle grandi aree marine protette o attraverso
iniziative basate sulla blue economy ad es. la pesca sostenibile.
Esempio  comunità di 850 kanak delle isole Belep è implicata nel piano di
gestione del Parc de la Mer de Corail, che è la seconda area marina protetta più
grande del mondo, si estende sul 95% della Nuova Caledonia e risponde a 3
obiettivi principali: conservazione della biodiversità, sviluppo di attività
economiche sostenibili (pesca delle capesante) e consolidamento della
posizione della Nuova Caledonia a livello regionale e internazionale. La
riappropriazione dell’oceano rappresenta una possibilità per ridefinire le
relazioni con la Francia e l’UE, entrambe coinvolte in “una corsa globale
all’oceano” a partire da questioni come: cambiamento climatico, sicurezza
marittima, pesca e biodiversità. Con l’uscita del Regno Unito dall’UE, le
collettività d’Oltremare francesi di Nuova Caledonia, Wallis, Futuna e Polinesia
Francese restano solo i PTOM europei in Oceania.
Colonizzazione  ha trasformato i rapporti storici e genealogici tra le società
del Pacifico imponendo nuovi legami e nuove lingue. Le isole francofone si
confrontano ancora con gli effetti del loro isolamento. La prevalenza
dell’inglese scoraggia la mobilità dalle isole francofone verso le altre e le
migrazioni privilegiano i trasferimenti tra Collettività d’Oltremare francesi e
verso la Francia.  questi fattori limitano la formazione di comunità
diasporiche al di fuori dei confini francesi e frena i rapporti con le società
anglofone.
Mobilità  rimane sempre un elemento fondamentale nella costruzione di
un’appartenenza regionale. I giochi del Pacifico nel ’72 a Figi hanno permesso
agli abitanti dell’Oceania di incontrarsi e ri-conoscersi, ri-scoprendo parole
simili nelle diverse lingue.
La più antica organizzazione regionale: la Commissione del Sud Pacifico SPC
oggi Comunità del Pacifico nata nel ’47 ebbe un ruolo fondamentale nella
nascita dei Giochi e del festival delle Arti del Pacifico. È un’organizzazione
apolitica e bilingue (inglese/francese) e fu fondata dai paesi economicamente +
sviluppati con l’obiettivo di facilitare l’amministrazione dei territori e sostenere
lo sviluppo delle popolazioni locali. Nel 1950 per la prima volta si tenne la
prima conferenza del sud Pacifico: costituì a prima riunione di dirigenti
oceaniani e rappresentanti dei Territori non autonomi, per dibattere di problemi
della regione.
Nel ’74 la conferenza diventò il principale organo di orientamento e decisione
della SPC/CPS e nell’83 anche i territori non membri ne divennero membri a
pieno titolo. Oggi la comunità del Pacifico è un organo di supporto allo
sviluppo economico e sociale in particolare per la salute, l’educazione e il
diritto alle donne, riunisce 26 tra stati indipendenti e territori non autonomi.
Principale strumento politico del regionalismo pan-oceanico è il PIF =Forum
delle Isole del Pacifico nato nel ’71 come organizzazione di Nazioni
indipendenti per rispondere alla delusione dei rappresentanti politici di fronte al
veto posto nelle riunioni della SPC/CPS da paesi come la Francia sulla
questione degli esperimenti nucleari. L’approccio collettivo avviato dal Forum
del Sud del Pacifico culminò nell’85 con il Trattato di Rarotonga creò una
zona libera dai test nucleari. Oggi PIF è la sede e il veicolo principale per
discutere questioni politiche e sociali. Oggi la Francia incoraggia le relazioni
regionali degli Oltremare per rafforzare a propria presenza e quella dell’UE, ma
fino agli anni ’80 ha limitato le influenze politiche.
Anni ’90: fine dei test nucleari in Polinesia Francese e Accordo di Noumea tra
Stato, indipendentisti e lealisti in Nuova Caledonia favorirono i primi contatti
del PIF con i due Territori non autonomi. 2016: Nuova Caledonia e Polinesia
francese vengono incorporate al Forum.
3 collettività francofone in Oceania: hanno statuti politici diversi e definiscono
differentemente le relazioni con la Francia.
Mancanza di riconoscimento internazionale per i territori d’Oltremare  limita
la possibilità di firmare i trattati internazionali autonomamente. La Nuova
Caledonia può negoziare accordi internazionali che devono però essere ratificati
dal Presidente della Repubblica in Francia. Inoltre, la Nuova Caledonia ha una
situazione unica: il suo presidente del Governo rappresenta la Collettività del
Forum delle Isole del Pacifico.

Accanto al PIF ci sono dei sottogruppi che agiscono per riportare le voci delle
popolazioni indigene al di fuori delle relazioni classiche tra stati contrastando
così la presenza di Nuova Zelanda, Francia, Usa e Australia: Gruppo
Meanesiano Spearhead/Fer de Lance e Gruppo dei Leader polinesiani. Il primo
nato nell’88 ed è formato da Figi, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea,
Vanuatu e FLNKS la Federazione dei partiti indipendentisti kanak, è nato per
promuovere le culture melanesiani. Dal 2007 è diventato un’organizzazione
politica riconosciuta dall’ONU.
Dal 2011 il GLP gruppo dei leader polinesiani riunisce dirigenti politici
polinesiani con lo scopo fi farsi riconoscere come comunità politica x
proteggere le lingue, le culture e le tradizioni comuni.
Oltre al Forum ci sono altre istituzioni o gruppi informali con cui le Collettività
francesi interagiscono: Polinesia francese e Nuova Caledonia partecipano anche
al Forum femminista del Pacifico e al EWPL Engaging with the Pacific
Leaders e la reiscrizione della Polinesia nella lista dei territori da decolonizzare
nel 2016 è stata sostenuta da PSIDS Pacific Small Island Developing States
gruppo che da alcuni anni sta riflettendo sull’etichetta “piccoli stati insulari”
che è sempre meno appropriata. Questi piccoli stati insulari si rivendicano come
“grandi stati oceanici” che esercitano la sovranità su grandi porzioni di oceano.
Grandi stati oceanici e i loro territori d’Oltremare  rivendicano il proprio
ruolo di stewardship sull’oceano. Nel Blue Continent si specchia un’Europa
d’Oltremare acquatica e indigena.

Capitolo 11 - L'Europa Oltremare

La violenza coloniale, convivenza multiculturale


La Réunion, tanti nomi, mille volti

La colonia di la Réunion si sviluppa a partire dal XVII secolo, é un isola


dell'arcipelago delle Mascarene a sud ovest dell'Oceano Indiano.
Punto di riferimento commerciale lungo la rotta delle indie, questa colonia fu
caratterizzata da fasi di conquista e riconquista da parte delle flotte inglesi e
francesi.
Ci mostra una panoramica della complessa realtà multiculturale.
Questa comunità ha come motto il 'vivre ensemble' ma è fortemente marcata
dalla colonizzazione e dalla schiavitù.

Nomen Omen

Il punto di partenza é il nome di questa analisi é il nome: La Réunion.


Gli uomini hanno da sempre la necessità di attribuire, dare un nome alle cose,
infatti l'isola nel corso del tempo ha assunto diversi toponimi, che si legano al
suo popolamento.

Dal XII secolo era conosciuta dai navigatori arabi come Dina Margabin.
Primo fenomeno di contaminazione linguistica "dina" termine che deriva
dall'hindi e significa "isola" e "marghrebin" dall'arabo che significa "ovest".

Nel 1507 venne costeggiata da una spedizione portoghese. Da questo momento


questo arcipelago, denominato Le Mascarene (ne fanno parte Mauritius e
Rodriguez) diventano un punto di scalo per la rotta verso le indie.

Nel 1642 l'isola viene occupata dai francesi, assumendo così il nome di
Bourbon pur rimanendo disabitata.

Nel 1663 vi si insediano i primi coloni francesi.


Nel 1664 viene fondata la compagnia francese delle indie orientali, che con il
fine di competere con olandesi e inglesi i francesi iniziarono a interessarsi alla
tratta degli schiavi sul finire del XVII secolo.
Evento di grande importanza é il motto della compagnia "Fiorirò ovunque
vada" che figura ancora oggi sullo stemma di La Réunion.

Nel 1967 si attesta la schiavitù sull'isola.


Il traffico di schiavi diretti alle Mascarene partiva dal porto di Lorient in
Francia. Gli schiavi venivano caricati dalla Costa Ovest Africana, in quanto ne
era vietato lo scambio in territorio continentale, per poi essere sbarcati alle
Mascarene, dove le navi proseguivano verso le Indie.
Dal 1731 si iniziò a importare gli schiavi direttamente dal Madagascar a causa
delle perdite di vite umane durante la circumnavigazione.

Nel 1704 ci troviamo di fronte al mio censimento della popolazione di La


Réunion, che contava 311 schiavi, un terzo dei quali nativi (creoli) ovvero nati
da genitori di diversa provenienza, mentre due terzi provenivano in gran parte
da Madagascar e in modo inferiore da India, Africa, Malesia.
Intorno a tutto questo si viene a creare un mercato, in cui resistenza fisica e
mentale faceva aumentare o abbassare il valore degli schiavi sul mercato. Per
esempio gli schiavi indiani venivano impiegati come giardinieri o domestici e
avevano un valore più basso rispetto ai creoli che erano considerati più adatti ai
lavori fisici.

Tra il XVIII secolo e la prima decade del XIX si assiste a un boom del
commercio degli schiavi sulle Mascarene, nel 1788 vennero censiti 47.195
abitanti di cui l'80% erano schiavi.
I dati sembrano però poco affidabili per una serie di ragioni:
I proprietari delle piantagioni per evadere il fisco dichiaravano spesso meno
schiavi in loro possesso. Molti documenti furono distrutti nel 1848 quando fu
abolita la schiavitù. Molti schiavi venivano trasportati su navi commerciali e
non negriere. Non veniva contabilizzato il numero dei morti. Per ottenere cifre
più simili al reale, dovrebbero essere aumentate almeno del doppio.

Tra fine XVIII secolo e inizio XIX l'isola cambiò nome e bandiera, tornò a
chiamarsi La Réunion nel 1793, nel 1806 Ile Bonaparte e di nuovo Bourbon tra
1810-14 quando fu occupata dagli inglesi. Gli inglesi nel 1807 promulgarono
l'interdizione al commercio degli schiavi ma i francesi continuarono a compiere
un numero impressionante di sbarchi illegali.

La lingua creola riunionese (parlata ancora oggi) nacque nel contesto delle
piantagioni dall'incontro fra popoli europei e extra europei. Gli inglesi grazie
alla padronanza lingua creola potevano capire se gli schiavi erano stati importati
da molto tempo o erano appena sbarcati.

Molti autori tra cui Toussaints, Fuma, Combeau segnano come evento
fondamentale per la storia di La Réunion il passaggio da un'economia basata
sulla produzione del caffè alla coltivazione della canna da zucchero. Avvenuto
nel 1815.
Questo fu causato dall'aumento degli schiavi e dalla perdita di Santo Domingo
che si dichiarò indipendente nel 1804 e che era il maggior produttore francese
di canna da zucchero.

Nel 1830 vengono censiti quasi 70.000 schiavi.


In questo periodo aumentarono gli schiavi creoli nati a La Réunion 60% seguiti
dagli africani 15-20%. Le tratte di indiani e malesi divennero sempre più rare a
causa della liquidazione francese della compagnia delle indie e il
raffreddamento dei rapporti fra gli avamposti indiani e l'amministrazione delle
Macarene.

Radici identitarie e sintesi contemporanee

Il 1848 é l'anno zero per la società riunionese, assume definitivamente il nome


di La Réunion.
L'arrivo di Santa Garrida, commissario della repubblica proclamò l'abolizione
della schiavitù il 20/12/48 é diventata un data simbolo per questa comunità.
L'abolizione della schiavitù porto a una grande crisi economica a causa della
mancanza di manodopera nelle piantagioni.

Nel 1852 il governo introdusse l'assunzione a contratto di "lavoratori volontari"


provenienti da Africa, Madagascar, Cina, India, Medio Oriente. Questa pratica
fu interrotta nel 1884 ma in un certo senso legittimò la prosecuzione di un
regime semi-schiavista.
Questa nuova ondata migratoria modificò di nuovo il sostrato culturale
riunionese alla fine del XIX si unirono gli indiani musulmani del Gujarat e i
cinesi di Canton e Guangdong.

Nel 1946 ci fu la dipartimentalizzazione di La Réunion. Ci furono nuovi flussi


migratori, come: l'arrivo dei Francesi continentali chiamati z'oreil (in creolo
identificavano i francesi della metropolitana, differenti teoria o perché i francesi
tendevano l'orecchio quando sentivano gli schiavi parlare fra loro o per le loro
orecchie bianche che si arrossavano al sole). L'arrivo di funzionari di
Pondichéry (avamposto indiano) e di Karanes dal Madagascar.
Da metà degli anni 70 arrivò dei Komors, flusso comoriani e maoresi.

In questo periodo le società francesi d'Oltremare subirono un riordino


strutturale che portava all'assorbimento del divario tra centro e periferia. Il
passaggio della piantagione all'era post industriale generò un drastico
cambiamento che sconvolse la società riunionese.
Christian Ghasarian identifica questi processi come meccanismi di
assimilazione (o acculturazione) di resistenza (i creolizzazione) e di
reinvenzione culturale.

La repubblica che aveva paura di una rivolta indipendentista delle sue ex


colonie si impegnò a rendere queste società di uomini, francesi a pieno titolo.
Questo richiedeva però l'omologazione a un sistema scolastico, sanitario,
amministrativo, attraverso processi di rimozione culturale e assimilazione al
modello francese. La cui violenza e alienazione la ritroviamo nello spirito dei
contemporanei, che non rimasero passivi di fronte a tutto questo e che nella
seconda metà del secolo scorso la lingua e la cultura creola venne rivalutata da
parte della popolazione.

Quando utilizziamo la parola creolo indichiamo una situazione di stabile


convivenza tra una pluralità di gruppi culturali che risiedono in un contesto
terzo, tenendo però in conto che questo termine nasce in un contesto di violenze
connesse al colonialismo, alla schiavitù.

La società riunionese é caratterizzata da un'ibridazione culturale, nonostante


questo esistono moltissimi gruppi locali o autoprodotti:
- Cafres (arabo: infedele) discendenti degli schiavi malgasci e africani
- Malbars discendenti India meridionale
- Gros (proprietari piantagioni) et petit blancs (coloni espropriati delle terre)
discendenti dei coloni francesi e europei
- Z'arabes
- Z'oreils
- Sinois cinesi
- Komors comoriani e maoresi
Tale condensazione identitaria sembra aver rallentato la creazione di un noi
riunionese.

Memorie terapeutiche

Questo mosaico di culture e etnie é oggi considerato un modello di convivenza


e tolleranza multiculturale. Anche se comunque questa comunità é sempre a
caccia di memorie.
Sudel Fuma, storico riunionese morto nel 2014 a causa di un naufragio a La
Réunion, ha dedicato la sua vita tentando di ricostruire dignità e discendenza
agli schiavi.
Per lui era necessario che la popolazione riunionese facesse una terapia della
memoria, per ricostruire un'identità creola indoceanica.

Il primo tassello di questa fase é l'istituzione nel 1982 della giornata della
memoria dedicata all'abolizione della schiavitù nel 20 dicembre. È un momento
di festa e raccolta per l'intera popolazione. Nel 1998 l'Università di la Réunion
istituì una cattedra dedicata all'interculturalità nella regione dell'Oceano Indiano
sud-occidentale.

Sudel Fuma si occupò di un progetto 'La route des steles' che aveva come
obiettivo onorare la memoria di quelle popolazioni segnate per la schiavitù.
Successivamente furono istituite sculture, giardini, statue in numerose zone
indoceaniche in onore e in ricordo di questa pagina di storia, come nel 2005 a la
Réunion nella città di Saint Paul furono inaugurate 6 sculture dedicate ai primi
schiavi malgasci arrivati sull'isola.

Capitolo 12 – Favole
Essere e apparire come “noi kanak” (nuova caledonia)
Ci troviamo in Caledonia (comunità francese d’oltremare situata nel
pacifico vicino all’australia) e riflettiamo su “noi, kanak” formato in epoca
coloniale. David Chappell, uno storico ne parla come un arena di
etnogenesi, dove le comunità culturali si differenziano dalla percezione
che ne hanno gli altri. Il festival della Melanesia del 2000 è considerato il
momento il cui il popolo kanak prende coscienza di essere tale, di essere
una realtà tangibile e visibile, portatrice di una cultura. Questi abitanti di
questa zona si riunirono per la prima volta in prossimità della città di
Noumea per esibire la propria cultura, seppur contente all’interno una
rilevante eterogeneità. Kanakè titolo di una pièce teatrale che metteva in
scena l’incontro tra i conquistatori europei (soldato, missionario,
commerciante) e il popolo kanak, con l’idea di far rivivere allo spettatore
quei momenti, per mettere in atto un nuovo modo di gestire in futuro le
relazioni fra etnie differenti, sulla base di un reciproco riconoscimento. La
trama della pièce è scritta da Jean Marie Tijbaou, leader del movimento
indipendentista kanak, con la collaborazione di uno scenografo europeo,
mise in scena la vita, la morte e la resurrezione della società kanak, mise
in scena l’incontro (Coutume = insieme di pratiche rituali, la vita di questa
comunità si divide in 3 grandi momenti, nascita, matrimonio, morte.) tra
la comunità autoctona e quella europea in uno slancio di rinascita
comune. I kanak dopo aver preso coscienza di essere stati messi nelle
riserve e considerati tribù durante il regime dell’indigenato (1887-1946) i
kanak rivendicano ora il primato di autoctonia del territorio, e chiedono di
essere riconosciuti come parte della storia. Questa colonia fu fondata nel
1853, era una colonia penale, fu il risultato di un esperimento sociale che
voleva costruire una nuova società mescolando i migranti condannati con
quelli attratti dalla promessa di un futuro brillante in queste terre
lontane. I francesi ne fecero un contenitore per le classi pericolose e
umili. Il codice civile francese non era esteso infatti a tutti gli abitanti delle
colonie, c’era differenza fra cittadini e soggetti francesi (solo nel 1946 si
da la cittadinanza anche agli abitanti delle colonie). Secondo Isabelle
Merle nella nuova caledonia gli autoctoni furono lasciati in una situazione
di non definizione, in un testo giuridico del 1915 si definiva indigeno chi
era di razza malesiana o polinesiana, e non avevano gli stessi diritti dei
cittadini francesi. Qui a differenza di altre zone dell’oceano indiano non si
formarono gruppi intermedi fra kanak e non kanak, il bambino nato da un
matrimonio misto, poteva diventare sia kanak sia europeo a seconda
della linea di discendenza. Era quindi lo statuto giuridico insieme
all’appartenenza e non il colore della pelle a decretare se si apparteneva a
una o all’altra società. Gli anni 70 del 1900 furono molto importanti per
tutta l’Oceania, perché alcune isole ottennero l’indipendenza dai governi
coloniali europei. In caledonia ci furono numerosi fermenti, assistiamo a
forti ondate migratorie da isole vicine a causa della crescita del prezzo del
nichel. Dall’altra parte questa zona si stava occidentalizzando grazie a
gruppi rivoluzionari. In questi anni emerge la figura di Jean Marie Tjibaou
che ebbe l’abilità di proiettare la società kanak nel “non ancora”, si
chiedeva come si poteva essere kanak nel mondo moderno, di fronte ai
cupi scenari della colonizzazione. Questo lo portò a domandarsi chi è
kanak e da dove proviene, il suo testo “come un vasto inventario
culturale” aveva l’obiettivo di svegliare un popolo oppresso da una
condizione di sfiducia e vergogna e portare alla luce le proprie
fondamenta storiche e culturali ricordando i legami sociali fra le varie
tribù che erano state spazzate via dal regime indigeno. Questa necessità
di identificarsi come kanak è il primo passo per una conquista identitaria.
Ci si chiede se questa necessità di auto identificarsi nasce come risposta
alla presenza coloniale, in che misura era già presente questo popolo
kanak. In questo capitolo ci si domanda se i kanak siano un’invenzione
coloniale o occidentale.
Oltre il paradigma “costruzionista”
Nonostante il grande successo il festival Melanesia 2000 venne criticato e
boicottato dagli estremisti kanak, alcuni di loro laureati in Francia
accusarono il festival di aver folklorizzato e prostituito la cultura kanak.
Mentre Tjibaou considerava l’emancipazione politica in termini culturali,
psicologici e etnici, Fote Trolue uno tra gli studenti dissidenti era convinto
che il più grande errore di Melanesia 2000 era quello di voler fare della
cultura un strumento politico di rivendicazione, in quest’ottica il festival
appare come una strumentazione della cultura kanak. L’antropologo Alain
Badadzan nel suo “le spectacle de la culture” secondo lui con il festival si
volle promuovere il valore della cultura indigena con fini nazionalistici. Tra
gli anni 80 e 90 in ambito antropologico si sviluppò un dibattito sulle
politiche della tradizione, con riferimento ai movimenti autoctoni e
anticoloniali che pervasero le società native delle isole del pacifico. Negli
anni 70 quando emersero alcuni stati indipendentisti queste popolazioni
iniziarono a domandarsi quale stile di vita se quello Occidentale o quello
Malesiano oppure entrambi potessero resistere al mondo moderno.
Questa rinascita culturale venne analizzata da alcuni antropologi tra cui
Tonkinson come un’ideologia politica malesiana. Questo paradigma detto
anche “invenzione delle tradizioni” venne studiato da molti antropologi
per comprendere gli usi politici e strategici nelle aree francofone. Da qui
le posizioni dei costruzionisti e dei primordialisti, per i primi il processo di
etnogenesi della società kanak si ridurrebbe alla fabbricazione della
cultura occidentale, mentre per i secondi i kanak sarebbero sempre
esistiti come gruppo etnico che ha una propria cultura, religione e storia.
Per l’antropologo Paul Connerton ogni inizio è collegato a qualcosa di
preesistente, noi fondiamo le nostre esperienze su un contesto
preesistente, e queste tradizioni, questi pensieri impediscono la creazione
di una nuova realtà. Questa idea ci riporta al pensiero di Tijbaou primo a
aver teorizzato la “riformulazione permanente” si tratta per lui della
capacità di dialettica di posizionarsi nel presente storico e allo stesso
tempo di guardare oltre, verso il futuro kanak degli anni 2000, un
costante gioco di equilibrio fra la ricerca dell’identità e l’acquisizione di
nuovi elementi culturali che fanno parte della vita quotidiana. Tuttavia
Tijbaou non si inserì mai completamente dentro l’idea del “pacif way”
può forse essere accostato all’esperienza del “we are oceans” proprio
perche rifiutò di confinarsi in un politica esclusivamente etnica o
nazionale, progettò più una politica indigeno-cosmopolita, qui si cita
Remotti secondo cui per la costruzione di un noi bisogna guardare si alla
coerenza e alla stabilità del noi ma anche ai valori della molteplicità e del
mutamento. Malesia 2000 fu una sorta di sintesi identitaria della società
kanak risultato dell’unione fra lo sguardo esterno e interno. Secondo Eric
Wittersheim furono 2 gli aspetti principali dei movimenti di rinascita
culturale degli anni 70: la riappropriazione e la rivitalizzazione, spinti dalla
necessità di conoscere la propria cultura. Così il noi kanak viene
incorporato al noi europeo. Fabietti infatti afferma che i nomi dei popoli
sono spesso il frutto di un’imposizione esterna e di un’elaborazione
culturale del gruppo dominante. Kanaka è un termine polinesiano di
origine hawaiana che significa essere umano. Grazie ai marinai e ai
commercianti anglofoni si diffuse in tutto il pacifico. Come afferma
Frederich Angleviel, caledone, autore di uno studio approfondito tra il
1840-72 il termine kanak venne assorbito nel francese locale per indicare
gli indigeni del territorio. Secondo il suo studio dal 1970 il termine
“canaque” venne via via sempre più utilizzato per indicare gli indigeni,
mentre per i coloni si utilizzava il termine caledoni. La dicitura kanak è
stato il frutto di un’elaborazione interna, inizialmente kanak veniva usato
dai francesi in termini dispregiativi, ma gli indigeni lo utilizzarono come
segno di protesta per identificarsi, e alla fine diventò un termine di
orgoglio etnico. Simile è la storia del termine “coutume” termine che gli
europei utilizzano per indicare tutte le cose che non comprendono, per i
kanak è invece la loro maniera di vivere. L’associazione tra kanak e
coutume divenne fondamentale nel processo di creazione dell’identità
kanak. Ci si domanda se in qualche modo l’assenza di un etnonimo in età
coloniale potesse rappresentare l’assenza di un’unità collettiva. I francesi
hanno gettato senza dubbio le basi per un’organizzazione sociale o
politica, ma prima del loro arrivo esistevano già raggruppamenti di
persone che parlavano uno stesso dialetto, avevano un gruppo parentale
e appartenevano a un territorio, che poi nel XIX saranno chiamati clan.
Maurice Lenormand figura di spicco nella Caledonia degli anni 50 e 60 del
900 affermava che inizialmente il concetto di collettività si legava a quello
di parentela, e così si nascevano questi clan che si spartivano il territorio e
la politica. Nonostante le cose oggi siano cambiate, persiste il concetto di
clan. La sua organizzazione è così ripartita: chef ovvero il primogenito,
colui che è legato con lo spirito ancestrale, il garante della memoria e del
passato del gruppo, come si legge nella charte du peuple kanak, il ruolo
dello chef assicura la coesione del clan, consulta gli altri capi clan prima di
prendere decisioni importanti. Ci troviamo di fronte a un’organizzazione
“radio-concentrica” questa si riflette anche nella forma architettonica, la
capanna è il simbolo della società kanak. Sul tetto delle case, spicca una
figura di legno, che rappresenta l’essere ancestrale. Il potere dello chef è
un potere spirituale. La società kanak è forma da gruppi individuali, anche
se con Melanesia 2000 si è arrivati a una nozione unitaria fra tutti questi
vari clan sparsi sul territorio.

Nous le kanak, on est d’ici et pas d’ailleurs


Fin dai primi anni della colonizzazione la popolazione kanak venne
confinata in spazi limitati, con il sistema delle riserve si limitarono dei
territori, creati apposta per gli indigeni, infatti la popolazione kanak non
fu riconosciuta subito come fonte di manodopera e utilizzata. Il regime de
l’indigenat istituito in caledonia nel 1887 proibiva ai kanak di uscire dalle
loro tribù, li obbligava a pagare imposte e li accusava di stregoneria e
nudità, e questo regime fu in vigore fine al 1946. Gia in epoca pre
coloniale i kanak svilupparono come afferma Chappell una tradizione di
diversità, di movimento. La terra era l’elemento che esprimeva l’identità
personale, classificando le persone come nativi o stranieri, secondo la
cultura kanak è il luogo a formare l’identità sociale. L’idea della terra, fu
una questione portata avanti dai primi politici indipendentisti che
sostenevano che le terre dovessero essere restituite ai kanak in quanto
elemento costitutivo della loro identità sociale. Quindi il primo passo per
ritrovare la propria identità era ritrovare il loro spazio vitale. A partire
dagli anni 70 si è aperta la questione se i kanak fossero stati gli ultimi
abitanti prima dell’arrivo degli europei o i primi (popolazioni che si
stabilirono qui prima). Quindi hanno fissato a 3000 anni prima dell’arrivo
degli europei l’inizio della loro storia e cultura. Per rispondere alla
domanda se i kanak siano un’invenzione occidentale e coloniale,
possiamo ammettere che i kanak erano già esistenti sul territorio prima
dell’arrivo degli europei, seppur in forma diversa dall’idea di “popolo”.
Dall’altra parte la colonizzazione ha sicuramente portato i kanak a
identificarsi in un popolo autoctono che lotta per la propria indipendenza,
che è arrivata con l’accordo di Noumea. In questo senso Malesia 2000
può essere considerato l’inizio del percorso sul modo di essere kanak. Il
riferimento principale è stato sicuramente a una concezione patrimoniale
e nazionalistica della cultura a imitazione di quella europea.

Capitolo 14

URGANO COVID-19 di Adriano Favole L’ALBERO DELLA VITA = Vilsoni


HERENIKO, post su facebook, 20 aprile 2020 (pag. 213).
Capitolo di chiusura del libro, contemporaneità della pandemia da SARS-CoV-
2. DUPLICE OBIETTIVO: come gli Oltremare stanno affrontando la pandemia
prefigurare alcune delle conseguenze nelle isole e territori ultra-marini europei.
Semplice occhiata ai dati relativi ai casi nel MONDO consente di fare alcune
riflessioni significative = al 18 aprile 2020 tra i 15 Stati in cui NON si sono
registrati contagi, BEN 11 sono Paesi Insulari dell’Oceania (Fonte: John
Hopkins University). SEMPRE nel Pacifico molti Oltremare della Nuova
Zelanda (Isole Cook, Niue, Tokelau) Oltremare dell’Australia (Cocos, Norfolk,
Christmas) risultano PRIVI DI CONTAGIO. Situazione degli Oltremare
EUROPEI = DIVERSA da quella degli Stati insulari indipendenti e degli
Oltremare neozelandesi o australiani. SOLTANTO il Territorio di WALLIS &
FUTUNA risulta PRIVO DI CONTAGI + alcuni territori britannici usciti
dall’Oltremare europeo con la Brexit Pitcairn nel Pacifico Sant’Elena,
Ascensione, Tristan da Cunha nell’Atlantico. FORTE MOBILITA’ degli
Oltremare EUROPEI contribuiscono a spiegare perché sono stati colpiti
dall’epidemia degli stati insulari vicini. Il VIRUS circola all’interno dei
“cordoni ombelicali” che legano metropoles e micropolities. NON pensare agli
Oltremare come una TOTALITÀ OMOGENEA = DIALETTICA tra centri e
periferie spiega perché Isole della Lealtà Belep sono state per il momento
risparmiate nel contesto dell’arcipelago della Nuova Caledonia. STESSO
MOTIVO per cui WALLIS & FUTUNA sono state risparmiate = rarefazione
dei collegamenti internazionali, quindi LONTANA PERIFERIA della NUOVA
CALEDONIA. VIRUS NON è solo questione BIOLOGICA. Bernardino
PALUMBO afferma che “l’epidemia oggi in corso è un IBRIDO che mette in
luce trame e connessioni.” COVID-19 sta fungendo da CATALIZZATORE di
situazioni di fragilità, come se certi processi in atto negli Oltremare si fossero
ACCELERATI e resi PROBLEMATICI. MOBILITA’. Oltremare NON sono
mondi isolati, MA snodi di relazioni che la storia pre-coloniale, il colonialismo
e il post-colonialismo hanno intessuto. Isole NON sono isolate, MA
“ISOLABILI”. CONNESSIONI MARITTIME sono AL MOMENTO del tutto
INTERROTTE. I VOLI sono quasi solamente CARGO che riforniscono le
isole. La CONTINUITA’ TERRITORIALE si è pressoché interrotta. Gran parte
del mondo in lockdown, in ISOLAMENTO INTENZIONALE = situazione
particolarmente DELICATA per le isole. FUTUNA = l’isolamento ha evocato
la memoria della Seconda Guerra Mondiale quando l’isola è rimasta per oltre
due anni senza contatti marittimi. WALLIS & FUTUNA hanno scarsità di
medicinali “salvavita” generi alimentari di prima necessità Effetto più grave di
questo isolamento risiede nell’INTERRUZIONE dei voli = ha SEPARATO
famiglie e gruppi sociali che ormai da anni avevano incorporato uno stile di vita
TRANSNAZIONALE1. Una RIAPERTURA dei voli tra le metropoles e i loro
Oltremari sarà “prova europea interna” (per quanto intercontinentale) della
riapertura dei confini internazionali. INTERRUZIONE dei rapporti
internazionali e con rispettive metropoles NON è prodotto SOLO della
decisione unilaterale dei Governi centrali. In alcuni casi sono state le autorità
LOCALI e TRADIZIONALI a precedere i Governi = LIFOU, una delle Isole
della Lealtà . 2 Episodi di autorità locali e tradizionali che chiudono i confini
PRIMA dei Governi centrali = consapevolezza dei rischi della pandemia (si
pensi alla “spagnola”) ben radicati nella memoria insulare. In molti Oltremare
COVID-19 è visto come “MALATTIA DEI BIANCHI”. Stefano ALLOVIO ha
3 avuto da parte di collaboratori della Città del Capo informazioni circa
l’attribuzione di COVID-19 a “STREGONERIE” dei bianchi. NUOVA
CALEDONIA = la diffusione del virus è paragonata all’AIDS. Come in altre
parti del mondo, anche per gli Oltremare l‘isolamento evoca futuri scenari di
privazione di libertà individuali usi politici della malattia. ALLO STESSO
TEMPO, si registrano forme di CREATIVITÀ RITUALE. ISOLE DELLA
LEALTA’ = i riti funebri sono limitati alla partecipazione di soli parenti
PATERNI, sapendo che la “normale” partecipazione dei parenti materni
comporterebbe assembramenti e scambi di cibo e doni. + il virus ha fatto
emergere forme di SOLIDARIETÀ INFORMALE. HAWAI’I =
ASSOCIAZIONE MALAMA MAAKUA che sostiene il recupero di sovranità
del popolo kanaka maoli contro l’occupazione statunitense delle isole ha
promosso una mobilitazione locale free kupana face masks distribuendo
mascherine agli anziani (kupana), essendo loro i pilastri e la memoria
storioecologica dell’isola + iniziative SPONTANEE dei giovani nativi. MARE’
= raccolta di TUBERI da inviare con navi ad hoc da la GRANDE TERRE alle
famiglie bloccate a NOUMEA, capitale della Nuova Caledonia. Oltre che
essere un gesto di solidarietà l’atto può essere interpretato come una forma di
RITUALITÀ ALTERNATIVA o una RIDEFINIZIONE CREATIVA dei riti
per la raccolta dei primi IGNAMI, riti fermi a causa della pandemia. Invece che
ai capi, i primi ignami di quest’anno sono stati offerti alle famiglie che non
hanno potuto fare il loro rientro sulle isole per l’interruzione dei collegamenti.
RISPOSTE LOCALI al virus = FILTRATE da esperienze culturali. il tema
della SOVRANITÀ ALIMENTARE sta caratterizzando molte delle narrazioni
attorno al COVID-19. CARAIBI = momentanea (?) interruzione dei flussi
turistici + chiusura aeroporti stanno determinando PENURIA ALIMENTARE
in economie spesso caratterizzate da monoculture da esportazione (caffè,
zucchero, frutti tropicali). DA QUI, una RIFLESSIONE di Governi e autorità
locali sulla necessità di tornare a DIFFERENZIARE le colture e a favorire
l’AUTOPRODUZIONE. La sovranità alimentare è discussa molto anche dalle
associazioni native hawaiane e la loro “dipendenza alimentare” nei confronti
degli USA + SAMOA = i matai organizzano incontri per sollecitare la
popolazione a coltivare più tuberi incoraggiare forme di turismo responsabile =
beach fale rivalutare l’orticoltura di autoconsumo. 1 esempi a pagg. 216-217 2
pag. 217 3 si veda nota a piè di pagina a pag. 218 Ministra francese
dell’Oltremare Annick GERARDIN = COVID-19 NON SOLO sta facendo
emergere il tema della sovranità alimentare MA ANCHE problemi di fame in
alcune aree. Specialmente in zone di abitazione INFORMALE e SPONTANEA
= nelle baulieues di CAYENNE in cui vivono gli strati poveri della popolazione
e immigrati brasiliani, caraibici e sudamericani + a MAYOTTE = effetti
collaterali della pandemia = Negli abitati spontanei di latta è impossibile il
distanziamento + scarsità di acqua potabile che può costare fino a 6 euro al litro
nonostante il Governo abbia promesso una politica di calmieramento dei prezzi
nei prossimi mesi. Recisi i legami REGIONALI e GLOBALI = i problemi
alimentari sono particolarmente forti in quelle isole in cui l’autoproduzione e
stata sostituita da MONOCULTURE per il mercato globale. INVECE, laddove
l’agricoltura + orticoltura sono rimaste saldamente nelle mani native =
problema decisamente MINORE. P. LELEIVAI = la preoccupazione di
FUTUNA non è la fame, ma per les enfants rimasti isolati nella metropole o in
Nuova Caledonia. Gli STUDENTI DELL’OLTREMARE in metropole =
difficoltà di chi è “straniero” per vivendo nella PROPRIA Nazione, sono più
VULNERABILI = SUICIDI sono cresciuti. 13 aprile 2020, Emmanuel
MACRON = un pensiero agli studenti d’Oltremare in metropole + necessità di
SOSTENERLI con misure SPECIALI. GRANDE SFIDA degli Oltremare di
fronte a COVID-19 COINCIDE con quella dell’intera Europa. SE il progetto
EUROPEO condiviso si INDEBOLIRÀ SE la solidarietà + collaborazione
internazionale verranno meno a favore di progetti sovranisti SE le forme di late
sovereignty lasceranno il posto a politiche aggressive + unilaterali degli Stati
nazionali gli Oltremare RISCHIANO di ripiegare DI NUOVO su un rapporto
POST-COLONIALE A SENSO UNICO con le rispettive metropoles.
L’EUROPA ha da SCEGLIERE SE essere un INSIEME di isole
ARTIFICIALMENTE SEPARATE, in una sorta di lockdown nazionale
PERMANENTE OPPURE SE essere un ARCIPELAGO di isole IN
CONNESSIONE

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